‘A settembre tutti a scuola’, flash mob 31 luglio

Scuola: Cgil, ‘a settembre tutti a scuola’, flash mob 31 luglio davanti Miur Occorrono investimenti per sicurezza, pulizia e consumazione dei pasti

Roma, 28 luglio – ‘A settembre tutti a scuola! Ripartire in presenza, in sicurezza e tutelando il lavoro di tutti’. Questo lo slogan che guida il flash mob di FLC Fp e Filcams Cgil che si terrà venerdì 31 luglio, alle ore 10.30, davanti al Ministero dell’Istruzione, a Roma, con una richiesta molto precisa: dare a bambini, alunni, insegnanti e tutto il personale diretto e in appalto delle scuole e dei servizi educativi all’infanzia la possibilità di rientrare a scuola, a settembre, “investendo sulla sicurezza, sulla qualità degli spazi, per la consumazione del pasto, per la pulizia e sanificazione, per un tempo scuola lungo”.

“Bambini e ragazzi sono i soggetti che, più di altri, hanno subito gli effetti negativi del lockdown, necessario per il contenimento della diffusione del Covid-19. Adesso dobbiamo tornare a scuola – commentano le categorie della Cgil -, i ragazzi devono ricostruire quel sistema di relazioni alla base dei processi di apprendimento e che caratterizza la fase della loro vita, riappropriandosi di un proprio spazio di crescita. Stare a scuola e nei servizi educativi con i compagni e con gli insegnanti con orario completo fin da subito: garantire spazi adeguati, un servizio mensa di qualità, i necessari servizi di pulizia per le scuole statali, paritarie, private, un tempo scuola esteso e disteso”. Proseguono: “È fondamentale che la scuola (statale, paritaria, privata) e i servizi educativi ripartano in presenza; per farlo bisogna individuare misure che garantiscano la sicurezza e la salute degli studenti e del personale e la continuità e salvaguardia dell’occupazione e del lavoro. Occorre che il servizio di mensa scolastica riprenda contestualmente alla didattica, garantendo così anche i livelli occupazionali, dato il ruolo riconosciuto al momento del pasto quale parte integrante dell’offerta formativa, presidio per garantire la salute e fonte di nutrimento per bambini e ragazzi a supporto anche di famiglie vulnerabili. Occorre un grosso impegno per restituire, almeno in parte, a bambini e ragazzi il tempo e le opportunità formative perse nei lunghi mesi di sospensione delle attività in presenza. Bisogna individuare gli spazi e fornire, insieme alla mensa, tutti i servizi di supporto al diritto allo studio, all’ampliamento del tempo scuola, al mantenimento dei modelli organizzativi esistenti”.

“Al Governo e agli Enti Locali chiediamo di mettere a disposizione le risorse necessarie affinché in tutto il Paese si realizzino le condizioni per permettere la ripartenza e la permanenza nelle scuole, garantendo tutte le attività e i servizi accessori. È il momento di fare le scelte necessarie per rilanciare la centralità della scuola e dare al Paese prospettive di una crescita più equa, solidale, democratica. Per questo venerdì 31 luglio, alle ore 10.30, ci troveremo tutti insieme davanti al Ministero dell’Istruzione a ribadire che a settembre vogliamo tornare tutti a scuola!”, concludono Flc Fp e Filcams Cgil.

Azzolina: la riapertura sarà tutelata e resta fissata per il 14 settembre, rassicuriamo i perplessi

da Il Sole 24 Ore

di Redazione Scuola

«Rispondo a tutti quelli che manifestano perplessità: è chiaro che il 14 settembre, lo ribadisco ancora una volta, si ritornerà a scuola, e per questo voglio tranquillizzare tutti quelli che hanno manifestato perplessità». Lo ha detto Lucia Azzolina, ministro dell’Istruzione, al termine del Tavolo regionale per la ripresa a settembre che si è tenuto ieri a Firenze presso l’Ufficio scolastico regionale della Toscana. Ieri ci sono state anche anticipazione sui contenuti della bozza di protocollo per la sicurezza che contiene condizioni e indicazioni per l’avvio del nuovo anno scolastico.

«E’ stato un tavolo molto importante – ha spiegato Azzolina – e ci tengo a sottolineare la grandissima collaborazione da parte di tutti gli Enti locali che stanno facendo un lavoro molto importante per la Toscana, così come in tante altre regioni. Ci sono delle piccole criticità, ma assolutamente risolvibili. Per quanto riguarda gli spazi, so che verranno anche utilizzati edifici scolastici dismessi: comunque qualche istituzione scolastica lo ha chiesto, e questo è positivo».

Il ministro, a proposito dello studio di Science sui Paesi dove le lezioni sono già riprese, che evidenzia bassi rischi di contagio, ha sottolineato che «quando a marzo è scoppiato il fenomeno del coronavirus non avevamo alcun genere di ricerca scientifica, ci siamo sempre fidati della comunità scientifica, e continuiamo a farlo; ci siamo fidati e ci fidiamo del nostro comitato tecnico scientifico del ministero della Salute, dell’Organizzazione mondiale della sanità. E’ chiaro che la scienza va avanti, progredisce, e noi continueremo a fidarci di quello che la scienza ci dirà. Quindi ovviamente non è il ministero dell’Istruzione a poter poter validare una ricerca piuttosto che un’altra, però ben vengano tutti gli studi scientifici che potranno tranquillizzarci sui nostri studenti”.


Bozza per l’avvio del nuovo anno: saranno eseguiti test a campione sugli studenti

da Il Sole 24 Ore

di Redazione Scuola

«Svolgimento dei test sierologici per tutto il personale scolastico in concomitanza con l’inizio delle attività didattiche» ed effettuazione dei «test a campione per la popolazione studentesca con cadenza periodica. Saranno a questi fini adottati i criteri di: volontarietà di adesione al test, gratuità dello stesso per l’utenza, svolgimento dei test presso le strutture di medicina di base e non presso le istituzioni scolastiche». E’ quanto prevede la bozza del protocollo d’intesa tra Miur e sindacati per garantire l’avvio dell’anno scolastico.

Il documento riguarda le richieste avanzate dalle parti sociali, già sottoposte al Comitato tecnico scientifico, ai ministeri di Istruzione e Salute e ora al vaglio.


Medico di sorveglianza negli istituti e misurazione della temperatura per il personale

da Il Sole 24 Ore

di Redazione Scuola

«Individuazione in tutte le scuole del medico competente che effettui il servizio di sorveglianza sanitaria». È quanto prevede l’elenco delle richieste delle parti sociali per la bozza del protocollo d’intesa tra Miur e sindacati sull’avvio dell’anno scolastico. Il documento con le richieste delle parti sociali, c già sottoposte ai ministeri di Istruzione e Salute e al Cts.

«Al personale scolastico, prima dell’ingresso, potrà essere effettuato il controllo della temperatura corporea, attraverso dispositivi attualmente disponibili sul mercato, idonei alla misurazione, avendo cura di scegliere quelli che non espongono le persone al contagio. Il dirigente scolastico, individua il personale addetto alla misurazione della temperatura corporea, adeguatamente formato, preferibilmente scegliendo tra gli addetti al primo soccorso». E’ quanto prevede l’elenco delle richieste delle parti sociali per la bozza del protocollo d’intesa tra Miur e sindacati sull’avvio dell’anno scolastico»

«Il personale addetto alla misurazione dovrà essere munito di adeguati dpi» e «se la temperatura misurata al personale risulterà superiore ai 37,5°, non sarà consentito l’accesso a scuola», si specifica nel documento.

Referenti per «contact tracing» contro eventuali focolai del virus

da Il Sole 24 Ore

di Redazione Scuola

Se dovesse emergere un caso di positività a scuola la scuola si attiverà con «un monitoraggio attento da avviare in stretto raccordo con il Dipartimento di prevenzione locale« per scongiurare eventuali focolai, inoltre «l’autorità sanitaria competente potrà valutare tutte le misure ritenute idonee», con «ricerca attiva di contatti che possano interessare l’ambito scolastico». E’ quanto prevede l’elenco delle richieste delle parti sociali per la bozza del protocollo d’intesa tra Miur e sindacati sull’avvio dell’anno scolastico.

Per i casi di sospetto o effettivo contagio, nel documento viene preso come riferimento il “Protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro” del 24 aprile 2020 (punto 11 – Gestione di una persona sintomatica in azienda), che individua la procedura da adottare nel contesto scolastico.

«Sarebbe opportuno – prosegue il documento – prevedere, nell’ambito dei Dipartimenti di prevenzione territoriali, un referente per l’ambito scolastico che possa raccordarsi con i dirigenti scolastici al fine di un efficace contact tracing e risposta immediata in caso di criticità».

Se la scuola resta un rebus

da la Repubblica

Chiara Saraceno

L’incertezza su come, e per chi, riaprirà la scuola a settembre è un dato di fatto, non una percezione sbagliata fomentata da un eccesso di ansia di genitori e studenti e da una informazione ostile, quando non intenzionalmente mendace, da parte dei media, come sembra pensare la ministra Azzolina. Nonostante le continue rassicurazioni — «la scuola riaprirà» — con cui accompagna il suo giro di visite nelle diverse Regioni, nelle singole situazioni concrete le certezze scarseggiano.

Il 10% di alunni che non troverà posto fisico sembrerà poco alla ministra, che per altro non era rimasta particolarmente turbata neppure dal 20% che, secondo i dati del suo ministero, non ha ricevuto alcuna didattica a distanza. Sono centinaia di migliaia di bambini e ragazzi concretissimi, con i loro bisogni e diritti educativi calpestati. Sono centinaia di migliaia di genitori che non sanno ancora se e in quali condizioni i loro figli faranno lezione e che tipo di soluzioni organizzative dovranno trovare per fare fronte a ciò che la scuola (non) offrirà loro.

Non si sa dove, in quali scuole, non si troverà posto e quindi occorrerà alternare lezioni in presenza e a distanza. Non si sa se sarà garantito il tempo pieno nella scuola dell’obbligo, almeno là dove c’era già.

Laddove sarebbe opportuno estenderlo a tutti, almeno nella scuola primaria, per garantire pari opportunità e ricchezza di curricolo educativo a tutti i bambini. Anzi, si pensa ad una riduzione del tempo scuola come soluzione alla fame di spazi e alla possibile esigenza di dover fare i turni. Si parla di un “cruscotto informativo” dove tutte queste informazioni dovrebbero trovarsi articolate dal livello nazionale fino al dettaglio locale.

Ma non vengono rese note, tantomeno agli utenti finali, studenti e genitori che a fine luglio sono ancora tenuti nel buio più assoluto.

Dopo i lunghi mesi di lockdown, seguiti da una ancora più lunga interruzione estiva, la riapertura delle scuole si presenta come un indovinello di cui nessuno conosce la soluzione: presidi e direttori didattici, studenti e genitori. Se i figli sono più d’uno, in scuole diverse, con organizzazioni diverse, per questi ultimi rischia di diventare un incubo. Le cose sono, se possibili, peggiori per i più piccoli, nella misura in cui non sono neppure garantiti i livelli di copertura pre-Covid 19 né nella scuola dell’infanzia né nei nidi.

Non è responsabilità della ministra la bassa qualità edilizia e talvolta vera e propria pericolosità di molti edifici scolastici, resa ancor più inaccettabile dalle esigenze di prevenzione. Tuttavia non è possibile che la scuola arrivi così impreparata all’appuntamento di settembre, al punto che anche il bando per l’acquisto di banchi viene fatto a fine luglio, come se già a marzo o aprile non fosse chiaro che occorreva attrezzarsi, e non solo e prioritariamente per i banchi.

Il prolungamento della chiusura delle scuole, che ha distinto l’Italia rispetto a tutti i Paesi europei, invece di servire per attrezzarsi meglio per la ripresa è servito solo per ritardare colpevolmente ogni decisione, in uno scarica-barile inaccettabile tra Miur e comitato tecnico-scientifico, Miur e presidi ed enti locali, Miur e sindacati. Con l’esito finale di scaricare ogni problema sui bambini e ragazzi e le loro famiglie. A danno di tutti, ma soprattutto di chi ha meno risorse, naturalmente.

Altro che contrasto all’esclusione scolastica e alla povertà educativa! Queste non si combattono semplicemente promuovendo tutti, lavandosi le mani delle difficoltà create o non riconosciute, ma con un di più di impegno, di offerta educativa, che non consiste solo di banchi e aule, ma di costruzione di rapporti di fiducia, oltre che di docenti preparati e di modalità didattiche adeguate.

Scuola e Covid, medico di sorveglianza e test per studenti: le proposte per la riapertura

da la Repubblica

Test a campione tra gli studenti con cadenza periodica, sierologico per il personale prima dell’avvio delle lezioni oltre ad individuare “in tutte le scuole un medico competente che effettui il servizio di sorveglianza sanitaria”. E’ la proposta inserita nell’elenco delle richieste delle parti sociali per la bozza del protocollo d’intesa tra Miur e sindacati sull’avvio dell’anno scolastico. Il documento, sottoposto ai ministeri di Istruzione e Salute e al Cts.Mentre per la data della riapertura arriva una nuova conferma dal ministero: “Io rispondo a tutti quelli che manifestano perplessità: è chiaro che il 14 settembre, lo ribadisco ancora una volta, si ritornerà a scuola, e per questo voglio tranquillizzare tutti quelli che hanno manifestato perplessità”, ha detto oggi la ministra Lucia Azzolina a Firenze al termine del tavolo regionale per la ripresa a settembre. Alla Toscana che chiede 6 mila assunzioni fra insegnanti e dipendenti amministrativi per ripartire la ministra ha promesso più organico “anche alle altre regioni che lo hanno chiesto”.  “I problemi sono sempre stati questi – ha proseguito il ministro – Allora partiamo da un presupposto dopo anni anni di tagli alla scuola, dove i problemi di edilizia scolastica c’erano da prima, non è che sono nati con il coronavirus, nel momento in cui si stabilisce con il comitato tecnico-scientifico che deve essere mantenuto un metro di distanziamento, noi a quel a quel metro di distanziamento dovevamo dare una risposta, con spazi nuovi, facendo degli interventi di edilizia scolastica leggera all’interno degli spazi scolastici che già abbiamo, e in più l’organico. Queste sono le risposte che noi stiamo dando alle famiglie e ai nostri studenti alle nostre studentesse per ripartire il 14 di settembre. Noi stiamo già costruendo al Ministero dell’Istruzione il decreto per ripartire l’organico a tutte le regioni d’Italia”.

“Sulla base di una Convenzione tra Ministero dell’Istruzione e Consiglio Nazionale Ordine Psicologi, si promuove un sostegno psicologico per fronteggiare situazioni di insicurezza, stress, ansia dovuta ad eccessiva responsabilità, timore di contagio, rientro al lavoro in “presenza”, difficoltà di concentrazione, situazione di isolamento vissuta”.E’ quanto prevede la bozza del protocollo d’intesa tra Miur e sindacati per garantire l’avvio dell’anno scolastico.

Concorso presidi, i ricorrenti: “La ministra non rende pubblici gli atti”

da la Repubblica

Corrado Zunino

ROMA – C’è un altro fronte scolastico che preoccupa la ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina, impegnata nella complessa riapertura di settembre, ed è il concorso per presidi. E’ stato avviato nel novembre 2017 e si è svolto nel corso del 2018. La Azzolina, già docente precaria in Liguria, entrata in ruolo a Biella, lo ha vinto che era deputata dei Cinque Stelle e membro della commissione Cultura della Camera, istituzione che di concorsi scolastici si occupa per statuto. Nella prova preselettiva l’attuale ministra ha meritato 73 (ultimo punteggio utile per passare 71,7). All’orale, quindi, la commissione l’ha giudicata da “0” (su sei) in Informatica e da “5” (su dodici) in Inglese, era preparata tuttavia sulla normativa scolastica. Lucia Azzolina è entrata, alla fine, nel novero dei vincitori: è diventata preside. Successivamente, si è scoperto che le prove scritte di quel concorso – gli scritti, non gli orali – sono state fortemente discutibili e, ora che sul concorso indagano sei procure in tutta Italia, i ricorrenti – una quota di docenti candidati alla gara e poi bocciata – accusano la ministra di opporsi alla richiesta di far conoscere tutti gli atti.

Il concorso per dirigenti scolastici è stato annullato dal Tar del Lazio con due sentenze del luglio 2019 e, ancora, lo scorso 24 giugno il Tribunale amministrativo ha soppresso la graduatoria che ne fissava i vincitori: elenco da rifare. Molte sono le ombre che ogni giorno si allungano sulla prova nazionale, fanno intravvedere l’operato infedele di alcuni commissari delle trentotto sottocommissioni che, nel Paese, hanno valutato le singole prove. Da un anno il Comitato Trasparenza è partecipazione chiede l’accesso agli atti completi e ancora una volta il Tar, con sentenza di quest’anno, la numero 2293, ha ordinato al ministero la totale ostensione dei documenti dei vincitori: elaborati della prova scritta, griglie di valutazione e verbali. Quest’ultimo, con un ricorso firmato personalmente dalla “ministra pro tempore” e depositato dall’Avvocatura di Stato, si è rivolto al Consiglio di Stato invocando due ragioni per non concedere trasparenza: uno, i dirigenti scolastici vincitori, se riconosciuti con nome e cognome, potrebbero subire pressioni dai docenti sconfitti; due, l’iter del concorso non si è ancora concluso e le rivelazioni potrebbero creare grave danno alla prosecuzione dell’anno scolastico. Il Consiglio di Stato, con ordinanza, ha rimandato quindi al 29 ottobre la decisione sulle richieste di pubblicazione avanzate dal Tar.

Tutte le sentenze del Consiglio di Stato, sulla materia concorso presidi, sono state fin qui motivate dalla più importante necessità di consentire un ordinato svolgimento del percorso scolastico, il “preminente interesse pubblico”, ma, visto che la maggior parte dei dirigenti vincitori è entrato in ruolo da un anno, questa motivazione appare gracile.

“Non ci danno il codice sorgente”

Il Consorzio Cineca, che ha organizzato la prova sul piano informatico, si oppone a sua volta alla concessione del codice sorgente del software utilizzato per lo scritto. “Segreti tecnici”, “protezione dalla concorrenza”, “valore economico del codice”, sono in questo caso i motivi avanzati per l’opposizione. La perizia dell’informatico forense Marco Calonzi, realizzata per conto del Comitato Trasparenza è partecipazione, ipotizza, tuttavia, la presenza di falle di sistema che avrebbero permesso la violazione dell’anonimato degli elaborati scritti dei candidati prima dello scioglimento dell’anonimato stesso. In anticipo sulla prova, ecco, in alcuni casi le commissioni conoscevano i nomi dei candidati. Anche sul codice sorgente, con una nota del capo dipartimento Marco “Max” Bruschi, il ministero ha concesso solo un accesso parziale.

Il Comitato ha potuto vedere i primi 430 documenti dei vincitori, trecento dei quali rilasciati dal ministero ancora sotto la titolarità di Lorenzo Fioramonti. Un terzo degli elaborati, secondo i ricorrenti, presentavano irregolarità: punteggi sfalsati rispetto alla griglia di valutazione, voti gonfiati per risposte non date, file privi di metadati e alcuni creati prima dell’avvio della prova. Repubblica ne ha visionato alcuni e ha riscontrato diverse incongruenze.

La ministra Azzolina, entrata in Viale Trastevere lo scorso 10 gennaio, non ha concesso ulteriori pubblicazioni e per tre volte ha espresso parere negativo a una soluzione extragiudiziale del post-concorso proposta da parlamentari di maggioranza e di opposizione (lo stesso Fioramonti, quindi Orfini, De Petris, Nencini, Pittoni, Fassina) per salvare i candidati in contenzioso e consentire loro, come già fatto in occasioni passate, di essere nuovamente giudicati dopo aver fatto un corso intensivo di formazione. E’ passato, invece, un emendamento di Italia Viva, già approvato nel Decreto scuola, che immetterà nel ruolo di dirigenti anche i cosiddetti idonei (adatti al ruolo, secondo la prova, ma non rientranti nei vincitori). Ad oggi, va ricordato, sono entrati in ruolo 2.900 dirigenti scolastici e altri 500 idonei sono in attesa.

Michele Zannini, presidente del Comitato Trasparenza è partecipazione, chiede: “Perché il ministero non consente di prendere visione di tutti i documenti della prova scritta del concorso? Di che cosa ha paura? Che forse troveremo prova del fatto che alcuni dirigenti scolastici hanno superato lo scritto rispondendo solo a tre dei cinque quesiti a risposta aperta? Il fatto che Lucia Azzolina, che ha partecipato e vinto quel concorso, nel frattempo sia diventata ministra dell’Istruzione dovrebbe suggerirle la massima trasparenza non un’opposizione strenua alla conoscenza dei fatti. Tutti i bandi gestiti dal ministero dell’Istruzione, dal 2004 ad oggi, sono stati oggetto di contenziosi giudiziari e i contenziosi si sono prolungati per decenni liberando i ministri che li avevano gestiti dalle loro responsabilità pubbliche”.

Il ministero: “Nessun accesso generalizzato”

Sulla questione dell’opportunità della resa pubblica degli elaborati del concorso presidi, Repubblica ha interpellato la stessa ministra Azzolina, tutt’oggi rappresentante di un movimento Cinque Stelle che della trasparenza ha fatto motivo di ascesa politica. Il portavoce della ministra ci ha inviato questa risposta scritta: “Il ministero dell’Istruzione ha da subito scelto una linea chiara rispetto al concorso per dirigenti scolastici, non da oggi, ma dall’inizio dei ricorsi, partiti nel 2018, ovvero due anni fa: quella di attendere sempre e rispettare rigorosamente, come doveroso, i pronunciamenti della magistratura amministrativa rispetto ai ricorsi presentati consentendo però, al contempo, il maggior numero di accessi agli atti possibile, in un’ottica di totale trasparenza. I numeri parlano chiaro: sono già 430 i compiti di altri candidati visionati, ad oggi, dai ricorrenti. Ogni candidato partecipante alla prova scritta, parliamo di quasi 9.000 persone, ha poi soddisfatto il proprio accesso agli atti visionando il suo compito, la propria scheda di valutazione e il verbale di correzione della propria commissione, nonché il verbale per la definizione dei criteri di correzione. A chi lo ha richiesto è stato dato anche il verbale d’aula. Di tutto si può parlare tranne che di mancata trasparenza. Linea questa che l’amministrazione ha tenuto ferma ad ogni cambio di ministro intervenuto dall’avvio dei ricorsi. Anche perché i ricorsi riguardano, appunto, l’amministrazione scolastica: il contenzioso dei ricorrenti è con il ministero e non con il vertice politico. E non potrebbe essere altrimenti. Non c’è dunque nessuna volontà, né ci potrebbe essere, da parte della ministra Azzolina o di qualsiasi altro ministro, di non assicurare la trasparenza. Anzi, sarebbe singolare se un ministro intervenisse in un senso o nell’altro su un concorso e sui relativi ricorsi, fronte che è di stretta competenza dell’amministrazione. Sarebbe una vera e propria interferenza. Il ministero ha peraltro tenuto, anche in questo caso, una linea già utilizzata in passato in situazioni simili e attende ora, con fiducia, l’esito dei giudizi pendenti. L’amministrazione non può che misurarsi nei processi, la sede deputata per confrontarsi con i ricorrenti, fino al definitivo giudizio del Consiglio di Stato, ricorso per ricorso. Nel frattempo, oltre a garantire la trasparenza, e in attesa delle sentenze definitive, proprio sulla base di quanto già stabilito dal Consiglio di Stato con pronunciamento del luglio del 2019, il ministero ha anche garantito il buon funzionamento delle scuole immettendo in ruolo quanti più dirigenti scolastici possibili vincitori di concorso per evitare l’annoso fenomeno delle reggenze”.

Rispetto a questa risposta, non è chiaro che cosa intenda il ministero dell’Istruzione per “rispettare rigorosamente i pronunciamenti della magistratura amministrativa” visto che il pronunciamento del Tar, il ministero, non lo ha rispettato: non ha aperto gli archivi. Si è, invece, opposto alla sentenza chiedendo l’intervento del Consiglio di Stato (atto, ovviamente, legittimo). Ancora, non è in discussione la possibilità che un candidato controlli in un secondo momento il proprio elaborato, cosa prevista da qualsiasi amministrazione pubblica, ma la richiesta di emersione di tutti gli scritti dei vincitori, senza anonimato, alcuni dei quali si sono già rilevati non lineari. Per ora, il ministero dell’Istruzione ha tolto il vincolo (non l’anonimato) a trecento lavori sotto il ministro Fioramonti e ad altri centotrenta (meno del 5 per cento del totale) sotto la ministra Azzolina. “L’accesso agli atti è stato presentato per 570 compiti”, dicono ancora al ministero, “nelle prossime settimane faremo visionare i restanti 140, ma non è previsto alcun accesso generalizzato”.

Sulla sentenza di annullamento dell’intera prova, firmata dal Tar, il Consiglio di Stato si esprimerà il prossimo 15 ottobre.

In arrivo 50 mila docenti in più

da ItaliaOggi

Alessandra Ricciardi

Fine luglio di fuoco. A giorni, secondo quanto risulta a ItaliaOggi, il ministro dell’istruzione, Lucia Azzolina, firmerà l’ordinanza per l’assunzione in via straordinaria, e da ogni graduatoria disponibile, di un contingente aggiuntivo di docenti e personale ausiliario per garantire la riaperture delle scuole causa emergenza Covid: dovrebbero essere circa 50 mila unità in più da impegnare solo per il prossimo anno. Costo, un miliardo di euro, quello già stanziato con il Dl Rilancio. Un altro miliardo, promesso dal premier Giuseppe Conte, dovrebbe arrivare con lo scostamento di Bilancio. Se sarà anche esso impegnato per assumere altri supplenti lo si vedrà nelle prossime settimane. In queste ore intanto dovrebbe arrivare l’autorizzazione dal ministero dell’economia per le assunzioni a tempo indeterminato: la richiesta del ministero dell’istruzione è per 80 mila docenti da immettere in ruolo, attraverso il ricorso alle graduatorie e alle successive call veloci, così da coprire i vuoti in organico di diritto.

Intanto sindacati e vertici del ministero si rivedranno in settimana per firmare il protocollo per la sicurezza del nuovo anno: ancora in via di definizione alcuni punti critici, come la misurazione della temperatura ai prof in entrata, che per tutti gli altri dipendenti della pa è obbligatoria e che nelle scuole potrebbe non esserlo. La bozza di protocollo prevede «l’individuazione in tutte le scuole del medico competente che effettui il servizio di sorveglianza sanitaria». E ancora test sierologici per tutto il personale e a campione per gli studenti. Sarà obbligatoria per tutti a scuola l’uso della mascherina.

Resta il nodo dei trasporti: ingressi scaglionati, necessari per evitare gli assembramenti, richiedono anche una revisione e un potenziamento dei servizi pubblici di trasporto, ad oggi in crisi a causa del crollo degli utenti. Un tavolo ad hoc dovrà essere istituito con le regioni e con il ministero dei trasporti. Una corsa contro il tempo insomma perché tutto sia pronto, non solo banchi singoli e aule adeguate per garantire il distanziamento, per il rientro a scuola il 14 di settembre prossimo di circa 7 milioni di studenti. Sulle modalità di riapertura della scuola oggi la Azzolina terrà l’informativa alla camera.

Tornando all’organico per l’emergenza Covid, l’ordinanza messa a punto dai vertici di Viale Trastevere prevede i criteri di riparto delle risorse direttamente agli Uffici scolastici regionali. Gli Usr dunque non riceveranno unità di personale, ma un «borsino» ad hoc a cui attingere, fondi di cui ognuno degli Uffici disporrà per dare risposta alle esigenze delle scuole. Risorse che saranno assegnate calibrando il numero di alunni iscritti con le esigenze espresse dalle scuole.

Precettazione, trattative rinviate

da ItaliaOggi

Carlo Forte

Docenti precettabili in caso di sciopero, trattative rinviate a settembre. Lo ha fatto sapere il presidente dell’Aran Antonio Naddeo, nel corso di una riunione con le organizzazioni sindacali che si è tenuta giovedì scorso.

Il rinvio va incontro ad una richiesta avanzata dai sindacati nel corso di una precedente riunione, volta a buttare acqua sul fuoco sui contrasti emersi durante le trattative sul nuovo accordo per la regolazione dei servizi minimi in caso di sciopero. Che secondo la Commissione di garanzia, rappresentata al tavolo dall’Aran, dovrebbe prevedere la possibilità di precettare un numero minimo di docenti, per provvedere alla vigilanza sugli alunni. Ipotesi fortemente osteggiata dalle sigle sindacali, perché comporterebbe una limitazione al diritto di sciopero.

L’Aran ha spiegato che le trattative ripartiranno dopo la metà di settembre su un nuovo testo che sarà predisposto dalla Commissione di garanzia. Che però dovrebbe comunque comprendere la precettazione. La strada, dunque, è tutta in salita e non è e escluso che la trattativa si concluda con un nulla di fatto.

In questo caso la palla passerebbe al governo, che dovrebbe procedere con un provvedimento autoritativo. Ipotesi, questa, giuridicamente plausibile, ma politicamente improbabile. Perlomeno non prima delle prossime elezioni regionali. L’adozione di un atto unilaterale in tal senso, infatti, avrebbe l’effetto di rompere il delicato equilibrio costruito con costanza certosina dal presidente del consiglio, Giuseppe Conte. Che ha ripristinato la prassi ormai desueta della concertazione, per ampliare il più possibile la sfera di condivisione delle decisioni con i sindacati riguardanti le misure anti-Covid 19. E che ora è stato in parte pregiudicato a causa delle misure adottate dal governo sul reclutamento. Che non recepiscono gli accordi con i sindacati. E adesso, se l’esecutivo dovesse decidere di procedere unilateralmente sulla questione della precettazione dei docenti in caso di sciopero, rischierebbe di dare il colpo di grazia al faticoso lavoro di ricomposizione delle relazioni sindacali efficacemente portato avanti negli ultimi mesi.

Per giungere alla precettazione dei docenti in caso di sciopero, peraltro, il governo dovrebbe superare non solo gli ostacoli politici e negoziali, ma dovrebbe anche dirimere una questione essenzialmente giuridica. La precettazione, infatti, comporterebbe un vero e proprio demansionamento dei docenti interessati. Che sarebbero costretti ad operare con mansioni di mera vigilanza. Vale a dire erogando una prestazione diversa e inferiore rispetto a quella per la quale sono stati assunti. Ciò risulterebbe in violazione delle disposizioni contenute nel codice civile e nel decreto legislativo 165/2001, che vietano espressamente al datore di lavoro il ricorso al demansionamento dei dipendenti. E che potrebbe ingenerare l’ennesimo contenzioso seriale.

Le Sezioni unite della Suprema corte, infatti, con la sentenza 6572/2006 hanno stabilito che l’assegnazione di mansioni inferiori rispetto a quelle per le quali il lavoratore è stato assunto è un inadempimento contrattuale che deriva dalla violazione dell’articolo 2103 del codice civile e determina l’insorgenza del diritto al risarcimento del danno. La necessità di rivedere l’accordo è scaturita dalla frequenza con la quale i sindacati a basso tasso di rappresentatività proclamano gli scioperi. Che mettono in allarme i genitori e, talvolta, li inducono a non mandare i figli a scuola. Salvo poi constatare che le adesioni allo sciopero siano state assolutamente trascurabili e che, quindi, le lezioni si siano tenute regolarmente.

Per fare fronte a questo problema, peraltro, nel corso delle trattative i sindacati avevano già accolto la richiesta dell’Aran di agevolare la trasmissione alle famiglie delle informazioni circa le dichiarazioni (su base volontaria) di preventiva adesione allo sciopero e sui dati riguardanti il peso delle sigle sindacali che avessero indetto l’agitazione.

Corsi di recupero, un’incognita

da ItaliaOggi

Emanuela Micucci

Di sicuro, per ora, c’è solo la data: 1º settembre. Sarà il giorno in cui partiranno i corsi di recupero delle insufficienze o di parti essenziali del programma dello scorso anno. La conferma ufficiale è appena arrivata dalla ministra Lucia Azzolina nell’ordinanza sull’apertura del nuovo anno scolastico, fissata per le lezioni al 14 di settembre (si veda ItaliaOggi di sabato scorso). Ma il 71% degli studenti con insufficienze conosce solo questa data. Informazioni così scarse dalle scuole da spingere le famiglie di 2 alunni su 5 a correre ai ripari in proprio con le ripetizioni private. A registrare questi trend un’analisi della piattaforma www.ripetizioni.skuola.net su un campione di 3.500 studenti delle superiori. Pochi, circa 3 su 10, i fortunati a cui la propria scuola ha già comunicato nel dettaglio come saranno organizzati i piani di apprendimento individualizzato, cioè i corsi di recupero. E, proprio da loro, si hanno le prime informazioni su come si stanno muovendo gli istituti.

Se una buona parte, il 43%, tornerà in classe e farà tutto in presenza, la sorpresa arriva dalla maggioranza, che non accantonerà la didattica a distanza per i corsi di recupero. Dal 1º settembre, infatti, ben il 37% continuerà con la didattica online anche per questa fase intermedia, prima del ritorno tra i banchi con l’inizio delle lezioni il 14 settembre, un altro 20% sperimenterà la modalità mista, un po’ in classe e un po’ a distanza.

Così, genitori e studenti insufficienti si rimboccano le maniche e cercano di recuperare il terreno perduto durante l’anno scolastico con le ripetizioni: circa 2 su 5 le prenderanno sicuramente, mentre un altro quarto, il 24%, sta valutando in queste settimane se chiedere l’aiuto di un docente privato. Del resto, nonostante la promozione per tutti causa pandemia, il 18% degli studenti si è trovato almeno un’insufficienza agli scrutini finali, il 25% negli istituti tecnici e professionali. Ma alle ripetizioni pensa anche 1 su 6 tra chi ha avuto una pagella immacolata. E, poi, ci sono i ragazzi, 1 su 4, che vorrebbero prenderle, ma non potranno, nel 18% dei casi perché troppo onerose per la famiglia.

Per la metà degli studenti le lezioni private è meglio svolgerle in presenza e solo il 19% si fida ciecamente di quelle a distanza. Se il 44% già le sta prendendo ripetizioni, il 38% inizierà entro fine agosto. Mentre il 18% le svolgerà parallelamente ai corsi di recupero della scuola.

Per quanto riguarda l’avvio del nuovo anno, fissata la data del 14 settembre per la ripresa delle lezioni, le regioni a questo punto dovranno adottare i rispettivi calendari scolastici garantendo, ai fini della validità dell’anno, che si svolgano almeno 200 giorni di lezione, secondo quanto stabilito dall’articolo 74, comma 3, del decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297. Tetto che era saltato causa Covid e impossibilità a termine regolarmente le lezioni. «Ai sensi dell’articolo 2, comma 1, lettera a) del decreto legge 8 aprile 2020, n. 22, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 giugno 2020, n. 41 e in deroga all’articolo 138, comma 1, lettera d), del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, le lezioni dell’anno scolastico 2020/2021 nell’intero territorio nazionale possono avere inizio a decorrere dal giorno 14 settembre 2020», prevede l’articolo 1 dell’Ordinanza, «per le scuole dell’infanzia, del primo ciclo e del secondo ciclo di istruzione, appartenenti al sistema nazionale di istruzione, ivi compresi i Centri provinciali per l’istruzione degli adulti».

I numeri sbagliati del bando Arcuri E per le aziende andrà deserto

da ItaliaOggi

Per rientrare in classe in sicurezza a settembre mancano 2.540.236 banchi monoposto e 1.374.425 sedie tradizionali. A fornire l’elenco delle necessità delle scuole italiane sono stati 8.808 presidi che hanno risposto alla rivelazione del ministero dell’istruzione, sebbene siano rimasti fuori 300 istituti che il ministerod ell’istruzione sta cercando di rintracciare. I conti però non quadrano tra le previsioni del ministero e del commissario straordinario all’emergenza covid-19 Domenico Arcuri e le reali esigenze delle scuole. Non solo le richieste totali degli istituti prevedono circa 500 mila banchi singoli in meno rispetto alle stime «fino a 3 milioni di pezzi »del bando Arcuri. Ma anche nel dettaglio la fotografia attuale degli arredi scolastici è lontana da quella del ministero. I presidi, infatti, hanno richiesta 2.009.991 banchi tradizionali, mentre il bando ne metteva a gara 1,5 milioni: 500 mila banchi tradizionali in meno. Mentre un altro 1,5 milione di pezzi riguardava i banchi innovativi, quelli in plastica con le rotelle, che sono appena il 17% del totale delle domande delle scuole, solo 440.245 banchi: circa 1,1 milione in meno di quelli messi a gara. Del resto, Sud Arreda, azienda che li produce da 8 anni, spiega che «si tratta di una sedia che non è stata concepita per la didattica quotidiana ma per i laboratori». Non va meglio per le sedie. Il bando ne prevedeva 700 mila per i banchi tradizionali. Alle scuole ne servono quasi il doppio: 1.374.425 pezzi. Numeri comunque elevati e tempi di produzione e consegna strettissimi: entro il 31 agosto, si legge nel bando, dovranno essere nelle scuole, «immediata risoluzione del contratto» se arriveranno con un «ritardo superiore a 7 giorni». Il bando scadrà il 30 luglio, dopodomani, e i contratti saranno firmati entro il 7 agosto.

«Una missione impossibile», secondo le associazioni dei produttori e distributori dell’arredo scolastico e le aziende del settore, che rimarcano che «in 23 giorni compresi tutti i festivi dovrebbe essere concentrata la produzione di 5 anni di tutte le aziende nazionali certificate per fornire arredamento alla pubblica amministrazione». «Nella migliore delle ipotesi», spiegano Assufficio di FederlegnoArredo e Assodidattica, «la capacità produttiva attuale potrebbe arrivare a 120 mila pezzi consegnati entro fine settembre, a patto che siano disponibili pannelli, tubolari, insomma tutti i componenti per la realizzazione dei banchi. A tutto ciò si aggiunga che anche la consegna e la messa in loco degli arredi è in capo ai fornitori». Emidio Salvatorelli, presidente di Vastarredo, ricorda che «per consegnare 1,5 milioni di banchi servono 3.000 tir»; ciascuno, infatti, può trasportare 500 banchi. E, aggiunge Massimiliano Di Biase di Arreda La Scuola, «se anche avessi 200 mila banchi in magazzino avrei bisogno di 10 chilometri di camion per farli uscire dall’azienda. E poi quanto tempo è necessario per portarli nelle scuole? Duecentomila banchi si distribuiscono in due mesi». Risultato: «il bando andrà deserto».

Pronta la replica di Arcuri: «Non possiamo riservare la gara solo alla produzione nazionale, ci rivolgiamo anche a produttori europei». Intanto, in Sicilia si pensa a soluzioni artigianali estreme per garantire banchi singoli a tutti in tempi rapidi e a costi decisamente contenuti: segare quelli doppi, se sono in legno, o comunque separarli. Ci stava pensando, già a inizio luglio, la task force regionale guidata da Adelfio Cardinale. Non va meglio nel Lazio, dove secondo il monitoraggio dell’urs Lazio nelle 730 scuole della regione nelle mancano all’appello 285 mila banchi monoposto. «Il numero è molto elevato: sono preoccupato», commenta il direttore generale Rocco Pinneri. «Le scuole, tramite gli enti locali, al momento ne hanno acquistati 35 mila». Nel savonese «sono stati richiesti al ministero circa 3.300 banchi», dichiara il direttore dell’ust Alessandro Clavarino. Si tratta di circa il 12% del totale degli studenti. Come a dire che 1 su 8 rischia di rimanere in piedi.

Assunzioni e protocollo di sicurezza, il fine luglio caldissimo del Ministero dell’Istruzione

da Orizzontescuola

di Andrea Carlino

Alle 12, alla Camera (diretta streaming su Orizzonte Scuola), la ministra dell’Istruzione, Lucia Azzolina, leggerà l’informativa urgente sull’avvio dell’anno scolastico. Non solo le misure per garantire il normale riavvio delle lezioni, ma anche questioni riguardanti gli organici.

Nei prossimi giorni (probabilmente già in questa settimana), Azzolina chiuderà la prima partita, cioè l’assunzione di circa 50mila docenti da impegnare solo nell’anno scolastico 2020-2021: assunzioni a tempo determinato con la clausola di interruzione del rapporto in caso di lockdown. Il costo dell’operazione è di circa un miliardo, fondi già stanziati dal Decreto Rilancio. Non sono mancate polemiche su questa misura, ma il Ministero è deciso ad avere avanti anche per cercare di colmare i vuoti di organico.

L’altra partita che si è cercherà di chiudere sarà quella delle immissioni in ruolo: Azzolina ne chiede 80mila, il Ministero dell’Economia riflette. Si aspetta il via libera per i docenti da immettere in ruolo attraverso le varie graduatorie e il nuovo meccanismo della “chiamata veloce”.

Poi ci sarà da definire la questione riguardante il protocollo di sicurezza. Lunedì prime indiscrezioni sulla bozza che dovrà essere firmato da Ministero e organizzazioni sindacali. Tra test sierologici e misurazione della temperatura, Azzolina conta di chiudere al più presto considerando anche l’altra emergenza, quella dei banchi a rotelle su cui divampa la polemica politica. Anche la questione riguardante i trasporti è sul tavolo della ministra.

Una corsa contro il tempo per avere tutto pronto per il rientro in classe degli studenti previsto per il 14 settembre.

GPS Sostegno prima fascia: abilitati e laureati nella stessa graduatoria, a contare è la specializzazione

da Orizzontescuola

di Antonio Marchetta

La prima fascia GPS sostegno è costituita da docenti con titolo di specializzazione sul sostegno, siano essi in possesso di abilitazione specifica su materia, oppure in possesso della sola laurea. Per la prima volta infatti al IV ciclo TFA specializzazione sostegno sono stati ammessi laureati, con 24 CFU o tre anni di servizio.

Graduatorie provinciali per le supplenze

Le supplenze possono essere:

  • fino al 31 agosto;
  • fino al 30 giugno;
  • temporanee (max ultimo giorno di lezione).

Per l’attribuzione delle supplenze fino al 31 agosto e 30 giugno si utilizzano le GaE (Graduatorie ad esaurimento).

Per i posti residui dalle GaE sarà possibile attingere dalle graduatorie provinciali per le supplenze (GPS).

GPS SOSTEGNO

Le GPS relative ai posti di sostegno, distinte per i relativi gradi di istruzione della scuola dell’infanzia, primaria, secondaria di primo grado, secondaria di secondo grado, sono suddivise in fasce così determinate:

  1. La prima fascia è costituita dai soggetti in possesso dello specifico titolo di specializzazione sul sostegno nel relativo grado;
  2. La seconda fascia è costituita dai soggetti, privi del relativo titolo di specializzazione, che entro l’anno scolastico 2019/2020 abbiano maturato tre annualità di insegnamento su posto di sostegno nel relativo grado e che siano in possesso:
  • per la scuola dell’infanzia e primaria, del relativo titolo di abilitazione o del titolo di accesso alle GPS di seconda fascia del relativo grado;
  • per la scuola secondaria di primo e secondo grado, dell’abilitazione o del titolo di accesso alle GPS di seconda fascia del relativo grado.

Prima fascia sostegno: abilitati e laureati insieme, a contare è la specializzazione

Gli abilitati e i laureati saranno dunque nella medesima prima fascia se in possesso del titolo di specializzazione sul sostegno. Con la conclusione dei corsi di TFA sostegno IV ciclo anno accademico 2018/19, abbiamo assistito alla nascita di una figura che non esisteva da tempo:

  • docente specializzato su sostegno senza abilitazione su materia.

Nel DL 22/20 dell’08 aprile 2020 erano stati previsti due elenchi separati provinciali:

  1.  elenco provinciale con specializzati abilitati;
  2. elenco provinciale con specializzati non abilitati.

Successivamente, con la recente O.M. n. 60 del 10 luglio 2020, procedure di istituzione delle graduatorie provinciali e di istituto, è stato stabilito, per l’appunto, un’unica prima fascia costituita da soggetti in possesso dello specifico titolo di specializzazione, abilitati e non su materia.

L’obiettivo è quello di garantire quanto più possibile agli alunni con disabilità il docente specializzato.

Con i nuovi banchi le scuole dovranno aggiornare i protocolli di sicurezza

da Orizzontescuola

di Avv. Marco Barone

In questo momento è in corso un dibattito enorme sulla questione dei nuovi banchi. Un dibattito che tocca più sfere, da quelle economiche, a quelle del fatto che si sia colta la palla al balzo per entrare nella scuola 2.0 con una didattica diversa che passa anche dai nuovi banchi. In tutto ciò però pare essere sfuggito che sarà certamente necessario rivedere ed aggiornare i protocolli di sicurezza a scuola e le prove di evacuazione con i relativi comportamenti da assumere in caso di terremoto e non solo.

I comportamenti da assumere oggi in caso di evacuazione per terremoto

I protocolli universali adottati nelle scuole vogliono che al messaggio “inizio esercitazione terremoto” gli allievi e gli insegnanti si porteranno sotto i banchi (cattedra o architrave per gli adulti). Gli altri lavoratori troveranno riparo sotto i tavoli o vicino muri portanti.

Con i nuovi banchi tutto questo ovviamente non sarà più possibile. Verrà meno uno strumento tradizionale di protezione per gli studenti soprattutto nelle aree più a rischio in caso di terremoti? Come è noto il piano di emergenza a scuola è di fatto un mero strumento operativo in cui vengono definiti i compiti ed i ruoli che vengono assunti in caso di emergenza ed i comportamenti da adottare. La normativa di riferimento riguardante la sicurezza scolastica è il Decreto 26 agosto 1992 del Ministero dell’Interno che è quello per le norme anti incendio ed al punto 12 del DM si riporta in modo chiaro che devono essere effettuate almeno due prove di evacuazione nel corso dell’anno scolastico.

Sul quando, saranno le scuole a decidere, ma è evidente che lì dove verranno adottati i nuovi banchi sarà necessario aggiornare anche i protocolli di sicurezza e le procedure in caso di evacuazione ed ovviamente il Documento della Valutazione dei Rischi redatto ai sensi del DLGS 81 del 2008.

Il terremoto non è un fatto eccezionale, le misure di protezione devono essere adeguate

Per il Tribunale dell’Aquila il terremoto “non rappresenta un fatto eccezionale nel quadro della sismicità dell’area, e le sue caratteristiche rientrano negli elaborati di pericolosità sismica utilizzati per assegnare i Comuni alle zone sismiche e per stabilire gli spettri della normativa antisismica”. La Cassazione con sentenza n. 2536 del 21 gennaio 2016 ha affermato che il carattere di prevedibilità e non eccezionalità dell’evento sismico costituisce dato definitivo non posto in discussione tra le parti. Questa Corte ha già avuto modo di chiarire che i terremoti, anche di rilevante intensità, sono eventi rientranti tra le normali vicende del suolo, e non possono essere considerati come accadimenti eccezionali ed imprevedibili quando si verifichino in zone già qualificate ad elevato rischio sismico, o comunque formalmente classificate come sismiche (particolarmente Sez. 4, del 27/01/2010 n. 24732, Rv. 248115). In breve, si tratta di eventi con i quali i professionisti competenti sono chiamati a confrontarsi (Sez. 4, 16/11/1989 n. 17492, Rv. 182859). Tale responsabile approccio, improntato a speciale prudenza e accurata attenzione agli aspetti tecnico-scientifici ed alle informazioni e direttive che ne giungono, va qui ribadito. Va solo aggiunto che qualunque valutazione in tale delicata materia va naturalmente rapportata anche a ciascuna peculiare situazione concreta; e di ciò pure il giudice è chiamato a tener conto, come sempre è del resto richiesto nella delicata valutazione sulla colpa. L’ adeguatezza del comportamento dell’agente chiamato a gestire il rischio sismico andrà in ogni caso rapportato alle caratteristiche dell’edificio, alla sua utilizzazione, alle informazioni scientifiche, specifiche e di contesto, disponibili in ordine a possibilità o probabilità di verificazione di eventi dirompenti. Insomma, riassuntivamente, si tratterà di valutare tutte le contingenze proprie del caso concreto”.

E’ dovere della scuola tutelare l’incolumità degli studenti ma anche dei docenti

I nuovi banchi, dunque, comporteranno degli adeguamenti dei protocolli e sicuramente sarà necessario valutare in modo compiuto quali dovranno essere le regole comportamentali da adottare in classe da parte degli studenti con il nuovo arredo scolastico anche per evitare che gli studenti, stante la mobilità dei nuovi banchi, possano farne uso improprio e rendere ancora più complicato il lavoro di vigilanza del docente in classe. E sul punto non è mai ridondante ricordarlo in base all’articolo 2087 del codice civile il dirigente scolastico deve adottare tutte le misure idonee a prevenire rischi insiti all’ambiente di lavoro affinché si possa salvaguardare l’integrità psicofisica del docente. In merito alla responsabilità che sussiste verso gli studenti e specialmente sulla natura contrattuale della responsabilità si è già espressa più volte la Corte di Cassazione, si veda la Cassazione Sez. 4, 22/05/2007, Conzatti, Rv. 236852, Sez. 4, 23/02/2010 n. 17574, Ciabatti, Rv. 247522 . “La responsabilità dell’istituto scolastico e dell’insegnante non ha natura extracontrattuale, bensì contrattuale, atteso che, quanto all’istituto scolastico, l’accoglimento della domanda di iscrizione, con la conseguente ammissione dell’allievo alla scuola, determina l’instaurazione di un vincolo negoziale, dal quale sorge a carico dell’istituto l’obbligazione di vigilare sulla sicurezza e l’incolumità dell’allievo nel tempo in cui questi fruisce della prestazione scolastica in tutte le sue espressioni, anche al fine di evitare che l’allievo procuri danno a se stesso; e che, quanto al precettore dipendente dell’istituto scolastico, tra insegnante e allievo si instaura, per contatto sociale, un rapporto giuridico nell’ambito del quale l’insegnante assume, nel quadro del complessivo obbligo di istruire ed educare, anche uno specifico obbligo di protezione e vigilanza, onde evitare che l’allievo si procuri da solo un danno alla persona. Si tratta di principi con ancor maggiore evidenza applicabili alla figura del dirigente scolastico”.