SARÀ ANNO SCOLASTICO DI SACRIFICI E PROFESSIONALITÀ

SCUOLA: ANQUAP, SARÀ ANNO SCOLASTICO DI SACRIFICI E PROFESSIONALITÀ. GARANTIRE AD ALUNNI E FAMIGLIE LE MIGLIORI CONDIZIONI.

ROMA, 31 AGO – «Domani inizia un nuovo anno scolastico che, in ragione del perdurare del Covid 19, sarà ancora più impegnativo e problematico del solito e richiederà a tutto il personale scolastico, nessuno escluso, maggiori sacrifici e rinnovata professionalità per garantire agli alunni e alle loro famiglie le migliori condizioni di svolgimento delle prestazioni didattiche e dell’azione educativa».  Lo afferma Giorgio Germani, presidente di ANQUAP, l’Associazione Nazionale Quadri delle Amministrazioni Pubbliche che opera prevalentemente nel settore istruzione e cui aderiscono i Direttori SGA e gli Assistenti Amministrativi che lavorano nelle Scuole.
«A tutto il personale scolastico (dai dirigenti ai docenti, dai direttori sga al personale amministrativo, tecnico e ausiliario) – continua Germani – rivolgo i migliori auguri di buon lavoro e rinnovo l’impegno e la disponibilità dell’Anquap sul consolidato versante delle attività di informazione, formazione, consulenza e assistenza professionale e sindacale. Un augurio particolare lo debbo ai vincitori del concorso a Direttori sga che, nell’ordine di oltre mille unità (per il momento), assumeranno servizio domani e si troveranno a svolgere funzioni indispensabili per il funzionamento delle scuole in condizioni che non possiamo certo definire ottimali». 
«Come operatori della scuola che si occupano di organizzazione, amministrazione contabilità e servizi generali (Direttori dei servizi generali e amministrativi, assistenti amministrativi, assistenti tecnici, collaboratori scolastici) ci impegneremo al massimo affinché la scuola — conclude – sia capace di rispondere alle vostre esigenze e alle vostre aspettative, per noi sarà un “compito” importante». 

Scuola, i docenti demotivati

Scuola, i docenti demotivati

Franco Buccino

da La Repubblica ed. Napoli, 31/08/20

A due, forse tre settimane dall’inizio delle lezioni, confesso che volevo lanciare un altro appello ai docenti e a tutti i lavoratori della scuola. Il terzo! In un momento di lucidità ho colto che sarebbe stato inutile e controproducente. Di sicuro avrebbe aumentato il numero dei miei “nemici”, degli ostili, di quelli che ti compatiscono per via dell’età. “Hai lasciato la scuola da anni, e non la capisci più!”

Io, in verità, sono ancora pienamente convinto che la scuola la possono “salvare” soltanto i docenti, gli amministrativi e i bidelli, insieme con i miei colleghi presidi. L’hanno sempre tenuta “su”, loro; hanno scelto le contromisure alla politica dei tagli; hanno realizzato pezzi di riforme e innovazioni, senza che l’amministrazione scolastica muovesse un dito per il loro aggiornamento, o l’intero governo per un contratto dignitoso.

Ero convinto che i docenti avrebbero reagito alla grande dopo la pandemia dei mesi scorsi, che si sarebbero preparati a convivere con il coronavirus per la ripresa delle lezioni. Che avrebbero cominciato a discutere delle novità da apportare alla didattica, tenendo conto degli alunni più fragili, perfino di mutati tempi dell’apprendimento. Che, i più motivati, avrebbero costituito gruppi, in ogni scuola, di iniziativa, sostegno, di collaborazione con il dirigente, l’ente locale, con le famiglie.

Ero e sono convinto che le scuole devono cominciare il 14, o al più presto, e cominciare in presenza. Devono riaprire. È fondamentale! E non solo per dare al paese il senso della normalità; non solo perché i genitori lavorano; non solo perché i ragazzi stanno da troppo tempo in vacanza; non solo perché le videolezioni mostrano troppi limiti e non raggiungono tutti.

C’è un motivo molto più importante. Tutti, soprattutto a Napoli e in Campania, conosciamo il triste fenomeno della dispersione scolastica, cioè di ragazzi che per motivi vari rimangono fuori dai percorsi di istruzione e di formazione. Che, come si sa, dovrebbero riguardare tutti fino ai sedici anni, meglio fino ai diciotto. L’esclusione da questi percorsi lascia segni indelebili: di emarginazione, di povertà culturale, spesso di deviazione sociale. Sappiamo bene com’è complicato provare a recuperare questi ragazzi per salvarli da tristi e scontati destini. Ebbene, un altro anno scolastico, a vuoto come il precedente, rappresenterebbe una tragica esperienza di dispersione scolastica di massa. Per l’intera popolazione studentesca, 8 milioni e mezzo in Italia, quasi un milione in Campania. Certo, molti recupererebbero, ma in quanti non ci riuscirebbero. Ci vorrebbe un esercito di maestri di strada: da San Giovanni a Teduccio a Trento!

Non mi aspettavo, un po’ come tutti, risposte adeguate da parte del governo e della politica. Hanno fatto di peggio: con pasticci, ripensamenti, inettitudine pura. A partire da Azzolina, che ha una semplice attenuante, quella di non essere l’unica responsabile. L’attenzione dei politici per la scuola oggi ha una sola motivazione: a chi gioverà il suo tracollo. Assisteremo, con Salvini e Meloni alla finestra, a un epico scontro fra PD e 5stelle, e andremo a nuove elezioni (con le scuole già chiuse!).

Il Ministero poi, si sa, non si sarebbe smentito. E infatti ha coinvolto anche i gruppi di esperti in una girandola di proposte e controproposte. Le mascherine: sì, no, forse. Il metro si, ma dalle rime buccali. Trovo odiosa e vergognosa una circolare ministeriale di questi giorni, che parla di attività di recupero dal primo al 14 settembre: prevede che i docenti le facciano su base volontaria e dietro retribuzione per l’in più che fanno! Un in più rispetto a che? Ed è possibile che l’amministrazione scolastica proceda con tutte le operazioni di mobilità del personale, come tutti gli anni? Come se fosse l’avvio di un normale anno scolastico? Ha idea di quante nomine dovrebbe rapidamente fare? E gli enti locali per il 14 prossimo quanti locali avranno preparato  per ospitare classi sdoppiate delle scuole?

Anche le famiglie cercano di comprendere quel che si giocano i figli con quest’anno scolastico. Il problema non è solo se stanno a casa o vanno a scuola, con quel che ne deriva per la già complicata organizzazione familiare. Ma se la crescita dei propri figli procederà con linearità o sarà irta di ostacoli più del solito.

Un anno pericolosamente a rischio. Anche per questo, alcuni, avevamo proposto di dare ai sindaci il compito di trovare locali per le aule. Fino alla requisizione. E la possibilità di richiamare in servizio personale in pensione fino alla nomina degli aventi diritto dalle nuove graduatorie o comunque in forma aggiuntiva. E sempre su base volontaria e a titolo gratuito.

Non è andato bene niente, appelli, proposte. Le resistenze maggiori sono venute da parte di docenti, colleghi, perfino dal mio sindacato. Avevo previsto tutto: come si sarebbero comportati i politici, il Miur, il governo, i genitori. Ho sbagliato clamorosamente su quella che sarebbe stata la reazione dei docenti. In tanti non vogliono far corsi di recupero, in tantissimi vorrebbero essere esonerati dall’insegnamento, in attesa di una sicurezza assoluta che nessuno può garantire. In molti, in troppi, non hanno, secondo me, quella motivazione giusta che li possa spingere a buttarsi a capofitto in questa avventura. 

E non poteva essere diversamente! Non hanno cominciato con “Lettera a una professoressa”, non sono passati attraverso il ’68, le lotte sindacali, i contratti, la battaglia per le rsu. 

E, si badi bene, non è e non potrebbe essere un giudizio negativo su di loro, generazioni ben successive alla nostra, e con tanti pregi. È un giudizio negativo su di noi che non abbiamo saputo trasmettere i valori e le motivazioni più profonde di questo odiato e amato “mestiere”.

Allora, hanno ragione quelli che pensano e dicono che siamo dei patetici sopravvissuti. 

Dalle mascherine alla quarantena, il decalogo dei nodi da sciogliere

da Il Sole 24 Ore

di Claudio Tucci

1

Mascherina

Il Comitato tecnico scientifico, Cts, ne impone l’utilizzo dai 6 anni e lo esclude nel segmento 0-6. In questi giorni, alcuni governatori e qualche esperto, hanno messo in dubbio l’utilità in classe di questa protezione. Famiglie e studenti si chiedono come comportarsi: soprattutto, se rimarrà l’impostazione sanitaria già data, nel caso di bambini che frequentano la scuola dell’infanzia e hanno già compiuto 6 anni e nel caso di alunni che frequentano la scuola primaria e ancora non hanno compiuto 6 anni? I tecnici della sanità hanno concesso alcune eccezioni all’obbligo di mascherina al banco, se viene rispettata l’altra regola principale del distanziamento di 1 metro.

2

Certificato medico

Il tema del certificato di riammissione a scuola dopo sospetto o conferma contagio e, in generale, dopo una malattia è stato sollevato da un comunicato dell’Anp, l’Associazione nazionale presidi, di qualche giorno fa. Dove è stato ricordato che , al momento, un decreto del ministero dell’Istruzione rivolto ai servizi educativi e alle scuole dell’infanzia dice che serve dopo una assenza per malattia superiore a tre giorni, e che dovrà essere redatto dal pediatra o dal medico di famiglia. Il tema riguarda anche le famiglie, che quindi si chiedono: cosa è previsto per gli altri ordini di scuola? Genitori e scuole come dovranno comportarsi?

3

Mensa

È un nodo che attaglia soprattutto i genitori, soprattutto dei bambini piccoli, che in questi giorni, infatti, si domandano come saranno organizzate le mense, in particolare alla infanzia e primaria. Nelle indicazioni ufficiali è stato ammesso anche il pasto domestico: ma è davvero compatibile con l’esigenza di garantire la salute e la sicurezza di bambini e lavoratori scolastici?

4

Assenze dal lavoro

Per i genitori-lavoratori sono giorni di attesa. A fine agosto si esaurisce il bonus baby-sitter, esteso in estate anche ai nonni. Attualmente, restano i 30 giorni di congedo straordinario al 50% della retribuzione, utilizzabili da marzo, quando la scuola ha chiuso le lezioni in presenza, passando alla didattica a distanza. Ma finora è stato poco utilizzato, secondo i dati Inps. Oltre allo smart working il cui regime “speciale” vale però fino a metà ottobre. La domanda principale di mamme e papà che hanno un impiego è come il governo pensa di rafforzare le misure di conciliazione vita-lavoro, visto che in caso di studente contagiato o in quarantena, almeno uno dei due genitori, sarà obbligato a rimanere a casa. L’eventuale risposta dell’esecutivo è attesa anche dalle aziende, sulle quali rischia di scaricarsi una ennesima criticità

5

Didattica e quarantena

Un tema centrale è la didattica a distanza, il cui ricorso appare sempre più probabile, e che il ministero dell’Istruzione ha, per ora, limitato solo alle superiori. Famiglie e ragazzi si chiedono se ci sono uno o più alunni positivi al Covid-19 in una classe, vengono assicurate le lezioni da remoto, finché non si rientra a scuola? Un nodo collegato è al primo ciclo. In condizioni di assenza o di ridotte disponibilità e dotazione di spazi e organico aggiuntivo, sarà possibile erogare il servizio mediante la didattica a distanza anche dalle medie in giù? Da chiarire c’è poi se, in quarantena, gli insegnanti possano continuare a svolgere l’attività di insegnamento da remoto. Se lo chiedono i presidi, e ieri se lo sono chiesto anche le Regioni

6

Competenze digitali

L’Ocse ha detto che 3 docenti su 4 non hanno competenze Ict di base. È un tema molto serio, visto che probabilmente si proseguirà, in parte, con le lezioni da remoto. Famiglie e studenti si chiedono, quindi, se i professori italiani siano davvero preparati per la didattica a distanza, e come Azzolina si sta muovendo per la loro formazione digitale

7

Supplenti

Quest’anno (si veda pagina 3) si rischia un boom di precari, circa 200mila, 250mila considerando i 50mila prof a tempo annunciati da Azzolina. Si potevano evitare, programmando meglio concorsi e assunzioni?

8

Concetto di “fragilità”

Al momento, non ci sono indicazioni su chi siano gli studenti “fragili” per meglio tutelarli. Poi: insegnanti e personale Ata sono, in media, i più anziani d’Europa e, dunque, più a rischio. Al di là delle situazioni legittime di fragilità, sono stati previsti dei meccanismi per contrastare eventuali abusi assenteistici?

9

Trasporto scolastico

Anche se i mezzi si riempiranno al 75%, cosa è previsto per gli studenti impossibilitati a raggiunge la propria scuola. Dovranno pensarci i genitori?

10

Scuola-lavoro

Se lo chiedono studenti, famiglie, e qualche docente: quest’anno, il ministero dell’Istruzione ci punterà, con soluzioni innovative, visto il drammatico mismatch in atto?

La scuola è a un passo dalla riapertura, ma i problemi sul tavolo sono molti. Abbiamo sentito presidi, insegnanti, associazioni di famiglie e studenti, aziende, esperti del mondo dell’education. Ecco un decalogo dei nodi da sciogliere. In alcuni casi servono direttive ministeriali, in altri casi provvedimenti normativi. Tutti urgenti.


Virtuali due assunzioni su tre: i buchi coperti dalle supplenze

da Il Sole 24 Ore

di Claudio Tucci

Passano gli anni, cambiano i governi ma, anche quest’anno, a una manciata di giorni dalla ripartenza in presenza della scuola, molte cattedre, specie nelle regioni del Nord, resteranno vuote, in attesa dei supplenti. All’annuncio ieri del ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri, di aver ratificato il decreto per assumere docenti a tempo indeterminato su oltre 80mila posti (84.808, per l’esattezza – a cui aggiungere 11.323 unità di personale tecnico-amministrativo); fanno da “contraltare” le primissime stime, di fonte sindacale, su quante, di queste immissioni in ruolo, saranno davvero realizzate (con la firma, cioè, di contratti a tempo indeterminato).

Su 84,808 cattedre messe in palio se ne copriranno, nei prossimi giorni, circa 25mila, poco meno del 30%, concordano sostanzialmente tutte le sigle; si potrebbe salire a 30mila, il 35%, per effetto dell’incremento della quota delle nomine possibili da alcune graduatorie concorsuali e in attesa della “call veloce”, voluta dalla ministra dell’Istruzione, Lucia Azzolina, che è appena partita, e che consentirà ai precari che vorranno conquistare il ruolo di spostarsi dalla propria regione. In sintesi, due assunzioni su tre rischiano di rimanere virtuali.

I numeri ufficiali usciranno a settembre, ma già si vocifera che in Lombardia su meno di 20mila assunzioni autorizzate se ne riusciranno a fare appena circa 5/6mila. E la situazione non è migliore in altre regioni del Nord, Piemonte, Veneto, Emilia Romagna. Da Roma in su ormai, già a partire dalla primaria, sono introvabili i professori di matematica, in genere delle materie tecnico-scientifiche; ma anche di italiano, lingue straniere, in primis inglese. «Anche al Sud alcune classi di concorso come lettere e matematica sono esaurite – ha evidenziato Gianluigi Dotti, responsabile del Centro studi della Gilda -. La conseguenza è che aumenteranno le supplenze, per cui circa un insegnante su quattro, quest’anno, potrebbe essere precario». Sempre secondo stime ufficiose, infatti, i docenti precari, a settembre, si attesteranno sulle 200mila unità (250mila con le nuove cattedre temporanee annunciate da Azzolina), su un organico complessivo di insegnanti di circa 800mila. Discorso a parte, il sostegno, dove l’emergenza è elevatissima: tra l’80 e il 90% di cattedre negli ultimi anni è vuoto, e spesso assegnato a un prof non specializzato. Le migliaia di cattedre libere, al suono della prima campanella, sono, purtroppo, un fenomeno che si ripete.

Come si evince da un dossier, ben fatto, che ci ha anticipato la Cisl Scuola, lo scorso anno su 53.627 assunzioni in ruolo autorizzate (sempre dal Mef) sono andate in porto appena 22mila (il 41%); l’anno prima, su 57.322 dischi verdi, i contratti a tempo indeterminato firmati sono stati 28.122 insegnanti (49%). Nel 2017/2018, complice anche la coda degli ultimi concorsi a cattedra, su 51.773 autorizzazioni ne sono state finalizzate 31.273.

Il punto è che, nella scuola, da vent’anni, si assume, attraverso un doppio canale, 50% dai concorsi pubblici, il restante 50% dallo scorrimento delle graduatorie a esaurimento, Gae (quelle dove sono inseriti i precari abilitati). Non svolgendosi i concorsi (quelli di quest’anno sono slittati in autunno, dopo un accordo politico), le assunzioni arrivano quasi interamente scorrendo le sole Gae dove ormai le classi di concorso più gettonate, al Nord, hanno esaurito gli iscritti. Vale a dire, il posto stabile c’è, ma manca il candidato. Si aggiunga poi lo scarso appeal della professione, specie tra i giovani laureati, e una certa resistenza dei docenti del Sud a trasferirsi al Nord per via dell’elevato costo della vita. «Tra mille incertezze la scuola dovrebbe riaprire il 14 settembre ma mancano 50mila nuovi insegnanti all’appello – ha commentato Gianni Brugnoli, vice presidente di Confindustria per il Capitale umano -. C’è da chiedersi poi, con una selezione così frettolosa, se i docenti neo-assunti abbiano le competenze digitali adeguate qualora bisognerà ricorrere alla didattica a distanza. Il Governo si sta concentrando sul “feticcio” dei banchi monoposto e non sta ragionando sulla didattica e su come rinnovarla».

Un sistema di reclutamento fallimentare, non da oggi

da Il Sole 24 Ore

di Andrea Gavosto

Se non riparte la scuola, non riparte il Paese, a cominciare dal lavoro dei genitori, questo è chiaro. Eppure, mentre il fatidico 14 settembre si avvicina, una riapertura “regolare” delle scuole appare sempre più un miraggio, con la conseguenza di far traballare il Governo e accrescere l’ansia delle famiglie.

A oggi, ancora non si sa come i ragazzi arriveranno a scuola con i mezzi pubblici, se entreranno con orari differenziati, se in aula dovranno tenere la mascherina. Perfino più importante, non si sa quanti e quali insegnanti troveranno in classe il primo giorno. Realisticamente, molte cattedre resteranno vuote fino a novembre – come gli altri anni, più degli altri anni – e il numero di supplenti annuali supererà nettamente i 185.000 dello scorso anno. Con le 50/60.000 assunzioni aggiuntive e temporanee decretate per le criticità del Covid, la stima di 250.000 è verosimile. Questo in un anno in cui, oltre a svolgere le normali attività, occorrerà rimediare alla drammatica perdita di apprendimenti patita da marzo a oggi. Avere tutti gli insegnanti subito al loro posto doveva essere una priorità politica, oltre che la legittima pretesa delle famiglie.

Non sarà così. Certamente, per la ripresa dei contagi e gli imperdonabili ritardi del Ministero, ma anche per ragioni che con il Covid hanno poco a che fare. Ciò è particolarmente vero per la questione degli organici dei docenti, critica da decenni. I fallimentari meccanismi di reclutamento riescono da molti anni nel paradossale esito di non riuscire a coprire le cattedre di ruolo disponibili, facendo così crescere a livelli patologici il numero di precari, per poi una tantum assumerli con sanatorie che impediscono di verificarne le capacità. Sacrificando la continuità dell’insegnamento e la qualità degli apprendimenti.

La surreale situazione odierna è lo specchio amplificato di questo male antico. Se anche quest’anno non si troveranno i docenti di ruolo che mancano, è perché in molte materie e in molte regioni, non solo più al Nord, non ci sono i candidati con le caratteristiche richieste. A poco servirà – temiamo – la cosiddetta “chiamata veloce” per trovare insegnanti di ruolo da altre regioni, tipicamente dal Sud: l’obbligo di restare 5 anni nella stessa scuola potrebbe scoraggiare la scelta di aree percepite come pericolose per il Covid. In assenza di docenti di ruolo, si passerà alla chiamata dalle Graduatorie provinciali dei supplenti: da quest’anno la procedura è nuova e totalmente informatizzata, come ha enfatizzato il Ministero. Peccato che il sistema – poco testato – stia generando enormi problemi: così anche i tempi di nomina dei supplenti andranno ben oltre il consueto. In piena emergenza, non avrebbe avuto senso rinviare la meravigliosa novità?

Ai cronici problemi del reclutamento il virus aggiunge ora un doppio rischio. Sbagliando, si è deciso di non rendere obbligatori i test sanitari per i docenti prima del rientro in aula: i molti rifiuti non aiuteranno a placare le ansie delle famiglie. Inoltre, l’età media elevata rende molti insegnanti soggetti in potenza fragili, quindi da tutelare. Anche in questo caso – di nuovo, prevedibilissimo – non si sa ancora bene se saranno assimilati ai malati e quindi sostituiti da supplenti oppure potranno essere utilizzati in attività non in presenza. Ma quali, se la didattica a distanza si farà solo in caso di lockdown nelle superiori?

All’emergenza si dovrebbe rispondere con misure straordinarie. Per avere (quasi) tutti i docenti in cattedra il primo giorno di scuola, bisognava in primavera “congelare” la mobilità annuale: un’altra occasione persa da chi al Ministero ha scommesso sulla retorica del “ritorno alla normalità”. Quel che si può ancora fare oggi – per evitare nuove disastrose interruzioni – è cercare di tenere le scuole aperte tutto il giorno, per scaglionare gli ingressi, ridurre gli assembramenti, creare classi più piccole e stabili, utilizzare meglio ogni spazio. Per farlo, si dovrà chiedere agli insegnanti di stare a scuola più ore – debitamente retribuite – e assumerne in via temporanea un numero ancora maggiore. Non è l’ideale, ma l’alternativa è rompere definitivamente il rapporto di fiducia fra famiglie, insegnanti e scuola pubblica.

Trasporti, capienza all’80%. Ma le Regioni chiedono più fondi

da Il Sole 24 Ore

di Barbara Gobbi

Dopo il via libera di ieri – scontato – della Conferenza Unificata alle linee guida dell’Istituto superiore di sanità per la gestione sanitaria di eventuali casi e focolai di Covid a scuola, Regioni e Governo contano di chiudere lunedì 31 anche la partita del trasporto pubblico locale.

In un incontro tecnico che si è svolto ieri pomeriggio è stato discusso il documento elaborato dal ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, alla luce delle indicazioni formulate dal Comitato tecnico scientifico (si veda anticipazione ieri sul Sole24Ore).

Un testo considerato dalle Regioni migliorativo rispetto al vincolo iniziale posto dagli scienziati di limitare la capienza dei bus al 50%: il documento del Mit prevede infatti la possibilità di derogare al distanziamento a bordo dei mezzi di trasporto, considerata la limitata permanenza temporale da parte dei viaggiatori, fino a consentire l’80% del riempimento, a patto che siano garantite adeguate misure di contenimento dei rischi di contagio. Quelle indicate dal coordinatore del Cts Agostino Miozzo: mascherina obbligatoria e ben indossata, sanificazione degli ambienti con gel anche a bordo, adeguato ricambio d’aria.

I governi locali pur dando atto del parziale accoglimento delle loro richieste hanno insistito sulla necessità di ricevere «adeguate risorse» per finanziare i servizi aggiuntivi che dovranno coprire il residuo 20%. Non solo. Dalle Regioni è arrivata anche una duplice richiesta: che le nuove norme siano applicabili a tutto il trasporto pubblico locale, compreso quello ferroviario, e che gli stessi criteri siano applicati in un’ottica di omogeneità anche al trasporto scolastico dedicato.

Lunedì mattina, prima delle Conferenza delle Regioni e Unificata in calendario nella seconda parte della giornata, i tecnici convocati dal coordinatore della Commissione infrastrutture e Trasporti della Conferenza delle Regioni e vice presidente della Campania Fulvio Bonavitacola si vedranno per mettere nero su bianco una posizione comune e definitiva fra gli assessori. In vista della fumata bianca anche su questo delicatissimo tassello della ripartenza delle scuole (i sindaci sono preoccupati: ieri Beppe Sala, Milano, ha espressamente detto che margini di flessibilità (nei trasporti) non ce ne sono, e Virginia Raggi, Roma, ha chiesto «clemenza»).

Se un nodo, tecnico e soprattutto politico viaggia verso una soluzione, un altro rischia di esplodere nei prossimi giorni. Parliamo degli spazi, dove accogliere gli studenti alla ripresa in presenza delle lezioni (al momento, secondo primissime stime circa 140mila studenti, con le regole sanitarie attuali, non troverebbe posto in classe).

A un incontro della protezione Civile è emersa una situazione in chiaro-scuro: al netto del bando affitti e delle risorse dell’edilizia leggera ci sarebbero ancora forti criticità in Puglia, Calabria, Campania e Sicilia. Qualche preoccupazione c’è per le Marche, molto poche invece per Basilicata e Molise. In Lombardia, qualche criticità viene segnalata a Milano e Brescia.

Anche qui, un nodo è rappresentato dalle risorse: per quanto riguardano gli affitti, su una disponibilità di 70 milioni il fabbisogno totale ammonterebbe a circa 300 milioni.

Ieri intanto sono stati consegnati 799 e 342 sedie a Codogno, Alzano e Nembro; da lunedì i banchi arriveranno a Bergamo, Brescia,Piacenza.

«Senza 40 prof di ruolo su 100»

da Il Sole 24 Ore

«A oggi ho una carenza di organico di circa 40 unità, su un totale di un centinaio di posti di ruolo; una ventina sono usciti per effetto dei pensionamenti targati Quota 100, un’altra quota si sono avvicinati a casa, soprattutto al Sud, grazie a trasferimenti e utilizzazioni e assegnazioni provvisorie. Ho poi due classi in più, visto che le iscrizioni, quest’anno, sono tornate a crescere».

Siamo al «Leopoldo Pirelli» di Roma, un istituto tecnico all’avanguardia, soprattutto nel link molto stretto con il mondo del lavoro; e la preside, Flavia De Vincenzi, si dice subito «preoccupata», in vista dell’imminente avvio delle lezioni (dal 2 settembre torneranno in classe i primi studenti per i recuperi degli apprendimenti).

«La carenza maggiore di docenti è concentrata nelle materie di matematica, di sostegno, e di scienze motorie (nella scuola c’è un indirizzo economico-sportivo) – ha spiegato De Vincenzi -. Dovrò aspettare i supplenti».

Il «Pirelli» sta aggiornando il regolamento d’istituto, puntando su un maggior legame scuola-famiglie. «Che è fondamentale specie quest’anno – ha sottolineato la dirigente scolastica -. Ci siamo dati delle regole per ripartire in sicurezza, rispettando le direttive finora emanata da Cts e governo: in tutte le classi riuscirò a mantenere il distanziamento, quindi non sarà obbligatorio tenere la mascherina al banco. Se ci si sposta, andrà indossata. Ho previsto ingressi scaglionati: il biennio entrerà alle ore 8, il triennio alle ore 8,45, anche per non gravare sul trasporto pubblico locale. Così anche la ricreazione avverrà per gruppi separati». «I miei studenti torneranno tutti in presenza – ha chiosato De Vincenzi -. Le lezioni saranno di 50 minuti, il tempo mancante sarà recuperato, dal lunedì al venerdì, con la didattica a distanza. Qui i professori saranno liberi di programmare interrogazioni, compiti in classe, approfondimenti, etc. Una volta a settimana, a rotazione, una intera classe, uscirà dall’istituto per svolgere didattica esterna, ad esempio le ore dell’ex alternanza scuola-lavoro o visite nei musei. L’obiettivo è anche quello di alleggerire la presenza nell’edificio, che comunque può contare su spazi discreti e tre entrate separate. Cosa mi pesa di più in questi giorni? Non avere certezze».

Scuola, il ministero in trincea “Fanno campagna elettorale”

da La Stampa

Niccolò Carratelli

Roma

Le lezioni di recupero si faranno. Gli studenti che hanno manifestato delle lacune in alcune materie, dopo i mesi della didattica a distanza, saranno aiutati a rimettersi in pari. Il ministero dell’Istruzione smentisce che su questo fronte ci siano delle difficoltà: «Si comincerà regolarmente dai primi di settembre, in presenza o a distanza, decideranno le singole scuole». Nessun problema di spazi o aule mancanti quindi, «perché è vero che molti istituti sono ancora in fase di riorganizzazione – spiegano fonti del ministero – ma queste lezioni riguarderanno il 15-20% degli studenti, non sarà difficile garantire il distanziamento». Quanto agli insegnanti, che per i sindacati dovrebbero essere pagati a parte per queste lezioni, «dal 1° settembre devono prendere servizio e mettersi a disposizione dei dirigenti scolastici per l’attività ordinaria, nella quale possono rientrare anche questi corsi di recupero».

In sostanza, non un euro in più dovuto oltre al normale stipendio. «Alimentare la narrazione del rifiuto dei docenti di svolgere alcune attività o addirittura di presentarsi al lavoro come sta succedendo in questi giorni – avvertono da Viale Trastevere – crea solo un danno di immagine alla categoria». Il riferimento è anche all’ipotesi di un passo indietro da parte dei cosiddetti lavoratori “fragili”, quelli con particolari patologie o condizioni di salute che li rendono più esposti al contagio: «Non c’è nulla di nuovo rispetto all’anno scorso, le procedure sono le stesse – spiegano dal ministero – magari ci sarà un po’ di preoccupazione in più legata al Covid, ma non ci aspettiamo un aumento degli esoneri, saranno pochi gli insegnanti che si faranno certificare dal medico la non idoneità al servizio». Stesso ottimismo sul successo della “chiamata veloce”, la nuova procedura partita ieri, prevista dal decreto sulla scuola approvato a dicembre in Parlamento. Consente a chi è in graduatoria, ma non ha ottenuto il ruolo con la normale tornata di assunzioni, di poter presentare domanda in un’altra regione dove ci sono posti vacanti. Ma, per ottenere la prima cattedra a tempo indeterminato, gli insegnanti del Sud saranno disposti a spostarsi a Nord, nonostante il rischio Covid? «Abbiamo registrato un buon afflusso sul sistema – assicurano dal ministero – la prospettiva dell’assunzione in ruolo sarà più forte della paura del virus».

A viale Trastevere, invece, devono essere più forti delle critiche: «Siamo sovraesposti, abbiamo tanti fronti aperti, spesso gonfiati con dinamiche politiche e sindacali evidenti – dicono dallo staff della ministra – sono un po’ tutti dirigenti scolastici, oltre che Ct della nazionale, ma così si allarmano senza motivo le famiglie». La stessa Azzolina, nelle chat con i suoi collaboratori, non ha nascosto l’irritazione: «Sulla scuola si sta facendo una campagna elettorale permanente, ma noi dobbiamo rispondere colpo su colpo».

È sotto attacco nonostante non si sia fermata un solo giorno questa estate, «nemmeno a Ferragosto». Arrivando a chiedere di sistemare una brandina nel suo ufficio al ministero, per poter rimanere a dormire lì, al termine delle riunioni serali o notturne. Richiesta che poi non si è concretizzata. Sa di giocarsi tutto, la ministra. Spera di riuscire alla fine a garantire il distanziamento in tutte le scuole italiane, aggiungendo e adeguando gli spazi: «Avevamo un 15% di scuole con un numero insufficiente di aule – precisano dal ministero – ora, con la collaborazione degli enti locali, questa percentuale è stata nettamente abbattuta». Intanto aumentano le regioni che scelgono di rinviare la partenza delle lezioni, dopo Puglia e Calabria, anche Campania e Abruzzo sono pronte a spostare il via al 24 settembre. Al ministero la data cerchiata resta però il 14: «Ma sappiamo che da lì comincerà un altro lavoro – dicono da Viale Trastevere– sarà unanno scolastico particolare, la vera sfida è portarlo a termine». —

Inizio delle lezioni in ordine sparso Il Nord punta al 14 Al Sud il fronte del 24 settembre

da Corriere della sera

Giuseppe Alberto Falci

ROMA Il governo continua a garantire che il 14 settembre la scuola riaprirà. Eppure in un terzo dell’Italia le aule rimarranno chiuse. Sardegna, Calabria, Puglia, Basilicata, Abruzzo hanno già deciso che è preferibile posticipare l’apertura dell’anno scolastico al 24 settembre.

Altre regioni, come la Campania di Vincenzo De Luca, sembrano intenzionate a riaprire i cancelli degli edifici scolastici il 24. «Noi avevamo suggerito di anticipare le elezioni al 6 settembre senza avere la necessità di chiudere poi le scuole. A questo punto non riaprire gli istituti sarebbe un fallimento totalmente imputabile al governo» sbotta il presidente della Liguria Giovanni Toti che non ha alcuna intenzione di far slittare l’inizio dell’anno scolastico. Ed è dello stesso avviso il presidente lombardo Attilio Fontana. Al Pirellone non hanno mai preso in esame l’ipotesi di posticipare. Si riparte il 14, anche se si attende il vertice di lunedì sui trasporti. «Con le precauzioni del caso, possiamo riportare i nostri ragazzi a scuola e a fare sport in compagnia», ripete il governatore. Anche in Veneto tutto pronto in vista del 14 settembre, assicura Elena Donazzan, assessore all’Istruzione: «Siamo la prima regione ad avere un manuale operativo. Ma non dipende solo da noi: questo governo è a scopo e scoppio ritardato». Toni condivisi anche in Friuli Venezia Giulia. Alessia Rosolen, che guida l’Istruzione, non ha dubbi: «Noi abbiamo fissato la data di inizio il 16. Una volta che sono state aperte le fabbriche perché non possiamo aprire le scuole?». E sono di uguale tenore le parole di Elena Chiorino, assessore alla Scuola in Piemonte: «Io ritengo importante e fondamentale che si riparta il 14. Per noi la direzione è quella». Paola Salomoni, sua omologa in Emilia-Romagna, appena sente la parola «rinvio» scuote la testa: «Assolutamente no. Noi siamo convinti di riaprire il 14».

Fatto sta che il Nord va in una direzione e il Sud in un’altra. Le regioni del Mezzogiorno frenano. C’è chi lo fa per motivi elettorali perché la data delle Regionali e del referendum sul taglio dei parlamentari è a ridosso del 14 settembre. È su questa scia che Marco Marsilio, presidente dell’Abruzzo, dice al Corriere che «sì, sarebbe poco ragionevole una doppia apertura, una doppia sanificazione nel giro di pochi giorni». Quest’ultima è una delle ragioni che ha spinto Jole Santelli, governatrice della Calabria, a rinviare il tutto al 24: «Trovo insensato riaprire le scuole con sforzi di sanificazione per poi richiuderle a distanza di una settimana per i seggi elettorali, quindi ripetere tutte le operazioni». Poi ci sono territori, come la Basilicata, che progettano il rinvio più per motivi logistici che elettorali. In particolare, si legge in un comunicato della Regione, «per consentire tempi maggiori per l’organizzazione complessiva al fine di assicurare la riapertura delle scuole in sicurezza». Sulla Campania fa fede la dichiarazione di Vincenzo De Luca: «Decideremo la settimana prossima».

La Sardegna posticipa ma si distingue: ha convocato gli studenti il 22 settembre. La Sicilia adotta una formula unica in Italia che spiega l’assessore all’Istruzione Roberto Lagalla: «Abbiamo dato una finestra che va dal 14 al 18 settembre per non ingolfare il sistema scuola. E poi abbiamo inserito una clausola: gli istituti che sono sedi di seggi elettorali possono iniziare il 24 settembre». Dubbioso il presidente del Molise, Donato Toma: «La riapertura è il 14, ma la vedo dura».

Paola Agabiti, assessore all’Istruzione in Umbria aggiunge: «Siamo orientati a partire il 14 ma se si dovesse decidere un’altra data la condivideremmo con il governo». Insomma, nulla è certo. L’Alto Adige invece ha già stabilito che ricomincerà il 7 settembre; il Trentino, la Valle d’Aosta, il Lazio e la Toscana il 14. Il nodo dei nodi rimanda ai trasporti. Non a caso Loretta Bravi che guida l’Istruzione delle Marche, dice: «Noi resistiamo al 14 settembre. L’unico inghippo resta quello degli spostamenti».

Aule, l’allarme dei sindaci E i presidi: non siamo pronti

da Corriere della sera

Gianna Fregonara

«A inizio anno scolastico si parla sempre di caos e babele», si è difesa la ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina, ricordando che mai si arriva in classe il primo giorno con tutti i professori al loro posto, che il balletto delle supplenze può durare anche settimane, in alcuni casi mesi. Vero, ma quest’anno sarebbe un paradosso se gli studenti tornassero a scuola dopo sei mesi di chiusura, la più lunga del Dopoguerra, e trovassero la cattedra vuota. I dati sulle assunzioni, la cui procedura si è conclusa quattro giorni fa, ancora non ci sono, ma le indiscrezioni confermano il trend degli anni scorsi: degli 85 mila posti ne verranno coperti non più del 20-25 per cento. In Piemonte su 2.800 posti per il sostegno ne sono stati assegnati 2, nel Lazio sono stati trovati solo un quarto dei docenti, come in Lombardia, dove per esempio per il sostegno mancano 5.600 insegnanti,700 solo a Milano. Nelle Marche, per le scuole superiori è stato trovato un prof su 10. Da ieri e fino a mercoledì — a scuole già formalmente aperte e con i corsi di recupero da cominciare, secondo le disposizioni ministeriali — si svolge una seconda fase delle assunzioni: è nuova, si chiama «call veloce» e permette a chi non ha trovato posto nella sua regione di provare dove le cattedre ci sono. Difficile dire quanti si muoveranno armi e bagagli di questi tempi e per restare nella nuova regione almeno cinque anni, come prevede la legge. Tutto il resto saranno supplenti, presi anche dalle graduatorie provinciali che sono state aggiornate e sono in via di conferma. Si dovrebbe cominciare a scegliere i supplenti dal 7, ma dove non sono pronte si inizierà ad assumere da quelle vecchie e poi casomai si cambierà prof in corso d’opera.

Per molti presidi è complicato fare grandi programmi per i primi giorni di scuola: martedì comunque si comincia e sono convocati i consigli di istituto, chi li fa in presenza e chi ancora a distanza. E da martedì dovrebbero cominciare anche i corsi di recupero per coloro ai quali è stato prescritto in pagella (tutti sono stati promossi ma chi aveva delle insufficienze deve fare alcune ore di recupero). Sono poche le scuole che partiranno subito: una parte dei presidi, prevedendo i problemi di inizio anno, li ha già fatti svolgere a giugno-luglio. Altri li faranno durante l’anno, come del resto dice la legge. A creare questa nuova grana è stata una circolare del ministero dell’Istruzione di tre giorni fa: i docenti, se faranno i corsi prima del 14 non saranno pagati, mentre a scuola iniziata sì. Una ragione in più per prendere tempo e organizzarli «con calma».

Le aule non sono pronte, è il motivo principale addotto dai presidi per giustificare i rinvii dell’ultimo minuto: e infatti l’Anci e l’Upi , le associazioni di Comuni e Province hanno scritto alla ministra Azzolina: i fondi per affittare nuovi spazi,70 milioni, non bastano, ne servono almeno quattro volte tanto, 300. Per questi ritardi ha deciso di soprassedere ai corsi di recupero per esempio la preside dell’Agrario Sereni di Roma. Poi c’è chi non li ha ancora organizzati: «Non ci sono né mascherine né gel né banchi, se ne riparla dopo il 14», scrive un altro preside. E un suo collega ancora più schietto: «A me non bastano i fondi. In più non voglio litigare con i sindacati e i recuperi sono una presa in giro». L’elenco dei presidi che mettono le mani avanti, perché le scuole non sono pronte, si allunga. Il dirigente del liceo Giulio Cesare di Roma ha annunciato che finché non arrivano i banchi si farà attività ridotta e a distanza».

Cattedre vuote, le scuole del Nord si salveranno con gli insegnanti del Sud

da la Repubblica

E ora le scuole del Nord non possono che sperare negli insegnanti del Sud. L’ultima spiaggia per questa tornata di cattedre in ruolo si chiama “chiamata veloce”: dopo le immissioni in ruolo, che si sono chiuse entro il 28 agosto, è partita la nuova procedura che consente a chi è in graduatoria, ma non ha trovato posto nella provincia o regione di residenza, di poter presentare domanda in un’altra regione. Ovvero soprattutto al Nord, dove ci sono i posti.

Col sogno di una cattedra a tempo indeterminato si sposteranno i docenti? La nuova procedura prevista dal decreto scuola, approvato a dicembre in Parlamento, aveva come obiettivo proprio quello di coprire il più possibile le cattedre vacanti. Ma i sindacati e i dirigenti della scuola sono scettici, anche perchè – e anche questa è una novità – sul posto dovranno rimanere almeno cinque anni per garantire la continuità didattica.

Le domande potranno essere effettuate fino alle ore 23.59 del 2 settembre. Se saranno molte si assisterà a un flusso migratorio di migliaia di docenti in tutta Italia. Di nuovo, docenti con la valigia in mano che faranno poi fatica a rientrare.
Il paradosso è che se si fosse arrivati in tempo coi concorsi (quello straordinario per docenti delle medie e superiori sarà a ottobre) i precari si sarebbero stabilizzati e non ci sarebbe stato bisogno di rimettere in gioco i posti da fuori regione.

In Lombardia sono rimaste scoperte oltre 4.300 cattedre sul sostegno, nel Lazio sono stati trovati solo un quarto dei docenti, in Piemonte solo due su 2800 per il sostegno. In Emilia Romagna sono vacanti 4.986 posti, comuni e su sostegno, alle medie e superiori. Con numeri record in alcune materie: italiano, storia e geografia (563) e matematica (485) alle medie; lettere (274), informatica (148), matematica (142), inglese (132), scienze motorie (120) alle superiori. “La call veloce? Dovranno decidere in tre giorni per un posto in cui dovranno rimanere per cinque anni: non ci attendiamo molto da questo sistema”, scuote la testa Monica Ottaviani, segretaria della Flc-Cgil Emilia Romagna. Scuote la testa Monica Barbolini della Cisl scuola: “Mai vista una cosa così, siamo molto preoccupati”.

Quest’anno il Mef ha autorizzato 84.808 posti, la previsione è che non saranno coperti più del 35-30%. Significa quasi 60mila cattedre che andranno a supplenza. Di qui la chiamata veloce. Si spera ora nei trasferimenti.
Ma anche il Sud si lamenta. In Puglia, dei 3.700 posti di ruolo ne sono rimasti vacanti 789. “Quello che prevedevamo è accaduto – dichiara Gianni Verga, segretario generale della uil Scuola – Mentre la Puglia e il Sud in generale piangono posti di lavoro, questi si consegnano alla cosiddetta “call veloce” ovvero la possibilità che docenti precari di altre regioni vengano nella nostra terra subendo anch’essi un danno economico. Un paradosso inaccettabile, in particolare in questo momento storico”.

La scuola alla prova con i corsi di recupero Ma c’è chi non li farà

da la Repubblica

Ilaria Venturi

Dopo la Maturità, è il grande test di ritorno tra i banchi prima dell’avvio dell’anno scolastico: i corsi di recupero per gli studenti che non sono arrivati al sei in pagella, sebbene tutti promossi al tempo del Covid. Ma è un rebus. Ogni scuola procede in ordine sparso, tra lezioni in aula e a distanza. Il ministero all’Istruzione insiste, rintuzza gli allarmismi: si faranno. Sono da fare, è obbligatorio per i ragazzi anche se non è prevista una verifica finale. Ma ci sono alcuni istituti, pochi in ogni città, che hanno alzato bandiera bianca: non siamo pronti, li faremo durante l’anno.

Un altro tassello che complica una ripresa della scuola dove il Governo si gioca la faccia, e la tenuta. Ma anche sulla data unitaria, proposta dalle Regioni e accettata dalla ministra Azzolina a metà giugno, si hanno ulteriori cedimenti coi contagi in risalita: l’Alto Adige, la Puglia, il Friuli e la Sardegna avevano già deciso diversamente, ora Campania e Abruzzo pensano a un rinvio dell’apertura al 24. Intanto da martedì le scuole riaprono. Soprattutto le superiori, meno le medie, casi rari alla primaria. Al tecnico Belluzzi di Bologna sono attesi 400 studenti, sarà misurata loro la febbre quando entrano. «Chissà se torneranno con la memoria dei tempi duri vissuti o se dopo questa estate di discoteche e movida non sentiranno più la responsabilità delle regole da osservare », si chiede il preside Edoardo Soverini. Una preoccupazione condivisa da Maria Aurelia Viotti, preside del liceo D’Oria a Genova: «Dobbiamo responsabilizzare i ragazzi». Prove generali dell’anno che verrà, tra paure e mille ritardi e intoppi su aule, banchi, organici. Il rientro, se si considera che la media è di uno studente su quattro “rimandato” nei licei, tecnici e professionali, interesserà circa 500mila ragazzi. Forse un po’ meno, considerata la linea più morbida assunta dai prof con la didattica a distanza. Quella che in molti casi sarà usata anche per far studiare ora chi è rimasto indietro. Non si tratta dei vecchi corsi di recupero, quest’anno si chiamano Pai, una nuova sigla delle tante che affliggono il mondo della scuola: piani di apprendimento individualizzato. Via mail o attraverso il registro elettronico le famiglie sono state avvertite. Si recupera, anche continuando durante l’anno, ma poi ogni collegio dei docenti decide se fare una prova per capire se è servito. Al liceo Virgilio di Milano rientrano non più di sette ragazzi per 49 classi, al classico Carducci devono recuperare le insufficienze 107 studenti, lo faranno dal 7 settembre, come in altri istituti. Le partenze sono scaglionate, in Puglia la stima è di un ritorno a scuola per 30mila ragazzi. Da Nord a Sud, chi ha deciso di far rientrare solo chi ha gravi insufficienze e il resto ripassa online, chi distingue tra materie teoriche, come italiano, da studiare a distanza e discipline tecniche da seguire in presenza. Negli istituti di Palermo i numeri ridotti consentono il rientro, c’è voglia di normalità, i presidi ci provano. A Napoli si parte dal 2 al 4 settembre in modalità mista, connessi e in aula. Ma un liceo prestigioso come il Genovesi rimanda i corsi a dopo l’inizio delle lezioni. Succede anche all’alberghiero Saffi di Firenze: «Ho i cantieri aperti a scuola, non siamo pronti ad accogliere i ragazzi» dice la preside Francesca Lascialfari. E così all’Alberghiero di Casalecchio, dove la preside ha sospeso i corsi perché ad oggi ha solo quattro bidelli per aprire due sedi e perché, scrive, non è chiaro come pagare gli insegnanti. Il punto dolente che fa scattare diffide da parte dei sindacati e la Uil minaccia azioni legali. Nel decreto Scuola era già scritto, confermato ieri dal ministero: è attività ordinaria, dunque nessun compenso extra. Mario Rusconi, voce dei presidi del Lazio, invita i colleghi a rinviare il recupero durante l’anno, «non solo per evitare contenziosi, ma perché gli istituti ancora non sono pronti». Da viale Trastevere l’appello è opposto: «Si tratta ora di recuperare ciò che si è inevitabilmente perso». Preme la rete degli Studenti medi con il segretario Federico Allegretti: «Ci auguriamo che partano, ma ogni scuola fa a modo suo. Nulla è garantito».

Più spazi per le aule, Comuni e Province scrivono all’Azzolina: “Servono più soldi”

da la Repubblica

Aumentare le risorse per il fondo emergenze, per affitti, noleggi o acquisti di nuovi spazi da adibire ad aule didattiche. E’ quanto hanno chiesto – secondo quanto rivela l’Adnkronos – il presidente di Anci, Antonio Decaro, e il presidente di Upi, Michele De Pascale, in una lettera inviata al ministro dell’Istruzione Lucia Azzolina dove spiegano che, secondo i calcoli degli enti locali, i fabbisogni espressi ammontano a circa a “300 milioni di euro”. Tra le altre richieste anche l'”assoluta urgenza per i Comuni di poter disporre della possibilità di utilizzare i contratti a tempo determinato in deroga ai vincoli attualmente vigenti con riferimento al tetto della spesa sostenuta nel 2009″.”Gentile ministra, come le è noto, Anci ed Upi, hanno, da subito, collaborato per raggiungere l’obiettivo prioritario condiviso, cioè quello di consentire il rientro dei nostri bambini e ragazzi a scuola in condizioni di sicurezza – sottolineano Decaro e De Pascale nella lettera – Lo abbiamo fatto sensibilizzando gli enti locali ad attivare tutte le possibili soluzioni proposte dal ministero in vista della riapertura delle scuole, conformandosi alle linee guida contenute nel piano scuola 2020/2021. Abbiamo da mesi avanzato proposte chiare su due aspetti fondamentali: risorse finanziarie e risorse umane”.

“Da ultimo, gli enti locali, pur con tutte le ben note difficoltà, hanno risposto agli Avvisi relativi alle risorse per edilizia leggera, al fondo emergenze e a quelle per affitti, noleggi o acquisti di nuovi spazi da adibire ad aule didattiche – continuano – Al fine di concretizzare gli sforzi comuni e di poter realizzare, in tempo utile, le opzioni scelte in merito all’utilizzo di ulteriori spazi, necessari per rispettare il distanziamento previsto dal Piano scuola, siamo a chiederle di integrare, laddove necessario, come sembrerebbe dalla rilevazione dei dati, il fondo disponibile”.Le chiediamo ciò, anche per non vanificare gli sforzi fatti, al contempo, le chiediamo di attivare, nel più breve tempo possibile, le procedure di emanazione del decreto di riparto – proseguono i rappresentanti di Anci e Upi rivolgendosi al ministro – Se i fabbisogni espressi ammontassero a circa a 300 milioni di euro, come a noi risulta, e se i dati in possesso del suo ministero dovessero confermare tale previsione, le rappresentiamo nuovamente l’esigenza di procedere al soddisfacimento integrale delle richieste avanzate da Comuni, dalle Città metropolitane e dalle Province, con l’incremento delle ulteriori risorse”.

“Inoltre, in tale contesto sarebbe molto utile semplificare il regime autorizzatorio delle sedi provvisorie – continuano nella lettera – In ultimo, ribadiamo l’assoluta urgenza per i Comuni di poter disporre della possibilità di utilizzare i contratti a tempo determinato, in deroga ai vincoli attualmente vigenti con riferimento al tetto della spesa sostenuta nel 2009. Certi che comprenderà le ragioni di queste nostre richieste, la ringraziamo per la cortese e attenta disponibilità”.

Graduatorie di istituto 2017, stanno per scadere. Scuole dovranno utilizzare nuovi elenchi

da OrizzonteScuola

Di redazione

Le graduatorie di istituto del triennio 2017/20 al capolinea: la loro vigenza decadrà con la pubblicazione dei nuovi elenchi stilati sulla base dell’OM n. 60 del 10 luglio 2020. E’ stato possibile presentare la domanda per inserirsi nei nuovi elenchi entro il 6 agosto.

Se non ho rinnovato l’iscrizione in graduatoria potrò ancora essere chiamata per le supplenze?

Una nostra lettrice chiede

“sono iscritta alle graduatorie in III fascia dal 2017 e quest’anno non ho potuto aggiornare la mia posizione non riuscendo ad accedere alle GPS. Sono previsti ricorsi contro tale procedura perché è stata attiva soltanto due settimane in un periodo particolare com’è quello di luglio e agosto, aggravato dalla situazione di emergenza da Covid-19? Le scuole nelle quali risultavo in graduatoria pre GPS potranno comunque contattarmi per le supplenze, sebbene il mio punteggio non sia aggiornato? Vi porgo i miei più sentiti ringraziamenti.”

A parte la questione ricorsi sul tempo esiguo assegnato per la presentazione della domanda, per la quale non sappiamo esprimerci, dal punto di vista tecnico la collega non comparirà più in nessuna graduatoria utile per le supplenze.

L’OM n. 60/2020 afferma infatti all’art. 16 comma 6 “All’atto della costituzione delle GPS di cui alla presente ordinanza decadono le graduatorie di
istituto di seconda e terza fascia costituite ai sensi del decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca 1 giugno 2017, n. 374.”

Quindi chi non ha richiesto l’iscrizione nelle nuove graduatorie non comparirà più nei nuovi elenchi.

La costituzione delle graduatorie di istituto tra l’altro è stata accompagnata da una novità: le graduatorie sono diventate provinciali, per cui si parteciperà per tutte le supplenze al 31 agosto o 30 giugno nelle scuole della provincia scelta, mentre le graduatorie di istituto “classiche” sono gli elenchi che ogni istituto scolastico utilizzerà per l’assegnazione delle supplenze temporanee.

La data di pubblicazione delle nuove graduatorie

Il Ministero l’ha inserita in cronoprogramma per il 1° settembre (qualche dubbio continuiamo a nutrirlo). In ogni caso mancano pochi giorni. Anche se dovessero essere non perfette  – l’operazione di valutazione è stata particolarmente travagliata – le graduatorie verranno pubblicate. Gli Uffici Scolastici non stanno accettando infatti eventuali rettifiche o integrazioni ad eventuali errori materiali.

Le domande di messa a disposizione

Diventano l’ultima spiaggia per chi non si è inserito nei tempi regolari. Non sappiamo ancora se la messa a disposizione sarà regolata nell’annuale circolare sulle supplenze (anche questa in ritardo).

Elenchi degli esclusi (non tutti gli Uffici Scolastici hanno ancora pubblicato)

Ritorno a scuola e COVID, la responsabilità dei docenti è diversa da quella dei dirigenti, necessario uno scudo civile

da OrizzonteScuola

Di Gianfranco Scialpi

Rientro a scuola, la data si avvicina e i problemi sono tanti. L’ANP si è mossa per tutelare i propri iscritti. La responsabilità civile e penale dei presidi è diversa da quella dei docenti. Anche per gli insegnanti è possibile avere uno scudo civile.

Rientro a scuola, L’ANP in difesa dei suoi iscritti

Rientro a scuola, il 14 settembre si avvicina e i problemi, invece di diminuire aumentano. I dibattiti e le riflessioni si sono concentrati soprattutto sull’organizzazione. La questione delle responsabilità che rimanda agli operatori scolastici è stata meno trattata. E’ merito dell’ANP se il suddetto problema ha avuto uno spazio. L’associazione degli ex Presidi ha richiesto lo scudo penale per i propri iscritti.

Dal punto di vista normativo essi sono stati equiparati ai datori di lavoro. E questo è stato formalizzato dal D.M 292/96.  Quindi essi sono sottoposti al D.L.vo 81/08 e nello specifico all’art.18. Da qui discendono gli obblighi relativi alla prevenzione e protezione antinfortunistica e igiene del lavoro In sintesi essi devono garantire la sicurezza nelle scuole, condizione necessaria per assicurare l’integrità fisica di coloro che la frequentano. (art.2087).

Da questo quadro necessariamente sintetico si comprende la richiesta dell’ANP (A. Giannelli) di uno scudo penale per i propri iscritti. La risposta del Mi è stata affidata a una nota firmata da M. Bruschi che scrive: “diffuse voci che, pur prive di fondamento, hanno alimentato in maniera ingiustificata i timori in merito alla responsabilità dei dirigenti scolastici in materia di sicurezza specifica in ordine all’emergenza epidemiologica“. I timori espressi dai Dirigenti scolastici, continua la nota, sono ingiustificati in quanto, “il quadro delle norme è chiaro“. “L’adempimento dei doveri d’ufficio rappresenta di fatto una garanzia rispetto a qualsivoglia diffida”. Ovviamente è dello stesso avviso anche il Cts che supporta tale posizione citando legge 40/20 e nello specifico l’art. 29 bis dove si sancisce che l’obbligo delle condizioni di sicurezza è assolto applicando le direttive dei diversi protocolli.  La controreplica di Giannelli non si è fatta attendere, evidenziando il carattere solo civilistico e non penale del disposto (art. 2087 cc)

I docenti hanno altre responsabilità

Questa controversia ha sviato l’attenzione dai docenti. Essi non possono essere equiparati ai Dirigenti scolastici per funzioni e responsabilità. Nel caso specifico gli ex Presidi devono rispondere della culpa in organizzando (art. 2043 cc), mentre gli insegnanti sono soggetti alla culpa in vigilando (art. 2048 e 2051 cc). Ne deriva che il dibattito non li riguarda, lasciandoli senza scudo.

In altre parole per i docenti valgono le regole di sempre codificate e confermate da molte sentenze. In altri termini essi sono responsabili dei danni cagionati dal fatto illecito dei loro allievi su se stessi o verso gli altri nel tempo in cui sono sotto la loro vigilanza. Possono essere scagionati solo documentando di aver fatto il possibile per impedire il fatto.

Ora la posizione dei Dirigenti scolastici è sicuramente meno critica e quindi più tranquilla, avendo ricevuto anche se solo per la parte civilistica una sorta di scudo. Sicuramente la copertura non è totale (scudo penale), come chiedevano.

Quindi gli ex Presidi devono stilare il protocollo di sicurezza locale, attenendosi ai criteri nazionali. Gli insegnanti li devono applicare, consapevoli che non potranno controllare tutte le variabili di una situazione divenuta più complessa per via del Coronavirus. Da qui la possibilità di incorrere in denunce per inottemperanza agli obblighi di vigilanza.

Lo scudo per gli insegnanti: modificare l’art. 61 legge 312/80

Di fronte ai possibili esposti da parte dei genitori che sicuramente farebbero perdere tanto sonno ai docenti, esiste una soluzione: modificare l’art. 61 della legge 312/80.
Il disposto attuale prevede che la parte lesa citi inizialmente in giudizio l’Amministrazione e “nel caso in cui l’Amministrazione risarcisca il terzo dei danni subiti per comportamenti degli alunni sottoposti a vigilanza, la responsabilità patrimoniale degli insegnanti è limitata ai soli casi di dolo e colpa grave”.

Ecco la propostaapprovare un aggiornamento o un’integrazione all’art. 61 della legge 312/80, una sorta di scudo civile per i docenti che escluda qualunque tipo di rivalsa da parte dell’Amministrazione, nei soli casi in cui il danno subito dall’alunno o studente sia riconducibile all’emergenza sanitaria. La norma temporanea da inserire in un provvedimento verrebbe sicuramente ben accolto dai docenti, i quali potrebbero lavorare con più tranquillità durante l’anno scolastico 2020-21.