8 Settembre 1943

8 Settembre 1943

di Maurizio Tiriticco

Ostia, o Lido di Roma, come il Duce l’aveva ribattezzata, estate 1943 —- I giorni passavano, ci si avviava verso la fine di quel mese di agosto, che sarebbe stato lungo quanto non mai. Poi si sarebbero riaperte le scuole… e tutto sarebbe stato come prima! Come prima? Come sempre? Possibile che questo armistizio non si faceva mai? Anche il colonnello Stivens, che tutte le sere ascoltavamo su Radio Londra, ovviamente a bassissimo volume,su questa cosa non diceva nulla, o molto poco. Ci incoraggiava solo il fatto che i messaggi speciali erano sempre più numerosi e più cervellotici. Erano inviati alla resistenza, così ci diceva il colonnello… ma dove fossero e chi fossero questi resistenti non si sapeva nulla… io almeno non sapevo nulla. Di quei messaggi ne ricordo alcuni: La raganella non canta, Felice non è felice. Ad Hitler fa male il Reno. A Mussolini fa male il Po. Le scarpe mi stanno strette. La mucca non dà latte. Un po’ si rideva, ma… sapevo che ad ogni messaggio corrispondeva un’azione, ma quale? E dove? E quando? La Resistenza, quella con la R maiuscola era un fenomeno che ancora non conoscevo. Ed era difficile interpretarli, perché erano messaggi in codice: così mi aveva detto mio padre.

E poi giunse settembre e ancora nulla! Mussolini era stato incarcerato, ma nessuno sapeva dove; dei fascisti neanche l’ombra, ma… la guerra continuava. Il bollettino della sconfitta – ironizzavamo pensando al Bollettino della Vittoria, quella della prima guerra mondiale, che sapevo a memoria, ovviamente – alla radio alle ore venti non veniva mai letto. Contavamo i giorni! Mia madre stava perdendo ogni speranza. Le comunicazioni con mio padre, in servizio all’Aquila, erano sempre più difficili! La posta non veniva più distribuita! Le comunicazioni erano quelle che erano… le telefonate interurbane ormai pressoché impossibili. E sull’Aquila non piovevano bombe… fortunatamente… almeno i giornalieri bollettini di guerra non lo dicevano.

Ma poi finalmente… il bollettino tanto atteso venne! Era la sera dell’8 settembre, una sera come tante, calda, tranquilla, il profumo del mare! Anzi, non fu un bollettino! Non erano ancora le venti e stavo in strada, per l’esattezza in Piazza Anco Marzio, dove sostavamo e chiacchieravamo, gli amici di sempre! Era la radio di un bar, anzi di un caffè! Bar era un nome inglese ed era stato cancellato dal nostro vocabolario: ma forse i fascisti non sapevano che viene dal latino barra, il piano di servizio del termopolio, insomma il bar dei Romani antichi. Ma io lo sapevo, avviato agli studi classici!!!

A un certo momento si interrompono le trasmissioni e… un annuncio solenne! «Attenzione! Attenzione! Sua Eccellenza il Capo del governo e Maresciallo d’Italia Pietro Badoglio rivolgerà un proclama alla nazione!» Era la voce di Arnoldo Foà, come seppi a guerra finita. Seguirono le parole di Badoglio, sì, proprio del Maresciallo Badoglio in persona, quindi la notizia doveva essere più che importante! Eravamo tutto sospesi! E poi… delle parole secche, stentoree, scandite, anche con una voce un po’ chioccia…. non era uno speaker: «Il governo italiano, riconosciuta la impossibilità di continuare la impari lotta contro la soverchiante potenza avversaria, nell’intento di risparmiare ulteriori e più gravi sciagure alla Nazione, ha chiesto un armistizio al generale Eisenhower, comandante in capo delle forze alleate anglo-americane. La richiesta è stata accolta. Conseguentemente, ogni atto di ostilità contro le forze anglo-americane deve cessare da parte delle forze italiane in ogni luogo. Esse però reagiranno ad eventuali attacchi da qualsiasi altra provenienza». E, nella grande gioia, tutti ci chiedevamo: ma, se la guerra è finita, chi altro dovrebbe attaccarci? E perché? Quale ingenuità!

COMUNQUE… ERA FINITA! CHETTRIPUDIODIGGIOIAAA!!! Difficilmente ho vissuto emozioni più intense, momenti più felici! In piazza c’erano anche dei soldati in libera uscita! Berretti e giberne venivano lanciate in aria insieme a grida di giubilo: «E’ finita! E’finita! Tutti a casa! Tutti a casa! Finalmente! Era ora…» CHETTRIPUDIODIGGIOIAAA!!! Ci abbracciavamo tutti e tutti eravamo convinti che tutto fosse finito, veramente e per sempre! «Da domani non più tessete annonarie», gridava una donna, malmessa ma ridente, una madre di famiglia, una delle tante… mi abbracciò e mi disse: «Figlio mio, figlio mio»! Anch’io la abbracciai! Ci abbracciavamo tutti. Ci baciavamo tutti! TUTTO era ormai finito! FINITOOO… PER SEMPREEE… Invece, il TUTTO, anzi il peggio del peggio, doveva ancora cominciare!

Ma che diavolo era successo in Italia, da quel 25 luglio, quando il Duce era stato imprigionato dal Re, fino all’8 settembre? NULLA! ASSOLUTAMENTE NULLA DI NUOVO, stando alle dichiarazioni ufficiali. Però tutti ci chiedevamo dove fosse quella restaurata democrazia! E poi ogni giorno battaglie, ogni giorno cadaveri! La guerra continuava, e come! Ma finalmente venne l’agognato armistizio! E, nel giro di una notte, i nemici diventarono i tedeschi. Sul fronte, però, quel 25 luglio non aveva prodotto nulla di nuovo! “La guerra continua”: ci aveva detto Badoglio! Lo stesso Maresciallo d’Italia – a quei tempi i titoli onorifici non mancavano – che, con il Re Pippetto e la sua corte, il successivo 8 settembre sarebbe scappato da Roma! Per raggiungere Pescara ed imbarcarsi sulla corvetta Baionetta per riparare a Brindisi, che già era stata liberata dagli Alleati.

Ma l’ironia volle che lo stesso 8 settembre 1943 venissepubblicato l’ultimo bollettino di guerra (tali bollettini venivano pubblicati quotidianamente in tarda serata), nel quale nulla di nulla si diceva a proposito dell’armistizio! Ecco il testo: “Bollettino di guerra n. 1201 dell’8 settembre 1943 — Sul fronte calabro reparti italiani e germanici ritardano in combattimenti locali l’avanzata delle truppe britanniche. L’aviazione italo-tedesca ha gravemente danneggiato nel porto di Biserta 5 navi da trasporto per complessive 28 mila tonnellate; nei pressi dell’isola di Favignana un piroscafo da 15 mila tonnellate è stato colpito con siluro da un nostro aereo. Formazioni avversarie hanno bombardato Salerno, Benevento e alcune località delle provincie di Salerno e di Bari perdendo complessivamente 10 velivoli: 3 abbattuti dalla caccia italo-germanica e 7 dall’artiglieria contraerea”.

Ci sarebbe da ridere se non di trattasse, invece, dell’ultimo anodino atto formale di una immane tragedia. Insomma, dal 3 settembre del 1943 civili e militari continuavamo a morire, anche se il Paese non era più in guerra! Formalmente! Perché la guerra, non dichiarata, ma più tremenda, contro i civili, fu quella condotta successivamente dai soldati di Hitler contro una popolazione inerme! Lunga e sanguinosa! Fino a quel 25 aprile del 1945!

Estratto, con alcune modifiche, dal mio “BALILLA MOSCHETTIERE” – Roma, 8 settembre 2020

Anno nuovo, nuova inclusione?

Anno nuovo, nuova inclusione? Così cambia il Piano educativo individualizzato

Redattore Sociale del 07/09/2020

Il Piano, messo a punto dal ministero dell’Istruzione insieme alle federazioni delle associazioni rappresentanti le famiglie degli studenti con disabilità, sarà inviato alle scuole dopo il passaggio con il Consiglio superiore della pubblica istruzione. Ma fa già discutere.

ROMA. L’inclusione degli studenti con disabilità si avvia verso una nuova stagione: è in dirittura d’arrivo infatti il nuovo modello di Piano educativo individualizzato per le alunni e gli alunni con disabilità, messo a punto dal Miur con la collaborazione delle Federazioni delle Associazioni rappresentanti le famiglie degli studenti con disabilità. Il documento è ora all’esame del Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione, dopodiché sarà inviato alle scuole. Diverse le novità in esso contenute, tra cui la più rilevante è la trasformazione del Gruppo di lavoro operativo (Glo) in organo collegiale, che si occuperà della progettazione degli interventi inclusivi per le alunne e gli alunni con disabilità. Al Glo potranno partecipare le famiglie e, nel caso della scuola secondaria di secondo grado, anche studentesse e studenti.

“Tutta la documentazione è stata predisposta e vagliata con l’Osservatorio nazionale permanente per l’Inclusione scolastica, già nel mese di luglio scorso – tiene a riferire il ministero dell’Istruzione -. Proprio con le federazioni delle associazioni si è condiviso di introdurre il nuovo modello di Pei attraverso un solido contributo di Linee guida, per spiegare alle scuole in modo approfondito e argomentato la complessità delle innovazioni introdotte, che puntano ad una maggiore partecipazione delle famiglie e degli alunni stessi rispetto al passato”.

Ancora una precisazione, da parte del ministero: “Nel nuovo modello di Pei non vi sarà alcuna riduzione a prescindere dell’orario scolastico, come alcune forze politiche stanno facendo credere in queste ore, rilanciando false notizie. Come da sempre previsto, ci sarà invece una puntuale pianificazione delle attività didattiche per alunne e alunni con disabilità, che potrà essere personalizzata rispetto all’organizzazione oraria dell’intero gruppo classe, nel pieno rispetto del principio di individualizzazione e personalizzazione del percorso scolastico. Questo nuovo modello di inclusione scolastica – ricorda infine il Miur – viene presentato dopo un’attesa durata tre anni, dovuta a una diversa sensibilità delle precedenti gestioni politiche. In questi giorni in cui il ministero e l’intero governo sono impegnati per far ripartire la scuola in sicurezza, c’è chi continua a scegliere la strada della propaganda, in particolare sbandierando presunte discriminazioni in tema di diritti degli alunni con disabilità, a danno delle famiglie. Il ministero e le scuole stanno operando nell’interesse di queste studentesse e di questi studenti, forti di una normativa sull’inclusione, quella italiana, che è fra le più avanzate nel mondo”.

E’ evidente che il documento, prima ancora di vedere la luce, già divide e suscita dibattito.

Le critiche degli insegnanti di sostegno.
A sollevare critiche e perplessità è il Coordinamento italiano degli insegnanti di sostegno, che in parte fa sue le osservazioni della Fish, che in un lungo documento chiede alcune correzioni al nuovo modello. C’è però una questione che quel documento non affronta e che preoccupa invece il Ciis: “Il Glo, incaricato per la elaborazione del Pei (Piano educativo individualizzato), sarà chiamato ad esprimersi attraverso un voto. Il Pei, dunque, non sarà più frutto di ‘elaborazione congiunta’, come stabiliva il DPR 24/2/1994, decreto applicativo della legge 104/92, ma, al contrario, sarà sottoposto ad approvazione, con il conseguente rischio di una esclusione dei genitori dal processo decisionale riguardante il proprio figlio”. Secondo il coordinamento, la questione dovrebbe preoccupare Fish, che invece nel suo documento afferma che il voto, in sede di Glo, è stato “riconosciuto in modo unanime e indiscusso da tutti sino ad oggi”. Per il Ciis, “non è così; nella scuola il Glo non si è mai espresso tramite un voto nella predisposizione del Pei: si è sempre cercato, seppur talora con difficoltà, di trovare una condivisione, con la piena partecipazione di tutti i componenti del gruppo di lavoro”.

di Chiara Ludovisi

Dl collegio all’aperto agli incontri con gli studenti disabili

Dl collegio all’aperto agli incontri con gli studenti disabili: buone prassi dalle scuole

SuperAbile INAIL del 07/09/2020

Due dirigenti scolastici raccontano come stanno affrontando queste settimane, per garantire ai loro studenti di tornare in classe, in sicurezza ma senza paura. “Gli studenti disabili potranno venire già la prossima settimana, per riprendere familiarità”.

ROMA. Confusione, incertezza, ritardo, preoccupazione: non è soltanto questo, la scuola italiana che si prepara a ripartire. Per chi questo mestiere lo ama e lo svolge con passione, questo è anche il momento della sfida, della creatività, un’opportunità perfino per mettere in campo soluzioni nuove, rompendo gli schemi e allargando, insieme agli spazi fisici, anche quelli mentali. Certo, perché la nave non affondi, occorre che il capitano non l’abbandoni, ma affronti la burrasca a testa alta. E quello stanno facendo alcuni, probabilmente tanti dirigenti scolastici. Ne abbiamo contattati due, che ci sono stati segnalati sopratutto per l’attenzione particolare che stanno rivolgendo al ritorno a scuola degli alunni e degli studenti con disabilità.

Danilo Vicca dirige il Liceo Artistico romano Enzo Rossi; “Molti dicono che le scuole non sono pronte a ripartire, ma il vero motore per ripartire è la voglia di farlo – ci assicura – La scuola ha sofferto questo distacco prolungato che dura ormai da oltre sei mesi perciò, anche se con oggettive difficoltà, stiamo facendo il possibile per il rintocco della campanella del 14 settembre che sarà davvero emozionante”. L’estate è stata impegnativa, “da giugno ad oggi abbiamo seguito con molta adattabilità il mutare degli scenari. Ci siamo mossi tra monitoraggi, verifiche degli spazi e reperimento di ambienti ulteriori per l’attività didattica. Abbiamo più volte dovuto ridiscutere l’impianto organizzativo, alla luce delle indicazioni che via via venivano diramate”. Ora, ci sono gli ultimi preparativi: “Queste settimane sono davvero concitate: la data del 14 è ormai prossima e oltre alle inevitabili operazioni di allineamento dell’edificio alla normativa sulla sicurezza, c’è un grande lavoro che riguarda la progettazione della didattica, che necessariamente deve tornare al centro dell’interesse di tutti noi, dal momento che è sulla didattica che si fonda la qualità di ciò che facciamo”. Cosa accade, in questi giorni, dentro la scuola? “E’ popolata di tecnici dell’ente locale, operatori di ditte che svolgono lavori sugli impianti, operai che movimentano arredi. Ci stiamo occupando della messa in sicurezza dell’edificio, mentre i docenti stanno organizzando le attività didattiche adeguandole ai nuovi scenari e ai nuovi ambienti di apprendimento, nella piena salvaguardia del valore del discorso educativo”. Rispetto al dato, diffuso da Save the Children, secondo cui il 68% delle famiglie non ha ricevuto, ad oggi, informazioni dalla scuola, “noi giornalmente stiamo fornendo le indicazioni sulla ripartenza, adottando una modalità di comunicazione bidirezionale: pubblichiamo costantemente sul sito documenti che permettano di approfondire gli aspetti, normativi e tecnici e contemporaneamente adottiamo una modalità di informazione più agevole in forma di opuscoli e faq per spiegare, via via, come ci stiamo organizzando. Inoltre abbiamo previsto una diretta streaming, l’11 settembre pomeriggio, alla quale tutti gli studenti e le famiglie potranno partecipare per ricevere informazioni e fare domande sul modo in cui faremo scuola. Sarà anche l’occasione per ricordare che contiamo molto sul loro imprescindibile supporto”. Particolare attenzione al tema dell’inclusione e quindi al rientro degli studenti con disabilità; “Stiamo lavorando da mesi per riprendere le fila di un discorso che si è bruscamente interrotto, anche se durante il lockdown abbiamo sempre garantito la nostra vicinanza. Le nostre attività adesso prevedono la presenza continua degli studenti con disabilità, ai quali è anche data la possibilità di fruire di modalità di didattica digitale integrata, su richiesta delle famiglie. Abbiamo infatti verificato che in alcuni casi l’integrazione digitale nella didattica ha anche abilitato processi di miglioramento nell’apprendimento, pertanto da questa nuova ricchezza possiamo trarre spunti per implementare metodologie inclusive. Il nostro impegno per gli studenti con disabilità riguarda anche l’attivazione di progetti sul territorio, che permettano di fare esperienze di ponte con il mondo del lavoro, dell’associazionismo, dei servizi alla comunità. L’obiettivo del nostro lavoro è quello di aprire prospettive di reale inclusione, anche oltre e dopo la scuola, perché il problema vero, credo, inizia quando la scuola finisce”.

“Passeggiate” dentro la scuola, per riprendere familiarità.

Velia Ceccarelli è dirigente dell’Istituto comprensivo Salvo D’Acquisto a Cerveteri e dell’Ic Santa Marinella. “Dal punto di vista strutturale, siamo fortunati: abbiamo già tutti i banchi, ce ne mancano solo 54. Abbiamo realizzato una segnaletica personalizzata, quindi ben comprensibile anche dai bambini piccoli. E abbiamo riorganizzato gli spazi per permettere a tutti di tornare in classe”. Le vacanze? “Per me non sono esistite: ho preso quattro giorni di ferie. Per il resto, sempre qui, con i miei collaboratori, non abbiamo mai mollato. E dal 1 settembre hanno ripreso servizio anche gli insegnanti: tutti in presenza, dentro la scuola. Molti istituti stanno riorganizzando l’attività a distanza, ma per me è inconcepibile, non mi piace: stiamo a distanza l’uno dall’altro, ma lavoriamo insieme. Il Collegio dei docenti, martedì, lo abbiamo fatto all’aperto: rispettivamente, fuori dalla scuola di Cerveteri e al castello di Santa Severa!”. Tutti gli insegnanti hanno risposto all’appello? “Ho ricevuto due attestasti di fragilità, ma su questo le indicazioni del ministero sono vaghe: ho attivato il medico competente, perché faccia le verifiche previste. Poi, se confermerà la fragilità, dovrò capire come procedere per avere la sostituzione”.

Un’attenzione particolare viene ora rivolta agli alunni con disabilità; “Sappiamo benissimo che abbiano sofferto più degli altri per la didattica a distanza e il lockdown, quindi ora dobbiamo fare di tutto perché il rientro sia sereno e senza traumi. Per questo, la prossima settimana, dopo la riunione con i genitori dei nuovi iscritti, gli alunni con disabilità potranno entrare con la mamma o il papà e passeggiare dentro la scuola, per prendere familiarità con l’ambiente. Abbiamo pensato a questa opportunità sopratutto per i nuovi iscritti, ma accoglieremo con piacere anche altre richieste che dovessero arrivarci. Sappiamo di dover essere particolarmente attenti a rispondere alle esigenze degli studenti con maggiori difficoltà: proprio ora – ci racconta – sto andando a incontrare i genitori di un bambino ipovedente. Immagino che avranno qualcosa da chiedere e faremo tutto il possibile per rispondere positivamente”. Perché la campanella non soltanto suoni, il 14 settembre, ma suoni a festa.

Lettura Agevolata Onlus

Scuola, nuovo Piano educativo individualizzato per studenti con disabilità

Scuola, nuovo Piano educativo individualizzato per studenti con disabilità

Agenzia AdnKronos del 07/09/2020

ROMA. Scuola, è stato predisposto il nuovo modello di Piano educativo individualizzato per le alunne e gli alunni con disabilità. Il ministero dell’Istruzione lo ha messo a punto con la collaborazione delle Federazioni delle Associazioni rappresentanti le famiglie degli studenti con disabilità ed è in procinto di inviarlo agli Istituti dopo il necessario passaggio con il Consiglio superiore della Pubblica istruzione, a cui il documento è stato sottoposto in queste ore.

Tutta la documentazione è stata predisposta e vagliata con l’Osservatorio nazionale permanente per l’Inclusione scolastica, già nel mese di luglio scorso. Proprio con le Federazioni delle Associazioni, informa una nota del ministero dell’Istruzione, si è condiviso di introdurre il nuovo modello di PEI attraverso un solido contributo di Linee guida, per spiegare alle scuole in modo approfondito e argomentato la complessità delle innovazioni introdotte, che puntano ad una maggiore partecipazione delle famiglie e degli alunni stessi rispetto al passato.

Tra le novità del nuovo impianto inclusivo: il Gruppo di lavoro operativo funzionerà come un organo collegiale che si occuperà della progettazione degli interventi inclusivi per le alunne e gli alunni con disabilità. Al GLO, in piena coerenza con il principio di autodeterminazione sancito in sede di Convenzione internazionale per i diritti delle persone con disabilità, potranno partecipare anche studentesse e studenti, nel caso della scuola secondaria di secondo grado. Le famiglie godranno di pieno diritto di partecipazione e condivisione delle strategie inclusive, così come previsto dalle norme vigenti.

Nel nuovo modello di PEI non vi sarà alcuna riduzione a prescindere dell’orario scolastico, come alcune forze politiche stanno facendo credere in queste ore, rilanciando false notizie. Come da sempre previsto, ci sarà invece una puntuale pianificazione delle attività didattiche per alunne e alunni con disabilità, che potrà essere personalizzata rispetto all’organizzazione oraria dell’intero gruppo classe, nel pieno rispetto del principio di individualizzazione e personalizzazione del percorso scolastico.

Questo nuovo modello di inclusione scolastica viene presentato dopo un’attesa durata tre anni, dovuta a una diversa sensibilità delle precedenti gestioni politiche.

In questi giorni in cui il Ministero e l’intero Governo sono impegnati per far ripartire la scuola in sicurezza, c’è chi continua a scegliere la strada della propaganda, in particolare sbandierando presunte discriminazioni in tema di diritti degli alunni con disabilità, a danno delle famiglie. Il Ministero e le scuole stanno operando nell’interesse di queste studentesse e di questi studenti, forti di una normativa sull’inclusione, quella italiana, che è fra le più avanzate nel mondo.

CALL VELOCE: PEGGIO DEL PREVISTO

CALL VELOCE: PEGGIO DEL PREVISTO, SNELLIRE CONCORSI PER ARGINARE PRECARIATO

Calabria 16 domande, Molise, 7, Piemonte 30, Toscana 50, Puglia 26, Friuli 8: i primi dati ufficiali sulla call veloce parlano di un flop che, complice anche il blocco quinquennale, supera di gran lunga le più pessimistiche previsioni e lasciano presagire un numero di richieste nettamente al di sotto delle attese e risibile se paragonato alle 60.000 cattedre non assegnate sulle 84.000 previste.

“Anche quest’anno, come avevamo ampiamente previsto, – commenta Rino Di Meglio, coordinatore nazionale della Gilda degli Insegnanti – il numero di posti vacanti che resteranno scoperti sarà esorbitante, facendo schizzare le supplenze a quota oltre 200.000. E la situazione non è destinata a migliorare neanche con i concorsi per i quali sono stati banditi circa 70.000 posti nel prossimo triennio, un numero del tutto insufficiente a coprire in maniera strutturale gli organici che, in previsione dei prossimi pensionamenti, nel triennio 2020/23 dovrebbero portare ad una disponibilità di almeno 140-150 mila posti”.

“È evidente come il sistema di reclutamento non sia in grado di stare al passo con questi grandi numeri che richiederebbero di fare un concorso ogni mese. Per disporre in tempo utile delle graduatorie da cui attingere per coprire tutte le cattedre e arginare il fenomeno del precariato diventato ormai patologico, è indispensabile snellire le procedure concorsuali. A tal proposito, – ricorda Di Meglio – siamo ancora in attesa di avviare i tavoli tecnici per l’istituzione di nuovi percorsi abilitanti strutturali previsti dal Decreto Scuola approvato il 6 giugno scorso che, come prevede l’articolo 2 bis, dovrebbe essere avviato entro 60 giorni, ormai scaduti, tramite un decreto ad hoc a firma del Ministro dell’Istruzione”.

“La definizione di nuove e strutturali forme di procedure abilitanti e di un adeguamento delle forme di reclutamento – conclude il coordinatore nazionale della Gilda – sono assolutamente necessarie per evitare che altri flop si ripetano nuovamente il prossimo anno e che la situazione esploda”.

Rientro a scuola: banchi in ritardo, la preoccupazione del Quirinale

da Corriere della Sera

Mattarella segue il dossier scuola: è il banco di prova della ripresa ma ci vorrebbe più unità. Azzolina: «La scuola non è un luogo fatato, il rischio zero contagi non esiste»

ROMA – Questa mattina sarà il primo giorno di scuola per gli studenti di Bolzano e provincia, tradizionalmente avamposto della riapertura. Tornano anche i bambini delle materne in Lombardia e nelle regioni del Nord.

Il caso della conferenza stampa

Ma la data a cui l’Italia intera guarda con speranza e preoccupazione, è il 14 settembre quando la maggior parte delle scuole riapriranno: in tante mancano ancora le aule, i docenti e i banchi. Protestano i presidi,incalza l’opposizione nei comizi, ma i problemi restano aperti. Per dissipare le ombre e diffondere ottimismo sulla riapertura, la presidenza del Consiglio aveva in programma per oggi una conferenza stampa con il premier Giuseppe Conte e i ministri Roberto Speranza, Lucia Azzolina, Francesco Boccia e Paola De Micheli. Tutti coloro che sono coinvolti nelle misure per la riapertura. Ma l’appuntamento è stato rinviato «ad una data più adatta, alcuni ministri avevano altri impegni», è la spiegazione di Palazzo Chigi, dove di certo sanno quanto alta sia l’attenzione (e forse l’apprensione) con cui anche il Quirinale segue le notizie sul ritorno in classe di otto milioni di bambini e ragazzi e di quasi due milioni tra docenti e personale scolastico.

Il nodo dei banchi

Per il presidente Sergio Mattarella la riapertura delle scuole è il primo scoglio da superare per il Paese che si rimette in moto: il 14 il presidente della Repubblica sarà con la ministra Lucia Azzolina a Vo’, dove le scuole riaprono oggi. E’ il traguardo più importante, che il governo e i partiti dovrebbero mettere prima di ogni competizione elettorale. E il passaggio al quale il presidente guarda con ansia crescente è il ritardo nella consegna dei nuovi banchi monoposto da parte del commissario Arcuri: sono diventati la condizione per mantenere la sicurezza nelle scuole ma la maggior parte verrà consegnata nel mese di ottobre e alcuni produttori cominciano a far sapere che si proseguirà anche nella prima parte di novembre.

La collaborazione mancata

Raccontano che sul delicatissimo dossier della prima campanella il capo dello Stato, che è stato ministro dell’Istruzione e conosce la complessità di quel dicastero, si aspettasse «maggiore collaborazione», tra maggioranza e opposizione e anche, forse, all’interno della coalizione che sostiene Conte. Contestata da ogni parte, giorni fa Lucia Azzolina ha alzato gli occhi al Colle in cerca di appoggio: «Il Quirinale sostiene quanto abbiamo fatto per far svolgere i concorsi della scuola», ha raccontato la ministra, esasperata per le critiche sulla mancanza di professori. Ieri è intervenuta di nuovo per difendere il lavoro fatto e fare un appello agli studenti: «La scuola non è un luogo fatato e il rischio zero non esiste. Abbiamo lavorato tanto per minimizzare i rischi. E a scuola chiederemo un sacrificio a tutti, studenti e personale, per seguire regole e comportamenti». Quello che preoccupa di più gli insegnanti e i presidi però, oltre che i virologi, è la possibilità che il virus venga portato a scuola a causa di comportamenti scorretti al di fuori: «Per avere sicurezza dentro le nostre scuole – continua la ministra – servirà la stessa responsabilità anche fuori». Per questo, come aveva già fatto il comitato tecnico scientifico – anche Azzolina invita i ragazzi a scaricare l’app Immuni.

Dal Garante della privacy no all’affissione all’ingresso della scuola dei nomi degli alunni non in regola con i vaccini

da Il Sole 24 Ore

di Pietro Alessio Palumbo

Con il provvedimento 117/2020 il Garante per la privacy ha ben chiarito che gli istituti scolastici non possono affiggere all’ingresso qualsivoglia elenco o tabella contenente nomi degli alunni, date di nascita, indirizzi di residenza, numeri di telefono e soprattutto annotazioni del tipo «manca copia vaccino». Pena le salate sanzioni pecuniarie codificate nel Regolamento europeo sulla privacy, a nulla valendo in proposito – si badi – la brevità dell’affissione stessa ovvero il fatto che si sia trattato di errori o leggerezze materiali per le quali i responsabili diretti siano già sotto procedimento disciplinare. A ben vedere un «ravvedimento operoso» dell’istituto coinvolto può solo abbattere l’entità effettiva della sanzione, non certo evitarla.

La vicenda
A seguito di notizie apparse sulla stampa locale e disparate segnalazioni al riguardo, il Garante privacy riscontrava che un istituto comprensivo aveva messo in atto l’affissione descritta al portone d’ingresso interno della scuola. Affissione che non aveva superato i 2 o 3 giorni e per la quale oltre all’avvio di provvedimenti disciplinari avverso i responsabili, l’istituto si era tempestivamente attivato ad intraprendere, in accordo con il Dpo, un corso di formazione in tema di privacy per il personale.

Trattamento dei dati personali: i limiti
Con il provvedimento in esame il Garante ha chiarito che «dato personale» è qualsiasi informazione riguardante una persona fisica identificata o identificabile. Il trattamento di dati personali effettuato in ambito pubblico è lecito solo se strettamente necessario per adempiere un obbligo legale al quale è soggetto il titolare del trattamento oppure per l’esecuzione di un compito di interesse pubblico o connesso all’esercizio di pubblici poteri di cui è investito il titolare del trattamento. Ebbene il suddetto trattamento dei dati personali deve avvenire nel rispetto dei principi di liceità, correttezza e trasparenza nonché di minimizzazione dei dati, secondo i quali le informazioni personali devono essere – rispettivamente – trattate in modo lecito, corretto e trasparente nei confronti dell’interessato, nonché adeguate, pertinenti e limitate a quanto necessario rispetto alle finalità per le quali sono gestite.

Dati di alunni: limiti ancora più stringenti
In relazione ai predetti elementi è stato considerato dal Garante che la rilevata condotta tenuta in violazione della disciplina in materia di protezione dei dati personali, pur essendo riferita ad un esiguo numero di soggetti e avendo avuto una durata temporale limitata (due/tre giorni), ha avuto a oggetto la diffusione di dati personali relativi a soggetti particolarmente vulnerabili quali i minori. Ciò nondimeno a ben vedere la risposta rimediale dell’Istituto è stata collaborativa e veloce con particolare riguardo oltre che alla tempestiva rimozione degli elenchi anche con l’avvio di azioni volte a implementare nuove misure formative e organizzative. Dal che l’Istituto è stato condannato a pagare, nella persona del suo rappresentante legale, la somma di «soli» 2.000 euro a titolo di sanzione amministrativa.

Il 47% dei genitori pensa che sia abbastanza sicuro rientrare a scuola e vorrebbe che i figli tornassero in aula

da Il Sole 24 Ore

di Redazione Scuola

L’estate è ormai agli sgoccioli e l’apertura delle scuole è una delle tematiche più scottanti e attuali, soprattutto con il numero dei contagi che, rispetto all’inizio dell’estate, mostra segni di crescita pur non allarmanti. All’inizio dell’emergenza sanitaria di Covid-19 le scuole hanno dovuto passare velocemente alla didattica online, ma non sempre tutto ha funzionato alla perfezione.

Solo il 13% delle scuole in Italia è riuscito infatti a effettuare il passaggio senza alcun intoppo, secondo quanto affermano 500 genitori intervistati per una survey commissionata da Citrix all’istituto di ricerche OnePoll. Il 47% dei genitori intervistati dice che la scuola non era assolutamente preparata e che, durante la crisi, la didattica a distanza è stata implementata solo come misura provvisoria. Il 39% afferma invece che la scuola dei loro figli era abbastanza preparata e aveva già fatto uso di tool e sistemi di didattica online. Per altri aspetti, tuttavia, anche queste scuole hanno dovuto improvvisare.

E oggi? La maggioranza dei genitori intervistati (47%) ritiene che comunque ci siano le condizioni per tornare a scuola e vorrebbe il rientro in aula dei propri figli. Solo il 18% preferirebbe continuare con le lezioni online, mentre il 23% opterebbe per un rientro tra 3 mesi.

Un inizio all’insegna dell’emergenza
In molti casi, dover agire in situazione di emergenza ha creato difficoltà. Il 16% dei genitori intervistati afferma che i figli hanno riscontrato costantemente problemi tecnici nel corso delle lezioni online. Quasi la metà dei genitori intervistati (48%) ha affermato invece che accedere agli strumenti di e-learning è stato difficile all’inizio, ma è diventata un’operazione di routine dopo un po’.

Inoltre, il 15% dei genitori ha dovuto acquistare un dispositivo in più appositamente per la didattica online, per evitare che l’unico PC di casa fosse monopolizzato dalle lezioni.
Rispetto ad altri Paesi, il passaggio della scuola italiana alle lezioni da remoto è stato significativamente più difficile. La nazione più preparata è stata Singapore, dove il 30% dei genitori afferma che il passaggio alla didattica online è avvenuto senza intoppi, seguito dall’Australia (25%) e dal Messico (19%). E Singapore sembra detenere il primato anche per le migliori attrezzature e applicazioni. Qui, infatti solo il 6% dei genitori afferma che i loro figli hanno costantemente riscontrato problemi tecnici nelle lezioni online.

«Una cosa è evidente: questa crisi ha purtroppo obbligato il sistema educativo a sottoporsi a uno stress test non volontario. È motivo di preoccupazione che in un Paese industrializzato come l’Italia solo il 13% delle scuole siano state in grado di offrire il servizio di didattica online senza riscontrare problemi, per la mancanza di attrezzature tecniche e di know-how. Visto l’accrescere del rischio di una seconda ondata, ed avendo ben presente l’importanza di aumentare la competitività del nostro sistema educativo, non possiamo e non dobbiamo permettere che ciò accada ancora», ha detto Fabio Luinetti, country manager di Citrix Italia .

I genitori considerano la tecnologia come un fattore chiave per la buona riuscita delle lezioni online e l’82% degli intervistati pensa che sia fondamentale per un corretto processo di apprendimento. Il 37% è fermamente convinto che la didattica a distanza possa avere successo solo con gli strumenti giusti e le corrette indicazioni.

La costante interazione con la tecnologia in classe ha conseguenze tangibili: il 70% dei genitori intervistati afferma infatti che le capacità informatiche dei loro figli sono migliorate proprio grazie alle lezioni online.

Oltre agli aspetti tecnologici, l’improvviso passaggio alla didattica a distanza ha naturalmente gettato luce su altre aree di miglioramento. Tra le più desiderate dai genitori intervistati (48%) il miglioramento delle capacità degli insegnanti di lavorare da remoto, una migliore organizzazione dell’insegnamento online (44%), e un’interazione più diretta con gli insegnanti via video (43%). Nonostante tutte le difficoltà, ci sono comunque anche aspetti positivi da sottolineare: solo il 18% dei genitori pensa che le lezioni online siano generalmente negative.

Università verso un modello ibrido tra didattica online e in presenza
La percezione degli studenti universitari nei confronti delle lezioni online è generalmente positiva. Per quanto riguarda il futuro, il 40% degli intervistati, preferisce comunque pensare a un modello ibrido, che combini lezioni online e in presenza, mentre un 19% vorrebbe continuare la didattica esclusivamente online, anche dopo la fine dell’emergenza da Coronavirus.

Per quanto sorprendente possa sembrare, per gli studenti universitari il passaggio alla didattica online non è comunque stato meno traumatico: il 70% degli studenti intervistati non aveva avuto modo di accedere alle lezioni online prima della pandemia ma, in ogni caso, il 67% degli studenti ha potuto continuare il proprio corso di studi in maniera sostanzialmente invariata e il 70% non ha avuto difficoltà ad accedere ai materiali e alle risorse online.

A questo punto si rende necessaria una chiara strategia olistica per quanto riguarda l’apprendimento a distanza, che coinvolga tutti gli istituti educativi: «La didattica online continuerà a essere complementare all’insegnamento in classe almeno ancora per un po’ di tempo», afferma Luinetti che continua: «Per superare questa crisi ed essere meglio preparati in futuro, dobbiamo creare ambienti online unificati per il settore educativo che possano essere attivati on demand e in breve tempo, essendo al tempo stesso facili da usare e sicuri per insegnanti, studenti e genitori».

Coronavirus, uno studente su 5 abbandona i mezzi pubblici

da Il Sole 24 Ore

di Redazione Scuola

Le informazioni sul traffico, in vista del back to school, prevedono lunghe code sulle strade. Perché quest’anno, complici le misure anti-Covid e le probabili difficoltà nel prendere i mezzi pubblici, sono veramente tanti gli studenti che hanno già deciso di non usufruirne per recarsi nel proprio istituto. Sicuramente più degli anni scorsi. Visto che, secondo un sondaggio di Skuola.net – effettuato interpellando 3mila alunni di medie e superiori – circa 1 su 5 cambierà le sue abitudini, abbandonando il trasporto pubblico per sistemi alternativi.

Complessivamente 6 su 10 eviteranno autobus, scuolabus, tram, metropolitane, treni e quant’altro e andranno a scuola con mezzi privati (34%) o a piedi (25%). Per organizzarsi in tal modo, inoltre, il 15% dice che la famiglia ha dovuto acquistare o noleggiare un mezzo.

Chi opterà per il trasporto privato, nella stragrande maggioranza dei casi sfrutterà il passaggio di un genitore o di un parente (74%); con un comprensibile picco alle scuole medie (87%) e una flessione tra i ragazzi delle superiori (58%). Per un tragitto che sarà coperto quasi sempre in automobile, mezzo di riferimento per oltre 9 su 10.

Ma c’è anche chi (26%) proverà ad avventurarsi da solo nel traffico. Nel loro caso, il mezzo più gettonato sarà la bicicletta (45%) ma parecchi puntano sul motorino (26%); scarso appeal per microcar (5%) e monopattini (2%).

Discorso diverso per i maggiorenni, agli ultimi anni di scuola, che hanno già preso la patente: quasi 1 su 2 userà la propria auto.

Alla fine, stando alle intenzioni della vigilia, meno della metà dei ragazzi (41%) – ma la rappresentanza degli studenti delle medie potrebbe essere molto più esigua – si affiderà ai mezzi pubblici (36%) o agli scuolabus (5%). Una scelta, la loro, che molto spesso è “forzata” per mancanza di alternative: quasi 3 su 4, potendo, ripiegherebbero volentieri su un mezzo privato. Solamente il 27% di loro prenderà i mezzi senza timori. Perché è innegabile che, su questo tema, la preoccupazione si sta facendo largo: il 62% degli utenti del servizio pubblico pensa che sarà molto difficile mantenere le distanze a bordo, il 28% è abbastanza dubbioso ma spera nella collaborazione di tutti, appena 1 su 10 non intravede grosse criticità all’orizzonte.

Arriva il braccialetto hi-tech per segnalare il mancato rispetto delle distanze minime tra gli alunni

da Il Sole 24 Ore

di Redazione Scuola

Un braccialetto hi-tech che avviserà gli insegnanti quando bambini e studenti non rispettano la distanza di sicurezza di un metro da altri alunni, e in grado di ricostruire i contatti nel pieno rispetto della privacy e senza alcuna App, bloccando sul nascere possibili focolai di coronavirus. Già adottato da una prima scuola in provincia di Varese, il braccialetto è al momento al vaglio di numerosi altri istituti scolastici di tutta Italia che, in questi giorni, ne stanno valutando l’introduzione.

A lanciarlo presso scuole e asili nido di tutta Italia MetaWellness, giovane start-up di Bari specializzata in tecnologie per lo sport e il fitness, che ha creato “Labby Light”, un innovativo prodotto basato su tecnologia brevettata capace di contenere i contagi da Covid-19 e offrire un contributo concreto alla lotta al coronavirus.

«Il braccialetto “Labby Light” ha una duplice funzione – spiega MetaWellness – da un lato, attraverso un led ed una vibrazione, segnala a chi lo indossa il mancato rispetto della distanza minima di sicurezza di 1 metro da altri utenti, dall’altro, in caso l’utilizzatore dovesse risultare positivo al coronavirus, ricostruisce tutti i contatti avuti con altre persone, grazie ad un sistema che memorizza in modo sicuro i dati utili, permettendo così di isolare velocemente potenziali focolai. A differenza di altre soluzioni utilizza protocolli proprietari wireless e tecnologia brevettata che lo rende immune da disturbi esterni con una sicurezza certa di misurare il contatto con altre persone».

Non richiede l’utilizzo di App o competenza tecnologica e quindi adatto a tutti, giovani, bambini, adulti. Può essere usato all’interno di strutture pubbliche e private come scuole e asili nido, in modo da garantire la sicurezza di bambini, personale scolastico e studenti e bloccare sul nascere la diffusione dei contagi: qualora un alunno o un docente dovesse risultare positivo al coronavirus, sarà possibile ricostruire i contatti di prossimità avuti nella struttura scolastica e bloccare in modo immediato il diffondersi dei contagi e la nascita di possibili focolai.

E c’è già una prima scuola ce ha scelto di adottare “Labby Light” per i propri alunni: si tratta di un istituto paritario dell’infanzia di Castellanza, nel Varesotto, dove il direttore scolastico ha deciso di fornire 200 braccialetti ad alunni e insegnanti, in modo da ripartire nel pieno rispetto della sicurezza ed in meno di due giorni la stessa soluzione è già al vaglio di numerose scuole in tutta Italia.

Alunni con disabilità e docenti malati Ecco l’Italia da tutelare

da La Stampa

Franco Giubilei

L’Italia si scopre fragile sotto la luce sinistra del Covid: alunni con disabilità, docenti dall’età media avanzata e con patologie pregresse, lavoratori con malattie croniche su cui incombe lo spettro del superamento dei 180 giorni d’assenza oltre i quali può scattare la possibilità del licenziamento. Una situazione complessa e composita in cui è coinvolta una moltitudine di cittadini, dai più piccoli agli ultra 55enni. Il nostro excursus comincia dalla scuola, il fronte più caldo di queste settimane, e dalla condizione dei circa 250mila alunni con disabilità, dalle materne alle superiori, che si troveranno ad affrontare una ripartenza ancora più complicata di quella dei loro compagni: già in tempi normali sopportano estenuanti andirivieni di supplenti, spesso non qualificati, ma quest’anno rischiano di veder aumentare i loro disagi, a causa dello stato caotico delle assegnazioni degli insegnanti di sostegno.

Alunni con disabilità

Le difficoltà, per loro e le famiglie, sono cresciute fin dal lockdown, con la didattica a distanza e l’impossibilità di un contatto fisico con i docenti: «Ho una bambina di dieci anni con una sindrome genetica

rara, non autosufficiente, che deve fare la terza elementare – spiega Stella Di Domenico, di Roma – Per questi bambini è già difficile seguire in presenza, figuriamoci attraverso un tablet. Mia figlia nei mesi scorsi ha perso tanto. Quanto alla riapertura, a oggi per loro non è previsto nulla: ci sarà il solito caos degli insegnanti di sostegno che mancano».

Disagi che si incrociano con la presenza persistente del virus e con la necessità di proteggere bambini e ragazzi che avrebbero bisogno di essere seguiti in maniera particolare. E invece il dato del ministero dell’Istruzione fornito da First (Federazione italiana rete sostegno e tutela) e aggiornato a novembre 2019 è di 101mila insegnanti di sostegno in organico di diritto, più altri 74mila posti in deroga, numeri che garantiscono anche per quest’anno la solita giostra dei prof tanto temuta dai genitori. «Se poi gli insegnanti dovessero rifiutarsi di riprendere a lavorare a causa del Covid, ci ritroveremo peggio degli altri anni», aggiunge Di Domenico. Preoccupa anche il tema dei dispositivi di protezione: «Mascherine e visiere vanno messe anche agli alunni disabili, ma per loro è ancora più difficile stare fermi senza togliersele».

I docenti

E poi ci sono loro, gli insegnanti e il personale scolastico ausiliario: nell’ultimo periodo sono girati numeri esorbitanti sui docenti pronti a chiedere l’esonero per i rischi da contagio, 200mila si diceva, ma in realtà le cose starebbero diversamente. «La fragilità dovrà essere attestata dal medico, sarà lui a stabilire se e come si potrà lavorare – dice Alessandro Rapezzi, della segreteria del Sindacato scuola Cgil -. Fare una stima è impossibile, ma i “fragili” potrebbero essere tantissimi e spiego perché: un cardiopatico o un diabetico, fino a ieri, potevano fare il loro mestiere senza problemi, da oggi invece chiederanno al loro medico di base la documentazione sul loro stato di salute e in base a questa il medico del lavoro dell’Asl valuterà se farli stare a casa o lasciarli lavorare, e con quali modalità». Si apre quindi un’altra questione: «Il ministero della Sanità è attrezzato a far fronte a tutto questo?».

I lavoratori

E poi ci sono gli altri lavoratori: impossibile al momento quantificare il loro numero ma, spiegano alla Cgil, a quelli con certificazione 104 – affetti da malattie oncologiche, immunodepressi o in cura con terapie salvavita – si sommano cardiopatici o sofferenti di insufficienza respiratoria, coloro per cui è scattata la “sorveglianza sanitaria speciale”. «Loro sono finiti in un limbo, visto che sono finiti i finanziamenti dello Stato all’Inps – dice Sebastiano Calleri, Cgil -. Corrono il rischio di restare a casa senza stipendio oppure, se superano i 180 giorni di malattia, di essere licenziati per assenza ingiustificata». —

Supplenze, docenti e ATA assenti devono poter essere sostituiti fin dal primo giorn

da OrizzonteScuola

Di redazione

Supplenze: una normativa che si stratifica e non risolve le questioni contingenti rischia di mandare in tilt le segreterie scolastiche per la sostituzione del personale assente.

A fare il punto della situazione è l’ANP, che ha sintetizzato in dieci punti le questioni ancora irrisolte per l’inizio delle lezioni

Sostituzioni del personale docente assente

OM n. 60/2020 art. 13 comma 14: […] Non è possibile conferire al personale docente, per il primo giorno di assenza del titolare, le supplenze temporanee […]

Sostituzione del personale Ata  assente

Per il personale ATA – scrive l’ANP – continuano a dispiegare effetto le regole ordinarie che, ad esempio, nel caso dei collaboratori scolastici impongono di non procedere a sostituzione nei primi 7 giorni di assenza (art. 1, comma 332, legge 190/2014).

Sostituzione organico COVID

L’art. 32, comma 3, del DL 104/2020, invece, dispone che l’organico COVID (sia docenti che ATA) possa essere sostituito sin dal primo giorno di assenza.

Richiesta

La richiesta dell’ANP è quella di applicare a tutto il personale non COVID la medesima disciplina del DL 104/2020 [sostituzione fin dal primo giorno di assenza ]al fine di consentire alle scuole di sostituire prontamente il personale assente.

Regole anti COVID-19 da somministrare agli studenti, in 24 punti

da OrizzonteScuola

Di Antonio Fundaro

Tutti i bambini e i giovani italiani, alcuni da lunedì, torneranno a scuola. Con una valutazione amara, però, che la prevalenza del coronavirus (COVID-19) è diminuita da quando le scuole e le università ne hanno limitato l’apertura alla maggior parte degli alunni a febbraio e a marzo, sino alla definitiva chiusura. La task force del Governo e del Ministero dell’Istruzione è attiva e funzionante e nonostante i molteplici cambiamenti (talvolta giornalieri e repentini) abbiamo compreso tutti di più sulle misure che devono essere messe in atto per creare ambienti più sicuri.

Disposizioni anti Covid-19 per gli studenti

Rischi minori per i piccoli?

L’evidenza scientifica mostra che il coronavirus (COVID-19) presenta un rischio inferiore per i bambini rispetto agli adulti di ammalarsi gravemente. Non ci sono prove che i bambini trasmettano la malattia più degli adulti. Tuttavia, ci saranno ancora rischi mentre il coronavirus (COVID-19) rimane nella comunità. Ed i dati di questi ultimi giorni sono più che preoccupanti.

Gestire i rischi in maniera diversa

Per gestire i rischi, le cose saranno un po’ diverse del semestre primaverile. Il Governo e il Ministro hanno chiesto ad asili nido, alle scuole dell’infanzia e, in generale, a tutte le scuole di ogni ordine e grado di mettere in atto una serie di misure protettive per ridurre i rischi. L’asilo nido, l’Infanzia, la scuola di tuo figlio saranno in grado di darti maggiori informazioni sui cambiamenti che hanno apportato. I dirigenti scolastici hanno predisposto una serie di documenti che troverete pubblicati sul sito istituzionale. Leggeteli e fateli circolare.

Frequenza della scuola

È fondamentale che i bambini e i giovani tornino a scuola e all’università, per il loro progresso educativo, per il loro benessere e per il loro più ampio sviluppo. La frequenza scolastica è obbligatoria dall’inizio del nuovo anno. Ciò significa che è tuo dovere legale come genitore mandare tuo figlio (se è in età scolare obbligatoria) a scuola regolarmente. Non esiste un obbligo legale corrispondente per l’istruzione post-16, ma se un giovane non riesce a frequentarlo, è bene, comunque, darne comunicazione alla scuola.

L’obbligo scolastico

Le autorità locali e le scuole hanno una serie di poteri legali per imporre la frequenza ad un bambino o un giovane che, senza motivo alcuno, non si reca a scuola senza un motivo valido.

Se hai dubbi sul fatto che tuo figlio torni a scuola perché ritieni che possa avere altri fattori di rischio (alunno fragile), dovresti discuterne con la tua scuola. Dovrebbero essere in grado di spiegare i modi in cui stanno cambiando le cose per ridurre i rischi. Ci sono risorse per supportarti.

Autoisolamento e schermatura

Un piccolo numero di bambini e giovani potrebbe non essere in grado di partecipare in linea con i consigli di salute pubblica perché:

  • sono auto-isolanti (in quarantena obbligatoria e volontaria)
  • hanno manifestato essi stessi sintomi
  • sono in stretto contatto di qualcuno che ha il coronavirus (COVID-19).

Se tuo figlio non è in grado di frequentare la scuola o l’università per questi motivi, chiedi alla tua scuola quale supporto possono fornire per l’istruzione a distanza. Tutte le scuole hanno già approvato il Piano per la Didattica Digitale Integrata.

Consulta la guida sulla schermatura e la protezione delle persone definite per motivi medici come estremamente vulnerabili (fragili). I bambini e i giovani sotto cura sanitaria potrebbero aver bisogno di discutere le loro cure con il proprio medico prima di tornare a scuola. Se i bambini non sono in grado di frequentare la scuola perché stanno seguendo consigli clinici e / o di salute pubblica, non sarai penalizzato. Fallo presente, in piena tutela della privacy, al DS.

Contribuire a rendere più sicuri possibile asili nido, infanzia e scuole

Ogni asilo nido e ciascuna scuola farà la propria valutazione dei rischi per la salute e la sicurezza come parte della pianificazione per il quadrimestre autunnale/invernale.

Cosa faranno le scuole oltre a gestire i casi confermati di coronavirus (COVID-19) in linea con le attuali linee guida per la salute pubblica?

Oltre a quello previsto dai vari protocolli, e nei regolamenti scolastici, oltre che nel Piano, è sempre utile:

  • assicurarsi che tutti si lavino le mani più spesso del solito, anche al loro arrivo, al ritorno dalle pause e prima e dopo aver mangiato (questo dovrebbe essere fatto per 20 secondi con sapone e acqua corrente o disinfettante per le mani);
  • promuovere l’approccio “prendilo, raccoglilo, uccidilo”, per garantire una buona igiene respiratoria;
  • migliorare la pulizia, compresa la pulizia più frequente delle superfici toccate di frequente;
  • ridurre al minimo i contatti tra le persone dove possono. Ciò potrebbe significare utilizzare stanze diverse per gruppi di età diversi e tenere separati questi gruppi;
  • mantenere le distanze il più possibile.

Azioni che puoi intraprendere

Non mandare tuo figlio all’asilo nido, all’infanzia o a scuola se:

  • stanno mostrando i sintomi del coronavirus (COVID-19)
  • qualcuno nella sua famiglia sta mostrando sintomi.

Organizza un test se tu o tuo figlio sviluppa i sintomi dopo essere stato a scuola. Informa le autorità sanitarie e il tuo asilo nido o la scuola dei risultati.

Se il test è positivo, seguire le indicazioni per le famiglie con coronavirus (COVID-19) e impegnarsi con il processo di selezione di tutti i possibili contagiati.

Il modello di “Disposizioni anti Covid-19 per le studentesse e gli studenti”

Il modello relativo alle “Disposizioni anti Covid-19 per le studentesse e gli studenti” deve essere quanto più chiaro possibile. Non, quindi, solo il Regolamento o il Piano, ma qualcosa di più facilmente consultabile.

Per il dirigente professore Vincenzo Caico, un vero motore di novità, a capo di un istituto importante della provincia di Gorizia, l’Istituto Statale d’Istruzione Superiore “Michelangelo Buonarroti” (si tratta di un istituto d’istruzione superiore che comprende: Liceo Scientifico, Liceo Scienze Applicate Liceo Sportivo e Liceo Linguistico) di Monfalcone (GO) ritiene che “il giusto modo per parlare ai giovani e parlare con il loro linguaggio e condividere le scelte da operare”. Il Regolamento che alleghiamo, frutto di queste politiche educative, è, senza ombra di dubbio un insostituibile documento che, ogni istituzione, dovrebbe adottare.

Disposizioni anti Covid-19 per gli studenti

Nuovo Dpcm, Conte prolunga lo stato d’emergenza a fine mese: niente assembramenti a scuola, su bus, metro e treni

da La Tecnica della Scuola

Nella giornata di lunedì 7 settembre il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, firmerà il nuovo dpcm collegato alla fase 3 dello stato di emergenza, in scadenza nella stessa giornata.

Si viaggerà all’80% della capienza

Di fatto, il nuovo Dpcm prolunga lo stato di emergenza fino al 30 settembre ricalcando le indicazioni di quello in scadenza con alcune aggiunte sul trasporto scolastico, che potrà realizzarsi sino all’80% della capienza, come chiesto a gran voce delle Regioni, e anche arrivando al massimo dei viaggiatori ma non oltre per 15 minuti per ognuno di loro.

Distanziamento minimo confermato

Il Dpcm renderà attuative anche le linee guida prodotte dall’Istituto superiore di sanità sui comportamenti da adottare a scuola nel perdurante stato di rischio contagio Covid-19: nelle linee guida, oltre al divieto di assembramenti, si conferma il distanziamento minimo un metro negli istituti scolastici, derogato (però indossando la mascherina obbligatoriamente in classe anche per più ore consecutive) solo per casi eccezionali e transitori.

Come gestire casi sospetti

Nel documento dell’Iss, che verrà “licenziato” con il nuovo Dpcm, sono contenute pure le indicazioni operative per la gestione dei casi e dei focolai di Covid nelle scuole e nei servizi per educativi per l’infanzia.

Ai fini dell’identificazione precoce dei casi sospetti è necessario prevedere:

  • un sistema di monitoraggio dello stato di salute degli alunni e del personale scolastico;
  • il coinvolgimento delle famiglie nell’effettuare il controllo della temperatura corporea del bambino/studente a casa ogni giorno prima di recarsi al servizio educativo dell’infanzia o a scuola;
  • la misurazione della temperatura corporea al bisogno (es. malore a scuola di uno studente o di un operatore scolastico), da parte del personale scolastico individuato, mediante l’uso di termometri che non prevedono il contatto che andranno preventivamente reperiti;
  • la collaborazione dei genitori nel contattare il proprio medico curante (PLS o MMG) per le operatività connesse alla valutazione clinica e all’eventuale prescrizione del tampone naso-faringeo

Digital divide: in Italia e nel mondo preoccupa

da La Tecnica della Scuola

Sono in molti ad osservare con preoccupazione, nell’immediatezza della riapertura delle scuole in gran parte d’Europa e nel mondo, i problemi di varia natura legati al digital divide.

Il digital divide: l’indagine Ericsson – UNICEF

Per definizione si tratta del divario di chi ha accesso alle tecnologie dell’informazione e chi ne è escluso. Il gigante svedese Ericsson e l’Unicef hanno creato in queste settimane un partenariato per fare la mappatura dello stato della connessione ad Internet di 35 paesi nel mondo, nell’ambito di Giga Initiative, che ha dato vita al progetto Project Connect, che mira a prendere in considerazione i paesi che stanno facendo un nuovo lavoro per collegare le loro popolazioni, in particolare per fornire ai loro giovani l’accesso alle informazioni e alle opportunità.

Per esempio, il team di esperti ha studiato il sistema di apprendimento a distanza del Media Center in Brasile, in Amazzonia, o il sistema di e-government in Estonia.

Queste ricerche hanno fornito spunti e lezioni da cui imparare per aiutare a collegare tutte le scuole del mondo. Ci siamo resi conto, dicono i partner, che il primo passo che molti di questi paesi hanno dovuto compiere è stato quello di mappare l’esatta ubicazione delle scuole insieme ad alcune informazioni aggiuntive su di esse. Infatti, spesso, queste registrazioni non esistono, sono incomplete o contengono errori. Per risolvere questo problema è stato creato Project Connect.

La mappatura avverrà utilizzando l’intelligenza artificiale e l’apprendimento automatico, e i dati raccolti attraverso questo processo aiuteranno i governi e le organizzazioni private a determinare dove è necessario costruire la connettività internet. Il mondo è alle prese con un divario digitale da decenni, con circa 3,5 miliardi e mezzo di persone che non hanno accesso a Internet in modo stabile.

La nuova pandemia di coronavirus ha reso ancora più evidente la necessità di Internet ad alta velocità e a banda larga: le persone che lavorano da casa, hanno bisogno di connessioni stabili per svolgere i loro compiti e i bambini e tutti coloro che sono in un percorso di studio hanno bisogno di un accesso a Internet per completare il loro corsi.

Senza connettività, nulla di tutto ciò è possibile, a svantaggio di chi vive in luoghi privi di un accesso a internet affidabile e veloce. Soltanto negli USA si stima che 18 milioni di persone non hanno a disposizione una connessione a banda larga (https://www.fcc.gov/about-fcc/fcc-initiatives/bridging-digital-divide-all-americans) secondo l’ultimo rapporto della Federal Communications Commission.

La chiusura delle scuole, si legge nell’indagine delle Nazioni Unite “L’istruzione durante il Covid-19 e oltre”, appena pubblicato (in inglese), ha riguardato il 94% della popolazione mondiale di studenti e questi fino al 99% di loro sono stati esclusi dai percorsi formativi nelle aree dei paesi a basso e medio reddito.

La situazione in Italia

In Italia il digital divide è causato prevaletemene dalla mancanza di infrastrutture adeguate e in particolare la mancanza di collegamento ad Internet veloce, si stima che il 12% circa della popolazione non abbia accesso alla banda larga.

Le compagnie telefoniche non riescono ancora a raggiungere diverse zone del paese per garantire la velocità necessaria per garantire la connessione. In generale in Europa il digital divide, secondo la Commissione europea, è la mancata copertura di banda larga fissa ad almeno 2 Megabit (Adsl, cavo coassiale – che in Italia manca – o fixed wireless).

In Italia questo dato di digital divide riguarda una popolazione senza copertura Adsl che si stima essere circa il  5,6 per cento, anche se non ci sono mappe ufficiali.

Ad altri livelli, ovvero per la banda ultra-larga, le stime sono anche peggiori, si parla infatti del 20/40 per cento della popolazione e in futuro si parlerà anche di digital divide di terzo livello, mancata copertura con fibra ottica nelle case, che in Italia riguarda meno del 20 per cento della popolazione con stime che oscillano.