Cantieri in corso – SARS CoV 2

Cantieri in corso – SARS CoV 2

di Bruno Lorenzo Castrovinci

Con l’avvicinarsi della data d’inizio delle lezioni, in un periodo di emergenza, la scuola cambia pelle e si trasforma in un cantiere di lavoro, dove i protagonisti assoluti sono i collaboratori scolastici e gli assistenti tecnici.

Una ripartenza fondata sul lavoro di persone che vivono i propri plessi di appartenenza come propri, una pulizia approfondita dei locali che mette ordine, rinnova, elimina tutto ciò che il tempo ha irrimediabilmente distrutto.

Eh sì! La ripartenza inizia da qui, da tantissimo lavoro umile silenzioso, spesso con amministrazioni comunali che non riescono, per carenze di fondi in bilancio, a sopperire alle numerosissime piccole e medie riparazioni che edifici complessi necessitano nel tempo.

Il collaboratore scolastico, questo soggetto silenzioso, sempre presente, disponibile, che con il tempo diventa parte integrante della sua scuola, la sente propria, la vive e rispetta come se fosse casa sua, pronto a dare il massimo per renderla bella ed accogliente per i bambini e i ragazzi al suono della campana.

Se da un lato il lavoro incessante di queste figure silenziose segna che la scuola sta iniziando, dall’altro l’emergenza impone adeguamenti nell’organizzazione di vasta portata, che impegnano i dirigenti e i loro collaboratori ad un lavoro senza sosta.

Certo i tempi sono cambiati, i gruppi social diventano sempre più comunità di pratica, molti documenti richiesti vengono scritti a più mani, riducendo i tempi di lavoro ed allo stesso tempo istituendo processi condivisi.

E’ la scuola 3.0, con la tecnologia che crea reti virtuali, gruppi di lavoro, che connettono menti in tempo reale, spostando l’asticella dalla stampa specializzata di qualche decennio fa al web, con le sue innumerevoli risorse, ma soprattutto alle comunità di pratica che nei social hanno trovato il loro naturale sviluppo.

Tantissimi gli adempimenti, dall’aggiornamento dei regolamenti d’istituto, al nuovo patto di corresponsabilità, al piano per la didattica digitale integrata, ai protocolli di sicurezza, alla direttiva DSGA specifica e ovviamente agli incarichi da assegnare per far fronte a nuovi e rinnovati organigrammi della sicurezza che comprendono figure come i referenti COVID 19 sia d’istituto che di plesso.

E se il rischio biologico  inevitabilmente ha portato ad un aggiornamento dei DVR, i nuovi piani di emergenza riprogettano gli spazi e i percorsi per garantire i distanziamenti: un metro che salva la vita, che fa sperare nel contenere lo sviluppo di focolai, e intanto i percorsi e le aule si adeguano alle prescrizioni di un Comitato Tecnico Scientifico che mostra agli addetti ai lavori cosa significa dinamicità, con soluzioni che cambiano in poco tempo, si evolvono, trovano nuove strade.

RSPP, figura cardine su cui la riorganizzazione generale fa affidamento, uomini e donne, professionisti che sentono il peso di un’estate rovente, di ore e ore impegnati a progettare e ridisegnare una scuola che vuole ripartire, che a piccoli passi cerca di riprendersi quel tempo che gli appartiene, quel tempo che farà la differenza, un domani, per tutti.

Medico competente, lavoratori fragili, sicuramente psicologicamente provati, l’esito sfavorevole di una visita medico legale, che impone misure preventive al rischio biologico, ovvero l’allontanamento del docente o del collaboratore scolastico dalle attività didattiche in presenza, si rivela un trauma profondo per il malcapitato lavoratore.

Sicuramente fragile nell’anima, il sentirsi inutile, al tramonto, allontanato da ciò che ama, il mondo dei bambini dei ragazzi, contro la sua volontà, crea condizioni psicologiche difficili e anticipa per alcuni la senilità.

Sostegno sì, certo, ma viverlo in prima persona è un dramma che per alcuni molto provati dalla vita diventa una criticità difficile da superare.

A tutto questo si aggiunge la corsa per gli acquisti, con ciò che realmente serve, a volte indisponibile in quanto esaurito, i telefoni diventano roventi, attività negoziali che procedono in una corsa frenetica contro il tempo, sistemi produttivi e di distribuzione che si affannano nel soddisfare in tempo le richieste.

Per queste ultime, se da un lato l’essenziale è gestito a livello centralizzato con container di banchi e sedie che si muovono in lungo e in largo nei luoghi più disparati del territorio Italiano, dall’altro nasce il problema dell’arredo per la scuola dell’infanzia, dei DPI da acquistare per i lavoratori, dei detergenti a base di alcol e candeggina, dei termometri per misurare la temperatura e del minimo di arredo necessario per le aule COVID, dove accogliere i casi sospetti.

Organici, rilevamenti, adempimenti, risorse, queste le parole d’ordine per dirigenti, direttori amministrativi e personale ATA.

Estati roventi, non solo per le temperature eccessive, ma per adempimenti che si sommano a quelli ordinari, tempi ristretti, carichi di lavoro eccessivi, ai quali si aggiungono le irrinunciabili ferie, e allora, chi sostituisce? chi porta avanti il sistema? pochi volontari e i Dirigenti Scolastici, con i propri collaboratori di fiducia.

L’impatto delle ferie estive nelle organizzazioni complesse Italiane è devastante, mi ritorna in mente Sergio Marchionne  quando, appena nominato amministratore delegato alla FIAT, in piena estate trovò uffici completamente deserti, in piena emergenza questo si traduce in un sovraccarico di lavoro per chi resta e soprattutto al rientro.

Intanto in alcune regioni la scuola è già iniziata, tra notti di attesa dei Dirigente e di chi ci ha lavorato, in altre l’inizio è imminente, in altre ancora si aspettano i banchi e le sedie per garantire il distanziamento, nell’attesa obbligatorie le mascherine.

Difficile immaginare un bambino per ore in classe con la mascherina, con i propri compagni che sembrano extraterrestri o scienziati in erba, con sguardi che sostituiscono le parole, con occhi che fanno capolino da una maschera che nasconde la mimica del viso e di conseguenza rende difficile la comunicazione non verbale.

Fra ripartenze e adempimenti, ci sono poi gli innovatori ovvero coloro che hanno colto l’emergenza in atto per innovare e rinnovare sistemi educativi e formativi obsoleti, grazie alle consistenti anche se insufficienti risorse aggiuntive disponibili.

E se la DAD ha implementato in generale le dotazioni informatiche, in alcuni istituti la realtà aumentata entra nelle aule, cosi come la didattica integrata con le aule virtuali e le lezioni sincrone e asincrone, con una riscoperta delle tecnologie didattiche avanzate che rendono fluidi e attuali i processi di apprendimento in quanto usano i linguaggi delle nuove generazioni.

Se da un lato molti istituti fanno passi da gigante, in altri l’analfabetismo digitale del personale docente, mostra i suoi limiti fatti da gruppi WhatsApp mal gestiti e da lezioni in modalità sincrona che sono il surrogato delle lezioni frontali.

Parte e riparte la scuola Italiana, grazie al lavoro di uomini e donne straordinarie che, dagli uffici del ministero fino al più umile collaboratore scolastico, hanno mostrato ancora una volta che la scuola nonostante le criticità e le critiche è un organizzazione in grado di non fermarsi mai nonostante le difficoltà.

La ministra Azzolina: «Test sierologici a campione sugli alunni»

da Il Sole 24 Ore

di Claudio Tucci

Il «rischio zero non esiste»; e forse anche per questo, la ministra Lucia Azzolina, ha annunciato ieri in audizione in commissione Istruzione al Senato, che «durante l’anno saranno fatti test a campione anche agli studenti». Solo per la ripartenza di settembre, «sono stati stanziati oltre 2,9 miliardi, nessun altro paese europeo ha messo tante risorse, e se si considerano i fondi mobilitati da quando ha giurato come ministra, a gennaio, la cifra sale a circa 7 miliardi», ha poi aggiunto la titolare dell’Istruzione. Confermando anche che l’ex alternanza scuola-lavoro «si farà»; e che in autunno partiranno i concorsi per circa 78mila cattedre, dopo un attesa di oltre due anni (e un delicato compromesso politico all’interno della maggioranza).

Nonostante parole e rassicurazioni fornite, ieri, davanti ai senatori, molti ancora restano i nodi aperti in vista della ripartenza, in presenza, delle lezioni. Alcuni li ha ricordati il presidente dell’Anp, l’Associazione nazionale presidi, Antonello Giannelli: «Attendiamo risposte sulla questione dei lavoratori e degli alunni fragili, sull’utilizzo delle mascherine, sui certificati medici per la riammissione a scuola, sulla data di consegna dei banchi monoposto. Su queste e su altre questioni, in un’ottica pienamente costruttiva, abbiamo chiesto indicazioni precise».

Lucia Azzolina, che il 14 settembre assieme al capo dello Stato, Sergio Mattarella, sarà a Vo’ in Veneto, ha chiarito (si veda Sole 24Ore di ieri) che «nel caso vi sia un positivo a scuola sarà la Asl a decidere, sulla base dei contatti che lo studente ha avuto. Non c’è obbligo automatico di quarantena per tutta la classe». Sul fronte spazi, sul piatto, dopo i decreti Agosto ed esigenze indifferibili (che consente a Comuni e Province di mettere a bilancio i 150 milioni in più per il trasporto scolastico in arrivo con la prossima legge di bilancio), ci sono oltre 100 milioni, da dare agli enti locali, proprietari degli edifici scolastici, per la locazione, o con le altre modalità previste dalla legislazione vigente, inclusi l’acquisto, il leasing o il noleggio di strutture temporanee, di ulteriori spazi da destinare all’attività didattica nell’anno scolastico 2020/2021. «Queste risorse – ha spiegato la ministra – potranno essere utilizzate anche per le spese derivanti dalla conduzione di tali spazi e del loro adattamento alle esigenze didattiche. Allo stesso modo, quota parte dell’investimento è stata dedicata al finanziamento di specifici patti di comunità, di collaborazione, anche con le istituzioni culturali, sportive e del terzo settore, al fine di ampliare la permanenza a scuola degli allievi, alternando attività didattica ad attività ludico-ricreativa, di approfondimento culturale, artistico, coreutico, musicale e motorio-sportivo».

Azzolina ha poi ricordato i 236 milioni «per dare libri scolastici, zaini e dispositivi digitali, gratuitamente, alle ragazze e ai ragazzi delle secondarie di primo e secondo grado. Testi che stanno per esser forniti dalle scuole. Il bando è scaduto lo scorso 23 luglio. Hanno aderito quasi 4.900 scuole. Daremo libri gratis a oltre 425 mila fra studentesse e studenti».

Intanto nel Lazio 9mila studenti sono ancora senza aula; e i sindacati restano critici sull’operato del governo. La Flc Cgil denuncia che sono arrivati alle scuole finora solo 100mila banchi sui 2,4 milioni ordinati; che le immissioni in ruolo fatte sono meno del 30% dell’autorizzato, e che la call veloce ha riguardato appena 2.500 candidati. «Forse non si arriverà a 250mila supplenze, come sostiene Azzolina – viene detto -. Ma di sicuro si raggiungerà l’altrettanto spaventosa cifra di 200mila».


Con il lockdown scuole italiane chiuse per 18 settimane, 14 negli altri Paesi

da Il Sole 24 Ore

di Eugenio Bruno

Non passa giorno ormai senza che i media italiani parlino di riapertura della scuola. Tra linee guida ministeriali, indicazioni sanitarie, scaramucce politiche e prese di posizione federaliste che ogni giorno riempiono la cronanca, anche chi quotidianamente segue le vicende dell’istruzione di casa nostra rischia di perdere la bussola. E di smarrire la “giusta distanza“ con cui filtrare la realtà, come suggerito dal compianto Carlo Mazzacurati nell’omonimo film di qualche anno fa.

Un aiuto a recuperarla lo fornisce il rapporto Education at a glance 2020 dell’Ocse che dedica un approfondimento all’impatto della pandemia sul mondo dell’Education. Con almeno due informazioni degne di nota. La prima è che da noi, complice il lockdown, le scuole sono rimaste chiuse per 18 settimane contro le 14 della maggior parte dei Paesi Ocse (ci batte solo la Cina). La seconda è che, quanto al numero degli alunni per classe, stiamo messi meglio di altri. A dispetto del solito refrain sulle “classi pollaio”.

Italia seconda per settimane di chiusura
Nel sottolineare come la pandemia globale di Covid-19 abbia trasmesso onde d’urto in tutto il mondo, l’organizzazione parigina ricorda che molti Paesi in giro per il mondo hanno reagito chiudendo le scuole e le università. A fine giugno l’Italia aveva accumulato 18 settimane di chiusura effettiva delle scuole, rispetto a 14 settimane in media nei Paesi dell’Ocse. Solo la Cina ci ha battuto. Unica consolazione il fatto che, con la chiusura estiva programmata per l’8 giugno, di quelle 18 settimane ne includono anche tre in cui comunque sarebbero arrivate le vacanze.

Un altro elemento di attualità fornito da Education at a glance 2020 riguarda una panoramica sull’affollamento di partenza delle classi. Che, come sappiamo (e come ci ricorda anche l’Ocse) condizionerà non poco la capacità di mantenere una distanza di sicurezza di 1-2 metri tra gli alunni e tra loro e il personale scolastico. Dal rapporto arriva un argomento che consente di smontare, o quanto meno di ridimensionare, la retorica delle “classi pollaio” che sentiamo ripetere quotidianamente.

Classi meno affollate del previsto
Numeri alla mano, in Italia, la dimensione media di una classe è di 19 allievi nella scuola primaria pubblica contro i 21 degli altri Paesi industrializzati. Stesso discorso alle medie: da noi accolgono 21 studenti per classe, rispetto ai 23 della media. Se ne deduce che se molte scuole tricolori stanno faticando a riportare tutti in classe per la mancanza di spazi adeguati è soprattutto per la vetustà del nostro patrimonio edilizio. Abbiamo scuole piccole, vecchie e troppo spesso insicure.

Non è una scuola per giovani
Passando alla parte core di Education at a glance 2020 il quadro che emerge della scuola italiana è uguale a quello degli anni scorsi. Complice una carriera inesistente, i nostri insegnanti continuano a guadagnare meno degli altri. Sia all’inizio che alla fine della loro avventura in classe. E sono ancora troppo anziani. Basti pensare che gli under 30 in cattedra sono solo l’1% contro il 10 dell’Ocse. Quando si dice che non è una scuola per giovani.

Spendiamo poco (e soprattutto male)
Dulcis in fundo arriviamo alle risorse. I dati non sono recenti e quindi non intercettano l’inversione di rotta dell’ultimo anno negli investimenti per l’istruzione (i 2,9 miliardi in più citati spesso dalla ministra Lucia Azzolina). Nel 2017 il nostro Paese ha speso il 3.9% del Pil, dall’asilo all’università, cioè l’1,1% in meno rispetto alla media dell’Ocse.
Se poi scendiamo più in profondità scopriamo che la spesa italiana per studente dalla primaria alle superiori (10.036 dollari all’anno) è in linea con gli altri Paesi industrializzati. Anzi di 99 dollari più elevata.Mentre il vero baratro riguarda l’università. Il costo di 12.226 dollari per studente risulta infatti di oltre 4mila dollari inferiori alla media Ocse. Numeri, questi sì, che parlano da soli.


Dalla febbre alle quarantene, ecco tutti i casi in cui figli (e genitori) rischiano di rimanere a casa

da Il Sole 24 Ore

di Claudio Tucci

La scuola è appena iniziata in alcune regioni del Nord, ma già si rischia, nei prossimi giorni, di restare a casa. Non solo se l’alunno presenta sintomi o ha la febbre, misurata dai genitori, prima di uscire per raggiungere la scuola. Ma non si potrà entrare in classe anche se la Asl decide di applicare la quarantena dopo uno o più casi di infezione da coronavirus. Se sulla nozione di “sintomi” è già partito il dibattito (e le frizioni) tra genitori ed educatori, molti istituti stanno accogliendo bambini e genitori facendo firmare moduli che richiamano alla “responsabilità condivisa” scuola-famiglia per gestire al meglio quest’avvio del nuovo anno.

Febbre sopra i 37,5 gradi
Le indicazioni ci sono, le ha fornite, e aggiornate a fine agosto, l’Istituto superiore di sanità. In caso di febbre sopra i 37,5 gradi e sintomi riconducibili al Covid-19 lo studente non può uscire da casa e bisogna avvertire subito pediatra o medico di famiglia. Se febbre o sintomi sopraggiungono a scuola, l’alunno va isolato, i genitori vanno subito avvisati, che a loro volta contattano il medico. Se il test è positivo, la parola passa al dipartimento di prevenzione della Asl che valuterà le decisioni da prendere: si potrà prescrivere la quarantena a tutti gli studenti della stessa classe e agli eventuali insegnanti e operatori scolastici esposti che si configurino come “contatti stretti”.

La “quarantena”
In quarantena obbligatoria non si può tornare a scuola. La quarantea – 14 giorni dalla data dell’ultimo contatto – scatta anche per i conviventi, eventuali sorelle e fratelli del ragazzo risultato positivo e per suoi genitori (per questi ultimi, il governo sta pensando allo smart working o a nuovi congedi straordinari per ragazzi minori di 14 anni).

Il nodo “contatti stretti”
L’ultima parola spetta alle autorità sanitarie, sentito il responsabile Covid-19, obbligatorio in ciascun istituto. Eventuali contatti stretti dell’alunno (non positivo) ma messo comunque in quarantena (ad esempio, compagni di classi e i loro genitori), o contatti stretti di contatti stretti, in base alle indicazioni sanitarie finora fornite, non necessitano di quarantena, a meno che la Asl non disponga diversamente (se, ad esempio, risultano a loro volta positivi). La chiusura di una scuola o parte della stessa dovrà essere valutata in base al numero di casi confermati e di eventuali cluster e del livello di circolazione del virus all’interno della comunità. In quarantena scatta la didattica a distanza.

Il rientro a scuola
Un singolo caso confermato in una scuola, almeno secondo le indicazioni attuali, non dovrebbe determinarne la chiusura soprattutto se la trasmissione nella comunità non è elevata. Lo studente positivo rientra a scuola solo quando c’è la guarigione clinica, vale a dire la totale assenza di sintomi. La conferma di avvenuta guarigione prevede l’effettuazione di due tamponi a distanza di 24 ore l’uno dall’altro. Se entrambi i tamponi risulteranno negativi la persona potrà definirsi guarita, altrimenti proseguirà l’isolamento.

L’eventuale chiusura di più classi
Se a essere contagiato, a scuola, è un docente deve rimanere con la mascherina ed è invitato ad allontanarsi dell’istituto. Se il test è positivo, scatterà la stessa procedura (medico di famiglia-Asl) per rintracciare i contatti stretti e decidere le eventuali quarantene. Se l’insegnante è in servizio su più classi, potrebbe essere disposta la quarantena per tutte quelle classi. Si rientra a scuola dopo il doppio tampone negativo. In caso di studente o personale scolastico positivo scatta, sempre, la sanificazione, che va effettuata se sono trascorsi 7 giorni o meno da quando la persona positiva ha visitato o utilizzato la struttura.

Saranno 2,5 milioni gli alunni che cambieranno mezzo di trasporto

da Il Sole 24 Ore

di Redazione Scuola

Paura del Covid, orari di ingresso scaglionati, mezzi pubblici con capacità ridotta: a pochi giorni dall’inizio della scuola, la mobilità degli studenti rimane uno dei nodi più critici e le oggettive difficoltà organizzative costringeranno milioni di famiglie a ripensare il modo in cui portare i figli a scuola. Un cambiamento radicale fotografato dall’indagine commissionata da Facile.it a mUp research e Norstat, realizzata su un campione rappresentativo di famiglie italiane con figli dai 2 ai 18 anni, dalla quale emerge che quest’anno quasi 1 alunno su 3, pari a circa 2,5 milioni di bambini e ragazzi (29,8%) cambierà, del tutto o in parte, mezzo di trasporto per il tragitto casa-scuola.

Aumenta il trasporto privato, diminuisce l’uso di mezzi pubblici
Se fra chi cambierà mezzo di trasporto il 50% ha dichiarato di farlo per paura del Covid, a livello generale, forse anche per praticità o mancanza di alternative, faranno comunque ricorso all’uso di un mezzo proprio 6 alunni su 10 (57%), pari a circa 4.820.000 di bambini e ragazzi, che quest’anno raggiungeranno la scuola in auto o moto. Il dato è ancor più significativo se si considera che lo scorso anno, ad usare questo tipo di mezzo era il 50,2% degli scolari.

A fare le spese di questo cambiamento, oltre al traffico cittadino e all’inquinamento dell’aria, sarà il trasporto pubblico. Cala il numero di alunni che hanno intenzione di utilizzare autobus o tram; alla ripartenza delle lezioni lo farà solo il 14,9%, erano il 16,7% lo scorso anno.

Ancora meno, circa il 2%, quelli che sceglieranno la metropolitana o il treno. In diminuzione anche il numero di alunni che utilizzeranno servizi quali lo scuolabus; il 5,2%, degli alunni quest’anno, mentre lo scorso anno erano il 7,6%.

In leggero aumento coloro che hanno scelto di recarsi a scuola a piedi; lo faranno il 31,7% degli studenti, pari a quasi 2,7 milioni di ragazzi, erano il 31,1%, lo scorso anno.

Il cambio di abitudini riguarderà, in particolare, i ragazzi iscritti alla scuola secondaria, sia di primo grado (il 35,8% degli studenti cambierà il modo di coprire il tragitto casa/scuola), sia di secondo grado (43,4%). A spingere per il cambiamento saranno soprattutto le mamme (30,5%) e i genitori residenti nel Centro Italia (33,4%).

Quasi 1 milione di famiglie cambierà mezzo per paura del Covid
Secondo le dichiarazioni raccolte, la ragione principale per cui molte famiglie cambieranno modalità di trasporto è proprio la paura del Covid; tra gli intervistati che modificheranno le loro abitudini di trasporto, 1 su 2 (50%), pari a circa 875mila nuclei, ha preso questa scelta per evitare di esporre i figli ad un possibile rischio contagio. Ad essere più preoccupati della malattia sono i genitori residenti al Sud e nelle Isole, dove la percentuale arriva al 55,9%.

Per oltre mezzo milione di famiglie (30,1% del campione intervistato), invece, la ragione del cambiamento è legata all’orario di ingresso scaglionato adottato dalla scuola, mentre il 24,1% ha scelto di rivedere le modalità di trasporto per motivi organizzativi interni al nucleo.
2 famiglie su 3 preoccupate per la mobilità.

La preoccupazione per il tragitto casa-scuola è condivisa anche da chi non cambierà mezzo di trasporto; tra le famiglie alle prese con il ritorno sui banchi, 2 su 3, pari a 3,5 milioni di nuclei, hanno dichiarato di essere in apprensione (66,2%) per il percorso.
Ad essere più preoccupate, ancora una volta, risultano essere le mamme (67,6% vs il 64,4% rilevato tra i papà), ma anche i genitori con età compresa tra i 55 e i 64 anni, tra i quali la percentuale di chi ha dichiarato di essere spaventato arriva addirittura all’80,3%.

Ad essere più preoccupati sono i genitori dei ragazzi che frequentano la scuola secondaria di primo grado (72,7%) e di secondo grado (78,2%), quelle dove solitamente i ragazzi si recano da soli e dove, nel tragitto casa-scuola, i genitori non possono vigilare sul rispetto delle misure di contenimento del contagio.

Guardando alle risposte su base territoriale emerge che l’inquietudine è diffusa in tutto il Paese in modo abbastanza omogeneo, anche se spicca un dato: le famiglie più preoccupate per il tragitto casa-scuola dei figli risultano essere quelle residenti al Sud e nelle Isole, dove la percentuale raggiunge il 70,5%. A pesare maggiormente su questi rispondenti potrebbe essere stato, da un lato, un trasporto pubblico non sempre efficiente e la presenza di distanze lunghe da percorre per raggiungere la scuola, dall’altro la nascita di nuovi focolai che nelle ultime settimane, almeno mediaticamente, hanno coinvolto maggiormente alcune aree del Meridione.

Scuola. Azzolina a sorpresa: “Test sierologici a campione anche agli studenti”

da la Repubblica

L’annuncio a sorpresa di test sierologici a campione a tutti gli studenti, i concorsi da ottobre per gli insegnanti e la promessa di archiviare la stagione dei tagli. Al Senato, è stato il giorno dell’informativa della ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina che ha affrontato i temi più caldi in vista della riapertura delle scuole prevista, nella maggioranza dei casi, per il 14 settembre.

“Siamo consapevoli del fatto che il rischio zero non esista, anche a scuola” ha detto la ministra. Per questo “durante l’anno saranno fatti test a campione anche agli studenti per provare a ridurre il più possibile il rischio per avere la massima sicurezza. I test sierologici al personale scolastico ci sono, tanto personale li sta facendo” ha aggiunto la ministra. Secondo quanto riportato oggi da “Repubblica”, però, solo un docente su quattro fino a oggi li ha fatti. Per gli alunni, dunque, si annuncia un prelievo di sangue, proposto dalla ministra, mentre il Comitato tecnico scientifico da lei nominato, in un documento inviato a luglio al governo, suggeriva per gli studenti i test salivari, meno invasivi.

“Per rispettare il principio di distanziamento abbiamo poi lavorato tanto sul reperimento degli spazi”, ha aggiunto Azzolina. “Abbiamo dato agli Enti locali 330 milioni per l’edilizia leggera e altri 30 milioni straordinari sull’edilizia scolastica finanziando quasi 6 mila Enti. Grazie al proficuo lavoro parlamentare dei mesi scorsi, poteri commissariali sono stati attribuiti a Sindaci, Presidenti di Province e Città metropolitane per sbloccare i cantieri e procedere con sollecitudine alla realizzazione dei lavori necessari”.

E, ancora, sulla riapertura ha commentato: “Sarà fondamentale il senso di responsabilità di ciascuno e il rispetto delle Linee guida e dei Protocolli emanati insieme alle competenti autorità sanitarie. Sono stati mesi, quelli appena trascorsi, di intenso lavoro. In campo non c’è stato solo il Governo. Il Parlamento ha svolto un ruolo determinante. In queste settimane tutto il mondo della scuola e delle Istituzioni coinvolte si è mobilitato per raggiungere l’obiettivo della riapertura, attraverso le sue diverse diramazioni”.

Quanto ai fondi, “solo per la ripartenza di settembre abbiamo stanziato oltre 2,9 miliardi. Una cifra non banale – ha detto Azzolina – Nessun altro Paese europeo ha messo tante risorse sul capitolo ripartenza. E se consideriamo le risorse mobilitate da quando ho giurato come Ministra, a gennaio, parliamo di circa 7 miliardi che rappresentano un segnale inequivocabile. La stagione dei tagli è stata archiviata. La Scuola torna al centro di investimenti. Puntiamo ad essere un Paese in cui l’Istruzione possa essere davvero motore di sviluppo, innovazione, ascensore sociale per i capaci e meritevoli, come sancito dall’articolo 34 della nostra Costituzione. L’Italia non deve essere più ‘fanalino di coda’ delle classifiche internazionali, ma protagonista nel panorama dell’Istruzione globale”.

Azzolina è poi tornata anche sulla questione insegnanti: “Abbiamo bandito 78 mila posti per assumere nuovi insegnanti. Li espleteremo già a partire dal prossimo mese di ottobre, per riattivare una macchina concorsuale ferma da troppo tempo, con grave danno per la scuola, che senza concorsi non ha tutti gli insegnanti di cui ha bisogno. Come noto, avrei voluto farli prima. Ma ci siamo quasi. Saranno concorsi che valorizzeranno l’esperienza dei docenti con più annualità di servizio alle spalle, e che, al contempo, permetteranno ai giovani che vogliono cominciare a insegnare e che da diversi anni attendono queste procedure di cimentarsi e ottenere l’agognato ruolo”.Falsi, secondo Azzolina, “i numeri delle supplenze in linea con quelli degli anni scorsi: la cifra di 250 mila supplenze non è quella che risulta agli atti del ministero”. Ma per la Flc Cgil denuncia che “forse non arriverà a 250 mila come sostiene Azzolina, ma di sicuro raggiungerà l’altrettanto spaventosa cifra di 200 mila unità”. Mentre per il vicepresidente della Commissione Cultura del Senato, Francesco Verducci, mancano 80mila titolari di cattedre sul sostegno e serve una riforma strutturale del reclutamento. La Gilda invece denuncia che a causa delle mancanze del ministero dell’Istruzione, i docenti immessi in ruolo in questi primi giorni di settembre dovranno aspettare l’anno scolastico 2021/22 per prendere servizio.

Precari, salta l’assunzione. Le Regioni ritardano e il Ministero non li salva

da la Repubblica

Corrado Zunino

ROMA – L’ultima defaillance dell’istruzione scolastica costringerà alcune migliaia di precari destinati a una cattedra a rimanere precari ancora per un anno. Il caso “immissioni in ruolo” è l’ultimo birillo caduto di un filotto di errori che partono dai ritardi accumulati in primavera e che oggi si scontano sui banchi, sui docenti, sulle strutture, per approdare alle quarantamila domande annullate sulle Graduatorie online, al fallimento delle chiamate veloci per portare suppenti in altre regioni, ai censimenti degli spazi chiesti a ripetizione a presidi sfiniti.

Le immissioni — che portano al posto fisso da docente — riguardano 84.808 docenti instabili per i quali il ministero delle Finanze ha messo i soldi per le assunzioni a settembre. La ministra Azzolina ha celebrato la conquista in tv, ma presto si è compreso, come ricorda ora la Cgil, che in ruolo sarebbe entrata un’aliquota minima: l’atavica mancanza di corresponsione tra gli studi del docente scelto e le necessità della scuola. Ad oggi sono 22.000 gli “assunti”, un quarto. Di questi, alcune migliaia non saranno stabilizzati subito, ma solo il prossimo anno, perché alcune regioni non hanno fatto in tempo a chiudere le graduatorie entro il 31 agosto e perché il ministero dell’Istruzione ha scelto di non attivare una proroga possibile, grazie al Decreto scuola, fino al 20 settembre.

Il sindacato Gilda indica tra le regioni in ritardo il Piemonte e la Sicilia e si riserva un controllo più capillare. In Piemonte il direttore dell’Ufficio scolastico regionale ha scritto ai candidati al posto fisso: «Vi sarà comunicata l’assegnazione della provincia, ma la relativa immissione in ruolo avrà esclusivamente effetto giuridico dal primo settembre 2020 ed economico dal primo settembre 2021 e quindi non si procederà, come da precedente avviso, alla fase di assegnazione della sede». Significa che i supplenti piemontesi potranno aspirare all’assunzione definitiva solo dal prossimo anno scolastico.

Per quanto riguarda la Sicilia, il direttore dell’Usr, Stefano Suraniti, assicura che lui, in realtà, le graduatorie le ha chiuse il 26 agosto e che, tuttavia, la mancanza di docenti adatti al ruolo nella sua regione è pari a 30 per cento. In Friuli Venezia Giulia la dirigente scolastica parla di nomine mancate solo per poche unità. Rino Di Meglio, segretario della Gilda, dice: «Il decreto scuola approvato il 6 giugno scorso prevedeva la possibilità di procedere con le nomine in ruolo spostando il termine dal 31 agosto al 20 settembre. Peccato, però, che in Viale Trastevere abbiano dimenticato di emanare l’ordinanza con cui si sarebbe resa effettiva la deroga. In conseguenza di questo, diversi Uffici scolastici regionali non possono assegnare le sedi agli insegnanti immessi in ruolo in questi giorni. Tutti i posti che, dunque, risulteranno vacanti saranno coperti con incarichi a tempo determinato. La supplentite continua».

Il ministero all’Istruzione nega la dimenticanza e spiega che la scelta è stata obbligata perché la proroga delle nomine avrebbe messo in crisi una serie di altri atti amministrativi: «Gli strumenti derogatori, se utilizzati, avrebbero fatto slittare le norme di tutto il personale supplente e dell’organico aggiuntivo gettando nel caos le scuole».

La fretta, e i ritardi accumulati, stanno rendendo complicato anche l’arruolamento, in questo anno pieno di difficoltà oggettive e inadeguatezze amministrative. La chiamata veloce, altra innovazione voluta dalla ministra, si è ridotta allo spostamento volontario in un’altra regione di 2.500 docenti. Anche sui numeri, però, i sindacati vogliono approfondire: «A noi risultano 399 chiamate andate a buon fine», dice Maddalena Gissi, segretaria della Cisl scuola.

«Una parte di queste cattedre che adesso non siamo riusciti a dare di ruolo saranno coperte dal prossimo concorso», dice la ministra. Che rivela: «Al momento le richieste dei docenti fragili sono state solo 300». Il vicepresidente della Commissione Cultura del Senato, Francesco Verducci: «Mancano 80 mila titolari di cattedre sul sostegno».

Scuola, le spinte per il rinvio

da Corriere della sera

di Valentina Santarpia

Ripartenza a ostacoli per le scuole. Sono già diversi gli istituti non ancora pronti che chiedono di ritardare l’inizio delle lezioni. «Il rischio zero non esiste» sottolinea la ministra dell’Istruzione, Lucia Azzolina. Aumenta il numero dei positivi. Ieri sono stati 1.370, ma con il doppio dei tamponi.

«Una situazione incandescente»: così la descrive Mario Rusconi, presidente dell’Associazione presidi nel Lazio, che ha lanciato l’allarme sul posticipo dell’apertura. Quante sono le scuole che hanno chiesto di far slittare il rientro? «Centinaia, la richiesta si sta allargando a macchia di leopardo, mi arrivano messaggi da tutta Italia». Tecnicamente si può fare? «Sì, invocando l’autonomia scolastica, ma sempre in sinergia con le amministrazioni. Nel Lazio è stato deciso che saranno i Comuni a dover dare il via libera, dopo la decisione collegiale della scuola. Ma in città grandi come si fa, con la mole di lavoro per la riapertura? E e poi, a Roma decide il Campidoglio o il municipio? Restano mille dubbi».

Quali sono i motivi per cui non possono aprire alcune scuole? «Perché mancano i banchi, mancano i docenti, soprattutto di sostegno, non sono stati finiti i lavori di adeguamento: le richieste che mi arrivano sono tantissime, perché i dirigenti non vogliono trovarsi impreparati alla riapertura, e sperano che almeno dopo il 22 si possa avere un quadro di sicurezza degli studenti».

Finora sono stati consegnati solo 100 mila banchi monoposto, dice la Cgil. Questo pesa? «Certo, ma c’è anche un altro problema. Ci sono istituti che stanno accatastando i vecchi banchi all’aperto, che alla prima pioggia si infradiceranno. Noi abbiamo chiesto al Comune di Roma di poterli donare ad associazioni benefiche. Altrimenti vanno stoccati in un grande magazzino. Ma se rimangono fuori per giorni è un danno per la comunità. Molti a Roma sono accatastati vicino alle centrali termoidrauliche, dove passano i tubi del gas». Il tempo pieno si potrà fare?

«Secondo una stima, il 25 per cento delle scuole d’Italia avrà difficoltà col tempo prolungato. Mi sembra una statistica “spannometrica” e anche ottimistica. I Comuni devono lavorare con le ditte degli appalti altrimenti si mette in difficoltà il tempo prolungato».

Lei è pessimista? «Guardi, il Covid ha solo messo in evidenza pigrizie e difficoltà che conoscevamo da almeno 15 anni. Ma sono moderatamente ottimista, perché credo nelle capacità di dirigenti, docenti, collaboratori scolastici».

La scuola non è soltanto mascherine: bisogna ricreare la fiducia

da Corriere della sera

Maurizio Tucci

Abbiamo più volte sostenuto, anche in base alla lettura dei dati emersi dalle nostre indagini on-line, che durante il lockdown la scuola ha avuto, per gli adolescenti, un ruolo di straordinaria importanza. Questo al di là di quanto possa essere stata efficace dal punto di vista della didattica – necessariamente improvvisata – e dell’effettivo apprendimento da parte degli studenti, che si sono trovati spesso a dover gestire grosse difficoltà di tipo tecnico. Il merito è stato quello di essere riuscita a far mantenere una cadenza preziosissima nell’agenda giornaliera di ragazze e ragazzi, il che li ha aiutati a sopportare meglio (e meglio di tanti adulti) la dura prova del confinamento a casa.

Lo stare a scuola

Naturalmente l’obiettivo, per il nuovo anno scolastico era quello di far tornare comunque in aula gli studenti perché – proprio il lockdown lo ha plasticamente dimostrato – per la crescita di un bambino e di un adolescente la scuola non è solo apprendimento ma anche socialità. Tornare a scuola nella massima sicurezza possibile, naturalmente, cercando di limitare nel limite del ragionevole un rischio che non è possibile eliminare (chissà per quanto) e col quale dobbiamo abituarci a convivere. Ragionevole, dunque, che sforzi ed investimenti si siano inizialmente concentrati sugli aspetti logistici, organizzativi e igienico-sanitari: banchi, distanziamento, mascherine, orari ecc, In pratica si è lavorato «sull’hardware» della scuola al tempo del covid. L’hardware è componente essenziale e prioritaria. Programmi, App, piattaforme e via discorrendo servirebbero a ben poca cosa senza un computer o uno smartphone dentro il quale farli girare, ma un avanzatissimo PC o smartphone «vuoto» serve ancora a meno. Ecco, il timore – a pochi giorni dall’apertura delle scuole – è che si sia lavorato solo sull’hardware della ripartenza e non sul «software».

L’assenza

Quattro mesi di scuola online e una pandemia che non accenna a diminuire hanno cambiato profondamente (e forse irreversibilmente) il rapporto verticale tra discenti e docenti e orizzontale tra gli stessi ragazzi. Non sarà possibile distanziare i banchi, metterci tutti la mascherina e riprendere una scuola da dove l’avevamo lasciata i primi di marzo. I ragazzi hanno dovuto imparare in fretta e da soli a studiare in altro modo (e per alcuni versi in modo anche soddisfacente); il ruolo dell’insegnante (sempre importante) è inevitabilmente cambiato; l’ex-cathedra ha subito un mutamento epocale. D’altra parte, la «mancanza» sofferta dagli studenti in lockdown è stata essenzialmente quella dei loro compagni (ed anche, in parte, la mancanza di contatto umano con i professori), non certo quella del vecchio modo di fare scuola. Senza contare che – vista la situazione contagi – il ritorno alle lezioni da casa, sia pure occasionali, parziali, alternate, non possiamo certamente escluderlo. Per cui i due «mondi» dovranno imparare a convivere Serve l’hardware, quindi, ma serve anche il software.

La fiducia

Due mesi chiusi a casa a sedici anni si superano facilmente, sei mesi e chissà quanti ancora di relazioni «al Covid» possono lasciare il segno. Se la scuola è anche rapporto umano l’edizione 2020-2021 (si spera «limited») dovrà quindi farsi carico anche di riuscire a ricostruire quella fiducia nelle relazioni che il Covid ha messo in discussione. A ricostruire il gruppo; in sicurezza, ma senza sospetto reciproco; a gestire le emergenze (che ci saranno) senza panico e senza caccia all’untore; a compensare con nuovo collante quella fisicità recisa, nei rapporti e nei contatti, che in adolescenza è essenziale. Sarà una sfida difficile per gli insegnanti, perché sarà molto più difficile progettare questi nuovi software di quanto non sia stato imparare, in fretta e furia, come funzionano «Zoom» o «Google meet».

*Presidente Laboratorio Adolescenza

Arcuri: io avrei aperto le scuole il 24 settembre. Mascherine? Governo ne manda ogni giorno 11 mln a tutti gli istituti

da OrizzonteScuola

Di redazione

“Col senno di poi è stato un errore dare la possibilità alle Regioni di riaprire in modo così forsennato i locali pubblici. Però è stato un errore di tutti noi rilassarci un po’ troppo”. Lo ha affermato Domenico Arcuri, commissario straordinario per l’emergenza Covid, a Cartabianca, su Rai3.

Sulla ripresa delle attività didattiche in presenza, Arcuri ha detto: “Io avrei aperto le scuole dopo le elezioni, il 24 settembre, come faranno alcune regioni“.

Riguardo l’arrivo dei nuovi banchi, il commissario ha spiegato: “Abbiamo contrattualizzato 2 milioni di banchi tradizionali e 400mila con le rotelle. Abbiamo assicurato che li consegneremo tutti entro la fine di ottobre“.

E poi sulla consegna delle mascherine alle scuole: “Sono già state distribuite le mascherine chirurgiche alle scuole. Chiunque dica alle famiglie che c’è bisogno che acquistino la mascherina dice il falso perché il Governo manda tutti i giorni 11 milioni di mascherine a tutte le scuole. E’ l’unico governo al mondo“.

Conte: entro ottobre banchi nuovi per tutti, in molte classi c’erano quelli di mio nonno

da OrizzonteScuola

Di redazione

Abbiamo “rastrellato in tutta Europa, a fine ottobre banchi nuovi in tutte le classi”.

Così il premier Giuseppe Conte, intervistato alla Festa dell’Unità. E poi ha aggiunto: “in molte classi c’erano i banchi di mio nonno“.

Domani alle 15 il Premier è atteso alla conferenza stampa a Palazzo Chigi sulla riapertura della scuola.

Rassicurazioni sulla distribuzione dei nuovi arredi sono arrivati oggi anche dalla ministra Azzolina che, durante l’informativa in Senato, ha riferito: “Gli istituti ci hanno chiesto 2,4 milioni di banchi. Oltre 750 mila sono per la scuola primaria, dunque, necessariamente, banchi di tipo tradizionale, più adatti per i piccoli. Mentre 1,7 milioni sono stati i banchi richiesti per le secondarie di cui oltre uno su quattro di tipo innovativo. La consegna è già cominciata il 28 di agosto e proseguirà nelle prossime settimane. Come comunicato dal Commissario straordinario per l’emergenza con nota del 3 settembre 2020, la distribuzione dei banchi è stata avviata partendo da alcuni luoghi particolarmente colpiti nel corso della prima fase della pandemia, come Codogno, Alzano, Nembro, le città di Bergamo, Brescia, Piacenza e Treviso, e sta continuando sull’intero territorio nazionale in 17.863 plessi scolastici, per soddisfare l’intero fabbisogno richiesto entro la fine del mese di ottobre. Ogni scuola avrà gli arredi che ha richiesto“.

Azzolina: libri gratis a più di 425 mila studenti, i testi stanno per essere forniti alle scuole

da OrizzonteScuola

Di redazione

“Abbiamo previsto uno stanziamento di 236 milioni per dare libri scolastici, zaini e dispositivi digitali, gratuitamente, alle ragazze e ai ragazzi delle secondarie di primo e secondo grado.

Testi che stanno per esser loro forniti direttamente dalle scuole. Il bando è scaduto lo scorso 23 luglio. Hanno aderito quasi 4.900 scuole. Daremo libri gratis a oltre 425 mila fra studentesse e studenti. Abbiamo integrato, triplicandole, le risorse che ogni anno sono stanziate sul diritto allo studio e previsto una ‘filiera corta’. Nella stessa direzione va considerata la distribuzione di 3 milioni di euro per kit e corredi scolastici. Con i soldi dati direttamente alle scuole, con queste misure, stiamo sostenendo rapidamente migliaia di famiglie. Non vogliamo lasciare indietro nessuno”.

Lo ha detto la ministra dell’Istruzione, Lucia Azzolina, in Senato. “I nostri Uffici territoriali monitorano i casi più difficili, supportando le scuole in difficoltà. Lo faremo ogni giorno fino alla ripresa delle attività didattiche in presenza”.

Presidi Anp: personale preso di mira e screditato ingiustamente

da La Tecnica della Scuola

Il presidente dell’ANP, Antonello Giannelli, commentando le dichiarazioni della Ministra Azzolina, in una nota ha precisato: “Condivido il punto di vista della Ministra quando afferma che nei confronti della scuola ci sia stata talvolta, in questi mesi, una narrazione imprecisa e che il personale sia stato ingiustamente preso di mira e screditato. Si tende a dimenticare, sopraffatti dalle continue emergenze, la mole di lavoro svolto e i tanti problemi affrontati e superati in un clima di grande incertezza”.

“Certo- dice ancora Giannelli- c’è ancora molto da fare in previsione della riapertura delle scuole. Alcuni nodi fondamentali devono ancora essere chiariti: penso, per esempio, alla questione dei lavoratori e degli alunni fragili, all’utilizzo delle mascherine e ai certificati medici per la riammissione a scuola, alla data di consegna dei banchi monoposto. Su queste e su altre questioni, in un’ottica pienamente costruttiva, abbiamo chiesto indicazioni precise”.

Azzolina a Porta a Porta: “Il rischio zero non esiste”

da La Tecnica della Scuola

La ministra dell’istruzione Lucia Azzolina, nel corso del programma tv su Rai1 “Porta a Porta”, fa le altre cose, ha detto: “E’ stato predisposto uno spazio ad hoc nelle scuole in cui lo studente viene accompagnato e viene immediatamente chiamata la famiglia. Purtroppo erano girate notizie che le famiglie venissero escluse addirittura da questo. Sarà poi il sistema sanitario nazionale, il dipartimento di prevenzione territoriale a prende subito in carico il ragazzo se positivo”.

“Il rischio Zero non esiste perché la scuola non è un luogo incontaminato o asettico ed è per questo che ci siamo preparati insieme all’Inail e all’istituto superiore di sanità Ministero della Salute per sapere cosa fare nel caso in cui ci fosse il sospetto di un ragazzo o del personale scolastico affetto da covid”.

“A scuola ci sono delle regole molto rigide. Noi siamo preoccupati per il doposcuola perché le stesse regole vanno osservate dagli studenti anche fuori. Perchè gli studenti avranno una vita, faranno attività ricreative sportive usciranno alle famiglie, serve il massimo della responsabilità perché la sicurezza di tutti è un patrimonio fondamentale”.

Nella stessa giornata di ieri, Giuseppe Conte, il presidente del Consiglio dei Ministri alla Festa dell’Unità di Modena, ha dichiarato: sulla scuola “a chi ci critica oggi dico: come mai negli anni scorsi non vi siete preoccupati per la scuola, per il ricambio dell’arredo scolastico? Abbiamo rastrellato banchi in tutta Europa, confidiamo di completare questo ricambio a settembre e ottobre, abbiamo aspettato tanti anni. C’erano i banchi di mio nonno e non ce ne siamo mai accorti”.

Trasporto pubblico e scolastico, in G.U. le linee guida

da La Tecnica della Scuola

Sulla GU Serie Generale n.222 del 7 settembre 2020 è stato pubblicato il DPCM 7 settembre 2020 recante “Ulteriori disposizioni attuative del decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19, recante misure urgenti per fronteggiare l’emergenza epidemiologica da COVID-19, e del decreto-legge 16 maggio 2020, n. 33, recante ulteriori misure urgenti per fronteggiare l’emergenza epidemiologica da COVID-19”.

Il DPCM proroga al 7 ottobre 2020 le misure previste con DPCM 7 agosto.

Tra i documenti allegati al DPCM segnaliamo:

  1. Linee guida per l’informazione agli utenti e le modalità organizzative per il contenimento della diffusione del covid 19 in materia di trasporto pubblico
  2. Linee guida per il trasporto scolastico dedicato.

Con riferimento alle seconde, riportiamo gli aspetti principali.

Misurazione della temperatura a casa

Resta ferma la responsabilità genitoriale o del tutore su alcune misure di prevenzione generale quali:

  • La misurazione della febbre a casa degli studenti prima della salita sul mezzo di trasporto;
  • L’assoluto divieto di far salire sul mezzo di trasporto dedicato per raggiungere la scuola gli studenti in caso di alterazione febbrile o nel caso in cui gli stessi siano stati in diretto contatto con persone affette da infezione Covid-19 nei quattordici giorni precedenti la salita sul mezzo di trasporto dedicato per raggiungere la scuola.

No assembramenti alle fermate

La salita degli alunni avverrà evitando alla fermata un distanziamento inferiore al metro e avendo cura che gli alunni salgano sul mezzo in maniera ordinata, facendo salire il secondo passeggero dopo che il primo si sia seduto.

Discesa dai mezzi

Per la discesa dal mezzo dovranno essere seguite procedure specifiche per cui dovranno scendere, uno per uno, evitando contatti ravvicinati, prima i ragazzi vicino alle uscite, gli altri avranno cura di non alzarsi dal proprio posto se non quando il passeggero precedente sia sceso e così via.

Si usa la mascherina

Il conducente dovrà indossare i dispositivi di protezione individuale.

Al momento della salita sul mezzo di trasporto scolastico e durante il viaggio gli alunni trasportati indosseranno una mascherina di comunità, per la protezione del naso e della bocca. Tale disposizione non si applica agli alunni di età inferiore ai sei anni, nonché agli studenti con forme di disabilità non compatibili con l’uso continuativo dei dispositivi di protezione delle vie aeree.

Capienza massima per percorsi fino a 15 minuti

E’ consentita la capienza massima del mezzo di trasporto scolastico dedicato nel caso in cui la permanenza degli alunni nel mezzo nella predetta modalità di riempimento non sia superiore ai 15 minuti.