S. Benni, Giura

Benni più ampio che mai

di Antonio Stanca

   È nato a Bologna nel 1947 ma è cresciuto in campagna dove ha imparato certi modi di pensare, di fare, dove si è formato all’insegna della semplicità, della spontaneità, della verità, dove si è convinto che quella vita non andava guastata, rovinata in nome di un’altra completamente diversa come quella dei tempi moderni. Avrebbe parlato nelle sue opere di questo cambiamento, delle gravi conseguenze che ci sarebbero state quando alla vecchia spiritualità sarebbe subentrata la nuova materialità, quando nei rapporti individuali, sociali la morale avrebbe finito di rappresentare un riferimento importante. Avrebbe rimpianto il passato, lo avrebbe mostrato assalito dal presente, sarebbe stato lo scrittore di questo passaggio, si sarebbe chiamato Stefano Benni e lo avrebbe fatto non solo con la narrativa ma anche con la poesia, il giornalismo, il teatro, il cinema, la televisione. Non si sarebbe mai rassegnato a considerare finita l’epoca della sua infanzia, i tempi, i luoghi, gli ambienti di allora. Li avrebbe cercati con la sua opera. Lo avrebbe fatto anche con quest’ultima intitolata Giura e pubblicata quest’anno da Feltrinelli nella serie “I Narratori”.

   Dice dell’amore sorto in un borgo tra i boschi dell’Appennino tra Febo e Luna, due bambini di poco più di dieci anni che abitano vicino, giocano insieme e faranno della loro una storia che durerà per sempre, percorrerà tanti luoghi, assumerà tanti aspetti, continuerà pur dopo la morte di Febo. Si perderanno e si ritroveranno più di una volta, avranno esperienze diverse ma non smetteranno mai di pensarsi, volersi, amarsi. Persi tra le strade del mondo li farà vedere Benni ma sempre ansiosi di rivedersi, sempre capaci di ritrovarsi. Quando succederà l’ultima volta lui è diventato un esperto di ecologia, scrive su giornali importanti, partecipa a convegni circa il problema dell’inquinamento atmosferico, dello scioglimento dei ghiacciai, del disboscamento illegittimo e inarrestabile, circa le gravi conseguenze di questi fenomeni voluti dalla modernità e diventati inevitabili. Febo li vive quasi fossero problemi suoi personali, se li è assunti in maniera tale da averne fatto della loro soluzione una missione.

  Luna è nata muta ed è cresciuta in maniera selvaggia tra quei luoghi carichi di leggende, di misteri. Recupererà la voce quando, in un istituto di suore, si sottoporrà alle cure di specialisti. Con gli anni imparerà non solo a parlare ma anche a studiare e ad insegnare la lingua dei segni ai sordomuti. Farà parte anche lei di centri di studio, avrà una sua vita indipendente, autonoma. Una delle volte che si ritroverà con Febo, andranno a visitare i luoghi della loro infanzia ma li scopriranno distrutti da quanto vi era sopraggiunto, dalle trasformazioni che i tempi avevano apportato. Mentre si sono fatti adulti la vita era cambiata, le autostrade, le fabbriche avevano cancellato le case, le capanne, i boschi, i prati, i fiumi. Finito era quel mondo incantato che li aveva visti crescere, finite le favole che ad esso erano legate, le piante, gli animali che lo avevano popolato.

   Anche il loro rapporto sarebbe finito ma non il loro amore che, insieme a quel mondo, avrebbe continuato ad esserci, a valere, a far parte del loro spirito. Neanche la morte di Febo avrebbe fatto finire l’amore di Luna e dei pensieri di due sconosciuti ragazzi di montagna Benni avrebbe fatto i testimoni eterni di un sentimento, di un’epoca.

   Ad una vita che non finisce vuol far assistere lo scrittore in questo romanzo, ad un’umanità che neanche la morte riesce a fermare.

   Al problema del costume, della crisi dei valori ha unito stavolta Benni quello dell’amore, al problema dell’ambiente, della natura quello dei suoi aspetti misteriosi, magici, e tutto ha detto con un linguaggio quanto mai libero, immediato, con una narrazione quanto mai ampia, estesa. Altre capacità ha mostrato oltre a quelle già note.

Smart working e permessi se il figlio è a casa

da Il Sole 24 Ore

di Cristina Casadei

Sul ritorno in classe, mai desiderato così tanto come quest’anno da studenti e genitori, incombe la spada di Damocle della quarantena degli alunni, in caso di presenza di positivi a scuola. Il tema è entrato nella discussione del Dl Agosto ed è sotto i riflettori del dipartimento delle Pari opportunità e del ministero del Lavoro. Il Consiglio dei ministri ha manifestato l’intenzione di trovare tanto le risorse per i congedi parentali straordinari che per lo smart working.

Al momento, però, la misura principale attraverso cui i genitori potranno gestire momenti di criticità, come la quarantena appunto, è lo smart working. Come è noto e come è stato rilevato da diverse parti, questa è una modalità che interessa solo alcune categorie di lavoratori che possono svolgere il loro lavoro anche da remoto e che, tra l’altro, sono anche quelle che mediamente hanno stipendi più elevati e quindi possono permettersi più paracadute. Per tutti coloro che devono svolgere il proprio lavoro in presenza, dalla commessa, al barista, all’autista di autobus, all’operaio sono ancora allo studio misure diverse, giunte però nella fase della definizione finale.

Con la ripresa della scuola si sta ragionando su un’ulteriore proroga dei congedi parentali Covid 19 che erano stati introdotti con il primo decreto Cura Italia per poi essere prorogati, anche con la possibilità di fruirne a ore. Fino al 31 agosto però, come spiega l’ultima circolare dell’Inps. La misura dà diritto a un’integrazione al 50% del reddito del lavoratore che resta a casa a curare i figli. La misura, che ha un limite temporale, era stata prevista in alternativa al bonus baby sitter e potrebbe oggi rivelarsi molto preziosa per quelle famiglie che non hanno mai avuto una baby sitter e difficilmente la possono trovare ora, soprattutto per coprire eventuali emergenze sanitarie. Senza poi poter contare sui nonni a causa delle loro maggiore vulnerabilità.

Il ministro per le Pari opportunità e la famiglia, Elena Bonetti, ha detto più volte che alle famiglie devono essere date «risposte certe». Le aspettative sulla ripresa dell’anno scolastico in sicurezza sono altissime, così come quelle sulla sfida rappresentata dalla gestione dei casi di Covid a scuola, dove, soprattutto per i più piccoli, il distanziamento è un messaggio molto complicato da trasferire. I dirigenti scolastici stanno diramando messaggi dove si chiede molto senso di responsabilità alle famiglie e diligenza nel rispetto delle regole che saranno previste. Certamente questo potrà contenere ma non impedire la possibilità di contagio. E allora, stando al ministro Bonetti, «in presenza di un caso positivo in una classe i genitori non sarebbero in quarantena ma devono avere il diritto di poter rimanere a casa a custodire i loro figli». Su questo tema il Governo è impegnato a dare risposte. «Stiamo lavorando per scrivere le norme che riattivino i congedi parentali che già in tempo Covid avevamo attivato e il diritto allo smart working», assicura Bonetti che però precisa: «Non entra in vigore nessuno stato di emergenza semplicemente dobbiamo creare un contesto che dia strumenti alle famiglie, ma anche alle imprese e ai lavoratori, per poter gestire eventuali scenari di riattivazione del contagio».

Il dibattito si svolge mentre si evolvono scenari potenziali di incertezza, dovuti all’eventuale ripartenza del contagio, per cui tutti si stanno attrezzando, anche le aziende dove è necessario sapere quali strumenti ci saranno a disposizione in modo da poter affrontare le situazioni critiche. Bonetti osserva che «le famiglie devono sentirsi accompagnate in questo tempo di inizio scolastico che deve avvenire in piena sicurezza e serenità. L’impegno di tutti noi deve essere rivolto a restituire luoghi di comunità educante per i bambini e i ragazzi che per tanti mesi sono stati costretti a rimanere in casa. Per far questo il Governo insieme ai livelli regionali e territoriali competenti sta mettendo in campo varie misure per garantire un avvio che sia il più lineare e tranquillo possibile». Dalle Pari opportunità è arrivata anche la richiesta di personale sanitario dedicato alle famiglie e alle scuole in modo tale da accelerare percorsi sanitari e attivarli nel modo più semplice possibile, superando la burocrazia.


Patti educativi con le famiglie da aggiornare prima dell’avvio

da Il Sole 24 Ore

di Laura Virli

L’emergenza sanitaria che continuerà almeno fino al 15 ottobre, ma che richiede la messa a punto di misure anticovid, prevede anche il coinvolgimento delle famiglie e degli studenti, soprattutto i più grandi. Necessario, infatti, coadiuvare la scuola, e il Paese Italia in toto, a rafforzare le lezioni partite il 14 settembre, per vincere la battaglia contro il virus dopo il periodo buio, iniziato il 5 marzo, che ha tenuto lontani dalle aule milioni di studenti.

Il parere espresso in data 28 maggio 2020 dal Comitato Tecnico Scientifico (Cts), istituito presso il dipartimento della protezione civile, è intervenuto, tra le altre cose, anche in ordine ai comportamenti che coinvolgono direttamente le famiglie o chi detiene la potestà genitoriale e gli studenti maggiorenni.

Secondo il Cts, la triplice precondizione per la presenza a scuola degli studenti è l’assenza di sintomatologia respiratoria o di temperatura corporea superiore a 37,5° C anche nei tre giorni precedenti, non essere stati in quarantena o isolamento domiciliare negli ultimi 14 giorni, non essere stati a contatto con persone positive, per quanto di propria conoscenza, negli ultimi 14 giorni.

La responsabilità dei genitori

Secondo il comitato, ad avvio di questo anno scolastico, da parte di tutti gli attori, scuola, famiglie e studenti, è necessaria l’assunzione di comportamenti secondo standard di diligenza, prudenza o perizia, al fine di scongiurare la diffusione del virus e l’esposizione a pericolo della salute della comunità scolastica e non solo.

Oltre alla condotta diligente, è importante anche l’adozione di regole precauzionali in applicazione del cosiddetto “principio dell’affidamento”: il compito della misurazione della temperatura corporea, ad esempio, almeno a livello generalizzato, non avverrà al momento dell’ingresso a scuola, ma sarà affidato ai genitori la mattina prima di uscire da casa. Pertanto, riguardo il controllo dello stato di salute dei minori, il Cts rimanda alla responsabilità genitoriale; si affida ai genitori e agli studenti maggiorenni per fronteggiare la “grave crisi educativa” prodotta dall’epidemia Covid-19.

Integrazione del patto educativo

Al fine di consentire ad ogni istituzione scolastica di realizzare con successo le finalità educative e formative, cui è istituzionalmente preposta, ciascun soggetto è tenuto ad adempiere correttamente ai doveri che l’ordinamento gli attribuisce. A tal proposito è stato istituito il “patto educativo di corresponsabilità” (Dpr n. 249/1998, successivamente modificato dal Dpr n. 235/2007). Si tratta di uno strumento normativo finalizzato a definire e a rendere trasparente compiti e doveri attribuibili ad ogni soggetto della comunità scolastica, in ragione del ruolo che ricopre. Il patto, che viene sottoscritto dai genitori affidatari, dal dirigente scolastico e dagli studenti nella scuola secondaria di secondo grado, rafforza il rapporto scuola/famiglia in quanto nasce da una comune assunzione di responsabilità e impegna entrambe le componenti a condividerne i contenuti e a rispettarne gli impegni.

Il patto, quindi, oltre ad essere un documento pedagogico di condivisione scuola famiglia di “intenti” educativi, è pure un documento di natura contrattuale, tanto che ne è richiesta la sottoscrizione da parte di ciascun studente/genitore, finalizzato all’assunzione di impegni reciproci.

Clausole o «buoni propositi»

Ne consegue che, in epoca Covid, il modo migliore per responsabilizzare tutti i soggetti che fanno parte della comunità educante è la sottoscrizione di un nuovo patto, integrato in alcuni passaggi, che impegni famiglie, esercenti la potestà genitoriale o studenti maggiorenni, a rispettare le “precondizioni” per la presenza a scuola in questo anno scolastico. Insomma “clausole” o “buoni propositi” per prevenire il contagio da Covid 19. Come, ad esempio, monitorare quotidianamente lo stato di salute del proprio figlio (controllo della temperatura corporea dello studente a casa ogni giorno (prima di recarsi a scuola) e degli altri membri della famiglia, e, nel caso di sintomatologia respiratoria o febbre (anche nei tre giorni precedenti), tenerlo a casa e informare immediatamente il proprio medico di famiglia o il pediatra, seguendone le indicazioni e le disposizioni. Oppure impegnarsi a prendere visione della documentazione relativa alle misure di prevenzione e contenimento della diffusione del Covid-19 pubblicata dall’istituto e informarsi costantemente sulle iniziative intraprese dalla scuola in materia.

Ma anche recarsi immediatamente a scuola per prelevare il proprio figlio, a seguito di comunicazione della scuola, in caso di manifestazione improvvisa di sintomatologia riferibile a Covid 19, garantendo la costante reperibilità di un familiare o di un delegato, durante l’orario scolastico; o contribuire allo sviluppo dell’autonomia personale e del senso di responsabilità del proprio figlio e promuovere i comportamenti corretti nei confronti delle misure adottate in qualsiasi ambito per prevenire e contrastare la diffusione del virus; o garantire il puntuale rispetto degli orari e delle procedure di accesso/uscita dalla scuola e di frequenza scolastica del proprio figlio; o in caso di sospensione delle attività didattiche e attivazione della Ddi (Didattica digitale integrata), supportare il proprio figlio e collaborare con i docenti per lo svolgimento regolare delle attività didattiche in modalità digitale.


«Tornano tutti in classe. Per i trasporti punto sul car pooling»

da Il Sole 24 Ore

di Claudio Tucci

«A scuola riusciremo ad accogliere gli studenti, circa 1.200, in presenza. Le lezioni saranno di 50 minuti, e utilizzeremo la didattica a distanza per recuperare i restanti 10 minuti. Tutte e 30 le aule di cui dispongo saranno pulite giornalmente; nelle aule abbiamo installato anche plafoniere per sanificare l’aria, frutto di un innovativo progetto di un’azienda italiana leader. Nei laboratori ho qualche difficoltà in più. Ho dovuto inoltre rinunciare ad un posto di potenziamento su scienze e tecnologie meccaniche. La mia scuola è un istituto tecnico, il «Giulio Natta» di Rivoli (Torino), e c’è bisogno di queste professionalità», ha detto la preside Rita Esposito.

Un’estate tra metri e nuove idee?

Direi di sì. I banchi, per me, non sono stati un problema, potendo già disporre di sedute monoposto, 70 cm per 70 cm. Ho però chiesto 400 banchi di dimensioni inferiori: mi auguro che arrivino entro ottobre. A oggi in media ho 26 alunni per classe. Con l’università di Bolzano abbiamo aderito al progetto Eden per aiutare il distanziamento: inseriamo piante verdi fra i banchi; un modo per evitare contatti diretti tra i ragazzi e al contempo creare sensibilità alle tematiche green.

La preoccupano i trasporti?

Sì. L’agenzia per la mobilità regionale ci ha fatto sapere che non ci saranno mezzi aggiuntivi e che il servizio extraurbano non potrà essere incrementato, in attesa immagino dei nuovi fondi annunciati dal governo. Sono almeno 10 anni che il servizio non viene adeguato e i pullman sono stracarichi nelle ore di punta. Molti genitori mi stanno chiedendo entrate e uscite scaglionate. Sono circa 8/900 i ragazzi che utilizzano i mezzi pubblici per raggiungere la scuola. Mi sono organizzata: ho potenziato le rastrelliere per bici e monopattini, aumentato gli spazi per i parcheggi anche di moto e motorini. E poi ho scritto ai genitori, chiedendo loro di provare a organizzare un servizio di car pooling. Le prime risposte sono positive. Un uso condiviso, e mi auguro stabile, di automobili private tra gruppi di persone penso sia importante anche per circoscrivere i contatti.

L’alternanza subirà penalizzazioni?

La scuola-lavoro è un valore, e nel mio istituto proseguirà. Ho un indirizzo in materie plastiche e legami stabili con le aziende del territorio. Anche durante il lockdown le imprese ci chiedevano studenti. È chiaro che bisognerà puntare su progetti innovativi. Quest’anno inauguro il laboratorio territoriale per l’occupabilità: il link con le aziende, per me, è la via maestra per ridurre il mismatch.

Scuola, settembre di proteste: prof, alunni e genitori scendono in piazza

da la Repubblica

Salvo Intravaia

Scuola in piazza contro la ministra Azzolina. A pochi giorni dall’avvio delle lezioni, nel mondo della scuola la temperatura è già altissima. Venerdì 25 e sabato 26 sindacati, associazioni di genitori e studenti manifesteranno contro il governo Conte e contro l’immagine del “tutto procede bene” offerta, tra gel disinfettante, banchi monoposto e organico aggiuntivo Covid, dall’esecutivo. Perché, stando ai racconti che arrivano direttamente delle scuole, le cose vanno diversamente. E per la prima volta dopo diversi lustri, manifestano con lo stesso slogan, “Priorità alla scuola”, tutti i sindacati di categoria: Cisl e Uil scuola, Flc CGIL, Snals, Gilda e Cobas.

Gli organizzatori della protesta, che raccoglie l’adesione di molti presidenti di Consiglio d’istituto scolastici (i “consigli d’amministrazione” delle scuole presieduti da un genitore), raccontano un avvio delle lezioni tutto in salita, snocciolando tutte le problematiche con cui si stanno confrontando in questi giorni operatori e fruitori del servizio scolastico. Per il comitato che sabato 26 settembre porterà in Piazza del Popolo a Roma, dalle ore 15:30, genitori, insegnanti e studenti, “la scuola ricomincia senza insegnanti”: ne mancano all’appello 200mila, di cui 20mila di sostegno, che gli uffici periferici del ministero stanno cercando di nominare prima possibile, ma non sempre con successo.

“La scuola ricomincia senza banchi”: il grosso dei 2milioni di banchi monoposto e delle 400mila sedute innovative (quelle con le rotelle) non sono arrivati a destinazione e i dirigenti scolastici stanno letteralmente impazzendo per portare gli alunni in classe col distanziamento minimo di sicurezza. La scuola inizia senza le aule che tutti auspicavano di avere per ridurre il numero di alunni presenti, in quanto molti enti locali non sono riusciti a trovarne sul territorio. E “senza risanare gli edifici: poche migliaia di euro allocati per ogni Istituto e quasi tutti i lavori ancora da avviare. Ma anche “senza un progetto pedagogico e senza soldi”.

Per gli studenti, le scuole “sono in ginocchio”. “I nostri istituti sono stati riaperti da una settimana – dichiara Alessandro Personè, dell’Unione degli studenti – e l’unica cosa che emerge è che le nostre scuole sono in ginocchio a causa di un piano di riapertura inadeguato: trasporti insufficienti, lavori di edilizia scolastica mai partiti, organico mancante e didattica a distanza ancora presente”. Al superiore, almeno fino a quando non arriveranno i famosi banchetti monoposto, non si sa per quanto tempo i ragazzi e le ragazze dovranno condividere una didattica mista con mezza classe a distanza e l’altra metà in presenza a giorni alterni.

Gli studenti chiedono alla ministra dell’Istruzione, Lucia Azzolina, “risposte concrete in merito al Recovery Fund” e vogliono “tornare a scuola in presenza ed in sicurezza”. Per questo sfileranno nelle maggiori città italiane anche venerdì 25 settembre. Lo stesso giorno, in preparazione della manifestazione del 26 settembre, si mobiliteranno anche gli studenti universitari. “Dopo mesi di lockdown – dichiara Camilla Guarino, a capo di LINK Coordinamento Universitario – e di didattica a distanza ancora oggi governo ed atenei non riescono a garantire a tutti gli studenti e le studentesse di rientrare in sicurezza nelle università del nostro paese”. E accusano l’esecutivo di avere messo in campo “misure di intervento e di finanziamento sull’università ancora parziali e non risolutive”.

Covid, caos certificati medici

da ItaliaOggi

Emanuela Micucci e Alessandra Ricciardi

Le lezioni sono iniziate quasi ovunque. Ma su quali siano le regole per la riammissione in classe degli studenti sospetti, non quelli con certificazione Covid ma con sintomi che potrebbero essere confusi con il Covid (dal semplice raffreddore alla congiuntivite), regna il caos. Ogni regione sta adottando regimi diversi. Intanto che pediatri e presidi sono su fronti opposti. Il ministero dell’istruzione, secondo quanto risulta a ItaliaOggi, ha sollecitato il ministero della Salute perché faccia chiarezza con linee guida unitarie, ferma la competenza regionale, che evitino il panico quando esploderà l’influenza stagionale e ogni assenza alle lezioni sarà sospetta.

La certificazione per la riammissione in classe è giudicata inutile dai pediatri se non preceduta da tampone, unico strumento in grado di accertare lo stato di salute degli studenti sotto il profilo coronavirus. I presidi di riammettere senza certificati non se la sentono. Ma chiedere per ogni certificato di riammissione che l’alunno abbia un test negativo significherebbe andare incontro a un autunno e un inverno di quarantene forzate e di massa, per alunni e relative famiglie, in attesa di un tampone che ad oggi richiede giorni per essere somministrato.

Nel Lazio, che aveva eliminato il certificato medico, la regione lo ha appena ripristinato, occorre esibirlo dopo 3 giorni di assenza per i bambini del nido e della materna, mentre per gli studenti delle scuole, dalla primaria alle superiori, scatta dopo 5 giorni. Tuttavia, se ci si assenta per motivi diversi da una malattia, basta che la famiglia ne dia tempestiva comunicazione alla scuola, che non richiederà la certificazione medica per la riammissione in classe.

In Veneto, Liguria e Piemonte è sufficiente l’autocertificazione dei genitori con preventivo via libera del pediatra. In Lombardia, Emilia Romagna, Umbria, Marche, Friuli Venezia Giulia e Trentino Alto Adige, invece, fa fede il Patto di corresponsabilità scuola-famiglia, dunque, la fiducia reciproca tra entrambe le parti. Dieci sono i giorni di assenza dopo i quali in Sicilia scatta l’obbligo del certificato medico. Per tutte le altre regioni resta la certificazione obbligatoria dopo 5 giorni di assenza.

A oggi il certificato medico dopo 3 giorni, quindi, è obbligatorio solo per il rientro negli asili della regione Lazio. Sebbene, vista la pandemia in corso, i presidi lo abbiano raccomandato per tutti. Con alcuni dirigenti scolastici che, nelle regioni dove il certificato medico non è obbligatorio o basta l’autocertificazione, potrebbero chiedere un tampone se sospettano un caso Covid, rifiutando la riammissione in sua mancanza. Sottolinea Antonello Giannelli, presidente dell’associazione nazionale presidi (Anp): «La riammissione a scuola, ad oggi, diversamente da come avveniva in passato, avviene senza certificati medici. Se uno studente si assenta e la scuola non sa il perché potrebbe avere anche il virus, ma se nessun medico lo ha visitato saremmo di fronte a una riammissione non ottimale. Bisognerebbe reintrodurre un obbligo di certificazione al rientro. Almeno sopra i tre giorni di malattia».

Ipotesi «priva di fondamento scientifico e contraddice le raccomandazioni sin qui promosse per contenere l’epidemia», insiste il presidente della federazione italiana medici pediatri (Fimp) Paolo Biasci. «Abbiamo ormai un collaudato sistema di triage telefonico, eventualmente associato al videoconsulto, che ci permette di individuare tutti i casi sospetti di infezione Covid-19». Il rischio altrimenti è di affollare gli studi dei pediatri di famiglia con accessi non necessari per «un adempimento burocratico» che non esclude la contagiosità se prima non si effettua «l’unico test ad oggi valido per risolvere la diagnosi: il tampone. Conclude Biasci, «abbiamo la necessità del referto di un tampone in tempi più rapidi possibili, per poter redigere un attestato che permetterà il rientro a scuola, non è possibile dover attendere 4-5 giorni ed anche più, quando al pronto soccorso la risposta arriva in 4 ore». La palla è passata alla Salute.

Sos docenti, su 215 mila supplenti finora ne sono stati assunti la metà

da ItaliaOggi

Carlo Forte

Le cattedre dei docenti anti-Covid saranno circa 60 mila. E gli incarichi di supplenza necessari a coprire le cattedre vuote sono circa 215mila. È un dato senza precedenti quello delle assunzioni a tempo determinato che dovranno essere effettuate quest’anno per assicurare i docenti in cattedra, necessari per garantire il diritto all’istruzione su tutto il territorio nazionale. I numeri sono stati comunicati ai sindacati dal ministero dell’istruzione. E il 16 settembre scorso, i segretari di Cgil Cisl, Uil, Snals e Gilda-Unams li hanno resi noti nel corso di una conferenza stampa. Secondo quanto risulta a Italia Oggi sarebbero circa 110 mila le assunzioni a tempo determinato che sono state effettuate finora. Ma gli uffici stanno incontrando molte difficoltà anche e soprattutto a causa del cattivo funzionamento del sistema informativo del ministero dell’istruzione. Che sta determinando forti rallentamenti nello svolgimento delle operazioni di assunzione, a causa delle centinaia di migliaia di errori contenuti nelle graduatorie provinciali per le supplenze (Gps) che, secondo le indicazioni del dicastero guidato da Lucia Azzolina, sono state pubblicate subito in forma definitiva. Errori compresi. In ciò complicando le operazioni di rettifica che dovranno essere effettuate con decreti motivati da parte degli uffici secondo il principio dell’autotutela amministrativa.

Gli uffici scolastici regionali, peraltro, stanno anche emanando i decreti di ripartizione dei fondi (circa un miliardo di euro) per l’assunzione dei docenti anti-Covid. Che dovranno essere reclutati direttamente dai dirigenti scolastici. Ma anche per questa particolare tipologia di docenti è necessario disporre delle nuove graduatorie di istituto. Che discendono direttamente dalle Gps. E quindi, fino a quando le Gps non saranno pronte, non sarà possibile effettuare nemmeno queste assunzioni. È da escludere, infatti, che i presidi possano utilizzare le vecchie graduatorie di istituto, perché la Cassazione ha chiarito definitivamente che i relativi contratti risulterebbero nulli (6851/2010, si veda ItaliaOggi del 13 aprile 2016, pag.36). E utilizzare graduatorie sbagliate comporterebbe l’assunzione di docenti destinati a essere licenziati all’atto della pubblicazione delle graduatorie rettificate per effetto dell’avveramento della clausola risolutiva prevista dall’articolo 25, comma 5, del vigente contratto di lavoro: «È comunque causa di risoluzione del contratto l’annullamento della procedura di reclutamento che ne costituisce il presupposto».

La corsa alle supplenze è dovuta anche al flop delle assunzioni a tempo indeterminato: a fronte di 84.808 cattedre vacanti destinate alle immissioni in ruolo, il ministero dell’istruzione è riuscito ad assumere solo 19.294 docenti, denunciano Flc-Cgil, Cisl scuola, Uil scuola, Snals e Gilda: 17.637 sui posti comuni, a fronte di 64.175 cattedre vuote e solo 1.657 sul sostegno su 21.453 posti vacanti. È andata un po’ meglio per il personale Ata: 25.175 posti vacanti e 9674 immissioni in ruolo. I dati che «abbiamo dovuto insistentemente richiedere ad un’amministrazione reticente a fornirli», spiega la Flc-Cgil in una nota, «mostrano un quadro allarmante della situazione: 65.514 cattedre rimaste vacanti, pari al 78% dell’intero contingente. In pratica l’amministrazione è riuscita a coprire una cattedra su 5 con docenti di ruolo». Quest’anno, dunque, saranno disposte 65.514 supplenze annuali (fino al 31 agosto).

A ciò va aggiunto il quadro delle disponibilità in organico di fatto che, secondo stime di fonte sindacale, dovrebbe sfiorare la cifra record di 215mila, tra cattedre e spezzoni, comunque disponibili. I dati ufficiali pongono in rilievo anche la questione del divieto di reiterazione delle supplenze annuali oltre i 3 anni, decorso il quale il supplente ultratriennalista ha diritto al risarcimento dei danni (si veda la sentenza della Corte di cassazione 16878/2018). Sempre che nelle more del giudizio definitivo l’interessato non ottenga l’immissione in ruolo (si veda Italia Oggi, 23/6/2020, pag. 36). La decisione di non stabilizzare i precari, dunque, rischia di accrescere il carico di lavoro che grava sui giudici. Che negli ultimi anni, in materia di precariato, stanno esercitando una sorta di ruolo suppletivo rispetto alla politica. E poi c’è il problema dei costi delle soccombenze. Costi che determinarono addirittura uno stanziamento ad hoc all’atto dell’emanazione della legge 107/2015. L’articolo 1, comma 132, della legge prevedeva, infatti, un fondo ad hoc di 10 milioni rispettivamente per il 2016 e per il 2017. Il 2020, invece, è rimasto totalmente scoperto.

Resta il fatto, però, che la inevitabile recrudescenza del contenzioso in materia esporrà l’amministrazione, potenzialmente, a circa 60 mila soccombenze. Numero che coincide con quello dei precari già triennalisti che potrebbero avere interesse all’azione legale. E che, stante l’orientamento della Corte costituzionale e della Suprema corte, si vedrebbero sistematicamente accogliere il ricorso. Secondo la Consulta (sentenza 187/2016) , infatti, l’articolo 4, commi 1 e 11, della legge 124/1999 è costituzionalmente illegittimo «nella parte in cui autorizza, in mancanza di limiti effettivi alla durata massima totale dei rapporti successivi, il rinnovo potenzialmente illimitato di contratti di lavoro a tempo determinato».

Le accuse dei sindacati: i concorsi non risolvono

da ItaliaOggi

Carlo Forte

«Le nostre denunce di inadeguatezza delle misure messe in campo dall’Amministrazione ricevono una chiara conferma dalla carenza di prof in aula», è il giudizio senza appello di Francesco Sinopoli, segretario Flc Cigl, in una nota diffusa a margine della conferenza stampa del 16 settembre scorso. Le proposte non sono state accolte dal governo che ha puntato sui concorsi: «Abbiamo voluto concorsi selettivi, come impone la Costituzione, diversificati, certo» ha spiegato la ministra Lucia Azzolina il 9 settembre scorso durante un suo intervento alla Camera «per dare a chi ha anni di insegnamento alle spalle il giusto riconoscimento, ma serio». È lecito chiedersi, ribatte Lena Gissi, segretaria della Cisl, «perché si pongano in dubbio le competenze professionali del docente precario solo nel momento in cui si profila una sua immissione in ruolo, dopo avere utilizzato tranquillamente per anni». «I numeri sono impietosi, abbiamo un record storico di precari, sono oltre 210 mila, il ministero non ha fatto nulla per evitarlo», ha commentato Pino Turi segretario Uil Scuola. «C’è tanta improvvisazione», lamenta Elvira Serafini, segretario Snals. Rino Di Meglio, Gilda, punta il dito anche sulle criticità che stanno emergendo per l’assunzione dei supplenti: «Le 110 mila assegnazioni che viale Trastevere afferma di aver già fatto stridono con la realtà dei fatti, da quanto ci risulta, non siamo neanche a metà del guado».

Dirigenti senza scudo penale

da ItaliaOggi

Emanuela Micucci

Non passa lo scudo penale per presidi, docenti e Ata per l’applicazione delle norme anti contagio da coronavirus. Nella conversione in legge del decreto Semplificazioni non è stato accolto l’emendamento con la clausola di salvaguardia per dirigenti e personale scolastico. Riformulando alcuni emendamenti di Forza Italia, Fratelli d’Italia e Italia Viva, il testo stabiliva che «fino al 31 agosto 2021,ove l’organizzazione dello svolgimento in condizioni di sicurezza dell’anno scolastico 2020/202, nell’osservanza delle prescrizioni del Cts (Comitato tecnico scientifico, n.d.r.) implica la soluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà, il personale scolastico risponde verso terzi dei danni limitatamente ai casi in cui la produzione del danno conseguente alla condotta del soggetto agente è dovuta a dolo o colpa grave». Uno scudo soft, che lasciava l’onere di dirimere condotte appropriate o meno all’interpretazione dei termini «problemi tecnici di speciale difficoltà» da parte di eventuali soggetti accertatori, come ministero, provveditorato, tribunale. Sarebbe stato, tuttavia, un passo avanti normativo a tutela in particolare dei presidi che da mesi lo chiedono ripetutamente, suffragati da prese di posizione autorevoli come quella di Giuseppe Pignatone, ex procuratore della Repubblica di Roma. Ottenendo rassicurazioni dalla stessa ministra dell’istruzione in vista della riapertura delle scuole Il Cura Italia, infatti, ha equiparato il contagio da covid-19 ad un infortunio sul lavoro. Ma, sottolineano i sindacati dei dirigenti scolastici, non si può pensare che il preside debba finire sotto accusa in caso di contagio di un dipendente se il protocollo sanitario è stato integralmente applicato.

Tanto più considerando il contesto e l’utenza che hanno caratteristiche ben diverse da quelle degli altri datori di lavoro, pubblici e privati. «Siamo estremamente delusi dal mantenimento di un regime punitivo retrogrado che, ben lungi dal garantire ai cittadini una vera tutela, si limita a cercare un capro espiatorio», commenta Antonello Giannelli alla guida dei presidi dell’Anp.

Da ottobre parte la formazione dei nuovi prof Ultimo step: la verifica della lezione simulata

da ItaliaOggi

Carlo Forte

Complessivamente 50 ore di formazione per i docenti neoassunti e per gli insegnanti che hanno ottenuto il passaggio di ruolo. Lo prevede il decreto 850/2015 e il ministero dell’istruzione ha già emanato la circolare annuale con le disposizioni di attuazione. Il dispositivo prevede che le attività formative si articoleranno in un incontro di carattere informativo per i docenti neoassunti e i destinatari di passaggi di ruolo, anche per gruppi differenziati, che sarà calendarizzato in ogni territorio a partire dal mese di ottobre 2020 con modalità online.

Ad ogni docente in formazione sarà assegnato un tutor, preferibilmente della stessa disciplina, individuato dal dirigente scolastico. Seguiranno 12 ore di attività nella forma dei laboratori formativi, a piccoli gruppi, con la guida operativa di un tutor-formatore. Che potranno anche essere articolate in moduli di 3 o 6 ore a seconda degli aspetti affrontati nelle attività di riferimento.

A questo proposito sulla piattaforma Indire saranno messi a disposizione alcuni strumenti didattici utili per progettare materiali per la didattica sui vari temi e successivamente documentarli all’interno del proprio portfolio formativo e professionale nell’apposita sezione predisposta sulla piattaforma online. Ulteriori 12 ore di formazione saranno dedicate al «peer to peer». E cioè all’osservazione in classe (si veda l’articolo 9 del decreto 850/2015).

Attività da svolgere con particolari cautele nel rispetto delle misure sul distanziamento. L’amministrazione ha stabilito che, entro e non oltre il 30 ottobre 2020, verrà aperto l’ambiente online, sempre predisposto da Indire, al fine di garantire una più ampia disponibilità della piattaforma ai docenti neoassunti. A tale attività sarà assegnato forfettariamente il valore di 20 ore di impegno.

I corsisti avranno cura di compilare diligentemente il portfolio, che sostituirà la relazione finale ordinariamente prevista dalla normativa vigente e previgente. Ai sensi dell’articolo 10, comma 2, lettera d), del decreto 850, l’indire ha realizzato alcuni video finalizzati a dare un inquadramento alle metodologie per la didattica digitale che costituiscono un percorso di formazione online asincrono. Secondo quanto previsto dall’articolo 2, comma 1, del decreto 850, sono tenuti al periodo di formazione e prova: i docenti neoassunti a tempo indeterminato al primo anno di servizio; gli insegnanti assunti a tempo indeterminato negli anni precedenti per i quali sia stata richiesta la proroga del periodo di formazione e prova o che non abbiano potuto completarlo; che, in caso di valutazione negativa, ripetano il periodo di formazione e prova; che abbiano ottenuto il passaggio di ruolo.

I docenti, assunti con contratto a tempo determinato nell’anno scolastico 2018/2019 (decreto 85/2018) e per i quali sia stato prorogato il periodo di prova o in caso di valutazione negativa, dovranno svolgere o ripetere il periodo di formazione e prova secondo quanto previsto dalla nota AOODGPER prot. n. 41693 del 21/09/2018 – percorso annuale Fit. L’amministrazione ha ricordato, inoltre, che non devono svolgere il periodo di prova i docenti: che abbiano già svolto il periodo di formazione e prova o il percorso Fit (decreto 85/2018) nello stesso grado di nuova immissione in ruolo; che abbiano ottenuto il rientro in un precedente ruolo nel quale abbiano già svolto il periodo di formazione e prova o il percorso Fit (decreto 85/2018).

Non dovranno ripetere l’anno di prova nemmeno i docenti già immessi in ruolo con riserva, che abbiano superato positivamente l’anno di formazione e di prova o il percorso Fit e siano stati nuovamente assunti per il medesimo grado. E nemmeno coloro che abbiano ottenuto il trasferimento da posto comune a sostegno e viceversa nell’ambito del medesimo grado. Le iniziative saranno programmate e realizzate, di norma, a livello territoriale, e saranno affidate in gestione alle 18 scuole polo per la formazione, nell’ambito del 40% dei fondi disponibili, secondo le disposizioni contenute nell’ipotesi di contratto integrativo nazionale formazione del 19/11/2019, a valere sulle risorse per l’anno 2020 e per l’anno 2021. Il ministero comunicherà con una successiva nota, l’ammontare delle assegnazioni finanziarie a livello regionale sulla base del numero dei docenti effettivamente nominati.

Al fine di riconoscere l’impegno del tutor durante l’anno di prova e di formazione, le attività svolte (progettazione, confronto, documentazione e l’eventuale partecipazione agli incontri iniziali e finali potranno essere attestate e riconosciute dal dirigente scolastico come iniziative di formazione previste dall’articolo 1, comma 124 della legge 107/2015. Inoltre, apposite iniziative di formazione per i docenti tutor saranno organizzate dagli uffici scolastici regionali utilizzando quota-parte dei finanziamenti per attività regionali. L’individuazione dei docenti tutor spetta al dirigente scolastico previo parere del collegio dei docenti.

Sciopero, ipotesi precettazione

da ItaliaOggi

Carlo Forte

Sciopero del personale della scuola il 24 e 25 settembre a pochi giorni dalla ripresa delle lezioni. L’agitazione è stata indetta dal sindacato Unicobas ed è rivolta ai docenti e al personale Ata. Le regole che i dirigenti scolastici dovranno applicare sono sempre le stesse: individuazione dei contingenti minimi per il personale Ata, che si traduce, in caso di massicce adesioni, nella precettazione di un numero minimo di collaboratori e di assistenti amministrativi per evitare la sospensione totale del servizio. In tal senso sono partite le indicazioni alle scuole. La precettazione per i docenti non è prevista. Ma forse ancora per poco.

La commissione di garanzia, infatti, ha imposto all’Aran di introdurla nel testo del nuovo accordo sui servizi minimi da erogare in caso di sciopero. Ma il negoziato si è arenato proprio su questa delicata questione: i sindacati hanno eretto coralmente un vero e proprio muro di difesa contro questa novità. E adesso la patata bollente è ritornata nelle mani della commissione. Che potrebbe essere costretta ad emanare un atto unilaterale. Ipotesi, questa, forse giuridicamente plausibile, ma politicamente improbabile.

Per giungere alla precettazione dei docenti in caso di sciopero, la commissione (e in ultima analisi il governo) dovrebbe superare non solo gli ostacoli politici e negoziali, ma dovrebbe anche dirimere una questione essenzialmente giuridica. La precettazione, infatti, comporterebbe un vero e proprio demansionamento dei docenti interessati. Che sarebbero costretti ad operare con mansioni di mera vigilanza. Vale a dire erogando una prestazione diversa e inferiore rispetto a quella per la quale sono stati assunti. Ciò risulterebbe in violazione delle disposizioni contenute nel codice civile e nel decreto legislativo 165/2001, che vietano espressamente al datore di lavoro il ricorso al demansionamento dei dipendenti. E che potrebbe ingenerare l’ennesimo contenzioso seriale.

Le Sezioni unite della Suprema corte, infatti, con la sentenza 6572/2006 hanno stabilito che l’assegnazione di mansioni inferiori rispetto a quelle per le quali il lavoratore è stato assunto è un inadempimento contrattuale che deriva dalla violazione dell’articolo 2103 del codice civile e determina l’insorgenza del diritto al risarcimento del danno. La necessità di rivedere l’accordo è scaturita dalla frequenza con la quale i sindacati a basso tasso di rappresentatività proclamano gli scioperi. Che mettono in allarme i genitori e, talvolta, li inducono a non mandare i figli a scuola. Salvo poi constatare che le adesioni allo sciopero siano state assolutamente trascurabili e che, quindi, le lezioni si siano tenute regolarmente.

Per fare fronte a questo problema, peraltro, nel corso delle trattative i sindacati avevano già accolto la richiesta dell’Aran di agevolare la trasmissione alle famiglie delle informazioni circa le dichiarazioni (su base volontaria) di preventiva adesione allo sciopero e sui dati riguardanti il peso delle sigle sindacali che avessero indetto l’agitazione. Va detto subito che, fatta eccezione per gli scioperi unitari indetti dalle sigle sindacali firmatarie del contratto (Cgil, Cisl, Uil, Snals e Gilda-Unams) le percentuali di adesione agli scioperi nella scuola sono del tutto residuali. E anche per dare ai genitori informazioni «probabilistiche» su tali adesioni, il ministero dell’istruzione ha predisposto una piattaforma informatica per acquisire le rilevazioni degli effetti delle adesioni. E lo ha reso noto alle istituzioni scolastiche con una nota emanata il 27 agosto scorso (10992).

La nuova procedura, presente nella sezione «Rilevazioni» del Sidi e denominata «Rilevazione scioperi web», è stata realizzata, sentita la commissione di garanzia dell’attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali, per il raggiungimento di un duplice scopo.

Il primo è quello di migliorare la restituzione del dato di adesione allo sciopero mediante l’osservazione dell’erogazione del servizio essenziale tutelato che, data la complessità del sistema scolastico, non sempre la misurazione del dato numerico del personale scioperante è in grado di mettere in evidenza.

A questo proposito vengono richieste nuove informazioni riguardanti i plessi scolastici e le classi (comprensive delle sezioni di scuola dell’infanzia, dei gruppi di livello dei Cpia ecc.) interessati dall’astensione lavorativa. Il secondo è quello rendere maggiormente efficiente una procedura ormai ventennale, sia attraverso un ammodernamento funzionale (ottenuto grazie all’apporto delle più moderne soluzioni tecnologiche disponibili) sia attraverso una serie di facilitazioni all’uso, tra cui la valorizzazione ex ante delle informazioni richieste con i dati presenti a sistema (dove possibile ed eventualmente dalla scuola se palesemente difformi) e l’adozione di specifici interventi semplificativi (come quello dell’automatizzazione di calcoli). Dunque, almeno sotto questo profilo, è tutto pronto per dare il via alle novità su cui è stato raggiunto l’accordo.

Tutor docenti neoassunti 2020/21: compiti e partecipazione ad incontri. Retribuzione in Contrattazione di istituto

da OrizzonteScuola

Di Antonio Marchetta

Periodo di formazione e prova per i docenti neoassunti e per quelli che hanno ottenuto il passaggio di ruolo. Attività formative per l’a.s. 2020-2021. Pubblicata la Nota ufficiale del Ministero dell’Istruzione. Approfondiamo il ruolo determinante del docente TUTOR, che affianca l’insegnante nel percorso del primo anno con compiti di supervisione professionale.

Il docente Tutor accompagna l’insegnante nel percorso di formazione per l’intero anno scolastico

Il Ministero dell’Istruzione ha confermato tramite Nota ufficiale  anche per il 2020/21 la durata complessiva del percorso, quantificato in 50 ore di impegno, considerando:

  • le attività formative/laboratori in presenza;
  • l’osservazione in classe, Tutor-Docente e viceversa (da strutturare anche mediante apposita strumentazione operativa);
  • la rielaborazione professionale, che si avvale degli strumenti del “bilancio di competenze”, del “portfolio professionale” e del “patto per lo sviluppo formativo”, secondo i modelli che saranno forniti da INDIRE su supporto digitale on line.

Quando e come viene indicato il docente Tutor

Nel mese di settembre, il Dirigente scolastico sentito il Collegio dei Docenti e annesse eventuali proposte o candidature, nomina il docente TUTOR da affiancare all’insegnante neoassunto; egli dovrà assicurare il collegamento con il lavoro didattico sul campo per i nuovi arrivati specie di coloro che si affacciano per la prima volta alla docenza.

Il Tutor deve insegnare la stessa disciplina del docente neoassunto?

Il Ministero utilizza l’avverbio preferibilmente:

“Ad ogni docente in periodo di prova verrà assegnato un tutor di riferimento, preferibilmente della stessa disciplina, area disciplinare o tipologia di cattedra ed operante nello stesso plesso”.

Quanti docenti possono essere accompagnati da un singolo Tutor?

Il rapporto non potrà superare la quota di tre docenti affidati al medesimo tutor.

Durante l’incontro iniziale di formazione è prevista la partecipazione del docente Tutor?

Dalla Nota ufficiale si legge:

“E’ opportuno che gli incontri iniziali di carattere informativo per i docenti neoassunti, anche per gruppi differenziati, siano calendarizzati in ogni territorio a partire dal mese di ottobre 2020 con modalità on-line. Durante questi incontri verranno fornite indicazioni sulle diverse fasi del percorso di formazione e saranno illustrati i materiali di supporto per la successiva gestione delle attività. Le informazioni dovranno aiutare i docenti a meglio inserirsi nelle dinamiche della vita professionale, anche con indicazioni di carattere operativo (ad esempio l’utilità di accedere ai benefici del sistema previdenziale Espero). E’ consentita, a richiesta, la partecipazione del docente tutor. Dunque non obbligatoria.

E per quanto riguarda l’incontro finale?

Si, è previsto un incontro di carattere professionale che vede il coinvolgimento e le testimonianze dei diretti protagonisti degli eventi formativi (es. docenti partecipanti a laboratori particolarmente coinvolgenti, tutor, dirigenti scolastici).

N.B.: Il tempo da dedicare agli incontri iniziali e finali è pari a 6 ore complessive.

Attenzione a non fare confusione tra il docente Tutor e il Tutor formatore dei laboratori

La struttura dei laboratori formativi in presenza o on-line implica complessivamente la fruizione di 12 ore di formazione.  Sulla base dei contenuti offerti, del livello di approfondimento, della dimensione operativa, potranno essere adottate soluzioni differenziate, con durata variabile dei moduli (di 3 ore, di 6 ore o più). I Laboratori avranno una guida operativa: il Tutor-formatore, figura distinta dal Tutor che affianca i neoimmessi nel percorso di formazione dell’anno di prova.

Il docente Tutor deve essere “accogliente”

Per ciò che concerne l’osservazione in classe – Tutor osserva Docente e viceversa – rimane confermato quanto previsto dall’articolo 9 del DM 850/2015. L’attività da svolgere a scuola è pari a 12 ore. In questo quadro, è importante valorizzare la figura del tutor che deve avere le caratteristiche del tutor accogliente degli studenti universitari impegnati nei TFA, tirocini formativi attivi (DM 249/2010).

Articolo 11. comma 3:

“I tutor dei tirocinanti hanno il compito di orientare gli studenti rispetto agli assetti organizzativi e didattici della scuola e alle diverse attivita’ e pratiche in classe, di accompagnare e monitorare l’inserimento in classe e la gestione diretta dei processi di insegnamento degli studenti tirocinanti.”

Il riconoscimento professionale ed economico del Tutor

Al fine di riconoscere l’impegno del tutor durante l’anno di prova e di formazione, le attività svolte (progettazione, confronto, documentazione e l’eventuale partecipazione agli incontri iniziali e finali di cui alla lettera a) la nota precisa che potranno essere attestate e riconosciute dal Dirigente Scolastico come iniziative di formazione previste dall’articolo 1, comma 124 della L. 107/2015.

Per quanto riguarda la retribuzione economica la nota, come ogni anno, non dice nulla. Ai Tutor può essere riconosciuto un compenso economico nell’ambito delle risorse assegnate all’istituzione scolastica per il Miglioramento dell’Offerta Formativa. Naturalmente i compensi dovranno essere stabiliti in sede di contrattazione integrativa di Istituto.

Preferibile nominare un tutor differente per i docenti che ripetono l’anno di prova

Anche per i docenti che devono ripetere un nuovo periodo di prova e formazione deve essere prevista la nomina di un docente tutor, possibilmente diverso da quello che lo ha accompagnato nel primo anno di servizio.

Dirigente scolastico e Tutor collaborano di frequente

Il compito educativo e di orientamento, oltre che di garanzia giuridica, è affidato al Dirigente scolastico, in quanto la norma gli assegna la funzione di verifica e apprezzamento della professionalità dei docenti che aspirano alla conferma in ruolo. A tal fine si riconferma l’impegno del Dirigente scolastico nell’osservazione e nella visita alle classi in cui i docenti neoassunti prestano servizio. Il Ministero – leggiamo nella nota – raccomanda un contatto frequente tra il Dirigente scolastico e i Tutor.

La scuola del prima e del dopo Covid, come cambia la valutazione di fine anno

da La Tecnica della Scuola

Non sono pochi i docenti e in generale le istituzioni scolastiche che nell’anno appena trascorso si sono posti il problema della valutazione degli alunni in piena epidemia Covid, di fronte alla necessità della didattica a distanza, con tutti i disagi che essa ha comportato.

Insomma, bocciare o non bocciare chi non ha profuso il dovuto impegno? Chiudere un occhio, data la situazione problematica straordinaria?

La questione non è più controversa, a seguito di quanto stabilito dal tar del Lazio con sentenza N. 09564 del 14 settembre, per dirimere i contrasti tra una scuola e un’alunna finita nell’elenco dei non ammessi alla classe successiva.

Non ammettere un alunno all’anno successivo è legittimo solo per questioni di condottacome spieghiamo nell’articolo al link.

Ecco le motivazioni del tar del Lazio

Il ricorso non è fondato alla luce di quanto emerge dalla documentazione scolastica prodotta dalla difesa erariale. Il Consiglio di Classe chiamato a valutare alla fine dell’anno scolastico il rendimento dell’alunna in esame, ha espresso un giudizio di non ammissione alla classe superiore fondato sui seguenti elementi: Voto di condotta inferiore a sei, insufficienze diffuse in quasi tutte le discipline, mancanza di impegno nello studio a casa e partecipazione al dialogo educativo in presenza e a distanza, assenza di elementi valutativi non imputabili alle difficoltà legate alla disponibilità di dispositivi e di connettività e mancato superamento delle verifiche di recupero delle insufficienze riportate al primo e al secondo trimestre.

E si aggiunge:

Nella vicenda qui in esame, la scuola ha disposto la non ammissione alla classe successiva stante la presenza di molte insufficienze, tra cui spicca quella in condotta; orbene mentre l’ordinanza 11/2020 consente di prescindere largamente dal rendimento scolastico in deroga a quanto stabilito dall’art. 4, comma 5, d.P.R. 122/2009, la stessa deroga non può operare per il voto in condotta che descrive il comportamento dell’alunna e non il rendimento; la condotta non è stata inficiata dalla situazione che ha costretto ad operare con la didattica a distanza e pertanto una grave insufficienza in questo ambito giustifica di per sé la non ammissione alla classe successiva, oltretutto se si accompagna ad un rendimento insufficiente ed ad una scarsa partecipazione alla vita scolastica.

Alla luce della sentenza, vi proponiamo un interessante confronto tratto da un articolo de Il Sole 24 ore che mostra come si valutava prima dell’emergenza Covid e cosa accade oggi, in fase di convivenza col virus.

La valutazione prima del Covid

Sono ammessi alla classe successiva gli alunni che:

  • conseguano un voto di condotta non inferiore a 6/10;
  • conseguano un voto non inferiore a 6/10 per ogni disciplina, a conclusione dell’anno scolastico o a conclusione delle attività di recupero predisposte per l’alunno.
  • Abbiano garantito la propria presenza per almeno tre quarti delle lezioni dell’anno scolastico.

La non ammissione alla classe successiva avverrà in mancanza di uno dei tre requisiti.

La valutazione nella scuola del dopo Covid

La scuola del dopo Covid, attenta alle difficoltà che gli alunni possano avere incontrato (o possano ancora incontrare) nel corso dell’anno scolastico, prevede che gli alunni che mostrino delle insufficienze a livello disciplinare, possano essere destinatari di un preciso piano di apprendimento individualizzato con propri obiettivi e strategie didattiche.

Ma nel caso in cui i docenti non abbiano alcun elemento per valutare l’alunno, data la scarsa partecipazione dello stesso, non imputabile, si intende, a difficoltà oggettive di tipo tecnologico e di connessione, in questo caso, il consiglio di classe è legittimato a non ammettere l’alunno alla classe successiva.

Alunni con disabilità, materiali utili per il rientro a scuola

da La Tecnica della Scuola

L’ultimo dei documenti pubblicati dall’USR Emilia-Romagna per il rientro a scuola nell’a.s. 2020/21 riguarda gli alunni con disabilità.

I temi affrontati nella nota del 18 settembre sono i seguenti:

  1. “Conoscerli di nuovo”
  2. Sostenere il compito dei docenti
  3. L’osservazione iniziale degli alunni
  4. Personalizzazione della didattica
  5. Didattica digitale integrata (DDI) per alunni con disabilità nella secondaria di II grado
  6. La strutturazione degli spazi e delle attività.

Alla nota sono allegati alcuni modelli che le istituzioni scolastiche possono adattare:

Consulta provinciale degli studenti, elezioni suppletive entro il 31 ottobre

da La Tecnica della Scuola

 

Con nota 2403 del 18 settembre 2020 il MI ha ricordato che i rappresentanti eletti nella Consulta provicniale degli studenti nelle ultime elezioni per il biennio scolastico 2019/2021, che cesseranno l’incarico per qualsiasi causa o che perderanno i requisiti di eleggibilità, saranno sostituiti dai primi dei non eletti nelle rispettive liste. In caso di esaurimento delle liste, si dovrà procedere ad elezioni suppletive entro il 31 ottobre 2020.

La Consulta Provinciale degli Studenti – ricordiamo – è un organismo istituzionale di rappresentanza studentesca su base provinciale composto da due studenti per ogni istituto secondario di secondo grado della provincia. I rappresentanti che la compongono sono eletti dagli studenti della scuola di appartenenza e restano in carica per due anni.

Le elezioni dovranno svolgersi secondo la procedura elettorale semplificata (artt. 21 e 22 dell’O.M. n. 215 del 15/07/91) e nel rispetto delle vigenti misure di sicurezza sanitaria per COVID-19.

 

Inoltre, il MI ricorda che, in caso di cessazione della carica di Presidente della Consulta, è necessario avviare tutte le procedure necessarie per la nuova elezione nel corso della prima riunione dell’assemblea degli eletti, da convocare “entro 15 giorni dal completamento delle operazioni elettorali”.

Sul sito www.spazioconsulte.it è visionabile e scaricabile tutto il materiale informativo utile.