Pensieri al vento

Pensieri al vento

di Maurizio Tiriticco

La struttura del nostro intestino in migliaia di anni non è cambiata: è sempre quella di un “animale” granivoro. Nel corso dei millenni, quando forse i frutti degli alberi sono cominciati a scarseggiare, abbiamo assunto la posizione eretta e lasciato le foreste. Le nostre mani posteriori si sono trasformate in piedi, abbiamo perduto la coda non più necessaria, anzi di ostacolo, e siamo diventati, sempre nel corso di millenni, raccoglitori e cacciatori, e poi, sempre millennio dopo millennio, agricoltori e allevatori. Di fatto, abbiamo imparato che certi prodotti della terra potevano essere seminati e che certi animali potevano essere allevati! E così siamo diventati sedentari, agricoltori e allevatori… e poi e poi e poi… insomma per millenni il mondo contadino ha seminato e allevato, raccolto e ucciso. Il contadino “amava” la vacca che poi, ovviamente uccideva! Altrettanto dicasi per il maiale e per la gallina… soprattutto quella vecchia… che fa sempre buon brodo… e poi e poi… Ma oggi è tutto cambiato… seminiamo, piantiamo, raccogliamo verdure e frutti che, però, non hanno più sapori, contaminati dai prodotti chimici che li “difendono” dagli insetti… eabbiamo un’insalata tutta eguale e insapore, ma sempre senza un chicco di terra, mele e pere senza mai un vermicello. Quello che, incece, trovavo quando ero bambino. Ed era sempre una spiacevole sorpresa per la mamma che aveva scelto i frutti uno ad uno sul banco del mercato.

Mah! Oggi, se mangi un frutto a occhi chiusi, non sai che cosa mangi… non ci sono più né sapori né odori… tutto ordinatamente incellofanato sugli scaffali dei supermercati… fragole grosse come pere e sempre insapori… uova con tanto di timbro, fresche per settimane. Per non dire degli animali, allevati – si fa per dire – perché diventino grandi e grossi al più presto… immobili nei loro recinti… macellati in serie e spesso nei modi più crudeli. Pertanto, sono sane e giustissime oggi le battaglie degli animalisti, ma… non so se le vinceranno… perché la battaglia dovrebbe essere contro un intero sistema, quello capitalistico che, dopo l’ingloriosa fine della “speranza comunista”, ora non ha più avversari! Il capitalismo che ha prodotto negli ultimi secoli miserie ormai continentali, accoppiandosi anche con il colonialismo! E non è un caso che oggi assistiamo a masse di popolazioni in fuga dalle loro sedi di origine – direzione sud-nord – che noi – diventati ormai Paesi cosiddetti civili – accogliamo e sfamiamo… il primo giorno… ma poi? E poi non so!

In realtà, sembra che questo intero sistema transazionale abbia prodotto anche opposizioni transnazionali! Penso all’Isis o ad altre sigle assassine, sempre più armate e minacciose e sostenute da un fanatismo a noi occidentali ormai sconosciuto. Basti pensare a quanto accade agli amici parigini del periodico satirico “Charlie Hebdo”. Certo fanatismo è nato e si alimenta in Paesi in cui tra Stato e Religione non corre alcuna differenza! Quella distinzione che noi in Europa abbiamo imparato ad esercitare dopo migliaia di roghi! Di streghe e di eretici! E il “Trattato sulla Tolleranza” del buon Voltaire segnò una pietra miliare nella battaglia contro l’intolleranza religiosa! E che dire del buon Galileo che dovette ricredersi pubblicamente, anche se tra sé continuava a dirsi: “Eppur si muove”?

Tornando a noi, oggi per mille ragioni la lotta degli animalisti deve fare un balzo in avanti e diventare sempre più autentica e determinata lotta politica! Altrimenti saremo condannati solo a manifestare, a salvare ogni tanto qualche agnellino, ma domani e i giorni seguenti le fabbriche degli animali da macello – perché ormai non sono più le stalle di un tempo – continueranno a produrre carne – o meglio “pezzi di carne” – come fossero cuscinetti a sfera o lampadine. Lotte, però, che oggi sembrano impossibili! Chi le dovrebbe condurre? Un inesistente esercito di massaie?Vado lontano nel tempo! “Uno spettro si aggira per l’Europa: lo spettro del comunismo. Tutte le potenze della vecchia Europa si sono coalizzate in una sacra caccia alle streghe contro questo spettro: il papa e lo zar, Metternich e Guizot, radicali francesi e poliziotti tedeschi”. E’ l’incipit del“Manifesto del Partito Comunista”, scritto, com’è noto, da Carlo Marx e Federico Engels e pubblicato a Londra nel lontano 1848. Un manifesto che promosse consensi e suscitò lotte che interessarono l’intera Europa.

Ma oggi? Non so! Il fatto è che non c’è più una classe operaia né un movimento contadino… Il Quarto Stato, quello stupendo olio su tela dipinto da Giuseppe Pellizza da Volpedo, noto a tutto il mondo… Non so, mi sembra che oggi siamo tutti una sterminata popolazione di ciechi,sempre pronti a sbattagliare, ma… come novelli Don Chisciotte, contro mulini a vento, le cui pale purtroppo continueranno a girare girare girare…girare… appunto! Oggi ci manca un Carlo Marx, capace di analizzare lo status e le contraddizioni di questo odierno capitalismo universale. Perché la Russia e la Cina, anche se nate da due grandi rivoluzioni comuniste, nel 1917 e nel 1948, oggi del comunismo non conoscono neanche l’ombra! Il ferreo governo dello Zar Putin e dell’Imperatore celeste Xi Jinping lo stanno a dimostrare!

Una volta il capitalista era lì, con sigaro, panciotto e bombetta, come nelle vignette di Scalarini, con tanto di nome e cognome… e lo sciopero lo danneggiava realmente. Oggi i grandi scioperi nei grandi complessi delocalizzati e quelli dei pubblici servizi, quando vengono effettuati, spesso finiscono con il danneggiare non il nemico, ma ciascuno di noi… In realtà oggi il nemico è invisibile, senza nomi, macon miliardi di soldi che passano di banca in banca, e di Paese in Paese, sulle nostre teste… Pertanto lotte senza analisi rigorose a monte e senza obiettivi realizzabili a valle servono solo a rafforzare questo neocapitalismo ragnatela che giorno dopo giorno soffoca ciascuno di noi… 

Ancora un mah! Mi sembra che siano soltanto pensierini buttati lì! E che il vento del web domani porterà via!!!

La perfezione imperfetta

La perfezione imperfetta

di Maria Grazia Carnazzola

Giusto per alcune considerazioni di carattere generale che mi permettano di entrare nel merito dell’argomento che intendo affrontare, parto da qui, dal titolo della parte terza del libro, a cura di Paul Watzlawick, “La realtà inventata”. L’autore sostiene “Il mondo fondato sulla causalità lineare classica pare essere contraddistinto da due proprietà apparentemente logiche e necessarie: la separazione tra osservatore e osservato…e l’ordinamento omnicomprensivo in coppie di opposti… causa-effetto, buono cattivo, passato- futuro…salute-malattia…L’uomo moderno ha motivi sempre più validi per sospettare che, nella perfezione che egli cerca, c’è qualcosa che conduce inevitabilmente all’imperfetto….la nostra sorpresa e il nostro sconcerto quando scopriamo che sia le costruzioni scientifiche sia quelle sociali producono realtà che sono l’esatto opposto dell’ideale perseguito. La medicina comincia a contribuire alla malattia; scuole sempre più specializzate producono una sempre più diffusa mediocrità; l’addestramento alla comunicazione trasforma le persone in sordomuti mentali;…programmi di assistenza sempre più globali contribuiscono ad accrescere l’incompetenza del cittadino medio; la giustizia e il sistema penale sembrano produrre un numero di criminali sempre maggiore, e ogni ulteriore progresso sociale sembra determinare un’ulteriore erosione delle libertà individuali” (p. 150). Sembra proprio un quadro della situazione che stiamo vivendo.

1. Ripensare la scuola

Dal marzo scorso, quando sono state chiuse le scuole per arginare e contenere la diffusione del Covid-19, molto è stato detto: sulla necessità di non interrompere i percorsi di formazione, sull’istruzione a distanza, sulla necessità di avere a disposizione dispositivi tecnologici adeguati, sulla necessità di rinnovare gli arredi per favorire una didattica innovativa, sulla necessità di assumere docenti, sulla rilevanza delle somme stanziate per questo o quell’aspetto, sulle modalità di interazione alla ripresa dell’attività in presenza: rilevazione della temperatura, sanificazione, mascherine, distanziamento dei banchi (e degli alunni?) e via di questo passo. Per ciascuno degli aspetti che ho elencato è possibile rintracciare la logica dicotomica che si è utilizzata nel disegnare l’architettura dei cambiamenti ritenuti necessari i cui temi ricorrenti sono: innovazione, modernizzazione ed efficienza, assegnazione di più fondi, più docenti. Oltre allo strepito mediatico, però, è difficile trovare nella valanga di informazioni un disegno reale, per la scuola, che abbia al centro il sapere contemporaneo, o una riflessione sul mondo e sul perchè della scuola, sulla costruzione di un modello di formazione che ponga al centro i processi di insegnamento-apprendimento insieme al problema teoretico del cosa insegnare. Se un sistema non si ri-genera, de-genera: Morin lo ha detto molto chiaramente. Vale anche per la scuola. Potrebbe essere, questa, l’occasione per trasformare l’incertezza in opportunità di cambiamento, cambiamento auspicato da tempo, ripetutamente annunciato e mai realizzato, nonostante le riforme e i riordini. “Un sistema filosofico risolve un gruppo di problemi storicamente dato e prepara le condizioni per la posizione di altri problemi” sosteneva Benedetto Croce. Questo può valere anche per le riforme scolastiche: ogni riforma cerca di risolvere categorie di problemi storicamente posti e di costruire il sistema scolastico secondo coordinate culturali, sociali ed etiche che coniughino politica e pedagogia, dentro un esplicito progetto politico, giustificato giuridicamente, che si renda evidente in una congruente organizzazione amministrativa.

La scuola è un bene pubblico e come tale va pensata, gestita e considerata; un bene pubblico prevede mete condivise che trascendono l’interesse individuale o di parte, qualcosa di comune, uguale per tutti e che considera tutti uguali. Si fonda su un patto sociale e politico, sulla condivisione mediata di principi e di paradigmi che connotano il sistema che sarà gestito su una linea di continuità dall’alternanza degli schieramenti di partito, fino a che saranno proficuamente praticabili.

2. Un dibattito… povero

La qualità di un sistema formativo, della scuola in questo caso, non si dovrebbe valutare sul suo essere buona o cattiva, innovativa o tradizionale, giusta o ingiusta, ma sul suo essere efficace o inefficace cioè sulla sua capacità di raggiungere gli obiettivi e i risultati culturali e formativi che la società le affida. Pare, seguendo “i discorsi sulla scuola” di questi tempi, che le tecnologie, l’istruzione a distanza, i banchi monoposto con o senza rotelle, l’immissione di nuovi insegnanti, l’assegnazione di più fondi abbiano lo scopo di fare in modo che gli allievi imparino meglio. Non è così: ho l’impressione che in questi discorsi sulla scuola si sia perso di vista il quadro e si continui a parlare della cornice, senza rendersi conto, appunto, che è la cornice. Una scuola efficace, quella che dovrebbe permettere a tutti di raggiungere dei risultati soddisfacenti e a ciascuno di costruire le competenze necessarie per vivere nel migliore dei modi possibili, non passa per le graduatorie, le assunzioni di personale- questioni importanti e rilevanti socialmente, ma che sono altro-, si fonda su quello che si fa in classe, che si parli di Costituzioni, di storia, di ambiente, di formule, di concetti. Tutte cose che possono essere fatte molto bene o molto male: dipende dalla professionalità degli insegnanti e dalla gerarchia delle attenzioni che i Collegi riservano ai diversi aspetti culturali, alle scelte delle azioni pedagogiche e della condivisione di pratiche. E non passa neppure per la riduzione degli alunni per classe, se prima non decidiamo per quali classi, con quali criteri, con quali e quanti insegnanti, per quali attività, con quali risultati…; e lo stesso per l’istruzione a distanza, l’interdisciplinarità, il potenziamento, il recupero. Soprattutto in questo periodo di protratta emergenza, è necessario avere le idee chiare sul che cosa si vuole ottenere, con quali mezzi, strumenti, strategie ottenerlo e valutarlo, per non continuare a rincorrere mode, a farsi suggestionare da scelte che portano a ben poco.

Il dibattito sulla scuola continua ad essere povero, ad assomigliare più a un vociare confuso che a una vera analisi per individuare i vuoti culturali e orientare un cambiamento necessariamente condiviso. Le discussioni, è vero, sembrano non finire mai, ma questo è il tempo di scelte e di azioni concrete. Ho già avuto modo di scrivere che quando la politica deve distrarre l’opinione pubblica, mette sul tappeto qualche questione che riguarda la scuola e tutti si scatenano e pontificano, anche i politici che la scuola non la conoscono, per averla poco frequentata.

3. Il coraggio di una visione

Questa che stiamo vivendo non è una crisi personale, è la crisi di un mondo, del mondo così come l’abbiamo conosciuto e vissuto e per continuare a vivere dobbiamo riuscire a immaginare e a far immaginare come potrebbe essere un mondo futuro, profilando un orizzonte di senso che orienti la formazione, magari seguendo quanto suggerito da H.Gardner . Le “cinque chiavi per il futuro” possono aiutare aconfigurare un orizzonte di senso dove l’imprevedibilità può essere governata con meno angoscia- mascherata magari da strafottenza- e maggiore razionalità. Non sono i linguaggi che fanno la differenza, sono i nuovi pensieri, le nuove visioni. L’immaginazione, diceva Pascal, dispone di tutto: può creare la bellezza, la giustizia, la felicità, o il loro contrario, ma sempre parte da una domanda. E la risposta alla domanda genera un’altra domanda e un’altra ancora fino ad arrivare a una domanda che non ha risposta; lì bisogna avere il coraggio di una nuova visione che non si esaurisca in una gara di modernità ma che affronti i problemi veri con un’offerta formativa seria che può essere pensata ed erogata solo da professionisti seri e competenti. Non basta parlare di innovazioni, di cambiamenti epocali, di modelli nordeuropei, di arredi e di tecnologie, di inclusioni varie se poi si continua a permettere che entrino in aula persone che a 45/50 anni non hanno trovato di meglio da fare e per la prima volta si trovano ad affrontare l’insegnamento di una materia di cui conoscono, se va bene, quello che c’è scritto sul manuale con nulla di metodologia e di didattica. I ragazzi se ne accorgono subito e sanno con quali insegnanti “possono permettersi” e quelli a cui -come dice Charmet “riconoscono competenza, passione per la disciplina insegnata, curiosità e interesse sinceri nei loro confronti”. Sono gli insegnanti per i quali l’insegnamento è stata “la scelta”, quelli che continuano con grande fatica a cercare gli strumenti, il senso e lo scopo del loro insegnare, nei continui cambiamenti e nell’emergenza, anche se, come in questo periodo, sono stanchi, insoddisfatti e demotivati, disorientati dai continui rattoppi- di cui si tace- dalle carenze, dalle incongruenze e ridicole rincorse di una normalità che normale non può essere.

4. Conclusioni

Un insegnante per contratto e per senso del dovere può fare lezioni, progetti, corsi di recupero e potenziamenti, ma se vive il suo lavoro solo come dovere ha finito di essere insegnante: che passione trasmette, quale visione, quali significati. Ma non è facile continuare con entusiasmo se manca il senso di quello che viene richiesto. La responsabilità del malfunzionamento della scuola, in questo particolare periodo, chiama in causa l’intero governo: non ci si può continuare a nascondere dietro la scusa della complessità delle operazioni e all’imponenza dei numeri- come nel caso delle supplenze- per mascherare scelte sbagliate, continuando a fare la politica del personale anziché la politica della scuola. Pare oggi che tutti possano improvvisarsi insegnante: l’opinione, avvalorata dalla quasi totale mancanza di verifica del raggiungimento dei risultati, ingenera la convinzione che, contrariamente a tutte le altre professioni, si possa “fare l’insegnante” anche senza padroneggiare gli strumenti di lavoro, cioè senza imparare a insegnare. Gli esiti delle scelte fatte, o non fatte, li vedremo sul lungo periodo; per ora rileviamo gli abbandoni, le trascuratezze e le promozioni che però, purtroppo, da sole non bastano a certificare il successo delle scelte.

BIBLIOGRAFIA

P. Watzlawick (a cura di), La realtà inventata, Giangiacomo Feltrinelli Editore, Milano 2018;
Quaderno n. 15, Associazione Treellle, 2019;
E. Morin, Insegnare a vivere, Raffaello Cortina, Milano 2015;
G. Petropolli Charmet, Fragile e spavaldo. Ritratto dell’adolescente di oggi, Ed. Laterza economica, 2010 H. Gardner, Le cinque chiavi per il futuro, Feltrinelli, Milano 2007

“Scuola, falsa partenza”. Genitori e prof uniti protestano in piazza

da la Repubblica

di CORRADO ZUNINO

ROMA – Lungo la fila a emiciclo che segue la transenna di Piazza del Popolo, approderà al termoscanner, si coglie l’anima nuova di questa protesta di classe: i docenti, di ruolo e precari, sono vicini. E vicini agli studenti, un filo inconsapevoli. Vicini ai loro padri, qui sorridenti. Alle madri. Tenuti, tutti, insieme da un sindacato largo che lungo la transenna va dai vecchi Snals fino ai Cobas, ancora ieri riottosi nei confronti di eventi sulla scuola che definivano picnic.

Questa nuova intesa civile è stata formata e portata in piazza da un movimento chiamato “Priorità alla scuola” che si allarga nel Paese carezzando quella sinistra-sinistra – Black lives matter, Non una di meno, il sindacalista nero Aboubakar Soumahoro – che trova nella scuola un centro e che parlando d’altro parla di scuola.

“Priorità alla scuola” ora ha pure un rap dedicato, lo ha inventato sul palco-camion il leader adulto degli Assalti frontali, già Militant A. In questo sabato è solo Luca, tre figli in età scolare. E se la scuola priorità non l’ha fatta nessuno – né Renzi con i suoi tre miliardi, né tanto meno premier Conte che di miliardi spesi ne millanta sette ma in realtà sono solo 2,9 -, si capisce presto dove va questa manifestazione con duemila persone zuppe sui sampietrini: “Sono vent’anni che non s’investe sull’istruzione, ma Lucia Azzolina è uno dei peggiori ministri della storia”. Il premier a colloquio al Festival di Trento nelle stesse ore dice, con superficiale facilità: “Avere tutti i supplenti in cattedra il 14 settembre è una fiaba che non si è mai vista”. Dal palco Francesca Ruocco della Flc Cgil contraddice: “I supplenti non ci saranno fino a novembre e ad oggi i posti vuoti in cattedra sono ancora 215.000”. È lo stesso Conte a verificare la notizia: “Ad oggi abbiamo fatto quarantamila nomine”. In piazza non credono sia un dato positivo.

Perché mancano i prof

Non c’è intervento che non ricordi l’ultimo ceffone, dato a due mani, sulla faccia degli insegnanti precari: le Graduatorie online che regalano l’uscita dal lavoro a chi l’anno prima stava in testa alla classifica e che, a Torino, a Firenze, a Napoli, vengono pubblicate nella notte per essere annullate il pomeriggio che segue. Sono sbagliate. Se la girandola delle cose che non vanno, raccolte tra palco e sanpietrini, è stordente – “il rientro a scuola è pura propaganda”, grida Gianmarco Manfreda, coordinatore della Rete degli studenti medi -, è la frase di Cristina Tagliabue a dare il senso di tutto questo agitarsi in nome di un’istruzione cercata dai ragazzi e complicata dal vivo: “Siamo qui perché ognuno di noi deve uscire da sé, il genitore deve entrare nella testa del professore, il professore farsi bidello, il preside immaginarsi studente e lo studente sentirsi mondo intero”.

C’è bisogno di un’umanità futura per non sacrificare la scuola “sull’altare della produttività”. Senza pensiero critico “diventerete consumatori di futuro”. Ma è quando sul palco sale il sindacalista nero che la folla fradicia si tace: “La povertà dei poveri non si misura dal pane, dalla casa, dal calore, si misura dalla mancanza di cultura”, dice Soumahoro, “solo la scuola sa trasformare il potenziale di un giovane in passione”. Una derivata del Mandela “la cultura è l’arma più potente per cambiare il mondo”.

I calamitati da “Priorità” vengono da Ravenna e dalla provincia di Massa Carrara, vengono da Napoli, portati qui, per gli scherzi dei percorsi, dal neo Masaniello della protesta precaria, Pasquale Vespa, approdato in questi giorni ai lidi della destra di Caldoro, governatore mancato. Ma questo mondo ora in Piazza del Popolo cita Rossana Rossanda Benedetto Vecchi, anime del Manifesto, e chiede venti miliardi del Recovery Fund per cambiare aule e laboratori, soprattutto didattiche e pedagogie: “Serve l’obbligo scolastico dai tre ai diciott’anni”. L’investimento su scuola, università e ricerca deve crescere di un punto di Pil ogni anno. “La Azzolina non ci riceve?”, giurano gli studenti, “e noi la sfidiamo dalla piazza”.

C’è stato il 23 maggio, ora il 26 settembre: “Noi aspettiamo il prossimo evento, lo storytelling di Giuseppe Conte è smentito ogni giorno da venticinque milioni di famiglie”.


Scuola, nuova circolare di Speranza: “Sempre tamponi per casi sospetti”

da la Repubblica

In caso di sintomi sospetti di un alunno, il pediatra o il medico di famiglia devono richiedere “tempestivamente il test diagnostico” al dipartimento di prevenzione. Lo chiarisce l’ultima circolare del ministero della Salute, datata 24 settembre e diffusa per “fornire chiarimenti in merito agli attestati di guarigione da Covid-19 o da patologia diversa da Covid-19 per alunni e personale scolastico”.

Le indicazioni riguardano 4 scenari: il caso in cui un alunno ha più di 37,5 di febbre o una sintomatologia compatibile in classe; il caso in cui questo avvenga a casa; il caso in cui è un operatore scolastico ad avere febbre o altri sintomi a scuola; e infine se l’operatore scolastico accusa sintomi a casa. In tutte queste situazioni viene effettuato il tampone, per il quale il documento sottolinea che “gli operatori scolastici e gli alunni hanno una priorità”.

Se un alunno o un operatore dovessero risultare positivi, il caso viene notificato al dipartimento di prevenzione che avvia la ricerca dei contatti e indica le azioni di sanificazione straordinaria della struttura scolastica nella sua parte interessata, secondo quanto previsto dal documento dell’Iss sulla riapertura delle scuole varato ad agosto.

“Per il rientro in comunità – si legge nella circolare – bisognerà attendere la guarigione secondo i criteri vigenti”, ovvero l’effettuazione di due tamponi (test di biologia molecolare) a distanza di 24 ore l’uno dall’altro con un esito doppio negativo, cui potrà seguire la fine dell’isolamento. “L’alunno o l’operatore scolastico – si legge – rientreranno a scuola con attestazione di avvenuta guarigione e nulla osta all’ingresso o rientro in comunità”.

In caso di test negativo, invece, “il pediatra o il medico curante valuteranno il percorso clinico e diagnostico più appropriato (ad esempio una eventuale ripetizione del test) e comunque l’opportunità dell’ingresso a scuola”. Nel caso in cui venisse riscontrasse una patologia diversa da Covid-19, la persona rimarrà a casa fino a guarigione clinica seguendo le indicazioni del medico. Se l’alunno o l’operatore sono invece conviventi di un caso accertato, verranno posti in quarantena. Eventuali loro contatti stretti, come i compagni di classe dell’alunno in quarantena, invece, “non necessitano di quarantena, a meno di successive valutazioni del Dipartimento di Prevenzione in seguito a positività di eventuali test diagnostici sul contatto stretto convivente di un caso”.

Soddisfatta la Federazione italiana medici pediatri. “La circolare dice quello che stiamo chiedendo da settimane a gran voce: un bambino o un ragazzo con almeno uno dei sintomi deve essere sottoposto a tampone” commenta il preside Paolo Biasci. “Il documento – osserva Biasci – non fa riferimento al numero di giorni, ma l’indicazione è di farlo ‘tempestivamente’, prima possibile”.  Per il pediatra la via del tampone per distinguere una banale influenza dal coronavirus è l’unica possibile. Tuttavia di pari passo “serve un impegno di risorse sul territorio destinato a investimenti nei centri per il test, nei laboratori e nel personale”. La domanda infatti salirà in maniera importante e va fronteggiata con nuove forze: “I genitori sono arrabbiati e hanno ragione – risponde Biasci – Non sanno cosa fare, sono in attesa di una telefonata della Asl per effettuare il tampone ma i tempi si allungano”.

Rientro a scuola alunni, docenti e ATA positivi al Covid: si può con doppio tampone e certificato. Circolare Salute

da OrizzonteScuola

Di Ilenia Culurgioni

Il Ministero della Salute, con la nota n.30847 del 24 settembre 2020, fornisce le linee guida sul rientro a scuola di alunni, docenti e ATA positivi al Covid 19.

Alunni, docenti e ATA positivi

Se il test risulta positivo, si notifica il caso al DdP che avvia la ricerca dei contatti e indica le azioni di sanificazione straordinaria della struttura scolastica nella sua parte interessata, secondo quanto previsto dal documento recante ‘Indicazioni operative per la gestione di casi e focolai di SARS-CoV-2 nelle scuole e nei servizi educativi dell’infanzia’.

Per il rientro a scuola bisognerà attendere la guarigione e l’effettuazione di due tamponi (test di biologia molecolare) a distanza di 24 ore l’uno dall’altro con un contestuale doppio negativo, cui potrà conseguire la conclusione dell’isolamento e l’inserimento in comunità. L’alunno, docente, ATA rientrerà a scuola con attestazione di avvenuta guarigione e nulla osta all’ingresso o rientro in comunità.

Assenza per malattia e rientro a scuola

Tampone positivo
In caso di tampone per SARS-CoV-2 con esito positivo, il PLS\MMG, dopo aver preso in carico il paziente ed aver predisposto il corretto percorso diagnostico\terapeutico predispone, dopo la conferma di avvenuta guarigione, con l’effettuazione di due tamponi a distanza di 24 ore, l’uno dall’altro risultati negativi, “Attestazione di nulla osta all’ingresso o al rientro in comunità”.

Tampone negativo
In caso di patologie diverse da Covid-19, con tampone negativo, il soggetto rimarrà a casa fino a guarigione clinica seguendo le indicazioni del PLS/MMG che redigerà un certificato che l’alunno, docente o ATA può rientrare a scuola poiché è stato seguito il percorso diagnostico-terapeutico e di prevenzione per Covid-19, come disposto da documenti nazionali e regionali.

Circolare Ministero Salute del 24 settembre 2020

Caos precari, meno del 50% delle nomine, boom ricorsi, ma per Azzolina: “Entro sette giorni sarà tutto ok”

da OrizzonteScuola

Di redazione

Più che le mascherine e i banchi monoposto il problema in questi giorni di avvio dell’anno scolastico per molti istituti è la mancanza di docenti, segnala in un approfondimento, l’agenzia di stampa Ansa.

I sindacati contestano questa ricostruzione: per la Cisl scuola è stato nominato finora meno del 50% del personale precario e si è in ritardo rispetto agli anni scorsi. Concorda Pino Turi (Uil Scuola)“E’ stato nominato il 30-40% fino a pochi giorni fa, secondo i nostri calcoli non si va oltre il 50%”.

Mentre alcuni territori non registrano particolari problemi, in altri invece la situazione è preoccupante: oltre alle cattedre vuote ci sarebbero molte irregolarità nell’assegnazione dei punteggi delle ultime Graduatorie provinciali per le supplenze e questo fa temere anche una valanga di ricorsi con il passare dei mesi. Una delle situazioni più gravi vengono segnalate in Lombardia e in particolare in provincia di Milano dove, come racconta il Coordinamento nazionale precari scuola“sono state pubblicate con ampio ritardo, il 7 settembre, graduatorie piene di errori. Molti docenti con pluriennale servizio si sono visti scavalcare in graduatoria da assegnisti universitari senza alcun giorno di servizio o da colleghi inseriti in prima fascia senza abilitazione”.

Il ministero dell’Istruzione, intanto, procede spedito nell’organizzazione del concorso straordinario per la scuola secondaria che potrebbe tenersi già a metà ottobre

C’è preoccupazione da parte dei sindacati per l’organizzazione delle prove del concorso che dovrebbero svolgersi nelle scuole: non ci saranno rischi? Verrà predisposta una adeguata sanificazione degli ambienti? Lunedì ministero e sindacati ne parleranno nel corso di un incontro che è stato già fissato.

Intanto quest’anno sarebbero circa 132 mila i posti per supplenze annuali da coprire ai quali vanno aggiunti 70 mila posti come organico Covid.

Tragica la situazione per gli studenti disabili che aspettano di prof di sostegno: sono 21.000 i posti vacanti, ma è stata possibile l’assunzione di sole 1.657 unità, il tutto per mancanza di candidati, denuncia la Cisl Scuola. “Sono 259.757 i disabili che frequentano le nostre scuole e per loro ci sono quasi 200.000 insegnanti,il 52% sono precari – dice Maddalena Gissi, leader della Cisl Scuola – in questi giorni , tra ritardi e Graduatorie provinciali sbagliate, i più fragili soffrono ancora di più. In un anno Covid , l’ideologia ha vinto sul buon senso”. 

Concorso straordinario, al via a metà ottobre. 32mila i posti messi a bando

da OrizzonteScuola

Di redazione

Lunedì prossimo i sindacati saranno al Ministero, convocati per una informativa relativa al concorso straordinario. Secondo quanto riferitoci, la data di avvio delle prove potrebbe essere fissata per la metà di ottobre.

I posti messi a bando sono 32mila, le domande sono circa 64milaTutti i posti per Regione e classe di concorso

Prova in caso di emergenza sanitaria

E’ prevista un’unica prova. La prova si svolgerà nella regione indicata nella domanda o, se le condizioni epidemiologiche dovessero richiederlo, nella regione indicata appositamente per lo svolgimento della prova.

La prova scritta, computer based

  • La prova scritta, da superare con il punteggio minimo di 56/80 sarà computer based, distinta per classe di concorso e tipologia di posto.
  • La durata della prova e’ pari a centocinquanta minuti, fermi restando gli eventuali tempi aggiuntivi di cui all’art. 20 della
    legge 5 febbraio 1992, n. 104.

Prova scritta posti comuni: 5 quesiti + 1 di inglese

La prova scritta per i posti comuni, e’ finalizzata alla valutazione delle conoscenze e delle competenze disciplinari e didattico-metodologiche, nonche’ della capacita’ di comprensione del testo in lingua inglese ed e’ articolata come segue:

a. cinque quesiti a risposta aperta, volti all’accertamento delle conoscenze e competenze disciplinari e didattico-metodologiche in relazione alle discipline oggetto di insegnamento;
b. un quesito, composto da un testo in lingua inglese seguito da cinque domande di comprensione a risposta aperta volte a verificare la capacita’ di comprensione del testo al livello B2 del “Quadro comune europeo di riferimento per le lingue.”

 Prova scritta posti di sostegno

La prova scritta per i posti di sostegno e’ finalizzata all’accertamento delle metodologie didattiche da applicare alle diverse tipologie di disabilita’, nonche’ finalizzata a valutare le conoscenze dei contenuti e delle procedure volte all’inclusione scolastica degli alunni con disabilita’, oltre che la capacita’ di comprensione del testo in lingua inglese ed e’ articolata come segue:

a. cinque quesiti a risposta aperta, volti all’accertamento delle metodologie didattiche da applicare alle diverse tipologie di disabilita’, nonche’ finalizzata a valutare le conoscenze dei contenuti e delle procedure volte all’inclusione scolastica degli alunni con disabilita’;

b. un quesito, composto da un testo in lingua inglese seguito da cinque domande di comprensione a risposta aperta volte a verificare la capacita’ di comprensione del testo al livello B2 del Quadro comune europeo di riferimento per le lingue.

Prova scritta classi di concorso di lingua inglese

La prova scritta per le classi di concorso di lingua inglese e’ svolta interamente in inglese ed e’ composta da 6 quesiti a risposta aperta rivolti alla valutazione delle relative conoscenze e competenze disciplinari e didattico-metodologiche.

I quesiti  delle classi di concorso relative alle restanti lingue straniere, sono svolti nelle rispettive lingue, ferma restando la valutazione della capacita’ di comprensione del testo in lingua inglese al livello B2 con il quesito di lingua inglese.

I programmi

Allegato C – Programmi prova scritta
Errata Corrige allegato C – Programmi prova scritta

Titoli valutabili

Allegato D – Tabella dei titoli valutabili

Rientro a scuola degli alunni con sintomi: la confusione è massima

da La Tecnica della Scuola

Con il passare dei giorni e il moltiplicarsi dei casi di positività al Covid-19 riscontrati in ambiente scolastico crescono la confusione e la difficoltà di capire con precisione le procedure da seguire, nonostante le indicazioni fornite dall’Istituto superiore di sanità.
In più casi sta diventando complicato trovare soluzioni precise ed efficaci (ma anche semplici).

Per esempio, proprio nella giornata odierna, l’Ansa ha parlato di un caso quasi paradossale.
Una ragazzina di scuola media risulta positiva al tampone pur essendo asintomatica; quindi l’alunna resta a casa in quarantena e i genitori chiede che le vengano garantite lezioni on line.
A questo punto – così riferisce la nota di agenzia – la scuola “risponde richiedendo a sua volta un certificato medico che attesti che l’alunna sia psicologicamente in grado di seguire le lezioni via web a distanza”.

Il caso viene denunciato dal segretario della Federazione dei medici di famiglia Silvestro Scotti che afferma di essersi rifiutato di rilasciare il certificato.
“Il rilascio di una simile certificazione da parte del medico configurerebbe un falso ideologico – spiega Scotti –  poiché il medico dovrebbe attestare la capacità psicologica della ragazzina di seguire le lezioni a distanza senza poterla visitare dato il suo stato di positività al nuovo coronavirus”.

Il problema, però, è più ampio perché da più parti arrivano segnalazioni di una vera e propria abnorme proliferazione di certificazioni.
E non sempre i medici accettano di certificare, tanto che in diverse scuole i dirigenti scolastici hanno firmato circolari con cui si chiede alle famiglie di produrre un’apposita certificazione medica nei casi di alunni che siano stati allontanati dalla scuola a seguito di sintomi “sospetti”.

A questo punto se il pediatra non rilascia nessun certificato per il rientro devono essere le famiglie a autodichiarare sotto la propria responsabilità di aver seguito il percorso terapeutico e assistenziale previste dalle disposizioni dell’Istituto superiore della Sanità e dalle autorità regionali.
Purtroppo, però, talora le regole cambiano da regione a regione e questo complica ulteriormente la situazione.

Il Comitato di valutazione è morto, parola di Flc-Cgil

da La Tecnica della Scuola

Il CCNI sul MOF 2020/21 decreta di fatto la morte del Comitato di valutazione o, per essere più precisi, la morte del “Comitato allargato” al quale la legge 107/2015 assegnava il compito di stabilire i criteri per la distribuzione del cosiddetto “bonus premiale” ai docenti.
Il nuovo assetto viene chiarito dalla Flc-Cgil con espressioni inequivocabili: “Il Contratto di scuola, contrariamente al comitato di valutazione, stabilisce criteri, stabilisce destinazione delle risorse del bonus ‘sommandole e mescolandole’ a tutte le altre del MOF, opera la ripartizione fra docenti e ATA”.

“Cosa rimane da fare al Comitato?” si chiede retoricamente il sindacato di Francesco Sinopoli.
La risposta è netta (e forse anche un po’ sarcastica): “Nulla di nulla. La razionalità contrattuale è stata ripristinata, le pretese premiali sono ormai dissolte. Il Comitato si riunirà con la sola componente docente e solo per la valutazione dell’anno di prova e per le richieste di riabilitazione a seguito di sanzioni disciplinari (articoli 440 e 501 del DLgs 297/94)”.

La Flc-Cgil coglie l’occasione per fare una accurata ricostruzione delle vicende normative e contrattuali legate al bonus a partire dalla legge che lo aveva istituito per passare attraverso il contratto nazionale 2016/18 che aveva “assestato i primi colpi” alla norma di legge stabilendo che le risorse del bonus venissero aggiunte tutte le altre destinate alla retribuzione accessoria.

Con la legge di bilancio per il 2020 è stato stabilito che le risorse stesse possano essere utilizzate anche per retribuire il personale ATA.
“Supremo e unico decisore in merito – sottolinea ancora la Flc-Cgil – è il contratto di Istituto”.
Il “colpo” finale e decisivo – spiega ancora il sindacato di Sinopoli – arriva però proprio dal CCNI sul MOF firmato a fine agosto.

Il Comitato di valutazione – osserva la Flc – non viene chiamato in causa, ma è del tutto evidente che esso è ormai “completamente fuori gioco”.

Il Comitato – aggiunge ancora il sindacato – veniva interpellato per stabilire criteri validi solo per i docenti: nel momento in cui subentrano come beneficiari anche gli ATA, il Comitato cessa di operare anche perché dovrebbe prendersi una facoltà (suddividere i fondi fra docenti e ATA) che esso non ha: il suo statuto normativo è quello di occuparsi solo dei docenti e nel momento in cui subentra tale complicazione la sua ragion d’essere viene meno”.
“E – conclude la Flc, con tono visibilmente soddisfatto – se anche il Comitato si riunisce per stabilire, sulla base della somma stanziata, i criteri di assegnazione, potrebbe trovarsi ad aver fatto una operazione resa vana da ciò che stabilisce il contratto di scuola (che legittimamente può prevedere di non premiare il merito)”.
Ecco perché, almeno per quanto riguarda il bonus, il Comitato d valutazione non ha più nulla da dire e nulla da fare.

Resta tuttavia un piccolo problema: il Comitato nella nuova composizione (e cioè allargato a genitori, studenti e un esperto esterno nominato dall’USR) continua ad essere previsto dalle norme. Forse, per evitare contenziosi e ricorsi, non sarebbe male se il legislatore intervenisse in qualche modo.

Supplenze in ritardo, per i sindacati 2 docenti su 3 ancora da nominare. Il Ministero: 80% dei posti coperti

da La Tecnica della Scuola

Uno dei problemi emersi sabato 26 settembre a Piazza del Popolo a Roma, durante la manifestazione indetta da Priorità alla scuola, è quello della mancata nomina di una parte consistente delle 200 mila supplenze annuali: in moltissimi istituti, non a caso, l’orario settimanale continua ad essere ridotto. E, soprattutto alle superiori, è tornata la didattica a distanza. I problemi di composizione delle Gps, del resto, non aiutano.

“Questo è un movimento che raccoglie le anime della scuola tutta – ha detto Cristina Tagliabue, una delle promotrici dell’evento – nato per immaginare collettivamente l’istruzione. Da aprile chiediamo che la scuola sia in presenza, in sicurezza e in continuità, senza turni, senza riduzioni di orario”.

Gli ha fatto eco Anita Pelagi, del coordinamento nazionale precari, per la quale “l’anno scolastico inizia con 200 mila precari”, molti dei quali ancora da nominare perché “il ministero che ha messo in piedi graduatorie zeppe di errori” senza “ascoltare né cambiare rotta”.

“Il precario – ha continuato Pelagi – non può continuare a vivere nei tribunali per esercitare il proprio lavoro: lasciare un precario a vita è un modo vigliacco per agire. Dovevamo essere assunti dal 1° settembre e invece no: chi ne paga le conseguenze sono i docenti, il personale, i dirigenti. Vergogna”.

Azzolina: solo qualche istituto fa doppi turni

Da Agrigento, la ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina ha però detto che c’è solo “qualche istituto che fa i doppi turni, ma sugli spazi è stato fatto un grande lavoro. Abbiamo investito grandi risorse: solo per la Sicilia – ha continuato la titolare del MI – abbiamo dato 32 milioni di euro per l’edilizia scolastica leggera, per fare lavori, e altri 13 milioni e mezzo per l’affitto di nuovi spazi. Abbiamo dato 20 milioni di euro per gli studenti non abbienti, per comprare libri e kit didattici”.

Secondo Azzolina “si può fare sempre meglio, però l’importante è che lavorino tutti: gli enti locali sono i proprietari degli edifici scolastici. I lavori sono stati fatti, abbiamo fatto accordi anche con il vicariato per trovare spazi nuovi. Criticità ci sono, ma le risolveremo. L’obiettivo è quello di garantire l’istruzione ai nostri studenti”.

Il Ministero: a breve tutti in cattedra

Anche da Viale Trastevere dicono che la situazione è sotto controllo: il ministero dell’Istruzione sostiene che verrà completata entro la prossima settimana la nomina dei supplenti annuali da parte degli Uffici scolastici territoriali. E che in media, è già stato dato oltre l’80% dei posti che potevano essere coperti scorrendo le graduatorie provinciali.

Poi bisognerà nominare il cosiddetto ‘organico Covid’, che è personale in più – docente, tecnico e ausiliario – a tempo determinato, per garantire il distanziamento e le compresenze, soprattutto nella scuola dell’infanzia e primaria, e che verrà nominato dai dirigenti scolastici.

I numeri dei sindacati

Ma i sindacati contestano questa ricostruzione: per la Cisl Scuola è stato nominato finora meno del 50% del personale precario e si è in ritardo rispetto agli anni scorsi. Concorda Mentre alcuni territori non registrano particolari problemi, in altri invece la situazione è preoccupante.

Secondo Pino Turi, segretario generale Uil scuola, invece “è stato nominato il 30-40% fino a pochi giorni fa, secondo i nostri calcoli oggi non si va oltre il 50%: oltre alle cattedre vuote ci sarebbero molte irregolarità nell’assegnazione dei punteggi delle ultime Graduatorie provinciali per le supplenze e questo fa temere anche una valanga di ricorsi con il passare dei mesi”.

Una delle situazioni più gravi vengono segnalate in Lombardia e in particolare in provincia di Milano. Problemi anche nel Lazio, dove la copertura dei posti è al 60%.

La scuola non va lasciata sola

da La Tecnica della Scuola

Le scuole hanno riaperto grazie agli insegnanti, al loro coraggio e al loro desiderio di rivedere i loro allievi, nonché grazie al loro lavoro.

Se qualcuno si fosse affacciato anche solo nel cortile di una scuola nelle prime due settimane di settembre, avrebbe visto tante persone con in mano pennelli, secchi di vernice, nastro adesivo, scatoloni trasportati fuori dalle aule e se fosse entrato avrebbe visto  persone inginocchiate a terra ad incollare adesivi per stabilire le posizioni dei banchi o quelli degli allievi in palestra e nei corridoi.

Queste persone erano insegnanti, lasciati soli ad affrontare ogni genere di difficoltà, come succede da molti anni, ed in particolar modo dai tempi della riforma Gelmini del 2009, che ha ridotto la scuola in una condizione di deprivazione di risorse inaccettabile.

Queste e questi insegnanti avrebbero potuto impiegare meglio il loro tempo, dedicandosi alla progettazione di attività didattiche alternative alla lezione frontale, che permettessero non solo di riaprire in sicurezza, immaginando una didattica all’aria aperta e attività svolte contattando risorse e associazioni del territorio, ma anche di farlo con maggiore efficacia didattica, considerando tra l’altro la necessità di recuperare ciò che è stato perso nella didattica a distanza dello scorso anno scolastico.

Ciononostante la maggior parte delle scuole ha riaperto e forse in questo momento le scuole sono il luogo più sicuro per i giovani e gli adolescenti.

Il problema è che la scuola viene lasciata sola anche adesso. Sembra essere infatti l’unica istituzione, insieme alle strutture del sistema sanitario, impegnata nel far rispettare le regole a giovani ed adolescenti i quali, appena usciti dal cancello, tolgono la mascherina e, dopo una mattinata passata rispettando i distanziamenti si ammucchiano senza minimamente considerare il rischio che fanno correre ai loro genitori, ai loro nonni e a tutti i loro parenti.

Uscendo la sera continuiamo inoltre a vedere assembramenti impressionanti di giovani, senza che nessun controllo venga messo in atto dalle istituzioni locali.

L’andamento dei contagi sembra dirlo chiaramente: durante l’estate i giovani hanno contribuito enormemente a diffondere il virus. Infatti l’età media si è notevolmente abbassata. Ora lo stanno portando nelle proprie famiglie e l’innalzamento dell’età media dei contagiati sembra esserne un chiaro indicatore.

Un appello alle istituzioni: non lasciate la scuola da sola anche in questo frangente. Non si può pensare che la scuola risolva tutti i problemi. Sicuramente può dare un proprio importante contributo, insegnando all’interno delle scuole come comportarsi per mantenere la socializzazione convivendo con il virus, ma all’esterno occorre che da parte delle istituzioni locali vengano messi in atto controlli molto più seri per evitare gli assembramenti serali senza mascherina, a volte non indossata neanche da cuochi e camerieri.

Penso inoltre che occorrerebbe, da parte del Ministero della Salute, un’incisiva campagna di informazione specificatamente rivolta ai giovani, che deve passare soprattutto attraverso i social media da loro più utilizzati, visto che spesso non si informano attraverso radio, televisione e giornali.
Altrimenti questa volta lasciare da soli gli insegnanti significherà andare verso il disastro.

Concorso straordinario secondaria ai nastri di partenza, il ministero convoca i sindacati

da La Tecnica della Scuola

Il ministero dell’Istruzione stringe i tempi sul concorso straordinario per 32 mila docenti della scuola secondaria di primo e secondo grado: per lunedì 28 settembre i sindacati rappresentativi sono stati convocati dai dirigenti del dicastero di Viale Trastevere per l’informativa sulle procedure da attuare su come definire le modalità di svolgimento della prova scritta a cui parteciperanno oltre 64 mila candidati.

Secondo quanto filtra, il concorso si svolgerà molto probabilmente a metà ottobre, come annunciato del resto alcuni giorni fa dalla ministra Lucia Azzolina.

La prova

Come preannunciato, la prova del concorso docenti straordinario sarà composta da cinque quesiti a risposta aperta e da un quesito, incentrato su un testo in lingua inglese seguito da cinque domande di comprensione a risposta aperta, volte a verificare la capacità di comprensione del testo al livello B2  del Quadro comune europeo di riferimento per le lingue. Questo per quanto riguarda i posti comuni.

Per quanto riguarda invece i posti di sostegno, il concorso scuola straordinario prevede cinque quesiti a risposta aperta, volti all’accertamento delle metodologie didattiche da applicare alle diverse  tipologie di disabilità, nonché finalizzata a valutare  le conoscenze dei contenuti e delle procedure volte all’inclusione scolastica degli alunni con disabilità. Verrà anche somministrato un quesito a parte, composto da un testo in lingua inglese seguito da cinque domande di comprensione a risposta aperta volte a verificare la capacità di comprensione del testo al livello B2 del Quadro comune europeo di riferimento per le lingue.

I cinque quesiti volti all’accertamento delle conoscenze e competenze disciplinari e didattico-metodologiche in relazione alle discipline oggetto di insegnamento, potranno valere in totale un punteggio di 15 punti, mentre al quesito di lingua verranno assegnati soli 5 punti.

La prova avrà una durata pari a 150 minuti, “fermi restando gli eventuali tempi aggiuntivi di cui  all’art. 20  della legge 5 febbraio 1992, n. 104”.Per superare la prova scritta serve un punteggio complessivo non inferiore a 56/80.

Il programma d’esame delle prova concorsuale è contenuto nell’Allegato C al Decreto n. 510 del 23 aprile 2020.

Lega contraria: assumiamo i precari storici

Il senatore Mario Pittoni, responsabile Scuola della Lega e vicepresidente della commissione Cultura, fa sapere che di avere chiesto “alle parti sociali di fare fronte comune contro i concorsi annunciati dal ministro Azzolina. Urgente è stabilizzare chi da una vita viene chiamato a fare il supplente; non concorsi con numeri ridicoli in rapporto alle necessità e che non coprirebbero alcuna cattedra in questo anno scolastico…”.

Il deputato della Lega Rossano Sasso ritiene che “il numero dei contagi aumenta, si vieta l’accesso agli eventi sportivi, anche per un numero programmato di pubblico. Si chiudono le scuole per un singolo caso di contagio. Tutto questo per evitare una nuova esplosione di casi. Poi però arriva la Azzolina e piazza a metà ottobre un mega-concorso, in data unica e per oltre 60.000 persone”.

Per Sasso “momento più sbagliato non si poteva scegliere, a guardare la curva dei contagi che purtroppo sono in costante crescita. Anziché perseverare in una scelta tanto inutile quanto irresponsabile, la Azzolina accolga le proposte della Lega, assuma per titoli e servizio e la smetta con questa sua guerra personale ai precari”.

Commissioni ancora da allestire

Ricordiamo la presentazione delle candidature per le commissioni di valutazione del concorso straordinario è stata posticipata al 30 settembre: la domanda potrà essere inoltrata telematicamente, attraverso la piattaforma Concorsi disponibile sul sito www.miur.gov.it, raggiungibile dall’Area Riservata MIUR / Servizi / Tutti i servizi / Piattaforma Concorsi e Procedure Selettive.

Entro lo stesso termine, potranno presentare istanza anche i professori universitari, attraverso la piattaforma del sito CINECA, raggiungibile all’indirizzo https://loginmiur.cineca.it/.

Conte: “L’Italia riparte solo se riparte la scuola”

da La Tecnica della Scuola

Il premier Conte mette (di nuovo) al centro della ripresa dell’Italia la scuola, che ha da alcune settimane ha ripreso le attività didattiche.

Senza la scuola l’Italia non riparte

In collegamento con ‘Le imprese motore per l’Italia’, convegno organizzato dall’osservatorio economico e sociale ‘Riparte l’Italia‘, il presidente del Consiglio ha spiegato quali sono i temi principali su cui puntare nei prossimi mesi. E la scuola è una di questi.

L’Italia riparte solo se riparte la scuola” – spiega Conte – “siamo in giorni cruciali in queste prime settimane l’anno scolastico è ripreso in modo ordinato, nel rispetto delle regole, simbolo questo, potremmo dire, di un’Italia che si rialza e riprende a correre“.

Conte ha proseguito: “non disuniamoci nella fase cruciale della ricostruzione“, invitando tutti a “non accontentarci, Italia può e deve osare“, sprona ancora Conte, che si dice “orgoglioso per i riconoscimenti sulla gestione della pandemia“.

Italia modello da seguire

Le parole di Conte si agganciano a quelle della Ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina, in merito al riconoscimento da parte dei paesi esteri per il buon lavoro dell’Italia anche per quanto riguarda la riapertura delle scuole.

Oggi l’Italia viene citata come modello di gestione dell’emergenza”, ha detto Azzolina, sottolineando che la menzione viene direttamente “dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, lo scrivono sempre più spesso i giornali internazionali: pochi giorni fa il Financial Times, oggi il Süddeutsche Zeitung”.

Azzolina nei giorni scorsi ha anche annunciato, a proposito di interventi sulla scuola, della necessità di investire i fondi del Recovery Fund proprio sull’istruzione.

Come si misura la qualità della Scuola?

da La Tecnica della Scuola

Nel suo commento di ieri sul Corriere della Sera, Ernesto Galli della Loggia sostiene che la qualità negata a scuola  – titolo dell’articolo – dipende non tanto dai mancati investimenti in edilizia, dagli striminziti stipendi degli insegnanti, dai numeri dell’abbandono scolastico e così via di negligenza in negligenza. No. Per il noto editorialista del Corriere, il vero problema è la qualità degli insegnanti. E fin qui, al limite – ma proprio al limite – potremmo condividere il suo pensiero. Ma allorché Galli della Loggia entra nel dettaglio, spiegando cosa intende per “qualità”, allora là, no, non possiamo che essere in totale disaccordo.

Nessuno tocchi l’inclusione

Per lui, i professori di qualità sono coloro che riescono a sfuggire ad una pervasiva ideologia che ha fatto della scuola una istituzione di tipo socio-assistenziale regolata da un democraticismo pseudo benevolo che si è fatto un punto d’onore nel considerare degli inutili ferrivecchi il merito e la disciplina. Capacità e dedizione sono le due qualità fondamentali del bravo professore, non  i programmi, i laboratori, le attrezzature, l’«inclusione».

Il fatto che abbia messo tra virgolette la parola inclusione fa ancora di più comprendere quanto poco peso Della Loggia dia a questa idea che, al contrario, rappresenta il fiore all’occhiello del nostro sistema scolastico.

L’idea del “non uno di meno”, dell’accoglienza senza se e senza ma, della scuola ultimo baluardo in una società in cui molti bambini sono abbandonati a se stessi, per motivi economici, di degrado sociale, di “incompetenza genitoriale” e che proprio nella scuola trovano un ambiente che li accoglie, maestri e professori che comprendono le loro sofferenze e si prodigano per lenirle.

Ciò non significa che la scuola sia diventata, come dice Della Loggia nel suo articolo – lo ripetiamo –  una istituzione di tipo socio-assistenziale a causa di una non meglio precisata pervasiva ideologia. Anzi.

Le nostre scuole dell’infanzia e primarie sono un modello in tutto il mondo, i nostri studenti e giovani professionisti all’estero sono lodati per la qualità del loro sapere e delle loro competenze. E da dove vengono fuori questi giovani se non dai nostri licei?

La Germania, un modello che non convince

Invece, dice sempre Galli Della Loggia, Vorrei ricordare l’esempio della Germania, uno dei Paesi più liberi e democratici d’Europa. Dove al termine dei quattro anni della scuola elementare (della scuola elementare!) un alunno non può affatto iscriversi al corso di studi che più gli piace . Pensate un po’, il modello tedesco, quello della selezione precoce, quello in cui i bambini già a dieci anni sono sottoposti dall’istituzione scolastica a un triage che li orienta – con poche possibilità di sfuggire al loro destino –verso i licei o gli istituti tecnici e professionali. Il modello tedesco delle Sonderschule , le scuole speciali (chiamiamole anche, senza ipocrisie, scuole differenziali), per bambini e ragazzi diversamente abili, dove in uno dei Paesi più liberi e democratici d’Europa venivano spediti i figli degli immigrati italiani che avevano difficoltà ad imparare il tedesco.

Chi si ricorda delle scuole differenziali in Italia? Non esistono più da oltre quarant’anni e l’Italia è stata e continua ad essere un esempio di integrazione. Conclude Della Loggia, alla fine del suo inneggiare al modello tedesco: Riesce qualcuno a raffigurarsi nei termini esatti il prestigio sociale che in un tale sistema finisce per avere l’istruzione, la figura del maestro e dell’insegnante in generale?

Per quanto ci riguarda, l’unica cosa che riusciamo a raffigurarci è che di un prestigio ottenuto a questo prezzo i docenti italiani non sanno che farsene.

Sindacati in piazza

da La Tecnica della Scuola

In un comunicato congiunto le organizzazioni sindacali FLC CGIL, CISL Scuola, UIL Scuola RUA, SNALS Confsal e GILDA Unams spiegano i motivi della manifestazione di oggi a Roma, indetta dal comitato “Priorità alla scuola”, in piazza del Popolo, insieme ad altre espressioni associative delle famiglie e del mondo scolastico.

In modo particolare i sindacati non ci stanno ad essere messi da parte, coinvolti quando era necessario affrontare l’emergenza Covid con i protocolli sulla sicurezza e inascoltati quando c’è da decidere come spendere le risorse del Recovery Fund.

Su questo chiedono che si apra da subito una fase di intenso confronto con l’Amministrazione e il Governo, mentre sollecitano l’avvio dei negoziati per il rinnovo del contratto nazionale di lavoro scaduto nel 2018. È sulla base di ciò che saranno valutate le ulteriori mobilitazioni sindacali.

“E’ necessario che il Governo discuta con le parti sociali – ha affermato da Napoli il segretario generale della Cgil – a partire dalle organizzazioni sindacali, su come si spendono i soldi europei e su come si cambia il nostro modello di sviluppo, facendo quelle riforme che da anni attendiamo e che oggi pensiamo ci siano le condizioni per poter fare”. “Ripartire dal lavoro vuol dire ripartire dai diritti, dalla qualità del lavoro, dalla lotta alla precarietà”.

“Da tanto – ha detto a Milano la leader Cisl- aspettiamo la convocazione del presidente del Consiglio che continua a non arrivare. Glielo abbiamo detto a luglio durante la manifestazione nazionale a Roma, glielo diremo di nuovo oggi in tutte le piazze capoluogo delle regioni d’Italia. Nessun euro dei 209 miliardi del Recovery Fund deve essere sprecato. Tutto deve andare alla crescita, al lavoro, al benessere dei cittadini e all’insegna della coesione sociale”.

Indispensabile poi rinnovare i contratti, nel pubblico come nel privato, detassando gli aumenti. Più di 10 milioni di lavoratori e lavoratrici attendono il rinnovo e non si può più aspettare, anche per rilanciare i consumi interni.

Queste, insieme alla necessità che si completino nel più breve tempo possibile le nomine del personale docente e ATA – con le dovute garanzie di legittimità e riconoscimento di diritti lavorativi e sindacali – al fine di permettere un funzionamento a pieno regime delle scuole.

Fare di istruzione e formazione temi centrali nelle scelte di investimento; rinsaldare l’alleanza tra scuola e società, riconoscere al lavoro nella scuola dignità e giusto valore, anche al fine di rendere più attrattiva la professione del docente, garantire su tutto il territorio nazionale edifici scolastici sicuri e adeguati a una didattica innovativa, rimuovere alla radice le cause di un divario digitale legato a insufficienze nella dotazione di dispositivi e nella rete di connessione, supportare efficacemente le istituzioni scolastiche sotto il profilo dei presìdi igienico sanitari per consentire uno svolgimento in sicurezza delle attività didattiche, evitando il rischio di nuove chiusure.

Mentre Governo e Parlamento si apprestano a compiere scelte importanti da cui dipendono le prospettive di rilancio della crescita del Paese, diventa più che mai urgente intervenire sui tanti nodi che attanagliano da anni la scuola italiana, resi ancor più evidenti e intricati dall’emergenza pandemica.

Nodi che restano purtroppo irrisolti in avvio del nuovo anno scolastico, essendosi rivelata del tutto insufficiente l’azione di governo, contrassegnata da incertezze e ritardi anche nella finalizzazione delle risorse stanziate per rafforzare le dotazioni organiche, insieme a una gestione del reclutamento segnata da limiti e contraddizioni evidenti, con grave pregiudizio della stabilità del lavoro.

Non è il momento di ricorrere ad azioni di sciopero in questa fase, nella quale l’impegno si indirizza soprattutto a favorire il ritorno in sicurezza alle attività in presenza. Questa la linea di comportamento seguita in questa circostanza, con la scelta di essere presenti alla manifestazione promuovendo la più larga partecipazione del personale scolastico. È invece il momento di fare scelte coraggiose per combattere disuguaglianze, dispersione, precarietà, destinando parte consistente dei fondi “Next Generation Ue” ai luoghi dove le “prossime generazioni” dovranno crescere e formarsi.