Istruzione gratuita per il futuro del Paese

NEXT GENERATION UE, NASCE LA CAMPAGNA PER L’ISTRUZIONE GRATUITA: “RIPORTIAMO LA SPESA IN ISTRUZIONE AL 5% DI PIL E ABOLIAMO I COSTI DELL’ISTRUZIONE!”

Roma, 15 ottobre 2020 – Nel giorno della presentazione all’Europa dei progetti relativi al Recovery Fund nasce la campagna “Istruzione gratuita per il futuro del Paese, con l’obiettivo di chiedere di riportare la spesa pubblica in Istruzione al 5% e abolire i costi dell’istruzione.

“Siamo tra gli ultimi paesi europei per numero di laureati, per borse di studio e posti alloggio, uno dei primi con le tasse più alte e un’enorme difficoltà a garantire un’emancipazione dalla propria famiglia: i giovani se ne vanno di casa in media a 30 anni – dichiarano i promotori della campagna – La stessa situazione della pandemia ci ha dimostrato che oggi più che mai abbiamo bisogno di medici e di insegnanti, di cittadini formati e di laureati.”

“E’ per questo che nella giornata di oggi, durante la presentazione all’Europa dei progetti per il Recovery Fund, stiamo lanciando la campagna “Istruzione gratuita per il futuro del Paese”, con un webinar in diretta su Facebook dalle 17 (visibile sulla pagina della campagna – https://www.facebook.com/istruzione.gratuita) a cui parteciperanno docenti, esperti, attivisti, oltre alle realtà promotrici, per dimostrare che la gratuità dell’Istruzione non è un’utopia ma una possibilità concreta per tutte e tutti. Ora più che mai è necessario eliminare i costi legati all’istruzione e riportare la spesa pubblica in Istruzione almeno al 5% del PIL” proseguono i promotori.

“In questa situazione, dopo anni in cui ci hanno abituato alla retorica dei sacrifici e dei “soldi che non ci sono”, dobbiamo cogliere la grande opportunità che si aprirà nei prossimi mesi: una parte dei fondi della Next Generation EU dovrà andare a finanziare la completa gratuità dell’Istruzione affinché il rilancio del sistema formativo garantisca anche un futuro e un rilancio al Paese tutto.” concludono i promotori.

Le realtà promotrici:

  • Associazione Dottorandi e Dottori di Ricerca Italiani (ADI)
  • Associazione Ricreativa Culturale Italiana (ARCI)
  • Chi si cura di te?
  • Confederazione Generale Italiana del Lavoro (CGIL)
  • Federazione Lavoratori della Conoscenza – CGIL (FLC CGIL)
    Link – Coordinamento Universitario
  • Rete degli Studenti Medi
  • Sbilanciamoci!
  • Unione degli StudentiUnione degli Universitari

Un’offerta sempre più ricca per imparare in tv

La didattica di Rai Cultura e Rai Ragazzi, anche su RaiPlay e sul web

La tv come una grande aula, al servizio di studentesse e studenti, docenti, famiglie: Rai, interpretando appieno la sua mission di Servizio Pubblico, e Ministero dell’Istruzione confermano la propria collaborazione, con una programmazione dedicata e un’offerta sempre più ricca di prodotti pensati per il mondo scuola e realizzati sui canali tv di Rai Scuola (canale 146 Dt, 133 di Tivusat e 806 di Sky Italia), Rai Storia (canale 54), Rai 3 e – per l’offerta di Rai Ragazzi – su Rai Gulp (canale 42) e Rai YoYo (canale 43), ma anche sul portale di Rai Cultura e su RaiPlay. L’alleanza Rai-Ministero è stata rilanciata durante il periodo di chiusura delle scuole e di sospensione delle attività in presenza per supportare la didattica a distanza. E prosegue ora nell’ottica di continuare a fornire sempre più contenuti di qualità al mondo dell’Istruzione, anche a supporto della didattica ordinaria.

Rai Cultura, in particolare, propone nel suo palinsesto alcuni programmi in convenzione con il Ministero dell’Istruzione come “#maestri” “#raistoriaperglistudenti”, “La scuola in tivù”, “La scuola in tivù – Istruzione degli adulti”, e una proposta per il mondo web e social: “Scuola News”, per il portale web proprio di Rai Cultura.

Il 26 ottobre prende poi il via la nuova edizione di “#maestri”: 44 puntate condotte da Edoardo Camurri, in onda alle 15.20 su Rai3 e in replica alle 18.30 su Rai Storia. In tutto 88 lezioni – 2 per ogni puntata – con il contributo di personalità di rilievo del mondo della cultura, della ricerca, della società e “#maestri” d’eccezione sullo schermo tv.

Dal lunedì al venerdì, dalle 15.00, Rai Storia offre anche due ore di “ripasso” di storia italiana e non solo nello spazio “#raistoriaperglistudenti”, anche su RaiPlay e con approfondimenti al sito di Rai Cultura.

La scuola in Tivù” propone, invece, su Rai Scuola, fino al 18 dicembre, 132 nuove lezioni(tutte disponibili anche su RaiPlay e sui portali di Rai Scuola e Rai Cultura), ognuna composta da 3 unità didattiche, disponibili singolarmente sui portali di Rai Scuola e Rai Cultura. Si tratta di puntate realizzate con la collaborazione e la presenza in video di docenti che ogni giorno sono in classe, conoscono bene gli studenti e le loro necessità. In palinsesto, dal lunedì al venerdì, quattro lezioni al mattino, con replica nel pomeriggio, all’interno di fasce di programmazione suddivise per ambiti disciplinari. Alle 8.30- 13.30 -18.00 va in onda lo spazio dedicato alle lingue straniere che, per questa nuova edizione, si arricchisce anche dell’insegnamento dell’arabo (oltre a inglese, francese, tedesco, spagnolo, russo, cinese). Alle 9.30 e 14.30 sono invece previste lezioni di ambito scientifico (matematica, scienze della terra, fisica, biologia e informatica). Alle 10.30 e 15.30 sarà possibile seguire le lezioni di italiano, latino e greco, storia, geografia, filosofia e scienze umane. Spazio all’arte, alla musica, all’educazione motoria, al cinema e allo spettacolo: alle 12.00 e alle 17.30. In questa fascia oraria, ogni lunedì, sarà a disposizione – ed è una delle novità di questa edizione – un percorso didattico dedicato al nuovo insegnamento dell’Educazione civica. In cattedra, tra i docenti, ci saranno anche giudici della Corte Costituzionale, la Polizia Postale, esperti di legalità della Fondazione Falcone, esperti nel campo dell’arte e dell’ambiente.

Prosegue, poi, “La Scuola in tivù. Istruzione degli adulti” dedicata agli iscritti ai Centri Provinciali per l’Istruzione degli Adulti: 30 lezioni in onda dal lunedì al venerdì alle 17.00 e alle 20.30 su Rai Scuola, RaiPlay e i portali di Rai Cultura. 

Rai Scuola, infine, offre sul portale – ogni martedì mattina – “Scuola@news”. A condurla il professor Gino Roncaglia, dell’Università Roma Tre, che ospita dirigenti scolastici, insegnanti ed esperti, presenta le esperienze più interessanti e offre indicazioni per la didattica in presenza e per la didattica digitale integrata.

Attenzione anche alle alunne e agli alunni della primaria e della secondaria di primo grado. Inglese, Arte, Musica, Educazione civica, Scienza sono alcune “materie” da sempre presenti nei palinsesti di Rai Ragazzi. Rai Yoyo e Rai Gulp, oltre alla piattaforma RaiPlay e all’App RaiPlay Yoyo, presentano un’offerta arricchita di programmi in cui la componente formativa va di pari passo con il divertimento. Dal lunedì al venerdì, alle ore 14.40, su Rai Gulp c’è “La Banda dei Fuoriclasse”. Il programma torna con un doposcuola ricco, moderno e inclusivo. In diretta dal Centro di Produzione Rai di Torino, il capobanda Mario Acampa accoglie i giovani studenti per passare una parte del pomeriggio all’insegna del sapere, dell’esplorazione e del mettersi in gioco. Un programma complementare alla scuola per amplificare le curiosità e le scoperte di bambini e ragazzi. Spiegare quello che non si è capito, dare una mano nel fare i compiti, assecondare la necessità di conoscenza in campi attuali come le nuove tecnologie e l’ecologia, la cittadinanza attiva e le arti contemporanee. Sempre su Rai Gulp, dal lunedì al sabato, alle ore 18.30 c’è “Rob-O-Cod”, il game show dedicato al coding, la disciplina che studia in modo nuovo le basi della programmazione. Il programma ne propone la versione più spettacolare, quella della robotica, con vere e proprie sfide tra robot programmati da giovani piloti, scelti tra alcune delle scuole secondarie di primo grado italiane in cui il coding è già inserito nei piani di studio.

Su Rai Yoyo, tutti i giorni, alle 11.10 c’è “Fumbleland! Mi è scappato un errore”, programma innovativo che mescola l’animazione con le riprese dal vivo per insegnare ai bambini elementi della lingua inglese in modo divertente e vivace. 

Una ricca offerta di contenuti è presente inoltre su RaiPlay con titoli come “Max & Maesto” (musica), “L’arte con Matì e Dadà” (storia dell’arte), “Space To Ground” (scienza) e speciali animati sulla storia e la religione come “Francesco”, “Hanukkah”, “La stella di Andra e Tati” e “Giovanni e Paolo e il mistero dei pupi”.

Dati di positività al Covid-19

Il Ministero dell’Istruzione comunica che, alla data del 10 ottobre, gli studenti contagiati sono pari allo 0,080% (5.793 casi di positività), per il personale docente la percentuale è dello 0,133% del totale (1.020 casi), per il personale non docente si parla dello 0,139% (283 casi).
I dati del monitoraggio, condotto dal Ministero dell’Istruzione con la collaborazione dei dirigenti scolastici, sono stati condivisi con l’Istituto Superiore di Sanità.

Il ministero: «L’ultimo Dpcm non vieta attività didattiche svolte in teatri, biblioteche, musei»

da Il Sole 24 Ore

di Redazione Scuola

Le attività didattiche che si svolgono ordinariamente e non saltuariamente in ambienti diversi da quelli scolastici (ad esempio parchi, teatri, biblioteche, archivi, cinema, musei), anche a seguito di specifici accordi quali i “Patti di comunità”, realizzati in collaborazione con gli Enti locali, le istituzioni pubbliche e private variamente operanti sui territori, le realtà del Terzo Settore, restano regolarmente consentite dopo il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri firmato lo scorso 13 ottobre.

Lo specifica la nota inviata ieri alle scuole che risponde ai quesiti giunti al ministero in merito all’interpretazione e all’applicazione di alcune disposizioni contenute nel Dpcm.

L’articolo 1, comma 6, lettera s) del Decreto recita infatti: «Sono sospesi i viaggi d’istruzione, le iniziative di scambio o gemellaggio, le visite guidate e le uscite didattiche comunque denominate, programmate dalle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado, fatte salve le attività inerenti i percorsi per le competenze trasversali e per l’orientamento, nonché le attività di tirocinio di cui al decreto del ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca 10 settembre 2010, n.249, da svolgersi nei casi in cui sia possibile garantire il rispetto delle prescrizioni sanitarie e di sicurezza vigenti».

Ma il Dpcm non è riferito, spiega la nota ministeriale, alle ordinarie attività didattiche organizzate dalle scuole in spazi alternativi ubicati all’esterno degli edifici scolastici per prevenire e contenere la diffusione del contagio e favorire il distanziamento fisico in contesti di azione diversi da quelli usuali.

Azzolina: «Già in atto Dad e scaglionamento degli ingressi»

da Il Sole 24 Ore

di Redazione Scuola

«L’uso complementare della didattica digitale per le scuole superiori è già realtà e ha permesso non solo di garantire il distanziamento in aula, ma anche di alleggerire di molto il carico del trasporto pubblico. La cosiddetta didattica digitale integrata è una delle disposizioni scritte nero su bianco nel “Piano Scuola” condiviso e approvato anche dalle Regioni. A giugno. In quel documento è previsto anche lo scaglionamento degli ingressi che, infatti, molti Istituti hanno predisposto». Lo ha scritto sui social la ministra dell’Istruzione, Lucia Azzolina.

La ministra ieri su Fb ha postato una foto che ritrae una classe dell’istituto di istruzione superiore “Via Copernico” di Pomezia. Una parte di ragazzi è in presenza e una parte a casa, in collegamento video. L’organizzazione prevede l’alternanza dei gruppi così da garantire momenti di socialità in presenza a tutti. «Ho visitato il “Via Copernico” perché la scuola nelle scorse settimane è stata oggetto di atti vandalici e di furti, anche di materiale informatico. Il ministero dell’Istruzione è intervenuto e ha stanziato le risorse necessarie per i lavori di ripristino e l’acquisto dei materiali rubati», ha concluso Azzolina.

Covid a scuola: per 9 studenti su 10 impossibile mantenere la distanza di sicurezza sui bus

da Il Sole 24 Ore

di Redazione Scuola

Il pericolo c’è ma, semmai, viene da fuori. È la lezione che il portale Skuola.net ha ricavato dalle risposte date da circa 3.800 studenti – di scuole medie e superiori – a un sondaggio incentrato sul rispetto da parte degli istituti delle norme anti-Covid, dopo un mese dal ritorno sui banchi del grosso dei ragazzi.

Perché, dopo un comprensibile periodo di rodaggio, nella maggior parte delle scuole il sistema sembra essere entrato a pieno regime; tra nuovi divieti e predisposizione degli accorgimenti su distanze e protezione individuale. Lo stesso, invece, non si può dire per quanto avviene all’esterno. Più di 8 ragazzi su 10, infatti, raccontano di assembramenti all’ingresso e all’uscita (nonostante per una quota di poco inferiore – il 70% – la scuola abbia introdotto orari scaglionati per la prima e l’ultima campanella).

E per chi prende i mezzi pubblici la sensazione di essere a rischio è ancora più palpabile: per 9 su 10 è difficile se non impossibile mantenere le distanze di sicurezza su autobus, metropolitane, tram e treni (il 43% dice di dover viaggiare letteralmente attaccato agli altri passeggeri, il 47% che un minimo di distanza si riesce a rispettarla ma che gli spazi sono comunque limitati).

Per non parlare di quanti – circa 4 su 10 – sono costretti ad arrivare in largo anticipo a scuola perché le “corse” dei mezzi sono limitate e non coincidono con i vari orari d’ingresso.Dentro gli edifici, invece, tutto (o quasi) sembra girare nel verso giusto.

Ormai più di 7 studenti su 10 possono contare sulla mascherina fornita dalla propria scuola; è vero che il 27% dice che ancora deve portarsela da casa, ma se pensiamo che un sondaggio simile effettuato a fine settembre raccontava che a doversi arrangiare da solo era più di 1 su 2 è evidente quanti passi avanti siano stati fatti in poche settimane.

Copertura pressoché totale (ma era già così sin dall’inizio) anche per i gel igienizzanti: l’83% degli intervistati lo ha a disposizione anche in classe, il 14% solo nelle aree comuni dell’istituto. Ciò vuol dire che sono rarissimi i casi in cui gli alunni devono disinfettarsi le mani esclusivamente con prodotti personali. A 1 su 3 viene persino misurata la temperatura all’ingresso di scuola.Qualcosa in più, onestamente, andrebbe fatto sul capitolo banchi e distanziamento.

Ad oggi, circa 1 ragazzo su 10 si lamenta che nel suo istituto ci si deve arrangiare con delle semplici sedie (persino senza un appoggio per scrivere e prendere appunti). Mentre in 1 caso su 4 – ma al Sud si arriva al 40% – la scuola ha rimediato all’assenza dei banchi singoli ridisegnando il posizionamento dei banchi doppi che già avevano in dotazione (a volte alternandoli con qualche banco singolo).

Una missione, quella del distanziamento, spesso però fallita visto che il 28% è costretto a indossare la mascherina per tutto il giorno, anche se è seduto in classe. I tanto discussi banchi a rotelle? Restano una rarità (3%). Per la maggior parte degli alunni (67%, qualcosa meno nel Mezzogiorno) gli istituti hanno puntato soprattutto sui tradizionali banchi monoposto in legno.

Ovviamente si confermano, senza grosse variazioni, le tante le limitazioni di contorno già registrate all’inizio. A quasi tutti gli studenti (92%) è stato vietato di passarsi libri e materiale scolastico (quaderni, penne, matite, gomme, temperini, ecc.); l’84% non può lasciare in classe nulla di personale alla fine della giornata; al 22% è stato addirittura indicato dove e come posizionare lo zaino.

Per 8 su 10 regole stringenti anche sull’utilizzo del bagno: la soluzione più gettonata è far entrare uno per volta, a cui spesso si aggiunge un numero massimo giornaliero di volte in cui si può andare. La ricreazione fuori dalla classe? È un lusso che può permettersi meno di 1 alunno su 3. Mentre i distributori automatici interni alla scuola, laddove presenti, per la metà dei ragazzi sono inaccessibili. Infine l’ora di educazione fisica: quasi un quarto degli studenti (23%) ancora non può farla.

Scuola, la protesta dei precari contro il concorso straordinario

da la Repubblica

Corrado Zunino

Saranno davanti alle prefetture d’Italia, Roma, Napoli e Firenze, Torino, Bologna, Modena, per dire che il prossimo concorso straordinario è uno schiaffo ai docenti precari che, a fatica, stanno iniziando a insegnare, che è complicato studiare per una prova concorsuale in queste condizioni – avvio faticoso come non mai dell’anno scolastico e pandemia dentro e fuori le scuole -, che l’insegnante che ha il raffreddore, o deve rispettare un periodo di quarantena per la presenza di positivi in classe, non potrà partecipare allo scritto del ventidue ottobre rischiando di “perdere il treno della vita”.

Oggi alle 16 i precari della scuola, guidati dai cinque sindacati conflittuali da inizio mandato con la ministra Lucia Azzolina e con la partecipazione assicurata dei dirigenti scolastici, avvieranno una “mobilitazione nazionale”. L’ultimo scontro è centrato sullo svolgimento del concorso straordinario, per il quale si sono levate voci dissenzienti di pezzi sempre più larghi del Pd, ma per il quale il segretario Nicola Zingaretti non ha intenzione di aprire un contrasto politico nella maggioranza. Tra l’altro, a chiusura delle prove orali, il 16 novembre, sarà avviata la prova selettiva per il maxi-concorso per le superiori (ordinario) con oltre 430.000 candidati.

“Queste selezioni”, hanno scritto i segretari generali dei cinque sindacati della scuola, “non produrranno alcun effetto immediato in termini di assunzioni, mentre esporranno il sistema e il personale coinvolto a un possibile aumento dei contagi e al rischio che molti precari, trovandosi eventualmente in situazione di contagio o di quarantena come effetto del lavoro che svolgono, siano esclusi dalla partecipazione al concorso. Oggi il lavoro nelle scuole poggia per il 30 per cento su precari che operano con professionalità e serietà, con loro si è abusato del ricorso al contratto a termine senza offrire mai alcuna possibilità di abilitazione o di stabilizzazione”.

Su questa linea si muove, e sarà presente sotto le prefetture, il Comitato Priorità alla scuola, favorevole a una stabilizzazione dei docenti supplenti seguendo titoli riconosciuti e anzianità di insegnamento. Il comitato “esprime sconcerto” per la sottrazione agli istituti appena riaperti, “e in molti casi non ancora a pieno regime”, sessantaseimila docenti per almeno due giorni.

“Mai più lezioni a distanza”. Genitori e studenti uniti

da la Repubblica

Valentina Lupia

Con l’aumento dei contagi è forte la paura del ritorno alla didattica a distanza, utilizzata, al momento, dal 4,2% delle classi superiori del Lazio e, in forma mista, dal 64,5%.

E mentre la Regione fa muro all’idea delle lezioni da casa, gli studenti si dichiarano pronti a scioperare in caso di chiusura delle scuole. Ad appoggiarli nella protesta, sarebbero i genitori, specialmente quelle delle elementari, che coi figli a casa dovrebbero trovare una soluzione al lavoro o ricorrere alla presenza di una baby-sitter. «Il ricorso alla dad non avrebbe senso – tuonano dal Coordinamento dei presidenti dei consigli d’istituto, composto da genitori di studenti di tutto il Lazio – I contagi non avvengono dentro le scuole: se l’idea della dad diventasse concreta, appoggeremmo lo sciopero dei ragazzi», che considerano il ritorno alle lezioni da casa «una misura ultima ed estrema», dice Luca Ianniello della Rete degli Studenti Medi. «Il Governo – prosegue – non ha fatto abbastanza e ora bisogna intervenire subito su classi affollate, studenti a rischio e trasporti».

Ed è proprio contro i trasporti che si scagliano i presidi. «Due cose non sono andate come previsto – analizza Tiziana Sallusti, dirigente del liceo Mamiani -, i comportamenti fuori dalla scuola e i mezzi pubblici, che non hanno fornito un servizio adeguato nel rispetto del distanziamento». Le fa eco Cristina Costarelli, preside del Newton: «Mettere le scuole a distanza perché non funzionano i trasporti pubblici è assurdo. Risolviamo il problema lasciando gli studenti a casa? Questa la ratio?», si chiede ironicamente la dirigente.

A vedersela peggio, qualora le scuole dovessero chiudere, sarebbero le famiglie con alunni più piccoli. Piera Guglielmi, preside dell’Ic Visconti, propone, nell’eventualità che i contagi salgano in maniera incontrollabile, di «Chiudere per 15 giorni e poi recuperare a giugno o a luglio», pur di non ricorrere alle lezioni da casa, a cui si dichiara «contrarissima, perché l’apprendimento è una cosa seria». In altre situazioni il ricorso alla dad è stato necessario: all’Ic Paolo Stefanelli, da ieri le classi fanno un”orario ridotto a causa di «Sopraggiunte difficoltà organizzative, legate all’emergenza epidemiologica », spiega il preside, Flavio Di Silvestre. Per lo stesso motivo, avendo registrato dei casi di positività, tutte le classi del liceo Montale eccetto le prime, fino al 17 sono in dad. Tra quarantene, contagi e isolamenti fiduciari, infatti, organizzare docenti e lezioni per chi è a casa o in classe è diventato un rompicapo.

Ma un ritorno totale alla dad sarebbe ancora peggio. A dirlo non sono solo gli studenti, che quotidianamente registrano disservizi legati alla connessione. Ma anche il 76,6% dei docenti: come emerge da un’inchiesta sulla didattica a distanza promossa e condotta dalla Flc Cgil in collaborazione con la Fondazione Giuseppe Di Vittorio, la Sapienza e l’università di Teramo, le lezioni in presenza sono insostituibili e quelle da casa possono essere utilizzate solo temporaneamente.

È della stessa opinione anche Rocco Pinneri, direttore dell’Ufficio scolastico regionale: con circa 400 casi di positività registrati finoad ora nelle scuole e al netto di cluster come all’Avogadro o al Russell, «non c’è alcuna emergenza, al momento». «E finché le condizioni sanitarie si limiteranno a singoli casi in singole classi – spiega Claudio Di Berardino, assessore regionale alla Scuola – è un nostro dovere continuare a garantire le lezioni in presenza per tutti gli ordini e gradi».

“Non sanno stare insieme e ignorano l’ortografia” La scuola post lockdown

da la Repubblica

Ilaria Venturi

Per Said, dieci anni, il primo dettato in quinta lo ha riportato due classi indietro, «ha sempre fatto fatica, ma dopo mesi senza scuola, con una famiglia a casa che non ha potuto seguirlo, è stato un disastro totale. Gli ultimi sono diventati ancora più ultimi», sospira il maestro Alessandro Corlazzoli. Scuola primaria in provincia di Cremona. Nella classe accanto, la prima verifica di inglese ha sorpreso: un alunno su due non è arrivato al sei, anche il più bravo. E i più grandi? Al liceo Galvani di Bologna la professoressa di latino e greco Francesca Fantoni, è partita con una prima: «Ho trovato una voragine: non sapevano fare frasi con il complemento oggetto. Ho detto: “Ragazzi, così non va”. E loro: “Prof, ma la scuola è stata chiusa, facevamo solo tre ore al pc a settimana».

Cosa hanno perso i bambini e i ragazzi con il lockdown delle lezioni durato quanto un intero quadrimestre? Molto. E non solo l’acca del verbo avere, come alla primaria di Rieti, dove la maestra Francesca Faraglia racconta: «Avevo spiegato il verbo con video e powerpoint, ma una volta tornati l’hanno sbagliato: non si possono più fare questi errori in terza. Ci lavoriamo». Insomma, anche quando la didattica a distanza, quella che ora si teme ritorni, è stata fatta bene, non è stata così efficace. Non è come quando spieghi le divisioni spezzando panini alla Nutella, per dire. Lo fanno i maestri. «La parte trasmissiva la fai a distanza, ma le emozioni che ti permettono di imparare? Quelle le abbiamo perse». Loredana Cilento, 56 anni, insegna matematica e scienze alle medie di Ponticelli, periferia di Napoli, e riporta di quel suo alunno irrequieto: «Prof, il mio corpo si vuole muovere altrimenti non capisco». Da quel giorno fa un giro dell’aula quando le gambe fremono. «Non sono preoccupata per le parti del programma, quelle le abbiamo fatte a distanza. Ma ora che li rivedo in aula percepisco la loro ansia, quella che con i numeri poi ti porta a sbagliare, e non volere più riprovarci».

Nelle aule riaperte nonostante il Covid e altri disastri, gli insegnanti raccontano del vuoto in saperi e in capacità relazionali e di ragionamento. Non sanno più stare in classe. «A me sembra che stiano ancora perdendo: non si possono fare lavori di gruppo né si può uscire — osserva Maria Manaresi, docente di italiano e latino al liceo — la perdita è in interazione, che alla lunga vuol dire confronto critico».

Voci dalle aule. «Chi non ha fatto nulla in lockdown ora si sente perso, ma un po’ tutti faticano ad affrontare problemi più complessi», spiega Marilea Brunetti, docente di matematica. Soprattutto all’inizio, aggiunge la collega di italiano Antonella Cosentino, «tendevano a comportarsi come se fossero a casa. I più deboli sono regrediti a livello di grammatica e di organizzazione del periodo». I piccoli non alzano più la mano, vogliono intervenire tutti insieme. Le fasi di passaggio da un ordine di scuola a un altro sono montagne da scalare senza piccozza. Cristiana Costantini osserva i suoi piccoli di prima elementare in giardino: «Corrono e basta, no n sanno giocare insieme, hanno perso quei mesi alla materna preziosi anche per usare la matita, i colori, il foglio. Dobbiamo ripartire da lì». In America si è quantificata una perdita di quanto sanno i ragazzi rispetto ai coetanei dell’anno prima tra il 35% di comprensione della lingua e il 50% in matematica.In Italia non abbiamo dati. «Ma non c’è motivo di pensare che da noi sia diverso, anche se non sappiamo valutare quanto la didattica a distanza abbia mitigato», commenta Andrea Gavosto, direttore della Fondazione Agnelli. Da economista, con Barbara Romano, ha calcolato che per effetto del lockdown della scuola il Paese rischia di perdere fino al 10% del Pil in termini di minori salari che questa generazione di studenti percepirà in 40 anni di vita lavorativa.

E ora? «Avremmo già dovuto fare di tutto per recuperare quanto è possibile, che sia l’obiettivo prioritario almeno da qui a dicembre». Gli effetti li vedremo con le prove Invalsi, si attende Ira Vannini del dipartimento di scienze dell’educazione dell’Alma Mater: «Allora la parola chiave dovrà essere ripasso ed equità. E occorrerà prendere decisioni di sostanza sulla formazione ».

Gli studenti in ultima fila

da La Stampa

Chiara Saraceno

Di nuovo la chiusura delle scuole viene avanzata come soluzione a problemi che esulano dalla scuola stessa, questa volta la carenza di trasporti, con il conseguente rischio di contagio a causa del sovraffollamento. Era inevitabile e assolutamente prevedibile che con la riapertura delle scuole, unita alla ripresa della maggior parte delle attività economiche, aumentasse la pressione sul trasporto pubblico. C’era tutto il tempo per provvedere aumentando le corse, i mezzi, il personale, dedicandovi le risorse necessarie e cambiando, se necessario, le norme sul contenimento della spesa a livello locale. Invece, come è avvenuto per gli insegnanti che mancavano, i banchi, i tamponi, il personale di laboratorio, i medici di base e via elencando, poco o nulla è stato fatto, salvo allentare, fino ad annullarle di fatto, le restrizioni sul numero delle persone che possono viaggiare sui mezzi pubblici, in palese contrasto con le esigenze di prevenzione e sicurezza e con quanto è richiesto nell’ambiente scolastico. Il risultato è che a un mese da un inizio delle lezioni già abbastanza tormentato e in molti casi insoddisfacente a causa, appunto, della mancanza di insegnanti e spazi, ci troviamo davanti a ipotesi di un ritorno totale alla didattica a distanza almeno per gli ultimi anni delle superiori. Non essendo stati capaci di garantire loro trasporti decenti e sicuri si pensa di togliere loro del tutto (perché in parte già avviene con la didattica mista che è la norma nelle scuole superiori quest’anno) quella didattica in presenza che è (dovrebbe essere) qualche cosa di più e diverso dalla semplice erogazione di una lezione. È, dovrebbe essere, possibilità di scambio, costruzione di relazioni, accompagnamento e incentivazione all’apprendimento. Tornare alla sola didattica a distanza comporterebbe costi pesanti per tutti i ragazzi, sul piano cognitivo, dell’apprendimento, della socialità, che si aggiungeranno a quelli già subiti con il lockdown. Aumenterebbe anche le diseguaglianze già oggi aggravate dalla didattica mista. Perché non tutti i ragazzi hanno accesso a Internet, hanno gli strumenti tecnologici, le abitazioni, le conoscenze, adatte per fruirne efficacemente. Durante il lockdown molti si sono persi, andando a ingrossare le fila dei Neet, dei giovani che né studiano né lavorano, una categoria che già colloca l’Italia ai non invidiabili primi posti. Vogliamo scoraggiare un’altra fetta di adolescenti a gettare la spugna della formazione? Dopo il terribile anno scolastico appena trascorso ci voleva un più di

investimento nella scuola e nel sostegno alle bambine/i e adolescenti. Incluso un sostegno alla possibilità di frequentarla in sicurezza.

È giusto che si chieda a tutti e ciascuno, incluse le bambine/i e adolescenti di prendersi la propria parte di responsabilità nel fronteggiare l’epidemia. Ma lo si può fare con credibilità e autorevolezza se anche i decisori pubblici fanno la propria parte. Purtroppo non è del tutto così, come segnalano non solo i trasporti, ma le troppe classi ancora prive di insegnanti, i troppi bambini e ragazzi con disabilità che ancora non possono frequentare, o solo in parte, perché mancano gli insegnanti di sostegno. Eppure, incredibilmente nell’ultimo Dcpm tutto l’onere della prevenzione sembra spostato sui singoli cittadini, con dettagli anche tra il risibile e il contraddittorio, quando non implicitamente classista (il calcetto all’oratorio o nel parco no, la palestra o lo sport, anche da contatto, da tesserati sì). Con la riserva dell’arma finale: appunto la chiusura della scuola in presenza (in prima battuta, poi si vedrà) per i più grandi. Anche solo minacciarla è sufficiente a spostare sui ragazzi/e ogni responsabilità per l’aumento della pandemia: questa estate perché frequentavano le discoteche, quest’autunno perché vanno a scuola. —

Studenti fragili, si attiva la didattica integrata dopo condizione fragilità certificata. Nota

da OrizzonteScuola

Di Ilenia Culurgioni

Nota ministero Istruzione n. 1871 del 14 ottobre 2020. Indicazioni sull’ordinanza del Ministro dell’istruzione 9 ottobre 2020, n. 134 relativa agli alunni e studenti con patologie gravi o immunodepressi.

La finalità dell’ordinanza è la tutela del diritto allo studio di alunni e studenti di tutti i gradi di istruzione che si trovino ad affrontare patologie gravi o forme di immunodepressione, con impossibilità di seguire l’ordinaria attività didattica in presenza a causa di un rischio particolarmente elevato di contagio.

La nota evidenzia la distinzione tra questa tipologia di studenti dai casi di disabilità certificata. Agli studenti con disabilità certificata che non presentino condizioni di grave patologia o immunodepressione viene infatti garantita l’attività didattica in presenza.

La famiglia dell’alunno con grave patologia o immunodepressione certificata è tenuta a rappresentare immediatamente all’istituzione scolastica tale condizione, con un’apposita istanza documentata, affinché si possa intervenire tempestivamente nel definire le opportune modalità di didattica a beneficio e tutela del diritto all’istruzione.

Soltanto in seguito la scuola potrà attivare forme di didattica integrata (Ddi) o ulteriori modalità di percorsi di istruzione integrativi.

Massima importanza verrà data alla valutazione periodica e finale secondo i criteri generali definiti dal Collegio dei docenti. Il monitoraggio periodico consente – spiega la nota ministeriale – che la valutazione degli alunni fragili possa essere progressivamente adattata nelle sue modalità.

NOTA

ORDINANZA

Supplenti COVID, lavoro agile in caso di lockdown. E i collaboratori scolastici?

da OrizzonteScuola

Di redazione

Supplenze COVID: il DL Agosto ha apportato una importante modifica al Decreto pubblicato dal Ministero lo scorso agosto e che ha portato all’assunzione di circa 60.000 docenti e Ata utilizzati per far fronte all’emergenza Coronavirus. Con due dettagliate note il Ministero ha messo per iscritto importanti chiarimenti sul loro utilizzo, ma manca un passaggio: come sarà possibile attuare il lavoro agile per i collaboratori scolastici eventualmente coinvolti nel lockdown?

Il Ministero sintetizza così la norma modificata nel DL Agosto approvato in via definitiva alla Camera lo scorso 12 ottobre.

“Grazie al decreto ‘Rilancio’ e al decreto ‘Agosto’ sono state stanziate specifiche risorse per dare alle scuole personale in più per l’emergenza, sia docente che Ata. Con il testo approvato oggi in via definitiva alla Camera, dopo le modifiche apportate in Commissione con il supporto del governo, si interviene sul fronte contrattuale, prevedendo che questi incarichi a tempo determinato non cessino in caso di sospensione delle attività didattiche per lockdown. ”

Cosa si intende per lockdown

Lockdown nazionale? della scuola? della singola classe?

L’interpretazione più ragionevole appare quella dell’USR Piemonte “Per sospensione delle attività didattiche, scrive l’USR Piemonte,” appare ragionevole interpretare la norma primaria nel senso che la giusta causa in presenza della quale opera la clausola risolutiva espressa sia da individuare in una evoluzione negativa della situazione epidemiologica che comporti necessariamente la sospensione integrale e non parziale delle attività didattiche in presenza (nuovo lockdown, appunto, in tutti i punti di erogazione del servizio)”

E dunque, in caso di lockdown, il personale assunto con contratto cosidetto COVID prosegue l’attività in modalità agile.

Il Ministero lo scrive chiaramente nella nota del 14 ottobre ” il decreto-legge 14 agosto 2020, n. 104, recante “Misure urgenti per il sostegno e il rilancio dell’economia”, convertito con modificazioni dalla legge 13 ottobre 2020, n. 126, all’articolo 32, comma 6-quater ha previsto che il personale docente e ATA assunto con contratti a tempo determinato nell’anno scolastico 2020/2021 quale “organico Covid”, in caso di sospensione delle attività didattiche, potrà assicurare le relative prestazioni con le modalità di lavoro agile, anziché vedere risolto il relativo contratto senza indennizzo, come previsto dalla norma previgente, al fine di garantire, in qualunque caso, il principio di continuità didattica.”

Precisazioni su utilizzo

Il Ministero ha inoltre precisato

  • trattandosi di docenti assunti su posto comune, il predetto organico non può essere ovviamente utilizzato per attività di sostegno alle classi con alunni con disabilità, salvo i casi in cui, assolte le esigenze prioritarie di copertura dell’orario curricolare delle classi, risulti applicabile, in via analogica e su base volontaria, l’articolo 14, comma 2 del decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 66.
  • l’organico Covid-19 rientra nell’ambito dell’organico dell’autonomia, dunque è funzionale alla realizzazione della didattica ed al contenimento della pandemia, si esclude quindi la possibilità che i docenti possano essere utilizzati esclusivamente per le supplenze.
  • particolare attenzione va riservata alle classi seconde di scuola primaria, che lo scorso anno scolastico possono aver conseguito, più di altre, un parziale raggiungimento degli apprendimenti previsti, soprattutto con riferimento alle capacità di scrittura e di lettura, da recuperarsi prioritariamente.

I collaboratori scolastici

Va precisato che, di tutto l’organico COVID, quella dei collaboratori scolastici è stata la figura professionale più richiesta, per far fronte alle numerose esigenze derivanti dall’attuazione delle misure di prevenzione e contenimento del contagio da COVID 19.

Eliminata lo spauracchio del licenziamento in caso di lockdown, come potranno svolgere le loro usuali mansioni in modalità agile, secondo quanto introdotto dal DL Agosto?

E’ un quesito che pone anche l’ANP “rimane da chiarire la sorte dei contratti stipulati con i collaboratori scolastici e con altri profili del personale A.T.A. che non possono lavorare in modalità agile per la natura delle loro mansioni. In attesa che il Ministero fornisca i necessari chiarimenti ritengo che i contratti già in essere non debbano essere nuovamente sottoscritti poiché la disposizione introdotta con la legge di conversione del D.L. 104/2020 si sostituisce automaticamente alle clausole difformi”.

Covid-19, Azzolina: “Chiudere le scuole e tutti a casa? La mia risposta è no”

da OrizzonteScuola

Di Andrea Carlino

La ministra dell’Istruzione, Lucia Azzolina, ribadisce la sua netta contrarietà alla chiusura delle scuole e al ritorno alla didattica a distanza:”Se l’idea di qualcuno è chiudere la scuola e tutti a casa la mia risposta è no”.

“Le scuole hanno lavorato tantissimo questa estate per garantire il rientro in classe di studenti e  studentesse. Se l’idea per qualcuno è chiuderle e lasciare tutti a casa, la risposta è no”, scrive su Facebook.

E ancora: “L’uso complementare della didattica digitale per le scuole superiori è già realtà e ha permesso non solo di garantire il distanziamento in aula, ma anche di alleggerire di molto il carico del trasporto pubblico.

La cosiddetta didattica digitale integrata è una delle disposizioni scritte nero su bianco nel “Piano Scuola” condiviso e approvato anche dalle Regioni. A giugno. In quel documento è previsto anche lo scaglionamento degli ingressi che, infatti, molti Istituti hanno predisposto”.

Scuola primaria, cambia la pagella: non più numeri ma solo giudizi descrittivi. Ministero al lavoro

da OrizzonteScuola

Di redazione

La modifica finale è stata introdotta nel DL Agosto approvato lunedì 12 ottobre in via definitiva alla Camera. Questa la sintesi del Ministero dell’istruzione: “Per la scuola primaria la valutazione (sia periodica che finale) delle alunne e degli alunni avverrà tramite giudizio descrittivo e non più con voti numerici. Viene quindi completato il percorso per il superamento dei voti numerici avviato con il decreto ‘Scuola’ di questa estate. “

Il percorso della modifica

La modifica era stata introdotta nel Decreto Scuola del 6 maggio 2020.

L’intervento era circoscritto solo alla valutazione finale, mentre non riguardava quella intermedia che rimaneva con il voto, come aveva ribadito il Ministero dell’Istruzione ai primi di settembre con una nota firmata dal capo dipartimento dott. Marco Bruschi (clicca qui).

Una incongruenza sanata nel DL Agosto.

I giudizi descrittivi

Già nella nota di settembre il Ministero comunicava che era stato istituito presso il Dipartimento un gruppo di lavoro presieduto dalla dott. ssa Elisabetta Nigris, coordinatrice nazionale dei presidenti dei corsi di laurea in Scienze della formazione primaria.

“La nuova pagella – spiega il Capo Dipartimento al Fatto Quotidiano – sarà trasparente ed efficace, dovrà segnalare apprendimenti consolidati e da consolidare. Ho chiesto alla commissione al lavoro di produrre documenti agili, praticabili e traducibili. Da una votazione numerica che il genitore capisce dovremo passare ad una forma analitica che non può avere un linguaggio autoreferenziale. Una parte delle famiglie della primaria parlano a stento la lingua italiana perciò non potremo usare un linguaggio oscuro e insondabile”.

Nulla cambia per IRC e alternativa

Nulla cambia, a normativa vigente, rispetto alla valutazione sintetica per quanto concerne l’IRC e l’alternativa, nonché il comportamento.

Una riflessione

Primaria, addio voto in decimi dal 2020/21, cosa è cambiato

Covid a scuola, i pericoli arrivano da fuori: assembramenti ai cancelli e sui mezzi pubblici

da La Tecnica della Scuola

Sembra proprio che il sondaggio di Skuola.net incentrato sul rispetto delle norme anti-covid a scuola dia ragione alla Ministra Azzolina: i pericoli maggiori per gli studenti e il personale arrivano da fuori le scuole e non dall’interno.

Assembramenti ai cancelli: serve controllo

Più di 8 ragazzi su 10, infatti, secondo il breve sondaggio che ha visto partecipare 3800 studenti, raccontano di assembramenti all’ingresso e all’uscita (nonostante per una quota di poco inferiore – il 70% – la scuola abbia introdotto orari scaglionati per la prima e l’ultima campanella).

In realtà sarebbe necessario un controllo maggiore in questi momenti topici, proprio come aveva raccomandato il Comitato Tecnico Scientifico prima del ritorno a scuola.

A proposito di assembramenti: sono tredici gli studenti sanzionati a Genova – mentre stavano davanti ad una scuola del quartiere di Pegli – perché senza protezione al viso, segno che sono partite le multe per le regole disattese.

I trasporti: come vanificare gli sforzi

Ma eccoci all’altro grosso problema, di cui negli ultimi giorni non si fa altro che parlareper 9 su 10 è difficile se non impossibile mantenere le distanze di sicurezza su autobus, metropolitane, tram e treni (il 43% dice di dover viaggiare letteralmente attaccato agli altri passeggeri, il 47% che un minimo di distanza si riesce a rispettarla ma che gli spazi sono comunque limitati). Ci sono anche studenti – circa 4 su 10 secondo il sondaggio Skuola.net – costretti ad arrivare in largo anticipo a scuola perché le ‘corse’ dei mezzi sono limitate e non coincidono con i vari orari d’ingresso.

Quello sui trasporti resta in effetti un limite fortissimo per la sicurezza: proprio nel pomeriggio la Ministra dei Trasporti Paola De Micheli, nel corso di una riunione in videoconferenza con le associazioni rappresentative delle aziende del Trasporto Pubblico Locale, i rappresentanti della Conferenza delle Regioni, di Anci e di Upi per un confronto sulle misure di contenimento dei contagi sui mezzi pubblici, sarebbe emersa l’ipotesi di un ulteriore scaglionamento degli ingressi a scuola, insieme alla possibilità di misure analoghe anche per gli uffici pubblici.

A scuola tutto bene?

Al momento, comunque, quello dei trasporti è un vero disastro, perché a quanto pare all’interno delle scuole, dopo i primi giorni di rodaggio, le cose stanno iniziando a prendere una buona piega:  più di 7 studenti su 10 possono contare sulla mascherina fornita dalla propria scuola e sul gel igienizzante (83% degli intervistati lo ha a disposizione anche in classe).