Lettera ai Ministri di Istruzione e Salute

Roma, 21 ottobre 2020

Al Ministro della salute 
On. Roberto Speranza  
Lungotevere Ripa, 1 
ROMA 
segreteriaministro@sanita.it  

Al Ministro dell’istruzione  
On. Lucia Azzolina 
Viale di Trastevere, 76/A 
ROMA
segreteria.azzolina@istruzione.it


On. Ministri, 

dall’inizio dell’anno scolastico i dirigenti delle scuole, riattivata la didattica in presenza, sono impegnati in prima linea sul fronte della prevenzione e della gestione dei casi da COVID-19, garantendo in ogni momento la collaborazione con i dipartimenti di prevenzione delle ASL territorialmente competenti prevista dal Protocollo del 6 agosto 2020 e dalle Indicazioni operative per la gestione di casi e focolai di SARS-CoV-2 nelle scuole e nei servizi educativi dell’infanzia contenute nel Rapporto n. 58 dell’I.S.S. del 21 agosto scorso.  

Con ritmo sempre più incalzante, pervengono da parte degli iscritti a questa Associazione – la più rappresentativa della dirigenza scolastica – segnalazioni di gravi criticità riguardanti le modalità di interlocuzione tra le scuole e le ASL che rendono estremamente difficoltosa la gestione delle misure necessarie a garantire il regolare svolgimento delle attività didattiche.  

Tali criticità discendono dalle evidenti difformità delle prassi attuate dalle stesse ASL nel trattamento dei casi sospetti e sintomatici rispetto a quanto previsto dal Rapporto I.S.S. n. 58, documento peraltro recepito dall’art. 1, c. 4, lettera a) del D.P.C.M. 7 settembre 2020. Molte volte, infatti, le ASL non hanno comunicato alle scuole i nominativi dei lavoratori e degli studenti interessati dai provvedimenti di quarantena; in alcuni casi i dirigenti scolastici, acquisite decisioni di natura sanitaria esclusivamente in forma verbale, sono stati costretti a comunicare i relativi provvedimenti alle persone coinvolte facendosi carico, di conseguenza, di atti che non sono – e non possono essere – di loro competenza; in altri ancora, registrandosi grandi ritardi nella realizzazione dell’indagine epidemiologica e nella conseguente comunicazione degli esiti, la conferma ufficiale della presenza di casi positivi è giunta alle scuole, con pretesa di valore retroattivo, solo successivamente al momento della comunicazione ai dipendenti e alle famiglie incrementando il rischio di contagio e creando grave disorientamento; è accaduto anche, paradossalmente, che alcune ASL abbiano richiesto alle scuole di effettuare la valutazione dello stato di “contatto stretto”, operazione di esclusiva competenza del dipartimento di prevenzione.  

Stiamo assistendo, pertanto, a un “corto circuito” procedurale che riguarda l’intera area del Paese e che dimostra che gli automatismi disegnati dal protocollo nella gestione dei casi di contagio non si sono mai innescati. Va anche detto che ciò si sta verificando non certo per responsabilità delle scuole che si attengono, con scrupolo, alle disposizioni che le riguardano. 

Pur in considerazione del fatto che si tratta di materia concorrente sulla quale si innestano le competenze di Stato e Regioni, è altrettanto vero che, tenuto conto del preoccupante aumento dei contagi, sarebbe opportuno che in procedimenti in cui intervengono più attori riconducibili ad amministrazioni diverse si registrasse piena convergenza sulle modalità di comunicazione e di azione. Sarebbe parimenti opportuno che, così come è avvenuto nelle scuole per garantire l’applicazione delle misure di contenimento del contagio, si potenziassero con organico aggiuntivo i presidi presso le ASL preposti alla gestione dei casi e dei focolai riguardanti il contesto scolastico. 

Tali interventi, alla luce dell’emergenza epidemiologica, sono di somma importanza e richiedono una urgente e unitaria risposta da parte delle autorità centrali. 

Certo del Loro interessamento su una questione così delicata e che coinvolge i nostri giovani, già duramente provati dai mesi di lockdown, confido in iniziative che possano porre rimedio alle criticità dianzi illustrate. 

Cordiali saluti. 

Il Presidente Nazionale ANP
Antonello Giannelli

Sindrome di Down e vulnerabilità al coronavirus

Sindrome di Down e vulnerabilità al coronavirus

Scienza in Rete del 21/10/2020

Uno studio appena pubblicato sul Journal of American Medical Genetics suggerisce che tra le persone più vulnerabili a Covid-19 vi siano coloro che hanno la sindrome di Down. Serviranno altre analisi per saperne di più, ma intanto gli autori del lavoro evidenziano che alcune caratteristiche della sindrome (come l’essere associata a problemi della risposta immunitaria e l’invecchiamento precoce segmentale) potrebbero spiegare la maggior fragilità dei pazienti.

Sappiamo che alcune persone sono più fragili di altre di fronte a Covid-19. Tra queste sembrano esserci le persone con sindrome di Down, con una mortalità più alta della popolazione generale. Naturalmente è un dato da verificare con ulteriori ricerche, come sottolineano gli stessi autori dello studio italiano da cui emerge.

Quest’ultimo, appena pubblicato sul Journal of American Journal of Medical Genetics [1], ha preso le mosse dall’analisi delle cartelle cliniche di 3.438 persone morte negli ospedali italiani da febbraio a giugno 2020 con infezione da SARS-CoV-2 accertata. Una frazione scelta in modo casuale ma all’interno di quelle che presentavano una completezza di informazioni degli oltre 30.000 deceduti in quei mesi. Tra di essi c’erano 16 persone con sindrome di Down: lo 0,5% del totale. Essendo noto che a livello nazionale la prevalenza delle persone con questa sindrome è dello 0,05%, lo studio osserva che ci sono più morti con sindrome di Down tra i deceduti per Covid-19 di quelli che ci si potrebbe aspettare: per la precisione circa dieci volte maggiore. Lo studio di altre cartelle cliniche ci dirà di più, ma intanto dall’analisi comparativa emergono anche altri elementi interessanti. Per esempio che le persone con sindrome di Down decedute avevano un’età più bassa delle altre (52 anni di media contro 78), che tutte hanno avuto sindrome da distress respiratorio acuto e che sono state più soggette a sovra-infezioni, ovvero infezioni batteriche che si sono sovrapposte a quella virale – come le infezioni del sangue (sepsi) e la polmonite batterica – che hanno colpito il 31% di queste persone contro il 13% della popolazione generale.

«La sindrome di Down è associata a problemi nella risposta immunitaria, per cui le persone che presentano questa condizione sono più soggette alle infezioni batteriche e le conseguenze delle infezioni possono essere nel loro caso particolarmente gravi», spiega Graziano Onder, direttore del Dipartimento di malattie cardiovascolari, endocrino-metaboliche e dell’invecchiamento dell’Istituto Superiore di Sanità e coautore dello studio. «Questo sicuramente è uno dei motivi della loro maggiore vulnerabilità».

Sappiamo infatti che le complicanze di Covid-19 possono essere proprio infezioni batteriche che si associano a quella virale. Dagli studi sulla malattia ormai sappiamo inoltre che il rischio di mortalità è associato anche all’età avanzata del paziente e alla presenza di co-morbidità, ovvero alla preesistenza di malattie come malattie cardiovascolari, diabete, malattie respiratorie croniche, obesità e cancro. Ebbene, le persone con sindrome di Down sono soggette a un invecchiamento precoce segmentale, un invecchiamento che riguarda in particolare alcuni organi e sistemi, come la tiroide, le ossa, il cervello. Benché le persone adulte con questa sindrome si ammalino poco di malattie cardiovascolari o cancro, questo invecchiamento precoce le espone all’alto rischio di sviluppare una serie di co-morbidità tra cui endocrinopatie, malattie neurologiche, reumatiche e muscoloscheletriche e alti livelli di stress ossidativo.

«Questo vuol dire che non c’è da temere di più per un trentenne con sindrome di Down, ma per un cinquantenne sì, perché si tratta di una persona già entrata nella terza età», afferma Emanuele Rocco Villani, dottorando in scienza dell’invecchiamento presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma e primo firmatario dell’articolo.

Un elemento da prendere in seria considerazione è poi l’obesità, un’altra condizione legata alla sindrome di Down. Nel campione analizzato era infatti presente nel 38% dei casi, contro il 16% dei deceduti senza questa sindrome. «L’obesità dà luogo a esiti negativi per due motivi», prosegue Onder. «Il primo è che influenza negativamente la capacità polmonare dell’individuo e quindi aggrava la polmonite causata da SARS-CoV-2. Il secondo è che si associa a uno stato di aumentata infiammazione e noi oggi sappiamo che la tempesta infiammatoria è una delle caratteristiche di Covid-19».

Anche le malattie autoimmuni, come tiroidite di Hashimoto e psoriasi, erano significativamente più diffuse nel gruppo studiato (44% contro 4%), così come la demenza (38% contro 16%). Queste condizioni sono noti fattori di rischio, in quanto associate a uno stato pro-infiammatorio che sembra avere un ruolo nell’insorgenza di gravi complicazioni di Covid-19. Infine, diverse anomalie anatomiche delle vie aeree superiori e l’atonia muscolare, assieme all’obesità, aumentano il rischio di ostruzione delle vie aeree, di disfagia e apnea ostruttiva del sonno nelle persone con sindrome di Down, tutti fattori che predispongono a una ipertensione polmonare, a sua volta un fattore di rischio che fa presagire un’infezione più grave.

Quali conclusioni trarre da questi dati? «In primo luogo che i pazienti con sindrome di Down devono essere tutelati di più, in particolare se hanno storie di polmoniti pregresse. Questo vuol dire che anche una sintomatologia sfumata deve far scattare l’allarme», risponde Villani. «Inoltre, che appena ci sarà un vaccino efficace e sicuro che abbia superato tutte le fasi di sperimentazione, nella lista delle persone vulnerabili a cui somministrarlo per prime, sarà importante che i policy-maker considerino di inserire anche quelle con sindrome di Down”.

Tiziana Grilli, presidente nazionale dell’AIPD (Associazione Italiana Persone Down), commentando i dati dello studio, ha precisato che “pur trattandosi di risultati rilevanti per richiedere l’attenzione delle Istituzioni Sanitarie su una possibile peculiare fragilità della sindrome di Down alle infezioni respiratorie e non solo, essi non hanno un significato tale da dover modificare il comportamento quotidiano e le abitudini dei nostri figli, rispetto alle misure anti-contagio consigliate per tutta la popolazione italiana”. Bisogna affrontare la pandemia senza allarmismi, dunque, ma “con la consapevolezza che la sindrome di Down è una condizione che comporta sintomi e rischio di contrarne altre, e quindi come tale dev’essere studiata, curata e seguita in Centri specialistici con percorsi dedicati».

di Cristiana Pulcinelli

Premi europei eTwinning 2020

Scuola digitale: l’Italia fa il pieno di premi europei eTwinning
Riconoscimenti per 16 docenti in 11 progetti di didattica a distanza

Diretta streaming della premiazione il 22 ottobre con la Commissaria europea Gabriel

Bruxelles, 21 ottobre 2020 – Record di vittorie per i docenti italiani ai Premi europei eTwinning 2020, la community europea di docenti parte delle piattaforme ufficiali di scambio del Programma Erasmus+, nata su iniziativa della Commissione europea nel 2005 e arrivata oggi a contare oltre 800.000 insegnanti iscritti in 44 Paesi.

Dei 932 progetti candidati nelle 4 categorie per fascia d’età e nelle 8 categorie speciali, sono stati 11 i progetti premiati con 16 docenti italiani coinvolti, che, con le loro classi e i rispettivi partner internazionali, hanno ottenuto il prestigioso riconoscimento europeo per il lavoro svolto in eTwinning.

Tra le categorie per fascia d’età sponsorizzate dalla Commissione europea, sono stati due i progetti vincitori fondati da docenti italiani: “Wonderland“, per la categoria 7-11 anni, e “EU’ve got mail“, nella categoria 12-15. Il primo vede tra i fondatori la docente Cira Serio, della Scuola Paritaria Primaria “San Tarcisio” e infanzia “Bimbi lieti” di Ercolano (NA), mentre il secondo è fondato dalla docente Mariangela Bielli dell’ICS “G. Perlasca” di Bareggio (MI). Nelle stesse categorie, premiate rispettivamente come “Runner-up” (secondo posto) anche le docenti Sara Terrassan, del Liceo Statale “Celio-Roccati” di Rovigo, per il progetto “Ciudadan@Digital5.0“, e  Maria Pia Borghesan, ICS “Comuni della Sculdascia” di Casale di Scodosia (PD), Elena Gallo, del VI ICS “B. Ciari” di Padova, e Stefania Bertone, dell’ICS “Terralba” di Genova, per il progetto “I’m in LOVE with the GREEN EARTH“. Sempre come “Runner-up” premiate nella Categoria fascia di età 16-19 anni anche Laura Locatelli e Sara Amidoni dell’ISIS “O. Romero” di Albino (BG) per il progetto “LA OTRA CARA DEL ARTE. Luces y sombras en el Siglo de oro”.

Vincono come Premio per progetti in lingua spagnola “SAYWOW (Sailing Across the Youthful World of Words)” di Francesca Sammartino, della Scuola Secondaria Statale di I Grado “G. Galilei” di Cecina (LI).

Nella categoria Premio per progetti in lingua francese vince il progetto “Le fil de l’Esprit“, fondato da Giusi Gualtieri del Liceo Scientifico Statale “G. Galilei” di Perugia, con lei premiate Laura Radice e Valeria Lotta, dell’IIS “L. Einaudi”di Chiari (BS).

Premio per materie scientifiche “Marie Skłodowska Curie” al progetto “Fun with physics and technology“, fondato dalla docente Antonietta Amore, del Liceo Linguistico Statale “I. Alpi” di Cesena, mentre il Premio per la lingua inglese è andato a Patrizia Roma dell’ITTS “A. Volta” di Perugia con il progetto “Together for a better tomorrow“.

Infine, il progetto “DIOSAS Y DIOSES Y VICEVERSA“, fondato da Anna Chiara Marcialis del Liceo Statale “Pitagora” di Isili (CA), vince il “Premio Mediterraneo”, mentre “Twinfeuill’ton : amours et préjugés de jadis à nos jours“, in cui è stata coinvolta Simonetta Sardini, dell’ITCS “V. Bachelet”di Ferrara, vince il Premio “Peyo Yavorov”, per un progetto che incoraggia l’amore per la lettura nei giovani.

Cerimonia dei Premi europei 2020 in diretta streaming il 22 ottobre

I docenti vincitori saranno premiati nel corso della Conferenza europea eTwinning 2020 “CLASSROOMS IN ACTION: ADDRESSING CLIMATE CHANGE WITH ETWINNING”, che si terrà quest’anno in versione online dal 22 al 24 ottobre. L’evento rappresenta il principale appuntamento annuale della community e coinvolgerà oltre 500 insegnanti da tutta Europa, che saranno chiamati a imparare nuovi approcci e metodologie didattiche da esperti e colleghi, stabilendo e alimentando connessioni e condividendo esperienze per trovare ispirazione e creare cambiamenti positivi nelle loro scuole e comunità attraverso eTwinning.

Di seguito le sessioni che sarà possibile seguire in diretta streaming:·         22 Ottobre, 17:30 – 19:00 CET – Cerimonia dei Premi europei eTwinning 2020·         23 Ottobre 10:00 – 10:30 CET – Sessione plenaria con l’introduzione di Mariya Gabriel, European Commissioner for Innovation, Research, Culture, Education and Youth Gabriel e, a seguire, Clara De La Torre, Deputy Director General DG CLIMA EC·         23 Ottobre, 10:30 – 11:15 CET – Sessione plenaria keynote speech di Koen TimmersTeaching through a pandemic: is there still room for project-based learning, vincitore del Global Teacher Prize 2017.

Sarà possibile accedere alle dirette, negli orari indicati, sul sito eTwinning.net:

https://learninglab.etwinning.net/117929/pages/page/1016690

Hashtag ufficiale per seguire l’evento sui social: #eTwconf20.

Assurdo non prevedere un concorso suppletivo

Cuzzupi: Assurdo non prevedere un concorso suppletivo. Il Ministero è fuori dalla realtà!

“Prendiamo nuovamente atto che il Ministero dell’Istruzione è ormai del tutto avulso dalla realtà del
momento. Dopo le esternazioni di questi mesi, le decisioni non prese in merito alla necessità di
immediate assunzioni dei precari molti dei quali con anni di esperienza, assistiamo adesso alla
chiusura della porta in faccia a quei docenti impossibilitati a partecipare al concorso perché,
magari, colpiti dal Covid19. Una decisione quella di non prevedere prove suppletive che, in un
momento come questo, possiamo solo definire offensiva verso chi ha dedicato gran parte della
vita all’insegnamento e magari si trova a lottare contro il virus”.
Così Ornella Cuzzupi, Segretario Nazionale UGL Scuola, commenta la presa di posizione del
Ministro in merito al già tanto contestato concorso.
“Si tratta di non voler prendere coscienza della drammatica situazione che attanaglia il
Paese. Si tratta di non voler comprendere come la scuola non è un pezzo staccato dalla realtà, ma
parte integrante e fondamentale di essa. Sono stati abbandonati a se stessi Dirigenti
scolastici, docenti, personale ATA, solo chi non vive la realtà della scuola può non rendersene
conto! Oggi abbiamo problemi in tutto il Paese e invece di cercare soluzioni condivise e
condivisibili, si oppongono diktat di principio che stanno portando il settore in una crisi mai
conosciuta prima”.
Cuzzupi mostra profonda preoccupazione anche per le chiusure di classi e istituti che stanno
avvenendo a macchia di leopardo, determinate da scelte locali senza che vi sia una precisa linea
guida in merito all’emergenza .
“È questione di buon senso e di logica, prima che politica, quella di non mettere la testa sotto la
sabbia per non affrontare le questioni. La mia Organizzazione è quotidianamente impegnata a
cercare di dare supporto e fiducia ai tanti dirigenti, docenti e ATA che si vedono in balia delle
circostanze. Eppure il Ministro preferisce scappare dal confronto e arroccarsi in situazioni
senza contraddittorio. In questo modo abbiamo intrapreso una strada pericolosa. Noi, dirigenti
dell’Unione Generale del Lavoro della Federazione Scuola, ci battiamo quotidianamente e
continueremo a farlo in ogni dove, continuando ad oltranza nello Stato di Agitazione di tutto il
personale dell’Istruzione, proclamato dall’UGL SCUOLA e già in atto da settembre, fino a
quando qualcuno, nei piani alto del Dicastero di riferimento, ascolterà le nostre sacrosante ragioni,
speriamo prima del baratro”.

Federazione Nazionale UGL Scuola
Il Segretario Nazionale
Ornella Cuzzupi

S. Niffoi, Il postino di Piracherfa

Niffoi scrive dei “diversi”

di Antonio Stanca

   Anche Salvatore Niffoi appartiene alla “Nuova Letteratura Sarda”, quella recente corrente letteraria che si è diffusa in Sardegna e che ha visto coinvolti molti autori, generalmente scrittori, nell’impegno di far sapere della Sardegna, di mostrarla, rappresentarla nella sua vita, nelle sue tradizioni, nella sua lingua, nei suoi costumi, nei suoi luoghi, in tutto quanto ha fatto parte della sua storia. La si vuole indicare come una presenza degna di attenzione, una voce degna di essere ascoltata.

   Niffoi è nato in provincia di Nuoro, Orani, nel 1950, qui risiede e qui ha insegnato per molti anni nelle scuole medie prima di dedicarsi alla scrittura narrativa. Agli anni ’90 risale il suo esordio come scrittore, nel 2006 con il romanzo La vedova scalza vince il Premio Campiello e scrittore noto diventa d’allora.

   Quest’anno ha pubblicato, presso Giunti, nella collana “Le Chiocciole”, Il postino di Piracherfa, opera di nuovo ambientata in uno sperduto paesino della sua Sardegna, stavolta della sua regione, la Barbagia, e incentrata sulla figura del postino del paese, Melampu.

   Come altri personaggi creati da Niffoi in altri romanzi anche Melampu è un caso particolare nel senso che pur rientrando nel suo ambiente, pur essendovi completamente inserito, pur risentendo di esso, se ne distacca perché ha una propria maniera d’intendere, un proprio modo di pensare, di credere, di volere: fa il postino ma è convinto che altra sarebbe potuta essere la sua vita, che studioso sarebbe potuto diventare, che in altri posti sarebbe potuto vivere, sta con alcune donne ma ne rimane scontento, deluso, risponde alle lettere che arrivano da lontano ad un suo amico morto da tempo, s’immedesima nella sua persona, avrebbe voluto essere come lui, libero da vincoli, ignaro dei pregiudizi, noncurante delle dicerie, sicuro nel pensiero e nell’azione. E’ diventato, invece, pesante, grasso, è invecchiato e pur detestando certo modo di vivere non riesce a liberarsi. Tra molte contraddizioni si muove, tra molti problemi si affligge e ad aggravare la situazione giunge improvviso il sospetto che le forze dell’ordine nutrono nei suoi riguardi circa l’omicidio della farmacista del paese. Era bastato che fosse stato lui a trovarla morta in casa perché diventasse uno dei maggiori indiziati. Ai problemi interiori Melampu vede aggiungersi quelli esteriori, al travaglio dell’animo la condanna da parte dell’opinione pubblica nonché lo scherno che molti ragazzi gli riservano quando lo vedono passare in bicicletta durante il suo lavoro. Disperata, drammatica si avvia a diventare la sua condizione, a fuggire si vede quasi costretto, a preferire la solitudine della sua casa ad ogni altra situazione, a pensare al suicidio. Finirà in un manicomio criminale tanto si era accanita la sorte nei suoi riguardi.

   C’è tanta ironia nel romanzo di Niffoi ma anche tanta pena, tanto dolore, fa ridere lo scrittore quando mostra i difetti, i vizi, i modi di vivere, di parlare della gente di Piracherfa, Melampu compreso, ma fa pure riflettere quando lo fa rimanere solo nella sua casa tra tanti pensieri, tanti ricordi, tanti tormenti. Può anche aver partecipato ad una festa, può aver vissuto ore di convivialità ma una volta rientrato a casa questa diventa il luogo della sua sofferenza, del suo scontento.

   Ci sarebbe da notare che con Melampu Niffoi va oltre i confini di quel paese, di quella Sardegna e si collega ad una condizione umana che ha percorso tanta letteratura moderna, che ha fatto del “diverso” il suo esempio, il suo modello. Accomuna lo scrittore un povero postino alle tante figure di “eroi decadenti” che non avevano mai accettato quanto loro accadeva, non avevano mai smesso di volerlo “diverso”. Può sembrare una forzatura data la differenza degli ambienti nei quali il fenomeno si verifica ma finisce di essere tale se lo si vede come proprio dell’animo, dello spirito e non dell’ambiente.

Presidi: «Pochi bus e più rischi dopo le nove a scuola»

da Il Sole 24 Ore

di Redazione Scuola

«La vulgata del “si entra dopo le 9 a scuola” è infondata»: i presidi non vogliono saperne di cambiare gli orari di ingresso dei ragazzi delle scuole superiori. In molte località di provincia i ragazzi per andare a scuola – fanno notare i dirigenti scolastici – prenderebbero gli stessi pullman che prendono per entrare nei turni attuali – in genere le 8 e le 8:40 – non ci sono autobus per tornare a casa in alcune fasce orarie pomeridiane – tra le 14,30 e le 16- nè sembra che le aziende del trasporto locale ne riescano a prevedere di nuove; con l’orario attuale non ci sono assembramenti nè all’ingresso nè all’uscita dagli istituti: insomma cambiare orari di ingresso a scuola significa, per molte realtà, lasciare in giro giovani e giovanissimi per qualche ora, con il rischio ben maggiore di assembramenti incontrollati rispetto a quanto avviene in classe. Questo sostengono i dirigenti scolastici praticamente all’unanimità.

La soluzione – che si adotterà in alcuni territori a partire da oggi – è far entrare i ragazzi a scuola più tardi la mattina e farli uscire sempre intorno alle 14 prevedendo di recuperare le ore perse per esempio con uno o due pomeriggi di lezioni on line. «Posticipare gli ingressi non è detto sia per tutti un vantaggio», ragiona Roberta Fanfarillo che guida i dirigenti scolastici per la Flc Cgil.

«La circolare del dell’Istruzione chiarisce che la scelta di una scuola di rimodulare l’orario può essere effettuata solo se sussistono situazioni di grave criticità e dopo il confronto con i tavoli provinciali e regionali. La vulgata del si entra alle 9 è infondata. Sono decisioni che competono alle singole scuole, la pretesa di imporre una organizzazione oraria per tutti, del resto, è sbagliata», sottolinea il presidente nazionale di Anp, Antonello Giannelli.

«Molte realtà si stanno attrezzando in queste ore perchè la situazione è complessa, stiamo assistendo ad una accelerazione delle criticità e si lavora per trovare soluzioni», osserva Paola Serafin a capo dei dirigenti scolastici della Cisl Scuola. «Era importante definire una modalità di reazione che fosse tagliata sulle particolari situazioni. Anche aprire alle 9 non risolverebbe il problema, anzi lo aggraverebbe: la cosa migliore è trovare la situazione giusta per quel territorio, considerando i trasporti, la rete internet ecc. Ci sono diverse variabili da verificare». La Cisl scuola chiede anche un livello di coordinamento maggiore su altri temi: dai lavoratori fragili alle nuove norme sullo smart working da applicare alla scuola e sostiene la necessità di anticipare la convocazione del Tavolo per la sicurezza fissato per il 30 ottobre, «altrimenti siamo e saremo sempre in affanno».

«L’impressione dei presidi riguardo al Dpcm e alla successiva circolare ministeriale è positiva – osserva anche Mario Rusconi, presidente Anp del Lazio – lo scaglionamento è di nuovo affidato alle scuole e la gran parte lo hanno già attuato. I presidi sono soddisfatti per il fatto che il governo non abbia aderito all’idea di far andare costantemente i ragazzi delle scuole superiori in Dad, questo significherebbe interrompere il dialogo tra insegnanti e studenti e tra studenti tra loro, che deve essere in presenza. La Didattica a distanza per tutti sarebbe stata per noi inaccettabile».

Intanto i territori si vanno organizzando: a Bergamo, per esempio, la portata degli autobus destinati agli studenti delle scuole sarà ridotta dall’attuale 80% previsto a livello nazionale al 60% mentre la didattica a distanza sarà portata al 50%. A Firenze verranno effettuati test salivari a tutti i 33mila studenti, dalla scuola materna fino alla media. Infine in Campania la Regione ha autorizzato da subito progetti speciali scolastici per bambini disabili e autistici e da lunedì 26 anche la ripresa delle lezioni nelle scuole elementari.

Nella Ue il 4% degli studenti ripete l’anno, in Italia il 13,2%

da Il Sole 24 Ore

di Redazione Scuola

La ripetenza di anni scolastici ha un impatto negativo sull’equità scolastica, in particolare a livello secondario. Nonostante ciò rimane una pratica piuttosto diffusa in Europa. In media, il 4% degli studenti europei (dal livello primario al secondario superiore) ripete un anno scolastico almeno una volta, ma in alcuni sistemi educativi il tasso di ripetenza di anni scolastici può addirittura superare il 25% (26,6% in Portogallo, 28,7% in Spagna, 32,2% in Lussemburgo). L’Italia si colloca all’incirca a metà strada, con un tasso di ripetenza del 13,2%.

Per aiutare gli studenti a evitare la bocciatura, la maggior parte dei sistemi educativi mette in campo dei meccanismi per dare agli studenti una seconda possibilità. Spesso può essere un esame prima dell’inizio del nuovo anno scolastico. E’ quanto si legge nel Rapporto della rete Eurydice, “Equity in school education in Europe: Structures, policies and student performance”, che indaga sul ruolo dell’istruzione nell’integrazione dei giovani nella società e nel mercato del lavoro.

Frequentare la scuola prima delle elementari aiuta il futuro sviluppo e il rendimento

da Il Sole 24 Ore

di Redazione Scuola

I bambini che partecipano all’educazione e cura della prima infanzia (Ecec) ne beneficiano in termini di sviluppo complessivo e di rendimento scolastico. Ciò è particolarmente valido per i bambini che provengono da contesti svantaggiati. Tuttavia, nella maggior parte dei paesi europei i bambini provenienti da famiglie svantaggiate partecipano mediamente meno all’educazione e cura della prima infanzia.

Le politiche per migliorare l’equità del sistema della prima infanzia includono l’estensione dell’accesso e il miglioramento della qualità dell’offerta, ad esempio, impiegando personale sempre più qualificato.

In Italia, a partire dal 2020/21, le strutture educative per l’infanzia 0-3 anni potranno attivare procedure finalizzate a reclutare personale con la qualifica universitaria, mentre gli insegnanti della scuola dell’infanzia italiana si formano a livello universitario e devono conseguire una laurea quinquennale per poter insegnare ai bambini dai 3 ai 6 anni. È quanto si legge nel Rapporto della rete Eurydice, “Equity in school education in Europe: Structures, policies and student performance”, che indaga sul ruolo dell’istruzione nell’integrazione dei giovani nella società e nel mercato del lavoro.

Domani via al concorso per reclutare prof, il Pd chiede prove suppletive per Covid

da Il Sole 24 Ore

A poche ore dall’inizio delle prove (domani 22 ottobre) del concorso straordinario per i docenti precari con almeno 3 anni di insegnamento, tornano a imperversale le polemiche. A scendere in campo è innanzitutto il Pd. «Abbiamo già detto ripetute volte che riteniamo il prossimo concorso della scuola un rischio che sarebbe meglio non correre. Riteniamo intollerabile che la ministra Azzolina non abbia previsto e comunicato una prova suppletiva per gli insegnati che sono in quarantena o positivi. Il Pd chiede ufficialmente alla ministra questa minima garanzia», hanno affermato in una nota congiunta il capogruppo del Pd a Palazzo Madama Andrea Marcucci ed il vicepresidente della commissione Istruzione Francesco Verducci, che sul tema aveva già presentato un’interrogazione urgente alla ministra.

In Lombardia il Consiglio regionale ha approvato una mozione urgente della Lega che impegna la Giunta ad attivarsi per chiedere al ministero dell’Istruzione e al Governo il rinvio del concorso. La richiesta è stata approvata quasi all’unanimità dei votanti con il Sì dell’intero centrodestra, del Pd e anche del Movimento 5 Stelle e il parere favorevole dell’assessore regionale all’Istruzione Melania Rizzoli.

«Chiediamo il rinvio del concorso a tempi migliori al fine di arginare i danni di quello che si configura a tutti gli effetti come una bomba epidemiologica di cui qualcuno prima o poi dovrà rendere conto alle famiglie e agli studenti dai quali torneremo in classe il giorno successivo a fare lezione», scrivono i docenti precari in un lungo post sul gruppo Facebook “no concorso straordinario durante Covid”, che conta oltre 3.500 partecipanti.

I maggiori sindacati della scuola, dal canto loro, hanno convocato per oggi pomeriggio una conferenza stampa in cui si parlerà, tra gli altri argomenti, anche del concorso straordinario.

Tuttavia è assai improbabile che venga prevista una prova suppletiva per chi è in quarantena per il Covid; del resto non c’è stata neppure per i test di accesso a Medicina. Si creerebbero disparità tra i candidati – se venisse fissata una prova più avanti, chi la sostiene avrebbe più tempo per studiare – e si rischierebbe di aprire un processo senza fine: prorogandosi inevitabilmente le quarantene, si protrarrebbe sine die anche la fine del il concorso.

Le prove prenderanno dunque il via da domani 22 ottobre per concludersi nella metà del mese di novembre. I posti a bando sono 32mila. Il ministero ha reso noto di aver lavorato per garantire la distribuzione dei candidati nelle aule per tutto il territorio nazionale, procedendo al reperimento di tutte le postazioni necessarie – saranno una decina le persone in ogni aula – e che questo eviterà qualsiasi forma di assembramento.

Hanno presentato domanda per la procedura straordinaria 64.563 persone. Le istanze di partecipazione potevano essere inviate dall’11 luglio fino al 10 agosto scorsi.

La prova scritta, da superare con il punteggio minimo di sette decimi o equivalente e da svolgere con il sistema informatizzato, è distinta per classe di concorso e tipologia di posto.

La durata è pari a 150 minuti e prevede, per i posti comuni, cinque quesiti a risposta aperta volti all’accertamento delle conoscenze e competenze disciplinari e didattico-metodologiche in relazione alle discipline oggetto di insegnamento, e un quesito – seguito da cinque domande a risposta aperta di comprensione – per la verifica della conoscenza linguistica.

Per le classi di concorso di lingua inglese la prova scritta sarà interamente in lingua e prevede sei quesiti a risposta aperta.

A scuola senza musica

da la Repubblica

Corrado Zunino

Insieme all’educazione motoria, la musica è stata la vittima disciplinare immediata e larga della riorganizzazione scolastica per l’anno 2020-2021. Un milione e mezzo di bambini e ragazzi, alunni e studenti, non hanno più musica. Non la frequentano, non l’ascoltano, non ne ascoltano la storia. La scuola l’ha sospesa, posticipata, annullata. Della gravità della questione ce ne accorgeremo più avanti, ne peseremo le conseguenze.

La stima – un milione mezzo di scolari su due milioni e mezzo sono senza corsi e approfondimenti musicali – è della Consulta cultura del Forum del Terzo settore, l’organismo che gestisce le dinamiche del volontariato italiano. Molte associazioni sono abituate ad affiancarsi alle scuole per attività musicali, spesso pomeridiane. Solo il Forum conta trentamila operatori specializzati. Ma quest’anno, meglio, per questa seconda stagione di convivenza con il Covid, “le chiamate dei dirigenti scolastici sono state pochissime”. Quasi nessun istituto ha ripreso in mano i corsi esterni interrotti lo scorso marzo, la prima ondata, né ha attivato iniziative nuove con insegnanti extrascolastici. Mancano gi spazi all’interno dei plessi, spesso il personale di controllo.

La fascia più colpita è tra 0-6 anni, la più numerosa e quella che assorbe l’influenza musicale con maggiore pienezza: “Numerosi studi dicono che per i bambini fino ai sei anni di età la musica ha un effetto positivo sullo sviluppo del cervello, dal punto di vista emotivo e cognitivo, e la pratica musicale rappresenta un capitale che sarà utile per tutto l’arco della vita”, scrivono i portavoce del Forum. Diversi degli esperimenti musicali avviati nel cortile scolastico, tra l’altro, sono al servizio degli studenti con disabilità: anche qui la letteratura sul recupero è ampia, e confermata dalle pratiche.

Un vecchio studio del ministero dell’Istruzione, del 2008, l’ultimo in possesso del Forum del Terzo settore, rivelava che il 98 per cento degli istituti del primo ciclo (fino alle scuole medie) aveva attivato percorsi di musica e oltre il 55 per cento di questi era svolto totalmente o in collaborazione con esperti esterni. Sul territorio italiano, va ricordato, c’è un patrimonio di oltre 3.000 bande (2.500 affiliate al Forum), 10.000 cori (un quarto vicino al Terzo settore) e 500 scuole di musica per una platea di 300.000 associati.

Francesco Saverio Galtieri, guida della Scuola popolare di musica di Donna Olimpia, a Roma, e portavoce del Forum per l’educazione musicale, spiega nel dettaglio: “Solo con la mia associazione lavoravamo con tremila bambini, oggi ci sono rimasti due asili nido. Le medie sono tendenzialmente coperte dai docenti di ruolo, le superiori non hanno musica in classe se non in rari indirizzi. Noi, come Forum e come associazionismo in generale, negli ultimi vent’anni abbiamo sopperito per l’educazione musicale nelle prime fasce d’età, adesso drammaticamente tagliate fuori”. Galtieri tiene a sottolineare: “Abbiamo un ruolo importante per l’attività propedeutica, la pedagogia musicale che interviene su integrazione, atteggiamenti in classe, dispersione scolastica. La situazione è seria. Serve un tavolo tecnico scientifico per comprendere dove sia possibile riattivare attività in sicurezza. Per noi è ipotizzabile in diversi luoghi, ma serve un intervento ministeriale. E laddove non si potrà fare musica in presenza, andrà avviata una didattica a destinazione, da scuola a casa”.

Servono, in questa fase, separatori tra gli strumentisti e barriere di plexiglass. E poi è possibile istruire attività separate, convocando sezioni musicali, fiati, ritmica e così via. “In molti istituti”, ancora Galtieri, “il laboratorio musicale è diventato un’aula per insegnare: la musica a scuola, un percorso lungo più di un secolo, ha fortemente rallentato, in alcuni casi si è fermato”. Il rischio di tornare indietro, alla musica solo quando si può, è reale.

Il maestro Stefano Luigi Mangia, diploma di sassofono, che dal Salento guida il Coordinamento nazionale per il ripristino del jazz nei Licei musicali, conferma: “E’ un anno difficile e le linee guida del ministero dell’Istruzione complicano, per la mancanza di chiarezza, la situazione. Il protocollo sanitario oggi chiede una distanza di un metro e mezzo per gli strumentisti nelle sale di prova e di due metri per ogni corista. Questo fa sì che nello spazio dove potevano convivere trenta persone, oggi ce ne stiano otto, dieci al massimo. Le orchestre devono essere ridotte e quasi nessun maestro né dirigente scolastico si prende l’onere e il dispiacere di lasciare a casa qualche giovane musicista. Le attività, così, non partono”. Altri motivi che frenano la ripartenza sono: l’organizzazione complicata del pomeriggio extracurricolare negli istituti e, più banalmente, i timori di contagio.

Sulla distanza necessaria per le orchestre e i cori è in corso una ricerca del’Università Bicocca di Milano. La Consulta Cultura del Forum del Terzo settore si appella, per chiudere, alla ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina: “Le chiediamo di sollecitare i dirigenti scolastici a riprendere i percorsi formativi in ambito musicale, fondamentali anche per dare gambe ai Patti educativi territoriali”.

Scuola e orari, i paletti del ministero «Si cambia soltanto in casi critici»

da Corriere della sera

Valentina Santarpia

Ingresso dopo le nove del mattino, orari rimodulati, turni pomeridiani: ecco i cambiamenti possibili per le scuole superiori, ma solo se si verificheranno «situazioni critiche». La precisazione arriva in una circolare che ieri il capo dipartimento del ministero dell’Istruzione, Marco Bruschi, ha inviato ai dirigenti scolastici e ai direttori degli uffici scolastici regionali per chiarire cosa davvero cambierà per le scuole con l’entrata in vigore del nuovo Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri (Dpcm). In sostanza, niente, almeno non nell’immediato: anche se il decreto per gli istituti scolastici sarà applicabile da domani, non c’è alcun «automatismo», precisa la nota.

«Eventuali interventi sulla organizzazione scolastica avverranno solo in caso di situazioni critiche o di particolare rischio», situazioni queste che dovranno essere «comunicate dalle autorità sanitarie o dagli Enti locali». E comunque non potranno essere adottati autonomamente, ma solo «dopo aver condiviso le modifiche nei Tavoli regionali e locali con gli Uffici scolastici, previsti dal cosiddetto “Piano Scuola”, emanato a giugno scorso e approvato anche dalle Regioni».

Da dove nasce l’esigenza di un chiarimento? La conferenza stampa del premier Giuseppe Conte di domenica sera e l’annuncio delle nuove misure avevano lasciato perplessi alcuni governatori: «Norme confuse», secondo Massimiliano Fedriga, Friuli-Venezia Giulia. Ma soprattutto aveva irritato i presidi, che in quelle disposizioni avevano visto un attacco all’autonomia scolastica, che «gode di tutela costituzionale e su cui non è utile né legittimo trasgredire», come hanno ricordato ieri in un comunicato.

«La scuola è un asset fondamentale», aveva detto Conte domenica, spiegando che le lezioni in presenza sarebbero continuate per tutti e che alcuni correttivi sarebbero stati introdotti soltanto per gli studenti delle superiori. Qualche ora dopo la ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina aveva tranquillizzato famiglie, docenti e dirigenti precisando che le modifiche sarebbero entrate in vigore dopo «qualche giorno».

E in effetti i provvedimenti saranno applicabili da domani, ma solo in presenza di casi particolari, e sempre dopo una valutazione complessiva da parte degli organi preposti, come puntualizza il ministero. «La pretesa di differire rigidamente l’orario di ingresso sarebbe stata irragionevole — nota Antonello Giannelli , presidente dell’associazione dei presidi — in quanto avrebbe riguardato indistintamente sedi scolastiche situate in realtà geografiche profondamente diverse tra loro: basti pensare alle differenze esistenti tra l’area metropolitana di qualsiasi grande o media città e un qualsiasi piccolo centro rurale».

Con la nota del ministero, la rimodulazione degli orari viene solo considerata un’ulteriore «arma» in mano ai presidi. Il Dpcm parla di «forme flessibili nell’organizzazione dell’attività didattica» e prevede la possibilità di incrementare la didattica a distanza, che rimane dunque complementare a quella in presenza.

Concorso straordinario, Azzolina: non ci possono essere prove suppletive, ecco perché

da OrizzonteScuola

Di redazione

“Non ci possono essere prove suppletive al concorso straordinario”. Così la ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina (M5S), ospite di Lilli Gruber a Otto e mezzo su La7.

Abbiamo un parere della Funzione pubblica che vale per tutti i concorsi della Pa. Quel parere non prevede prove suppletive perché si fa riferimento a dei principi ben precisi e vale per tutti i concorsi pubblici, compresa la scuola“, ha affermato la ministra Lucia Azzolina.

Covid-19, finestre aperte in classe disperdono fino al 70% del virus. Studio americano

da OrizzonteScuola

Di redazione

Finestre aperte per disperdere fino al 70% delle particelle di virus e schermi protettivi davanti ai banchi per rallentarne la diffusione: così i fisici hanno calcolato come ridurre la circolazione del nuovo coronavirus a scuola, all’interno delle classi.

La ricerca, pubblicata sulla rivista Physics of Fluids, così come segnala in un articolo l’agenzia di stampa Ansa, si deve ai fisici dell’Università americana del Nuovo Messico.

Lo studio del trasporto di aerosol e goccioline di saliva all’interno degli ambienti chiusi può aiutare a stabilire misure efficaci per contrastarne la diffusione del virus Sars-CoV-2.

Uno degli ambienti più importanti per acquisire una rapida comprensione della diffusione delle particelle del virus, rilevano gli autori, è l’aula scolastica.

I ricercatori hanno utilizzato un modello sulla dinamica delle particelle fluide per esplorare il trasporto di aerosol all’interno di una classe con aria condizionata. Dunque è emerso che, la distribuzione dell’aerosol all’interno della stanza non è uniforme, a causa dell’aria condizionata e della posizione della sorgente e che, ha detto uno degli autori, Khaled Talaat, “le particelle possono essere trasmesse da uno studente ai banchi o ai vestiti di altri studenti, anche se tenuti separati da una distanza di 2,4 metri”.

Secondo Talaat, “la posizione dello studente all’interno dell’aula influisce sulla probabilità di trasmettere particelle ad altri e di riceverle”. Tuttavia, è emerso che “quasi il 70% delle particelle esce dal sistema quando le finestre sono aperte”.

Inoltre, ha aggiunto l’esperto, la ricerca mostra che “l’aria condizionata rimuove fino al 50% delle particelle rilasciate durante l’espirazione e la conversazione, ma il resto si deposita sulle superfici all’interno della stanza e può rientrare nell’aria”.

Di conseguenza la ricerca evidenzia anche l’importanza di utilizzare sistemi di filtrazione e sterilizzazione efficaci nei condizionatori d’aria.

Lo studio mostra, inoltre, che anche gli schermi protettivi posti davanti ai banchi, riducono significativamente la trasmissione di particelle da uno studente all’altro, perché ha spiegato Talaat “influenzano la circolazione del flusso d’aria vicino alla sorgente, facendo cambiare le traiettorie delle particelle”.

Concorso straordinario, video con le istruzioni per i candidati

da OrizzonteScuola

Di redazione

Parte la procedura straordinaria per titoli ed esami per le immissioni in ruolo, su posto comune e di sostegno, di docenti della scuola secondaria di primo e secondo grado, previste per gli anni scolastici 2020/21, 2021/22, 2022/23 così come stabilito dal Decreto Dipartimentale n.510 del 23 aprile 2020.

Protocollo di sicurezza

Avviso del 14 ottobre usare guanti o igienizzare le mani, temperatura prima di entrare a scuola. Precisazioni Ministero

Mascherina chirurgica per i candidati e guanti monouso per i tecnici [LE ISTRUZIONI DEL MINISTERO PER IL PROTOCOLLO DI SICUREZZA]

Scarica il modello di autocertificazione per accedere alla sede

Come si svolgerà la prova: le istruzioni ufficiali del Ministero

Cosa devo fare prima e dopo la prova selettiva. Tutti i passaggi.

Cosa portare per svolgere la prova –

Lessico in tempo di crisi: la diciassettesima lettera

Lessico in tempo di crisi: la diciassettesima lettera

di Alessandra Condito

Al termine dello scorso anno scolastico, avevo salutato genitori e studenti con un “Abecedario” semiserio che provava a riflettere, sorridendo, su ciò che era accaduto nella scuola e non solo durante la triste primavera del 2020.

Dietro quella leggerezza c’era la speranza che il peggio fosse passato, e che, lavorando con impegno durante l’estate, avremmo riaperto le nostre scuole per una didattica, se non totalmente, di certo di gran lunga in presenza.

Ora, a poco più di un mese dall’inizio del nuovo anno scolastico, un nuovo “Alfabeto”[1] a firma di Stefano Massini mi ha colpito allo stomaco come il pugno di un professionista, e ancora mi fa male per quanto è potente nella sua dolorosa verità.

A come Assedio, B come Baratro, G come Guado, M come Miseria, R come Rimorso…

Arrivata alla lettera S ero certa che avrei trovato la parola Scuola, e invece Massini scrive di S come Spudoratezza, per dire che “oggi è regolare sentire frasi agghiaccianti come – Rischiamo tutti o solo le Rsa?, I morti Covid sono morti veri o gente già mezza nella bara?”.

Spudoratezza e non Scuola. Confesso di esserne rimasta delusa, ma si sa, noi donne e uomini di scuola siamo autoreferenziali per definizione. Quante volte ce lo siam sentiti dire in ogni corso di formazione e dibattito pubblico!

Poi però, allontanata l’amarezza da ruolo,  mi son detta che avrei voluto trovare tante altre parole associate alla lettera S.

Mi sarebbero piaciute parole come Salute, Sussidiarietà, Sostegno.

E avrei voluto trovare la S di Sintesi, perché ci sarà pur un modo per fare sintesi tra istanze così importanti per il Paese, come Istruzione, Sanità, Economia, anche a costo di qualche privazione di libertà individuale, ma purché se ne comprenda il Senso, e la Strategia.

Ci son tante belle parole che iniziano con la S, la Storia (da cui imparare per non ripetere gli stessi errori), la Speranza (che non è cieca attesa ma tensione verso una meta) e il Sogno, ma di questo non dirò nulla, perché ognuno di sogni ha i propri e già così fatica a ricordarli.

Quindi, per riepilogare, Scuola, Salute, Sussidiarietà, Sostegno, Sintesi, Senso, Strategia, Storia, Speranza, Sogno. Quante belle parole avrebbe potuto inserire Massini nel suo “Alfabeto della ricaduta”, se tutto il testo non fosse intriso di un legittimo Sconforto nel leggere i dati di queste difficili settimane.

Quindi bene ha fatto l’autore a non scrivere di Scuola, perché questa è parola che non si sposa con lo Sconforto. Ci fosse Rodari direbbe che la scuola ha rubato allo sconforto una lettera per fargli dispetto!

La scuola è infatti (-s)conforto in questi tempi bui. Insieme al teatro, al cinema, alle biblioteche.

Non facciamo entrare nelle nostre aule la paura, teniamo aperte le finestre, arieggiamo i locali, se necessario aumentiamo le distanze, facciamo i turni, ma continuiamo a Sostare nelle nostre Scuole. Non è (non vogliamo che sia) il tempo delle chiusure. Facciamo (insieme, ognuno con le proprie competenze e responsabilità) in modo che non accada.


[1] Stefano Massini, Alfabeto emotivo della ricaduta, la Repubblica, 18 ottobre 2020