Emanata ordinanza Regione Puglia su scuole secondarie di secondo grado

Il presidente della Regione Puglia ha emanato l’ordinanza num. 399, “Misure urgenti per fronteggiare l’emergenza epidemiologica da COVID-19”, che dispone:

Ferma restando la sospensione delle attività didattiche “in presenza” in tutte le scuole secondarie di secondo grado, limitatamente alle ultime tre classi del medesimo ciclo scolastico, per il giorno lunedì 26 ottobre 2020, con decorrenza dal 27 ottobre e fino al 24 novembre 2020:

  1. Le Istituzioni Scolastiche devono adottare, con il ricorso alle misure di flessibilità organizzativa di cui agli articoli 4 e 5 del D.P.R. n. 275/1999, per una quota non inferiore al 75%, la didattica digitale integrata in tutte le classi del ciclo della scuola secondaria di secondo grado, in modalità alternata alla didattica in presenza, modulando ulteriormente la gestione degli orari di ingresso e di uscita degli alunni anche attraverso l’eventuale utilizzo di turni pomeridiani, e disponendo che l’ingresso non avvenga in ogni caso prima delle 9,00.
  2. Le Istituzioni Scolastiche, nella loro autonomia, in attuazione e nei limiti di quanto previsto al precedente punto 1), individueranno per la restante quota in presenza, le misure che riterranno più idonee per l’utilizzo dei laboratori didattici ed altre attività in presenza o anche per l’attività in presenza di classi iniziali e terminali, nonché per l’attività di alunni con bisogni educativi speciali.

Il “futuro della scuola” e “la scuola del futuro”

Il “futuro della scuola” e “la scuola del futuro”

di Maria Grazia Carnazzola

1. Premessa.

In periodi di incertezza estrema come è quello che stiamo vivendo, riflettere sulle scelte e sulle decisioni, politiche, amministrative o personali, diventa necessario per non perdere completamente la bussola.  Decidere significa scegliere e le scelte fanno riferimento, troppo spesso lo vediamo, a liste di opzioni che riguardano quasi esclusivamente gli aspetti tecnici delle questioni e delle situazioni. Ma cercare di prefigurare una visione di come sarà il futuro non si esaurisce nell’aggiungere o nel togliere e poi vedere come va: serve sgombrare il campo da ragionamenti meccanici riconducibili all’utilizzo massiccio di procedure algoritmiche, prendendo atto della situazione in cui si trova, ad esempio, il mondo dell’istruzione-educazione-formazione nel presente per pensarlo nel futuro, con rigore ma anche con speranza.

2. Il futuro della scuola, la scuola del futuro.

Chiedersi quale sarà il futuro della scuola non è lo stesso di chiedersi come sarà la scuola del futuro. Quando si pensa al futuro si fanno previsioni, pronostici, diagnosi, si delineano scenari, tutte operazioni che testimoniano la volontà e la necessità di “anticipare” per pensare a strategie di intervento, a possibili cambiamenti migliorativi, a prevenire peggioramenti… La prevenzione è al centro del dibattito scientifico, tecnico e politico. Lo vediamo molto bene nelle vicende legate alla pandemia in atto, nei dibattiti sui cambiamenti climatici, sul mondo dell’economia e della finanza, sulla crescente precarietà dei modelli di vita e di democrazia, sulla digitalizzazione del lavoro e di altri aspetti importanti dell’esistenza. Come la scuola, appunto. Il problema che si pone a chi deve decidere è trasversale a tutti gli ambiti: l’attenzione all’immediato, attraverso una gestione algoritmica dei dati riferiti agli eventi rilevati- da una parte- e l’attenzione al lungo termine dall’altra. Molte volte il secondo aspetto sfuma e si assiste a una sorta di ripiegamento sul presente. Probabilmente l’anticipazione– intesa come preoccupazione del futuro- spesso si confonde con la previsione e il futuro diventa nient’altro che la continuazione del modello del passato. 

Allora si punta su ambienti diversi, banchi diversi, lavagne diverse. Quando si cerca di anticipare come potrebbero essere le cose in futuro, invece, si dovrebbero focalizzare i presupposti, le potenzialità, le contraddizioni, le incompatibilità in relazione ai cambiamenti che si auspicano o si temono, distinguendo ciò che è probabile, da ciò che è possibile, da ciò che è immaginabile. 

3. Anticipare per prevedere la probabile, o la possibile, scuola del futuro.

Quando anticipiamo che un avvenimento possa verificarsi o il come possa verificarsi, calcoliamo la probabilità che quell’avvenimento ha di verificarsi tra altri possibili. La probabilità è, dunque, una versione graduata e misurata del possibile, fatta sull’elaborazione di dati riferiti al passato o al presente, proiettata nel futuro senza lasciare spazio a possibili biforcazioni; il margine di errore viene spiegato epistemologicamente come “incompletezza dei saperi”, come direbbe Watzlawick. Non vengono prese in considerazione le conseguenze sconosciute di variabili note, né si considerano le conseguenze sconosciute di variabili sconosciute. Il futuro previsto risulta così ridotto perché si sono selezionati, con il criterio della quantificazione, eventi possibili, tra tutti i possibili, con il metodo dell’induzione. I rischi di errori grossolani li intuiamo bene e, nella situazione che stiamo vivendo, li verifichiamo nell’attuazione della “scuola del cambiamento, del futuro” attraverso le notizie che ci giungono. Prevedere che una situazione indesiderata ha una probabilità di verificarsi del 70%, non esclude il 30% di probabilità che non si verifichi. L’anticipazione in questo caso mette al centro della decisione il rischio che non si possa prolungare l’esistente, in una visione lineare del tempo e semplificata della complessità del reale. Quando si pensa la scuola per il futuro (ma potrebbe valere anche per la medicina) bisognerebbe cercare di tenere aperte tutte le possibilità legate al potenziale evolutivo di tutte le situazioni, mettendo al centro le capacità di adattamento sia delle persone sia del sistema, facendo l’inventario di tutte le variabili e dei cambiamenti alternativi che si possono verificare e a cui bisognerà adattarsi. Ragionare in questi termini postula, senza dubbio, il superamento di una visione settoriale degli eventi e la mobilitazione di saperi eterogenei per poter immaginare gli scenari possibili. Ma permetterebbe ai cittadini tutti di comprendere le scelte, le decisioni e i provvedimenti che via via le istituzioni assumono.  L’esempio della didattica in presenza ad ogni costo, nonostante quello che sta succedendo, che significato ha dopo che da marzo a luglio non si è fatto altro che decantare i pregi e l’importanza della “didattica a distanza” e l’ottimo esito degli esami di Stato? Comprendo perfettamente le difficoltà di assumere decisioni che ricadono su milioni di bambini, ragazzi, genitori, docenti, dirigenti, ma sottolineo la responsabilità di farlo all’interno di un piano complessivo che anticipi i possibili passaggi in relazione ai cambiamenti in atto, per cercare di diminuire l’incertezza, le paure e la confusione. 

4. Anticipare immaginando il futuro della scuola.

Antoine de Saint-Exupéry sosteneva che “Pour ce qui est de l’avenir, il ne s’agit pas de le prévoir mais de le rendre possible”. Pensare il futuro della scuola significa raffigurarsi qualcosa che non esiste ancora, immaginare uno scenario con il margine di indeterminazione che la previsione non contempla perché si riferisce alla probabilità con cui possono verificarsi degli eventi, sulla base di dati riferiti al presente o al passato, senza spazi per le biforcazioni imprevedibili, come ho già detto. La scuola, che esiste per educare, istruire, formare le giovani generazioni, si basa su due elementi: la conoscenza e l’apprendimento. Succede che a volte i due termini vengano utilizzati come sinonimi, ma si riferiscono a oggetti diversi: l’apprendimento è un fatto personale, riguarda ciascuno di noi, ed è influenzato dalle emozioni, dai pensieri, dalle credenze che ci appartengono. La conoscenza è un fatto pubblico e condiviso, riguarda la cultura di una certa società. 

Gli insegnanti, con azioni che stanno a metà tra arte- o mestiere- e scienza, strutturano situazioni e ambienti perché ciascuno costruisca la propria conoscenza attingendo ai saperi della cultura di appartenenza veicolati attraverso le discipline.  Dehaene sostiene che l’evoluzione “ha inventato la capacità di imparare…per adeguarsi agli aspetti più mutevoli dell’ambiente” e che noi siamo oltre che homo sapiens, homo docens: la maggior parte delle cose che sappiamo del mondo non ci è data, la apprendiamo dal nostro ambiente naturale e sociale. L’umanità ha scoperto che poteva incrementare la capacità di imparare attraverso un’istituzione: la scuola che sistematizza l’istruzione informale, presente in tutte le società. L’educazione è stata, fino ad oggi, il maggior acceleratore del nostro cervello e di conseguenza, delle società umane.  Quale il futuro della scuola allora? Possiamo cercare di immaginarlo facendo riferimento a quanto sappiamo oggi dell’apprendimento, del sapere, degli strumenti- in particolare della centralità del linguaggio verbale e della matematica- e delle tecnologie. Una scuola che ripercorra il cammino dell’umanità non per nostalgia, ma per comprendere il mondo che ci circonda, di cui facciamo parte e che, in quanto uomini, abbiamo contribuito a costruire. In questo senso parlare di storia, di scienze, di filosofia, di letteratura …non sarà altro che ripercorrere il passaggio dalla cultura dell’oralità, in cui l’uomo, l’azione, la tecnica erano un tutt’uno, alla cultura dell’alfabeto che ha permesso l’oggettivazione- e con ciò l’analisi- del linguaggio, delle categorie e del pensiero.  Comprendere che “descrivere e spiegare” non sono sinonimo di onnipotenza, ma sono passaggi obbligati che le scienze, oggetti culturali e non soggetti metafisici, fanno per narrare lo stato dell’interazione uomo/ambiente e testimoniare la parzialità delle conoscenze storicamente situate e agite. Così si potrà parlare del passaggio che l’umanità sta affrontando già da qualche tempo, quello dell’uso massivo delle tecnologie della comunicazione e dei cambiamenti che queste hanno prodotto e producono sul modo di apprendere- e di conseguenza di insegnare-, sulla costruzione delle identità nell’interazione, sulla rappresentazione della realtà naturale e sociale.

5. Conclusioni.

Le vicende legate alla pandemia hanno contribuito e contribuiscono a portare in evidenza i limiti e i problemi del sistema scolastico, oltre che del Paese. Per affrontare questa situazione di grave difficoltà, non bastano aggiustamenti, serve pensare a un modello di scuola strutturalmente diverso, perché diversi sono i problemi che la società si trova ad affrontare oggi.  Il problema non è lezioni in presenza/a distanza, ma quando è possibile optare per l’una modalità o per l’altra in una visione integrata che tenga conto dell’incidenza sull’apprendimento e della complessità delle situazioni e delle interrelazioni esistenti tra i diversi settori della realtà. “Scaglionare” gli orari dell’ingresso a scuola, non significa incidere sul numero complessivo degli studenti che si muovono contemporaneamente sui mezzi di trasporto o che sostano nei bar o ai cancelli delle scuole in attesa di entrare. Lo abbiamo verificato in questo mese e mezzo. Scaglionare le classi che accedono alle lezioni in presenza secondo una calendarizzazione settimanale o giornaliera, sarebbe altra cosa sul versante logistico-organizzativo. L’alternarsi di lezioni in presenza e a distanza, sul versante educativodidattico, richiede una diversa gestione e pianificazione della progettazione e della realizzazione degli insegnamenti disciplinari, un’attenta valutazione degli apprendimenti, intesa anche come retroazione sull’insegnamento oltre che dei risultati attesi, un’analisi e utilizzo mirato delle diverse potenzialità delle tecnologie e dell’interazione in presenza. Non ho grandi simpatie per l’uso pervasivo delle tecnologie, ma non posso non riconoscere che, nella contingenza, un loro uso mirato e alternato con l’attività in presenza può costituire il modo per non sacrificare la formazione dei giovani. Ma parlare di integrazione dell’istruzione in presenza/a distanza richiede una attenta riflessione da parte dei Collegi dei docenti e una  formazione mirata che non può esaurirsi nell’informazione sull’utilizzo di un dispositivo o di una piattaforma.

BIBLIOGRAFIA 

A. De Saint Exupery, Il piccolo principe, Tascabili Bompiani 1995;

 A. Damasio, Lo strano ordine delle cose, Adepphi Edizioni, Milano 2018;

AA.VV, Le futur de la santé, pour un’ètique de l’anticipation, éditions de la Maison des sciences de l’homme, 2019;

 C. Sini, Eracle al bivio- semiotica e filosofia, Bollati Boringhieri, Torino 2007;

 S. Dehaene, Imparare, Raffaello Cortina Editore, Milano 2019; 

 P. Watzlawik, Guardarsi dentro rende ciechi, Salani Editore, Milano 2018;

“C’è un positivo in classe”

da la Repubblica

Assia Neumann Dayan

Il pensiero magico non ha funzionato. Domenica pomeriggio arriva una mail dalla dirigente scolastica nella quale ci scrive che cari genitori è stato accertato un caso positivo al Covid 19 nella classe di vostro figlio, spiace, aspettiamo Ats, aspettiamo informazioni, aspettiamo. Aspettiamo? Aspettiamo.

Evidentemente siamo riusciti solo a fare il pane da Marzo ad oggi. In chat inizia la macchina del fango, la caccia all’untore, io mi accodo e chiedo a mio figlio di fare l’infame, dimmi chi era assente, forse il tuo amico biondino? Forse il tuo compagno bassino — ma mamma siamo tutti bassi, eh no amore, tu sei il più alto, tu non sei come gli altri, tu diventerai un modello di Armani. Plot twist : una mamma chiede in chat come sta la maestra. Ettore, amore di mamma, come sta la maestra? «Eh mamma aveva un po’ di influenzina ». Ma mio figlio mente, mente continuamente, non è un testimone attendibile, avanti un altro, la parola ai giurati. Guardo quelle mani piccole e unte che si agitano mentre inventa le sue storie, mani quasi certamente infette che muovono il virus nell’aria, siamo tutti contagiati, la mia casa è un focolaio, ma non siamo mica a Marzo, siamo preparati, pronti, i tamponi ce li hanno anche i panettieri, Cortilia consegna il giorno dopo, posso fare una quarantena di quaranta giorni con tutti i lussi di cui sono stata privata in primavera, che felicità, sono pronta, prontissima, va tutto bene, benissimo.

Eppure non riesco a togliere lo sguardo da quelle mani piccole e unte, non dovrei abbracciarlo, dovrei lavarmi le mani ogni volta che lo sfioro, mi ha anche usato come peso per una fionda immaginaria tocchicciandomi con quelle dita infette, poi penso che se ce l’ha lui lo devo prendere pure io, o forse no, forse dovrei tutelarmi e rimanere sana, come posso pensare di prendermi cura di un malato da malata, ma è mio figlio, meglio malata che anaffettiva. La questione morale esiste? Non ho mai sentito nessuno avere un dubbio a riguardo, le linee guida indicano di tumulare il minore in una stanza con bagno privato, e forse chi le ha scritte vive su Marte, dove chiaramente non c’è il Covid.

La situazione precipita, la dirigente non vuole dirci la data dell’ultimo contatto con il positivo, non vuole darci i numeri di telefono di tutti i genitori della classe per verificare se c’è qualche bambino che presenta sintomi, perché c’è la privacy, e sì, si può morire di privacy, perché non esiste più la percezione del male minore, esiste solo la tutela del numero di telefono dello sconosciuto a fronte di una pandemia. Sì, fa ridere, ma non c’è niente da ridere.

Ci dicono sottovoce che il contatto risale a venerdì scorso, lo veniamo a sapere domenica sera, faccio 52 chiamate ad Ats Milano e per 52 volte mi viene chiuso il telefono in faccia, nessuno sa niente, nessuno dice niente, voglio candidarmi a rappresentante di classe, di istituto, di mondo, ci dicono che i bambini sono in isolamento per 10 giorni e poi tampone, ma il tampone lo puoi prenotare solo dal decimo giorno, quindi passerebbe un mese, oppure può fare un isolamento di 14 giorni e rientro senza tampone, ma rientro dove, Ats dovrebbe chiamarci e non lo farà, perché la bolla è scoppiata, e noi con loro. Siamo soli e non siamo eroi, il che rende insopportabile questo peso, la scuola, Milano, la sanità, i decreti, mi vengono in mente i puff della moglie di Poggiolini, penso che sono una miserabile perché non so spiegare a mio figlio quel che succede e perché ho paura a toccarlo.

È passata una settimana, e nessuna comunicazione è arrivata, né dalla scuola, né dalle istituzioni sanitarie, niente, nessuno. Siamo soli e non siamo eroi, siamo povera gente in balia dei figli chiusi in una stanza a urlare, siamo qui a contare i danni, con i conti che non tornano mai. — Autrice televisiva, milanese, mamma di Ettore (4 anni)


I veri numeri sul virus a scuola “Ci si contagia quanto all’esterno”

da la Repubblica

Corrado Zunino

“La scuola sicura” non esiste. Appunto, è uno slogan. Esiste la scuola insicura come il resto della società, esattamente come la media dei contagi nel resto della popolazione. Un po’ di dati offerti con logica statistica, finalmente, dopo settimane di zero virgola zero branditi per dimostrare tesi.

Il Patto trasversale per la scienza, qui guidato dai professori Enrico Bucci, Guido Poli e Antonella Viola, ha appena realizzato una “Indagine sulla propagazione del virus nelle scuole” che offre quattro conclusioni nette. Queste: «I dati considerati non supportano un ruolo delle scuole come moltiplicatore di infezioni. I dati mostrano che le scuole non sono più protette del resto della comunità. Il tasso di infezione scolastica appare seguire quello della comunità circostante. La probabilità di infezione in una scuola non è significativamente diversa da quella della società nel suo complesso».

Quattro modi per dire la stessa cosa: a scuola, almeno oggi, non c’è una protezione speciale, ma, parallelamente, non è il naturale assembramento della scuola a provocare lì, in classe e nei corridoi, una moltiplicazione dei contagi.

Il faticoso studio — «i dati ci sono, ma bisogna andarli a cercare come aghi nei pagliai delle Aziende sanitarie locali», dice Bucci — prende in esame tre aree importanti sia dal punto di vista demografico che epidemiologico: la provincia di Milano, la provincia di Bergamo e la regione Lazio. In particolare, dalle ultime due realtà geografiche si vede che dall’1 al 21 ottobre la crescita dei contagi sia forte tra gli studenti e la popolazione tutta e sia tra le due corti parallela, con valori decisamente vicini. I positivi nella scuola — nell’ultima settimana per il Lazio (23,5 ogni centomila contro 19) e nelle ultime tre settimane per Bergamo (7,8 contro 5,1) — sono leggermente di più, «ma nei tre campioni esaminati la circolazione del virus nelle scuole non appare superiore a quanto avviene nel complesso della comunità di riferimento». Questo assioma — «la scuola contagiosa esattamente come la società» — è confermato dai dati comparati tra gli istituti scolastici che hanno avviato l’anno scolastico prima, il 14 settembre, e quelli che hanno aperto successivamente: hanno crescite di contagi simili. Il lavoro sui protocolli regionali, tuttavia, fa pensare che la scuola sia resa più insicura dal fatto che non esistano regole nazionali, ma interpretazioni territorio per territorio. «Servirebbe una quarantena rigorosa per tutti coloro che devono fare i tamponi», spiega Bucci. E invece l’Emilia Romagna suggerisce ai compagni di uno studente positivo di tornare in classe in attesa del risultato del test. E non prevede l’utilizzo della mascherina Ffp2 fino alla conoscenza del risultato. «La scuola dovrebbe estendere l’uso delle mascherine anche ai banchi e non affidare responsabilità così grandi ai presidi, figure che non possono avere cognizioni epidemiologiche ».

Per il biologo Bucci la scelta dei governatori di sottrarre studenti alla scuola in presenza oggi è immotivata: «È la paura che ispira le scelte, ma è tardi per chiudere selettivamente ».

L’Istituto superiore di sanità, per parte sua, assorbe i dati fin qui offerti dal ministero dell’Istruzione, non parla più dei singoli contagi e nel report settimanale rivela che i focolai negli istituti scolastici sono in aumento, pur restando il 3,5 del totale (la massa che frequenta la scuola è il 15,7 per cento della popolazione). Il professor Massimo Galli, infettivologo del Sacco, crede, invece, che gli assembramenti dell’istruzione abbiano un ruolo nel peggioramento generale: «In questo momento non possiamo avere tutti i ragazzi a scuola, quelli delle superiori in particolare. Vanno prese decisioni drastiche e limitative». Vincenzo De Luca è pronto a chiudere tutti i cicli della Campania. E con le ordinanze di Friuli, Sardegna, Calabria e Sicilia diventano quindici le Regioni (più la provincia autonoma dell’Alto Adige) che hanno portato le superiori in didattica a distanza. Solo Emilia Romagna e Trentino si sono opposti.

Lezioni da casa, i dubbi dei presidi La ministra: «Gravi ricadute»

da Corriere della sera

Gianna Fregonara Valentina Santarpia

«Tenere a lezione da casa metà degli studenti è la misura più semplice, il problema è decidere di rimandarli in classe per l’orario pieno». Non c’è molto ottimismo tra gli esperti del ministero della Salute sulle misure di emergenza per la scuola che i governatori hanno preso in questa settimana. Il governatore della Lombardia Attilio Fontana ha annunciato ai sindaci dubbiosi:«Mi prendo la responsabilità della decisione della didattica a distanza per un breve periodo per le superiori». La Campania ha chiuso tutto per tre settimane e non riesce a riaprire neppure le elementari, il Piemonte, la Liguria e il Lazio hanno imposto alle scuole superiori di tenere a casa «almeno il 50 per cento» degli studenti, come anche Calabria, Friuli, Marche e Umbria. L’idea degli orari scaglionati, ancora difesa come misura per il resto dell’anno scolastico dal governatore della Puglia Michele Emiliano, sembra ormai superata: «In Veneto gli orari sfalsati a scuola complicano la vita delle famiglie», ha spiegato il governatore Luca Zaia, che ancora non ha emanato la sua ordinanza.

Alla fine potrebbe esserci una cornice nazionale e sarà contenuta nel prossimo Dpcm: si sta lavorando per trovare criteri più stringenti per quella che oggi si chiama la Ddi, cioè la didattica digitale integrata, prevista dalle linee guida del ministero dell’Istruzione. «L’assenza da scuola avrebbe conseguenze drammatiche sul futuro dei ragazzi», prova a insistere la ministra Lucia Azzolina, sostenuta anche dal ministro degli Esteri Luigi Di Maio.

Protestano i presidi per i quali chiudere le scuole «sarebbe una sconfitta». Il presidente dell’Anp Antonello Giannelli ribadisce che «la didattica in presenza sia da preservare il più possibile» e propone soluzioni differenziate provincia per provincia. «Il mondo della scuola ha lavorato senza sosta e senza ferie. E ora questo lavoro ci pare sia stato inutile, come gli investimenti dello Stato, penso ai banchi monoposto», incalza Cristina Costarelli, vicepresidente dell’Anp Lazio. Banchi che tra l’altro non sono ancora stati consegnati: ne mancano 900 mila.

L’assenza da scuola avrebbe conseguenze drammatiche sul futuro degli studenti

I numeri dei contagi nella scuola sono in crescita. Nel monitoraggio settimanale dell’Iss si legge che, anche se la trasmissione intra-scolastica appare limitata (3,5% dei nuovi i focolai), è «chiaro che le attività extra e peri-scolastiche possono costituire un innesco di catene di trasmissione». Oltre al problema dei trasporti pubblici, quello che ha messo a dura prova la tenuta del sistema sono stati i ritardi delle risposte delle Asl nei casi di contagio, con intere classi bloccate a casa per giorni in attesa delle decisioni sui tamponi. Le regole sulla quarantena dei professori — che non hanno potuto insegnare da casa in quanto in malattia e comunque non agli studenti delle classi che erano a scuola — ha reso complicata l’organizzazione di questo primo mese. Senza contare che sono bloccate le assunzioni dell’organico aggiuntivo Covid: il ministero ha fatto male i conti e al momento non ci sono abbastanza soldi.

Bozza DPCM, superiori: 25% in presenza e 75% didattica a distanza. Lezioni di pomeriggio

da OrizzonteScuola

Di redazione

Si tratta del contenuto della bozza di DPCM che nelle prossime ore, forse domani potrebbe essere emanato dal Governo. Per Infanzia, Primaria e Secondaria di I grado nessuna modifica, si resta in presenza.

Intenzione del Governo, così si legge in una agenzia, è di mantenere le scuole aperte. Una intenzione che, secondo quanto contenuto nella bozza di Decreto, sarà mantenuta per il primo ciclo di istruzione. Alle superiori, invece, il 75% della didattica sarà online, attivando modalità di didattica a distanza.

“Fermo restando – si legge nella bozza – che l’attività didattica e educativa per il primo ciclo di istruzione (Primaria e Secondaria I grado) e per i servizi educativi per l’infanzia continua a svolgersi in presenza, per contrastare la diffusione del contagio, previa comunicazione al ministero dell’istruzione da parte delle autorità regionali, locali o sanitarie delle situazioni critiche e di particolare rischio riferite agli specifici contesti territoriali, le istituzioni scolastiche secondarie di secondo grado adottano forme flessibili nell’organizzazione dell’attività didattica incrementando il ricorso alla didattica digitale integrata, per una quota pari al 75% delle attività, modulando ulteriormente la gestione degli orari di ingresso e di uscita degli alunni, anche attraverso l’eventuale utilizzo di turni pomeridiani e disponendo che l’ingresso non avvenga in ogni caso prima delle 9”.

Le nuove misure anti Covid entreranno in vigore dal 25 ottobre, ovvero da domani. E’ quanto prevede la #bozza del #Dpcm che il governo si accinge a varare.

Le nuove misure potrebbero restare in vigore fino al 30 novembre. Si apprende essere questa l’ipotesi sul tavolo dell’esecutivo in queste ore.

Ricordiamo agli utenti che si tratta di indiscrezioni sulla bozza che potrebbero subire delle modifiche.

Scarica bozza

Ruffino: “Azzolina travisa la realtà, i focolai scolastici diminuiscono perché il contact tracing è saltato”

da OrizzonteScuola

Di redazione

La missione della scuola sta pure nel suo sacrificarsi per arginare i contagi

da La Tecnica della Scuola

Dal prof Marco Pappalardo, collaboratore esterno della Sicilia e dell’Avvenire e nostro stimato lettore, riceviamo una riflessione sulle recenti disposizioni in materia di covid emanate dalla Regione Sicilia.

Torna in modo diffuso la Didattica a Distanza, per molti ma non per tutti! Colpa della scuola? Sicuramente no, poiché finora si è fatto di tutto per evitare all’interno il contagio e la diffusione. E allora perché ci vanno di mezzo studenti ed insegnanti? Giusto porsi la domanda, ma non farne un lamento continuo; visto che bisogna alleggerire i trasporti che non funzionano e offrono poca sicurezza, è più facile gestire la scuola a distanza che tenere a casa altre categorie oppure adeguare il numero dei mezzi pubblici alle necessità nel giro di poco tempo, considerato che non ci sono riusciti nei mesi scorsi.

Possiamo anche insistere sul fatto che la colpa sia di altri, solo che poi a scuola bisogna andarci obbligatoriamente (e anche quando si supera il tempo dell’obbligo, viene sentito come tale per lo più) e si deve pure rientrare a casa dopo percorsi senza alcun distanziamento, rischiando di portare il virus ai familiari. Insomma, non lo si prende a scuola, ma lo si prende per andare e tornare, dunque non vanno contati solo i focolai dentro gli istituti (che dicono essere pochi) bensì quanto succede dopo. Qualcuno dice che il contagio ci sarà ugualmente, poiché i ragazzi usciranno lo stesso.

Ne siamo certi?

Le limitazioni cominciano di nuovo a toccare gli orari serali e notturni, a restringere il tempo della movida e di altre attività ludiche, dunque possiamo sperare. Nei prossimi giorni meglio puntare sull’atteggiamento di speranza che su quello disperato mentre ricostruiamo le nostre classi virtuali, così sarà più facile per tutti. In ogni emergenza ci si attiva di più e chi opera nella scuola si è già esercitato per forza lo scorso anno, ha definito i regolamenti che mancavano, si è formato per migliorare il bene che aveva già fatto reinventandosi, ha l’esperienza per superare gli errori del recente passato.

In ogni emergenza tutti danno una mano, ci si incoraggia a vicenda, si piange e si ride insieme: gli adulti abbiamo competenze e spalle larghe, i giovani hanno l’età e risorse impensabili. In ogni emergenza non si lascia indietro nessuno, ci si prende cura dei più deboli e si investe in denaro e creatività affinché ciò sia possibile.

Insomma, la scuola non chiude, anzi dà il proprio contributo alla società, sacrificandosi, consapevole che ciò è un valore ed un onore.

Marco Pappalardo

Covid, 20 mila contagi: il Governo sta approvando il 75% di dad alle superiori. I presidi contrari

da La Tecnica della Scuola

Nelle scuole superiori i tre quarti delle lezioni si svolgeranno a distanza. Lo prevede la prima bozza del Dpcm, a cui sta lavorando in queste ore l’Esecutivo, che potrebbe essere approvata nelle prossime ore e comunque entro la serata di domenica 25 ottobre.

Salgono i casi positivi, più ore di dad

La disposizione, che sembrerebbe quasi definitiva, è la risposta del Governo Conte bis all’ulteriore impennata di casi di positività al Covid-19: nelle ultime ventiquattrore si sono infatti registrati 19.644 nuovi casi (circa 500 in più del giorno prima), con il numero dei deceduti schizzato a 151.

Gli studenti delle “scuole superiori adotteranno “il ricorso alla didattica digitale integrata per una pari al 75 per cento delle attività” e dunque” solo un 25% in presenza su tutto il territorio nazionale, uniformando le ordinanze regionali”, fanno sapere le agenzie di stampa che hanno potuto visionare il documento in via di approvazione.

Orari sempre più scaglionati

Sempre alle superiori e al fine di per contrastare “la diffusione del contagio”, il Governo intende modulare “ulteriormente la gestione degli orari di ingresso e di uscita degli alunni, anche attraverso l’eventuale utilizzo di turni pomeridiani e disponendo che l’ingresso non avvenga in ogni caso prima delle 9,00“.

Infanzia, primaria e medie in presenza

Gli altri cicli scolastici, invece, continueranno con l’attività didattica in presenza.

“L’attività didattica ed educativa per il primo ciclo di istruzione – materna, elementari e medie – e per i servizi educativi per l’infanzia continuerà a svolgersi in presenza”, si legge sempre nella prima bozza del prossimo Dpcm.

Giannelli (Anp): si salvino almeno i laboratori

Contrario ad un possibile quasi stop delle lezioni in presenza è Antonello Giannelli, presidente nazionale dell’Associazione nazionale presidi.

“Le soluzioni rigide non sono funzionali”, dice Giannelli, secondo cui “l’autonomia delle scuole deve essere salvaguardata: i singoli istituti devono poter decidere. Mi auguro che la scuola possa far salvi gli insegnamenti laboratoriali che devono essere lasciati in presenza”.

Il presidente dell’Anp sostiene che “non si può imporre dall’esterno una percentuale rigida come il 75% in Dad perchè questo non corrisponde alle esigenze dei singoli bacini di utenza. La situazione di una grande città è immensamente diversa da quella di un’area rurale”.

Le altre disposizioni: niente feste

Tra le altre disposizioni del prossimo Dpcm figura pure il divieto di organizzare banchetti e ricevimenti dopo matrimoni, comunioni e battesimi, come pure le feste.

“Sono vietate le feste nei luoghi al chiuso e all’aperto ivi comprese quelle conseguenti alle cerimonie civili e religiose”, si legge nel documento.

Ristoranti chiusi nel week end e dopo le 18

La disposizione più rigida sembra però riguardare i ristoratori. “A decorrere dal 26 ottobre 2020, le attività dei servizi di ristorazione (fra cui bar, pub, ristoranti, gelaterie, pasticcerie) sono sospese la domenica e i giorni festivi; negli altri giorni sono consentite dalle ore 5.00 fino alle 18.00”, si legge ancora nella bozza del Dpcm in fase di elaborazione.

In pratica, dopo le 18 è vietato il consumo di cibi e bevande nei luoghi pubblici e aperti al pubblico, mentre è consentita la ristorazione con consegna a domicilio nel rispetto delle norme igienico-sanitaria.

È consentita fino alle ore 24,00 la ristorazione con asporto, con divieto di consumazione sul posto o nelle adiacenze.

Stop anche per piscine e palestre, ma non per tutti

Il Dpcm prevede anche “la sospensione delle attività di piscine e palestre”; tuttavia, “l’attività sportiva di base e l’attività motoria in genere svolte presso centri e circoli sportivi, pubblici e privati, sono consentite nel rispetto delle norme di distanziamento sociale e senza alcun assembramento, in conformità con le linee guida emanate dall’Ufficio per lo sport, sentita la Federazione medico sportiva italiana (FMSI)”.

Come comportarsi se si è in malattia al tempo del Covid?

da La Tecnica della Scuola

L’attuale situazione epidemiologica ha avuto riflessi anche sugli istituti delle assenze per motivi di salute, con particolare riferimento ai lavoratori “fragili”.

Chi sono i “lavoratori fragili”?

Per “fragilità” si fa riferimento a “quelle condizioni dello stato di salute del lavoratore rispetto alle patologie preesistenti che potrebbero determinare, in caso di infezione, un esito più grave o infausto”.

In pratica, i lavoratori fragili sono coloro ai quali sia stata rilasciata dalle competenti autorità medico-legali una certificazione attestante:

a) una condizione di rischio derivante da esiti di patologie oncologiche;

b) una condizione di  rischio  derivante da immunodepressione;

c) necessità di effettuare terapie salvavita connesse ai due precedenti stati patologici.

A quale trattamento hanno diritto?

“Fino al 15 ottobre 2020 per i lavoratori dipendenti pubblici e privati in possesso di certificazione rilasciata dai competenti organi medico-legali (..) il periodo di assenza dal servizio e’ equiparato al ricovero ospedaliero”.

Dunque, le assenze dal servizio non determinano alcuna decurtazione della retribuzione per malattia né vanno calcolate ai fini del “periodo di comporto” (vale a dire quel periodo di assenza oltre il quale si può essere licenziati).

Che succede dopo il 15 ottobre?

Con la legge di conversione del d.l. 104/2020, si è stabilito che  a decorrere dal 16 ottobre e fino al 31 dicembre 2020, i lavoratori fragili svolgono di norma la prestazione lavorativa in modalita’ agile“.

Dunque, qualora non siano in malattia, hanno la possibilità di lavorare in smart- working, cosa che nella scuola si traduce per lo più in attività di Didattica a Distanza.

In alternativa, l’articolo 42 del Dlgs. 81/2008 prevede che “il datore di lavoro […] attua le misure indicate dal medico competente e -qualora le stesse prevedano un’inidoneità alla mansione specifica- adibisce il lavoratore a mansioni equivalenti o, in difetto, a mansioni inferiori garantendo il trattamento corrispondente alle mansioni di provenienza”.

Ciò non vale però per l’orario di servizio, in quanto- se un docente dovesse essere adibito a lavori di segreteria- si applicherà nei suoi confronti la normativa prevista per tale profilo professionale in materia di orario e ferie.

La quarantena

Secondo l’INPS (Messaggio n. 3653 del 9 ottobre 2020) la quarantena non corrisponde a malattia.

In particolare, secondo l’istituto di previdenza, “la quarantena e la sorveglianza precauzionale per i soggetti fragili non configurano un’incapacità temporanea al lavoro  tale da impedire in assoluto lo svolgimento dell’attività lavorativa”.

Pertanto, qualora non versi in fase acuta, il soggetto fragile può continuare a svolgere l’attività lavorativa presso il proprio domicilio, mediante il lavoro in smart working.

Le gravi patologie

C’è poi da dire che, ai sensi del d.l. 112/2008, non si procede ad alcuna decurtazione della retribuzione non solo nei casi previsti dall’art. 17 del CCNL del comparto scuola (“terapie invalidanti” per gravi patologie), ma anche nel caso in cui il dipendente abbia la necessità di fare ricorso a “terapie salvavita”.

In questi casi, al dipendente spetta l’intero trattamento retributivo e non si è tenuti a restare a casa per le visite fiscali.

Quando opera l’esonero dalle visite fiscali dell’INPS?

Secondo l’INPS si può essere esonerati dalla reperibilità se si soffre di una patologia grave che richiede terapie salvavita o se si soffre di una patologia che ha provocato una “situazione di invalidità riconosciuta pari o superiore al 67%”.

Tale regola si applica anche in caso di malattia dovuta ad infortunio sul lavoro.

Contagi covid in aumento ma la scuola sarà l’ultima da sacrificare. Lo dice Locatelli

da La Tecnica della Scuola

Franco Locatelli, presidente del Consiglio Superiore di Sanità e componente del Comitato Tecnico Scientifico spiega che si farà di tutto per non arrivare al lockdown e che le scuole saranno in fondo alla lista delle attività da chiudere.

“Si fa il possibile per evitare il lockdown”

Nel corso di un’intervista al Fatto Quotidiano, Locatelli parla dell’attuale situazione dei contagi, che preoccupa molto, tanto da prevedere misure straordinarie da parte delle Regioni: “Stiamo facendo in queste ore riflessioni col ministro Roberto Speranza, il presidente dell’Iss Silvio Brusaferro e il direttore scientifico dello Spallanzani Giuseppe Ippolito“, dice il presidente del Consiglio Superiore di Sanità che vuole scongiurare il lockdown nazionale: “l’idea è di arrivare a definire un meccanismo che faccia scattare dei livelli di restrizioni fino alla peggiore ipotesi del lockdown nazionale a cui faremo di tutto per non arrivare”.

Sulle scuole Locatelli non ha dubbi:”La scuola va tutelata a tutti i costi: nella peggiore delle ipotesi sarà l’ultima da sacrificare“.

Il Governo pensa al nuovo Dpcm

In queste ore il Governo pensa ad un nuovo Dpcm con le misure anti covid: come abbiamo già riportato, il Governo pensa ad un piano che prevede il blocco dei movimenti non essenziali, quindi consentire gli spostamenti solo per andare a scuola e al lavoro, oltre per l’acquisto di beni. A chiudere o a subire una forte limitazione saranno le attività sportive.

L’ipotesi per la scuola potrebbe essere quella di una didattica a distanza per tutte le scuole superiori mentre gli ordini inferiori, dall’infanzia alla scuola secondaria di secondo grado, le attività dovrebbero restare in presenza.

Attuazione DPCM 24 ottobre 2020

Scuola, inviata nota ai dirigenti per l’attuazione del nuovo Dpcm

Il Ministero dell’Istruzione ha inviato ai dirigenti scolastici una nota per accompagnare l’attuazione del nuovo Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 24 ottobre 2020.

Per le scuole dell’infanzia e le istituzioni scolastiche del primo ciclo l’attività didattica resta in presenza. Per le istituzioni scolastiche secondarie di secondo grado la soglia minima di erogazione dell’attività in didattica digitale integrata è incrementata, secondo le nuove disposizioni, ad almeno il 75%, anche qualora le ordinanze regionali rechino un limite inferiore. Particolare attenzione, nell’attuazione della misura, sarà posta agli alunni con disabilità, con disturbi specifici dell’apprendimento e altri bisogni educativi speciali.

Le scuole, spiega la nota, in considerazione della necessità di disporre del tempo sufficiente ad adeguare l’organizzazione didattica alle misure del nuovo Dpcm, provvederanno all’adozione degli atti necessari nella giornata di domani, lunedì 26 ottobre, con efficacia, poi, dal giorno successivo.

Il documento si chiude con un ringraziamento “per il lavoro che la comunità scolastica ha compiuto e per gli sforzi che ogni giorno le istituzioni scolastiche profondono per garantire l’effettività del diritto allo studio delle studentesse e degli studenti, in un momento di estrema complessità per il Paese”.

Nota 25 ottobre 2020, AOODPIT 1927

Ministero dell’Istruzione
Dipartimento per il sistema educativo di istruzione e di formazione

ai Dirigenti Scolastici e ai Coordinatori Didattici delle istituzioni del sistema nazionale di istruzione
ai Direttori Generali degli Uffici Scolastici Regionali
ai dirigenti titolari degli Uffici scolastici Regionali per l’Umbria, la Basilicata e il Molise
e, p.c., al Sovrintendente Scolastico per la Scuola in lingua italiana di Bolzano
all’Intendente Scolastico per la Scuola in lingua tedesca di Bolzano
all’Intendente Scolastico per la Scuola delle località ladine di Bolzano
al Dirigente del Dipartimento Istruzione e cultura per la Provincia di Trento
al Sovrintendente Scolastico per la Regione Valle D’Aosta

Oggetto: Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 24 ottobre 2020. Indicazioni attuative.