La Ministra incontra il Forum degli Studenti e i coordinatori regionali delle Consulte studentesche

La Ministra dell’Istruzione, Lucia Azzolina, ha incontrato il 2 dicembre 2020, in videoconferenza, il Forum degli Studenti e i coordinatori regionali delle Consulte studentesche.

La Ministra ha assicurato di voler porre la massima attenzione al confronto e al dialogo con tutti gli attori del mondo della scuola, a partire dalle studentesse e dagli studenti, incontrati più volte in questi mesi.

“Mi piace molto la definizione di ‘generazione fortissima’ che la Senatrice Liliana Segre ha utilizzato per descrivere voi giovani. Siete una generazione che sta affrontando sacrifici notevoli a causa dell’emergenza sanitaria e dobbiamo riconoscervelo”, ha detto la Ministra confermando, poi, che si sta lavorando, in queste ore, per un graduale rientro a scuola, anche attraverso misure che saranno inserite nel prossimo Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri sull’emergenza.

“Fin dall’inizio abbiamo voluto dare un senso alle difficoltà che stiamo vivendo per trasformare la crisi in un’opportunità”, ha aggiunto Azzolina, riepilogando le misure adottate.

“Abbiamo garantito investimenti strutturali che rimarranno nel patrimonio dei nostri istituti. Così come faremo in modo che la scuola abbia un ruolo importante nell’ambito del Recovery Fund”.

Diritti e non segregazione

Giornata disabilità, Griffo: “Dalle strutture agli ospedali, diritti e non segregazione”

Redattore Sociale del 02/12/2020

ROMA. “La pandemia ha fatto emergere con evidenza le condizioni segreganti in cui vivono tante persone con disabilità nelle strutture”: lo rimarca con forza, in vista della Giornata internazionale del 3 dicembre, Giampiero Griffo, coordinatore del Comitato tecnico-scientifico dell’Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità, nominato ad aprile membro della task force per la “fase 2” della lotta al coronavirus.
Nei giorni in cui sulla disabilità si accendono i riflettori, Griffo ricorda che “la relazione interpersonale è un diritto umano, che deve essere garantito a tutti. Comprimerla significa violare un diritto”. Ma è quello che accade in molti contesti, oggi più di ieri, alle persone con disabilità. In particolare, a chi vive in strutture, spesso di grandi dimensioni. “Durante la pandemia – osserva Griffo – si è sottolineata la condizione di segregazione delle persone anziane, ma questa riguarda tutte le istituzionalizzazioni durante la pandemia: le persone con disabilità in istituto vivono sulla propria pelle questa violazione. E’ un tema che è stato sollevato anche dal Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale, il quale sia durante la prima fase sia successivamente ha evidenziato come la relazione con l’esterno sia elemento essenziale per garantire i diritti umani, ma anche per il controllo sociale di ciò che accade in questi ambienti. Pensiamo a quel che è avvenuto all’Oasi di Troina, dove una ragazza è stata violentata durante pandemia. I meccanismi di controllo, che dovrebbero essere garantiti all’interno di tutte le strutture sociali, sanitarie e sociosanitarie, sono di competenza delle Asl territoriali o enti comunali: durante questi controlli, però, non vengono presi in considerane elementi come la relazione e i diritti umani, ma ci si limita alla verifica degli standard di accreditamento: spazi, posti letto, personale… Difficilmente si sfogliano le cartelle cliniche, né tanto meno si osservano le persone”. 
Eppure, proprio su questi contesti, l’attenzione dovrebbe essere sempre molto alta, durante la pandemia in particolare, perché “in quei luoghi le persone non diventano persone protette ma invisibili. Eppure non esistono dati o studi: quando l’Istituto superiore di Sanità è andato ad analizzare cosa sia successo nelle Rsa, ha preso in considerazione circa 3.400 istituti per anziani, ma nel nostro Paese gli istituti, secondo il Garante, sono più di 12 mila. Per questo, come associazioni e insieme al garante, stiamo facendo pressione perché si svolga un’indagine anche sulle residenze per persone con disabilità”.

Il “lockdown” delle strutture unica soluzione?
La pandemia rende urgente che si accenda una luce su queste strutture, che sono gestite da privati, a cui “è stata scaricata la responsabilità della protezione degli ospiti”: questo è per Griffo un elemento particolarmente critico, dal punto di vista dei diritti umani: “La privatizzazione produce da un lato un allentamento dei controlli pubblici, dall’altro un’attenzione, da parte dei gestori, più ai profitti che alla qualità di vita delle persone. In altre parole, quando la privatizzazione trasferisce la responsabilità sanitaria ai gestori, i gestori fanno lockdown. Ma non è una logica protettiva, dal momento che non sempre le norme sono rispettate all’interno delle strutture, per esempio dagli operatori: così, anche in questa seconda fase, chi vive in queste strutture non solo è di fatto segregato, ma è anche fortemente esposto al rischio. Oggi ci arrivano storie di persone che non sono infette, hanno anche una certa autonomia, ma non possono uscire dal proprio istituto, cosa che prima facevano. Siamo di fronte a una vera e propria segregazione, che legittimamente stanno denunciando da tempo i caregiver, in nome dei diritti umani. Come Osservatorio teniamo alta l’attenzione, ricordando che il lockdown delle strutture non è obbligatorio, perché non è stato disposto dal Dpcm, che invece parla di una necessaria ‘attenzione particolare’. Fish ha chiesto un incontro al garante, per immaginare un intervento che faccia chiarezza e ponga fine a questa violazione”. 

L’assistenza del caregiver in ospedale: un diritto da difendere
C’è poi un altro luogo di particolare fragilità, che la pandemia ha messo in evidenza: l’ospedale. “Come Osservatorio, riteniamo fondamentale la Carta dei diritti delle persone in ospedale, siglata nel 2013, dopo che una persona con disabilità intellettiva morì in ospedale per non aver ricevuto assistenza adeguata alle proprie condizioni. Ora, la pandemia ha acuito un problema che già esisteva: un mio caro amico tetraplegico, per esempio, è stato in ricoverato in due ospedali, prima a Caserta e poi a Roma, dove l’assistenza non era adeguata. La resistenza di queste strutture a mettergli vicino sua moglie è stata generalizzata. Il problema è che l’ assistenza medica e infermieristica non può arrivare a quell’attenzione specifica che richiede una persona dipendente dal punto di vista fisico o comunicativo. È però un tema molto complesso – ammette Griffo – perché ha a che vedere con le certificazioni, con l’organizzazione ospedaliera ecc. Abbiamo tuttavia intenzione di intervenire, come Osservatorio, per garantire l’assistenza adeguata a ciascuno. Anche in questo caso, si tratta di rispetto di diritti umani fondamentali”. 

Un nuovo welfare, dalla protezione all’inclusione
Assume allora un valore particolare il tema dell’inclusione, scelto quest’anno per celebrare la Giornata internazionale: “Occorre un nuovo welfare – spiega Griffo – perché è stato dimostrato che un welfare che si basa sulla protezione non protegge. Deve quindi basarsi sull’inclusione, in tutti i contesti, attraverso la personalizzazione degli interventi. E’ chiaro allora che le strutture debbano avere pochi posti letto: una con 667 posti, che ci risulta esista, che intervento personalizzato può garantire? E’ la Convenzione Onu che ci invita a superare il concetto di protezione: tutte le persone devono essere messe in condizione di autodeterminarsi, avendo la possibilità di accedere agli stessi benefici e opportunità degli altri cittadini. E’ la società che disabilita le persone: utilizzare il termine come sinonimo di invalidità è un grave errore culturale. La disabilità esiste nella relazione sociale. La responsabilità di chi mette in campo tutele e sostegni è garantire l’inclusione come diritto umano”. 

di Chiara Ludovisi 

Non chiamiamola inclusione scolastica

3 dicembre. “Non chiamiamola inclusione scolastica, ma babysitteraggio mal riuscito”

Redattore Sociale del 02/12/2020

La denuncia di Toni Nocchetti, presidente di Tuttiascuola onlus: “Nonostante la circolare del ministero, oggi a scuola vanno solo gli studenti disabili. E della loro tristezza non interessa niente a nessuno. Il ministero ha a cuore l’inclusione? Mandi gli ispettori a frenare il ritorno delle scuole speciali”

ROMA. L’inclusione scolastica oggi non esiste: non esiste nelle scuole superiori di tutta Itala e non esiste in tutti i questi contesti in cui la scuola si fa a distanza: perché in classe “ci stanno solo gli studenti con disabilità. Ma allora non chiamiamola scuola, tanto meno inclusione: questo è solo un babysitteraggio malriuscito”. Ha la rabbia in gola Toni Nocchetti, fondatore e presidente dell’associazione napoletana Tuttiascuola onlus, che tutela i diritti degli studenti con disabilità in Campania e non solo. “Dobbiamo chiamare le cose con il proprio nome, adottare un linguaggio diversità, altrimenti le persone non capiranno. E per capire bene, dovrebbero vedere quello studente da solo, con il suo insegnante di sostegno, in un’aula vuota, magari davanti a uno schermo in cui vede tutti i suoi compagni nelle loro case. Ma cos’è questa roba?”, domanda sdegnato.
Uno sdegno profondo, di fronte a quello che non esita a chiamare “prove tecniche di un drammatico ritorno alle scuole speciali”.
E a poco è servita, a quanto pare, la circolare con cui il ministero dell’Istruzione ha dato precise indicazioni ai dirigenti scolastici, chiedendo che ad andare a scuola non fossero i soli ragazzi con disabilità, ma anche un gruppo di compagni: “Il ministero ha fatto, è stato chiaro, si è reso inattaccabile. Peccato che poi non stia inviando i suoi ispettori, a verificare che queste indicazioni siano concretamente realizzate. Gli ispettori scoprirebbero che in tutte le scuole campane e in tutte le superiori d’Italia, in classe oggi ci sono ancora solo gli studenti con disabilità”. 
Una situazione intollerabile, per Nocchetti: “Una pessima lezione anche per gli altri studenti, quelli non disabili, che anziché imparare ad essere inclusivi imparano a dimenticarsi del proprio compagno, che è separato e lontano da loro e che spesso neanche si collega: lui, l’unico ad andare a scuola, mentre tutti loro stanno a casa”.
E quest’immagine “dovrebbe essere ben presente, mentre ci accingiamo a celebrare la Giornata internazionale delle persone con disabilità, dedicata quest’anno proprio a ‘un mondo post COVID-19 inclusivo della disabilità’. Questa non è inclusione, dobbiamo dirlo forte e chiaro”. Peraltro, siamo di fronte a “un paradosso: di fronte ai dati drammatici sui contagi, stiamo dicendo che i disabili possono anche morire: per quale motivo infatti, se la scuola è così pericolosa, si permette solo a loro di andarci, peraltro nel momento peggiore?”, si domanda Nocchetti. E si risponde anche: “Perché le famiglie non ce la fanno, sono .- come si dice – alla canna del gas. L’assistenza domiciliare, carente in tutta Italia, in Campania non esiste proprio: e in mezzo a questa pandemia, sarebbe indispensabile per le famiglie. Ed ecco che la scuola diventa sede di un babysitteraggio malriuscito. In cui però si sta dando la peggiore delle lezioni: il compagno con disabilità può essere lasciato solo. E il sottinteso è che tanto neanche se ne accorge, certo non è capace di essere triste, mica si rende conto… Ecco cosa stiamo dicendo: tutto il contrario della verità”.
E’ per questo motivo che, alcuni giorni fa, Tuttiascuola ha inviato una lettera al presidente Mattarella, sottoscritta da oltre 3 mila persone, per chiede che intervenga, a porre fine a una situazione che non deve continuare. “Solo il presidente della Repubblica ci è rimasto e a lui ci siamo appellati.- Chissà che, magari nel giorno in cui la disabilità sarà sotto i riflettori, non ci arrivi una risposta”.

di Chiara Ludovisi 

Riapertura delle scuole

Riapertura delle scuole: CGIL e FLC scrivono ai ministri dell’Istruzione e della Salute

Roma, 2 dicembre – La segretaria confederale Rossana Dettori e il segretario generale della FLC CGIL Francesco Sinopoli, hanno scritto una lettera al ministro dell’Istruzione Lucia Azzolina e della Salute Roberto Speranza, elencando gli interventi necessari per la riapertura della scuola in presenza.
Come è noto CGIL e FLC hanno espresso, da mesi, l’assoluta necessità di garantire l’attività in presenza, quale elemento ineludibile della relazione educativa e del rapporto insegnamento-apprendimento.

Lo sforzo compiuto dalle lavoratrici e dai lavoratori che, con un lavoro incredibile, hanno operato fin dall’estate per adeguare gli ambienti educativi all’accoglienza degli studenti secondo i protocolli individuati dal CTS, rischia di essere vanificato per l’inadeguatezza degli interventi messi in campo dal Ministero dell’Istruzione, per l’incapacità di tenuta del sistema sanitario regionalizzato in termini di risorse, di tracciamento e di tempestività di intervento, per le gravi omissioni riguardo al rafforzamento o alla costituzione di un trasporto scolastico dedicato, per il disordine istituzionale del sistema delle autonomie del nostro Paese.

Al crescere dei casi di contagio nelle scuole va contemporaneamente aumentando la preoccupazione dei lavoratori e delle famiglie.

È necessario, pertanto, intervenire urgentemente attraverso la legge di bilancio o altro strumento normativo idoneo, su presidi sanitari nelle istituzioni scolastiche, effettuazione dei tamponi, dispositivi di sicurezza, tavoli permanenti sulla sicurezza, trasporto scolastico esclusivo, riduzione del numero di alunni per classe, lotta al precariato e dimensionamento scolastico.

CGIL e FLC continueranno a collaborare per la riapertura delle scuole e per il ritorno alla didattica in presenza, ma solo se saranno assicurate adeguate garanzie di sicurezza e valide misure di prevenzione per la salute e l’incolumità di studenti e lavoratori.

La disabilità come caratteristica

Cuzzupi: la disabilità non come anomalia, ma come caratteristica.

Che il 3 dicembre sia una giornata importante in quanto ricorda come non debbano esistere discriminazioni nei confronti delle disabilità è senza dubbio un appuntamento rilevante. Quello che però deve essere chiaro è come questa affermazione non deve limitarsi ad annuncio di principio ma deve essere un valore costante e quotidiano”.

Questa è la chiara posizione del Dirigente Sindacale UGL Ornella Cuzzupi che, nella sua doppia veste di Segretario regionale della Calabria e Segretario Nazionale Scuola, assume un aspetto molto specifico.

Nella scuola, come nella vita di ogni giorno, la disabilità non può, né deve, esser vista come un elemento selettivo che divide, bensì come una caratteristica personale da tener presente per non lasciare indietro nessuno. Occorre definire, in maniera decisa e in ogni ambito sociale, l’idea che non vi sono i disabili e gli altri, ma un contesto in cui ogni persona ha i propri diritti e potenzialità da far crescere e utilizzare nel rispetto della considerazione e dell’inclusione di ciascuno senza differenza alcuna”.

 Su questo Ornella Cuzzupi è molto chiara e, in qualche modo, squarcia il velo di ipocrisia che troppo spesso serve a coprire il nulla che segue alle tante affermazioni di principio:

Il tema proposto quest’anno dall’ONU “Ricostruire meglio: verso un mondo post COVID-19 inclusivo della disabilità, accessibile e sostenibile” è un segno tangibile che molto ancora occorre fare. Mezzi e funzionalità dei sistemi devono poter essere utilizzati da tutti e in ogni modo, l’azzeramento delle barriere architettoniche, ad esempio, deve rappresentare la regola e non un qualcosa da richiedere. Occorre pensare ad un orizzonte pienamente inclusivo dove nessuno deve sentirsi escluso e dove la diversità può rappresentare un valore aggiunto per la stessa società. Questo nel lavoro, questo nella scuola, questo nella vita. Proprio su tali aspetti la tragedia del Covid ha tracciato con precisione, spesso drammatica, i limiti di ciò che è nei confronti di chi non risponde ai canoni della “normalità” comune. Eccoè questo concetto di “normalità” che deve essere esteso, aperto ad ogni specifica legata alla persona, solo in questo modo avremo una società più funzionale, più vera e, soprattutto, più giusta”.

Ornella Cuzzupi

Segretario Federazione Nazionale UGL Scuola/Segretario Regionale Calabria             

Conte sonda la maggioranza sul possibile rientro a scuola il 14 dicembre per le superiori

da Il Sole 24 Ore

di Redazione Scuola

Il premier Conte vorrebbe riaprire le scuole superiori a metà mese e sonda le reazioni dei partiti della maggioranza. Intanto, nell’eterno dilemma italiano sull’apertura delle scuole ai tempi del Coronavirus, le linee guida della Commissione europea, preparate in vista delle festività natalizie, offrono qualche prezioso suggerimento. In una bozza di cui l’Ansa ha preso visione, e che potrebbe tuttavia cambiare fino all’adozione del documento definitivo nel collegio dei commissari che si riunirà domani, Bruxelles consiglia di valutare di «allungare le vacanze» o di ricorrere «alla didattica a distanza» per creare «periodi cuscinetto» e scongiurare il diffondersi del virus negli istituti.

Intanto, il premier Conte ha detto che «per dare un segnale», i ragazzi delle superiori potrebbero tornare in aula il prossimo 14 dicembre. È l’ipotesi su cui il presidente del Consiglio avrebbe sondato i capigruppo di maggioranza, ieri, nel corso della riunione sul prossimo Dpcm. Conte avrebbe precisato che l’ipotesi deve essere ancora sottoposta al vaglio del Cts: si tratterebbe di porre fine alla didattica a distanza nelle aree gialle dalla metà del mese. Le reazioni sarebbero state contrastanti: Iv avrebbe confermato la sua posizione favorevole ma altri partiti si sarebbero espressi contro.

«In questo caso – si raccomanda – sarà importante» che le autorità comunichino «la data del rientro a scuola con anticipo», chiedendo a educatori e famiglie con bambini di tornare a casa per tempo ed evitando così di trasformare la scuola in una fonte di contagio che potrebbe contribuire ad una terza ondata. Perché se è possibile che le prime dosi dei vaccini più promettenti, come quello Pfizer o Moderna, arrivino presto sul mercato, la realtà è che non saranno immediatamente disponibili per tutti ed occorre una «strategia ponte» per i difficili mesi a venire.

La raccomandazione è perciò insistere con mascherine protettive, distanziamento sociale e strette regole di igiene personale, evitando assembramenti, soprattutto nei luoghi chiusi. Abbassare la guardia sulle misure di contenimento anti-Covid potrebbe costare caro, avvertono dall’esecutivo comunitario.

Una pubblicazione del Centro europeo per la prevenzione ed il controllo delle malattie, elaborata con modelli matematici sulla base dell’attuale situazione epidemiologica, dimostra infatti che se i governi revocassero le restrizioni il 7 dicembre, la curva dei ricoveri tornerebbe a salire già il 24 dicembre. Se invece si attendesse fino al 21 dicembre, i nuovi picchi si vedrebbero a inizio gennaio. Per questo anche le riunioni in famiglia, che tradizionalmente si radunano attorno al tavolo di Natale, dovranno continuare ad essere limitate.

Quanto alle “cerimonie religiose” sarebbe opportuno evitare messe affollate, restando piuttosto a casa con i propri cari per seguire le funzioni dalla tv, dalla radio o online. E in ogni caso evitando di cantare, perché «l’uso della mascherina – si sottolinea – è particolarmente importante in queste occasioni». Il coprifuoco nelle ore notturne dovrebbe essere mantenuto, con un conseguente addio ai tradizionali cenoni danzanti di capodanno. E quanti vorranno mettersi in viaggio dovrebbero essere incoraggiati ad auto-isolarsi per una settimana prima di riprendere i contatti sociali, a far uso delle app per i tracciamenti e a vaccinarsi contro l’influenza stagionale, anche perché il viaggio «costituisce un rischio di per sé» dato l’alto numero di occasioni di esposizione al virus. Sulla stagione sciistica invece Bruxelles non si pronuncia. Ma la Commissione raccomanda di «valutare attentamente un approccio comune basato su coordinamento, coerenza e prove scientifiche». E al termine delle 16 pagine di documento conclude: «Sarà una fine dell’anno diversa. Conterà il contributo di tutti».

A fine lezione è meglio testare le abilità più che le conoscenze

da Il Sole 24 Ore

di Silvio Pierro

Svolgere lezioni di informatica in Dad richiede un’accurata fase di preparazione della lezione per rendere l’argomento meno pesante e il più interattivo possibile. Prima di mettere a punto e lezioni bisogna curare tre aspetti fondamentali: la piattaforma, l’applicazione e infine la metodologia.

Le indicazioni preliminari

La piattaforma è l’insieme di programmi che permettono di connettersi con la classe. In genere viene scelta dal dirigente scolastico e i docenti la adottano, l’unico compito dell’insegnante è quello di imparare a utilizzarla.

La scelta dell’applicazione da utilizzare invece spetta al docente e presenta una prima sfida: la disuniformità delle piattaforme utilizzate dagli studenti. Nelle lezioni in laboratorio ogni studente ha a disposizione il Pc d’aula già attrezzato per le specifiche attività, nelle lezioni a distanza ogni studente utilizza un dispositivo differente. Alcuni studenti si connettono con un Pc, altri si connettono con un tablet, alcuni usano un sistema operativo come Windows, altri un dispositivo Mac, oppure Android. Bisogna tenere conto di questo aspetto nella scelta del software. Meglio scegliere un programma multipiattaforma, che può essere usato da tutti gli studenti.

L’ultimo aspetto da curare è la metodologia di lezione. Per cercare di coinvolgere i ragazzi è bene usare un approccio molto pratico e che richieda di svolgere esercizi agli alunni dall’inizio dell’argomento fino alla fine, cercando di aumentare il livello di difficoltà in maniera graduale e prevedendo varie fasi di interazione tra alunno e insegnante. È sempre utile terminare le lezioni con un test finale abbastanza importante ed impegnativo. Infine, la valutazione deve sommare tutti i lavori svolti durante l’attività, e questo aspetto deve esser ben chiaro alla classe dall’inizio delle lezioni.

Un caso concreto

Facciamo un esempio: diciamo che dobbiamo spiegare agli studenti l’utilizzo di Excel: le prime lezioni ovviamente saranno per lo più introduttive all’argomento. In questa fase gli studenti seguono la spiegazione ed eseguono passo-passo la procedura che mostro loro tramite la riunione. Alla fine di ogni lezione tutti gli studenti devono consegnare il file al docente con il lavoro finito, in questo caso la consegna deve essere immediata alla fine della lezione, in questa fase una mancata consegna risulterà in una penalizzazione nel voto finale.

Dopo questa fase iniziale si passa al lavoro pratico per gli studenti, dove gli esercizi verranno eseguiti in modo autonomo dagli alunni che avranno delle istruzioni sempre meno dettagliate man mano che si procede nell’argomento. Nell’esercizio saranno presenti argomenti già trattati e una percentuale di istruzioni mai spiegate a lezione. Inoltre, il tempo per lo svolgimento dell’esercizio sarà relativamente breve, circa 30 minuti, al termine dei quali possono consegnare in orario oppure decidere di continuare l’esercizio come compito per casa entro la prossima lezione. In quell’occasione eseguirò io stesso l’esercizio per far vedere agli studenti come andava svolto in maniera corretta e chiedendo loro se poteva essere svolto in maniera differente: questa interazione serve per abituare gli studenti ad autocorreggersi. Di solito incoraggio gli alunni valutando in maniera meno grave gli errori autocorretti, ma evidenziando il fatto a tutta la classe. Dopo la correzione, vado avanti con un altro esercizio e, se c’è ancora tempo, assegno un esercizio per casa. La data di consegna è sempre impostata per la lezione successiva.

Il questionario

Quando ritengo che l’argomento sia stato trattato completamente faccio svolgere un questionario su Forms con domande a risposta multipla. Va ricordato che è sempre meglio testare le abilità e non le conoscenze; è meglio porre una domanda come: «Posso usare Excel per stampare un documento?» anziché: «Come faccio a stampare il foglio di Excel?» Ovviamente gli studenti hanno molti modi per imbrogliare, ma per cercare le informazioni è sempre necessario del tempo. Lasciando loro il tempo strettamente necessario alla lettura della domanda, ai pochi secondi di ragionamento e all’inserimento della risposta è possibile evitare eventuali “furbate”.

Dalla mia esperienza bisogna dare circa 45 secondi a domanda per eseguire il test. Meglio non fare test troppo lunghi, il mio optimum è 25 domande con 20 minuti di tempo, a meno di domande troppo lunghe. Il voto finale dell’attività sarà dato per metà dagli esercizi svolti durante il corso delle lezioni e per metà dal test finale.

Usando questa metodologia riesco a ottenere buoni risultati sia come affidabilità delle valutazioni che come apprendimento degli studenti. Certo esistono ancora aspetti che non riesco a trasmettere. Ad esempio, non ho ancora trovato soluzione al problema principale della generazione Y,: far capire loro che saper usare uno strumento informatico e far funzionare uno strumento informatico sono due cose completamente diverse, e ovviamente, in un corso di informatica bisogna imparare bene una sola delle due.

A fine lezione è meglio testare le abilità più che le conoscenze

da Il Sole 24 Ore

di Silvio Pierro

Svolgere lezioni di informatica in Dad richiede un’accurata fase di preparazione della lezione per rendere l’argomento meno pesante e il più interattivo possibile. Prima di mettere a punto e lezioni bisogna curare tre aspetti fondamentali: la piattaforma, l’applicazione e infine la metodologia.

Le indicazioni preliminari

La piattaforma è l’insieme di programmi che permettono di connettersi con la classe. In genere viene scelta dal dirigente scolastico e i docenti la adottano, l’unico compito dell’insegnante è quello di imparare a utilizzarla.

La scelta dell’applicazione da utilizzare invece spetta al docente e presenta una prima sfida: la disuniformità delle piattaforme utilizzate dagli studenti. Nelle lezioni in laboratorio ogni studente ha a disposizione il Pc d’aula già attrezzato per le specifiche attività, nelle lezioni a distanza ogni studente utilizza un dispositivo differente. Alcuni studenti si connettono con un Pc, altri si connettono con un tablet, alcuni usano un sistema operativo come Windows, altri un dispositivo Mac, oppure Android. Bisogna tenere conto di questo aspetto nella scelta del software. Meglio scegliere un programma multipiattaforma, che può essere usato da tutti gli studenti.

L’ultimo aspetto da curare è la metodologia di lezione. Per cercare di coinvolgere i ragazzi è bene usare un approccio molto pratico e che richieda di svolgere esercizi agli alunni dall’inizio dell’argomento fino alla fine, cercando di aumentare il livello di difficoltà in maniera graduale e prevedendo varie fasi di interazione tra alunno e insegnante. È sempre utile terminare le lezioni con un test finale abbastanza importante ed impegnativo. Infine, la valutazione deve sommare tutti i lavori svolti durante l’attività, e questo aspetto deve esser ben chiaro alla classe dall’inizio delle lezioni.

Un caso concreto

Facciamo un esempio: diciamo che dobbiamo spiegare agli studenti l’utilizzo di Excel: le prime lezioni ovviamente saranno per lo più introduttive all’argomento. In questa fase gli studenti seguono la spiegazione ed eseguono passo-passo la procedura che mostro loro tramite la riunione. Alla fine di ogni lezione tutti gli studenti devono consegnare il file al docente con il lavoro finito, in questo caso la consegna deve essere immediata alla fine della lezione, in questa fase una mancata consegna risulterà in una penalizzazione nel voto finale.

Dopo questa fase iniziale si passa al lavoro pratico per gli studenti, dove gli esercizi verranno eseguiti in modo autonomo dagli alunni che avranno delle istruzioni sempre meno dettagliate man mano che si procede nell’argomento. Nell’esercizio saranno presenti argomenti già trattati e una percentuale di istruzioni mai spiegate a lezione. Inoltre, il tempo per lo svolgimento dell’esercizio sarà relativamente breve, circa 30 minuti, al termine dei quali possono consegnare in orario oppure decidere di continuare l’esercizio come compito per casa entro la prossima lezione. In quell’occasione eseguirò io stesso l’esercizio per far vedere agli studenti come andava svolto in maniera corretta e chiedendo loro se poteva essere svolto in maniera differente: questa interazione serve per abituare gli studenti ad autocorreggersi. Di solito incoraggio gli alunni valutando in maniera meno grave gli errori autocorretti, ma evidenziando il fatto a tutta la classe. Dopo la correzione, vado avanti con un altro esercizio e, se c’è ancora tempo, assegno un esercizio per casa. La data di consegna è sempre impostata per la lezione successiva.

Il questionario

Quando ritengo che l’argomento sia stato trattato completamente faccio svolgere un questionario su Forms con domande a risposta multipla. Va ricordato che è sempre meglio testare le abilità e non le conoscenze; è meglio porre una domanda come: «Posso usare Excel per stampare un documento?» anziché: «Come faccio a stampare il foglio di Excel?» Ovviamente gli studenti hanno molti modi per imbrogliare, ma per cercare le informazioni è sempre necessario del tempo. Lasciando loro il tempo strettamente necessario alla lettura della domanda, ai pochi secondi di ragionamento e all’inserimento della risposta è possibile evitare eventuali “furbate”.

Dalla mia esperienza bisogna dare circa 45 secondi a domanda per eseguire il test. Meglio non fare test troppo lunghi, il mio optimum è 25 domande con 20 minuti di tempo, a meno di domande troppo lunghe. Il voto finale dell’attività sarà dato per metà dagli esercizi svolti durante il corso delle lezioni e per metà dal test finale.

Usando questa metodologia riesco a ottenere buoni risultati sia come affidabilità delle valutazioni che come apprendimento degli studenti. Certo esistono ancora aspetti che non riesco a trasmettere. Ad esempio, non ho ancora trovato soluzione al problema principale della generazione Y,: far capire loro che saper usare uno strumento informatico e far funzionare uno strumento informatico sono due cose completamente diverse, e ovviamente, in un corso di informatica bisogna imparare bene una sola delle due.

Lettura immersiva e «team working» per una scuola più inclusiva

da Il Sole 24 Ore

di Stefania Paci

Venerdì 7 novembre, ore 8, una nuova giornata di Dad sta per iniziare. Insegno informatica all’Ite “E. Tosi” di Busto Arsizio. Come tante scuole siamo tornati a fare didattica a distanza e come tanti insegnanti, ogni giorno, cerco di trasformare «una emergenza in opportunità» per usare le parole della mia ex-preside Amanda Ferrario.

Mi siedo alla scrivania ed apro Microsoft Teams, l’applicazione di Microsoft Office365 che consente di portare la scuola online, di far collaborare studenti e docenti sulla “nuvola”. Non è l’unica piattaforma sul mercato, ce ne sono altre analoghe e ormai tutte le scuole si sono organizzate per utilizzarle: credo sia l’unica conseguenza positiva del Covid.

La prima call della giornata

Apro il calendario di Teams e clicco su Partecipa per entrare nella prima call di oggi con la classe 2AI. Vedo spuntare 30 faccine assonnate, chiedo: «Come state?». Sento rispondere: «Bene prof, e lei?». È una domanda retorica ma in questo momento sapere come stanno è, forse, più importante della lezione che sto per cominciare.

Faccio l’appello e inizia la lezione: parliamo di “Logica booleana”, ho già caricato nella sezione File del Team una presentazione che sarà sempre a loro disposizione: la apro, condivido il mio schermo e spiego alternando la mia voce ad immagini evocative. Se è vero che le persone ricordano il 10% di quello che leggono e il 50% di quello che sentono e vedono spero che servano per catalizzare l’attenzione dei ragazzi e per comprendere meglio i concetti. Dopo una decina di minuti, l’attenzione dei ragazzi decade e per questo propongo un’attività di gruppo che permetterà di applicare quello che ho spiegato e sviluppare delle competenze concrete. Dico: «Ragazzi entrate nei Canali di Teams e svolgete l’attività in gruppi». Grazie a Teams posso creare dei sotto-gruppi nella classe, in inglese si dicono Breakout rooms, e posso permettere ai ragazzi di svolgere esercizi, trovare soluzioni a problemi e confrontarsi. Io entro nelle call dei gruppi per aiutarli o per osservare come lavorano: il Team working è una delle competenze che dovrò valutare a fine anno.

Da una classe all’altra

L’ora è già passata, saluto tutti ed entro nella call di un’altra classe: la 4BI. Stiamo parlando di “Raccolta e analisi di dati”, i ragazzi avevano un compito da consegnare: un sondaggio con Microsoft Forms su come gli adolescenti trascorrono il loro tempo. La piattaforma mi permette di vedere chi ha consegnato il compito e di valutarlo. Invito uno studente, magari il più distratto, a condividere lo schermo ed aprire i dati del proprio sondaggio in Excel: insieme usiamo grafici, funzioni, analizziamo il nesso che esiste fra le varie risposte e cerchiamo di derivarne informazioni e conoscenza.

«Prof. è intervallo!», una delle cose che ci mancano è la campanella liberatoria della ricreazione. Mi faccio un caffè poi entro nella call successiva: la 4AI. Abbiamo visto i giorni scorsi come si progetta un database e prima di procedere ho bisogno di capire cosa ricordano i ragazzi. Ho preparato un gioco interattivo con Kahoot.com, lo propongo ed in tempo reale vedo il feedback delle loro risposte; questo mi serve per chiarire concetti, ripetere definizioni ed essere certa di quale sia il loro livello di apprendimento. Comunico che a breve ci sarà una verifica: sarà una prova semi-strutturata e spiego che il voto finale sarà determinato da quella prova e dalla valutazione delle tante domande flash che ho fatto negli ultimi giorni sull’argomento: si chiama “valutazione diffusa” ed è fondamentale per accertare in ogni momento che i ragazzi siano “sul pezzo” e seguano anche a distanza.

Lezione successiva, 5BS, chiedo a uno studente di condividere il proprio schermo e di mostrare gli esercizi assegnati in Microsoft OneNote: il blocco appunti digitale della classe. Correggiamo l’esercizio, uno schema E/R, e tutti possono vedere e controllare il proprio. Salveremo quella pagina nella sezione Collaboration Space così sarà accessibile a tutti anche al termine della lezione, sarà come portare a casa la “lavagna” della scuola. Per sottolineare il valore inclusivo di OneNote, a inizio anno, ho mostrato ai ragazzi lo strumento di Lettura immersiva che permette di essere facilitati nella lettura dei testi, spero sia utile a qualcuno.

L’ultima ora

Siamo all’ultima ora in 3AS. Questa settimana portiamo avanti un argomento di Educazione civica “Valorizzazione del patrimonio culturale”, propongo un brainstorming per capire quali sono, secondo gli studenti, le tecnologie che permettono di valorizzare l’arte. Apro una lavagna in Microsoft Whiteboard ed invito tutti ad aggiungere una nota per suggerire la loro risposta. Insieme guardiamo le note aggiungersi alla lavagna e decidiamo che la realtà virtuale è la tecnologia più votata: invierò ai ragazzi un tutorial per imparate ad usare https://arvr.google.com/tourcreator/ uno strumento per creare Tour Virtuali poi, in classe, dovranno creare un tour virtuale tra i monumenti della città di Busto Arsizio. Questa metodologia, detta Flipped classroom, prevede una fase di apprendimento autonomo dei ragazzi a casa e una fase produttiva e collaborativa a scuola con il supporto del docente: a volte funziona davvero bene ed evita noia e pesantezza delle lezioni. L’ultima ora è terminata, ma so che non è terminata la mia giornata di lavoro: dovrò pensare alle cose da fare domani, dovrò trovare il modo di coinvolgere ancora i miei studenti altrimenti la didattica a distanza rischia di diventare davvero troppo “distante”!

Il 75% degli studenti italiani boccia la didattica a distanza, ma la scuola del futuro non rinuncia alla tecnologia

da Il Sole 24 Ore

di Redazione Scuola

Si avvicina la fine dell’anno e, con essa, il momento di fare un bilancio di questo particolare e complesso 2020. L’emergenza Covid-19 ha cambiato radicalmente le abitudini degli italiani di tutte le età e ha puntato i riflettori anche sullo stato della scuola in Italia, un settore che negli ultimi mesi ha dovuto fronteggiare un improvviso processo di digitalizzazione, a volte impervio.

Eolo, operatore leader in Italia nella fornitura di connettività tramite tecnologia Fwa– (fixed wireless access), ha coinvolto gli studenti in un brainstorming nazionale attraverso radio e social media.

Alla survey in cui veniva loro chiesto di raccontare come sarà “La Scuola del Futuro” hanno risposto circa 20mila studenti di età compresa tra i 5 e i 19 anni, chiamati a immaginare possibili materie, classi, compagni e insegnanti.

Un dato emerge chiaramente: la netta maggioranza degli intervistati, circa il 75%, boccia la Dad (Didattica a distanza), mostrando una chiara preferenza per la didattica in presenza.

Ma l’innovazione rimane centrale nella scuola del futuro: alla scuola in presenza non potrà mancare il supporto unico che la tecnologia può offrire e una buona connessione a Internet e l’accesso a piattaforme e strumenti tecnologici per fare lezione sono indentificati come essenziali dal 65% degli studenti.

Su quali siano le tecnologie essenziali invece la popolazione studentesca è più divisa: il 36% individua come scelta prima l’Internet of Things, il 32% la realtà aumentata e il 24% l’Intelligenza artificiale.

Dalle risposte emerge anche la forte richiesta degli studenti di essere dotati di strumenti nuovi per comprendere al meglio l’attualità e quanto accade nella società contemporanea. Oltre il 32% degli intervistati infatti vorrebbe che venissero inserite nel programma didattico ore su attualità e scienze sociali, il 23% vorrebbe essere maggiormente preparato su come smascherare le fake news, circa il 18% chiede più formazione sui temi di ambiente e sostenibilità e circa il 15% sulle nuove frontiere che le scoperte tecnologiche stanno aprendo, per poter avere gli strumenti per ipotizzare al meglio il proprio futuro.

Da quanto emerso nella survey, Eolo ha quindi estratto 5 pillar su come dovrebbe essere la scuola del domani, per strutturare lo “Statuto della scuola del futuro”:

•Fatta di persone: la connessione umana, il rapporto diretto con i propri insegnanti, le relazioni con i propri compagni di classe sono aspetti che non potranno mai realmente essere sostituti. Da questo presupposto dovrà partire ogni ragionamento per la scuola del futuro.

•Tecnologica: la didattica del futuro verrà supportata dalle tecnologie più all’avanguardia, per fare in modo che le generazioni del futuro siano messe nelle condizioni di formarsi al meglio. Studenti e insegnanti avranno a loro disposizione lavagne e banchi interconnessi, si utilizzerà la realtà aumentata e Intelligenza Artificiale e Internet of Things saranno all’ordine del giorno.

•Evoluta: insieme alle materie fondanti della nostra cultura, si affiancheranno nuove materie, utili per la comprensione della contemporaneità a tutto tondo. Dalle materie più tecniche, come insegnare le basi della programmazione fin dalla scuola elementare, a quelle più umanistiche, come la comprensione del funzionamento dei Social Network e la capacità di riconoscere le fake news e sapersi informare correttamente.

•Interconnessa: ovvero aperta. Tutte le scuole, non solo in Italia, ma in Europa e in tutto il mondo, potranno connettersi tra di loro per favorire ogni scambio didattico, permettendo agli studenti di entrare in contatto con culture e lingue diverse

•Sostenibile: la sostenibilità a 360° non solo verrà insegnata a scuola, ma sarà un valore realmente messo in pratica già negli istituti. «Siamo orgogliosi di farci portavoce di una idea di scuola nuova, umana ma interconnessa, proiettata verso il futuro ma attenta a interpretare il presente. I ragazzi ci chiedono a gran voce una scuola ibrida, dove la didattica a distanza non sostituisce quella in presenza, ma diventa strumento di apertura verso nuove materie e potenzialità oggi ancora inimmaginate», commenta Luca Spada, presidente e fondatore di Eolo. «Per rispondere a questo appello, però, è necessario investire sul futuro del nostro Paese, garantendo l’accesso democratico alla rete e alla tecnologia, risolvendo in maniera definitiva le problematiche di connettività che ancora oggi affliggono diverse aree. Come Eolo siamo impegnati da 15 anni in questa direzione, implementando la nostra rete in tutte le aree del Paese che ancora ne sono sprovviste e supportando i piccoli comuni nel loro percorso di digitalizzazione con il nostro progetto triennale Eolo Missione Comune».

L’azienda a maggio 2020 ha infatti annunciato un piano di potenziamento infrastrutturale da 150 milioni di euro per portare, entro il 2021, la connessione ultra veloce in tutte le aree del Paese che ancora ne sono prive.

Ultima carta per la scuola Azzolina chiama i prefetti “Gestiranno i trasporti”

da la Repubblica

Ilaria Venturi e Corrado Zunino

Arrivano i prefetti, come tutte le volte che il governo non riesce a sbrogliare la matassa per vie ordinarie. Dopo il commissario ai banchi, adesso — probabilmente dal 4 dicembre —, i funzionari di Stato proveranno, provincia per provincia, a mettere insieme il “mosaico trasporti”, che dallo scorso maggio a oggi i quattro ministeri interessati non sono riusciti a comporre. Dopo aver ascoltato i sindaci delle quattordici città metropolitane e ricevuto da loro la lista delle cose che non funzionano (tra queste, il tracciamento dei positivi a scuola e i tempi di risposta sui tamponi delle Asl), la titolare dell’Istruzione Lucia Azzolina ha scritto al ministero dell’Interno e chiesto all’esecutivo di inserire nel decreto del presidente del Consiglio di venerdì prossimo l’ingresso in campo dei prefetti. Sono diventati necessari per una mediazione tra presidi e aziende dei trasporti. Un tentativo estremo, dopo il fallimento del 14 settembre, per portare nuovamente gli studenti delle superiori in classe sottraendo la questione mezzi pubblici allo scontro tra singoli ministeri, Regioni, scuole.

Le analisi sui flussi ci sono, anche con i mezzi tornati al 50 per cento di capienza. La ministra dei Trasporti Paola De Micheli ha già spiegato a Repubblica che le Regioni hanno quasi diecimila mezzi aggiuntivi da mettere in strada dalle 7 alle 9 di ogni mattina, ma non saranno sufficienti se non si allargherà lo scaglionamento scolastico nell’arco della giornata e della setttimana. Ha chiesto, quindi, un “decisore terzo”.

Ecco, l’operazione prefetti guarda alla riapertura delle scuole superiori per il 7 gennaio e prova a mettere in sicurezza il riavvio delle lezioni anche di fronte a un risalire dei contagi dopo le feste. Gli stessi sindaci delle città metropolitane, d’altro canto, avevano lamentato lo scarso coordinamento con le Regioni. «Se l’obiettivo è riportare i ragazzi a scuola, è una buona notizia», dice Francesco Sinopoli, segretario Flc Cgil, «speriamo non diventi un altro motivo di conflitto istituzionale».

La ministra dell’Istruzione lavora ancora all’ipotesi di una graduale riapertura delle superiori dal 9 dicembre, ma la strada è in salita. Nel Paese, sul tema, ordinanze regionali s’intrecciano a quelle di singoli Comuni. Ieri sono tornati in presenza gli studenti delle seconde e terze medie di Lombardia e Calabria, regioni passate dal rosso all’arancione, ma non quelli del Piemonte, derubricato pure nel colore. Il presidente Alberto Cirio, contestato dagli studenti No Dad, ha replicato: «Prima devono essere messi a posto i trasporti». Sono rientrati in aula, ancora, i ragazzi delle medie dell’Umbria, ma l’ordinanza regionale qui vale soltanto fino al 6 dicembre. Il presidente della Campania, Vincenzo De Luca, ha deciso di prolungare il blocco delle lezioni in presenza per le medie fino al 7 dicembre. In Puglia si lascia alle famiglie la libertà di scelta sulla Dad. E se la sindaca di Altamura ha chiuso le scuole fino al 15 dicembre, il Tar di Catania ha ordinato al sindaco di Paternò di riportare i ragazzi in classe.

La sottosegreteria alla Salute, Sandra Zampa, raccogliendo l‘intenzione di tutte le Regioni eccetto l’Emilia Romagna, dice: «Non credo ci saranno aperture prima di Natale, la scuola aperta a spot serve solo a creare vampate di contagi». La sottosegretaria avanza la questione recuperi delle ore perdute: «Anche una buona Dad non è paragonabile alle lezioni in presenza». Il presidente Cirio è al lavoro con l’Ufficio scolastico del Piemonte «per rimodulare il calendario scolastico dell’anno in corso e recuperare dalla primavera ». Immagina di tagliare giorni di vacanza dalle festività di Carnevale, Pasqua, 25 aprile e Primo Maggio. Mario Rusconi, Associazione nazionale presidi del Lazio: «Diversi studenti si manterranno in contatto con i docenti sotto Natale». La Uil: «Si può allungare fino a luglio».

E Wired ha ottenuto con un accesso agli atti i dati di studenti e lavoratori della scuola positivi al Covid fino al 31 ottobre scorso: i casi nella popolazione scolastica sono stati 64.980, secondo i dati del ministero che nell’ultimo mese non stati resi pubblici. In 14 regioni su venti l’incidenza è superiore a quella della popolazione.

Trasporti, ci pensano i prefetti

da ItaliaOggi

Alessandra Ricciardi

Di un nuovo piano per la riapertura in presenza anche delle scuole superiori la Azzolina non vuol sentir parlare. Perché il piano c’è, è sempre lo stesso, il problema è che non è stato da tutti attuato, dicono da viale Trastevere, perché la scuola riaprisse in sicurezza a settembre. A partire dagli scaglionamenti degli ingressi, per i quali dovevano scendere in campo gli enti locali -ministero trasporti per il coordinamento- per la rimodulazione delle frequenze dei passaggi sulle linee, ai test rapidi in caso di presunte infezioni da Covid a scuola, che avrebbero dovuto consentire, come consigliava anche il Cts, di isolare subito i contagi ed evitare inutili quarantene. Ora che si riparte, il 7 gennaio, è quel piano che va attuato. Obiettivo: riaprire le scuole senza doverle poi richiudere.

La novità nel dpcm, che entrerà in vigore da venerdì, è che per evitare un nuovo caos trasporti, con mezzi pubblici saturi negli orari di punta, scenderanno in campo i prefetti. In quanto rappresentanti del governo avranno loro il compito di trovare, e imporre se necessario, l’accordo che serve tra enti locali, per i trasporti urbani, e scuole così da favorire ingressi scaglionati. Gli istituti scolastici dovranno dilatare ulteriormente gli orari di ingresso e uscita se necessario. Le società di trasporto incrementare le corse. Non esclusa la possibilità di sottoscrivere accordi con le società di noleggio dei mezzi ove necessari. Tutte ipotesi per le quali erano già stati stanziati fondi.

Il problema è rilevante soprattutto nelle città metropolitane, come emerso la scorsa settimana nel vertice con la Azzolina e il Cts. Insomma, si tratta di fare rapidamente ora quanto non è stato fatto prima, o comunque di farlo in modo adeguato rispetto al fabbisogno. La norma sull’intervento dei prefetti è stata messa a punto dai vertici del ministero dell’istruzione dell’Interno.

Da verificare se sarà confermata nel nuovo dpcm una capienza ottimale massima sui mezzi di trasporto fino all’80% o se invece non si tornerà a prevedere una capienza al 50%, come suggeriva il Comitato tecnico scientifico guidato da Agostino Miozzo.

Tra le norme che si attende vengano confermate quella sull’uso obbligatorio della mascherina durante la permanenza in classe, oltre che nei locali della scuola, anche per gli studenti che abbiano più di sei anni. Il solo distanziamento, quando i tassi di Rt erano in crescita, era stato giudicato non sufficiente a evitare il contagio. La misura dovrebbe essere prorogata, chiedono alcuni esperti, a maggior ragione ora che si ritorna tutti al 100% in presenza alle superiori. Che non è una certezza.

Tornare tutti in classe per il 100% delle lezioni resta infatti un obiettivo. Lì dove non ci dovessero essere condizioni strutturali, per mancanza di spazi, e di personale, per carenza di docenti e Ata, o se la mobilità pubblica continuerà ad essere critica, potrebbe essere prevista la possibilità di fare ricorso per una parte delle lezioni ancora alla didattica a distanza. Una quota però che deve essere residuale, continua a ripetere la Azzolina. Che ha dalla sua questa volta anche i genitori.

Intanto la ministra dell’istruzione si sta adoperando per costituire un tavolo di confronto Regioni, Comuni e Salute per risolvere anche i nodi dei test rapidi e delle procedure di quarantena e certificazione per la riammissione a scuola. Protocolli, tempi e modalità che spesso divergono sul territorio tra i vari dipartimenti di prevenzione.

Ricambio d’aria contro il Covid, le scuole ferme alle finestre aperte

da ItaliaOggi

Carlo Forte

Scarsa ventilazione delle aule e sovraffollamento rischiano di aumentare le occasioni di esposizione per via aerea di studenti e docenti a SarsCov2 e i rischi di contagio. Soprattutto nei mesi freddi invernali. Eppure, la ventilazione meccanica delle scuole continua ad essere la Cenerentola dei fattori tecnici per una ripartenza in sicurezza delle scuole. Nei gironi scorsi un studio multidisciplinare sui meccanismi e sul ruolo di trasmissione in aria del covid-19, condotto a Venezia-Mestre e a Lecce dal Cnr, dalla Ca’ Foscari Venezia e dall’Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Puglia e della Basilicata, pubblicato sulla rivista scientifica Environment International, ha evidenziato un rischio maggiore di probabilità di trasmissione in aria del contagio in ambienti indoor di comunità scarsamente ventilati, «dove le goccioline respiratorie più piccole possono rimanere in sospensione per tempi più lunghi ed anche depositarsi sulle superfici», spiega Andrea Gambaro della Ca’ Foscari.

«È quindi auspicabile mitigare il rischio attraverso la ventilazione periodica degli ambienti, l’igenizzazione delle mani e delle superfici e l’uso delle mascherine». «Abbiamo già sottolineato più volte che le scuole sono gli unici ambienti a elevato e prolungato affollamento che, almeno nella maggior parte dei casi, sono privi di impianti di ventilazione», osserva Filippo Busato, presidente di Aicarr (associazione italiana condizionamento dell’aria, riscaldamento e refrigerazione). «L’apertura delle finestre, di cui sentiamo spesso parlare in relazione alla riduzione del rischio di diffusione del SarsCov2 nelle scuole, è una soluzione di emergenza che rischia di non essere in grado di garantire la salubrità e il comfort dell’ambiente, né tanto meno di coniugarli con l’efficienza energetica».

Gli impianti di ventilazione meccanica negli edifici scolastici, concorda il Consiglio nazionale degli ingegneri, sono imprescindibili, al pari della sicurezza antincendio o antisismica. Interventi che si sarebbero già dovuti affrontare «qualche mese fa, prima dell’arrivo dell’inverno», chiosa Busato. Perché «non è possibile realizzarli in poche settimane»: «servono investimenti, tempo e soprattutto una buona informazione al di là dell’emergenza sanitaria di questo periodo».

Lo sa bene la Germania che ha annunciato di voler investire 500 milioni di euro sull’adeguamento degli impianti e l’adozione di nuovi sistemi che contribuiscono a contrastare con forza il contagio da coronavirus. «Avevamo chiesto di provvedere a sistemi di areazione degni di questo nome, ma nessuna risposta», sottolinea Antonella Giannelli, il presidente dell’associazione nazionale presidi (Anp). «Quindi adesso bisogna fare i conti con la realtà. I locali vanno areati ed in Italia l’unico sistema per farlo è aprire le finestre».

Insomma, in classe con il cappotto. «Il Recovery Fund», prosegue, «essendo destinato ad interventi di tipo strutturale potrebbe essere usato in Italia per questo: l’areazione di 400mila aule. Nel frattempo è importante che il Cts definisca meglio in vista del freddo quali sono i parametri di riferimento per l’identificazione di tempi e modalità di aperture delle finestre nelle classi». Per i presidi andrebbe fatta nelle singole scuole una stima quantitativa che varia da aula ad aula per il ricambio dell’aria, attraverso la declinazione di parametri oggettivi. «Invece siamo alle libere interpretazioni», conclude Giannelli.

Dal ministero dell’istruzione finora solo un’apposita faq in cui, chiarendo le indicazioni del Cts riportate nel verbale del 12 agosto, evidenzia «la necessità di assicurare l’aerazione dei locali in cui si svolgono le lezioni, avendo cura di garantire periodici e frequenti ricambi d’aria». Eppure, sulla qualità dell’aria indoor delle aule scolastiche anche la Sima (Società italiana di medicina ambientale) «aveva proposto delle specifiche raccomandazioni condivise dalla cattedra Unesco per l’educazione alla salute e lo sviluppo sostenibile», ricorda il presidente Alessandro Miani. Installando, ad esempio, termostati che consentano di vigilare sulla temperatura e grado di umidità dell’aria indoor, o filtri certificati per la decontaminazione dell’aria, in grado di eliminare microrganismi e virus fino a 0.1 micron di diametro e già utilizzati in contesti sanitari.

E la questione è nota anche al ministero della Salute che sul proprio sito pubblica un documento pubblicato di un anno fa dal Gard (Global alliance for respiratory diseas) dove si evidenzia che le strutture scolastiche italiane rivelano «numerose criticità di qualità dell’aria indoor» e che mancano «una normativa organizzata e aggiornata volta a disciplinare i requisiti tecnici e funzionali degli ambienti scolastici» e «una chiara regolamentazione sull’attribuzione di compiti e responsabilità».

Covid, consulente psicologo a scuola

da ItaliaOggi

Emanuela Micucci

In arrivo 8 mila psicologi come consulenti nelle scuole italiane per fornire supporto a stupendi, docenti e genitori di fronte a traumi e disagi derivanti dall’emergenza Covid-19. Trova attuazione il Protocollo d’intesa tra il ministero dell’istruzione e il Consiglio nazionale degli psicologi. «Attività di sostegno psicologico nelle scuole», spiega la ministra Lucia Azzolina, «per far fronte a situazioni di insicurezza, stress, timore di contagio, difficoltà di concentrazione». In queste settimane sono state elaborate dal un gruppo di esperti nazionali di diverse società di psicologia e della scuola le linee di indirizzo nazionali per accompagnare, formare e informare gli psicologi a garanzia della qualità dei loro interventi nelle scuole. Mentre già la metà circa delle 8 mila istituzioni scolastiche hanno pubblicato i bandi per avere uno psicologo come consulente. L’obiettivo, infatti, è averne uno in ciascuna scuola entro il 2020.

Le risorse, pari a 40 euro l’ora, consentiranno 125 ore di consulenza psicologica a istituto, in media 18 ore al mese. Attivando sia interventi collettivi, sulla comunità scolastica, sia la possibilità di un ascolto individuale a studenti, docenti e alle famiglie. Implementando le loro risorse psicologiche, la capacità di resilienza. Spiega David Lazzari, presidente del Consiglio nazionale degli psicologi: «In questo periodo di emergenza è importante che la scuola funzioni come spazio di crescita psicologica e umana».

Il Covid ha rotto anche gli equilibri di molte donne tra chiusura delle scuole, lavoro da casa e aiuto a genitori anziani o soli. Ed il dato che più impatta sulla salute mentale dei bambini è proprio la salute mentale della mamma, spiega Lazzari: «Tra 4 e 12 anni fa aumentare di oltre una volta e mezzo la possibilità di avere un disagio mentale da adulto». Nasce da qui la proposta di inserire nella legge di Bilancio un voucher per le persone a basso reddito per accedere a una consulenza psicologica.

Scuola primaria, cambia la pagella: da quest’anno 4 livelli

da ItaliaOggi

Carlo Forte

Sulle pagelle degli alunni della scuola primaria non saranno più riportati i voti numerici ma 4 tipologie di giudizio. Che saranno espresse con le seguenti diciture: in via di prima acquisizione, base, intermedio e avanzato. Il ritorno ai giudizi è stato disposto con il decreto-legge 22/2020, che lo aveva previsto solo per la valutazione finale, e dal decreto-legge 104/2020, che ha esteso il ripristino anche alla valutazione periodica.

Ciò comporta che le pagelle, che gli addetti ai lavori chiamano schede di valutazione e certificazione delle competenze, dovranno essere compilate secondo le ultime disposizioni di legge già a partire dalla prossima sessione di valutazione. Che nella maggior parte dei casi è a fine gennaio, in occasione del termine del primo quadrimestre. Ma ci sono anche alcune scuole che suddividono l’anno in trimestri. Queste ultime, però, non faranno in tempo ad adottare i giudizi e dovranno procedere da 2° trimestre.

La legge prevede, infatti, che le disposizioni sui giudizi entreranno in vigore dopo l’emanazione di un’ordinanza ministeriale che recherà le disposizioni di attuazione. Il ministero ha già provveduto: la bozza è stata illustrata ai sindacati e il 25 novembre scorso è stata trasmessa al Consiglio superiore della pubblica istruzione per il prescritto parere. La legge prevede che il parere dovrebbe essere reso entro 20 giorni (si veda l’articolo 3, comma 5, del decreto legislativo 233/1999. Ma la necessità di andare incontro alle esigenze delle scuole, che hanno poco tempo per adeguarsi alle ultime disposizioni, ha indotto i consiglieri ad agire tempestivamente: le commissioni sono già al lavoro e a breve si riunirà anche la sessione plenaria per giungere al parere finale in tempi strettissimi.

L’ordinanza, infatti, reca anche delle linee-guida molto dettagliate che impongono adempimenti aggiuntivi ai docenti di scuola primaria. Adempimenti necessari perché la formulazione dei giudizi dovrà essere strettamente collegata ai livelli di performance degli alunni. E quindi sarà necessario rielaborare tutta la programmazione didattica per adeguarla ai livelli di apprendimento codificati nel provvedimento. Le linee guida allegate all’ordinanza, che ne costituiscono parte integrante, prevedono l’esplicitazione di 4 dimensioni da collegare ad ognuno dei 4 livelli di apprendimento.

La prima è il grado di autonomia dell’alunno nel mostrare la manifestazione di apprendimento descritto in uno specifico obiettivo. Autonomia intesa come grado di indipendenza dal docente nell’assunzione del comportamento conforme al raggiungimento delle mete previste dalla programmazione. La seconda è la situazione entro la quale l’alunno mostra di avere raggiunto l’obiettivo. Situazione che può essere nota all’allievo (un esempio esplicitato dal docente per svolgere uno o più esercizi simili) oppure non nota (una situazione nuova).

La terza dimensione è data dalle risorse utilizzate dall’alunno per portare a termine il compito. Risorse che potranno essere state fornite dal docente oppure individuate dall’alunno anche sulla base di esperienze precedenti. Infine, la quarta dimensione è la continuità nella manifestazione dell’apprendimento. Vi è continuità quando un apprendimento è messo in atto più volte o tutte le volte in cui è necessario oppure atteso. In alternativa, non vi è continuità quando l’apprendimento si manifesta solo sporadicamente o mai. Sulla base di questi riferimenti i docenti dovranno emettere i giudizi collegandoli ai livelli di performance esplicitati dagli alunni.

Gli allievi che presenteranno un livello di apprendimento insufficiente dovranno essere classificati «in via di prima acquisizione». L’esplicitazione analitica di tale livello, secondo il ministero, dovrà essere così definita: «l’alunno porta a termine compiti solo in situazioni note e unicamente con il supporto del docente e di risorse fornite appositamente». Gli alunni che faranno registrare un profitto sufficiente dovranno essere classificati sinteticamente con il giudizio: «base». Che dovrà essere collegato alla seguente descrizione: «L’alunno porta a termine compiti solo in situazioni note e utilizzando le risorse fornite dal docente, sia in modo autonomo ma discontinuo, sia in modo non autonomo, ma con continuità».

Gli alunni con un profitto superiore a sufficiente, ma non eccellente, saranno classificati con il giudizio: «intermedio» che farà riferimento all’ esplicitazione di questa tipologia di comportamento: «L’alunno porta a termine compiti in situazioni note in modo autonomo e continuo; risolve compiti in situazioni non note utilizzando le risorse fornite dal docente o reperite altrove, anche se in modo discontinuo e non del tutto autonomo».

Infine, gli alunni con un profitto eccellente, saranno classificati alla stregua di «avanzato». Giudizio che dovrà essere collegato a questa descrizione: « l’alunno porta a termine compiti in situazioni note e non note, mobilitando una varietà di risorse sia fornite dal docente sia reperite altrove, in modo autonomo e con continuità».