Ordinanza e Linee guida sui giudizi descrittivi nella Scuola primaria

Partecipano la Ministra Azzolina e la Vice Ministra Ascani

Martedì 15 dicembre, dalle ore 17.00 alle 19.00, saranno presentate, nel corso di un incontro online, l’Ordinanza e le Linee Guida per l’introduzione del giudizio descrittivo nella valutazione periodica e finale nella scuola primaria.

Introdurrà i lavori la Ministra dell’Istruzione, Lucia Azzolina. Seguiranno gli interventi della Vice Ministra all’Istruzione con la delega alla valutazione, Anna Ascani, del capo del Dipartimento per il Sistema educativo di istruzione e formazione, Max Bruschi, e della coordinatrice del gruppo di lavoro, Elisabetta Nigris. Saranno inoltre previsti ulteriori contributi di approfondimento a cura dei membri del gruppo di lavoro.

Sarà possibile assistere alla conferenza in diretta streaming sul canale YouTube del Ministero e porre dei quesiti nei commenti a cui verrà data risposta successivamente, mediante il sistema delle FAQ, sul sito del Ministero nella pagina dedicata alle novità sul giudizio nella primaria. 

Il nuovo impianto valutativo è stato individuato alla luce delle disposizioni previste dal Decreto Scuola – approvato nel giugno scorso – per superare il voto numerico e introdurre il giudizio descrittivo per ciascuna delle discipline previste dalle Indicazioni nazionali per il curricolo, Educazione civica compresa. Questo cambiamento ha l’obiettivo di rendere la valutazione sempre più trasparente e in linea con il percorso di apprendimento degli studenti.

Intesa MI-CEI su concorso per Insegnanti Religione Cattolica

La Ministra dell’Istruzione, Lucia Azzolina, e il Presidente della Conferenza Episcopale Italiana (CEI), S.Em. il Cardinale Gualtiero Bassetti, hanno sottoscritto, questo pomeriggio, l’Intesa sul concorso per l’assunzione degli insegnanti di Religione Cattolica, necessaria per poter procedere con il bando vero e proprio. La procedura concorsuale ha l’obiettivo di coprire i posti che saranno vacanti e disponibili nel prossimo triennio.

Il bando è previsto dalla legge 159 del 2019 e sarà emanato nelle prossime settimane.
Siglando l’Intesa, il Cardinale Bassetti ha ricordato che “il prossimo Concorso costituisce un passaggio importante non solo per la stabilizzazione professionale di tanti docenti, ma anche per la dignità dello stesso insegnamento, frequentato ancora oggi – a trentaquattro anni dall’avvio del nuovo sistema di scelta – da una larghissima maggioranza di studenti”. Il Cardinale ha poi rinnovato “la stima e la vicinanza dei Vescovi italiani agli insegnati di religione che, con passione e competenza, accompagnano il cammino di crescita delle ragazze e dei ragazzi di oggi”.

“Ringrazio la CEI per la collaborazione che ci ha consentito di arrivare a questa Intesa – ha commentato la Ministra dell’Istruzione, Lucia Azzolina – che va nella direzione di tutelare le aspirazioni degli insegnanti di religione cattolica che, anche in questo periodo così complesso, hanno lavorato alacremente, in sinergia e armonia con tutto il personale scolastico, per garantire l’effettività del diritto allo studio delle nostre studentesse e dei nostri studenti. Insegnanti che, facendo valere competenze e merito con il concorso, potranno entrare in ruolo e proseguire il loro percorso professionale con maggiore stabilità”.

Il concorso prevede una riserva di posti per i docenti in possesso del riconoscimento di idoneità rilasciato dall’ordinario diocesano, che abbiano svolto almeno tre anni di servizio, anche non consecutivi, nelle Istituzioni scolastiche del sistema nazionale di istruzione.

Il nuovo concorso si terrà a circa diciassette anni dalla prima, e finora unica, procedura concorsuale bandita nel febbraio 2004 in attuazione della legge 186/03, che istituiva i ruoli per l’insegnamento della religione cattolica.

Didattica digitale integrata: approvata l’ipotesi di accordo

Didattica digitale integrata: oltre il 92% dei
lavoratori della scuola approva l’ipotesi di accordo

È questo l’esito della diffusa consultazione effettuata dal nostro sindacato in tutte le scuole sull’accordo contrattuale che regolamenta l’attività didattica a distanza.

I lavoratori consultati hanno espresso con un’ampia maggioranza del 92,5% (4,5% gli astenuti e 3% i contrari) di condividerne i contenuti.
Hanno riconosciuto che il contratto siglato fornisce diffuse tutele e garanzie di diritti su tutta una serie di materie: orario di servizio, privacy, sicurezza, formazione, ecc.
Diversamente, queste stesse materie sarebbero state oggetto di intervento discrezionale e unilaterale da parte dell’Amministrazione. È quanto avvenuto nei mesi scorsi, quando le scuole precipitosamente, a causa dell’epidemia, hanno dovuto sostituire la didattica in presenza con quella a distanza.

Sulla base dell’esito della consultazione effettuata, il Comitato Direttivo nazionale della FLC CGIL ha confermato pieno mandato alla segreteria a firmare definitivamente l’ipotesi di CCNI sulla DDI.

A Scuola nell’era Covid: la sfida dell’inclusione

A Scuola nell’era Covid: la sfida dell’inclusione

SuperAbile INAIL del 14/12/2020

ROMA. Alunni con disabilità o bisogni speciali in classe o a casa? La sfida di una reale inclusione scolastica riemerge con forza con l’emergenza sanitaria legata al coronavirus, che obbliga il sistema scolastico a un continuo aggiustamento nel ripensare organizzazione e strumenti. Un tema fortemente sentito da famiglie e docenti, che da mesi è al centro di un acceso dibattito. Il Governo, attraverso i disposti di due decreti (Dpcm del 24 ottobree Dpcm 3 novembre 2020) ha portato la didattica a distanza per gli istituti superiori (estesa, nelle zone rosse, alla seconda e terza media) prima al 75% e poi al 100%, garantendo la presenza in classe agli studenti con disabilità, disturbi specifici dell’apprendimento e altri bisogni educativi speciali. Soluzione già individuata in estate dal Piano scuola e dal decreto del Miur del 7 agosto, frutto anche della consapevolezza della difficoltà di applicare la didattica a distanza in alcuni contesti.

Tra i primi a mettere in pratica  la misura indicata dal governo  il preside del Vomero, a Napoli,  che ha aperto la scuola solo per gli studenti con disabilità, insieme agli insegnanti di sostegno. Una situazione in cui si sono trovati altri alunni disabili: in aule deserte, con il docente di sostegno accanto ma i compagni a distanza. L’immagine ha fatto discutere e fatto riemergere la preoccupazione di un ritorno alle “scuole speciali” o “differenziali”, lasciando i genitori ad affrontare una scelta difficile: a distanza o in presenza?

Il ministero è intervenuto a chiarire con una circolare inviata ai dirigenti scolastici  l’applicazione del Dpcm, spiegando che  gli studenti con disabilità possono andare a scuola, ma è necessario un contesto di “effettiva inclusione”, ovvero insieme a un gruppo di compagni e ai docenti di sostegno e curricolare.

Una sfida impegnativa ma possibile come dimostra l’iniziativa del liceo artistico Rossi di Roma, che con la consulenza dell’Angsa Lazio ha costruito il progetto “Giardini d’arte”, in cui sono coinvolti gli studenti con disabilità, insieme ai ragazzi degli ultimi tre anni. Compito del gruppo sarà valorizzare alcuni spazi esterni, anche attraverso il recupero di opere d’arte che si trovano nella scuola. O, come è accaduto ina una scuola abruzzese, dove dopo alcuni giorni trascorsi in classe da sola con gli insegnanti, un’alunna con disabilità torna a scuola con un gruppo di compagni. Merito di una mamma che “non si accontenta” e di un dirigente che conosce le norme e sa applicarle. Le scuole, insomma, sono al lavoro per garantire la frequenza degli studenti in sicurezza.

Il ministero, dopo la circolare esplicativa, ora monitora la situazione e invita dirigenti, docenti e genitori a segnalare ogni criticità tramite l’help desk dedicato, in modo da intervenire.

Inizialmente si è anche discusso di una soluzione alternativa (trasformatasi anch’essa da subito in un tema molto caldo): la possibilità per l’insegnante di sostegno di recarsi a domicilio.

Ma quanti sono gli alunni disabili e i docenti di sostegno interessati? Secondo l’analisi del portale dedicato Tuttoscuola sono circa 111mila (su 3,7 milioni di studenti ) gli alunni con disabilità che stanno seguendo lezioni da casa (Campania e Lombardia, con oltre 50mila alunni con disabilità, raggiungono quasi la metà dei ragazzi in didattica a distanza. A distanza anche 68mila docenti di sostegno, quasi il 40% dei 172mila docenti di sostegno in servizio l’anno scorso nelle scuole statali.

Secondo il rapporto Istat sull’inclusione riferito all’anno scolastico 2019-2020 la didattica a distanza “riduce sensibilmente” l’inclusione degli alunni con disabilità. I dati dicono infatti che  il 23%  (circa 70 mila) non ha partecipato alla Dad tra aprile e giugno, percentuale che cresce al 29% nelle regioni del Mezzogiorno.

Scuola come fonte di sapere e non come luogo di ansia

Cuzzupi: Scuola come fonte di sapere e non come luogo di ansia!

Occorre approfittare di questo periodo per predisporre adeguati interventi atti a tutelare il diritto allo studio e al fine di consentire ai nostri giovani la libertà di  ritornare in classe e vivere appieno  la comunità educante con la spensieratezza dei loro anni e con la consapevolezza che lì è un luogo sicuro, dove s’impara, si socializza, si cresce e ci si forma per affrontare il futuro”.

La dichiarazione del Segretario Nazionale Ugl Scuola, Ornella Cuzzupi, se da un lato è un auspicio per il ritorno a una didattica in presenza per tutti già nei primi giorni del nuovo anno, dall’altro è una precisa denuncia dei guasti prodotti da una politica disorganizzata e poco attenta alla realtà dei fatti.

 “La nostra Organizzazione ha dal primo momento denunciato le carenze e i rischi che si correvano, arrivando al punto di raccomandare – come poi è avvenuto in gran del Paese e per le classi secondarie – la chiusura delle scuole a fine precauzionale. Su tale tema – continua il Segretario Nazionale – riteniamo del tutto condivisibili le affermazioni del Coordinatore del Comitato Tecnico Scientifico, Agostino Miozzo, quando dichiara che laddove dovesse verificarsi il non ritorno a scuola dei ragazzi dopo le festività  sarebbe un fallimento generalizzato della politica”.

Ma, come ha sempre fatto, la Responsabile Scuola dell’Unione Generale del Lavoro, ben delinea il perimetro della questione: “La sicurezza deve essere però garantita a tutti i protagonisti del mondo scolastico: alunni, docenti, Personale ATA. Questo è l’unico modo affinché l’istituzione sia vissuta nel modo giusto e non come luogo di ansia e di timore. Su questo tema occorre massima fermezza e decisione. Sarebbe una sciagura se il Ministero, come fatto sino ad oggi, continuasse a immaginare e descrivere ciò che non c’è o, peggio ancora, ad imporre scelte dettate da presupposti politici e non per il bene dell’istituzione. Su questo noi come Federazione Scuola e come UGL vigileremo pronti, come sempre, a denunciare e combattere le anomalie. La Scuola deve essere intesa come un’entità viva e come tale deve essere salvaguardata e garantita. Per noi questa è la regola!”.

Federazione Nazionale UGL Scuola       

Il Segretario Nazionale

Ornella Cuzzupi

Roma, 14/12/2020

Scuola, la pandemia accelera l’uso dei fondi Ue: speso il 90% delle risorse

da Il Sole 24 Ore

di Eugenio Bruno

Nel momento in cui l’Italia si candida a ricevere 196 miliardi dal Recovery Plan ogni buona notizia sulla gestione dei fondi europei è di per sé rilevante. Un esempio in tal senso arriva dal ministero dell’Istruzione e dal programma operativo nazionale (Pon) «Per la scuola»: su 2,73 miliardi di dote per il 2014-2020 ne risultano impegnati oltre 2,47. Decisivo, anche se fa male dirlo, si è rivelato il Covid-19. L’esigenza delle scuole e degli enti locali di avere risorse fresche da investire per la didattica a distanza prima e per il ritorno in classe poi hanno portato a un’accelerazione della spesa, con 556 milioni “sbloccati” da quando la pandemia globale ha colpito il nostro Paese. Numeri che soddisfano particolarmente la ministra Lucia Azzolina: «Le risorse europee rappresentano una grande opportunità per innovare e migliorare la scuola. Quest’anno – dice al Sole 24 Ore del Lunedì – abbiamo accelerato la spesa approvando ben 17mila progetti in pochi mesi per un totale di oltre 500 milioni investiti. Con le ulteriori risorse ancora disponibili lavoreremo implementando ulteriormente la formazione del personale amministrativo per supportarlo nel gestire sempre meglio la progettazione europea anche in vista del Recovery Fund».

Fondi impegnati al 90 per cento

I numeri del «Pon per la scuola», che in parte anticipiamo qui, saranno presentati stamattina nell’evento annuale “Le storie del Pon per la mia scuola”: l’evento sarà fruibile a partire dalle 11.30 sul canale Youtube del ministero dell’Istruzione e servirà a lanciare anche il portale www.ilponperlamiascuola.istruzione.it. Dei 2,73 miliardi totali a disposizione di viale Trastevere – di cui 1,87 miliardi provenienti dal Fondo sociale europeo (Fse), con cui rafforzare le competenze degli studenti e combattere la dispersione scolastica, e altri 860 milioni del Fondo europeo di sviluppo regionale (Fesr), destinati invece al miglioramento degli ambienti di apprendimento e all’edilizia scolastica – ne risultano al momento impegnati 2,43 (pari al 90,4%), ripartiti tra 64mila progetti. E anche per gli altri 260 milioni – da utilizzare entro il 2023 – c’è già un’idea di destinazione. Si punterà, oltre che sulla formazione del personale amministrativo citata dalla ministra, anche sul’aggiornamento al digitale di docenti e studenti.

L’accelerazione causata dal Covid

Per i fondi Ue destinati all’istruzione il coronavirus si è trasformato in un’opportunità. Per ammissione dello stesso ministero il Covid-19 ha portato a una «drastica accelerazione» della capacità di spesa. Tra marzo e giugno sono stati riprogrammati 730 milioni di spesa e al momento ne risultano impegnati 556, ripartiti tra 17mila progetti. La fetta più ampia è andata agli interventi leggeri di edilizia scolastica (adeguamento degli spazi e acquisto di arredi) con 330 milioni di euro. Lo stato di avanzamento dei progetti, che devono concludersi entro fine anno, è dell’80 per cento. Con alcune regioni più avanti (la Liguria o il Molise al 91%) e altre più indietro (la Sardegna al 51% e la Basilicata al 74). Nutriti anche gli investimenti per la digitalizzazione, con 147 milioni per la distribuzione di libri di testo e kit didattici. Oltre che per le smart class sia del primo che del secondo ciclo. In questo campo i fondi Pon sono andati a integrare gli stanziamenti straordinari (85 milioni a testa) del decreto Cura Italia e del Ristori-I, oltre alle risorse già previste del Piano nazionale scuola digitale, per l’acquisto di Pc e tablet da dare in comodato d’uso a studenti e docenti. Con circa 435mila dispositivi digitali già distribuiti e altri 200mila in arrivo a stretto giro.

Dal Recovery plan una dote da 20 miliardi per la scuola

da Il Sole 24 Ore

di Eu.B.

Covid o non Covid il rinnovamento dell’istruzione italiana, nei prossimi anni, passerà ancora di più dai fondi europei. Sia dalla programmazione ordinaria in via di definizione sia dal Recovery plan, che Palazzo Chigi ha messo a punto nei giorni scorsi e che – una volta sciolto il nodo sulla governance – potrebbe ottenere il via libera definitivo. Al suo interno, per il mondo della scuola, ci sarebbe – stando a una stima di viale Trastevere – una ventina di miliardi. Considerando almeno tre diversi filoni di finanziamento: istruzione, digitalizzazione della Pa, green.

Il primo filone, con annesse risorse, è il più facile da individuare. Delle 6 missioni principali in cui si articola la bozza del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) una è interamente dedicata al binomio “Istruzione e ricerca”. Dei 19,2 miliardi in ballo, alla scuola andrebbero solo i 10,1 della voce “Potenziamento della didattica e diritto allo studio” (e neanche tutti visto che alcune linee di intervento sono in condominio con il ministero dell’Università,ndr) mentre gli altri 9,1 sarebbero riservati al capitolo “Dalla ricerca all’impresa”. Peraltro, didattica e diritto allo studio significano un po’ di tutto. Recovery plan alla mano, i 10,1 miliardi citati servirebbero, per citarne alcuni, a contrastare la dispersione scolastica ancora alta, ad aumentare il numero di laureati troppo basso, a incrementare le borse di studio per alunni e studenti universitari, a moltiplicare gli alloggi dei fuori sede, a promuovere le discipline Stem tra i giovani, a migliorare le loro competenze digitali, a rilanciare gli Istituti tecnici superiori (Its) e le lauree professionalizzanti, a promuovere lo sviluppo professionale del personale docente e non docente, a potenziare la cablatura degli edifici scolastici.

Un elenco cospicuo (ed estremamente generico, ma questo è un altro discorso) che non esaurisce le azioni in materia di education. Altri interventi ed altri fondi si annidano, ad esempio, nel capitolo innovazione e digitalizzazione della Pa che rientra nella missione “Digitalizzazione, innovazione, competitività e cultura” e che, a sua volta, può contare su altri 10,1 miliardi. Di questi, non è ancora chiaro quanti toccheranno alla scuola, ma la bozza dice esplicitamente che sarà coinvolta nei suoi «programmi didattici, nelle competenze di docenti e studenti, nelle sue funzioni amministrative, nei suoi edifici». Se si cita la connettività degli uffici pubblici e il cloud nella Pa, è implicito che si stia parlando anche delle 40mila sedi scolastiche sparse lungo la penisola.

Sempre a proposito di edifici va tenuto presente anche un terzo canale di finanziamento. Ancora più ampio. Stiamo parlando dell’area “Efficienza energetica e riqualificazione degli edifici” che da sola cuba 40,1 miliardi (sui 74,3 totali della missione “Rivoluzione verde e transizione ecologica”). Una parte dei quali, ancora tutta da individuare, servirà – stando alla bozza del Pnrr – per «il risanamento strutturale degli edifici scolastici e la realizzazione di nuove scuole mediante la sostituzione edilizia». In che misura e con che tempi non è ancora dato saperlo.

A settembre caccia a 94mila prof 56% delle cattedre vuote al Nord

da Il Sole 24 Ore

di Claudio Tucci

Mentre gli occhi e le orecchie della politica si affannano sulla ripresa delle lezioni il 7 gennaio, con il rientro in presenza al 75% nelle superiori, c’è uno scoglio all’orizzonte che riguarda l’avvio del prossimo anno, il primo, si spera, post emergenza Covid-19. Parliamo delle cattedre stabili vuote che, dopo i numeri sui pensionamenti 2021 (si veda il Sole 24 Ore di venerdì), supereranno quota 90mila, 93.926 per la precisione, pari al 12,2% dell’attuale organico di diritto dei docenti (770.763 posti, tra comuni e sostegno).

Solo in Lombardia, a esempio, il prossimo 1° settembre, serviranno 20.783 insegnanti, il 22,13% delle quasi 94mila cattedre libere. Nelle sei principali regioni del Nord (oltre alla Lombardia, Veneto, Piemonte, Liguria, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna) mancheranno all’appello quasi 54mila professori, il 56% del totale dei posti disponibili.

I numeri sono frutto di una elaborazione della Cisl Scuola, sommando i 66.334 posti rimasti vacanti lo scorso settembre (quando furono autorizzate circa 85mila assunzioni a tempo indeterminato, ma se ne fecero solo poco più di 19mila) ai 27.592 insegnanti che hanno fatto domanda di pensionamento, per un totale, appunto di quasi 94mila posti liberi. Si tratta di cattedre in organico di diritto su cui è possibile effettuare assunzioni stabili (e trasferimenti, che debbono però rispettare il vincolo dei 5 anni di permanenza nella sede di titolarità).

Ormai si conosce anche l’identikit di questi “vuoti”: cattedre di matematica, in genere di materie tecnico-scientifiche, ma anche di italiano e inglese. Discorso a parte il sostegno, dove si sono raggiunte quote di scopertura tra l’80 e il 90% di posti, che spessissimo vengono assegnati a docenti non specializzati.

La fotografia di queste 94mila cattedre stabili vuote è un primo indizio sull’entità dei posti da coprire a settembre 2021. I numeri finali (e quelli relativi alle supplenze da nominare) li scopriremo più avanti, considerato che sulle cattedre pesa il numero di studenti (in contrazione) e l’eventuale persistenza o meno delle misure di distanziamento, oltre alla sorte che subirà l’organico aggiuntivo Covid-19 (sul sostegno, poi, in pista c’è il nuovo Tfa che farà specializzare nei prossimi mesi circa 20mila prof).

La ministra dell’Istruzione, Lucia Azzolina, è consapevole dell’urgenza, tanto è vero che in primavera era pronta a far partire i concorsi per assumere 78mila docenti, rimasti nel freezer per due anni. Poi il veto di alcune forze politiche e del sindacato ha fatto slittare l’avvio delle selezioni in autunno. Dopo, c’è stata la seconda ondata Covid. Il risultato è stato questo: per le norme anti-contagio in atto la selezione ordinaria (da 46mila cattedre) non è ancora partita, mentre quella straordinaria (da 32mila) si è fermata al 74% dei candidati attesi. Ma mentre quest’ultima, una volta ripresa, ha buone chances di finire visto che mancano da esaminare 17mila candidati suddivisi in sei giornate, e si compone solo di una prova scritta, l’altra – che prevede un test preselettivo, uno scritto e un orale – e a cui si sono segnati 430mila candidati – quasi certamente non ci riuscirà.

Anche la maggioranza ha acceso un faro: «Dobbiamo iniziare a ragionare su settembre 2021 – ha detto l’ex sottosegretario, Gabriele Toccafondi (Iv) -. Sediamoci intorno a un tavolo: non possiamo permetterci un ennesimo avvio delle lezioni nel caos».

Scuola e trasporti, ingressi su due turni e negozi aperti alle 10

da Il Sole 24 Ore

di Eugenio Bruno

Il 7 gennaio si avvicina. Ma se il “fine” della riapertura delle scuole è chiaro (riportare in presenza il 75% degli alunni delle superiori) lo stesso non può dirsi per il “mezzo”. In seno ai tavoli provinciali previsti dal Dpcm del 3 dicembre e istituiti dai prefetti per trovare la soluzione più adatta a conciliare orari scolastici e trasporto locale stanno emergendo le soluzioni più disparate. Mentre dai due ministeri coinvolti arrivano i primi suggerimenti. Dopo l’Istruzione, che ha considerato «flessibile» quel 75% di alunni, tocca alle Infrastrutture.

Un documento che il ministero guidato da Paola De Micheli ha inviato ai prefetti auspica che gli uffici scolastici portino quanto prima ai tavoli il monitoraggio sulle scelte di trasporto dei loro studenti e individua due soluzioni principali per aumentare le corse ed evitare gli assembramenti di settembre/ottobre: spostare alcuni mezzi oggi impiegati su tratte a bassa domanda; noleggiare autobus privati con conducente. Circoscrivendo subito dopo questa seconda ipotesi, per la tipologia delle vetture coinvolte, alle tratte suburbane o extraurbane. Dopodichè il documento del Mit passa a indicare altre possibili soluzioni. Si parte dalle scuole che dovrebbero scaglionare gli ingressi e le uscite su due turni mattutini e pomeridiani intervallati da almeno 90 minuti – ad esempio 8/9.30 e 13.30/15, ma è una soluzione che i presidi hanno già definito di difficile attuazione. Si passa allora a ipotizzare uno scaglionamento di un’ora tra una lezione universitaria e l’altra, considerando che piano piano anche gli atenei torneranno alle lezioni in presenza (ma è uno scenario che si riproporrà soprattutto a febbraio e marzo quando inizieranno i corsi del secondo semestre). E si arriva alla fine a immaginare di coinvolgere, nella riorganizzazione delle corse di metro e bus, gran parte dei cittadini. Sia suggerendo di incentivare al massimo lo smart working pubblico e privato. Sia – ed è una novità – ipotizzando di avviare l’attività di negozi e imprese delle aree metropolitane a partire dalle 10. Mentre nei piccoli centri non ce ne sarebbe bisogno.

Al netto delle proposte ministeriali, come detto, i tavoli territoriali sono già al lavoro. Con una situazione a macchia di leopardo sia tra una regione e l’altra (si va dall’Emilia Romagna che è già molto avanti alla Calabria dove la regione ha chiesto 7 giorni solo per presentare il suo documento), sia all’interno della stessa area (in Toscana ad esempio c’è confusione sul coordinamento tra amministrazione regionale e prefetti). Con alcune proposte concrete già sul tappeto. A Monza/Brianza è in arrivo una App per tracciare gli spostamenti sui mezzi pubblici. A Bologna hanno già quantificato in 60 i mezzi aggiuntivi che servono. A Ravenna si suggerisce di riportare in classe solo il 50% degli alunni. E siamo ancora all’inizio.

Iscrizioni online, entro il 29 dicembre le scuole possono aggiornare i loro moduli

da Il Sole 24 Ore

di Laura Virli

Il Miur ha pubblicato la nota 3179 contenente le indicazioni utili alle segreterie per avviare le procedure relative alle iscrizioni on line per anno scolastico 2021/2022, che partiranno il prossimo 4 gennaio per terminare il 25 gennaio 2020.
Quest’anno una novità, l’applicazione web di “iscrizioni on line” è stata rivisitata per migliorare e rendere ancora più agevole la fase di compilazione della domanda da parte delle famiglie. Inoltre, dal 31 maggio al 30 giugno 2021 le famiglie potranno indicare, in una specifica sezione del portale, l’attività alternativa alla religione cattolica tra quelle che la scuola avrà provveduto ad inserire.
Ma vediamo nel dettaglio i compiti delle segreterie scolastiche.

La personalizzazione del modello di iscrizione
Sul portale Sidi sono disponibili due link, il primo permetterà alle segreterie, durante il periodo delle iscrizioni, di inserire le domande per conto delle famiglie che non hanno la possibilità di utilizzare il sistema on line; l’altro serve a personalizzare il modello per l’iscrizione on line. Ci sarà tempo fino al 29 dicembre 2020 per la personalizzazione e pubblicazione del modello. Dopo tale data non saranno consentiti ulteriori interventi. Scaduti i termini, nel caso in cui la scuola non pubblicherà il modello, il sistema procederà in automatico alla pubblicazione del modello di base.

In ogni caso, le scuole avranno la possibilità di effettuare un test sul modello personalizzato, simulando l’iscrizione on line, così da valutarne l’idoneità e la completezza. Per effettuare il test la scuola deve prima validare e pubblicare il modello. Qualora la scuola dovesse rilevare delle criticità, può eseguire l’annullamento della pubblicazione, modificare il modello e procedere ad una nuova pubblicazione.

Le scuole paritarie
Per le paritarie, l’utilizzo della procedura on line è a discrezione della stessa scuola. Per queste scuole non è, però, prevista la pubblicazione del modulo di base. Quindi, per aderire al sistema, devono necessariamente personalizzare, validare e pubblicare il proprio modello di iscrizione per renderlo disponibile alle famiglie.

Informazioni aggiuntive
In fase di personalizzazione è bene ricordare che, qualora si intenda richiedere informazioni aggiuntive alle famiglie, queste non possono essere indicate come obbligatorie; inoltre, dovranno essere informazioni pertinenti, indispensabili e non eccedenti rispetto allo specifico obiettivo, finalizzato all’accoglimento delle domande di iscrizione e all’eventuale attribuzione di precedenze o punteggi, definiti attraverso determinati criteri di precedenza, deliberati dal consiglio d’istituto. Tali criteri, oltre che indicati nella domanda, saranno visualizzati anche nella pagina iniziale di “Scuola in chiaro”.

Indicazione del tempo scuola e degli indirizzi di studio
Il modello di iscrizione per la scuola primaria e la scuola secondaria di primo grado riporta tutte le possibili articolazioni dell’orario settimanale che ogni famiglia può scegliere. Nella fase di personalizzazione le scuole indicheranno, attraverso una nota da inserire accanto a ciascun tempo scuola, quale orario non attiveranno nell’anno scolastico 2020/2021.

Per le scuole secondarie di secondo grado vengono indicati gli indirizzi di studio con gli eventuali percorsi di ampliamento formativo per i licei, con i settori per gli istituti tecnici e l’offerta formativa sussidiaria per i professionali.

Luci e ombre per la didattica a distanza: 1 su 3 fa lezione in pigiama

da Il Sole 24 Ore

di Redazione Scuola

La didattica a distanza da oltre un mese è tornata protagonista delle giornate degli studenti, specialmente dei più grandi. Uno strumento, partito quasi come un esperimento a fine febbraio, che ha salvato la scuola italiana da una chiusura prolungata durante la prima fase della pandemia, seppur tra tanti problemi. Che comunque all’inizio del secondo lockdown degli istituti, nella maggior parte dei casi, sembrano essere stati risolti. Non per tutti, però, è così: nonostante, infatti, sia passato quasi un anno dalla prima ‘connessione’, per qualcuno ancora oggi la Dad continua a presentare aspetti da migliorare. Il portale Skuola.net lo ha scoperto attraverso la voce di 3mila alunni delle scuole superiori, raccolta dopo le prime settimane dalle nuove chiusure generali.

Uno su 3 resta in pigiama
Racconti che hanno contribuito a disegnare un quadro con molte luci e diverse ombre. Un chiaroscuro che porta la metà degli intervistati a giudicare la Dad “male se non malissimo”, a cui fa da contraltare una metà di fortunati per cui invece le cose vanno “bene se non benissimo”. La scuola a distanza non è ancora vista alla pari delle lezioni in aula, tanto è vero che quasi 1 su 3 ammette tranquillamente di seguire rimanendo comodamente in pigiama. A loro si aggiunge un 57% che non arriva a questi estremi ma si veste comunque “da casa” (con tuta o abiti comodi). Solo 1 su 10 dice che si prepara, più o meno, come se dovesse uscire. Il fatto di non essere controllati “a vista” dai professori, però, invoglia parecchi studenti anche a usare la tecnologia a modo loro: più di 6 su 10 confessano che, almeno una volta, hanno risposto presente all’appello del docente ma poi hanno spento microfono e telecamera per fare i propri comodi. Per quasi 1 su 10, tra l’altro, questa è un’usanza frequente. Forse perché sanno di poterla fare sempre franca, dato che praticamente nessuno ha avuto conseguenze disciplinari. Anzi, quando è successo, in oltre 8 casi su 10 il docente di turno non si è proprio accorto di nulla.

La dote informatica
Altro tema controverso sin dall’inizio è stato quello della dotazione tecnologica: disponibilità di dispositivi personali per svolgere la Dad da un lato, quantità e qualità della connessione per il collegamento dall’altra. Qui i due aspetti, nel tempo, hanno avuto un destino differente. Attualmente, infatti, circa 9 ragazzi su 10 hanno un computer o un tablet personale (il 10% lo deve dividere con gli altri componenti della famiglia, appena il 3% non ne ha neanche uno in casa). Lo stesso non si può dire per la connessione: ancora oggi, meno di 4 su 10 dicono di avere un collegamento veloce, stabile e senza limiti di traffico. Il 30% ha una connessione lenta, il 17% ha i giga limitati, il 12% ha problemi su entrambi i fronti.
Il passaggio brusco dalle attività in presenza a quella ‘da remoto’, a scuola come al lavoro, ha spesso mostrato anche le difficoltà delle famiglie nell’organizzare gli spazi di casa in modo da permettere a tutti di avere una postazione adeguata. Ma, per fortuna, questo aspetto ora non preoccupa più: il 68% dei ragazzi segue le lezioni in una stanza separata dal resto della casa (cameretta o studio) e un altro 18% ha uno spazio tutto suo seppur in un ambiente comune (soggiorno, cucina); solamente poco più di 1 su 10 deve adattarsi giorno per giorno.
Entrando nel vivo delle modalità con cui le scuole si sono organizzate per garantire la continuità didattica, un altro dei miglioramenti più evidenti riguarda le piattaforme utilizzate. Ormai più di 9 studenti su 10 hanno si collegano a piattaforme evolute che consentono di seguire videolezioni in diretta. Inoltre, gli insegnanti sembrano aver scelto una linea d’azione comune: l’87% degli alunni delle superiori, infatti, dice che ora deve accedere al massimo a due piattaforme differenti per seguire tutte le lezioni; quasi sempre le più diffuse e conosciute.

Troppo tempo davanti allo schermo
Da rivedere, invece, l’eccessiva dose di tecnologia somministrata agli studenti che la didattica a distanza ha portato con sé. Oltre 2 ragazzi su 3 dicono di essere davanti allo schermo di un computer (per motivi didattici) ben oltre l’orario di scuola: il 51% stima questo tempo tra le 6 e le 10 ore, per il 17% l’esposizione dura quasi tutta la giornata. E nonostante le scuole possano aprire aule e laboratori per attività pratiche e laboratori o per accogliere gli studenti disabili, stando a quanto dicono i ragazzi, ciò è avvenuto solo in 3 casi su 10. dato che si dimezza se si isolano gli istituti che hanno allestito attività in presenza per i disabili.

Riapertura scuole il 7 gennaio a rischio? Aumento contagi con le feste di Natale e possibile terza ondata

da OrizzonteScuola

Di Ilenia Culurgioni

Rientro a scuola il 7 gennaio per il 75% degli studenti delle superiori. Questo è per lo meno quanto previsto dal Dpcm del 3 dicembre. La situazione epidemiologica preoccupa però in vista delle prossime festività natalizie, che potrebbero essere occasione di assembramento.

La scuola va difesa, rappresenta sia il presente che il futuro. Serve responsabilità, Natale non deve diventare una seconda estate, la scuola lo potrebbe pagare a gennaio. Ancora paghiamo gli effetti di comportamenti non corretti nei mesi estivi”, così la ministra dell’Istruzione, Lucia Azzolina, all’Agorà digitale del Movimento Cinque Stelle organizzata dagli attivisti dei pentastellati in Puglia.

Qualche dubbio, sotto forma di avvertimento, è arrivato dalla ministra anche nei giorni scorsi: “Come sapete, il nostro obiettivo è quello di far tornare a scuola in presenza, subito dopo le feste, anche le studentesse e gli studenti delle scuole secondarie di secondo grado. Questo però dipende da noi“, scrive Azzolina. Per questo gli italiani “sono chiamati a fare dei sacrifici“, non solo “per evitare un nuovo lockdown, ma anche per tornare al più presto a scuola“.

Misure più restrittive?

Si può ragionare su alcune deroghe per piccoli comuni, anche sotto i cinquemila abitanti, ma devono rimanere piccole eccezioni alla linea del rigore e della fermezza che deve essere centrale“: dal M5S si ribadisce la linea del rigore. I 5 Stelle esprimono poi soddisfazione per la posizione assunta nelle ultime ore dal Partito democratico che ha chiesto una stretta ulteriore.

“Alla luce di un sicuro aumento del rischio di assembramenti dovuto al periodo delle festività e alle raccomandazioni alla prudenza e responsabilità del Cts, occorre valutare l’adozione di nuove misure che garantiscano il contenimento dei contagi”: è quanto emerso nel corso di una riunione dei ministri Pd con i capigruppo di Camera e Senato, il segretario Zingaretti e vicesegretario Orlando.

Una riunione tra i capidelegazione della maggioranza, il Cts e la ministra dell’Interno Luciana Lamorgese è in programma domani. L’incontro ha l’obiettivo di fare il punto sulla situazione attuale e capire se ci sono preoccupazioni particolari connesse al rischio di assembramenti in vista dei prossimi giorni.

“Rischio aumento contagi con feste di Natale”

Della preoccupazione non ne fa mistero Massimo Galli, primario di infettivologia all’Ospedale Sacco di Milano. “Il periodo delle feste – avverte l’infettivologo – vedrà anche un calo dell’esecuzione dei tamponi e i dati, dunque, saranno imperfetti. I segnali potrebbero arrivare attorno al 7 gennaio, quando dovremo riprendere alcune attività, a partire dalle scuole in presenza“. Il rischio che questa ipotesi possa concretizzarsi, secondo Galli, esiste davvero.

La certezza di una ripartenza il 7 gennaio inizia a farsi forse più fragile, visto che si dovrebbe rientrare a ridosso delle festività, proprio quando potrebbe arrivare la terza ondata.

Il commissario straordinario, Domenico Arcuri, ha però ribadito che le scuole riapriranno tutte il 7 gennaio, in presenza, con l’eccezione delle superiori che avranno il 25% delle lezioni a distanza.

Azzolina: “Natale non diventi una seconda estate, la scuola rischia di pagare prezzo altissimo”

da OrizzonteScuola

Di Andrea Carlino

La ministra dell’Istruzione, Lucia Azzolina, interviene all’Agorà digitale del Movimento Cinque Stelle organizzata dagli attivisti dei pentastellati in Puglia.

“La scuola va difesa, rappresenta sia il presente che il futuro. Serve responsabilità, Natale non deve diventare una seconda estate, la scuola lo potrebbe pagare a gennaio. Ancora paghiamo gli effetti di comportamenti non corretti nei mesi estivi”.

E ancora: “Sui banchi a rotelle si è fatta ilarità eccessiva, abbiamo messo tanti soldi, investimenti che valgono per oggi e per domani. Abbiamo istituito gli assistenti tecnici nel primo ciclo, una proposta del M5S, che è diventata realtà”.

Poi: “Stiamo già pensando alla scuola di domani e dal 18 dicembre inizieremo a pensare alla nuova didattica del XXI secolo con convegni dedicati. Ce ne sarà uno al mese circa, per preparare la scuola alle nuove sfide”.

Covid, parte la petizione per non tornare in classe il 7 gennaio: senza vaccino terza ondata dietro l’angolo

da La Tecnica della Scuola

Il Covid ancora non è vinto: i nuovi contagi in calo non bastano per abbassare la guardia. Ne è convinto il sindacato Unsic, che ha lanciato una petizione affinché si prolunghi la didattica a distanza nelle scuole superiori per qualche altra settimana: in questo modo, sostiene l’organizzazione sindacale, si favorirebbe in modo graduale “il rientro in presenza in condizioni migliori, con un miglioramento delle cure per il Covid ed un numero sempre maggiore di persone vaccinate”.

Secondo il sindacato, con oltre tremila uffici in tutta Italia tra Caf, Patronati e Caa, con la riapertura delle scuole in presenza dal 7 gennaio si rischierebbe di alimentare una terza ondata che sarebbe peggiore delle altre, principalmente per la concomitanza con le influenze stagionali e per lo stress delle strutture e del personale sanitario.

L’Unsic ha anche redatto un dossier, con le fonti sull’incidenza dell’universo scolastico nel numero dei contagi, in particolare a causa dei trasporti e degli assembramenti studenteschi davanti agli edifici scolastici.

Il Covid è ansiogeno

“Riteniamo che la scuola in presenza dovrebbe rappresentare l’ordinarietà, ma quella del periodo pandemico è ansiogena e discontinua: occorre avere piena consapevolezza che purtroppo stiamo vivendo un periodo straordinario e un dramma epocale con oltre 60mila vittime”, hanno detto i responsabili dell’Ufficio comunicazione e del Centro studi dell’Unsic che hanno collaborato alla stesura del dossier.

Aspettiamo fino a che non avremo i vaccini

“Se la didattica a distanza sta salvando vite, soprattutto dei nostri anziani, occorre continuare ad adottarla alle superiori almeno finché non avremo le cure monoclonali e i vaccini per buona parte della popolazione. È una sfida e una responsabilità che – concludono dall’Unsic – il governo deve assumersi pienamente per il bene di tutti, mettendo da parte protagonismi o tentazioni ideologiche e demagogiche”.

Galli: la terza ondata coinciderà col rientro a scuola

da La Tecnica della Scuola

“Avremo contezza dei casi di contagio avvenuti a Natale proprio attorno al 7 gennaio, quando riapriranno le scuole”: lo sostiene il professor Massimo Galli, primario infettivologo dell’ospedale Sacco di Milano e docente all’università Statale.

E poi spiega, nel corso di una intervista al Messaggero, la logica seguita per imporre i divieti relativi al 25 e 26 dicembre e per il primo gennaio: “Limitare gli spostamenti, anche da comune a comune, serve a diminuire gli incontri tra le persone e, dunque, la circolazione del virus. Arriviamo a queste feste  di Natale in una condizione epidemiologica molto differente da quella che precedette le vacanze estive. Oggi siamo ancora a 18mila casi giornalieri, sono moltissimi: una base per la terza ondata molto elevata”.

“Alcuni miei colleghi dicono che la terza ondata è inevitabile. Ma anche se la chiamiamo prolungamento della seconda, poco cambia. Però è evidente che nel momento in cui gli spostamenti accentuassero i rischi che stiamo correndo, sarebbe una certezza vedere ricrescere in modo marcato i contagi.”

Pere Galli dunque l’obiettivo delle limitazioni durante le feste è semplice: “ridurre il numero delle persone che si muovono. Più apertura dai, più rischio aggiungi. Io spero che i cittadini usino il buon senso”.

E conclude: “Il periodo delle feste vedrà anche un calo dell’esecuzione dei tamponi molecolari. I dati per un po’ saranno imperfetti. I segnali potrebbero arrivare attorno al 7 gennaio, quando dovremo riprendere alcune attività, a partire dalle scuole in presenza. Questa è una ipotesi che purtroppo ha delle possibilità concrete di realizzarsi”.