D.A. Rocca e P. Marraffa, Verso la Society 5.0

Dora Anna Rocca e Paolo Marraffa, Verso la Society 5.0

Un libro che parla del nostro presente e soprattutto delle prospettive future

Dalla società venatoria o 1.0 si è passati alla agricola o 2.0 e da questa alla industriale o 3.0 che ha dovuto poi fare i conti con la 4.0 o società dell’informazione ma gli autori di Verso la Society 5.0 Dora Anna Rocca e Paolo Marraffa (Gennaio del 2021, Delfino Editoriale) vanno oltre illustrando, la Society 5.0 e le difficoltà e le reticenze esistenti nel realizzarla. Gli autori rispettivamente docente di Scienze al liceo scientifico G. Galilei di Lamezia Terme, oltre che saggista e giornalista la Rocca ed esperto in sostenibilità ambientale e laureato in marketing e comunicazione ala Lumsa di Roma il Marraffa, prendono in esame le varie problematiche del nostro tempo, dalla sostenibilità considerata nei suoi vari ambiti: ambientale, economica sociale alle difficoltà nel conseguire i 17 goals dell’Agenda 2030 dell’Onu, specie in epoca di pandemia, alle attuali reticenze nei confronti del 5G nelle telecomunicazioni e non solo. La trasformazione della società e il miglioramento del benessere sociale ed economico hanno portato ad uno sfruttamento eccessivo dell’ambiente, causando non solo un depauperamento delle sue risorse ma anche un inquinamento ambientale senza precedenti che rischia di compromettere irrimediabilmente la qualità della vita delle generazioni future. Parlare di Society 4 e ancora meglio di Society 5.0, aiuterà a comprendere meglio le sfide del futuro. I recenti accadimenti legati alla pandemia da Covid 19 hanno esasperato le problematiche già esistenti evidenziando tutte le lacune di una società che deve correre ai rimedi cercando disalvaguardare l’ambiente dal degrado e non perdendo di vista i tanti sforzi finora fatti in riferimento al conseguimento dei 17 obiettivi dell’Agenda 2030 dell’Onu. Scrivono gli autori: “Dalle problematiche del nostro tempo, con un particolare sguardo alla sostenibilità industriale sociale ed ambientale, alle battaglie di Greta Thumberg per il cambiamento climatico, agli oceani di plastica, all’inserimento dell’educazione civica nelle scuole, all’esigenza di una economia circolare. Dai timori legati all’inserimento del 5G nelle telecomunicazioni alle speranze di coloro che spingono per un suo utilizzo auspicando in un cambiamento epocale, niente è stato tralasciato in questo volume che vuol essere un riferimento per tecnici ed appassionati di settore, studenti universitari che si trovano ad affrontare problematiche scientifiche e socio economiche di grande attualità in un’epoca di grandi trasformazioni, studenti di scuola secondaria superiore dell’ultimo anno di corso”. A collaborare alla stesura di questo interessante e attuale volume edito da Editoriale Delfino a Gennaio 2021 i docenti: Agime Gerbeti di sostenibilità ambientale alla Lumsa di Roma, Michela Mayer responsabile per l’Educazione ambientale e alla sostenibilità alla IASS – ItalianAssociation for Sustainability Science e associato di ricerca all’Istituto per le Ricerche e le Politiche Sociali del CNR, Giovanni Tridente docente di Giornalismo d’opinione presso la Facoltà di Comunicazione Istituzionale della Pontificia Università della Santa Croce. L’auspicio è come scrive la docente Gerbetinella prefazione è che il libro sia acquistato, letto e sofferto dal lettore. Un libro dunque che collega l’informazione e la conoscenza con uno stile divulgativo e che merita di essere letto.

Stipendio, altro che aumenti a tre cifre: dalla legge di bilancio solo 83 euro lordi al mese

da OrizzonteScuola

Di Fabrizio De Angelis

La legge di bilancio è stata definitivamente approvata e già pubblicata in Gazzetta Ufficiale. Ma le risorse sono insufficienti, specie per il rinnovo contrattuale dei lavoratori della scuola, che non avranno aumenti di stipendio adeguati. Nonostante il taglio del cuneo fiscale che andrà a sommarsi al piccolo aumento.

Per i rinnovi contrattuali che riguardano il triennio 2019-2021 dei settori della pubblica amministrazione sono stanziati 400 mln di euro che si aggiungono ai 3.335 mln già disposti con le leggi di bilancio del 2019 e 2020 per un totale complessivo di 3.775 mln di euro.

Tali cifre per rinnovare i contratti pubblici, però, a detta dei sindacati, sono insoddisfacenti.

Come spiega la Flc Cgil, infatti, le risorse stanziate sono comprensive oltre che dell’indennità di vacanza contrattuale erogata ai lavoratori pubblici che verrà riassorbita al momento dei rinnovi contrattuali, anche delle risorse necessarie a confermare l’elemento perequativo introdotto in occasione dei rinnovi contrattuali relativi al triennio 2016-2018, e delle risorse destinate ai trattamenti economici accessori del personale delle Forze di polizia, delle Forze armate e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco.

Pertanto, partiamo col dire che le risorse effettivamente disponibili per i rinnovi contrattuali del pubblico impiego ammontano a poco più di 3,2 mld.

Gli aumenti per la scuola

Per quanto riguarda il comparto scuola, in questo caso la cifra messa a disposizione per il rinnovo contrattuale comporta un aumento degli stipendi in percentuale di circa il 3,5%, ovvero di 83 euro medi mensili lordi (ancora meno considerando l’IVC già in godimento che verrebbe riassorbita).

Bisogna certamente considerare che alla fine molti insegnanti porterebbero a casa in più altri 100 euro (ma solo fino a 28mila euro di redditi) derivanti dal taglio all’Irpef che viene rifinanziato dalla stessa legge di bilancio.

A proposito di taglio del cuneo fiscale: in corso di approvazione della manovra si era verificato un errore sulla cifra destinata alla stabilizzazione di 100 euro il taglio del cuneo: le risorse che la legge di bilancio indirizzava all’aumento erano la metà di quelle necessarie. Per fortuna, con un decreto legge approvato in Consiglio dei ministri, il Governo ha corretto, nella serata di mercoledì 30 dicembre.

L’ultimo rapporto Ocse – Education at a glance 2020 fotografa, ancora una volta, come gli stipendi dei docenti italiani continuano a rimanere di molto inferiori tanto alla media stipendiale dei docenti dei paesi dell’Unione europea che dei docenti dei paesi OCSE (ricordiamo che l’OCSE è un’organizzazione che raccoglie 37 paesi in tutto il mondo).

A proposito di stipendi, il premier Conte, nel corso della conferenza stampa di fine anno ha detto: Per gli insegnanti gli stipendi non sono elevati, dovremo fare  qualcosa di più”, partendo da un’ammissione: “Il mio stipendio da professore universitario era molto più modesto rispetto ad altri Paesi”.


Riapertura scuole, Giannelli (ANP): “Gli studenti che torneranno a casa alle 18, quando faranno i compiti?”

da OrizzonteScuola

Di Fabrizio De Angelis

Il presidente dell’associazione nazionale presidi, Antonello Giannelli, pone molte perplessità in merito al ritorno a scuola del 7 gennaio.

E’ una situazione a macchia di leopardo. Ci sono province dove gli accordi sono stati fatti ascoltando anche la scuola, e i piani dei prefetti funzionano. Altre come Roma dove non si è ascoltata la scuola. Ma mi faccia premettere che in linea di principio è stata una buona idea quella di non fare una misura nazionale come in passato valida per tutte le realtà, ma di decidere provincia per provincia come procedere”.

Si tratta di uno dei temi centrali affrontati da Giannelli nella sua intervista rilasciata al Corriere della Sera.

Il presidente Anp parla molto anche e soprattutto delle difficoltà degli studenti: “Mi chiedo perché si fanno pagare soltanto alla scuola la rigidità e i ritardi nell’adeguamento del sistema dei trasporti. Si sarebbe potuto scaglionare l’orario di inizio delle altre attività lavorative”.

Infatti, spiega Giannelli, “la metà degli studenti italiani delle scuole superiori frequenta un istituto tecnico o un professionale, sono almeno 6 ore al giorno. L’organizzazione della loro vita sarà sconvolta. Dalle 10 alle 16, mettiamo mezz’ora per mangiare un panino. Escono alle 16.30, prendono un bus o un treno, arrivano a casa affamati alle sei di sera. A che ora faranno i compiti? Alle 21….

Per questo motivo, “la didattica dovrà tenere conto di questo cambio di orario. Compiti, direi che ce ne potranno essere pochi. Magari se si fosse rimasti su un doppio turno tra le 8 e le 9, questi problemi si sarebbero potuti risolvere meglio”.

Tutti vogliano che la scuola torni in presenza, ma penso che sia sbagliato far pagare questo prezzo alla scuola”, ha aggiunto Giannelli.

Problemi di orario anche per i docenti

E’inevitabile che anche per gli insegnanti gli orari in queste modalità dovranno cambiare e lo stesso Giannelli lo ha ricordato.

Nella nota del 9 dicembre il Ministero dell’Istruzione ha precisato, sulla scorta delle indicazioni del Dpcm del 3 dicembre, che  “occorre modulare il piano di lavoro del personale ATA, gli orari delle attività didattiche per docenti e studenti, nonché degli uffici amministrativi, tenendo conto della frequenza a scuola del 75 per cento della popolazione scolastica”.

In base al piano previsto si inizierà con il 50% delle lezioni in presenza, almeno, salvo poi aumentare nelle settimane successive.


Rientro a scuola il 7 gennaio e lezioni di 45-50 minuti

da La Tecnica della Scuola

Come  è noto le prefetture hanno adottato i documenti operativi   dell’ordinanza del ministro della Salute del 24 dicembre 2020 che limitatamente al periodo 7-15 gennaio riduce la presenza in classe al 50%, e con possibilità di scaglionare  l’ingresso e le possibili uscite dalle lezioni fino alle 16 e, a turno, anche il sabato.

Secondo quanto pubblicato sul sito del ministero dell’Interno “le soluzioni, calibrate anche in modo variabile, prevedono: la differenziazione degli orari di ingresso e di uscita dagli Istituti scolastici, articolata in due fasce (prevalentemente 8-14/10-16);

la flessibilità in entrata (ad esempio, 7,45-8,00; 9,30-9,45);

l’articolazione delle attività didattiche in 6 giorni, con frequenza il sabato, a turno;

la riduzione a 45/50 minuti dell’ “ora scolastica” e, quindi, delle singole lezioni”.

Nello stesso aggiornamento del ministero si fa riferimento ai trasporti, che sembra essere il punto debole della diffusione del Covid, per i quali “sono state messe a disposizione le risorse finanziarie destinate a coprire i costi dei servizi aggiuntivi per potenziare, in modo corrispondente alla predetta percentuale del 75 per cento, il sistema dei trasporti in termini di mezzi e di kilometri percorsi (oltre 300 milioni di euro).

Anche sulla base dell’Intesa, sancita il 23 dicembre scorso in Conferenza Unificata, sul Documento di “Linee guida per garantire il corretto svolgimento dell’anno scolastico 2020-2021”, i documenti operativi prefettizi costituiranno la “certificazione dei servizi aggiuntivi necessari e ammissibili al finanziamento” da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti”.

La scuola “media” compie 58 anni e forse li dimostra tutti

da La Tecnica della Scuola

Si concludeva nel dicembre del 1962 la lunga e complessa vicenda del disegno di legge con cui veniva istituita la scuola media unica.
Il 31 dicembre la legge veniva promulgata dal Presidente della Repubblica Antonio Segni (la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale avvenne un mese dopo, il 31 gennaio del ’63).
La legge rappresentò all’epoca una autentica rivoluzione culturale e sociale e la sua approvazione avvenne non senza scontri anche memorabili sia al Senato che alla Camera.
La legge, che recava il numero 1859, entrò concretamente in vigore nell’ottobre del ’63 cambiando radicalmente l’impianto della scuola dell’obbligo.
In precedenza al termine della scuola elementare, dopo un esame che non era affatto una formalità (esame abolito però già l’anno precedente), bambine e bambini potevano scegliere fra diverse opzioni: c’erano le scuole di avviamento (industriale, professionale e commerciale) che consentivano l’accesso ad alcuni tipi di scuola superiore (istituti tecnici industriali, istituti professionali e istituti per ragionieri o per geometri).
Ma dopo la V elementare, superando un apposito esame di ammissione, era possibile accedere alla scuola media caratterizzata soprattutto dallo studio della lingua latina.
E fu proprio il latino a creare gli scontri politici più accessi.
All’inizio degli anni sessanta si fecero i primi esperimenti di governi di centro sinistra che vedevano alleati due partiti fino ad allora contrapposti democrazia cristiana e partito socialista.
L’opposizione era rappresentata a sinistra dal Partito Comunista e a destra dal Movimento sociale e dai Monarchici.
La destra era nettamente contraria alla media unica che prevedeva di fatto un ampio ridimensionamento dell’insegnamento del latino, lasciato come facoltativo ma solo nell’ultimo anno. Si trattava di un compromesso che consentì alla DC, inizialmente contraria ad eliminare del tutto il latino, di approvare la legge.
Nelle battute finali del dibattito, svoltosi alla Camera nel mese di dicembre, il PCI, che era contrario al latino, fu irremovibile e, votò contro sostenendo che la legge rappresentava un compromesso di basso profilo culturale pur chiarendo che il proprio voto non poteva in alcun modo essere equiparato a quello della destra.
Memorabile fu la dichiarazione di voti del deputato monarchico Delli Occhi che, provocatoriamente, pronunciò buona parte del suo intervento proprio in latino.
Ai deputati del PCI rispose soprattutto il socialista Tristano Codignola, figlio del pedagogista Ernesto, mettendo in luce la contraddizione della loro posizione: “Sostenete che si tratta di una conquista importante per i lavoratori – disse in sintesi Codignola – ma poi votate contro”.
Alla fine la legge venne approvata con voto segreto: i voti favorevoli furono 243, i contrari 137, nessun astenuto.
Dopo il 1962 la legge subì diverse modifiche. Nel 1979, per esempio, vennero adottati nuovi programmi, nel 2003 con la “legge Moratti” la scuola media diventò secondaria di primo grado e inserita nel primo ciclo di istruzione. L’anno successivo sparirono i programmi e arrivarono le Indicazioni Nazionali, nel 2009, infine venne approvato in nuovo Regolamento delle scuole del primo ciclo con novità importanti anche negli orari.
A distanza di 60 anni la “scuola media” viene ancora considerata in molti casi l’ “anello debole” dell’intero sistema scolastico.
Ad affrontare alla radice il problema ci aveva provato nel 2000 il Ministro Luigi Berlinguer che avrebbe voluto un ciclo di base di 7 anni: la legge (la numero 30 di quell’anno) venne approvata, ma con il cambio di legislatura fu immediatamente abrogata senza essere mai entrata in vigore.

Ricciardi: non aprite le scuole almeno fino a metà gennaio

da La Tecnica della Scuola

Come si fa poi a non sbandare? A non smarrirsi dentro la foresta delle dichiarazioni contrastanti degli esperti soprattutto, che dovrebbero parlare per scienza? Capita allora che Walter Ricciardi, il consulente del ministro della Salute, intervistato da La Stampa, dichiari che bisogna resistere ancora un po’ e per abbassare davvero la curva dei contagi «l’unica strada è quella di lockdown lunghi e nazionali» e che la zona rossa «andrebbe prolungata, almeno fino a metà gennaio, se vogliamo vedere effetti positivi. Se dal 7 gennaio di colpo, facciamo riprendere tutte le attività, assisteremo certamente a un rialzo della curva epidemica».

E anche per questo motivo, sarebbe opportuno non riaprire la scuola il 7 gennaio, la quale, nonostante sia un ambiente sicuro, “la situazione esterna sconsiglia la riapertura, altrimenti rischiamo di richiuderle nel giro di poche settimane». La preoccupazione maggiore, secondo Ricciardi, non è all’interno delle scuole, bensì all’esterno, negli spostamenti e nel sovraffollamento sui mezzi pubblici, ciò insomma che ruota attorno alla scuola non al suo interno.

Dunque per Ricciardi occorre prolungare la chiusura almeno fino a metà gennaio: “No alla riapertura delle scuole. Zona rossa fino a metà gennaio”, rimane il suo monito, mentre sul fronte contagi bisognerà attendere «la fine dell’anno».

«Nella prima fase ho potuto incidere di più sulle decisioni politiche, partecipavo anche alle riunioni del Cts, era diverso. Ma, con il passare dei mesi, ho notato che i miei consigli non venivano più considerati e i risultati si sono visti. Con il ministro Roberto Speranza c’è stata sempre grande sintonia. La riapertura delle discoteche è stata forse la scelta più scellerata, legata alle decisioni autonome delle Regioni». L’augurio per il 2021 è «che, alla fine, questa pandemia davvero ci cambi in meglio. Ma, sinceramente, non vedo segnali positivi da questo punto di vista».

Legge di bilancio di basso profilo secondo i sindacati scuola

da La Tecnica della Scuola

Una legge di bilancio con più ombre che luci: è questo in sintesi il giudizio dei sindacati scuola più rappresentativi
Alle molteplici perplessità della Flc-Cgil vanno aggiunte le posizioni altrettanto critiche di Cisl-Scuola e Uil-Scuola

Le perplessità di Cisl-Scuola

Per il sindacato di Maddalena Gissi (Cisl) ci troviamo di fronte ad una legge di bilancio che “non guarda lontano” nonostante le diverse misure relative alla scuola.
“Nella legge – sottolinea Gissi – non viene delineato un progetto di ampio respiro per la scuola italiana, come sarebbe stato auspicabile; si perde invece l’occasione per avviare a soluzione problemi strutturali del nostro sistema, resi più evidenti dall’emergenza pandemica”.
Secondo Cisl Scuola “manca anzitutto l’investimento di risorse per riconoscere in modo adeguato, in termini economici, la professionalità del personale, sempre richiamata in tante dichiarazioni. Con le risorse finalizzate ai contratti non vi è alcun margine di recupero significativo per gli stipendi del settore scuola, destinate dunque a rimanere tra le più basse nell’intera pubblica amministrazione”.
Molto critica Maddalena Gissi anche sulla diminuzione del numero di alunni necessari per mantenere l’autonomia scolastica (per il 2021/22 il tetto si abbassa da 600 a 500): “Ci chiediamo che senso abbia ipotizzare interventi sulla rete scolastica di efficacia temporale così limitata”.
E per quanto riguarda i 25mila posti di sostegno, il sindacato della Gissi non si mostra per nulla soddisfatto perché le assunzioni verranno effettuate tramite “l’ennesimo concorso e non, come sarebbe più opportuno ed efficace” mediante “una procedura per titoli che valorizzi il possesso della specializzazione, conseguita in esito a un percorso altamente selettivo”.
Netta contrarietà della Cisl anche sulle attività formative obbligatorie per il personale non in possesso del titolo di specializzazione (25 ore) in quanto il tema  avrebbe dovuto essere ricondotto per sua natura nell’ambito delle relazioni sindacali.

Pino Turi (Uil Scuola) critico e ironico

Lapidario il giudizio di Pino Turi, segretario nazionale di Uil-Scuola: si tratta di “una finanziaria elettorale senza elezioni”.
“Per la scuola – spiega Turi – abbiamo interventi che danno risposte più alle richieste di lobby trasversali convinte dalle sirene del privato-è-bello che per il sistema nazionale di istruzione. Si continua a finanziare in modo surrettizio le scuole paritarie e non per dare il legittimo supporto derivante dalla pandemia ma per elargire finanziamenti incostituzionali, nascosti sotto la foglia di fico del sostegno”.
Su alcune misure Pino Turi non risparmia toni ironici: “Mentre misure strutturali restano totalmente inevase, si prevede l’introduzione del Jazz nei licei musicali, e delle équipe formative dei docenti nei territori.  Come dire, la ciliegina senza la torta”.
“La buona notizia per cui non ci sono tagli – 
conclude il segretario generale della Uil Scuola – è offuscata da uno spreco di risorse, peraltro a debito, che nulla hanno a che fare con un disegno organico di rilancio del sistema scolastico”.

Covid, l’impennata dei contagi non ferma i prefetti: sì al rientro il 7, plauso di Azzolina e di tutti i ministri

da La Tecnica della Scuola

Nell’ultimo giorno del 2020 i dati dei contagi tornano a salire, come non accadeva da inizio dicembre: con il rapporto tra tamponi e positivi che schizza a 12,6%, nelle ultime ventiquattr’ore i nuovi contagi arrivano a sfiorare quota 23.500. Questi numeri non c’erano nemmeno a fine ottobre e sono probabilmente i primi effetti dei distanziamenti fisici “saltati” a causa del Natale: quando furono chiuse le superiori, passate tutte alla DaD, i nuovi positivi erano meno di 20 mila al giorno. E non c’erano nemmeno 555 decessi in giorno. Sul rientro a scuola il governo, però, ha preso la sua decisione. Dopo il via libera del premier Giuseppe Conte, il 31 dicembre è arrivato anche quello del Viminale, al quale il governo ha affidato il coordinamento per un ritorno più organizzato rispetto a quello d’inizio scuola.

Il Viminale: studenti al 50% solo fino al 15 gennaio

“Le prefetture – si legge in una nota del ministero dell’Interno – hanno adottato i documenti operativi all’esito dei lavori dei tavoli di coordinamento scuola-trasporti istituiti in tutte le province in vista della ripresa, dal 7 gennaio, dell’attività didattica in presenza”.

Il Viminale puntualizza anche che la percentuale di studenti delle superiori ridotta del 25% – dal 75% al 50% – durerà solo una settimana: “i prefetti hanno tenuto conto anche dell’ordinanza del ministro della Salute del 24 dicembre 2020 che limitatamente al periodo 7-15 gennaio riduce la presenza in classe al 50%”.

Immediate sono state le reazioni, tutte positive, di diversi ministri e rappresentanti dell’esecutivo Conte bis

Azzolina: lavoro di squadra di cui andare fieri

Commentando la nota, la ministra dell’Istruzione, Lucia Azzolina, ha espresso “grande soddisfazione per il risultato raggiunto”.

“In pochi giorni – ha detto la titolare del MI – i tavoli guidati dai prefetti hanno permesso di elaborare misure specifiche, territorio per territorio, e subito operative. Un lavoro di squadra di cui andare fieri. Nell’unico interesse di studentesse e studenti”.

Lamorgese: scuola coordinata con i trasporti

Parole più che positive sono giunte anche dalla ministra dell’Interno, Luciana Lamorgese, che ha descritto quella svolta dai prefetti una “operazione complessa che ha consentito di individuare per tempo soluzioni differenziate a livello territoriale, coniugando le esigenze del mondo scolastico con le risorse straordinarie stanziate per il comparto trasporti”.

A questo proposito, in diversi territori sono state siglate delle convenzioni che prevedono un incremento delle vetture frequentate dagli studenti per raggiungere le scuole e tornare a casa a fine lezione.

“Ancora una volta – ha aggiunto – la rete delle prefetture è riuscita a definire modelli organizzativi condivisi frutto di un’opera di confronto costruttivo tra tutti i protagonisti dei tavoli, punto di raccordo tra i diversi livelli governo nazionale e territoriale, con l’obiettivo comune di riaprire le aule agli studenti in sicurezza già all’inizio del nuovo anno”.

De Micheli ringrazia i prefetti

Pronta la risposta anche la risposta della ministra dei Trasporti, Paola De Micheli. La quale ha garantito che “saremo pronti per il 7 gennaio”.

“L’impegno di tutti è stato massimo e di questo ringrazio molto i prefetti – si legge in una nota -. Grazie a questo coordinamento la scuola ripartirà più sicura con più mezzi del trasporto locale e una riorganizzazione degli orari (con inevitabili scaglionamenti in entrata e uscita nelle grandi città ndr). Chiuderla è stata tra le scelte più sofferte affrontate dal Governo, il lavoro di tutti e la collaborazione istituzionale ci consentirà di riaprirla”.

Boccia: eccellente lavoro

Positivo il giudizio pure del ministro per gli Affari Regionali, Francesco Boccia, che mette in risalto il lavoro svolto per garantire la “sicurezza sanitaria. Con Regioni, Comuni e Province è stato fatto un eccellente lavoro di coordinamento dai prefetti e oggi i piani operativi sono pronti per essere attuati”.

“La scuola – ha continuato Boccia – è una responsabilità collettiva, una sfida che vinciamo se accompagnata da una continua leale collaborazione tra tutti i livelli istituzionali”.

Sileri: abituiamoci a uno stop and go

Meno entusiasta si è confermato il viceministro della Salute Pierpaolo Sileri: parlando a Timeline, su Sky Tg24, Sileri ha detto che bisogna porre “attenzione alle variabili che potranno accadere dopo l’Epifania”.

Il viceministro ha anche però sottolineato che “non cambierà nulla rispetto a quello che abbiamo vissuto prima del periodo natalizio con il monitoraggio dei 21 parametri, quindi se saranno necessarie azioni, laddove i contagi saranno più fuori controllo si ritornerà a quel sistema. Dobbiamo abituarci a uno stop and go, questa sarà la nostra routine e andremo avanti così per gran parte del 2021″.

In mattinata, lo stesso Sileri era sembrato ancora più cauto, prevedendo “che vi sarà una risalita dei casi a partire dalla seconda settimana di gennaio: dobbiamo essere pronti a fare dei passi indietro nel caso il virus rialzasse la testa”.