Riapertura scuole solo se garantita la sicurezza

Cuzzupi: riapertura scuole solo se garantita la sicurezza!

“Il dato è molto semplice, in queste settimane per la scuola nulla è cambiato e, nel momento in cui i contagi segnano un’ulteriore ripresa, c’è ancora chi, ignorando la realtà delle cose e della situazione, continua a pensare di poter riprendere la didattica in presenza dal 7 gennaio. Sarebbe  comune auspicio di tutti noi poter rientrare nelle vive e ridenti classi, popolate da alunni e docenti in maniera sentita e naturale, se la situazione lo permettesse. Ma, al momento, sono troppe le ombre e le incognite rappresentate dal rischio di un consistente aumento di contagi, un elemento, quest’ultimo che potrebbe rappresentare un’imponderabile accelerata di contagi deleteria per la vita di tanti e per le prospettive del Paese”

Le affermazioni di Ornella Cuzzupi, Segretario Nazionale dell’UGL Scuola, non lasciano spazi a equivoci di sorta mentre, come da tempo e prima di tanti, continua a ripetere che la riapertura generalizzata in presenza non può prescindere da elementi certi di sicurezza per il personale scolastico, per gli studenti e per le famiglie.

 “Il volersi incaponire, per mero e meschino calcolo politico, sulla riapertura a breve degli istituti, laddove autorevoli esperti segnalano l’enorme rischio che si corre e dove le stesse Regioni manifestano sostanziali perplessità è significativo dell’incapacità, ormai manifesta, di questo esecutivo di valutare le migliori prospettive per il Paese. Se a ciò si aggiunge – continua Ornella Cuzzupi – che per il personale scolastico, docenti e ATA, l’eventuale possibilità di vaccinazione è prevista a ridosso dei mesi estivi, allora abbiamo chiaro quale sia l’idea di scuola e di sicurezza di questo Governo”.

Il tutto senza neanche voler rilevare come, nelle passate settimane, poco o nulla sia stato fatto per mettere in atto un minimo d’interventi strutturali che potessero almeno migliorare lo stato delle cose.

“Questi fatti sono sotto gli occhi di tutti. L’UGL Scuola non intende in alcun modo farsi complice di chi pensa di utilizzare la scuola come mezzo di gestione del potere. Noi riteniamo che i lavoratori della scuola, gli studenti e le famiglie debbano essere tutelati al massimo e che il “valore vita” sia al di sopra di ogni considerazione d’interesse o propagandistica. Tra l’altro – continua il Segretario Nazionale UGL Scuola – non si sottaci come la Didattica a Distanza, seppur nei limiti propri, stia avendo ottimi risultati grazie all’impegno dei docenti e del Personale ATA che, loro sì, hanno reso possibile la continuità scolastica. Non si buttino via questi sacrifici e questo patrimonio solo per una copertina di giornale o per un assurdo amor proprio!”.

Federazione Nazionale UGL Scuola  

 Il Segretario Nazionale

Ornella Cuzzupi

Roma, 3/1/2021

Rientro a scuola in presenza il 7 gennaio 2021

Snals-Confsal – Segreteria Regionale del Lazio

Rientro a scuola in presenza il 7 gennaio 2021

Riunione tra OO.SS., USR Lazio e Regione Lazio

Il 2 gennaio 2021 alle ore 15.00 si è svolta la riunione convocata dal Direttore dell’USR Lazio Dott. Rocco Pinneri e le OOSS della Dirigenza Scolastica. Sono presenti l’Assessore all’istruzione della Regione Lazio Claudio Di Berardino e l’Ing. Nicola Passanisi dell’Assessorato ai Trasporti della Regione Lazio.

Il punto di vista di tutti i rappresentanti delle OO.SS.è stato molto chiaro: è necessario ripartire in sicurezza e, allo stato attuale, la situazione non sembra essere tale, soprattutto alla luce del rapporto tra test e contagi rilevati, anche oggi in aumento.

Le OO.SS. già da tempo avevano chiesto la presenza al tavolo regionale dell’Assessore alla Sanità ma anche oggi non è stato presente.

Lo Snals-Confsal ha evidenziato che in questo momento non ci sono le condizioni minime per ripartire con la scuola in presenza e in sicurezza, che non si hanno dati certi sul monitoraggio dell’andamento dei contagi in seguito ai provvedimenti adottati durante le vacanze natalizie e che per passare dal 50% al 75% servirebbero almeno due settimane per monitorare le conseguenze di detti provvedimenti.

È stato anche chiesto di fare rientrare gli studenti in un unico turno, onde evitare difficoltà di organizzazione del personale docente e ATA, ad oggi ancora non completamente nominato.

In linea con quanto sostenuto dal Segretario Generale SNALS-Confsal Elvira Serafini abbiamo chiesto che le autorità competenti si attivino per garantire di anticipare la vaccinazione di tutto il personale scolastico.

Secondo lo Snals-Confsal si sarebbe potuto organizzare il rientro in presenza con maggiore gradualità, cominciando con il 25% in presenza e dopo 2/3 settimane, avendo monitorato l’andamento dei contagi, passare eventualmente al 50% e così via fino al 100%.

Vengono sottolineate le seguenti criticità:

  • difficoltà nell’organizzazione degli orari considerando le due entrate alle 8.00 e alle 10.00 proposte per gli studenti delle Scuole secondarie di 2° grado;
  •  difficoltà nella formazione dell’orario, necessariamente da rimodulare, per i docenti che insegnano in più scuole;
  •  difficoltà per una serie di aspetti tecnico-logistici che coinvolgono gli studenti: impegno in orari eccessivamente dilatati, difficoltà per quanto concerne le opportunità di consumare il pranzo, difficoltà dovute all’effettiva mancanza di tempo per studiare;
  • difficoltà per il personale ATA in relazione al pendolarismo e alla necessità di copertura delle ore lavorative, incluso il pagamento degli straordinari;

E’ stato quindi proposto:

  • il cambiamento di percentuale in riferimento alle ore d’ingresso (60% alle 8.00 e 40% alle 10.00);
  • la riduzione delle ore di lezione ai sensi della circolare n. 243 del 1979 recepita dall’art. 28 del CCNL vigente;
  • una maggiore attenzione per quanto riguarda l’aspetto sanitario in favore degli operatori scolastici facilitando per gli stessi le possibilità di test e le operazioni relative alla vaccinazione anti Covid-19.

E’ stata altresì ribadita l’opportunità di prorogare la percentuale del 50% del rientro a scuola degli studenti degli Istituti del II ciclo, prima di passare al 75%, per meglio adeguarsi all’andamento dei contagi. Il Direttore dell’USR Lazio ha confermato la possibilità della riduzione oraria senza recupero di cui all’art. 28 del CCNL della quale a breve ne darà notizia. L’assessore Di Berardino ha ribadito l’intenzione della Regione Lazio di interagire con tutti i prefetti delle province laziali per quanto concerne il piano dei trasporti pubblici, già concordato. Ha inoltre informato i presenti che i nuovi orari dei mezzi di trasporto, in possesso delle prefetture già dal 30 dicembre u.s., sono stati comunicati all’USR Lazio. Il Direttore Pinneri li comunicherà alle Istituzioni Scolastiche a stretto giro. A fine seduta l’Ing. Passanisi, dopo aver operato un raccordo tra compagnie di trasporto e prefetture, conferma che per il Lazio sarà possibile variare la percentuale di ingresso al 60% in 1^ ora e al 40% in 2^ ora a partire dal 7 gennaio 2021. Pur apprezzando la volontà dell’assessore Di Berardino di venire incontro ad alcune delle richieste sindacali lo Snals-Confsal ritiene che le misure adottate non siano ancora sufficienti a garantire un avvio della scuola in presenza in tranquillità e senza rischi di contagio. Con la riapertura il 7 gennaio si potrebbero verificare, infatti, episodi di contagio che riporterebbero le scuole al balletto delle chiusure e riaperture, come è già successo nei mesi di settembre e ottobre.

Tempi e tormenti

Tempi e tormenti

di Gabriele Boselli

Una lezione autentica è una costellazione di istanti in cui non contano i minuti (15′ o 60′ fa lo stesso) ma l’intensità con cui insegnanti-Maestri, con il loro personale carisma, portano i ragazzi a generare pensiero. E a generarne in loro stessi di nuovo.

Quelli dell’ Azzolina fans club e gli alleati del Renzi’s club insistono nel voler riaprire le scuole il 7 gennaio, nonostante la vigorosa ripresa degli indici pandemici. Debole la resistenza, a meno che l’RT non superi il 100, dei contrari alla riapertura delle scuole. Pare che un compromesso tra follia e ragionevolezza sia nella riduzione della durata delle lezioni. Ma di quanto?

Si trattasse solo di apprendere (prendere-da), una qualche proporzionalità fra tempo trascorso a scuola e informazioni digerite si potrebbe anche ravvisare; effettivamente per fare bella figura nei test INVALSI basta stare a lezione per un certo tempo mortificando la propria intelligenza a insistere nel cercar di portare a casa le nozioni che servono per  compilare bene i quesiti.

Per i ragazzi dall’intelligenza più vivace 50′ o 45′ sono decisamente troppi, specie se trascorsi con docenti senza carisma che non fanno altro che ripetere, “per quarant’anni di onesta professione” come canta Venditti, la stessa storia e non iter-rogare (chiedersi-tra) ma interrogare ovvero verificare corrispondenze tra quel che han detto e quel che gli studenti hanno capito. Covid o non Covid, una lezione ordinariamente non dovrebbe mai durare più di 20′ al netto del tempo trascorso nel passaggio delle consegne, convenevoli, appelli, divagazioni etc. per un totale di 30′. Durate più lunghe possono essere una noia quando non un tormento sia per i docenti che per gli studenti, tempo sciupato in cui non si migliora la pura capacità di conoscere e l’intenzionalità è rivolta all’agognato suono della campanella.

La questione non riguarda solo la contingenza pandemica. Stare a scuola potrebbe essere tempo non dissipato ma vissuto, non sofferto ma goduto, destinato alla formazione di un pensare critico e creativo sia negli studenti che negli insegnanti. Questi ultimi non si possono lamentare se i ragazzi durante la lezione ascoltano musica con gli airpods se loro stessi si annoiano e si mortificano a “portare avanti il programma” sviluppando concetti non reinterpretati personalmente per timore di generare risposte che i correttori dei test classificherebbero come “sbagliate”.

Come il tempo che si trascorre fuori della scuola, il problema del tempo scolastico riguarda -sia per gli insegnanti che per i ragazzi, sia nelle scuole dell’infanzia che nelle università-  principalmente non la quantità ma la sua qualità, il suo qual-essere.  La durata della lezione, normalmente mezz’ora -direi- va lasciata alla decisione dei collegi dei docenti, quando questo organismo non sia

solo momento informativo delle decisioni del DS ma luogo di elaborazione culturale e didattica.

Per ora la semplice riduzione della esposizione al virus non mi sembra sufficiente; tra qualche mese, quando gli indici di contagio forse saranno notevolmente ridotti si potrà riprendere con tempi più ampi. Nella speranza che non siano tempi di esposizione a elevati Roentgen di noia.

Che cosa farai da grande?

Che cosa farai da grande?
Senso di autoefficacia per andare verso il futuro

di Maria Grazia Carnazzola

Cosa farai da grande? Probabilmente tutti ci siamo sentiti rivolgere questa domanda e, a nostra volta, la rivolgiamo ai ragazzi e ai bambini, siano essi familiari, allievi o conoscenti. Una domanda che contiene insieme la speranza e la fiducia in un domani e la consapevolezza della possibilità di un progetto di vita che ci appartiene e che dipende in gran parte da ciascuno, da come si saprà utilizzare la propria mente nel lavoro, negli affetti, nella vita pubblica e privata. Che cosa dovranno sapere e saper fare le persone per vivere nei tempi che verranno; quali modalità di interazione con l’ambiente e, per dirla con H. Gardner, quali intelligenze- o mentalità- dovranno sviluppare per affrontare quello che le aspetta, ma anche quello che è difficile prevedere? Domande centrali per il mondo della formazione e per la politica perché stiamo parlando delle possibili direzioni che prenderanno le società, del destino del pianeta e della centralità dei valori umani. Valori non da difendere, perché si difende ciò che non è praticato, quindi già scomparso, ma da ripensare attraverso nuove forme di pensiero, all’inizio esili ma praticabili. Gardner ritiene che cinque siano i tipi di intelligenza necessari per presentarsi attrezzati al futuro:

a)  L’intelligenza disciplinare, intesa come forma di pensiero, come modo di guardare la realtà.

b)  L’intelligenza sintetica, cruciale per combinare informazioni diverse e fornire risposte sensate per chi le dà e per chi le accoglie.

c)  L’intelligenza creativa per proporre nuove domande, accogliere e gestire nuovi modi di pensare, risposte inusuali.

d)  L’intelligenza rispettosa nell’accogliere le differenze personali e tra le comunità.

e)  L’intelligenza etica che costruisce l’azione a partire dalla consapevolezza di essere a un tempo uomo e cittadino per l’interesse di ciascuno e di tutti.

Queste intelligenze, intese come mentalità complessive da coltivare nella scuola e nel mondo del lavoro, hanno anche una chiara caratterizzazione politica e coniugano gli aspetti della realizzazione personale con quelli della realizzazione sociale.

2. Per fare, bisogna sentirsi capaci.

Generalmente una persona non si cimenta con qualcosa che pensa essere fuori dalla sua portata, ma se ritiene di essere all’altezza si mette in gioco, contribuendo in questo modo ad aumentare le occasioni di successo e di benessere per sé e per gli altri. La personale convinzione di essere all’altezza della situazione che si deve affrontare è stata definita da Albert Bandura come “efficacia percepita” (perceived self efficacy), intesa come la capacità che ciascuno ha di progettare e di orchestrare al meglio il proprio rapporto con la realtà, partendo dall’osservazione e accogliendo le cose così come sono in quel dato momento, per rispondere e non per pretendere. A parità di condizioni (condizionamenti- opportunità- talenti), la convinzione di essere in grado di affrontare le sfide che si prospettano e di dominare le situazioni impreviste e nuove rappresenta un basilare elemento di sostegno per il raggiungimento degli obiettivi. Soltanto la persona interessata direttamente sa cosa è in grado di fare, cosa può azzardare, quale controllo può esercitare nelle diverse situazioni e a quali livelli di prestazione può puntare, con quanta fatica. La convinzione di essere in grado di affrontare una situazione, porta a concepire le difficoltà come occasioni per mettersi alla prova, focalizzando l’attenzione sulla soluzione dei problemi e influenzando positivamente la resistenza alle frustrazioni, la resistenza allo stress, la difesa dallo scoramento e dal senso di impotenza. L’autoefficacia si fonda anche sulla capacità di accettare le cose come sono, solo così ha senso un percorso per cambiare quelle che possono essere cambiate. Il sistema di convinzioni che indirizza le azioni personali rimanda alla capacità della persona di riflettere su sé stessa, da una parte, e dall’altra alla misura-valutazione del risultato che ha ottenuto nei diversi ambiti di azione. Ne deriva che il senso di autoefficacia non può generarsi da generiche pratiche- trattandosi di una capacità autoregolativa-, ma si costruisce attraverso l’esperienza diretta, l’azione concreta di messa alla prova e il confronto con gli esiti e con le valutazioni. Vale per i bambini, per i ragazzi e per gli adulti; vale nello sport, nel campo della salute, nel mondo del lavoro, nelle famiglie, nella scuola. Vale ancora di più in situazioni come quella che stiamo attraversando.

3. Docenti e studenti

Nella costruzione del senso di autoefficacia entrano in gioco i rimandi che le “situazioni” offrono in relazione alle azioni messe in atto. E delle situazioni fanno parte i rimandi degli altri, in misura e con incidenza diverse a seconda di chi sono gli altri: nella scuola per gli studenti gli altri sono i docenti e i compagni in primis; per i docenti gli altri sono i colleghi, il dirigente scolastico, i genitori, gli studenti. In questo nostro tempo in cui le certezze si stanno affievolendo con rapidità e alle preoccupazioni legate ai mutamenti del mondo del lavoro, delle relazioni sociali, dei modi di vivere, dei modi e delle possibilità di acquisizione delle conoscenze, si sono aggiunte quelle legate alla salute e alle possibilità di sopravvivenza: serve saper integrare i saperi umanistici, scientifici e tecnologici e saperli declinare nelle dimensioni pratico-funzionali, teorico-culturali ed etico- sociali per la costruzione autonoma e responsabile del proprio progetto di futuro. La funzione orientativa dell’educazione diventa un compito fondamentale per la scuola. Chi sa orientarsi è una persona che si riconosce come tale, che conosce le sue mete e il proprio posizionamento rispetto a questo momento per momento; che sa tracciare la rotta per raggiungerle servendosi degli strumenti a disposizione in quel preciso momento, siano essi mappe, bussole, sestanti o navigatori satellitari, riconoscendo l’importanza dei percorsi e delle mete degli altri come delle proprie. La scuola parla molto di relazioni, di socialità, di cittadinanza, di responsabilità ed elabora progetti dedicati. Ma dentro le aule, e questo si è reso -se necessario- ancora più evidente con l’istruzione a distanza, ogni studente lavora per sé, restituisce i saperi per avere la sua valutazione: non è diffusa la pratica del pensiero scambiato, del parere mediato, della sintesi dei punti di vista diversi, del lavoro comune, dei contributi proposti e accolti. Di quale resilienza si parla allora? Il senso di cittadinanza nasce dall’esercizio della cittadinanza, dall’abitudine pratica e mentale di sentirsi parte di una comunità condividendone i problemi; è esercizio di democrazia- di contrapposizione prima e di mediazione poi- per scelte responsabili di mete comuni. È esercizio di rispecchiamento e di differenziazione, di rispetto di regole, di impegni assunti in relazione a doveri avvertiti anche se non declinati. Non sei cittadino se la città non la vivi, non c’è inclusione se non c’è senso di appartenenza perchè l’autoefficacia personale si interfaccia con l’autoefficacia sociale.

4. C’è bisogno di idee nuove…che non siano solo slogan.

C’è bisogno di idee nuove che veicolino una nuova visione del mondo, della vita, delle storie personali e sociali. Idee nuove nel lavoro, del lavoro, della scuola e nella scuola, nell’organizzazione della conoscenza e nelle pratiche didattiche, nelle risposte agli studenti e ai docenti. Ma idee nuove non significa idee alla moda perché le idee nuove non nascono dal nulla ma sono il risultato di combinazioni di idee vagliate attraverso i risultati nel tempo e nelle circostanze, poggiano su millenni di pensiero e di stratificazioni e rappresentano la risposta, o il tentativo di risposta, alle domande che la realtà del momento pone. Quale idea, quale progetto per una scuola diversa abbiamo? Non sono le riforme, le ordinanze, i decreti che cambiano la scuola, ormai lo abbiamo imparato. Le leggi di riforma delineano il cambiamento ma se gli insegnanti non ne percepiscono la necessità, il senso e l’urgenza ma, soprattutto, non hanno la consapevolezza di essere all’altezza del compito, cambia ben poco. Allora le linee guida, i piani di formazione, le modifiche delle pratiche di valutazione modificano la superficie ma non vanno al cuore delle questioni, cambiano le parole ma non le pratiche e servono, questo sì, per la vetrina. Il senso di autoefficacia personale, unita alla convinzione dell’ efficacia collettiva del gruppo di lavoro e dell’istituzione a cui si appartiene fa la differenza, ma quasi mai si chiede ai docenti come si percepiscono rispetto ai cambiamenti prospettati. Le ragioni di una formazione in servizio sistematica e strutturale non possono essere trovate nella norma, ma devono essere avvertite nell’emergenza culturale, economica e morale che stiamo vivendo e nella consapevolezza della “politicità” della funzione docente. Le richieste ministeriali sono pressanti e rapsodiche, la scuola si muove ma è confusa: corre dietro alle richieste, che sono molte e disorganiche, chiedendosi quali siano gli adempimenti e gli strumenti per dare senso all’adempiere. L’uso pubblico di narrazioni e di principi, come l’innovazione o la modernità, a volte servono per nobilitare pasticci normativi privi di qualsivoglia visione culturale, mentre l’educazione alla cittadinanza attraverso la Costituzione è contraddetta dall’azione politica che ne mina le basi. Ma da qui la scuola deve partire per trovare un nuovo paradigma, un modo nuovo di guardare, sapendo che quando una visione nuova della realtà sarà emersa bisognerà trovare il modo per governarla, adottando un approccio transdisciplinare nella formalizzazione dei problemi da affrontare con gli strumenti e i metodi disciplinari.

5. Come l’Angelus Novus di Paul Klee

“L’Angelo della Storia, gli occhi spalancati, la bocca aperta, le ali distese, che si alza sulle rovine con il volto rivolto al passato e una tempesta impigliata nelle ali che lo spinge verso il futuro. “Ciò che chiediamo al progresso è questa tempesta”. Così W. Benjamin in Tesi di filosofia della storia.

Un’ immagine che può rappresentare, con qualche distinguo, la situazione attuale generata dalle azioni che chi ci governa compie per fronteggiare ciò che stiamo vivendo. Ma lo fa con lo sguardo rivolto al passato, mentre è trascinato via da una tempesta che non può essere ignorata. La pandemia in sé non è il problema, il problema è generato dalle decisioni che via via, rapsodicamente, vengono assunte. Le cose non torneranno come prima. Ci saranno nuove abitudini, nuove consuetudini, una nuova “normalità” che sarà diversa da quella che ci ostiniamo a considerare “come se fosse” pianificando il rientro a scuola “come se fosse” e la vita come se fosse. Sarà, lo spero, ma lo sarà in un altro modo. Questo alle giovani generazioni abbiamo il dovere di dirlo. E abbiamo il dovere di indicare una via e di fornire gli strumenti culturali per affrontare nel migliore dei modi, senza illusioni di certezza, ciò che verrà. I modi poi toccherà a loro trovarli perché i progetti appartengono al futuro e il futuro appartiene ai giovani. Per aiutarli dobbiamo avere la capacità di una visione che delinei futuri possibili, pensando a quali saranno o potranno essere i rapporti tra il lavoro e la vita, tra mondo della formazione e mondo del lavoro, tra crescita e decrescita, tra divisione internazionale del lavoro- progresso tecnologico e produttività, tra ricchezza e welfare… senza dimenticare la questione delle disuguaglianze e della giustizia sociale, perché la democrazia non rimanga una narrazione. Ma poi dovranno camminare da soli.

6. Conclusioni

Non sappiamo cosa sarà. Ma una cosa, noi adulti, la sappiamo benissimo e cioè che una buona parte dei circa 209 miliardi di euro del Recovery Found dovranno essere restituiti: cioè sono debiti. Una cosa certa che i giovani dovranno fare da grandi sarà di onorare quei debiti, quelli che noi adulti, per tanti motivi anche nobili, stiamo facendo ora. Bisognerà pur dirglielo e bisognerà anche fare tutto quello che possiamo per attrezzarli ad affrontare il futuro, offrendo loro ciò che la cultura ci ha consegnato, per dare una forma al sapere e all’agire. Lo devono fare le famiglie, la scuola, tutte le istituzioni; lo deve fare la politica pensando all’utilizzo dei fondi messi a disposizione della UE come investimenti e non solo come spesa, perchè la next generation

possa vivere nel migliore dei modi possibili. C’è chi ha paragonato il Recovery Found al piano Marshall; non credo sia proprio così. La gestione degli aiuti, allora, era in mano a politici come De Gasperi e Togliatti che nella definizione dei progetti avevano come orizzonte di azione non solamente “le prossime elezioni” ma “le prossime generazioni”. Altra storia.

BIBLIOGRAFIA
Bandura A., Self-efficacy. The exercise of control, New York,1997;
Benjamin W., Tesi di filosofia della storia, Einaudi 1981;
Caprara G.V. e altri, Convinzioni di efficacia e cambiamento organizzativo, “Sviluppo e Organizzazione”,1999; Gardner H., Cinque chiavi per il futuro, Ed. Feltrinelli, Milano 2007;
De Masi D., Lavoro 2025, Marsilio Editori spa, Venezia 2017;

Giannelli (presidi): questi piani non tengono conto della vita degli studenti. Così non si potranno fare i compiti

da Corriere della sera

Gianna Fregonara

«No, così non va. Dicono tutti che la scuola è centrale, è la casa degli italiani, è importante ma quando è ora di decidere come cambiare la scuola per adattarla all’emergenza del Covid nessuno sente la necessità di ascoltare il mondo della scuola, di capire quali sono le esigenze degli adolescenti».

Questi piani dei prefetti non funzionano, professor Giannelli? A Roma l’Anp che lei rappresenta ha fatto addirittura una protesta formale rivolta alla ministra Azzolina.

«E’ una situazione a macchia di leopardo. Ci sono province dove gli accordi sono stati fatti ascoltando anche la scuola, e i piani dei prefetti funzionano. Altre come Roma dove non si è ascoltata la scuola. Ma mi faccia premettere che in linea di principio è stata una buona idea quella di non fare una misura nazionale come in passato valida per tutte le realtà, ma di decidere provincia per provincia come procedere».

Con questi piani siete in grado di ricominciare il 7 in presenza?

«E’ chiaro che si ricomincia, lo vogliamo tutti. Magari però se si fossero tenute in maggior conto le esigenze degli studenti non avremmo tutti questi scontenti».

Meglio scontenti che in Dad?

«Mi chiedo perché si fanno pagare soltanto alla scuola la rigidità e i ritardi nell’adeguamento del sistema dei trasporti. Si sarebbe potuto scaglionare l’orario di inizio delle altre attività lavorative».

Insomma cominciare alle 10 la giornata scolastica, proprio non vi va.

«La metà degli studenti italiani delle scuole superiori frequenta un istituto tecnico o un professionale, sono almeno 6 ore al giorno. L’organizzazione della loro vita sarà sconvolta. Dalle 10 alle 16, mettiamo mezz’ora per mangiare un panino. Escono alle 16.30, prendono un bus o un treno, arrivano a casa affamati alle sei di sera. A che ora faranno i compiti? Alle 21….»

Un po’ tardi. Sarà una scuola senza compiti da gennaio?

«Certo la didattica dovrà tenere conto di questo cambio di orario. Compiti, direi che ce ne potranno essere pochi. Magari se si fosse rimasti su un doppio turno tra le 8 e le 9, questi problemi si sarebbero potuti risolvere meglio»

Teme che tutte queste difficoltà organizzative finiscano per convincere professori e famiglie che è meglio la Dad perché è più ordinata?

«Sono un ottimista e spero che alla fine si trovino delle soluzioni e punti di equilibrio. Tutti vogliano che la scuola torni in presenza, ma penso che sia sbagliato far pagare questo prezzo alla scuola».

Sono scontenti anche gli insegnanti, forse più degli studenti: dovranno magari stare a scuola dalle 8 alle 16

«Anche questo rischia di essere un problema che i presidi dovranno risolvere trovando soluzioni che non scontentino nessuno. sarebbe stato meglio non arrivare a questo punto».

Verso il 7 gennaio, l’Iss: scuole sicure ma difficile valutare l’impatto sulla diffusione del virus

da Corriere della sera
di Gianna Fregonara

«Per un ritorno a scuola in presenza è necessario bilanciare le esigenze della didattica con quelle della sicurezza». E’ la conclusione dello studio dell’Istituto superiore di Sanità che ha analizzato che cosa è successo dal 24 agosto al 27 dicembre nella curva dei contagi e l’impatto che ha avuto l’apertura (e la richiusura) delle scuole sulla diffusione del Covid-19. Non c’è una parola definitiva nelle quaranta pagine del gruppo di lavoro dell’Iss che deve servire come base scientifica al governo per decidere che cosa fare nelle prossime settimane, perché gli esperti, pur fornendo dati e statistiche importanti, da un lato confermano che i bambini più piccoli sembrano essere meno contagiabili e dichiarano che le scuole «allo stato attuale delle conoscenze sembrano ambienti relativamente sicuri purché vengano adottate le precauzioni ormai consolidate» (mascherina, distanziamento, lavaggio della mani) ma dall’altro ammettono che «l’impatto della chiusura e della riapertura delle scuole sulle dinamiche epidemiche rimane ancora poco chiaro», anche perché i dati su cui misurarlo sono incompleti. La decisione dunque se e come riaprire il 7 gennaio resta politica, perché come spiega il rapporto le scuole non sembrano provocare un aumento di contagi significativo al loro interno ma possono a seconda del contesto esterno e della situazione epidemiologica contribuire a rallentare o accelerare la diffusione del virus: su questo le evidenze anche di studi in altri Paesi europei sono contrastanti. E gli esperti del ministero della Salute consigliano: «Le scuole devono far parte di un sistema efficace e tempestivo di test, tracciamento dei contatti, isolamento e supporto con misure di minimizzazione del rischio di trasmissione del virus, compresi i dispositivi di protezione individuale e un’adeguata ventilazione dei locali».

I consigli dell’Oms, una scelta complessa

Il documento fa propri i consigli dell’Organizzazione mondiale della Sanità, come elementi da valutare e su cui basare la decisione di riaprire: «Epidemiologia del COVID-19 a livello locale, poiché la trasmissione del virus può variare da un luogo all’altro; individuazione dei probabili benefici e rischi per i bambini e per tutto il personale scolastico derivanti dal mantenimento dell’apertura delle scuole; intensità di trasmissione nell’area in cui opera la scuola; impatto complessivo della chiusura delle scuole su istruzione, salute generale, benessere e sulle popolazioni fragili; efficacia delle strategie di apprendimento a distanza; capacità di rilevazione dei casi e risposta da parte delle autorità sanitarie locali; capacità delle scuole e istituzioni educative di operare in sicurezza».

Le scuole non sono focolai

Per quanto riguarda i dati analizzati, l’Iss evidenzia che dopo la riapertura delle scuole «l’andamento dei casi di COVID-19 nella popolazione in età scolastica ha seguito quello della popolazione adulta» e che la curva epidemica mostra a partire da metà novembre «un decremento che indica un impatto sicuramente limitato dell’apertura delle scuole del primo ciclo sui contagi». Inoltre, la percentuale dei focolai in ambito scolastico si è mantenuta sempre bassa. «Le scuole non rappresentano i primi tre contesti di trasmissione in Italia, che sono nell’ordine il contesto familiare/domiciliare, sanitario assistenziale e lavorativo». A metà ottobre la percentuale dei focolai in ambito scolastico era intorno al 3,7%, cifra che poi si è ridotta.

Gli effetti della chiusura e della riapertura

Nel dossier, che riporta tutta la letteratura esistente sul tema, si cita però uno studio eseguito su 131 Paesi che dimostra che la chiusura delle scuole da sola potrebbe determinare una riduzione di R del 15% in quattro settimane e la riapertura un aumento del valore di R del 24% . Un altro studio effettuato in Cina dimostra al contrario che la chiusura delle scuole potrebbe non interrompere la trasmissione tra i bambini.

I dati sulle aperture delle scuole

Ecco i dati riportati della rilevazione dell’Iss, si riferiscono a diagnosi effettuate tra il 24 agosto e il 27 dicembre. I casi in tutto il paese sono stati 2 1.783.418, di questi 203.350 (11%) in età scolare (3-18 anni). La percentuale dei casi in bambini e adolescenti è aumentata dal 21 settembre al 26 ottobre (con un picco del 16% nella settimana dal 12 al 18 ottobre) per poi tornare ai livelli precedenti. Le percentuali di casi in età scolare rispetto al numero dei casi in età non scolare oscillano tra l’8,6% della Valle d’Aosta e il 15,0% di Bolzano. La maggior parte (40%) si è verificata negli adolescenti di età compresa tra 14 e 18 anni, seguiti dai bambini delle scuole primarie di 6-10 anni (27%), dai ragazzi delle scuole medie di 11-13 anni (23%) e dai bambini delle scuole per l’infanzia di 3-5 anni (10%). Il picco di incidenza giornaliero nel periodo in esame è stato di circa 43/100.000 abitanti nella fascia di età 3-18 anni chiaramente inferiore a quello riscontrato nelle altre classi di età (>18 anni: 60/100.000 abitanti). In età scolare, si riscontra un aumento dell’incidenza con l’aumentare dell’età, i valori più alti si osservano per i ragazzi di 14-18 anni (57/100.000) e 11-13 anni (53/100.000), seguiti dai bambini di 6-10 anni (37/100.000) e 3-5 anni (24/100.000) I picchi di incidenza più alti sono stati riscontrati in Valle d’Aosta (circa 200/100.000) nella classe di età 14-18 anni e in Lombardia, Liguria, Bolzano (intorno a 100/100.000) nelle fasce di età 14-18 e 11-13.

Il 4 gennaio chiude la piattaforma SIDI per caricare il PTOF: in allegato format e indicazioni

da OrizzonteScuola

Di Nobile Filippo

Resterà aperta fino al 4 gennaio 2021, come stabilito dalla nota 17377 del 28 settembre 2020, la piattaforma per la pubblicazione del Piano Triennale dell’Offerta formativa sul sito ad eccezione per quelle istituzioni di cui alla nota successiva prot.n. 2158 del 4/12/2020, ovvero comprensive di scuole primarie, per le quali le stesse potranno procedere fino al 25 gennaio 2021.

La nota, infatti, tra l’altro, entrando nel merito specifico di tale rinvio (l’adozione di un nuovo sistema di valutazione alla Primaria) sottolinea che visti i tempi ristretti per l’elaborazione e la delibera collegiale dei criteri di valutazione, così come previsto dall’articolo 4, comma 4 del DPR 275/99, le Istituzioni Scolastiche, stante l’aggiornamento del Piano Triennale dell’Offerta Formativa entro la data di inizio delle iscrizioni, possono aggiornare la sezione relativa alla valutazione entro la data prevista per la chiusura delle stesse (25 gennaio). Si tratta, comunque, di una elaborazione in fieri, chiamata ad aggiornarsi e a meglio definirsi sulla base delle esperienze condotte.

Ogni documento è, innanzitutto, uno strumento volto a raggiungere la missione educativa delle istituzioni scolastiche, e non rappresenta una finalità: e ciò è particolarmente vero per quanto riguarda la valutazione, strumentale agli apprendimenti, e non viceversa. Prevede – altresì – che progressivamente, ciascuna istituzione scolastica troverà modalità via via sempre più coerenti con la valutazione di tipo descrittivo delineata dalle Linee guida, collegando, soprattutto, il momento della valutazione con quello della progettazione, anche attraverso il sostegno offerto dalle iniziative predisposte dal Ministero nell’ambito del piano triennale di formazione dei docenti. Si tratta, a ben vedere, di rendere solo più espliciti e trasparenti i processi che già devono sovraintendere ogni processo di valutazione delle alunne e degli alunni. È opportuno precisare che gli insegnanti partecipano all’attività valutativa collegiale nelle classi cui sono stati assegnati, offrendo nelle altre, presso le quali sono intervenuti, gli eventuali elementi al resto del team.

Scuola, le iscrizioni dal 4 al 25 gennaio 2021.

Come disciplinato nella nota prot.n. 20651 del 12 novembre 2020 della Direzione Generale per gli Ordinamenti scolastici, a partire dal 4 gennaio e fino al 25 gennaio 2021 potranno essere presentate le domande di iscrizione attraverso il sistema delle “Iscrizioni on line”. Esiste un collegamento sequenziale tra PTOF e iscrizioni degli studenti a scuola è dettato proprio dalle scadenze connesse a quest’ultimi, ovvero al tempo messo a disposizione delle famiglie e degli alunni (dalle 8:00 del 4 gennaio 2021 alle 20:00 del 25 gennaio 2021) per inoltrare la domanda di iscrizione a scuola anche se ci si poteva registrare sul portale dedicato (www.istruzione.it/iscrizionionline/ ) già a partire dalle ore 9:00 del 19 dicembre 2020. Chi è possesso di un’identità digitale (SPID) potrà accedere al servizio utilizzando le credenziali del proprio gestore e senza effettuare ulteriori registrazioni. Saranno online anche le iscrizioni ai percorsi di istruzione e formazione professionale erogati in regime di sussidiarietà dagli istituti professionali e dai centri di formazione professionale accreditati dalle Regioni che, su base volontaria, aderiscono al procedimento di iscrizione in via telematica.

Perché è necessaria la pubblicazione del PTOF

È necessario in quanto, ad esempio, per l’Infanzia “sarà possibile scegliere tra tempo normale (40 ore settimanali), ridotto (25 ore) o esteso fino a 50 ore”; per la Primaria “all’atto dell’iscrizione, le famiglie esprimeranno le proprie opzioni rispetto alle possibili articolazioni dell’orario settimanale che può corrispondere a 24 ore, 27 ore (elevabili fino a 30), o 40 ore (tempo pieno); per la Secondaria di primo grado

In quanto al momento dell’iscrizione, “le famiglie esprimeranno la propria opzione rispetto all’orario settimanale, che può essere articolato su 30 ore oppure su 36 ore, elevabili fino a 40 ore (tempo prolungato). In subordine rispetto all’istituto scolastico che costituisce la prima scelta, si potranno indicare, all’atto di iscrizione, fino a un massimo di altri due istituti”; per la Secondaria di secondo grado “le famiglie effettueranno anche la scelta dell’indirizzo di studio, indicando l’eventuale opzione rispetto ai diversi indirizzi attivati dalla scuola. In subordine rispetto all’istituto scolastico che costituisce la prima scelta, si potranno indicare, all’atto di iscrizione, fino a un massimo di altri due istituti”. E, inoltre, la questione relativa alle tasse. La nota, infatti, ricorda alle famiglie che i contributi scolastici sono assolutamente volontari e distinti dalle tasse scolastiche che, al contrario, sono obbligatorie, ad eccezione dei casi di esonero. Le famiglie dovranno essere preventivamente informate sulla destinazione dei contributi, in modo da poter conoscere le attività che saranno finanziate con gli stessi, in coerenza con il Piano Triennale dell’Offerta Formativa (PTOF).

Per la gestione delle eventuali iscrizioni in eccedenza, ciascuna scuola individuerà specifici criteri di precedenza, mediante delibera del Consiglio di istituto da rendere pubblica prima dell’acquisizione delle iscrizioni stesse. I criteri dovranno essere definiti in base a principi di ragionevolezza come, ad esempio, la viciniorietà della residenza dell’alunno o particolari impegni lavorativi delle famiglie. La nota ricorda che è da evitare il ricorso a eventuali test di valutazione come criterio di precedenza.

Monitoraggio e verifica del PTOF

Per effettuare l’aggiornamento annuale del PTOF è opportuno che esso sia preceduto dal monitoraggio degli aspetti più rilevanti emersi nel corso dell’anno scolastico precedente e dall’analisi dell’impatto che essi hanno avuto. La piattaforma del PTOF predisposta in ambiente SIDI presenta la sezione “Il monitoraggio, la verifica e la rendicontazione”, attraverso la quale le scuole sono guidate a riflettere sulle sezioni da aggiornare. Nella sottosezione “Verifica”, in particolare, le istituzioni scolastiche possono, per ogni coppia “Priorità-Traguardi” e per ogni obiettivo formativo indicato nel PTOF come prioritario, descrivere le attività svolte e indicare i risultati intermedi raggiunti. In tal modo, tramite la verifica dei risultati intermedi, le istituzioni scolastiche possono gradualmente raccogliere tutti gli elementi utili alla rendicontazione sociale da realizzare alla fine del triennio di riferimento. Questa sezione della piattaforma PTOF si configura come spazio di lavoro, per cui quanto qui riportato dalle istituzioni scolastiche non è oggetto di pubblicazione.

Aggiornamento del PTOF

L’aggiornamento del PTOF in questo anno scolastico assume un particolare rilievo in considerazione di due aspetti, normativamente previsti: a. il primo è legato alle ripercussioni dell’emergenza epidemiologica da COVID-19 sull’offerta formativa ed alle indicazioni contenute nel Documento per la pianificazione delle attività scolastiche, educative e formative in tutte le Istituzioni del Sistema nazionale di Istruzione per l’anno scolastico 2020/2021, adottato con il D.M. 26 giugno 2020, n. 39, e alle Linee guida per la Didattica digitale integrata, adottate con il D.M. 7 agosto 2020, n. 89; b. il secondo aspetto, per il quale la norma richiede modifiche al PTOF, è legato all’introduzione dell’insegnamento trasversale dell’educazione civica e a quanto previsto dalla legge 20 agosto 2019, n. 92, e dal D.M. 22 giugno 2020, n. 35, di adozione delle Linee guida per l’insegnamento dell’educazione civica.

a) Didattica digitale integrata

Nel Piano Triennale dell’Offerta Formativa va allegato o integrato il Piano scolastico per la didattica digitale integrata (DDI), redatto secondo le indicazioni contenute nelle richiamate Linee guida, per l’esplicitazione delle modalità di organizzazione della DDI, delle metodologie didattiche, degli strumenti di verifica e valutazione, ecc., con attenzione particolare agli alunni con bisogni educativi speciali. Le istituzioni scolastiche che hanno utilizzato la piattaforma PTOF in ambiente SIDI troveranno nella sezione “L’offerta formativa” una sottosezione specifica, tramite la quale potranno inserire i contenuti o allegare il Piano scolastico per la DDI.

b) Introduzione dell’insegnamento trasversale dell’educazione civica

Con l’entrata in vigore della legge 92/2019 e l’introduzione, a partire da questo anno scolastico, dell’insegnamento trasversale dell’educazione civica, è richiesto alle istituzioni scolastiche un aggiornamento del PTOF su alcuni aspetti.

Tempistica

Come anticipato anche nella Nota DGOSV prot. 7851 del 19 maggio 2020, il PTOF è rivedibile annualmente entro il mese di ottobre, termine ordinatorio che negli ultimi anni scolastici è stato prolungato fino all’inizio della fase delle iscrizioni, considerata l’importanza del Piano triennale nella presentazione dell’offerta formativa. Visto il carattere prioritario che riveste l’elaborazione del Piano scolastico per la DDI, che va portato tempestivamente a conoscenza delle famiglie e degli studenti, è opportuno che la pubblicazione del PTOF, con riferimento a questo contenuto, avvenga sul portale “Scuola in chiaro” quanto prima e comunque nel termine ordinatorio previsto dalla legge. Resta ferma la possibilità di procedere a tutti gli aggiornamenti necessari e alla pubblicazione definitiva del PTOF nei tempi che la scuola riterrà opportuno e comunque entro la data di inizio delle iscrizioni, come da prassi consolidata. Le funzioni della piattaforma RAV sulla Scrivania del Portale SNV e della piattaforma PTOF in ambiente SIDI saranno attive a partire dal 30 settembre 2020 e fino alla data di inizio della fase delle iscrizioni (proprio il 4 gennaio 2021).

Piattaforma PTOF nel SIDI

Stante la finalità della piattaforma PTOF di essere uno strumento di supporto per l’autonoma progettualità delle scuole e considerato il carattere ordinatorio della data indicata per la predisposizione del Piano triennale, la piattaforma resterà sempre aperta, tranne nel periodo coincidente con le iscrizioni, in modo che ciascuna istituzione possa predisporre il PTOF nei tempi che ritiene più funzionali alla propria organizzazione.

Compilare tutte le sezioni e sottosezioni presenti nella piattaforma PTOF

Come indicato dalla Nota DGOSV 16 ottobre 2018, n. 17832, la scuola può autonomamente decidere quali contenuti utilizzare tra quelli proposti, non ci sono sezioni o sottosezioni obbligatorie. Nel caso in cui la scuola non compili delle sezioni o delle sottosezioni, le stesse non saranno presenti nella versione del PTOF che la piattaforma produce, per evitare che compaiano campi vuoti, che erroneamente potrebbero essere letti come una mancanza. Analogamente se la scuola ha scelto di inserire altri contenuti, aggiungendo titoli e descrizioni non previste in piattaforma, questi si inseriscono dove la scuola li ha scritti modificando l’indice proposto.

Le sottosezioni contrassegnate da asterischi

Poiché l’indice proposto è modificabile dalla scuola, per alcune sottosezioni vengono contrassegnati da asterischi i campi che la scuola deve necessariamente compilare qualora abbia scelto di confermare l’inserimento della voce nel proprio PTOF. In questo modo la piattaforma è in grado di individuare con certezza quali contenuti la scuola vuole conservare e quali cancellare. La scuola può poi decidere se trattare o meno i restanti contenuti senza asterisco proposti per quella specifica voce, come approfondimenti esplicativi della stessa che compariranno solo se compilati.

La sottosezione “Curricolo” è proposta per ciascun plesso della scuola

La piattaforma è costruita in modo che la scuola abbia uno spazio riservato a tutte le sedi che la compongono. Se la suddivisione non è influente ai fini del curricolo, la scuola può descrivere il curricolo nel campo in corrispondenza della sede principale. Se invece la singola sede è indicativa di specifici segmenti scolastici o indirizzi di studio, ognuno caratterizzato da un curricolo specifico, la scuola può descriverlo in corrispondenza di ciascuna sede. Questo è il caso, ad esempio, di un istituto comprensivo che abbia una sede di scuola primaria ed un’altra di scuola secondaria di primo grado o di un istituto superiore che comprenda sia un indirizzo liceale sia un indirizzo tecnico.

Pubblicare il PTOF su Scuolainchiaro

Una volta completata l’attività di predisposizione del PTOF, tramite la voce “Gestisci” presente nel menù laterale della pagina Home le scuole accedono alla funzione “Genera PTOF”, attraverso cui producono la versione in pdf del piano che può essere portato in Consiglio di Istituto o Circolo per l’approvazione. Dopo avere inserito gli estremi della delibera di approvazione, si attiva la funzione “Approva e pubblica” che, una volta cliccata, pubblica automaticamente il documento su Scuolainchiaro.

Gli allegati da caricare

Ogni volta che in piattaforma è presente il tasto “Carica eventuale allegato”, la scuola può caricarne uno, purché abbia scritto nel box di testo corrispondente. Tuttavia, si suggerisce di non eccedere con il caricamento di allegati, che renderebbero dispersiva la lettura del PTOF da parte delle famiglie a cui, come ampiamente chiarito, è prioritariamente rivolto il piano.

Dati precaricati nella sezione “La scuola e il suo contesto” sbagliati

I dati precaricati presenti in piattaforma sono presi dall’Anagrafe scuola, dall’edilizia scolastica e dall’anagrafe alunni, per cui non è possibile modificarli in piattaforma PTOF, ma occorre intervenire sulle base dati sorgenti.

Si forniscono di seguito le indicazioni per i casi più frequenti:

Richiesta di modifica indirizzo WEB

Il dato viene inserito dalla scuola nella funzionalità “rilevazioni integrative”. Il dato può essere aggiornato dalle scuole durante l’apertura delle funzioni che al momento sono chiuse. Se l’intervento è urgente, la scuola può chiedere all’UAT o USR di aprire un tagliando (AOL) per chiedere la rettifica in base dati.

Richiesta di modifica dati anagrafici

Per modificare i dati anagrafici, in questo periodo dell’anno le scuole o gli UAT possono operare in aggiornamento sulle funzionalità “rete scolastica” modificando le seguenti informazioni:

  • Denominazione
  • Indirizzo
  • Località
  • Frazione
  • Telefono
  • Fax
  • Codice fiscale
  • IBAN

Nel caso la scuola effettui le modifiche saranno visibili nel PTOF solo dopo alcuni giorni.

A breve, inoltre, sarà disponibile una funzione che consentirà alla scuola di selezionare, tra gli edifici mostrati in piattaforma perché presenti nei dati dell’Edilizia Scolastica, quali vuole pubblicare nella struttura del PTOF.

Richiesta di modifica plessi scolastici

Nel caso in cui la piattaforma mostri dei plessi non corrispondenti agli attuali, la scuola deve chiedere all’UAT di riferimento la modifica al SIDI.

Richiesta di modifica quadri orario

La segreteria scolastica può intervenire direttamente sugli orari caricati nel SIDI.

Il pdf del PTOF non è modificabile

La versione pdf del PTOF che la piattaforma genera è oggetto di ulteriori accorgimenti tecnici per migliorarne la leggibilità. Tuttavia, si evidenzia che il pdf è stato pensato per consentire alla scuola di procedere negli adempimenti formali (discussione in Collegio, adozione in Consiglio di Istituto, conservazione agli atti del documento PTOF approvato), mentre per le famiglie sarà resa disponibile su Scuola in chiaro la versione navigabile simile a quella utilizzata in fase di predisposizione dalla scuola. La versione navigabile consentirà alle famiglie di navigare solo le sezioni e sottosezioni che la scuola sceglie di inserire nel PTOF, sia se proposte dalla piattaforma sia se inserite direttamente dalla scuola.

TEMPLATE PTOF

Guida Operativa PTOF

ATA, proroga supplenze su posti ex LSU al 28 febbraio

da OrizzonteScuola

Di redazione

Prorogati i contratti dei supplenti ATA su posti accantonati ex LSU dal 31 dicembre al 28 febbraio 2021.

L’articolo 5, comma 5, del Milleproroghe (decreto-legge 31 dicembre 2020) ha prorogato al 1° marzo la data dalla quale prenderanno servizio coloro già dipendenti delle imprese di pulizia che si troveranno in posizione utile, rispetto ai posti ATA accantonati, nelle graduatorie di cui all’articolo58, comma 5-sexies, del decreto-legge n.69 del 2013.

All’articolo 58, comma 5-sexies, del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto
2013, n. 98, le parole “a decorrere dal l° gennaio 2021” sono sostituite dalle seguenti: “a decorrere dal 1° marzo 2021”, si legge nel decreto pubblicato in Gazzetta Ufficiale.

Pertanto le supplenze sui posti ex LSU previste fino al 31 dicembre 2020 sono prorogate al 28 febbraio 2021.

Nota Lazio

L’attuale CSPI si congeda e scrive alla ministra Azzolina: “Priorità al personale scolastico per il vaccino”

da OrizzonteScuola

Di redazione

Al termine del suo mandato quinquennale, il Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione (CSPI) ha inviato alla ministra dell’Istruzione, Lucia Azzolina una lettera nella quale, pur evidenziando le criticità che hanno caratterizzato questo particolare frangente, esprime l’augurio per una positiva ripresa delle lezioni in presenza.

Lettera alla ministra

Il CSPI, nella lettera, chiede alla ministra di attivare da parte dei soggetti competenti le seguenti misure sanitarie e organizzative:

  • potenziamento del sistema dei controlli sanitari, dei dispositivi di sicurezza, del tracciamento dei contagi mediante l’utilizzo di tamponi rapidi e di una corsia preferenziale per tutte le componenti scolastiche;
  • priorità anche per il personale scolastico nella campagna vaccinale;
  • potenziamento dei servizi e dei trasporti, coordinato a livello territoriale con l’orario di funzionamento delle scuole, nel rispetto delle decisioni delle autonomie scolastiche;
  • interventi di carattere amministrativo in grado di garantire l’applicazione degli aspetti ordinamentali e che pianifichino per tempo aspetti fondamentali dell’anno scolastico (“monte ore” obbligatori e requisiti per la validità dell’anno scolastico, esami di Stato, modalità e risorse per il “recupero” …).

Resoconto dell’attività

Scuola gennaio, le soluzioni per il rientro. Il riepilogo regione per regione

da La Tecnica della Scuola

I prefetti hanno ultimato i piani per il rientro a scuola a gennaio, come abbiamo raccontato in un precedente articolo. Ma quali sono le soluzioni adottate regione per regione?

  • La differenziazione degli orari di ingresso e di uscita dagli Istituti scolastici sarà articolata in due fasce, spiega il Ministero dell’Interno: prevalentemente 8-14 e 10-16. La differenziazione degli orari di ingresso e di uscita avverrà nelle regioni: Abruzzo, Calabria, Campania (ad eccezione della provincia di Benevento che ha riportato l’ingresso su un unico turno), Friuli Venezia Giulia (ad eccezione della provincia di Gorizia che ha riportato l’ingresso su un unico turno), Lazio, Liguria, Lombardia, Puglia, Toscana (ad eccezione della provincia di Lucca che già prevedeva esclusivamente una flessibilità in entrata).
  • Un unico turno di ingresso invece lo avranno le regioni: Basilicata, Emilia Romagna, Molise, Sardegna (ad eccezione della provincia di Cagliari che, solo per i licei, mantiene il doppio turno di ingresso) e Veneto (ad eccezione della provincia Treviso, che ha confermato la scelta dei turni di ingresso del doppio turno di ingresso e uscita).
  • Temporaneamente un unico turno di ingresso si avrà nelle regioni Marche, Piemonte, Sicilia e Umbria, sebbene sia stata prevista dal piano dei prefetti la differenziazione degli orari di ingresso e di uscita. Un’opzione che dipende dal fatto che, come si legge sul sito del Viminale, la percentuale precedentemente prevista per il primo dei due turni di ingresso già corrispondeva al 50% della popolazione studentesca interessata.
  • L’attività didattica sarà distribuita in 6 giorni, con turnazioni della frequenza il sabato.
  • L’ora scolastica prevalente sarà quella da 45 o 50 minuti.
  • Tra il 7 gennaio e il 15 gennaio 2021 rientrano in presenza gli studenti delle superiori al 50 per cento.
  • Quanto ai trasporti, bus o corse aggiuntivi al 75% della capienza, dedicati alla popolazione studentesca.

Covid, il contagio schizza al 18%: dubbi degli esperti sul ritorno a scuola, Regioni allarmate chiedono udienza al Governo

da La Tecnica della Scuola

Cala il numero di nuovi positivi al Covid, ma solo perché i tamponi si dimezzano. E preoccupa il tasso di contagio, che schizza quasi al 18% (per l’esattezza al 17,6%). Una percentuale quasi doppia rispetto a quella dell’ultimo periodo, fanno notare gli esperti, che se confermata pure nei prossimi giorni potrebbe indurre il Governo a introdurre nuove restrizioni nel nuovo Dpcm che subentrerà a quello in scadenza il 15 gennaio.

Bonaccini: ci sono ancora rischi

Il dato non sfugge ai governatori, che in serata sono arrivati a chiedere un incontro urgente con il governo: “Io credo sarebbe giusto che il Governo nelle prossime ore ci riconvocasse e insieme prendessimo una decisione, in maniera molto laica”, ha dichiarato il presidente della Conferenza delle Regioni e dell’Emilia-Romagna, Stefano Bonaccini, intervistato dal Tg3.

“Se c’è preoccupazione, diffusa nel Paese, che questa possa comportare ancora un rischio, alla luce dei numeri che ci sono, eventualmente ci si ritrova e si discute. E capiamo – ha continuato Bonaccini – anche il Governo cosa ritiene, visto che ho sentito anche voci che provengono da esperti che il Governo utilizza per prendere decisioni che poi riguardano la parte scientifica”.

La prudenza degli esperti

E se si guarda a questo versante c’è poco da stare tranquilli. Secondo un’indagine quantitativa elaborata dallo statistico Livio Fenga “gli effetti del Dpcm del 24 ottobre sono ormai esauriti e in tutta Italia la curva dell’epidemia di Covid-19 sta tornando a salire: sono almeno 14 le regioni in cui le stime indicano una ripresa dei casi a partire dal Veneto.

Anche per il matematico Giovanni Sebastiani, dell’Istituto per le Applicazioni del Calcolo ‘Mauro Picone’ del Cnr, in questo ultimo periodo è incrementata “notevolmente la circolazione del virus in Italia e inizia ad aumentare di conseguenza la pressione sulle unità di terapia intensiva, in una situazione critica, nella quale gli eventuali effetti dei provvedimenti adottati prima di Natale potranno essere visibili solo a ridosso del 7 gennaio, data della possibile riapertura delle scuole”.

Pure il direttore sanitario dello Spallanzani di Roma, Francesco Vaia, ha detto che bisogna “mantenere inalterate per la scuola le misure di salvaguardia e prudenza attuate prima e di aspettare almeno la seconda settimana di gennaio”.

Azzolina: non possiamo arrenderci

Dal canto suo, la ministra dell’Istruzione, Lucia Azzolina, commentando lo scioglimento del Cspi, giunto al termine del suo mandato, ha detto che “non possiamo arrenderci e dobbiamo, ciascuno degli attori coinvolti, operare uniti, ricordandoci sempre del peso specifico che questa Istituzione ha nel percorso di ogni bambina e bambino”.

“Arretrare sulla scuola, significa rinunciare a un pezzo significativo del nostro avvenire”, ha concluso Azzolina.

Regione Puglia: inevitabili rischi

Le Regioni, però, non sembrano allineate. Alle preoccupazioni del Lazio, si sono aggiunte quelle della Puglia, dove il governatore Michele Emiliano vuole continuare a dare la possibilità agli studenti di tutte le scuole pugliesi e alle loro famiglie, di scegliere la didattica a distanza anche dal 7 gennaio.

“In tempo di pandemia – fanno sapere dalla Regione – si ritiene che le famiglie debbano poter decidere di non esporsi ai rischi derivanti dalla frequenza obbligatoria a scuola”.

Un incontro “urgentissimo” con il presidente della Regione Michele Emiliano, e gli assessori alla Sanità, Trasporti e istruzione, è stato chiesto dall’Anp Puglia in vista della conclusione delle attività dei vari tavoli di “coordinamento” istituiti dall’ultimo DPCM presso le prefetture per regolare la ripresa delle attività nelle scuole superiori.

Il presidente, Roberto Romito, parla di “delusione e forte preoccupazione” per il fatto che i tavoli in prefettura hanno “preso atto della sostanziale rigidità dell’offerta (dei trasporti, ndr) e, quindi, hanno scaricato sulle scuole l’onere esclusivo di modificare la propria domanda attraverso la diversificazione in due turni degli orari di ingresso e di uscita”.

“Non ci sono le condizioni di sicurezza per tornare a scuola il 7 gennaio e i trasporti non danno garanzie”, ha aggiunto sostiene Gianni Verga, segretario generale della Uil Scuola Puglia.

“Nonostante il cambio di guardia – ha detto ancora – continua sulla stessa linea di scarsa considerazione del sistema scuola e dei loro attori, con notizie frammentate e tanti tavoli inutili, ora anche con le prefetture”.

In Campania rientro per cicli

In Campania la Giunta regionale, guidata da Vincenzo De Luca, ha concordato con i sindacati un rientro per passi successivi, con un monitoraggio costante della curva dei contagi: il 7 gennaio è previsto il ritorno in classe delle prime e le seconde della primaria, che già frequentavano in presenza prima di Natale. Poi, dall’11 gennaio si attuerà la riapertura di tutte le classi”.

Sempre in Campania, dal 18 gennaio sarà la volta delle tre le classi delle medie e dal lunedì 25 degli studenti delle superiori.

Zaia (Veneto): aula terreno di coltura del virus

Per il Veneto ha parlato il governatore Luca Zaia: in un’intervista a La Repubblica si è detto “molto perplesso sull’opportunità di riaprire le scuole dal 7”, perché “un’aula scolastica rischia di essere il terreno di coltura del virus, che poi si propaga sui bus e fuori dagli istituti. Ho chiesto al nostro dipartimento di prevenzione di elaborare delle valutazioni sul da farsi”.

Secondo Zaia, i dati diffusi dall’Istituto superiore di sanità non “fanno stare tranquilli”. In Veneto “il virus si fa sentire, non dobbiamo banalizzare il momento, tanto meno abbassare la guardia”.

Adesso “la pressione ospedaliera è alta. Abbiamo 3.400 ricoverati, dei quali 400 in terapia intensiva”.

Zaia manda un messaggio anche a Conte: “la soluzione migliore in caso di crisi è il ritorno al voto, serve un esecutivo davvero legittimato. E le elezioni si possono tenere anche in piena campagna vaccinale”.

Razza (Sicilia): limitare accesso ai mezzi pubblici

Anche in Sicilia prevale la cautela: l’assessore alla salute della Regione siciliana Ruggero Razza ha detto al ‘Giornale di Sicilia’ che occorre “introdurre limitazioni di alcune attività per chi non è vaccinato. E’ una mossa ragionevole e ha già avuto successo con i vaccini per i bambini”.

“Si può limitare – ha continuato – l’accesso a luoghi come palestre, piscine, stadi oppure si può impedire di viaggiare, entrare in uffici, salire a bordo di mezzi pubblici a chi non dimostra di essere immune”, quindi anche agli studenti.

Giannelli (Anp): 50% studenti superiori fino al 31

Alla preoccupazione dei presidenti delle Regioni si aggiunge quella dei presidi: secondo Antonello Giannelli, presidente nazionale Anp, riprendere il 7 gennaio per le superiori con il 50% a distanza e al 50% in presenza per la prima settimana e poi al 75% “è irrealistico”.

Per il leader Anp bisognava puntare ad “un piano Marshall per la scuola” e siccome non c’è stato bisogna “tener conto di tutte le giuste esigenze di docenti e personale: quindi auspichiamo di continuare al 50% fino alla fine di gennaio”.

Gelmini (FI): non è stato fatto nulla

In questa situazione, le opposizioni politiche affondano il colpo. L’ex ministra Mariastella Gelmini, capogruppo di Forza Italia alla Camera, ha detto che “a 5 giorni dalla ripresa delle attività didattiche, in uno scenario pandemico purtroppo ancora poco rassicurante, ci chiediamo su quali basi il Ministro Azzolina abbia fondato la sua granitica certezza”.

“Non può farlo sulla base dei dati sui contagi, visto che non sappiamo quale sarà la curva al 7 gennaio, non può farlo sulla base di interventi e migliorie apportate alle nostre scuole o ai trasporti pubblici, perché non è stato fatto nulla o quasi”, ha concluso Gelmini.

Sasso (Lega): quello che bisognava fare

Il leghista Rossano Sasso, membro della Commissione Cultura alla Camera, ricorda quello che bisognava fare: “ridurre il numero di alunni per classe per garantire effettivo distanziamento ed eliminare le classi pollaio, dotare le scuole di impianti di ventilazione meccanica ed aerazione, ai fini del contrasto alla diffusione del virus per via aerosol ed infine prevedere ogni 15 giorni l’esecuzione di test antigenici rapidi per studenti e lavoratori, mediante istituzione di un presidio sanitario fisso in ogni scuola”.

Per Sasso, “la Azzolina non può rischiare sulla pelle e sulla salute di studenti e professori”.

Alla Calvino di Torino tutti in presenza

Intanto, però, ci sono scuole che guardano alla sicura didattica in presenza: “Dal 7 gennaio tutte le classi dell’Istituto, comprese le seconde e terze della secondaria, rientreranno in presenza con orario regolare”, si legge nella circolare di Lorenza Patriarca, dirigente scolastica dell’Istituto comprensivo ‘Niccolò Tommaseo’ di Torino di cui fa parte anche la scuola media ‘Italo Calvino’, da dove è partita la protesta contro la Dad.

“Si tratta di una condizione – si legge nella circolare – che tutti dobbiamo contribuire a preservare, garantendo comportamenti prudenti dentro e fuori dalla scuola. Raccomando pertanto di limitare all’essenziale i contatti con le altre persone, di osservare sempre il distanziamento, di indossare la mascherina e di assicurare una continua e accurata igiene delle mani e degli ambienti che frequentiamo”.

Si è detta felice Anita, l’alunna della Calvino, uno dei simboli della protesta contro la didattica a distanza: “Sono contenta che si rientri a scuola, sperando che questa decisione duri perché fino ad oggi abbiamo assistito a tante parole ma pochi fatti”.

Azzolina risponde al CSPI: sulla scuola non possiamo arrenderci

da La Tecnica della Scuola

Il 30 dicembre scorso il Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione (CSPI), la cui componente designata è scaduta il 31 dicembre, ha votato a larghissima maggioranza un “documento di fine mandato”, indirizzato alla Ministra dell’Istruzione e a tutta la comunità scolastica, contenente alcune riflessioni sul presente e sul futuro della scuola.

Anche a nostro parere – scrive il CSPI – la ripresa delle attività scolastiche in presenza deve essere una priorità assoluta evitando gli errori del passato e assicurando le massime condizioni di sicurezza a studenti e personale scolastico“.

Priorità per il personale scolastico nella campagna vaccinale

Per la ripresa delle lezioni in presenza, il Consiglio ritiene necessaria l’attivazione, da parte dei soggetti competenti, le seguenti misure sanitarie e organizzative:

  • potenziamento del sistema dei controlli sanitari, dei dispositivi di sicurezza, del tracciamento dei contagi mediante l’utilizzo di tamponi rapidi e di una corsia preferenziale per tutte le componenti scolastiche;
  •  priorità anche per il personale scolastico nella campagna vaccinale;
  •  potenziamento dei servizi e dei trasporti, coordinato a livello territoriale con l’orario di funzionamento delle scuole, nel rispetto delle decisioni delle autonomie scolastiche;
  •  interventi di carattere amministrativo in grado di garantire l’applicazione degli aspetti ordinamentali e che pianifichino per tempo aspetti fondamentali dell’anno scolastico (“monte ore” obbligatori e requisiti per la validità dell’anno scolastico, esami di Stato, modalità e risorse per il “recupero”, …).

Occorre – continua il CSPI – che la crisi sanitaria che stiamo attraversando diventi l’occasione per attribuire effettivamente centralità e priorità alla scuola“.

A questo fine – conclude – sarà importante che le ingenti risorse del Next Generation EU siano investite in larga parte nel sistema scolastico con una visione strategica in grado di risolvere presenti e pregresse criticità“.

La risposta della Ministra

Arretrare sulla scuola, significa rinunciare a un pezzo significativo del nostro avvenire. Per questo non lo faremo”. Così risponde Azzolina alla lettera dei componenti del Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione, sintetizzando gli obiettivi per i prossimi mesi.

Stiamo lavorando scrupolosamente. Considerando sempre tutti gli aspetti e senza mai pensare alla scuola come un mondo isolato, ma strettamente connesso con il resto della società” scrive la Ministra. “Per questo il nostro Ministero lavora in sinergia con il Dicastero della Salute e quello dei Trasporti. Ci sono dei sacrifici da fare, nella scuola come nel resto del Paese, è inevitabile: il vaccino apre una strada di speranza, ma il virus non è ancora sconfitto“.

Tutte queste azioni – continua Azzolina – muovono esattamente nella direzione di ciò che affermate nella vostra lettera: dare centralità e priorità alla scuola. Lo abbiamo fatto con le misure messe in campo in questi mesi. Ma anche con la legge di bilancio che, converrete, è finalmente un provvedimento che prevede investimenti per il nostro settore, non tagli o micro interventi, ma risorse vere. Lo faremo anche attraverso le risorse e i progetti connessi al Recovery fund su cui lavoreremo, in fase attuativa, con tutti gli attori coinvolti”.

E conclude: “Di recente abbiamo inaugurato un ciclo di incontri per riflettere su come migliorare il nostro sistema di educazione. Proseguiremo nei prossimi mesi con gli interventi di esperti nazionali e internazionali. Credo che da questa crisi potremo trarre la spinta per rendere la nostra scuola ancora più forte, consapevole del proprio ruolo, innovativa. Un percorso da fare tutti insieme“.

Rientro 7 gennaio, presidi preoccupati: criticità non superate, rischio salto nel buio

da La Tecnica della Scuola

 

Con oltre 20 mila contagi e circa 500 decessi al giorno, il Covid continua a fare paura. E siccome al 7 gennaio mancano una manciata di giorni, cresce lo scetticismo per il rientro a scuola della metà degli alunni delle superiori, così come confermato ad inizio d’anno dai prefetti. Tra coloro che mostrano maggiori perplessità figurano senza dubbio i presidi. E i loro sindacati.

Giannelli (Anp): 50% per tutto gennaio

Secondo Antonello Giannelli, presidente nazionale Anp, riprendere il 7 gennaio per le superiori con il 50% a distanza e al 50% in presenza per la prima settimana e poi al 75% “è irrealistico”.

A colloquio con Corriere della Sera e Stampa, Giannelli ha detto bisognava “pensare a un rimodernamento complessivo degli edifici, ci vuole un piano Marshall per la scuola”. Bisogna “tener conto di tutte le giuste esigenze di docenti e personale. Quindi auspichiamo di continuare al 50% fino alla fine di gennaio”.

 

Giannelli conferma la situazione a macchia di leopardo. Ci sono province “dove i piani sono stati fatti ascoltando anche la scuola, e le soluzioni funzionano. In altri posti come a Roma, dove non si è ascoltata la scuola, ci sono delle criticità. Ma in linea di principio era una buona idea quella di non fare regole nazionali come in passato valide per tutte le realtà, ma di decidere provincia per provincia come procedere”.

I trasporti: problema non sempre superato

Per il rientro il 7, il problema principale “restano i trasporti”. Molti tavoli provinciali hanno scelto come soluzione lo scaglionamento degli ingressi “su cui non siamo d’accordo se lo scaglionamento significa ritardare di tanto gli alunni che entrano al secondo turno”.

Il sindacalista Anp ritiene improponibile iniziare le lezioni alle 10: “La metà degli studenti italiani delle scuole superiori frequenta un istituto tecnico o un professionale: sono almeno 6 ore al giorno. L’organizzazione della loro vita sarà sconvolta. Escono alle 16.30, senza aver mangiato, prendono un bus o un treno, arrivano a casa affamati alle sei di sera. A che ora faranno i compiti? Alle 21…”. Ora, ha concluso Giannelli, la didattica “dovrà tenere conto del cambio di orario”.

Serafin (Cisl): difficile rimodulare gli orari

Paola Serafin, a capo dei dirigenti scolastici della Cisl, reputa “necessario tornare a scuola in presenza ma bisogna che la riapertura sia un impegno dell’intera società, non solo della scuola. Sembra invece che la scuola debba rimodulare il proprio lavoro e il resto può rimanere così come è. Ma non è così che può funzionare”.

“Se la riapertura viene effettuata con le condizioni di sicurezza – ha detto all’Ansa -, siamo positivamente orientata ma altrimenti è un salto nel buio”.

Serafin conferma che “i problemi sono stati affrontati a volte anche efficacemente nei tavoli prefettizi ma da luogo a luogo le condizioni sono diverse. In alcuni casi le soluzioni sono onerose per le scuole: si chiede per esempio di rimodulare l’orario, ma se i ragazzi entrano a scuola alle 10 invece che alle 8,30 rischiano di stare in giro ugualmente fino all’orario di ingresso in istituto. Inoltre in alcune scuole con attività pomeridiane e laboratori in atto, è estremamente difficile rimodulare gli orari”.

Fanfarillo (Cgil): scuole sicure ma serve coordinamento

“Siamo per la riapertura anche della scuola superiore ma in sicurezza – ha incalzato sempre all’Ansa Roberta Fanfarillo, leader dei dirigenti scolastici Flc Cgil -: abbiamo fiducia nella valutazione che le autorità sanitarie faranno rispetto alla situazione dei contagi”.

Anche per la sindacalista, in linea con quanto sostiene la ministra dell’Istruzione, le scuole sono luoghi sicuri: “in questi mesi hanno dimostrato che con l’applicazione dei protocolli si riesce a mantenere una situazione di sicurezza”.

Certamente, ha continuato Fanfarillo, “c’è la necessità di un coordinamento per il rientro in classe che è stato pensato a livello di prefetture perchè così si è più vicini ai territori. Tuttavia, queste riunioni hanno escluso le rappresentanze delle scuole che potevano dare un contributo importante, e sono state assunte decisioni a volte troppo rigide che non tengono conto di tutte le situazioni”.

Le diseguaglianze sociali partono dall’accesso alla scuola

da La Tecnica della Scuola

La scuola come ascensore sociale non sembra più funzionare e chi proviene da famiglie benestanti continua la scalata, al contrario di chi non si ritrova i mezzi necessari pere proseguire negli studi: “È come se l’ascensore sociale della scuola, dovendo arrivare al decimo piano, si fermasse al quinto, nei casi migliori”.

In estrema sintesi, questo il tema che Il Fatto Quotidiano affronta in un intervento sulle sue pagine, mettendo a confronto le università italiane, alcune delle quali si stanno ponendo questo problema, accogliendo e seguendo chi non può permettersi gli studi, considerato che, come ha spiegato il rettore dellascuola Normale di Pisa nella prolusione all’anno accademico, esiste un problema grave “il fenomeno crescente della sempre più alta estrazione sociale dei nostri allievi”.

Nel passato – si legge sul Fatto-  la Normale funzionava molto meglio come ascensore sociale. Dato che il percorso di studi è completamente gratuito e gli allievi ricevono una retta, tanti ragazzi e ragazze di famiglie meno abbienti avevano possibilità di fare carriera, accusando la scuola nel suo complesso: “Le università arrivano al termine di una lunga filiera, in cui evidentemente qualcosa si è spezzato”.

“C’è poco stupirsi: è il risultato del modello di sviluppo degli ultimi 20/30 anni. Un capitalismo finanziario al servizio del consumismo e nemico della cultura e dell’istruzione. Le diseguaglianze prima che economiche sono nell’accesso all’istruzione. Oggi viviamo nell’illusione che internet rende tutti uguali, più o meno”, sostiene l’ex sindaco di Pisa.

Sileri: abituarsi a ‘stop and go’ della scuola

da La Tecnica della Scuola

Il viceministro alla Salute Pierpaolo Sileri, confermando la ripresa delle attività didattiche in presenza dal 7 gennaio, non esclude la possibilità di nuove chiusure nei prossimi mesi, in base all’andamento dell’epidemia: “Siamo pronti a riaprire le scuole, ma con azioni chirurgiche in caso di contagi fuori controllo. Così come se ci saranno focolai ben definiti sarà necessario fare passi indietro. Dobbiamo abituarci a uno stop and go, questa sarà la nostra routine e andremo avanti così per gran parte del 2021”.

Ma Sileri ha pure precisato a Fanpage che “i 21 parametri continueranno ad essere valutati quotidianamente e sulla base di quelli si decideranno eventuali nuovi interventi chirurgici”.

“Credo che vi sarà una risalita dei casi a partire dalla seconda settimana di gennaio, dobbiamo essere pronti a fare dei passi indietro nel caso il virus rialzasse la testa”.

“La scuola è un ambiente sicuro, va reso sicuro anche tutto ciò che circonda la scuola. Una cosa è certa, non dobbiamo correre da questo punto di vista, l’unica cosa per cui dobbiamo correre è il vaccino quando arriverà”.