Riapertura deve essere in presenza e in sicurezza

Scuola: Cgil e Flc,  riapertura deve essere in presenza e in sicurezza, Governo ci convochi

Roma, 4 gennaio – “La salute del personale e degli studenti deve essere tutelata. Chiediamo immediata convocazione di un tavolo nazionale per monitorare la situazione e valutare i provvedimenti necessari”. È quanto si legge in una nota congiunta di Cgil nazionale e FLC Cgil.

“Ad oggi un provvedimento del Governo prevede la riapertura delle scuole il 7 Gennaio 2021, con gli alunni della scuola secondaria al 50%. Da sempre chiediamo la riapertura in presenza, con le necessarie tutele in materia di salute e sicurezza”. “Attualmente – prosegue la nota – siamo di fronte a contesti e realtà fortemente differenziate, non solo tra territorio e territorio, ma anche tra scuola e scuola, ecco perché sono necessari monitoraggi e strumenti flessibili finalizzati a fornire le giuste risposte alla varietà delle situazioni, valorizzando l’autonomia delle istituzioni scolastiche e fornendo le risorse necessarie”.

Cgil e FLC denunciano che “il Governo è in ritardo su tutta una serie di provvedimenti che chiediamo da mesi, e se ne deve assumere la responsabilità”. “Ad oggi non conosciamo e non sono stati resi pubblici i dati sui contagi nelle scuole: l’Esecutivo ha il dovere di dirci se e quanto la scuola in presenza ha contribuito ai contagi. Occorre – continuano – dare informazioni più precise sull’uso dei dispositivi di sicurezza e garantire una fornitura adeguata degli stessi per tutte le scuole”. Il sindacato chiede poi di “aggiornare tempestivamente i protocolli sulla sicurezza, a partire da quello nazionale” e di “inserire altrettanto tempestivamente il personale della scuola nel piano vaccinale nazionale”. Si sottolinea poi che “non è ancora stata  creata una corsia preferenziale per la scuola sull’effettuazione dei tamponi e dei tracciamenti, dove questo avviene è solo grazie a iniziative locali e non all’interno di un sistematico intervento del sistema sanitario nazionale”. Infine per quanto riguarda gli interventi sul sistema dei trasporti, “sono previsti in maniera non omogenea nel Paese e non ovunque si danno risposte adeguate”.

Nel comunicato congiunto si ricorda che “FLC e Cgil in una lettera del 2 dicembre scorso avevano sollecitato i Ministri dell’Istruzione e della Sanità a dare risposte tempestive e soddisfacenti su queste ed altre tematiche, ma ancora una volta scontiamo ritardi, carenze e disomogeneità di intervento. Per questo – ribadiscono – chiediamo la convocazione immediata di un Tavolo Nazionale, prima del 7 Gennaio 2021, che permetta l’individuazione delle problematiche di sistema e metta in condizioni i territori e le scuole di dare le risposte più adeguate, anche in termini di tempistica, ai fini della necessaria riapertura. La scuola – concludono – potrà riaprire solo se le condizioni di sicurezza saranno garantite”.

SENZA SICUREZZA NO AL RITORNO IN CLASSE IL 7 GENNAIO

COVID-19, GILDA: SENZA SICUREZZA NO AL RITORNO IN CLASSE IL 7 GENNAIO

“Tra i doveri, sanciti dalla legge, che spettano al sindacato c’è anche quello di intervenire affinché siano garantita la sicurezza dei lavoratori. Ebbene, date le attuali condizioni sanitarie dovute all’andamento della curva epidemiologica e alle misure insufficienti adottate finora, prima fra tutte il sistema di tracciamento dei contagi che è andato in tilt in numerose zone d’Italia, riteniamo che il ritorno in classe il 7 gennaio rappresenti un azzardo”. A dichiararlo è Rino Di Meglio, coordinatore nazionale della Gilda degli Insegnanti.

“Siamo docenti e sappiamo perfettamente che l’unica vera scuola è quella in presenza e siamo i primi a sostenere che la didattica a distanza è una soluzione emergenziale. Ma, data la situazione attuale, non è affatto peregrino il rischio di riaprire le scuole il 7 gennaio e di doverle richiudere dopo pochi giorni”, conclude Di Meglio. 

Come ti illudo una caregiver single

Come ti illudo una caregiver single

Vita del 04/01/2021

Anche dal sito ufficiale dell’Ufficio per le politiche in favore delle persone con disabilità (Presidenza del Consiglio dei Ministri) si contribuisce ad una narrativa illusoria per tante madri caregiver, vagheggiando ristori che in realtà sono assai incerti e non scevri da un retrogusto di fastidiosa disparità. Nel sunto-celebrazione della legge di bilancio, narra il sito governativo: “Con la legge 30 dicembre 2020, n. 178, viene riconosciuto un contributo economico mensile di massimo 500 euro, per gli anni 2021, 2022 e 2023, alle madri disoccupate o monoreddito che fanno parte di nuclei familiari monoparentali con figli a carico aventi una disabilità superiore al 60%.” Quella citata è appunto la recentissima norma di bilancio che (art. 1, commi 365-366) introduce appunto per i tre anni a venire un contributo che attirerà notevole attenzione e verosimilmente altrettante discussioni e malumori. Non è tutto oro ciò che luccica e in questo caso meno del solito.

Intanto, attenzione: 500 euro al mese è la “misura massima” su cui verranno poi indicate le modalità di graduazione di quell’importo, anche se il testo non prevede espressamente nessun limite di reddito. Non si riferisce nemmeno all’ISEE, come pure evita di precisare se vi siano incompatibilità con altre misure assistenziali (ad esempio il reddito di cittadinanza che dovrebbe già raggiungere questa platea). I limiti ci saranno eccome anche perché il Parlamento ha autorizzato un fondo molto limitato. 5 milioni è la cifra massima destinata a questi interventi: finiti i soldi non si erogano più contributi e chi primo arriva meglio alloggia.

Vi sono poi altri passaggi piuttosto abborracciati nel testo. Ad esempio il limite al 60% di invalidità. I minori, salvo casi particolari, non vengono percentualizzati, come pure non vengono percentualizzati i ciechi e i sordi e quindi quella soglia, detta così, non è individuabile. E che dire dell’equiparazione fra una evidente “disoccupazione” e di un vago “monoreddito”? Vi sono manager, del pubblico e del privato, che sono monoreddito da migliaia di euro a mese. E vi sono monoreddito che non arrivano a mille.

Ma poi, proprio conoscendo l’estrema varietà delle condizioni di caregiver familiare, non può che sorgere un dubbio di natura costituzionale: vengono immotivatamente esclusi i padri che siano disoccupati in nuclei monoparentali con figli a carico e con disabilità. E ancora: non vengono ammesse le sorelle disoccupate in nuclei orfanili con fratello disabile a carico, ma potremmo continuare nelle tante possibili fattispecie tutte realistiche. Quanto basta per aprire contenziosi prima di natura amministrativa e poi costituzionale.

Forse alcuni coni d’ombra potranno essere illuminati – si fa per dire – dall’apposito previsto decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con l’immancabile Ministro dell’economia e delle finanze. La legge di bilancio si limita ad anticipare, assai genericamente, che vi saranno disciplinati i criteri per l’individuazione dei destinatari e le modalità di presentazione delle domande di contributo e di erogazione dello stesso “anche al fine del rispetto del limite di spesa” fissato dalla norma. Nella sostanza il Parlamento ha rifilato al Ministero l’onere restringere la platea. Una mansione tutt’altro che piacevole e popolare, visto che non ci si può salvare, in questo caso, con un decreto di riparto alle regioni (come si è fatto con il fondo per i caregiver del precedente triennio) e passare a loro il fiammifero acceso.

In tutto questo se effettuate una ricerca sul web con le parole chiave “bonus 500 euro madri con figli disabili”, apparirà plasticamente l’illusione di un futuro roseo. Di fuffa. Nel frattempo è assolutamente inutile precipitarsi al patronato sindacale per presentare una improbabile domanda.

di Carlo Giacobini

Il matematico “Sarebbe un errore l’impennata è certa”

da la Repubblica

Giovanni Sebastiani è un matematico che lavora all’Istituto per le applicazioni del calcolo, Consiglio nazionale delle ricerche. Con il virologo Giorgio Palù il 20 novembre ha pubblicato su Viruses un lavoro in cui si sostiene che le scuole hanno avuto una centralità nella seconda ondata di Covid-19 nel Paese.

Sebastiani, ci dica subito: cosa pensa della riapertura degli istituti superiori giovedì prossimo?

«Un’ imprudenza. Il contagio ha ripreso a salire, e comunque da metà novembre non scende più. Questo nonostante ci siano state restrizioni dal 4 novembre. Potrebbe dipendere dalla variante inglese e la situazione non è sotto controllo. Non a caso, nel Regno Unito si riparte il 18 gennaio».

Il governo italiano ha chiuso le Regioni dal 20 dicembre proprio per abbassare i contagi.

«Sì, e adesso non può riaprire senza conoscere i risultati del suo e del nostro sforzo. Il vero lockdown è partito il 24 dicembre e inizieremo a capire quali risultati ha maturato proprio a ridosso del 7 gennaio. Oggi sappiamo che 7 regioni vedono una crescita dei malati in terapia intensiva e che, ancora il 2 gennaio, i positivi sui testati erano al 39 per cento. Sono numeri stratosferici, dieci giorni fa stavamo al 22 per cento. Serve un altro periodo di attesa, potremmo indicare lunedì 18 gennaio come giorno di rientro».

Ci spiega perché vi siete convinti che la scuola abbia avuto un impatto sull’esplosione dei positivi tra ottobre e novembre?

«Lo dicono i numeri. A 14 giorni dall’inizio dell’anno scolastico la crescita dei contagi era di tipo lineare, con l’apertura siamo arrivati al 3 per cento dei nuovi positivi sui casi testati. Quattordici giorni ancora e l’aumento è diventato esponenziale, simile a quello dei primi di marzo. I contagiati raddoppiavano ogni settimana, e così i ricoverati in terapia intensiva. Da cosa è dipesa questa impennata?».

Ce lo dica lei.

«L’unico elemento di novità presente è stata la riapertura delle scuole, con 9 milioni di persone in movimento. Possiamo escludere altre influenze: l’attività lavorativa era già iniziata agli inizi di settembre, e nelle prime due settimane i contagi erano bassi. Dopo l’apertura non si sono verificati fenomeni macroscopici: non c’è stato un flusso turistico rilevante, per esempio. Non possiamo che ipotizzare che la scuola sia stata la causa originante della rapida crescita dei positivi».

Altre indicazioni?

«L’età media dei contagiati in quel periodo era bassa e l’ipotesi scuola viene rafforzata dal fatto che successivamente il governo ha introdotto decreti che hanno limitato l’accesso alle classi e frenato la crescita. Non può essere un caso che il 15 novembre, dodici giorni dopo il Dpcm, si tocchi il picco della pandemia e i dati inizino a scendere».

Ci sono altri lavori che ritengono che la scuola, sul piano dei contagi, si comporti come il resto della società.

«Sul piano statistico sono deboli».

Da novembre in poi sono cresciute le ricerche che evidenziano un problema specifico negli istituti scolastici italiani.

«Due studi inglesi, commentati su Lancet, arrivano agli stessi risultati con un’indagine a campione sugli studenti, indagine che il nostro ministero non ha mai fatto. E un lavoro dell’Università di Modena e Reggio, realizzato su 36 scuole diverse, spiega che nella fascia di età tra gli 11 e i 18 anni la trasmissione è significativa. La scuola, no, oggi non è attrezzata per ripartire».

L’immunologa “Rinviare non serve le classi sono sicure”

da la Repubblica

Maria Novella De Luca

ROMA — «Le scuole devo essere riaperte. I dati dell’Istituto superiore di sanità hanno dimostrato che non sono un amplificatore dei contagi e se si seguono regole rigorose è possibile, anzi fondamentale, che i ragazzi tornino in classe. Utilizziamo ogni cautela: l’obbligo della mascherina, il distanziamento, gli orari sfalsati nelle entrate e nelle uscite, la sanificazione, i tamponi, ma riportiamo i nostri ragazzi sui banchi. Hanno già pagato abbastanza, in gioco c’è il loro futuro». Antonella Viola, immunologa dell’università di Padova, è netta: «Non serve a nulla rinviare l’inizio delle lezioni di una settimana, non si può risolvere in 7 giorni quello che non è stato fatto in mesi e mesi per cambiare il trasporto pubblico e mettere in sicurezza le scuole».

Ma con i bus sovraffollati, le aule senza il distanziamento giusto, far circolare migliaia di ragazzi, non porterà a un’impennata di contagi?

«No, se tutti si impegnano a seguire le regole in modo ferreo. Mi spiego.

Noi partiamo da un fallimento. Le regioni non si sono attrezzate per aumentare il trasporto pubblico, che è il vero un amplificatore dei contagi, insieme ai luoghi di lavoro e alla famiglia. All’inizio dell’anno poi sono stati fatti degli errori all’interno delle scuole stesse».

Quali errori?

«Ad esempio non imporre l’obbligo delle mascherine quando i ragazzi erano seduti al banco. Invece devono essere portate sempre negli ambienti chiusi. I prof, poi, dovrebbero indossare le “Fpp2” anche quando spiegano, ossia nel momento più rischioso per i contagi».

Ovunque però il problema del trasporto si è rivelato drammatico.

«Infatti ho parlato di un fallimento.

Ma possiamo arrenderci e lasciare a casa i nostri ragazzi? Spero che le regioni si attrezzino, ma intanto puntiamo agli orari differenziati, ai turni, alle settimane alternate».

E questo garantisce la sicurezza?

Alcuni suoi colleghi ritengono invece le scuole potenziali focolai.

«Non lo dico io ma l’Istituto superiore di sanità che ha analizzato la situazione dei contagi nelle scuole. Ci sono stati casi positivi ma nessun focolaio. Si parla di riaprire le piste da sci e dobbiamo tenere le scuole chiuse?».

Molti presidi affermano di non essere in grado di organizzare un rientro con le turnazioni necessarie per garantire la sicurezza.

«Lo capisco, scontiamo un enorme ritardo, forse si può cominciare in modo graduale. Ma l’importante è ripristinare la presenza in classe. Ci sono ragazzi che vivono in famiglie protette, hanno le tecnologie necessarie per seguire la didattica a distanza. E ragazzi in situazioni di degrado gravissime per i quali la scuola è l’unica ancora di salvezza».

Anche da parte di molti prof c’è una certa resistenza per paura dei contagi.

«La difesa è indossare la mascherina giusta, sempre. Lo fanno i medici in ospedale, gli infermieri a contatto con le persone malate. Possono farlo anche i prof che sono invece a contatto con ragazzi sani».

Insomma, quali sono le regole per tornare in classe?

«Mascherine. Turni per evitare l’affollamento dei bus e per il distanziamento nelle classi. Sanificazione delle aule e dei bagni. Tracciamento dei positivi. Certo che esiste un margine di rischio, ma è assai più rischioso per la loro salute psicofisica, lasciare una generazione di adolescenti senza le lezioni in presenza».

Gli studenti senza bussola

da La Stampa

Chiara Saraceno

Non si può programmare l’attività scolastica di giorno in giorno, lasciando nell’incertezza continua studenti, insegnanti, presidi. E non si può neppure baloccarsi a trovare soluzioni di fatto improponibili, macchinose e che richiedono un dispendio di tempo organizzativo che sarebbe meglio investire nell’organizzare una didattica adeguata alla situazione. Ad esempio, come continuano a ripetere i presidi, i doppi turni sono impossibili, o molto difficili da realizzare con il numero degli insegnanti attuali, perché questi ruotano su più classi (e in alcuni casi su più scuole).

Lo stesso vale, peraltro, anche per la scuola secondaria di primo grado. Anche lo sfalsamento degli orari di entrata e uscita è impraticabile, non solo per la distribuzione degli insegnanti, ma perché gli orari sono già molto lunghi e ritardando l’orario di entrata e uscita si renderebbe difficile agli studenti trovare un ritmo tra il riposo e lo studio.

Per non parlare del fatto che le scuole non sono attrezzate per il servizio mensa. A fronte del perdurare della pandemia, meglio adottare una modalità di didattica mista in modo stabile, senza cambiarla (o annunciarne il cambiamento) ogni quindici giorni. Se la situazione dei trasporti, del monitoraggio con i tamponi, della capacità di contact tracing non consente più del 50% in presenza, strappiamoci le vesti per l’incapacità di chi doveva provvedere per tempo e per le resistenze dei sindacati (le cui, legittime,

preoccupazioni non sembrano tuttavia più fondate di quelle di chi lavora in sanità, o in fabbrica o in un supermercato). Ma poi che ci si organizzi attorno a quella percentuale almeno per il prossimo mese o anche due, modificandola se solo quando la situazione epidemiologica sarà sensibilmente migliore, in modo da dare stabilità al sistema, evitando annunci e promesse che poi non vengono puntualmente mantenute. E ci si impegni, fornendo tutto il sostegno possibile agli insegnanti e agli studenti, perché la didattica a distanza non sia la semplice trasposizione via video di quella frontale in presenza. Perché il ritmo in presenza/a distanza diventi anche occasione di modalità di insegnamento e apprendimento differenti, anche più coinvolgenti l’iniziativa degli studenti. Il che non significa caricarli di compiti in modo inverosimile, come in molti casi è successo sia questa estate sia durante le vacanze di Natale, quasi che dovessero compensare da autodidatti ciò che non avevano ricevuto dalla scuola.

Un modo molto efficace di scoraggiare ulteriormente chi già è in difficoltà. Significa esplorare le potenzialità del digitale, come risorsa di contenuti (si trovano splendide lezioni su pressoché tutto, fatte in modo estremamente affascinante), ma anche come modalità che può essere utilizzata dagli studenti stessi per restituire ciò che hanno appreso e per costruire percorsi di apprendimento. Significa anche guardarsi attorno nella propria comunità, per trovare sia chi può accompagnare gli studenti (e i docenti) che hanno maggiore difficoltà, sia luoghi e persone che possono offrire esperienze educative complementari: attori che spieghino Shakespeare o Ariosto, direttori di Musei che conducano attraverso le epoche o stili pittorici o le civiltà. Prendiamo atto che anche quest’anno scolastico non potrà svolgersi in modo “normale” evitando di ripetere gli errori dello scorso anno e del primo trimestre di questo. Non basta ripetere il mantra della scuola come priorità e neppure del ritorno in presenza senza se e senza ma. Purtroppo non siamo stati capaci né di essere coerenti con il primo né di costruire le condizioni del secondo. Meglio ragionare su come mettere l’investimento nella scuola come una delle priorità del piano per il Next Generation Eu e, per l’anno in corso, costruire le condizioni stabili per una didattica integrata efficace, innovativa e praticabile. Magari anche riflettendo se non sia opportuno, e forse più efficace, dopo aver vaccinato gli operatori sanitari e delle Rsa, non sia opportuno passare agli studenti (dai 16 anni in su) e agli insegnanti.

“La scuola riapre il 7 col 50% in Dad” Azzolina tira dritto, Conte la sostiene

da La Stampa

Federico Capurso

roma

La ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina, interpellata da La Stampa, tiene il punto: «Il 7 gennaio la scuola ripartirà con la didattica a distanza al 50%». Lo fa mentre intorno a lei tornano a sollevarsi i dubbi delle Regioni e le preoccupazioni dei sindacati, che arrivano a chiederle un rinvio all’11 o al 18 gennaio. Ma Azzolina non si muove di un millimetro, consapevole di avere dalla sua parte, forse per la prima volta, un governo compatto. È Giuseppe Conte il primo a schierarsi al suo fianco ribadendo, nel corso del vertice con i capidelegazione di maggioranza, la necessità di confermare il piano di ripartenza della scuola nelle zone gialle. Persino i ministri dell’ala rigorista, Roberto Speranza, Francesco Boccia e Dario Franceschini, generalmente orientati più a chiudere che a riaprire, confermano la volontà di provarci, pur tenendo alta l’attenzione sul quadro epidemiologico e -fanno sapere – sempre pronti a intervenire.

Il piano di riapertura dunque è confermato e non dovrebbe subire variazioni. Tanto che il tema è stato tenuto fuori anche dal vertice con le Regioni, organizzato per parlare delle ulteriori restrizioni che si stanno studiando a palazzo Chigi a partire proprio dal 7 gennaio: la scuola non verrà toccata. I governatori, del Pd come del centrodestra, temono però di veder crescere nuovamente i contagi e di tornare ad essere colorati di arancione o di rosso. «Abbiamo fatto tutto ciò che era necessario in tema di sicurezza per i trasporti, in accordo con i prefetti, ma restano molte criticità sul contenimento della pandemia», hanno scritto oggi in una nota comune i governatori della Lega al termine di un incontro con Matteo Salvini. Anche per questo, il presidente dei governatori Stefano Bonaccini aveva chiesto un incontro al governo. Dal ministero dell’Istruzione però alzano un muro: nessuna nuova riunione con le Regioni verrà fissata in questi giorni. D’altronde, tutti i governatori hanno firmato appena 10 giorni fa il piano per la riapertura della scuola, insieme al ministero dell’Istruzione, a quello dei Trasporti e al Viminale. E se vogliono, come annuncia il campano De Luca, sono liberi di decidere di rinviare le aperture. Persino di non riaprire.

Il piano studiato dal ministero, dettagliato, città per città, nelle intenzioni di Azzolina dovrebbe evitare il rischio di una nuova chiusura se la pandemia peggiorasse. Dall’ala rigorista di governo, però, si ribalta il concetto: «Il piano così dettagliato era necessario per permettere una riapertura. Non mette al sicuro la scuola dalla possibilità di dover chiudere di nuovo, anche se non se lo augura nessuno». D’altronde -viene fatto notare – altri Paesi europei stanno tenendo gli studenti delle superiori a casa (Germania, Olanda, Gran Bretagna). Se l’andamento dei contagi si impennerà quindi verso l’alto o le strutture sanitarie, impegnate nella campagna vaccinale, andranno in sofferenza, la scuola non potrà essere esclusa a priori da ulteriori misure restrittive.

I sindacati, intanto, caldeggiano il rinvio. Dalla Uil alla Cisl, fino allo Snals, si sollevano forti perplessità per i rischi di contagio e, per questo, si chiede al governo di inserire professori e personale non docente tra le priorità di accesso al vaccino. Vorrebbe frenare le polemiche l’Associazione nazionale presidi, ma poi anche da lì si sottolineano alcune criticità contenute nel piano di Azzolina, a partire dagli scaglionamenti degli orari, da evitare il più possibile. —

Azzolina annuncia: “Si torna in classe il 7 gennaio, la scuola è stata fin troppo sacrificata”

da OrizzonteScuola

Di Andrea Carlino

”Posso confermare la volontà del governo di riaprire. Avremmo voluto farlo a dicembre, ma abbiamo rimandato su richiesta delle Regioni: ora è arrivato il tempo di tornare in classe”.

“La scuola è un servizio pubblico essenziale, non si può continuare a sacrificare i ragazzi né pensare che la didattica a distanza possa  sostituire quella in presenza”. Così la ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina in un’intervista al ‘Fatto Quotidiano’.

Di fronte alla risalita dei contagi, la ministra assicura che si continuerà a seguire la linea della prudenza ma ”è chiaro però che se in questo momento sale la curva dei contagi non può essere colpa delle scuole superiori, visto che sono chiuse da due mesi”.

Quanto ai sacrifici, per Azzolina ”la scuola ha fatto la sua parte. Se  dovessero servire nuove misure di contenimento, ora bisognerebbe  cercarle in altri settori”.

Quanto al dibattito sulla circolazione del virus tra gli studenti, per Azzolina ”gli studi sui contagi nelle scuole ci sono, ma escludono che siano determinanti. Il Centro europeo per il controllo delle  malattie (Ecdc, ndr) ha detto chiaramente che le riaperture non hanno innescato la seconda ondata”.

Azzolina: “In aula il 7 gennaio”

da La Tecnica della Scuola

La ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina in un’intervista al Fatto quotidiano è stata chiara, nonostante gli appelli al premier Conte da parte di virologi, presidi e sindacati, secondo i quali riaprire le scuole il 7 è rischioso:  “Posso confermare la volontà del governo di riaprire. Avremmo voluto farlo a dicembre, ma abbiamo rimandato su richiesta delle Regioni. Poi avremmo voluto tornare al 75% e invece abbiamo accolto il suggerimento del 50%. Abbiamo collaborato: ora è arrivato il tempo di tornare in classe”.

Neanche se aumentano i contagi?

 “Tutte le decisioni richiedono la prudenza che finora ci ha guidati”, risponde la ministra. “Continueremo a seguirla. E’ chiaro però che se in questo momento sale la curva dei contagi non può essere colpa delle scuole superiori, visto che sono chiuse da due mesi”.

E Azzolina continua: “Con le scuole chiuse gli studenti non stanno casa h24: tanto vale che stiano a scuola, un luogo protetto e con regole da rispettare”.

“Possiamo dire che la scuola ha fatto la sua parte. Se dovessero servire nuove misure di contenimento, ora bisognerebbe cercarle in altri settori”, afferma Azzolina.

Rientro 7 gennaio, Conte non torna indietro ma per 9 regioni ci sono troppe criticità: rischio slittamento rimane

da La Tecnica della Scuola

L’allarme di Regioni e sindacati non ferma il governo: il 7 gennaio la metà degli studenti delle superiori torneranno a scuola. Lo ha confermato il premier Giuseppe Conte ai capi-delegazione della maggioranza, al ministro per gli Affari Regionali Francesco Boccia e ai membri del Comitato tecnico scientifico, nel corso di una riunione convocata per fare un punto sull’emergenza Covid in vista della scadenza delle misure restrittive messe in campo per le festività.

La linea di Conte: rinvio ingiustificato

Il presidente del Consiglio avrebbe tenuto a dire ai presenti che è stato apprezzabile il lavoro svolto in corrispondenza delle festività natalizia ai tavoli con i prefetti, dalle Regioni assieme a sindacati e i rappresentanti delle parti coinvolte: nello specifico, i tavoli prefettizi hanno in alto numero portato ad un potenziamento del numero e delle corse dei mezzi pubblici, dato il consenso a lezioni di 45-50 minuti (senza recupero) e ingressi scaglionati tra le 8 e le 10.

Pertanto, secondo il premier rinviare all’11 o al 18 gennaio il rientro in classe non sarebbe giustificabile.

Una posizione in linea con quella della ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina, che aveva tentato fino all’ultimo di far rientrare in classe gli studenti delle superiori già nella seconda decade di dicembre.

Le perplessità di nove Regioni

Il via libera di Conte, tuttavia, continua a non convincere alcuni presidenti delle Regioni. Alcuni di loro, in particolare quelli di Campania (dove si ripartirà a cicli scaglionati) e Puglia (dove l’ultima parola potrebbe essere data alle famiglie), potrebbero decidere di fare diversamente. E di traverso si sono messi pure quelli dei territori a guida leghista, che giudicano poco soddisfacenti le organizzazioni prodotte in alcuni territori.

“Come governatori abbiamo fatto tutto ciò che era necessario in tema di sicurezza per i trasporti in accordo con i prefetti, ma restano molte criticità sul contenimento della pandemia“, hanno scritto oggi in una nota comune i governatori della Lega Massimiliano Fedriga (Friuli Venezia Giulia), Attilio Fontana (Lombardia), Maurizio Fugatti (Trentino), Christian Solinas (Sardegna), Nino Spirlì (Calabria), Donatella Tesei (Umbria) e Luca Zaia (Veneto).

Il Lazio allineato

Certamente, ci sono anche delle Regioni che non sembrano ostacolare la decisione del premier: nel Lazio, ad esempio, dopo la riunione svolta tra l’assessore regionale alla Scuola Claudio Di Berardino, rappresentanti dell’assessorato ai Trasporti della Regione, l’Usr e le organizzazioni sindacali, il direttore dell’Usr Rocco Pinneri ha inviato una Nota a tutte le scuole.

Nel documento – che fa seguito ai forti dubbi espressi nei giorni scorsi dai presidi e dall’assessore alla sanità Alessio D’Amato – vengono forniti tutti i chiarimenti in merito al «raccordo tra gli orari di inizio e termine delle attività didattiche e gli orari dei servizi di trasporto pubblico», con particolare riferimento ad orari di entrata, scaglionamenti e riduzione oraria delle lezioni.

Decisiva comunque sarà la posizione, sicuramente, che prenderà il governatore Nicola Zingaretti.

Salvini: troppe incertezze

La missiva pubblica è arrivata al termine dell’incontro con il segretario del Carroccio, Matteo Salvini.

Lo stesso Salvini parla di “grande preoccupazione” di chi gestisce le Regioni “per l’incertezza sul tema scuola, totale assenza di confronto da parte del ministro Lucia Azzolina, nessuna indicazione sulle future restrizioni regionali, ritardi nelle vaccinazioni il cui piano è in capo al governo”.

Perplessità vi sarebbero addirittura tra esponenti della maggioranza, in particolare del Partito Democratico: chiedono di evitare il rientro a scuola “se non è sicuro”, scrive l’Ansa.

Sindacati contrari

Anche i sindacati della scuola sono contrari al rientro immediatamente successivo alla Befana.

Secondo Pino Turi, segretario della Uil scuola, dice che “si deve tornare all’accordo sulla sicurezza di agosto e ripartire da quel punto.

“Tornare il 7 gennaio è troppo rischioso”, ha detto Elvira Serafini, a capo dello Snals, e indica come più ragionevole come data di rientro il 18.

Maddalena Gissi, leader della Cisl Scuola, chiede in modo provocatorio: “Il 7 si rientrerà? La soluzione sarà estratta il giorno della Befana come succedeva un tempo con la Lotteria Italia!”.

L’Anp ha chiesto di evitare “turnazioni dannose per l’organizzazione di vita e di studio dei ragazzi”.

“Chiediamo almeno due settimane di rinvio per sottoporre studenti, docenti e tutto il personale scolastico ai test per verificare chi è eventualmente positivo al virus”, ha detto Marcello Pacifico, presidente Anief.

Il bollettino dei contagi

L’impressione è che sarà molto importante il bollettino dei contagi dei prossimi due giorni. Quello delle ultime ventiquattr’ore è stato interlocutorio: sono risultati 14.245 i nuovi casi di Covid-19, con 347 decessi. Il tasso di positività è passato dal 17,6% al 13,8% ma rimane sempre alto.

E in terapia intensiva sono risultati 14 pazienti in più rispetto al giorno prima, con 154 nuovi ingressi registrati: in tutto 2.583, contro i 2.569 del giorno prima. Anche il fatto che i vaccini anti-Covid procedano a rilento non è una bella notizia.

Iscrizioni scuola, si parte il 4 gennaio: l’assistente virtuale iolly aiuterà nella compilazione della domanda

da La Tecnica della Scuola

Dalle ore 8 di domani, 4 gennaio 2021, prenderanno il via le iscrizioni al prossimo anno scolastico. Le domande potranno essere inoltrate fino alle ore 20 del 25 gennaio.

La modalità è online, tranne che per le scuole dell’infanzia che mantengono il modulo cartaceo.

Per inoltrare la domanda è necessario registrarsi al portale e lo si può fare anche ora e fino alla chiusura delle funzioni il 25 gennaio.

Come registrarsi

Chi ha lo SPID invece non deve fare nulla al momento e potrà procedere direttamente all’inoltro della domanda dal 4 gennaio.

Si ricorda che inoltrare la domanda per primi non dà priorità di accoglimento da parte della scuola. Infatti, un criterio che assolutamente non può essere previsto dalle scuole, in caso di domande in eccedenza, è la data di invio della domanda di iscrizione. Insomma, non c’è alcuna fretta, le famiglie possono inviare l’istanza anche l’ultimo giorno, senza temere per questo di essere esclusi.

E’ importante prestare particolare attenzione nella compilazione dell’istanze. Infatti, la domanda, se inoltrata, non può essere modificata.
Per apportare delle modifiche è necessario contattare la scuola destinataria della domanda che potrà restituirla sempre attraverso il portale “Iscrizioni on line”.

Come compilare e inoltrare la domanda

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ALLEGATI

Scuola in Chiaro

Per la scelta della scuola, le famiglie hanno a disposizione l’applicazione Scuola in Chiaro in un’app, grazie alla quale, a partire da un QR Code dinamico associato ad ogni singola istituzione scolastica (e accessibile dal portale Scuola in Chiaro) viene data la possibilità di accedere alle principali informazioni sulla scuola e di raffrontare alcuni dati con quelli di altre scuole del territorio.

Come spiegato dal MI con nota 22907 del 10 dicembre 2020, il confronto non permette la redazione di classifiche tra le istituzioni scolastiche, bensì la comparazione di alcuni dati e informazioni sui servizi offerti già disponibili sul Portale Scuola in Chiaro o nel Portale unico dei dati (open data) relativi a più istituzioni scolastiche di interesse.

Per l’utilizzo dell’applicazione è necessario che l’utente sia preliminarmente fornito di una app per leggere i QR Code (sono disponibili app gratuite per i diversi sistemi operativi).

Nello specifico, tramite l’applicazione vengono fornite informazioni riguardanti i risultati scolastici, i risultati a distanza, le strutture scolastiche e, per le scuole che hanno utilizzato la piattaforma PTOF presente sul SIDI, anche informazioni sui progetti attivati nell’ambito dei Percorsi per le competenze trasversali e per l’orientamento (PCTO), sulle attività previste in relazione al Piano Nazionale per la Scuola Digitale (PNSD), sui servizi on line resi disponibili dalla scuola.

Inoltre, vengono prospettati i quadri orario inseriti nel sistema informativo (Gestione anno scolastico/Quadri orario) e che la scuola ha pubblicato nella sezione “Offerta formativa” della piattaforma PTOF.

L’assistente virtuale

Da quest’anno una nuova interfaccia grafica semplice e intuitiva e l’assistente virtuale ‘iolly’ guideranno gli utenti nella compilazione della domanda.

I video tutorial

Sulla pagina dedicata www.istruzione.it/iscrizionionline e sul canale YouTube del Ministero dell’Istruzione, sono poi disponibili tre video tutorial per accompagnare le famiglie in tutte le fasi dell’iscrizione online.

Lavoro agile nella PA, prorogate al 31 gennaio le misure previste per il periodo emergenziale

da La Tecnica della Scuola

Sono prorogate fino al 31 gennaio 2021 le disposizioni di cui al decreto del Ministro per la pubblica amministrazione 19 ottobre 2020 in materia di lavoro agile nel periodo emergenziale.

La proroga è contenuta nel decreto della Funzione pubblica del 23 dicembre, pubblicato in Gazzetta Ufficiale.

DECRETO 23 DICEMBRE 2020

Il provvedimento si applica a tutte le amministrazioni indicate all’art. 1, comma 2, del D.Lgs. n. 165/2001.

Il lavoro agile nella PA costituisce una delle modalità ordinarie di svolgimento della prestazione e sino al 31 gennaio 2021, per accedere al lavoro agile nell’ambito delle Pubbliche Amministrazioni, non è richiesto l’accordo individuale di cui alla L. n. 81/2017.

Quanto alle modalità organizzative, ciascun dirigente organizza, con immediatezza, il proprio ufficio assicurando, su base giornaliera, settimanale o plurisettimanale, lo svolgimento del lavoro agile almeno con riferimento al 50% del personale preposto alle attività che possono essere svolte in questa modalità, favorendo la rotazione del personale, settimanalmente o plurisettimanalmente, al fine di assicurare un’equilibrata alternanza dell’attività in modalità agile e in presenza.

In ogni caso, si prevede che le Pubbliche Amministrazioni assicurino le percentuali più elevate possibili di lavoro agile in considerazione dell’evolversi della situazione epidemiologica. Confermato lo svolgimento delle riunioni in modalità a distanza, salvo l’esistenza di motivate ragioni.

Il Decreto, inoltre, dispone che l’amministrazione individui fasce temporali di flessibilità oraria in entrata e in uscita dei dipendenti allo scopo di evitare la concentrazione nell’accesso al luogo di lavoro nella medesima fascia oraria.

Viene, inoltre, previsto che in favore dei lavoratori fragili e dei lavoratori di cui all’art. 21 bis, commi 1 e 2, del D.L. n. 104/2020 (c.d. Decreto Agosto), convertito in L. 13 ottobre 2020, n. 126 e successive modifiche, si adotti ogni soluzione utile ad assicurare lo svolgimento dell’attività in smart working, anche attraverso l’adibizione a diversa mansione compresa nella medesima categoria o area di inquadramento secondo i Contratti collettivi vigenti.

Infine, nei casi di quarantena con sorveglianza attiva o di isolamento domiciliare fiduciario, il lavoratore che non si trovi in condizione di malattia certificata è tenuto a svolgere la propria attività in modalità agile.

Nota 4 gennaio 2021, AOODGPER 195

Ministero dell’istruzione
Dipartimento per il sistema educativo di istruzione e formazione Direzione Generale per il personale scolastico

Ai Direttori generali degli Uffici Scolastici Regionali LORO SEDI
Ai Dirigenti titolari degli Uffici scolastici Regionali per l’Umbria, la Basilicata e il Molise LORO SEDI
p.c. All’Ufficio di Gabinetto SEDE
Al Capo Dipartimento del sistema educativo di istruzione e di formazione SEDE

OGGETTO: Anno scolastico 2020/2021 – Legge di bilancio 30.12.2020, n. 178 – Decreto legge 31.12.2020, n. 183 – Istruzioni e indicazioni operative in materia di personale ATA in applicazione dell’articolo 58, commi 5 e seguenti, del decreto legge 21 giugno 2013, n. 69.