“Limitless”, il digitale accessibile per anziani con disabilità visiva

“Limitless”, il digitale accessibile per anziani con disabilità visiva

SuperAbile INAIL del 06/01/2021

Un progetto sperimentale dell’Istituto Cavazza di Bologna per formare over 65 ciechi o ipovedenti nell’utilizzare strumenti informatici nella vita quotidiana, dalla spesa online ai servizi bancari. “La pandemia ha aggravato l’isolamento, le tecnologie possono aiutare ad abbattere i confini”.

BOLOGNA. Le tecnologie come possono favorire l’inclusione di anziani con disabilità visiva? “Limitless” è il progetto sperimentale dell’Istituto dei ciechi Francesco Cavazza di Bologna, che ha lo scopo di facilitare l’accesso alle risorse digitali alle persone cieche o ipovedenti in età avanzata. Una formazione coinvolgerà 50 partecipanti, che acquisiranno le abilità necessarie per utilizzare le risorse digitali e le tecnologie informatiche per svolgere azioni quotidiane, come ordinare la spesa online o accedere ai servizi bancari.“Semplicità, sicurezza, connessione e accessibilità sono le parole chiave del progetto Limitless – afferma Federico Bartolomei, ortottista dell’Istituto Cavazza e ideatore del progetto –. La terza età è caratterizzata da una scarsa diffusione dei dispositivi informatici. Inoltre, l’elevato numero di gravi minorazioni visive possono pregiudicare l’uso degli stessi anche fra chi ne avrebbe la competenza. Crediamo sia molto importante agire per rendere la rete un luogo accessibile anche a chi soffre di disabilità visiva. Durante il periodo di abilitazione metteremo a disposizione di ogni partecipante i dispositivi informatici necessari, utilizzando la formula del teleconsulto, strategia compatibile con le attuali esigenze di distanziamento sociale”.

L’obiettivo, quindi, è quello di migliorare la capacità degli over 65 di usare strumenti digitali, favorendone l’autonomia e la socialità, negli aspetti principali della vita quotidiana: dal pagamento delle tasse ai servizi della pubblica amministrazione, dalla mobilità ai giochi e al tempo libero, fino alla lettura e alla comunicazione. Il percorso si articola in due momenti: nel primo sono valutate le abilità visive delle persone coinvolte, le loro competenze informatiche e il livello di autonomia nelle diverse attività di ogni giorno. A questo seguirà la divisione in piccoli gruppi e, dopo un primo momento introduttivo in presenza, verranno organizzati incontri formativi in remoto, nel rispetto delle normative anti Covid-19.

La pandemia ha aggravato il problema dell’isolamento sociale per la fascia di popolazione più anziana, soprattutto se affetta da cecità o ipovisione. Le normative per contenere il contagio e il conseguente lockdown hanno dimostrato che una minor capacità di accedere a risorse digitali comporta l’esclusione dall’utilizzo dei più moderni sistemi di comunicazione e di accesso ai servizi primari e non. In Italia si stima che situazioni di grave limitazione visiva siano presenti nel 5,4 per cento di chi ha più di 65 anni e nel 8,6 per cento di chi ha più di 75 anni di età, dati che assumono maggior rilievo se si pensa che la popolazione anziana rappresenta circa il 35 per cento della popolazione italiana.

“Si tratta di un progetto nuovo in Italia che potrebbe diventare modello di buone pratiche da estendere a tutto il territorio nazionale – afferma Mario Barbuto Presidente nazionale dell’unione italiana dei ciechi e degli ipovedenti –. Il digitale, se reso inclusivo, potrebbe essere una risposta alle esigenze di comunicazione e socializzazione delle persone appartenenti alla terza e quarta età”.

L. Lanza, Donna Francesca Savasta, intesa Ciccina

Laura Lanza e la Sicilia dei racconti

di Antonio Stanca

   L’anno scorso da Astoria Edizioni è stato pubblicato il romanzo Donna Francesca Savasta, intesa Ciccina di Laura Lanza.

   La Lanza è nata a Roma e molto impegnata è stata nell’osservazione, nella valutazione dei fenomeni culturali della capitale e dei tempi moderni. Di essi ha scritto molte volte. Attualmente è caporedattore della rivista “Accademie & Biblioteche d’Italia”. Ha lavorato come bibliotecaria nella Vallicelliana ed ha curato la rubrica “Bibliografia di storia delle istituzioni contemporanee” per la rivista “Le carte e la storia”. Ha fatto parte della redazione di “Bibliografia Romana”. Molto si è mossa in ambito culturale e storico. Questo è il suo primo romanzo, è ambientato nella Sicilia di metà Ottocento, è scritto in una lingua che sta tra l’italiano e il dialetto siciliano, dice di vicende piuttosto comuni, quelle che si verificano in un piccolo paese di montagna, Monteforte, e che permettono di cogliere i modi di pensare, di fare, di vivere di un posto non solo arretrato ma anche isolato, lontano da quanto avveniva in centri urbani quali Palermo, Catania, Siracusa o nel resto della nazione.

   Protagonisti sono una levatrice, Francesca Savasta, detta Ciccina, e un giovane prete, don Peppino Gallo. Tramite uno zio vescovo che operava a Palermo questi aveva avuto l’incarico di provvedere alla piccola chiesa della Madonnuzza, situata nella campagna di Monteforte. Lo zio lo aveva fatto nominare parroco della Madonnuzza perché voleva allontanarlo da ambienti e persone che poco gli piacevano. In quel posto don Peppino aveva faticato a sistemarsi, aveva dovuto rimettere in sesto la chiesa, da tempo abbandonata anche a causa della sua distanza dal paese. L’aveva pulita, arredata, aveva suscitato, durante la messa, l’interesse di chi vi partecipava tramite interventi, discorsi mirati a incuriosire, coinvolgere. L’aveva rivalutata, aveva attirato l’attenzione dei paesani che erano tornati a frequentarla.

   Ciccina era la levatrice del paese e anche quella che aveva l’incarico di soccorrere i bambini abbandonati, provvedere ai loro primi bisogni e procurare loro un posto dove potessero crescere.

   Tra i due, don Peppino e la Ciccina, entrambi venuti da fuori a Monteforte, si stabilirà un’intesa che li porterà a vedersi, ad amarsi, a trascorrere insieme le notti. Nonostante tutto a loro si rivolgeranno le persone del posto per avere un consiglio, un’indicazione, un aiuto di fronte ad una circostanza insolita, ad un problema. Erano stimati, il loro giudizio valeva e così la loro presenza.

  Intorno a loro la scrittrice fa scorrere la vita di Monteforte, quella dei ricchi e dei poveri, dei grossi possidenti e dei contadini, degli onesti e dei briganti, delle signore e delle serve, degli amanti clandestini e dei matrimoni combinati, delle morti vere e di quelle finte. Sono tanti i modi di vivere che la Lanza fa vedere nel libro, sono tante le persone che si muovono in esso, le situazioni che si creano. C’è la vita degli uomini e quella delle donne, degli adulti e dei ragazzi, dei vecchi e dei giovani: a tutti la scrittrice ha dato un ruolo, una voce, tutti mostrano come si stava in Sicilia a quasi duecento anni di distanza, cosa si faceva in pubblico e in privato, in piazza e in famiglia, in chiesa e a scuola, nei campi e all’osteria. Ha scritto la Lanza dei rapporti che correvano tra i diversi posti, tra le persone che li vivevano, delle conseguenze che ne derivavano. E ovunque, in qualsiasi posto o circostanza, ha fatto vedere la levatrice o il prete del paese o entrambi dal momento che sempre erano chiamati o vi accorrevano, che a tutto si pensava potessero servire. E’ come se dai due fossero tirate le fila della vita dell’intera comunità, niente vi succedeva del quale non sapessero o non partecipassero.

   Ci saranno anche situazioni create, inventate, ci saranno momenti da favola che insieme a quelli veri contribuiranno a formare l’ambiente tipico di questi luoghi, l’ambiente del quale negli anni avvenire si dirà, si narrerà senza che si distingua con esattezza tra verità e sogno, tra vita e morte.

   Come si forma un ambiente simile, quello dei racconti dei nonni, fa vedere Lanza tramite la sua opera. A portarcela sarà stata la sua attività di bibliotecaria, la sua conoscenza di libri antichi. L’importante è che sia riuscita nell’intento, che l’abbia realizzato, che vi abbia dato un contenuto ed una forma espressiva tra i più autentici.

Nota 6 gennaio 2021, AOODPIT 13

Ministero dell’Istruzione
Dipartimento per il sistema educativo di istruzione e di formazione

ai Direttori Generali degli Uffici Scolastici Regionali
ai dirigenti titolari degli Uffici scolastici Regionali per l’Umbria, la Basilicata e il Molise
e, p.c., al Sovrintendente Scolastico per la Scuola in lingua italiana di Bolzano
all’Intendente Scolastico per la Scuola in lingua tedesca di Bolzano
all’Intendente Scolastico per la Scuola delle località ladine di Bolzano
al Dirigente del Dipartimento Istruzione e cultura per la Provincia di Trento
al Sovrintendente Scolastico per la Regione Valle D’Aosta
ai dirigenti scolastici e ai coordinatori didattici delle istituzioni scolastiche del sistema nazionale di istruzione

Oggetto: Articolo 4 del decreto-legge 5 gennaio 2021, n. 1.