RECOVERY PLAN: LE PROPOSTE DELL’ANP
L’ANP accoglie con favore la notizia odierna dell’aumento delle risorse del Recovery Plan destinate all’istruzione. La stampa riporta un incremento di quindici miliardi per le politiche sociali. L’istruzione e la ricerca sono uno dei comparti interessati: dagli originari 19,2 miliardi (condivisi con il MUR) si dovrebbe arrivare a circa 24 di cui 5 destinati principalmente al potenziamento della didattica, del diritto allo studio, della formazione e del dialogo impresa/Università.
È innegabile che si tratti di risorse significative che il Paese non può permettersi di disperdere impegnandole in una progettualità frammentata e priva di coerenza.
Un recente rapporto di Save the children riferisce che, in merito al Recovery Plan, ragazzi e ragazze sembrano essere particolarmente attenti e interessati. Il 69% di loro, infatti, ha sentito in qualche modo parlare del Next Generation EU e una gran parte degli intervistati guarda con interesse alle possibilità che potrebbe offrire per il loro futuro. La loro speranza è che, attraverso questo Fondo, vengano incrementati i finanziamenti soprattutto per l’ingresso nel mondo del lavoro da parte dei giovani.
Diventa, dunque, un atto di responsabilità etica collettiva tenere conto di queste aspettative partendo da alcuni dati che impongono scelte coraggiose e di prospettiva.
Un primo dato è quello riguardante la povertà educativa e l’abbandono scolastico: il rapporto segnala che, secondo il 28% degli intervistati, dal lockdown di primavera c’è almeno un proprio compagno di classe che ha smesso completamente di frequentare le lezioni e che, per il 7%, i compagni di scuola che non frequentano regolarmente a partire dal lockdown sono tre o più di tre. Inoltre, il 35% ritiene che la propria preparazione scolastica sia peggiorata e che uno su quattro abbia la necessità di recuperare diverse materie.
Il secondo dato concerne la denatalità: uno studio della Fondazione Agnelli prevede la riduzione della popolazione scolastica da qui a dieci anni di circa 1.100.000 unità. Ciò porterà alla perdita di circa 37.000 classi e di 55.000 docenti.
Il terzo dato, infine, risiede in una constatazione inevitabilmente imposta dalla realtà: la scuola del post COVID non potrà essere la stessa di prima. Si sono utilizzate in via ordinaria e generalizzata metodologie e tecnologie didattiche che in precedenza erano dominio di un numero relativamente ristretto di docenti; sono stati modificati l’organizzazione e i tempi del lavoro; abbiamo verificato l’impatto di queste trasformazioni sui nostri studenti e sul loro stile di apprendimento.
Alla luce di tali indicatori sociali, l’ANP ritiene, come già sostenuto in precedenza, di fondamentale importanza che il Piano nazionale di ripresa e resilienza preveda i seguenti interventi.
“L’ambiente insegna”
Sull’edilizia scolastica occorre intervenire sia sulla messa in sicurezza degli edifici, sia sull’ammodernamento degli ambienti di apprendimento. La riduzione della popolazione studentesca, d’altra parte, fornisce l’occasione per intervenire sugli spazi esistenti modificandoli e rendendoli adeguati a tempi e modalità di apprendimento diversi a garanzia della centralità dello studente. Come afferma il Presidente dell’INDIRE, stiamo infatti andando verso una nuova organizzazione della scuola, una scuola che ancora non conosciamo, che immaginiamo e che dovrà essere realizzata dalle capacità e creatività progettuali di architetti e ingegneri ma soprattutto pensata e progettata secondo un chiaro e definito orizzonte di innovazione del modello didattico (Edilizia scolastica e spazi di apprendimento: linee di tendenza e scenari, WP n. 61 /19, Fondazione Agnelli, pag. 5). L’auspicabile evoluzione delle scuole verso la tipologia del civic center si gioverebbe, da un lato, della possibilità di utilizzare il surplus di personale docente determinato dal calo demografico e, dall’altro, stimolerebbe la sottoscrizione di patti educativi di comunità per creare una scuola a tempo pieno e inclusiva in grado di fronteggiare il fenomeno della povertà educativa.
Riteniamo che la banda larga, a questo punto, sia indispensabile come riforma infrastrutturale di sistema non solo per le scuole ma anche e soprattutto per modernizzare il paese e garantire il diritto di lavorare e di studiare da ogni luogo.
Contrasto all’abbandono e alla povertà educativa
In vista del contrasto all’abbandono e alla povertà educativa occorre investire, oltre che sugli ambienti di apprendimento, richiamandosi anche al principio di personalizzazione. Ad esso va data concretezza mantenendo invariati gli organici, nonostante il decremento della popolazione studentesca, e adottando un piano di formazione continuo, strutturale e permanente da destinare al personale docente.
Sempre nell’ottica del miglioramento dei processi formativi degli studenti, considerato che parte delle risorse del Recovery Plan riguardano anche l’Università, è auspicabile una maggiore attenzione ai percorsi abilitanti per l’insegnamento: occorrono più docenti e meglio formati già in ingresso, come l’esperienza di questo anno scolastico ha dimostrato. L’incremento degli organici, infatti, ha spesso amplificato la difficoltà di reperire personale docente e non sempre ha segnato un aumento della qualità del servizio erogato. Ciò si traduce nella perdita di preziose ore curricolari, andando a ledere il diritto allo studio e aumentando le sperequazioni.
Introduzione del livello professionale dei “quadri” e di una carriera per docenti
Al fine di migliorare l’efficacia dell’azione educativa e la governabilità delle scuole, è indispensabile attrarre i migliori laureati, introducendo – preferibilmente all’interno del CCNL della dirigenza – il livello dei “quadri” e creando così finalmente una vera leadership diffusa. La governabilità delle scuole, infatti, è gravemente ostacolata da un elemento quantitativo: ogni dirigente scolastico deve gestire in media 125 dipendenti senza potersi avvalere di figure intermedie (il cosiddetto middle management) di adeguata professionalità. Il lavoro di questi “nuovi” dipendenti dovrebbe essere costituito integralmente proprio dallo svolgimento delle funzioni amministrative e organizzative delegate e/o assegnate loro dal dirigente in relazione ai vari compiti gestionali (personale, sicurezza, appalti, informatizzazione ecc.). Da qui la necessità di assumere questi “quadri” in ragione di almeno uno ogni 30 dipendenti, con previsione di un percorso agevolato di inquadramento iniziale, in tale livello, degli attuali DSGA e dei docenti che hanno ricoperto le funzioni di “collaboratore”.
Si rende sempre più necessaria, inoltre, una differenziazione delle funzioni dei docenti finalizzata alla gestione delle nuove complessità progettuali ed organizzative proprie delle istituzioni scolastiche di oggi. Tale differenziazione va espressa anche attraverso una carriera dotata di progressione economica. L’ANP ritiene ancora attuale la propria proposta, risalente agli albori della autonomia scolastica, di strutturare in tre livelli la professione docente – da un livello iniziale ad un livello esperto – per chi si impegna nel miglioramento didattico, nella ricerca e nella formazione. Solo il riconoscimento di uno sviluppo professionale permette di capitalizzare le esperienze acquisite dal docente in funzione dell’efficienza e dell’efficacia della scuola come servizio pubblico.
Potenziamento del personale ATA
La progressiva digitalizzazione degli adempimenti amministrativi, accelerata dall’attuale emergenza, ha modificato gli scenari del lavoro in termini di organizzazione e tempi: è necessario un cambio di passo nella macchina amministrativa incidendo sui requisiti per il reclutamento del personale ATA, favorendo l’attuazione della Tabella A del CCNL 2007 del comparto Scuola con l’assunzione di dipendenti inquadrati al livello C, rendendo strutturale la dotazione degli assistenti tecnici negli istituti del primo ciclo, aumentando le dotazioni organiche di tutto il personale ATA e definendo piani pluriennali di formazione correlati a specifiche risorse da assegnare alle singole scuole.
Armonizzazione della retribuzione dei dirigenti scolastici
Il Recovery Plan è, infine, l’occasione per mettere in campo una misura, ispirata a una visione strutturale, che prosegua l’azione di armonizzazione della retribuzione dei colleghi con quella degli altri dirigenti dell’area “istruzione e ricerca”. Va superato definitivamente uno scostamento ingiusto e irragionevole, specie se riguardato alla luce delle responsabilità e dei compiti gravanti sulla dirigenza delle scuole, ulteriormente evidenziati dall’attuale emergenza.
Confidiamo che il Paese sappia cogliere l’occasione che il Recovery Plan rappresenta. Abbiamo il dovere di non deludere quelle aspettative dei nostri giovani di cui parla il rapporto citato in apertura. Parafrasando un famoso detto, non abbiamo ereditato queste risorse dai nostri padri ma le stiamo prendendo in prestito dai nostri figli.