Atto di indirizzo tardivo, inutile e divisivo

Scuola, Sinopoli: Atto di indirizzo di Azzolina tardivo, inutile e divisivo

Roma, 12 gennaio 20121 – Pubblicato oggi l’Atto di indirizzo firmato dalla Ministra Lucia Azzolina con le dieci priorità politiche del Ministero dell’Istruzione per l’anno 2021. Si tratta di un atto successivo alle scelte economiche effettuate dal governo, pertanto privo del supporto finanziario. Il documento è una mera enunciazione di principi, alcuni non condivisibili come la riproposizione divisiva della “meritocrazia” già vissuta nella stagione della Legge 107.

Si descrive la scuola come oggetto di importanti investimenti già realizzati e con un riposizionamento strategico della propria funzione di servizio pubblico, ma ci troviamo in realtà di fronte ad uno dei momenti più difficili che la scuola del nostro Paese abbia attraversato, con un evidente malcontento di studenti, genitori, docenti, dirigenti, personale ATA, precari e non. L’impegno profuso e le risorse messe in campo non hanno di fatto consentito di assicurare la tenuta del sistema nazionale di istruzione che si trova disgregato e frammentato in relazione alle diverse condizioni territoriali.

Riteniamo che l’atto di indirizzo sia caratterizzato da indicazioni molto generiche sulle azioni da intraprendere e dalla riproposizione della solita retorica meritocratica con l’introduzione di una logica divisiva della categoria e di articolazioni inedite del personale docente attraverso il cosiddetto middle management. La Azzolina poi, come i suoi predecessori, dimentica del tutto il personale ATA.

Come FLC CGIL abbiamo denunciato e confermiamo l’insufficienza degli investimenti dal punto di vista quantitativo e qualitativo e auspichiamo un vero cambio di passo per il rilancio del sistema di Istruzione, a partire dalle priorità che abbiamo sempre indicato: estensione dell’obbligo scolastico, aumento del tempo scuola in tutti gli ordini e generalizzazione del tempo pieno, miglioramento delle strutture e delle infrastrutture, diminuzione degli alunni per classe, stabilizzazione e qualificazione degli organici attraverso retribuzioni a livello europeo.

La comunità educante non ha bisogno di scelte autoritarie e verticistiche, ma di risorse e valorizzazione delle professionalità. La scuola militante ha affrontato la crisi pandemica facendo ricorso a tutte le proprie energie, la ministra dovrebbe essere in grado di valorizzare questo lavoro e non di costruire strumenti divisivi.

Autismo e scuola: al via le giornate di formazione gratuita Ido

Autismo e scuola: al via le giornate di formazione gratuita Ido per gli insegnanti
Redattore Sociale del 12/01/2021

ROMA. “Autismo, un approccio integrato alla complessità del problema nel contesto scolastico“. È questo il titolo del percorso formativo gratuito per le scuole, promosso dall’Istituto di orto-fonologia (Ido) e dedicato agli insegnanti, che prenderà il via venerdì 15 gennaio.
“Si tratta di quattro giornate di formazione che nascono dall’esigenza dei docenti stessi di approcciarsi ai bambini con disturbi dello spettro autistico- spiega Federico Bianchi di Castelbianco, direttore dell’Ido, sottolineando che il percorso- ha origine quindi dalle richieste di aiuto del corpo docente pervenute all’Istituto di orto-fonologia. Con questa iniziativa cercheremo di dare corpo a una risposta sia teorica che pratica”.
Le giornate formative hanno dunque il duplice obiettivo di sostenere i docenti nel trovare le modalità con cui interagire con il bambino, sia nei momenti di gioco libero che in quelli della didattica, e di sostenerli nell’affrontare emotivamente il deficit comunicativo-relazionale. “Gli insegnanti hanno davvero bisogno di un grande aiuto, che non sia solo l’indicazione di eventuali esercizi o programmi, ma che sia un sostegno- spiega Magda Di Renzo, responsabile del servizio Terapia dell’Ido- Queste giornate hanno proprio questo scopo e, a tal fine, sono tenute da psicologi e terapeuti che lavorano nel nostro progetto”.

Gli incontri si svolgeranno online dalle 16.30 alle 19.30. Dopo il primo appuntamento del 15 gennaio, tenuto da Magda Di Renzo, le altre giornate sono in programma: venerdì 22 gennaio con Simona D’Errico, logopedista e psicomotricista; venerdì 29 gennaio con Mariapaola Sforza, psicoterapeuta dell’età evolutiva; venerdì 5 febbraio con Federica Milana, psicologa.
A tutti gli iscritti verrà rilasciato l’attestato di formazione SOFIA e saranno inviati anche articoli e libri dell’Ido specifici sull’autismo. Tutti i docenti partecipanti potranno inviare domande alla mail autismo.scuola@ortofonologia.it. Qui tutte le informazioni. (DIRE)

Sul dimensionamento ottimale delle istituzioni scolastiche

Francesco G. Nuzzaci

1.  Con poco si campa, con niente si muore

Nonostante la Ragioneria generale dello Stato abbia provato fino all’ultimo a cassarlo, l’emendamento dei proponenti parlamentari è riuscito a tradursi nel comma 978, articolo 1 della legge 178 del 30 dicembre 2020 (legge di bilancio per il 2021 e bilancio pluriennale per il triennio 2021-2023); che per la perdurante emergenza pandemica prevede, limitatamente al solo anno scolastico 2021-2022, la riduzione da 600 a 500 alunni (ovvero da 400 a 300 nelle istituzioni scolastiche autonome situate in piccole isole, in comuni montani, in aree geografiche caratterizzate da specificità linguistiche) come parametro di riferimento per l’assegnazione alla scuola di un dirigente titolare e di un direttore dei servizi generali e amministrativi in via esclusiva; con il successivo comma 979 che quantifica le occorrenti risorse finanziarie in 13,61 milioni di euro per l’anno 2021 e in 27,32 milioni di euro per l’anno 2022.

Oggettivamente, appare una tra quello che lo stesso Ufficio parlamentare di bilancio ha definito “un coacervo di misure senza disegno”, e in più per la scuola unanimemente stimate dai commentatori del tutto insufficienti. Vi è tuttavia da dire che dal primo settembre 2021 una cospicua parte delle circa quattrocento odierne istituzioni scolastiche c.d. sottodimensionate avrà un proprio dirigente e un proprio DSGA. E appare poco plausibile che questi, una volta immessi in ruolo, vengano retrocessi e restituiti alle rispettive graduatorie concorsuali allo spirare del 31 agosto 2022, con le relative sedi che ritornano amputate del soggetto apicale e del suo diretto collaboratore.

Perciò è ragionevole attendersi – e pretendersi – che, con tempi più distesi e attingendo dalle risorse del Recovery fund, il Governo – che dà continuamente mostra di ritenere prioritari gl’investimenti per un’istruzione di qualità e inclusiva –  si determini, nel conseguente Piano nazionale di ripresa e resilienza, a dotare tutte le istituzioni scolastiche di un’adeguata governance interna, in grado di presidiare con sistematicità i processi organizzativi funzionali allo scopo ad esse assegnato dalla legge: garantire la libertà d’insegnamento e il pluralismo culturale, che si sostanzino “nella progettazione e nella realizzazione di interventi di educazione, formazione e istruzione mirati allo sviluppo della (di ogni) persona umana, adeguati ai diversi contesti, alla domanda delle famiglie e alle caratteristiche specifiche dei soggetti coinvolti, al fine di garantire loro il successo formativo, coerentemente con le finalità e gli obiettivi generali del sistema di istruzione e con l’esigenza di migliorare l’efficacia del processo di insegnamento e di apprendimento” (art. 1, comma 2, D.P.R. 275/1999). E a dotarle dell’altrettanta reale capacità di un’efficace interlocuzione con la governance esterna, includente le altre istituzioni scolastiche secondo lo schema delle reti  e gli uffici periferici dell’Amministrazione, laddove esse “provvedono – devono provvedere – alla  definizione e alla realizzazione dell’offerta formativa nel rispetto delle funzioni delegate alla Regione e dei compiti e funzioni trasferite agli enti locali …”,  non meno a tal fine dovendo interagire “tra loro e con gli enti locali, promuovendo il raccordo e la sintesi tra le esigenze e le potenzialità individuali e gli obiettivi nazionali del sistema di istruzione” (comma 1).

2. Dimensionamento, perché e come

2.1. Leappena richiamate disposizioni dell’arcinoto D.P.R. 275/1999 compendiano il perché del dimensionamento – ottimale o adeguato, che dir si voglia – delle istituzioni scolastiche, nel loro inscindibile nesso autonomia e dirigenza statuito dalla fonte primaria costituita dalla legge delega 59/1997 nel suo articolo 21.

Qui tralasciando il secondo termine dell’endiadi, si ricorderà che il successivo D.P.R. 233/1998 ne ha prescritto, nel suo articolo 2, i requisiti entro i limiti minimo di 500 alunni (300 nelle zone in deroga, ante) e massimo di 900: sulla scorta di plurimi indici, quali la conformazione geografica dei luoghi, peculiari situazioni locali, tipologia dei settori d’istruzione compresi nell’istituzione scolastica, contesto socio-economicoculturale, organizzazione politico-amministrativa dei territori; e al riguardo anche prevedendo unificazioni sia in verticale (come istituti comprensivi nel primo ciclo o ipercomprensivi, nel mettere insieme scuole del primo e del secondo ciclo) che in orizzontale (all’occorrenza anche assemblando differenti tipi e indirizzi di studio del secondo ciclo).

Su questa base normativa, e in parallelo con la sopravvenuta riforma del Titolo V della

Costituzione nel 2001, di cui in prosieguo, hanno impattato le modifiche apportate negli anni 2008-2011 nel quadro di una più ampia razionalizzazione del sistema scolastico; non di certo intesa, e praticata, come sua migliore funzionalità, bensì come obolo, in termini di sottrazione di 85 milioni di euro, per concorrere alla diminuzione del deficit pubblico, atteso che poi in definitiva – come ebbe a dichiarare il ministro delle Finanze dell’epoca – “con la cultura non si mangia”.

Nella circoscritta materia che qui ne occupa, con il combinato disposto del D.L. 112/2008, e suo piano attuativo, e dell’art. 19 del D.L. 98/2011, convertito dalla legge 111/2011, si è proceduto a un forzoso accorpamento di scuole dell’infanzia, primarie e secondarie di primo grado in istituti comprensivi aventi almeno 1000 alunni (senza alcun limite massimo, così come per il settore secondario superiore), ridotti a 500 nelle confermate zone in deroga; e si è disposto di non assegnare alle scuole con meno di 500 alunni (300 sempre per le zone in deroga) un dirigente titolare, quindi affidate in reggenza.

Di lì a breve, e in pejus, la legge 183/2011 (Legge di stabilità per il 2012) ha elevato il parametro minimo a 600 (400 per le consuete deroghe) e, dopo il dirigente, negando a queste scuole anche un DSGA titolare. Sicché, in definitiva, l’attuale legge di bilancio si limita a ripristinare – provvisoriamente– i parametri minimi 500/300, però mantenendo le scuole sotto tali soglie orfane dell’uno e dell’altro.   

2.2. Ma è unaprovvisorietà comunque scritta sulla cenere, poiché quando il Covid-19 avrà abbandonato la scena e si sarà riguadagnata la normalità, la complessa architettura del prefigurato sistema DIP-DAD da intervento di pronto soccorso dovrà elevarsi a connotazione strutturale, sì da non essere più proponibili istituzioni acefale nella figura di vertice e in quella preposta alla conduzione del servente apparato amministrativo, altrimenti detto Ufficio di segreteria. Quindi, dimensionamento come.

Indubbiamente, non esiste un’astratta dimensione di per sé ottimale delle istituzioni scolastiche, poiché – secondo una recente sentenza del TAR Lazio, n. 13687/2020, richiamante sul punto la coeva pronuncia del Consiglio di Stato, n. 1215/2020 – “i parametri normativi in materia sono tendenziali e flessibili, proprio per consentire un migliore adeguamento delle strutture scolastiche alle sempre cangianti e molteplici esigenze dell’utenza”,spettando “all’Amministrazione, nell’esercizio della propria discrezionalità, ragionevolmente adattarli alla situazione concreta nella cura dell’interesse pubblico ad essa affidato”.

E ragionevole ben potrebbe essere l’assunzione dei parametri medi di 500 alunni e di 300 nelle zone in deroga per la determinazione del numero complessivo delle istituzioni scolastiche nazionali.

Se non è verosimile far corrispondere le nuove istituzioni scolastiche, tutte per definizione normo-dimensionate, agli attuali quarantamila e più plessi scolastici o luoghi di erogazione del servizio, non potranno neanche tollerarsi mega-istituti che possono arrivare ai duemila studenti e a trecento e oltre tra docenti e personale ATA, naturaliter ingovernabili sui canonici  e compresenti versanti gestionale, dei rapporti con il territorio, educativo-didattico: sicché il nanismo delle une e il gigantismo delle altre darebbero corpo al medesimo singolare effetto di un’offerta formativa non rispondente ai reali bisogni delle studentesse e degli studenti.

3. Un percorso obbligato

Sempre sul come – e sul chi – deve procedere, occorre svincolarsi da quell’autentico garbuglio, ancor più rivelatosi nella persistente fase emergenziale, che radica nella pasticciata riforma del Titolo V, Parte seconda della Costituzione, con la sua confusiva distribuzione delle competenze di legislazione esclusiva e concorrente tra Stato, regioni e province autonome di Trento e di Bolzano. 

Limitando qui i riferimenti alla materia dell’istruzione e semplificando al massimo, spetta in via esclusiva allo Stato la provvista del personale (dirigenti, docenti, ATA), mentre le regioni e le menzionate due province autonome sono competenti nell’organizzazione sui territori del servizio d’istruzione e d’istruzione e formazione professionale. E l’organizzazione include primariamente il dimensionamento e/o la configurazione delle istituzioni scolastiche e formative.

Si sa però che, in luogo di un comportamento di “leale collaborazione” degli attori, si è prodotto un endemico e tuttora irrisolto conflitto, con la continua chiamata in causa della Corte costituzionale nel non agevole compito di dirimerlo.

Ne costituisce l’emblema la citata legge n. 183 del 12 novembre 2011, recante disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Legge di stabilità 2012); al cui esito, dopo le correzioni imposte dalla sentenza 200/09, seguita dalla conforme sentenza 92/11, a decorrere dall’anno scolastico 2012-2013 non possono (non potevano?) più essere assegnati un proprio dirigente e un proprio DSGA alle istituzioni scolastiche con meno di 600 alunni, ridotti a 400 nelle piccole isole, nei comuni montani, nelle aree geografiche caratterizzate da specificità linguistiche. Con il risultato di essere libere le regioni nel mantenere scuole inferiori a questi parametri, ma altrettanto libero lo Stato di negare loro il dirigente e il direttore dei servizi generali e amministrativi titolari!

Allora, per risolvere lo stallo essenzialmente dovuto all’inerte indifferenza delle regioni, e/o alle loro difficoltà di sottrarsi alle pressioni locali, spesso di segno contrapposto, dovrà giocoforza intervenire lo Stato con lo strumento normativo dei  livelli essenziali delle prestazioni (LEP), concernenti ”i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale” (Cost., art. 117, 2° comma, lett. m), anche in materia d’istruzione e formazione: rientranti nella sua potestà legislativa esclusiva e – diversamente dalle norme generali sull’istruzione – non cedibili, non figurando la fattispecie nelle previsioni del terzo comma dell’articolo 116.

Il punto di aggancio può rinvenirsi nel Capo III del D. Lgs. 226/05 (c.d. Riforma Moratti), che detta i livelli essenziali delle prestazioni, sia pure per i soli percorsi d’istruzione e formazione professionale (per la semplice ragione che per le scuole del primo ciclo e per il sistema dei licei vi era la copertura delle predette norme generali, anch’esse spettanti alla competenza esclusiva dello Stato).

In particolare, sull’abbrivo dell’articolo 21 (“Livelli essenziali delle strutture e dei relativi servizi”), può ben includersi expressis verbis il dimensionamento ottimale delle istituzioni scolastiche come imprescindibile elemento quali-quantitativo onde assicurare, anche per questo aspetto, la dimensione unitaria nazionale del sistema di istruzione e formazione, coniugando i principi di sussidiarietà e di differenziazione con quello coessenziale di adeguatezza.

E senza poi dimenticare ciò che ha statuito sempre la Corte costituzionale proprio nella sentenza 200/09: la stessa che, correggendo il Legislatore (legge 183/11: ante), ha riconosciuto alle regioni e province autonome di Trento e di Bolzano il potere esclusivo sull’organizzazione del servizio scolastico nei territori di pertinenza, ma nel contempo precisando che, al di là dei LEP, non è affatto precluso – anche nelle materie di competenza esclusiva delle regioni, quelle originarie e quelle eventualmente cedute – l’intervento statale nella “creazione di strutture organizzativeomogenee”, sempre al fine della salvaguardia dei livelli essenziali delle prestazioni su tutto il territorio nazionale. Ciò in quanto “l’attività unificante dello Stato, in omaggio al principio cardine di unità e indivisibilità della Repubblica”, può ben dispiegarsi ad ampio (potenzialmente illimitato) spettro. E questo proprio in base al principio di sussidiarietà; che, con i complementari principi di differenziazione e di adeguatezza, risulta dotata di una ”attitudine anche ascensionale”, sì darendere legittima extrema ratio una “deroga al riparto delle competenze non solo legislative, ma pure amministrative”.   

Beninteso, se c’è la volontà politica.

Ragazzi in piazza per tornare a scuola. Pc spenti per protesta. Azzolina: «La dad non funziona più»

da Il Sole 24 Ore

di Redazione Scuola

Distesa di zaini per terra, lezioni open air, pc spenti: nel giorno in cui 2,5 milioni di studenti delle scuole superiori sarebbero dovuti tornare nei loro istituti in presenza ma a varcare i cancelli sono stati solo 250 mila in tre Regioni – Toscana, Abruzzo e Valle d’Aosta – è andata in scena – ieri – in tutta Italia la mobilitazione di ragazzi, genitori e insegnanti che chiedono di mettere fine alla didattica a distanza e un rientro in classe in sicurezza.

Manifestazioni si sono svolte davanti alle prefetture, al ministero dell’Istruzione e ad alcuni licei. «La didattica a distanza ha grossi limiti e non può essere una soluzione di lungo termine – hanno detto un pò ovunque i ragazzi – per questo bisogna sfruttare ogni giorno per costruire le condizioni di sicurezza necessarie a svolgere la didattica in presenza». Sulla stessa linea la titolare del ministero di viale Trastevere. «E’ difficile per gli studenti comprendere perchè non rientrano a scuola, capisco le loro frustrazione: la scuola è un diritto costituzionale se a me avessero tolto la scuola non sarei probabilmente qui», ha scandito di prima mattina Lucia Azzolina.

«Nelle Regioni in fascia gialla tutto è aperto tranne la scuola superiore e questo creerà profonde cicatrici, i ragazzi hanno bisogno di sfogare la loro socialità. Sono molto preoccupata, oggi la didattica a distanza non può più funzionare, c’è un black out della socialità, i ragazzi sono arrabbiati, disorientati e sono preoccupata anche per il deflagrare della dispersione scolastica», ha aggiunto la ministra che ha assicurato: a breve arriveranno notizie riguardo allo svolgimento dell’esame di maturità «tra tante incertezze sulle date di apertura, che slittano come la tela di Penelope, che si fa e si disfa, i ragazzi hanno bisogno di avere questa certezza e il ministero la darà» e ha detto che il concorso straordinario ripartirà appena possibile e sarà seguito da quello ordinario.

Ha poi sostenuto di non voler fare polemica con le Regioni ma ha voluto ricordare i fatti: la volontà del suo ministero di riaprire prima della pausa natalizia, lo slittamento al 7 gennaio, le percentuali di presenza dei ragazzi in classe cambiate dal 75% al 50%, su richiesta dei governatori, lo slittamento successivo all’11 gennaio e poi la decisione di ogni Regione di stabilire una data diversa di rientro per le superiori.

Ad oggi Piemonte, Lazio, Liguria, Molise, Puglia riapriranno il 18 gennaio le superiori (per il primo ciclo, torneranno in presenza primaria e secondaria di I grado in Sicilia, Puglia e Molise); il 25 gennaio sarà la volta dei ragazzi delle superiori in Emilia Romagna, Campania, Lombardia e Umbria; il 1 febbraio rientreranno le superiori in Calabria, Basilicata, Sardegna, Sicilia, Veneto, Friuli Venezia Giulia e nelle Marche.

Il Consiglio di Stato ha invece stabilito che le lezioni alle elementari e medie in Calabria saranno in presenza, rigettando il ricorso della Regione.

Lo slittamento della riapertura, oltre che dagli esponenti M5S, al fianco della loro ministra, è molto criticato anche da Italia Viva. «Si è discusso in Cdm dalle 21 all’1 di notte se aprire il 7 o l’11 le scuole mentre ancora oggi c’è incertezza: possiamo dire che è indecente?», ha sostenuto la ministra dell’Agricoltura, Teresa Bellanova, esponente di primo piano del partito di Renzi.

«Un Governo serio, in questa giornata, la cosa che dovrebbe fare è guardare negli occhi quegli studenti e le loro famiglie, che sono oggi in sciopero e stanno chiedendo di poter tornare a scuola, e chiedere scusa», ha aggiunto Elena Bonetti, ministra della Famiglia anche lei Iv.

A distanza ha risposto il segretario del Pd Nicola Zingaretti. «Tutti vogliamo che la scuola riapra. I membri del governo che intervengono senza offrire soluzioni non si rendono conto che in primo luogo danneggiano il governo di cui fanno parte».

La Flc Cgil ha fatto appello a genitori e studenti ad essere in piazza San Silvestro a Roma il 14 gennaio. Per Pino Turi, della Uil Scuola, «c’è un raggio di sole: la protesta gentile dei ragazzi che vogliono studiare e lo vogliono fare a scuola».

«Alla ministra suggerirei di valutare come si riaprirà l’anno scolastico 2021-22: senza un piano vaccino anche l’anno scolastico futuro potrà avere altri problemi», ha messo infine in guardia Maddalena Gissi, che guida la Cisl Scuola.

Dal 5 marzo al 12 gennaio: la Dad resiste, e alle superiori si allunga a fine mese

da Il Sole 24 Ore

di Redazione Scuola

5 Marzo
Per l’aggravarsi della situazione sanitaria, il governo ha disposto la chiusura immediata della scuola in presenza in tutta Italia a partire dal 5 marzo. La decisione però è stata presa il giorno prima per il giorno dopo spiazzando così oltre 8 milioni di famiglie e studenti. I genitori lavoratori sono stati costretti a ferie, permessi forzati, malattie per non lasciare a casa soli i figli piccoli. E’ iniziata l’era della didattica integrata digitale

26 Marzo
La ministra dell’Istruzione, Lucia Azzolina, in Senato diffonde i primi dati su come stanno procedendo le lezioni da remoto. A tre settimane dallo stop delle lezioni in classe la scuola da remoto era stata attivata per 6,7 milioni di alunni. Restavano esclusi 1,6 milioni di ragazzi, soprattutto del primo ciclo e al Sud. Il Paese si è reso (finalmente) conto dei ritardi infrastrutturali, con internet e banda larga assenti o in forte affanno in molti territori

8 Aprile
Il governo vara, in fretta e furia, un decreto che “salva” l’anno scolastico 2019-2020. Si considerano valide le lezioni anche con meno di 200 giorni, scatta la promozione per tutti anche con insufficienze in una o più materie, recuperando però gli apprendimenti a settembre 2020, e si disegnano due scenari per gli esami di Stato, a seconda dell’andamento del virus.

16 Maggio
Il virus non molla la presa e la scuola chiuderà l’anno 2019-2020 da remoto, e si semplificano gli esami di Stato. Quello di terza media coincide con la valutazione finale de consiglio di classe e tiene conto di un elaborato. La Maturità è in presenza, rispettando tutti i protocolli di sicurezza, e si svolge con un colloquio. Al tempo stesso il governo inizia a stanziare risorse e immaginare la ripresa in presenza a settembre 2020.

28 Maggio
Il Cts fissa le regole di base per il rientro a settembre 2020. Distanziamento di un metro, mascherine dai 6 anni in su, pulizie giornalieri dei locali. Si inizia a ragionare su come trovare spazi in più nelle scuole e sui nuovi banchi. Per i presidi inizia un lavoro complesso di adattamento degli istituti che ancora oggi non è terminato. Emergono, anche qui in modo evidente, i problemi del patrimonio edilizio scolastico, vecchio e inadatto alle nuove regole di prevenzione.

17 Giugno
Mezzo milione di studenti delle superiori svolgono, in sicurezza, l’esame di Maturità, che segna il primo rientro in presenza dal 5 marzo.

20 Luglio
Il commissario straordinario Domenico Arcuri lancia la gara pubblica per massimo tre milioni di nuovi banchi a rotelle e innovativi per garantire il distanziamento. Alla fine c’è bisogno di 2,4 milioni di nuovi banchi. La loro consegna è stata annunciata per l’autunno. Gli ultimi banchi sono arrivati alle scuole tra fine novembre e inizi dicembre, quando già si era in lezioni da remoto per la seconda ondata della pandemia.

9 Agosto
Emerge la difficoltà di trovare spazi alternativi nelle scuole per garantire il distanziamento. Nonostante gli sforzi degli enti locali, a meno di un mese dall’avvio delle lezioni ancora 2-300mila studenti erano a caccia di un’aula. Si rassicurano i presidi su eventuali responsabilità in caso di contagi dentro le scuole. Il ministero dell’Istruzione conferma la didattica a distanza, come complementare alle lezioni in presenza, anche per il nuovo anno scolastico, 2020-2021

28 agosto
Il governo si accorge che sulla riapertura delle scuole pesa anche il nodo trasporti. Si fa una intesa con la capienza dei mezzi al 75% e nuovi fondi (ancora oggi non sono stati tutti spesi). La capienza dei trasporti scende al 50%. E oggi continua a essere il nodo più preoccupante, nonostante 450 milioni di fondi aggiuntivi stanziati

14 Settembre
La scuola riapre, non ovunque, per 8,3 milioni di studenti, ma non tutti sono in presenza. Laddove i problemi sono rimasti, si continua con le lezioni on line. La Campania e la Puglia, in contrasto con il governo, prendono più tempo per la ripartenza e iniziano il 24. I contagi iniziano a risalire, e i nodi sulla scuola rimangono tutti li. Anzi se ne aggiunge uno: le cattedre vuote, oltre 130mila

22 Ottobre
Prende il via, tra le polemiche, il concorso straordinario per stabilizzare 32mila docenti precari. La selezione si ferma il 3 dicembre, e ancora non è ripartita. Fermi anche i concorsi ordinari. A settembre 2021 si rischia il record storico di supplenti

4 Novembre
La curva dei contagi risale e la scuola si ferma. Alle superiori torna la didattica a distanza al 100%, restano in presenza laboratori e lezioni per studenti con disabilità o bisogni educativi speciali. L’Italia si colora: nelle zone rosse, con maggiori criticità, vanno on line anche seconda e terza media.

4 Dicembre
Le superiori proseguono la didattica a distanza fino alla pausa di Natale. Dal 7 gennaio si torna in presenza al 75%, poi sceso al 50% dopo trattativa con regioni. Si chiamano in causa i prefetti per cercare di trovare soluzioni su trasporti e spazi in vista del 7 gennaio. In molti regioni non ci si riesce, anche per la contrarietà di presidi e docenti alle lezioni di pomeriggio

5 Gennaio
Il governo posticipa dal 7 all’11 gennaio la ripresa in presenza al 50% delle superiori. Si ripete il film di settembre: molte regioni spostano più in là la data.

8 Gennaio
Le regioni si smarcano dalla ripresa in presenza alle superiori: in quasi tutt’Italia si decide di rinviare il ritorno sui banchi alle superiori, in molti casi fino al 31 gennaio.

Diploma in 4 anni con più lingue, laboratori e attività pratica

da Il Sole 24 Ore

di Francesca Barbieri

il diploma in 4 anni? È possibile in 132 scuole italiane(su 192 autorizzate dal ministero dell’Istruzione). A farla da padrone sono 77 licei scientifici, seguiti da 33 classici e 21 linguistici.
Ma ci sono anche licei delle scienze umane (15), istituti tecnici con indirizzo amministrazione, finanza e marketing (14), licei sportivi (3), artistici (2), licei musicali (2) e numerosi indirizzi degli istituti tecnici (turistico, meccatronico, grafica e comunicazione, chimica, costruzioni e territorio, informatica, relazioni internazionali, agroalimentare).

A livello territoriale 45 istituti e licei sono in Lombardia, seguita da Lazio e Campania (entrambi a 21), Puglia (16), Toscana (13) e Sicilia (12).
A questo elenco si aggiungono 14 sperimentazioni che coinvolgono altrettanti licei e istituti tecnici in 6 regioni: Campania, Emilia Romagna, Lombardia, Puglia, Toscana, Trentino Alto Adige e Veneto.

I primi corsi nel 2018

La sperimentazione dei percorsi quadriennali è nata tre anni fa, quando l’allora ministro dell’Istruzione, Valeria Fedeli, nel dicembre 2017 autorizzò le prime 100 scuole a offrire corsi in quattro anni e un successivo decreto estese l’autorizzazione a un altro centinaio di istituti superiori. L’idea di sperimentare percorsi “abbreviati”, però, nasce nel 2000, con la prima proposta di riforma lanciata dall’ex ministro Luigi Berlinguer ma mai realizzata, e viene ripresa dal 2013 in poi da altri titolari a Viale Trastevere, fino alla svolta del 2017.

Il vantaggio assoluto di questi percorsi? In primis è per chi punta all’università, sbocco naturale per i liceali. Un giovane infatti può decidere prima – con un anticipo di un anno rispetto agli studenti dei percorsi quinquennali – come proseguire la sua formazione scegliendo a 18 anni e non a 19 il campo specifico in cui farlo, al pari di tanti coetanei europei.

Più lingue e laboratori

Una piccola “rivoluzione” che, però, non porta grossi stravolgimenti alla didattica.

Se il monte ore totale rimane infatti identico a quello delle altre scuole superiori italiane, il programma sarà articolato su 4 anni anziché su 5 a scapito di attività extra-scolastiche come l’alternanza scuola lavoro – obbligatoria per tutti nell’ultimo triennio – a cui gli studenti delle scuole in 4 anni saranno chiamati in estate o nella pausa invernale.

In certi istituti viene deciso l’inserimento nel programma di studio di discipline nuove, come diritto, informatica, o storia dell’arte. In altre scuole, soprattutto istituti tecnici, vengono potenziate le attività pratiche con l’utilizzo di strumenti informatici e nuove tecnologie.

Studiare all’estero con Intercultura, ecco la mappa delle opportunità

da Il Sole 24 Ore

di Alessia Tripodi

Studiare all’estero, in una scuola locale, vivendo in una famiglia selezionata per due, tre o sei mesi o per tutto l’anno scolastico, oppure per quattro settimane d’estate. È l’opportunità offerta ai 15-18enni da Intercultura, l’associazione di volontari che, attraverso la rete Afs Intercultural Programs, fa viaggiare i ragazzi grazie a borse di studio finanziate con fondi propri o con il sostegno di aziende, enti, banche o fondazioni. Entro l’11 gennaio 2021 è stato possibile partecipare ai programmi per l’anno scolastico 2021-2022 e fino al 20 si può concorrere per i programmi estivi. Mentre dal 1° settembre e fino al 10 novembre 2021 si aprirà il bando per il 2022-2023, rivolto ai nati tra il 1 luglio 2004 e il 31 agosto 2007. Con Intercultura i ragazzi possono studiare in 60 destinazioni in tutto il mondo, per un’esperienza che, dati alla mano, è un investimento che produce un beneficio sociale per gli studenti e per la comunità.

Il programma Itaca

L’11 gennaio è la data di scadenza anche del bando Inps per il programma Itaca 2021/22, che offre 1.500 borse di studio ai figli dei dipendenti e pensionati della pubblica amministrazione per programmi annuali, semestrali e trimestrali. I programmi di Intercultura sono conformi al bando Itaca e offrono un percorso di formazione aggiuntivo che permette agli studenti di ricevere la certificazione delle competenze acquisite (tutte le informazioni su www.intercultura.it/itaca).

Le altre borse

Sempre entro l’11 gennaio possono iscriversi al bando Intercultura gli studenti nati tra il 1 luglio 2003 e il 31 agosto 2006 che non possiedono i requisiti per richiedere la borsa Inps, ma che vogliono partire versando l’intera quota di partecipazione. Ma anche i figli dei dipendenti del Gruppo Hera, per i quali sono disponibili 13 borse di studio (www.intercultura.it/gruppo-hera) , e gli studenti delle scuole superiori meritevoli, a basso reddito e residenti nei Comuni dove sono presenti gli impianti idroelettrici di Gruppo Edison Impianti. Per questi ragazzi sono disponibili 5 borse di studio totali della durata di un anno scolastico, un semestre o un trimestre (www.intercultura.it/gruppo-edison-impianti).

Le iscrizioni

Per tutti l’iscrizione non è vincolante e non richiede di specificare subito il paese dove si vuole studiare. Con Intercultura si può viaggiare per motivi di studio dal Nord America all’Europa, fino all’Asia (soprattutto la Cina), all’America Latina e all’Africa. Tra le novità di quest’anno spiccano l’anno scolastico in Grecia e il trimestre e l’anno scolastico nel Regno Unito. Gli studenti che si iscrivono entro l’11 gennaio al link www.intercultura.it/iscriviti ricevono un’email di conferma e poi tutte le informazioni per partecipare l test e incontrare i volontari,

I programmi estivi

Fino al 20 gennaio, poi, sono aperte le iscrizioni per vincere una delle 8 borse di studio per programmi estivi offerte da partner esterni: anche in questo caso tutte le informazioni si trovano sul sito www.intercultura.it. Chi non richiede una borsa di studio può iscriversi comunque ai programmi estivi di lingua offerti da Intercultura con date di scadenza variabili tra fine febbraio e fine aprile (info su www.intercultura.it/estivi)

Studiare all’estero fa bene

I programmi all’estero hanno un impatto positivo non solo sugli studenti che partecipano, ma anche sulla famiglia, sugli amici e sulla scuola. Lo rivela una ricerca sugli ex borsisti Intercultura realizzata da Human Foundation con la metodologia del Social Return On Investment (Sroi), strumento per la valutazione di progetti che promuovono il cambiamento sociale attraverso la partecipazione e il coinvolgimento. Dopo l’esperienza all’estero, i ragazzi hanno sperimentato un cambiamento legato al rapporto con il diverso, hanno visto aumentare la fiducia in sé stessi e le capacità di relazionarsi con gli altri. In termini di dati, la ricerca dice che per ogni euro investito nei programmi Intercultura sono stati generati 3,13 euro di beneficio sociale.

Meno abbandoni e più benessere con la didattica innovativa

da Il Sole 24 Ore

di Alessia Tripodi

La “flipped classroom”, ovvero la classe capovolta, con la lezione che diventa compito a casa mentre il tempo in classe è usato per attività collaborative. Ma anche l’apprendimento differenziato, l’uso flessibile del tempo e la didattica per scenari. Sono alcune delle “Idee”, dei percorsi innovativi per la scuola portati avanti dal Movimento delle Avanguardie Educative, nato nel 2014 su iniziativa dell’istituto di ricerca Indire e di un primo gruppo di 22 scuole italiane, e che oggi coinvolge una rete di quasi 1.200 istituti sparsi per tutta Italia. Il Movimento nasce con l’obiettivo di portare a sistema modelli educativi già sperimentati ed è aperto a tutte le scuole, primarie e secondarie, pubbliche e paritarie, alle quali offre la possibilità di rivoluzionare l’organizzazione della didattica, del tempo e dello spazio del “fare scuola”, utilizzando le tecnologie e i linguaggi digitali.

Il Manifesto

Le 22 scuole fondatrici hanno sottoscritto un «Manifesto programmatico per l’Innovazione» , costituito da 7 principi, chiamati “orizzonti” di riferimento. I percorsi di innovazione ispirati dal Manifesto sono poi diventati le “Idee”, che gli istituti aderenti al Movimento possono adottare e sperimentare nei loro curricoli.

Trasformare l’apprendimento

«L’obiettivo delle Avanguardie è aiutare le scuole a passare da un modello di apprendimento insegnato a un uno costruito, perchè siamo convinti che serva un sempre maggiore coinvolgimento degli studenti» spiega Giovanni Biondi, presidente di Indire. «A scuola si impara solo ascoltando o leggendo – continua Biondi – mentre oggi gli studenti apprendono con una molteplicità di strumenti, a partire dalla tecnologia, e quindi è necessario cambiare il modello». «Le Avanguardie sono tante tessere e le attuali 15 “Idee” che le scuole stanno adottando» formano «il puzzle che trasforma il modello scolastico», – aggiunge il presidente Indire.

Meno drop out, più benessere

Qual’è l’impatto dell’ innovazione proposta dalle Avanguardie? « Combatte il drop out e migliora il benessere scolastico», risponde Biondi. Che spiega: «Da un’indagine sappiamo che in molte scuole che hanno aderito alle Avanguardie, soprattutto al Sud, l’abbandono è vicino allo zero e in molti casi gli studenti vantano risultati nell’apprendimento superiori alla media Invalsi italiana». I contenuti del Manifesto, i progetti attivi e l’elenco di tutte le scuole aderenti al Movimento si trovano su http://innovazione.indire.it/avanguardieeducative

La prof “Siamo stanchi anche noi ma riaprire ora è troppo rischioso”

da la Repubblica

Ilaria Venturi

«La Dad funziona, non demonizziamola». Anna Chiara Stinchi, 60 anni, docente di storia dell’arte al liceo Galvani di Bologna, preferisce continuare con l’insegnamento a distanza che «rientrare in un momento in cui non vedo le condizioni di sicurezza necessarie».

La ministra Azzolina dice che la Dad non funziona più.

«Non sono d’accordo, credo che la ministra ragioni più in termini politici che altro. Noi stiamo insegnando a distanza con grande decenza e serietà, non mi va che ora passi il messaggio che non si fa scuola. Il dibattito sul rientro in aula non scivoli su questa idea: noi stiamo lavorando con i ragazzi e anche sodo. Poi è vero che tutto quello che abbiamo fatto e che stiamo facendo ce lo siamo dovuti inventare, ma non mi va che ora si butti tutto nel bidone».

Gli studenti soffrono senza scuola in presenza, non crede?

«Figuriamoci se non lo capisco, mi fanno una tenerezza infinita, sono loro le prime vittime e non so cosa farei per restituirgli la loro vita da adolescenti. Obiettivamente è una follia pensare che la didattica a distanza possa durare un anno. Ma non possiamo nemmeno fingere che la realtà sia normale, perché non lo è. Fanno bene a protestare, io ero una ribelle alla loro età. Ma soffrono per una pandemia che gli impedisce di avere una vita e una scuola normali».

Molte sono le petizioni per non rientrare in aula, eppure a settembre avete insegnato in presenza.

«E abbiamo vissuto il rischio, ora non ce la sentiamo di tornare in prima linea a fare i fenomeni, non ha senso. Le aule erano sicure, ma il contesto fuori non lo era e abbiamo visto com’è andata. Trovo indecente che in tutto questo tempo non si siano risolti i problemi veri: i trasporti, per esempio, e non i banchi. Sa piuttosto cosa ci mette più in difficoltà?».

Cosa?

«Questa incertezza, il continuo stop and go: non sai mai cosa succederà la settimana dopo. È squilibrante sentirsi in balia di decisioni dall’alto. Nessuno ci consulta».

Non vi sentite tutelati?

«Preferirei aspettare perché i contagi sono in crescita e non ci sono condizioni adeguate. I ragazzi perdono la scuola come socialità, ma non si può dire altrettanto sotto il profilo scolastico, la loro preparazione in certi casi è anche più innovativa».

“Non spingete, c’è un altro bus” La Toscana alla prova del rientro

da la Repubblica

Valeria Strambi

FIRENZE — Il primo istinto, appena arrivati alla fermata dell’autobus, è abbracciare i compagni di classe lasciandosi finalmente andare a un saluto vero. Poi, però, il timore che le scuole possano di nuovo chiudere per colpa di una piccola trasgressione è troppo forte. E allora basta un sorriso con gli occhi per dirsi quanto è bello tornare a fare lezione in presenza. Anche se vuol dire alzarsi all’alba, uscire dall’istituto nel tardo pomeriggio, quando fuori è già buio, e indossare sempre la mascherina, persino mentre si è seduti in aula.

La Toscana, con Abruzzo e Val d’Aosta, è una delle poche Regioni che hanno scelto di riaprire le superiori, seppure al 50%. E ieri, alla prova dei fatti, tutto ha funzionato. Il segreto sta nell’organizzazione minuziosa degli orari d’ingresso e uscita dei ragazzi, nell’aumento dei mezzi di trasporto a disposizione e nel reclutamento di decine di tutor pronti a presidiare le fermate degli autobus e gli ingressi delle scuole scongiurando gli assembramenti e indicando ai ragazzi i percorsi da seguire. Nella sola Firenze sono stati messi in campo oltre 200 tra forze dell’ordine, steward privati e volontari.

«Salite uno alla volta, senza spingere — dice uno di loro, dirottato su piazza San Marco — . Nessuno verrà lasciato indietro». L’invito sembra funzionare, tanto che gli studenti, forse impressionati dalla sua pettorina gialla, mantengono le distanze e non tentano l’assalto all’ultimo posto. «Le corse dei mezzi sono state intensificate e se il primo bus è troppo pieno posso tranquillamente prendere il successivo — conferma Martina, studentessa del liceo artistico di Porta Romana — . Certo, con questo freddo non è piacevole aspettare, ma i tempi per fortuna non sono troppo lunghi. Se è il prezzo da pagare per rivedere i miei compagni, sono felice di farlo».

Alcune scuole, come l’istituto per il turismo Marco Polo, pur di non lasciare ai ragazzi la tentazione di intrattenersi a chiacchierare fuori hanno scelto di aprire il portone e farli entrare in classe un quarto d’ora prima della campanella, a lezione non ancora iniziata. All’alberghiero Buontalenti sono stati affissi cartelli sulle ringhiere e c’è addirittura una catena umana di collaboratori scolastici per accogliere i ragazzi e far loro compilare un modulo ogni volta che chiedono di andare in bagno. L’istituto tecnico industriale Meucci ha invece pensato di dividere la scuola in quattro zone distinte in base al colore, così che i contatti tra i ragazzi siano ridotti al minimo: «Ogni studente che si presenta al portone deve avereil proprio badge colorato — specifica il preside, Luciano Maresca — . Chi ha il blu non potrà attraversare il corridoio rosso e chi ha il giallo non potrà incontrare i verdi».

Soddisfatto del primo giorno di sperimentazione il sindaco Dario Nardella: «Il meccanismo dei tutor alle fermate ha funzionato e spero che Firenze non rimanga un esempio isolato tra le grandi città. Credo che, almeno nelle regioni gialle, l’impegno a riaprire le scuole sia da prendere in esame». Felici, ma non senza timori, gli insegnanti: «Aspettavamo da tempo questo momento ed è stata un’emozione rivedere i ragazzi — . dice Francesco Giorgi, professore di religione allo scientifico Castelnuovo — . La paura è che i contagi possano risalire e che ci troveremo nuovamente con il balletto delle quarantene». La Regione Toscana, per non ripetere gli errori di settembre, ha così attivato l’operazione “Scuole sicure”, che prevede screening a campione negli istituti e gazebo fuori dalle scuole per eseguire i test rapidi sugli studenti con sintomi legati al Covid. «Le vaccinazioni vengono decise a livello nazionale, ma chiederò che fra i livelli di priorità vengano inseriti anche gli insegnanti e tutto il personale della scuola», annuncia il governatore Eugenio Giani.

La scuola alza la voce e Azzolina si accoda: “La Dad non basta più”

da la Repubblica

Corrado Zunino

ROMA – A Parma hanno steso gli zaini per terra, e si sono allontanati. La foto suggestiva. A Roma sono arrivati sotto il ministero dell’Istruzione e hanno alzato dieci e dieci cartelli. “In Dad o di presenza il vostro sistema non funziona”, diceva uno. Più esplicito un altro: “Azzolina, hai fallito”. Sotto la sua finestra. Un altro, lineare: “Scuola sicura”. Tutti i richiami si chiudono con la scritta: “Nun te stamo più a seguì”. Neppure loro. Gli altri, gli studenti che sono rimasti a casa, hanno, semplicemente, lasciato la piattaforma Zoom muta, disconnessa. Molti prof l’hanno accettato, solidali.

Non ci sono numeri, ovviamente, ma gli indizi dicono che alla sospensione delle lezioni hanno partecipato in molti. Difficile definirlo solo uno sciopero della Dad, è qualcosa di più profondo e disperato del libro aperto da Anita davanti al portone di liceo chiuso. Non è solo un grido contro la Didattica a distanza, che ha stancato, così com’è fatta brucia gli occhi e non ti lascia scambio. È un urlo contro una scuola che resta ai margini del Paese e che, nell’ultimo anno, è diventata un disastro frammentato e insicuro.

Sono tornati in istituto, ieri mattina, solo metà degli studenti delle superiori di Valle d’Aosta, Toscana, Abruzzo (a Trento e Bolzano lo avevano già fatto). Nelle restanti 16 regioni si sono mobilitati. Con loro alcuni genitori, quelli del Comitato Priorità alla scuola. E docenti come Elena Benigni, lei spiega: “Piuttosto che andare avanti così, sarebbe più utile sapere che fino a Pasqua non si rientra così cerchiamo strategie nuove”. Sono davanti alle prefetture, ad alcuni licei. Federico Allegretti, Rete studenti medi, dice: “Stiamo assistendo alla resa di un ministero che asseconda lo scaricabarile che imperversa per il Paese e, evidentemente, a un governo pronto a forzare la mano solo quando l’economia e la produzione lo richiedono, non quando ci sarebbe bisogno di un’amministrazione centralizzata ed emergenziale del comparto della scuola”. Sembrano aver capito molto, questi ragazzi. Il collettivo del Tasso scrive: “Il vero virus nelle scuole è la malagestione. Virus che già in questi anni di tagli all’istruzione ha serpeggiato silenziosamente negli istituti italiani di ogni ordine e grado, ma che, con il sopraggiungere della pandemia, si è manifestato mettendo in risalto fratture profondissime. Il virus ha roso dall’interno l’istruzione e il valore sociale e umano della scuola, ora svuotata di ogni senso educativo”. Riassumendo: anni di istruzione periferica hanno creato le condizioni del disastro attuale, su queste condizioni si è insediato un governo che con 3,7 miliardi non ha certo rimesso al centro il sistema e ha affidato a un ministero senza idee né seguito la gestione del complicato presente.

La ministra Lucia Azzolina ha provato a girare dalla sua parte la critica severa, abbracciando gli studenti: “I ragazzi hanno ragione, bisognava fare di più. È difficile per gli studenti comprendere perché non rientrano a scuola, capisco le loro frustrazione: la scuola è un diritto costituzionale”. La collega Elena Bonetti, ministra della Famiglia, ultimamente polemica con l’esecutivo come la sua Italia Viva, le ricorda: “Ai ragazzi vanno le scuse del governo e di tutte le istituzioni che non sono riuscite a garantire il diritto allo studio. Lo stile dell’ultimo minuto non va più bene”.

Ecco, dopo questo ritorno allo sciopero, i ragazzi torneranno alle loro mattinate a distanza. Con la concreta possibilità che questo accadrà per molti giorni ancora. Nicola Zingaretti, presidente del Lazio: “Deve essere chiaro che l’apertura in presenza delle scuole porterà a un’ulteriore crescita della curva. I membri del governo che intervengono senza offrire soluzioni danneggiano il governo di cui fanno parte”. Francesco Acquaroli, presidente delle Marche: “È difficile decidere di rimettere in movimento una massa così importante di persone”.

Approvate le Linee pedagogiche per il sistema integrato “zerosei”

da La Tecnica della Scuola

La Commissione nazionale per il Sistema integrato di educazione e di istruzione, ha approvato le Linee pedagogiche per il sistema integrato “zerosei”.

Il testo, al momento in forma di bozza, rappresenta una cornice di riferimento pedagogico e il quadro istituzionale e organizzativo in cui si colloca il sistema educativo integrato dalla nascita fino ai sei anni per favorirne lo sviluppo e il consolidamento.

Le Linee si compongono di sei parti:

Parte I -Ddiritti dell’infanzia per garantire a tutte le bambine e a tutti i bambini pari opportunità di sviluppo superando disuguaglianze e barriere territoriali. Per realizzare tali obiettivi il sistema integrato propone due segmenti: lo 0-3, che comprende i servizi educativi, e il 3-6, che corrisponde alle scuole dell’infanzia.

Parte II – Un ecosistema formativo per rinsaldare l’alleanza educativa con le famiglie, ad operare in continuità con il territorio, a promuovere e diffondere i valori irrinunciabili e non negoziabili della Costituzione.

Parte III – La centralità dei bambini: ciascun bambino, con la sua unicità e diversità, deve essere al centro dell’azione educativa e protagonista del suo percorso di sviluppo.

Parte IV – Curricolo e progettualità: le scelte organizzative. Spazi, arredi, materiali, tempi, organizzazione dei gruppi, attività, intenzionalità pedagogica sono elementi costitutivi del curricolo.

Parte V – Coordinate della professionalità. L’intreccio continuo e collegiale tra osservazione, documentazione, autovalutazione e valutazione formativa, progettazione caratterizza l’agire educativo.

Parte VI – Le garanzie della governance. Interventi strategici per la realizzazione del sistema integrato sono quelli che fanno leva sul coordinamento pedagogico, la formazione in ingresso e continua del personale, la diffusione delle sezioni primavera e dei Poli per l’infanzia

Sciopero scuola 11 gennaio 2021, no DaD per lunghi periodi

da La Tecnica della Scuola

Attorno allo sciopero dalla scuola e dalla DaD di stamattina 11 gennaio si è creata una grande mobilitazione. Studenti e studentesse hanno organizzato azioni simboliche davanti alle proprie scuole per chiedere che siano garantite le condizioni per un rientro in classe in sicurezza.

La Rete degli Studenti medi

La Rete degli studenti medi del Lazio ha lanciato lo sciopero della scuola in varie città, e sebbene inizialmente l’iniziativa dovesse essere circoscritta al Lazio, in breve tempo si è allargata, come raccontiamo anche in un altro articolo.

“Vogliamo la scuola in presenza ed essere priorità del paese, basta rimandi e rimpalli. Il coinvolgimento degli studenti è stato assente e le misure sono insufficienti,” affermano gli studenti.

O ancora: “La didattica a distanza ha grossi limiti strutturali e non può essere una soluzione di lungo termine. Per questo bisogna sfruttare ogni giorno a disposizione per costruire le condizioni di sicurezza necessarie a svolgere la didattica in presenza.”

Quello che chiedono gli studenti è di essere ascoltati e di essere finalmente parte di quelle voci che quotidianamente si confrontano sulla scuola: “Noi siamo pronti a raccogliere la sfida della partecipazione ai processi decisionali, stando attenti a monitorare gli impegni presi, raccogliendo le segnalazioni e portando il nostro punto di vista. La scuola deve essere la priorità per il governo e per le amministrazioni: un paese che non mette al centro la scuola, è un paese che non pensa al futuro.”

Insomma, la didattica a distanza, che è stata una manna dal cielo a marzo scorso, oggi mostra i suoi limiti nel momento in cui le si richiede di sostituire la scuola in presenza per periodi tanto prolungati.

La Ministra Azzolina

La stessa Ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina oggi ha dichiarato ai microfoni di Radio Rai 1: “Io ho voluto la DaD a marzo scorso, ma la DaD può servire per qualche mese, oggi non funziona. I ragazzi stanno vivendo un black-out della socialità, sono arrabbiati, disorientati, soffrono di sbalzi d’umore. E da Ministra mi preoccupa molto il deflagrare della dispersione scolastica.”

Organico Covid, emissione straordinaria il 18 gennaio

da La Tecnica della Scuola

Il MEF ha comunicato la riattivazione della funzione di autorizzazione dei ratei contrattuali per le sostituzioni del personale nominato in applicazione art. 231 bis del D.L. 34 (cosiddetto Organico Covid).

In proposito, è prevista da NoiPA un’emissione straordinaria per il 18 gennaio 2021 finalizzata al pagamento di tutti i ratei autorizzati dalle scuole entro le ore 15:00 del 14 gennaio.

A tal fine, secondo quanto riporta la FLC CGIL, le Istituzioni Scolastiche riceveranno una nota operativa del Ministero dell’Istruzione.

Iscrizioni anno scolastico 2021/22, per la scuola primaria si fanno on-line entro il 25 gennaio

da La Tecnica della Scuola

Dal 4 gennaio 2021 hanno preso il via le iscrizioni alle classi prime per il prossimo anno scolastico. Le domande potranno essere inoltrate fino alle ore 20 del 25 gennaio.

La modalità per la scuola primaria, così come per la secondaria di I e II grado, è online, attraverso il portale Iscrizioni on-line.

Chi può presentare domanda

I genitori e gli esercenti la responsabilità genitoriale:

  • iscrivono alla prima classe della scuola primaria i bambini che compiono sei anni di età entro il 31 dicembre 2021;
  • possono iscrivere i bambini che compiono sei anni di età dopo il 31 dicembre 2021 ed entro il 30 aprile 2022. Non è consentita, anche in presenza di disponibilità di posti, l’iscrizione alla prima classe della scuola primaria di bambini che compiono i sei anni di età successivamente al 30 aprile 2022.

Con riferimento ai bambini che compiono i sei anni di età tra il 1° gennaio e il 30 aprile 2022, i genitori e gli esercenti la responsabilità genitoriale possono avvalersi, per una scelta attenta e consapevole, delle indicazioni e degli orientamenti forniti dai docenti delle scuole dell’infanzia frequentate dai bambini.

Orari

All’atto dell’iscrizione, i genitori e gli esercenti la responsabilità genitoriale esprimono le proprie opzioni rispetto alle possibili articolazioni dell’orario settimanale che è così strutturato: 24 ore, 27 ore, fino a 30 ore, 40 ore (tempo pieno).

Trovano applicazione i criteri di precedenza deliberati dal Consiglio di istituto anche ai fini dell’accoglimento delle richieste di articolazione dell’orario settimanale.

L’accoglimento delle opzioni fino a 30 ore settimanali o per il tempo pieno è subordinato alla esistenza delle risorse di organico e alla disponibilità di adeguati servizi, circostanze che devono essere portate a conoscenza delle famiglie, anche con apposita nota da prevedere sul modulo on line di iscrizione.

L’adozione del modello di 24 ore settimanali è possibile solo in presenza di un numero di domande che consenta la formazione di una classe, con un numero minimo di 15 alunni.

Iscrizioni in eccedenza

In considerazione della possibilità che, in base ai criteri di precedenza deliberati dal Consiglio di istituto, si verifichi eccedenza di domande rispetto ai posti disponibili e che, conseguentemente, si renda necessario indirizzare verso altri istituti le domande non accolte, i genitori e gli esercenti la responsabilità genitoriale in sede di presentazione delle domande di iscrizione on line, possono indicare, in subordine rispetto all’istituto scolastico che costituisce la loro prima scelta, fino a un massimo di altri due istituti di proprio gradimento.

Il sistema di “Iscrizioni on line” comunica di aver inoltrato la domanda di iscrizione verso gli istituti scolastici indicati in subordine.

L’accoglimento della domanda di iscrizione da parte di una delle istituzioni scolastiche indicate nel modulo on line rende inefficaci le altre opzioni.

Come si presenta la domanda

Innanzitutto per le famiglie è necessario effettuare la registrazione al portale Iscrizioni online del Ministero. Non tutti, comunque, dovranno effettuare questa operazione: infatti, coloro che sono in possesso di un’identità digitale (SPID) possono accedere al servizio utilizzando le credenziali del proprio gestore.

La registrazione sarà sempre possibile fino alla chiusura delle iscrizioni, il 25 gennaio 2021.

Come registrarsi

Per inoltrare la domanda, è necessario cliccare su “Accedi al servizio” con le credenziali ricevute in fase di registrazione o con lo SPID.

Al primo accesso, l’applicazione chiede di confermare o integrare i dati di registrazione (abilitazione al servizio). Una volta inseriti e confermati i dati si può procedere con l’iscrizione, cliccando sul pulsante “Nuova domanda”.

Le varie sezioni della domanda possono essere compilate in tempi diversi e, quindi, se si desidera fare una pausa, si possono salvare le informazioni inserite senza inoltrare la domanda.

La domanda viene inoltrata alla prima scuola/CFP scelta. Le scuole indicate come seconda e terza scelta saranno invece coinvolte, una dopo l’altra, solo nel caso in cui la prima non abbia disponibilità di posti per il nuovo anno scolastico.

La domanda, se inoltrata, non può essere modificata. Se si devono apportare delle modifiche, è necessario contattare la scuola destinataria della domanda che potrà restituirla sempre attraverso il portale “Iscrizioni on line”.