Antisemitismo: Scuola fondamentale per contrastare pregiudizi

Antisemitismo, storico Pezzetti: “Scuola fondamentale per contrastare pregiudizi”

(Agenzia Dire) – ROMA – “L’antisemitismo è come un fiume carsico, quando non lo vediamo vuol dire che è sotto di noi, e ogni tanto riaffiora”. Sono le parole di Marcello Pezzetti, uno dei massimi studiosi italiani della Shoah, intervistato dall’agenzia Dire sull’allarme razzismo e antisemitismo in Italia, anche alla luce di quanto successo pochi giorni fa alla presentazione del libro di Lia Tagliacozzo. “Fra le condizioni che fanno riaffiorare il razzismo e l’antisemitismo c’è sicuramente il comportamento delle istituzioni- continua- Quando un politico di alto livello usa lui stesso un linguaggio razzista, per esempio, è chiaro che la gente si sente legittimata a far riaffiorare ciò che scorreva sotto”.Secondo Pezzetti, quindi, l’antisemitismo non si può estirpare completamente dalla società, ma si deve fare di tutto per limitarlo, e la scuola deve essere al centro di questo processo. A pochi giorni dalla ricorrenza della Giornata della memoria, Pezzetti precisa che il processo di sensibilizzazione non deve ridursi a un esercizio retorico. “La società deve munirsi di mezzi per bloccare queste ‘malattie’- aggiunge- come si usano i farmaci per quelle ordinarie. La scuola ha un compito fondamentale in questo processo educativo, ma lo deve fare senza retorica, che è la morte di questo lavoro, e in modo graduale, spalmando questo sforzo su tutto l’arco della carriera di uno studente”.Interpellato sulla Shoah dei Rom e dei Sinti, una tragedia gravemente dimenticata e rimossa dal dibattito pubblico, Pezzetti ricorda che “queste popolazioni sono state oggetto della persecuzione più simile a quella che hanno subito gli ebrei”. “Anche loro, una volta deportati nei campi di concentramento, alla fine venivano sistematicamente uccisi perché considerati un pericolo biologico, esattamente come gli ebrei- conclude– La gente non si rende conto dei danni prodotti da questa ideologia perché ancora oggi c’è un pregiudizio diffuso e subdolo nei loro confronti, come se non avessero subito nulla. È invece molto importante capire cosa hanno subito per cercare di intervenire sul sentimento anti-rom che è ancora molto forte. Purtroppo quando ci sono delle affermazioni violentemente razziste nei loro confronti, si è troppo permissivi. Invece bisognerebbe punirle perché fanno un danno enorme e, allo stesso tempo, lavorare di più per un’educazione al rispetto e contro i pregiudizi”.

Scrivere il teatro

Sesta edizione del concorso nazionale “Scrivere il teatro”

È il momento di “Scrivere il teatro”

È uscito il bando della sesta edizione del concorso nazionale “Scrivere il teatro”, promosso dal Ministero dell’Istruzione e organizzato da ITI Italia, il centro italiano dell’International Theatre Institute dell’Unesco.

Roma, 18 gennaio 2021 – In un momento in cui i teatri sono chiusi e l’attività didattica prosegue anche grazie alle risorse digitali, il concorso nazionale “Scrivere il teatro” può rappresentare un’occasione per affrontare in modo creativo le difficoltà di questo periodo di distanziamento fisico e per prepararsi alla celebrazione della prossima Giornata Mondiale del Teatro del 27 marzo.

Il concorso, giunto alla sesta edizione, si rivolge agli studenti delle scuole statali di ogni ordine e grado, invitandoli a scrivere una breve opera teatrale originale che faccia riferimento ai diritti umani e al disagio giovanile. Il lavoro di scrittura creativa, che in questo caso verrebbe praticato in forma collaborativa, da parte di un gruppo di studenti, rappresenta d’altronde un’occasione didattica preziosa, che consente di mettere a frutto le potenzialità delle tecnologie digitali per realizzare un testo che aspira a diventare uno spettacolo. 

L’opera vincitrice assoluta, infatti, sarà messa in scena dagli stessi studenti autori della drammaturgia, a conclusione di una residenza artistica full immersion di 10 giorni nella città di appartenenza dell’Istituzione scolastica vincitrice. La produzione dello spettacolo, coadiuvata da professionisti esperti, verrà poi raccontata attraverso un film documentario che sarà trasmesso in differita streaming a tutte le scuole italiane. La giuria, infine, segnalerà tre opere, una per la scuola primaria, una per la secondaria di I grado e una per la secondaria di II grado, da cui verranno creati estratti scenici e restituzioni video.

L’edizione 2019/2020 è stata vinta dagli studenti e dalle studentesse della classe 3 BL dell’Istituto Superiore “Secusio” di Caltagirone, grazie all’inedito testo DiscriminatiAnonimi.it”. Nonostante la pandemia in corso, e rispettosi delle regole di distanziamento e di igiene, al rientro in classe in autunno gli studenti e le studentesse hanno lavorato insieme a una squadra di professionisti coordinati dal regista Giorgio Zorcù e dall’attrice Sara Donzelli per preparare la messa in scena e poter esordire davanti al pubblico della propria città, al Cine Teatro Politeama, a ottobre. 

Per agevolare il lavoro dei docenti, è stato realizzato un video di 25 minuti con i suggerimenti pratici e stimoli per partecipare al progetto anche con la didattica digitale integrata di due insegnanti che hanno usato le tecnologie digitali e che hanno vinto il concorso gli anni scorsi.

L’iniziativa, il bando e le risorse utili sono sul sito di “Scrivere il teatro”: https://www.scrivereilteatro.it/

I partecipanti sono invitati a compilare il modulo con tutte le informazioni relative al progetto che si intende presentare e caricare gli allegati necessari entro le ore 23:59 del 28 febbraio 2021.

Tra rischi e diritti

Tra rischi e diritti

di Rita Manzara

Questa ormai lunga parentesi legata alla pandemia da Coronavirus ha indubbiamente creato, per i giovani,condizioni del tutto imprevedibili per la gestione del tempo, per lo sviluppo delle competenze connesse agli apprendimenti, per la socialità in termini di efficacia delle relazioni.

Per esprimere un’opinione equilibrata in merito non è peraltro opportuno schierarsi nei confronti della didattica in presenza o a distanza senza aver prima approfondito le argomentazioni in materia, sia favorevoli sia contrarie all’una o all’altra delle posizioni.

La principale riflessione si impernia sul dissenso nei confronti della DAD espresso da gruppi più o meno consistenti di studenti e di genitori: la notizia, ovviamente, risulta di interesse pubblico ed è infatti veicolata da giornali e TV. I ragazzi che contestano il perdurare della DAD evidenziano gli indubbi effetti negativi sul rendimento scolastico, effetti che possono compromettere il futuro lavorativo.

Non viene, tuttavia, altrettanto sottolineato il disaccordo espresso nei confronti delle proteste in questione da 6 ragazzi su 10, ovvero la petizione lanciata su Change.org da Unsic (un sindacato di imprenditori e coltivatori), petizione che ha raccolto un numero elevatissimo di firme. Ci sono, quindi, anche persone che ritengono la DAD una valida alternativa o, quantomeno, la ritengono “il minore dei mali” rispetto al ritorno sui banchi dei nostri adolescenti.

Chiediamoci allora quali siano le motivazioni che stanno alla base dell’una o dell’altra convinzione.

Cominciamo col dire che nessuno può negare la maggiore validità dell’insegnamento/apprendimento in presenza. La Didattica a distanza è stata da tutti considerata una soluzione temporanea, che in tempi “normali” poteva essere comunque conservata o per rispondere alle esigenze legate a particolari situazioni (es. assenze per patologie prolungate), ovvero come una delle metodologie da impiegare nell’ambito di specifiche sperimentazioni (es. “flipped classroom”).

Ciò detto, deve essere anche reso noto il parere di alcuni docenti di scuola secondaria di II grado che, durante il periodo di lezioni a distanza hanno riscontrato non solo conseguenze negative (aumento della dispersione scolastica, difficoltà nel mantenere un buon livello di inclusione, ecc.) ma anche, in alcuni casi, un aumento del senso di autonomia e responsabilità da parte deglistudenti. Personalmente, posso dire di aver constatato la veridicità di quest’ultima affermazione in veste di Presidente di Commissione degli Esami di maturità 2020.

Proviamo adesso a capire perché, mentre gli alunni dai 3 ai 14 anni si recano comunque quotidianamente a scuola,far tornare adesso sui banchi i ragazzi dai 14 ai 18 anni costituirebbe senz’altro un rischio per un’ulterioreondata di contagi.

Escludiamo a priori la seguente (spiacevole) risposta che purtroppo sento dare da qualche persona, peraltroestranea alla scuola: “Perché docenti e Dirigenti Scolastici non hanno voglia di impegnarsi nell’organizzazione (difficile e complessa) del servizio nel rispetto dei protocolli igienici”. Che la scuola sia uno dei luoghi più sicuri è un dato di fatto, peraltro riconosciuto fortunatamente da molti.

In ogni caso, non possiamo ignorare che neppure i nostri ragazzi sono del tutto esenti dal timore del contagio. Ma non è questa certamente l’argomentazione principale.

Ricordiamo, invece, che molti ragazzi spesso, in realtà, finita la sessione di studio si affrettano ad uscire mantenendo in atto i propri rapporti sociali. 

Si tratta indubbiamente di un diritto (ora regolato dai DPCM), diritto che spesso però – proprio perché esercitato in piena autonomia rispetto ai bambini di età inferiore – rischia di venir gestito senza la necessaria attenzione alle norme (uso della mascherina, distanziamento, igienizzazione delle mani, ecc.)

Pur non volendo banalizzare il discorso, ritengo che i comportamenti “disinvolti” di una parte degli adolescenti al di fuori dell’ambiente scolastico (e di altri ambienti educativi, come quelli sportivi) costituiscono causa di rischi “portati” all’interno della scuola.

Qualcuno potrebbe correttamente obiettare che sono anche altre le cause di contagi, prima fra tutte il perdurante affollamento dei mezzi pubblici che, nonostante tutto, impedisce ancora oggi di mantenere il distanziamento a bordo.

E’ vero. E allora?

Non ci sono ricette, nessuno può fornirle.

Mi sono limitata soltanto a mettere sulla carta un elenco di fattori oggettivamente presenti nella nostra quotidianità per consentire un’ulteriore riflessione in merito alla difficoltà dei nostri giovani, intrappolati nell’antitesi tra bisogno di socialità e prevenzione del rischio.

Protesta a oltranza a Trieste per il rientro sui banchi

Scuola. Protesta a oltranza a Trieste per il rientro sui banchi 

Ad annunciarlo il Pas, movimento priorita’ alla scuola

(Agenzia Dire) – Trieste – Annuncia una protesta a oltranza, ogni sabato mattina, in piazza Unita’ d’Italia, nel cuore di Trieste, il Pas, movimento priorita’ alla scuola. In Friuli Venezia Giulia, secondo l’ordinanza del governatore Massimiliano Fedriga, gli studenti delle superiori torneranno sui banchi il primo giorno di febbraio. Ma anche successivamente a quella data, la mobilitazione del Pas, che raccoglie soprattutto genitori, non e’ destinata a fermarsi. “Chiediamo- ricorda Cristina Gregoris parlando con la Dire, referente a Trieste di Pas- come prima cosa che i ragazzi possano rientrare nei vari istituti, e poi di potenziare ulteriormente i trasporti pubblici e di prevedere un piano di vaccini prioritari per gli insegnanti. Solo cosi’ potremo pensare a una scuola in sicurezza per tutti”.
Il movimento sara’ presente ogni giorno, questa settimana, con un presidio in piazza Unita’ d’Italia, davanti al palazzo della Regione, nel pomeriggio, mentre sabato mattina alle 11 e’ programmata la mobilitazione, che gia’ sabato scorso ha visto tanti genitori, e pure qualche studente, protestare con cartelli e slogan contro la chiusura delle scuole.

Brexit e Covid non fermano Erasmus

da Il Sole 24 Ore 

di Eugenio Bruno

Non c’è riuscito il Covid a fermare l’Erasmus e non ci riuscirà la Brexit. Nonostante la pandemia globale sono quasi 22mila gli italiani (in gran parte studenti) che a ottobre 2020 risultavano partiti (o in partenza) per un programma di scambio: più o meno il 40% dei 49mila autorizzati. E anche ora che il Regno Unito è uscito dall’Ue l’esecutivo di Bruxelles dimostra di voler ancora scommettere sul programma di mobilità studentesca. Raddoppiando i fondi e ampliando i destinatari.

La nuova programmazione 2021/27

Il nuovo regolamento che disciplinerà Erasmus+ da qui al 2027 è atteso entro gennaio. Se la scadenza venisse rispettata entro febbraio potrebbero arrivare la guida e le prime call e a fine marzo i primi bandi per la mobilità. Ma alcuni punti fermi già ci sarebbero. A cominciare dall’aumento della dote finanziaria del programma europeo dai 14,7 miliardi del 2014/20 ai 26 dei prossimi 7 anni. L’obiettivo esplicito è arrivare a un ampliamento dei beneficiari di un’esperienza che dal 1987 a oggi ha coinvolto 10 milioni di ragazzi e ragazze (570mila in Italia). Come? Raggiungendo persone di ogni estrazione sociale, ammettendo ai fondi enti più piccoli di quelli tradizionali e aumentando le chances per le scuole (nei piani di formazione all’estero, oltre a prof e personale, potranno essere coinvolti anche gli alunni, ndr) accanto al bacino tradizionale dell’università. E si punterà su ambiti di studio che guardano al futuro come le energie rinnovabili, i cambiamenti climatici, l’ambiente, l’ingegneria, l’intelligenza artificiale o il design. Ferma restando la sua articolazione in tre azioni chiave: la prima per la mobilità delle persone; la seconda per le misure di cooperazione; la terza per le politiche di istruzione, gioventù e sport.

La variabile Covid

I propositi di riforma devono fare i conti con un doppio problema. Il primo è mondiale e riguarda il Covid-19. Nell’annus horribilis 2020 la pandemia ha sconvolto un po’ ovunque i progetti di mobilità studentesca. Partita bene, con un aumento delle domande di scambio del 3% a fine febbraio, anche l’Italia si è trovata a fare i conti con uno scenario sconvolto dal virus: frontiere chiuse, viaggi annullati, stop alle lezioni in presenza in tutta Europa. Durante il lockdown erano 13mila i nostri ragazzi oltre confine e circa metà ha scelto di rientrare. Nella fase 2 lo scenario sembrava essere migliorato, come confermano i numeri dell’Agenzia nazionale Erasmus+ Indire. A ottobre – in base a una rilevazione a cui hanno risposto 63 università su 90 – su 49mila studenti (e docenti o staff) autorizzati a partire lo avevano già fatto o erano pronti a farlo in 21.916 (il 44,4%). Ma ora il quadro è di nuovo mutato. Tant’ che alcuni atenei (Genova e Salerno), appellandosi alla propria autonomia, hanno nuovamente bloccato le partenze. Mentre altri (Torino, Milano, Padova, Firenze, Sapienza, Roma Tre) stanno andando avanti. In un contesto generale di emergenza che, da un lato, ha consentito a chi doveva partire di poter posticipare fino a un massimo di 12 mesi e, dall’altro, a chi è partito di cimentarsi anche in Erasmus con la didattica mista. Con studenti che hanno iniziato in presenza e proseguito online o viceversa.

Il fattore Brexit

A turbare i sonni di Erasmus+ dal 1° gennaio è intervenuta anche la Brexit. Nonostante i propositi iniziali del premier inglese Boris Johnson di prolungare l’esperienza di scambio con l’Ue alla fine il Regno Unito ha deciso di interromperla. Un problema non di poco conto per noi visti movimenti in entrata e in uscita (su cui si veda il grafico accanto) che ci legavano agli inglesi. Fermo restando che i progetti autorizzati nel 2020 potranno andare avanti anche nel 2021 e che lo stop riguarda solo la nuova programmazione un ostacolo in più i ragazzi che ancora non hanno messo piede oltremanica lo troveranno lo stesso: per restare più di 3 mesi servirà il visto. Ma una parola di speranza arriva da Flaminio Galli, direttore dell’Agenzia nazionale Erasmus+ Indire: «La Brexit è un fatto di portata storica che avrà sicuramente un impatto sulla mobilità in entrata e in uscita di studenti tra Ue e Regno Unito. Tuttavia – dichiara al Sole 24Ore del Lunedì – non tutto è definitivamente perduto. Il programma Erasmus, infatti, è uno strumento molto flessibile e adattabile. Già adesso vi sono significativi accordi bilaterali con realtà extraeuropee come il Marocco, la Tunisia o altri paesi nel mondo, che rendono possibili le esperienze di mobilità. Ci auguriamo che questo possa coinvolgere in futuro anche lo stesso Regno Unito». A suo giudizio, il futuro di Erasmus si prospetta comunque «solido»: «Continuerà a finanziare iniziative per promuovere la conoscenza e la consapevolezza, il senso di cittadinanza e appartenenza all’Europa. Il programma prevede un forte investimento nelle persone, nelle loro competenze e nelle loro conoscenze green e digitali, necessarie a rispondere alle sfide globali, a mantenere l’equità sociale e a guidare la competitività».

Da oggi per oltre 800mila studenti riparte la scuola in presenza

da Il Sole 24 Ore 

di Redazione Scuola

Circa 840mila studenti delle superiori in 5 Regioni (256mila nel Lazio, 13mila in Molise, 197mila in Emilia Romagna, 176mila in Piemonte e 199mila in Puglia) da oggi frequenteranno in presenza, alternandosi al 50% in classe fino ad un massimo del 75%.

Ecco il quadro regione per Regione.

  • Trentino – tutti gli studenti sono rientrati a scuola il 7 gennaio, per i ragazzi delle superiori dal 7 presenza al 50%.

  • Alto Adige – la Provincia autonoma di Bolzano va in zona rossa quindi gli studenti dalla seconda media alle superiori dovranno studiare con la Dad.

  • Valle d’Aosta – tra le prime regioni ad aver riaperto le scuole superiori, conferma per questa settimana l’attività didattica in presenza al 50% nelle scuole secondarie. Per l’assessore regionale all’Istruzione Caveri la «speranza è di passare presto al 75% e poi al 100% perché la vera didattica è in presenza».

  • Piemonte – gli studenti delle scuole superiori torneranno in classe oggi, se non ci saranno ordinanze regionali che danno indicazioni diverse. Elementari e medie in presenza dal 7.

  • Liguria – i ragazzi delle elementari e delle medie sono rientrati il 7 gennaio a scuola mentre le superiori si proseguirà per un’altra settimana con la Dad, ha annunciato il presidente Toti.

  • Lombardia – la Regione entrerà in zona rossa quindi le lezioni in presenza saranno limitate alle elementari fino alla prima media, Dad per tutti gli altri.

  • Friuli Venezia Giulia – il governatore Massimiliano Fedriga ha firmato l’ordinanza in vigore dal 7 al 31 gennaio in base alla quale l’attività didattica delle scuole secondarie di secondo grado viene svolta in Ddi, didattica digitale integrata.

  • Veneto – prosegue la chiusura delle scuole superiori fino al 31 gennaio. Tutti gli altri in classe dal 7 gennaio.

  • Emilia Romagna – sono riprese le lezioni a scuola per elementari e medie; oggi rientro per i ragazzi delle superiori al 50% dopo la sentenza del Tar che ha bocciato l’ordinanza regionale.

  • Toscana – le scuole superiori hanno ripreso le lezioni in presenza l’11 gennaio. Già in classe tutti gli altri.

  • Marche – la didattica a distanza proseguirà al 100% per le scuole secondarie di secondo grado, statali e paritarie, fino al 31 gennaio. Scuola in presenza per gli altri.

  • Umbria – didattica “esclusivamente a distanza” fino al 23 gennaio nelle scuole superiori dell’Umbria. Lo ha deciso la Regione. Il provvedimento riguarda le scuole secondarie di secondo grado statali e paritarie.

  • Lazio – riprese le lezioni in presenza per materne, elementari e medie, oggi in presenza per le superiori.

  • Abruzzo – sono tornati a svolgere la didattica in presenza tutti gli alunni della scuola dell’infanzia, della primaria, della secondaria di primo grado e dall’11 il 50% degli studenti delle superiori fino ad arrivare al 75% dal 16 gennaio.

*Molise – l’Ufficio Scolastico regionale del Molise ha invitato i dirigenti scolastici «a predisporre quanto di propria competenza per consentire la ripresa dell’attività in presenza da lunedì 18 gennaio». Per quanto riguarda le scuole superiori «la frequenza degli studenti è limitata al 75%».

  • Campania – hanno riaperto lunedì 11 gennaio per gli alunni della scuola dell’infanzia e delle prime due classi della scuola primaria. A partire da oggi sarà valutata la possibilità del ritorno in presenza per l’intera scuola primaria e dal 25 gennaio, per la secondaria di primo e secondo grado.

  • Basilicata – i ragazzi delle superiori – secondo una ordinanza regionale – saranno in Dad fino al 1 febbraio. In classe gli altri.

  • Calabria – le superiori rimarranno in Dad fino al 31 gennaio. Lo prevede l’ordinanza del governatore Spirlì.

  • Puglia – oggi rientreranno a scuola i ragazzi delle superiori.

  • Sicilia – è l’unica altra regione insieme alla Lombardia che diventerà rossa. Quindi non solo restano chiuse le scuole superiori ma da lunedì chiudono anche le seconde e terze medie.

  • Sardegna – gli studenti delle superiori non rientreranno in classe prima del 1° febbraio per decisione della Regione. Tutti gli altri sono rientrati a scuola.

Riapertura scuole, il Cts: “Garantire didattica in presenza in tutti i cicli”

da la Repubblica

Corrado ZUnino

Gli esperti del Comitato tecnico scientifico del governo, dopo la riunione urgente sulla scuola di questa mattina, hanno ribadito al ministro della Salute, Roberto Speranza, di “garantire la didattica in presenza in tutti i cicli”, ma questa hanno messo per iscritto che ci sono differenze per il livello dei contagi a seconda  delle Regioni. Una novità nel confronto sulla scuola di questi undici mesi.

Il verbale del Cts, che Repubblica ha potuto visionare, non porterà a una nuova ordinanza, ma conferma il Decreto del presidente del Consiglio del 15 gennaio che chiede là dove possibile un ritorno in presenza tra il 50 e il 75 per cento.

In quattro regioni sarà confermata, quindi, la ripartenza delle superiori: sono Piemonte, Emilia Romagna, Lazio e Molise. Valle d’Aosta, Trentino Alto Adige, Toscana e Abruzzo sono già partite o giovedì 7 o lunedì 11. La Campania riporterà in classe solo la terza elementare (ci sono già infanzia, prima e seconda). Per le altre è previsto un rientro tra lunedì 25 gennaio e lunedì 1 febbraio. Dopo la riunione urgente, che offre possibilità di intervento ai governatori, le posticipazioni saranno confermate.

La riunione urgente era nata da un’iniziativa delle stesse Regioni che, attrezzate da tempo con comitati scientifici locali, volevano una validazione centrale – dal Cts – sulle loro scelte nell’affrontare sul territorio la pandemia e sul metodo scientifico conseguito. Hanno chiesto, quindi, un intervento sia a Speranza che a Francesco Boccia, ministro dei Rapporti con le Regioni. Il Cts, per ora, ha riconosciuto la differenza regionale della pandemia.

In particolare, il verbale numero 146, dice: “L’attuale incremento registrato dell’incidenza di nuovi casi è stato comunque contenuto grazie alle misure di mitigazione adottate, pur osservandosi una significativa differenza tra le realtà regionali, alcune delle quali connotate da elevate circolazione virale”. Il Comitato tecnico scientifico, che da sempre esprime una posizione favorevole alla riapertura della scuola, ribadisce “ulteriormente e con convinzione” l’importanza del ritorno in classe per gli studenti delle scuole di ogni ordine e grado “come condizione imprescindibile e non più procrastinabile per il grave impatto che ì’assenza di esso ha sull’apprendimento e la strutturazione psicologica e di personalità degli studenti che, in questa particlare fascia d’età, possono essere fortemente penalizzati dall’isolamento domiciliare”.

Ancora, il Cts rimarca che “la responsabilità delle perture degli istituti scolastici è di competenza degli enti teritorisli e locali” e ricorda che, come ha sottoscritto il tavolo dei prefetti, sono i presidenti di giunta “ad attuare misure organizzative per il rientro in classe nelle diverse province”

Diversi esperti da giorni insistono sulla necessità di misure severe per contrastare l’epidemia e tutelare la campagnia di vaccinazione. Il mondo della scuola è in fermento: chiede da una parte il ritorno alle lezioni in presenza, ma dall’altra che questo avvenga in sicurezza.

Al momento, era previsto il ritorno da domani lunedì 18 gennaio, in aula nelle superiori, con presenze del 50%, nel Lazio, in PiemonteMolise ed Emilia Romagna (in quest’ultima regione su decisione del Tribunale amministrativo regionale). In ToscanaAbruzzo e Valle d’Aosta, come da indicazioni del governo, avevano dato il via libera alla presenza al 50% l’11 gennaio scorso, e l’Alto Adige, in pratica aveva fatto da regione apripista (con tutte le scuole) già da martedì 7 gennaio. Stessa cosa in Trentino.

Si sarebbe dovuti tornare in classe anche in Lombardia e Sicilia, ma essendo state dichiarate regioni in zona rossa, le superiori continueranno con la didattica a distanza. Classificata zona rossa dal governo, come Lombardia e Sicilia, la provincia autonoma di Bolzano ha deciso di continuare con una presenza in classe minima del 50% fino ad un massimo del 75%.

Per quanto riguarda le altre regioni, in Liguria e Umbria si riapre il 25 gennaio; stessa data, ancora però in attesa delle decisioni ufficiali dei governatori, per Campania e Puglia. La campanella degli istituti superiori di secondo grado tornerà a suonare, sempre con il massimo del 50% di presenza e senza nuove ordinanze dei presidenti di Regione, solo dal primo febbraio in Friuli Venezia GiuliaVenetoMarcheSardegnaCalabria e Basilicata.

Come riferisce il Corriere del Veneto, sono 200 le classi di elementari e medie sottoposte a quarantena in Veneto per positività di uno o più studenti, quattromila gli studenti. È l’effetto, dieci giorni dopo la ripresa dalle vacanze di Natale, dell’ordinanza della Regione che ha cambiato la gestione dei casi positivi a scuola, obbligando all’isolamento le intere classi in presenza anche di un solo contagio.

Riapertura scuole, oltre un miliardo di mascherine consegnate agli istituti scolastici. I dati aggiornati

da OrizzonteScuola

Di Andrea Carlino

Oltre un miliardo le mascherine consegnate alle scuole al 14 gennaio. I dati sono consultabili nella sezione dedicata sul sito del Ministero dell’Istruzione. 196 milioni di mascherine consegnate in Lombardia, 120 milioni nel Lazio, 101 milioni in Sicilia.

Ecco tutti i principali dati aggiornati

Ricordiamo che la scuola consegna quotidianamente le mascherine di tipo chirurgico a tutto il personale e agli studenti, grazie alla fornitura di 11 milioni di dispositivi al giorno messi a disposizione dal Commissario straordinario per l’emergenza.

Così come segnala il Ministero dell’Istruzione con delle FAQ dedicate, il Comitato Tecnico Scientifico, nel Verbale 124 della riunione tenutasi il giorno 8 novembre 2020, a preciso quesito posto immediatamente dal Ministero, ha chiarito la portata dell’articolo 1 comma 9 lettera s) del DPCM 3/11/2020, confermando l’uso obbligatorio delle mascherine a scuola, senza eccezioni correlate al distanziamento.

Pertanto, a partire dalla scuola primaria, la mascherina dovrà essere indossata sempre, da chiunque sia presente a scuola, durante la permanenza nei locali scolastici e nelle pertinenze, anche quando gli alunni sono seduti al banco e indipendentemente dalle condizioni di distanza (1 metro tra le rime buccali) previste dai precedenti protocolli, “salvo che per i bambini di età inferiore ai sei anni e per i soggetti con patologie o disabilità incompatibili con l’uso della mascherina”, le cui specifiche situazioni sono dettagliate nella sezione 2.9 del DPCM.

Nelle sezioni di scuola primaria a tempo pieno e di scuola secondaria di primo grado a tempo prolungato, è necessario prevedere la sostituzione della mascherina di tipo chirurgico a metà giornata, per garantirne l’efficienza. La struttura commissariale sta già provvedendo allo sviluppo delle relative ulteriori forniture.

Durante l’attività musicale degli strumenti a fiato e del canto è possibile abbassare la mascherina durante l’esecuzione in lezione singola. Si tratta di una disposizione che il DPCM ha adottato sulla scorta delle indicazioni delle massime autorità sanitarie preposte alle strategie per il contenimento della situazione epidemiologica, “su proposta del Ministero della salute”, volta a contemperare diritto alla salute e diritto all’istruzione, alla luce dei nuovi dati epidemiologici.

Il DPCM 3 novembre 2020 prevede che, oltre alla mascherina chirurgica, fornita dalla struttura commissariale, ai sensi dell’articolo 1, comma 7 del DPCM, “possono essere utilizzate anche mascherine di comunità, ovvero mascherine monouso o mascherine lavabili, anche auto-prodotte, in materiali multistrato idonei a fornire una adeguata barriera e, al contempo, che garantiscano comfort e respirabilità, forma e aderenza adeguate che permettano di coprire dal mento al di sopra del naso”.

Se la disabilità non è compatibile con l’uso continuativo della mascherina gli studenti disabili non devono indossarla.

Riapertura scuole, il CTS dà il via libera: si può tornare in presenza. Le ultime notizie

da OrizzonteScuola

Di Andrea Carlino

Si è svolta la riunione d’urgenza del Comitato Tecnico Scientifico. All’ordine del giorno è il tema della riapertura delle scuole.

Le scuole superiori possono tornare in presenza nella misura del 50% e fino al 75% come previsto dal Dpcm del 14 gennaio. Questo è, secondo quanto si apprende, il parere degli esperti che si sono riuniti d’urgenza questa mattina dopo la richiesta del governo di un’indicazione sul ritorno in classe degli studenti delle scuole superiori. Le scuole vanno dunque riaperte e, sottolineano ancora gli esperti, se qualche presidente di regione decidesse diversamente, “se ne assume la responsabilità”. Bisogna tener conto “delle situazioni congiunturali dei diversi territori”.

Riunione del CTS chiesta dal governo

Secondo le norme contenute nel Dpcm  a partire da domani, 18 gennaio, su tutto il territorio nazionale tranne che nelle regioni o province autonome in zona rossa (ad oggi sono Lombardia, Sicilia, Provincia autonoma di Bolzano: qui la mappa aggiornata), le scuole secondarie di secondo grado svolgeranno l’attività didattica in presenza dal 50% al 75%, fatte salve le diverse disposizioni individuate da singole Regioni.

La rimanente parte dell’attività si svolgerà a distanza. Nulla cambia per i servizi educativi per l’infanzia, per le scuole per l’infanzia, per la primaria e le scuole medie, che continuano a svolgersi in presenza nelle regioni in zona gialla e arancione.

La richiesta di esprimere un parere su un eventuale rinvio della didattica in presenza per gli studenti della scuola secondaria, secondo quanto si apprende, è arrivata in mattinata agli scienziati ai quali però non era stato chiesto alcun parere sulla questione nei giorni scorsi, prima che entrasse in vigore il nuovo Dpcm con l’indicazione del ritorno in presenza degli studenti delle superiori al 50%.

AGGIORNAMENTI

ore 13.35 Le scuole superiori possono tornare in presenza nella misura del 50% e fino al 75% come previsto dal Dpcm del 14 gennaio. Questo è, secondo quanto si apprende, il parere degli esperti del Comitato tecnico scientifico

ore 12.45 In corso la riunione del Comitato tecnico scientifico sulla scuola. Il ministro della Salute, Roberto  Speranza, ha convocato la riunione per avere un parere del Cts sulla  riapertura in presenza al 50% delle superiori, previsto dal Dpcm da lunedì 18.

Cosa accade per la scuola

  • Le scuole secondarie di secondo grado adottano forme flessibili nell’organizzazione didattica in modo che, a decorrere dal 18 gennaio 2021, almeno al 50% e fino ad un massimo del 75% della popolazione studentesca sia garantita l’attività didattica in presenza, fatte salve le diverse disposizioni individuate da singole Regioni. La rimanente parte dell’attività si svolgerà a distanza. Resta garantita la possibilità di svolgere attività in presenza qualora sia necessario l’uso di laboratori o per garantire l’effettiva inclusione scolastica degli alunni con disabilità o con bisogni educativi speciali.
  • Nei servizi educativi per l’infanzia, nelle scuole dell’infanzia e nel primo ciclo di istruzione (scuole primarie e secondarie di I grado) la didattica continua a svolgersi integralmente in presenza. È obbligatorio l’uso di dispositivi di protezione delle vie respiratorie, fatta eccezione per i bambini di età inferiore ai 6 anni e per i soggetti con patologie o disabilità incompatibili con l’uso della mascherina.
  • È possibile lo svolgimento in presenza delle prove concorsuali selettive, con un numero di candidati non superiore a 30 per ciascuna sessione o sede di prova. Saranno quindi ricalendarizzate le prove del concorso straordinario per la secondaria di I e II grado interrotte a novembre e si darà avvio gradualmente allo svolgimento delle prove delle altre procedure concorsuali.
  • Restano sospesi i viaggi d’istruzione, le iniziative di scambio o gemellaggio, le visite guidate e le uscite didattiche, fatte salve le attività inerenti i percorsi per le competenze trasversali e per l’orientamento (PCTO).
  • Le riunioni degli organi collegiali potranno svolgersi a distanza.

Rientro a scuola: le Regioni contro il Governo, Azzolina contro le Regioni. Vince l’autonomia differenziata

da La Tecnica della Scuola

Sconfitto nelle segreterie sindacali, contrastato con manifestazioni di protesta del mondo della scuola e con prese di posizione di politici della stessa maggioranza di Governo, il progetto di autonomia differenziata si sta di fatto affermando nel Paese reale, molto spesso con il favore degli stessi docenti.
Le decisioni con cui le Regioni contrastanti con le regole nazionali in materia di chiusura e apertura delle scuole riscuotono spesso il favore di molti docenti (un po’ meno – forse – dei genitori); laddove le Regioni si mostrano concordi con le decisioni nazionali sono in tanti a sollecitarne l’intervento.
Insomma, la voglia di “differenziare” nei territori le scelte politiche si sta diffondendo sempre più.

Contro quella che viene considerata una “deriva” interviene nuovamente la Flc-Cgil che già nei giorni scorsi aveva esplicitamente chiesto al Governo di non delegare alle Regioni nessun tipo di decisione in ambito scolastico.
“La confusione – sottolinea adesso il sindacato di Francesco Sinopoli – si sta trasferendo, inevitabilmente, anche nelle aule di tribunale. Il TAR Lombardia e il TAR Emilia con specifici provvedimenti cautelari, hanno annullato le ordinanze di sospensione delle attività didattiche adottate dalle rispettive Regioni. Il TAR Sicilia e il Tar Puglia invece, hanno respinto i ricorsi contro analoghi provvedimenti delle Regioni”.
“La misura è colma – denuncia il sindacato – e il rinvio dell’apertura delle attività didattiche era e deve essere del governo nella sua collegialità senza delegare più nulla alle Regioni a causa dell’incapacità del governo stesso di decidere. Per questo chiediamo a governo e Parlamento di cancellare da subito i poteri inopinatamente attribuiti alle Regioni anche sulla scuola, dal decreto legge 33/20”.

Su quest’ultimo aspetto va tuttavia considerato che il decreto legge in questione era stato a suo tempo regolarmente controfirmato dal presidente Mattarella che, evidentemente, non aveva rilevato nessuna ipotesi di contrasto con le norme costituzionali.
Non solo, ma il decreto è stato anche convertito nella legge 74 del luglio scorso dal Parlamento stesso.

In Puglia nasce il modello della “scuola a domanda individuale” e i sindacati contestano Emiliano

da La Tecnica della Scuola

Protestano le organizzazioni sindacali della Puglia per quanto prevede l’ultima ordinanza del presidente Michele Emiliano.
Dal provvedimento infatti, denunciano i sindacati, sarebbe “totalmente scomparso il riferimento al piano sanitario per la riapertura in sicurezza delle scuole nella Regione Puglia in cui, finalmente, si prevedeva, come da noi fortemente caldeggiate al fine di una ripresa della didattica in presenza, l’istituzione di un operatore sanitario in ogni scuola, lo screening periodico del personale scolastico e l’avvio della campagna di vaccinazione per il personale scolastico”

Per la verità la protesta è condivisa da tutti i sindacati del comparto ma non dalla Uil Scuola che non ha sottoscritto il documento unitario.
Ad indispettire i rappresentanti dei lavoratori c’è anche la decisione della Regione di consentire ai genitori degli alunni del primo ciclo di sceglie fra didattica in presenza e didattica a distanza, possibilità che trasformerebbe di fatto la scuola in un  “servizio a domanda”, costringendo le istituzioni scolastiche a reimpostare tutta l’organizzazione delle attività didattiche e amministrative, ivi comprese modulistica e circolari.
I sindacati sostengono che ci si trova di fronte ad “un modello dal dubbio profilo costituzionale e dagli effetti devastanti sul piano didattico e pedagogico”.

“Ci preoccupa inoltre – concludono i sindacati – la situazione del II ciclo dove, con la prosecuzione della DAD, si potrebbe determinare, nel panorama nazionale, una sperequazione dei livelli di formazione e apprendimento degli alunni pugliesi soprattutto in vista degli Esami di Stato, con ulteriori conseguenze in merito alla dispersione scolastica”.

Rientro a scuola, spopolano i ‘no’: per la petizione quasi 200 mila adesioni

da La Tecnica della Scuola

Nel giorno della “benedizione” del Comitato tecnico per il rientro a scuola in presenza degli studenti delle superiori a partire dal 18 gennaio, che ha espresso le motivazioni del via libera ai ministri pressati dai governatori “ribelli”, prende il volo la petizione on line promossa dall’Unsic attraverso cui chiedere alle istituzioni di continuare con la didattica a distanza fino a quando i contagi da Covid non si ridurranno. Una richiesta che mira, quindi, alla tutela della salute e rimanda il diritto completo allo studio a tempi migliori con meno rischi.

I motivi del ‘no’

Tra le motivazioni dell’iniziativa, l’Unione sindacale imprenditori e coltivatori cita un dato che definisce inconfutabile: “Lo scorso 14 settembre, alla prima campanella, in Italia erano 1.008 i nuovi casi quotidiani di Covid e 14 i decessi”; mentre ora si riprendono le lezioni in aula, con “casi e decessi che saranno oltre dieci volte di più”.

La domanda che si pongono i promotori è la seguente: “Se l’imperativo è ridurre le occasioni di distanziamento, c’è coerenza o incoscienza in tale scelta di riaprire, tra l’altro con poche novità in termini di presidi sanitari a scuola, tracciamenti o forte potenziamento dei trasporti?”.

La petizione on line, che veleggia verso le 200 mila adesioni, ha il sostegno anche di alcune associazioni e sindacati minori.

Il testo della petizione

Nella richiesta, i promotori della petizione via web sostengono che “considerato il rilevante apporto delle scuole in presenza al numero complessivo dei contagi (dati Ministero dell’Istruzione con elaborazione WiredIstituto superiore di sanitàMinistero della SaluteMinistero dell’Istruzione, dossier Unsic, ecc.), pur ritenendo importante la scuola in presenza ma in periodi ordinari e non straordinari come quello che stiamo vivendo (con oltre 77mila decessi per il Covid), si chiede la prosecuzione della didattica a distanza nelle scuole superiori fino alla fine dell’emergenza”.

L’istanza viene presentata, quindi, “per prevenire una terza ondata di contagi che sarebbe più deleteria delle precedenti, soprattutto per la concomitanza con le influenze stagionali e con apparati e personale sanitari in sofferenza. E’ importante salvare anche una sola vita!”.

Rientro a scuola, Azzolina: per il CTS le scuole hanno un ruolo limitato nella trasmissione del virus

da La Tecnica della Scuola

La Ministra dell’Istruzione, Lucia Azzolina, si è espressa poco fa in merito al parere del CTS che oggi ha dato l’ok per il rientro in presenza delle scuole secondarie di II grado, ai sensi del Dpcm 14 gennaio 2021.

Il Decreto, in particolare, prevede che le scuole superiori possano rientrare in presenza, dal 18 gennaio, con una percentuale che va dal 50 al 75%.

Così si è espressa la Ministra su Facebook, dopo il parere del CTS:

Oggi il Comitato Tecnico Scientifico si è riunito, su richiesta del Ministero della Salute, per esprimersi sul rientro in classe di studentesse e studenti delle scuole superiori, previsto dal Governo.

Ne è emerso un parere molto netto. Il Cts ha ricordato che le scuole hanno un ruolo limitato nella trasmissione del virus. E ribadito – non è la prima volta che lo dice – che l’assenza prolungata da scuola può provocare conseguenze gravi nei ragazzi, per gli apprendimenti e per la sfera emotiva e relazionale.

Queste valutazioni rappresentano una guida chiara che mi auguro possa garantire a scuole e studenti le certezze di cui hanno bisogno. Il rientro in classe è un atto di responsabilità nei confronti dei nostri giovani“.

Scuole Piemonte, per le superiori ci sarà un monitoraggio giornaliero: vademecum per il rientro il sicurezza

da La Tecnica della Scuola

Per le scuole secondarie di secondo grado del Piemonte è confermato il rientro in presenza da domani, 18 gennaio 2020.

Molte le misure che, a detta della Regione, sono state messe in campo per il rientro a scuola in sicurezza.

Tali misure sono state illustrate in un opuscolo che riporta quanto è stato fatto soprattutto in tema di trasporti, con più di 4.500 corse aggiuntive.

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L'immagine può contenere: il seguente testo "AMP MGENIIA PIEMONTESE di Btnmine Û Jerene REGIONE PIEMONTE RIENTRO AL 50% Un solo turno di ingresso/uscita 4.502 corse aggiuntive di autobus ogni settimana 800 mila euro investimento a settimana Divisione delle corse per province Biella 100 Verbano- Cusio-Ossola 137 Vercelli 256 Novara 416 Torino 2.565 Alessandria 174 Cuneo 611 Asti 243 55 corse alla settimana di autobus aggiuntivi al servizio ferroviario HUB editoriale"

Sarà previsto anche un servizio di assistenza alle fermate e all’ingresso delle scuole, con l’impiego di volontari della Protezione civile con personale in pensione di Carabinieri e Guardia di Finanza, per garantire il distanziamento e il corretto uso della mascherina.

La Regione ha anche avviato per la riapertura delle scuole di ogni ordine e grado il progetto “Scuola sicura“, un monitoraggio a scopo di prevenzione di tutto il personale scolastico, che ogni 15 giorni potrà sottoporsi, su base volontaria, a un tampone di verifica sanitaria. Coinvolge in modo sperimentale, con cadenza mensile, anche gli alunni delle seconde e terze medie ed è in corso di valutazione la possibilità di estendere l’iniziativa anche ad altre fasce di età scolastica.

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Monitoraggio giornaliero per le scuole superiori

La ripresa delle attività didattiche in presenza al 50% per le scuole secondarie di secondo grado a decorrere dal 18 gennaio 2021 sarà accompagnata da un continuo e puntuale controllo dei dati epidemiologici, da effettuarsi attraverso un monitoraggio giornaliero dell’andamento dei contagi all’interno delle suddette Istituzioni Scolastiche.

Pertanto, a partire da lunedì 18 gennaio 2021, le scuole dovranno compilare un form on-line nell’Area servizi del sito web http://servizi.istruzionepiemonte.it. L’operazione andrà fatta entro le ore 16 di ogni giornata.

Rientro a scuola, il Cts conferma che si può tornare e sfida i governatori “ribelli”: chi chiude se ne assuma la responsabilità

da La Tecnica della Scuola

Il Comitato tecnico scientifico ha confermato il suo assenso al rientro in classe degli studenti delle scuole superiori: la misura del 50% e fino al 75%, come previsto dal Dpcm del 14 gennaio, assieme alle disposizioni prefettizie e alle conseguenti note organizzative degli Usr, sarebbero state reputate sufficienti per il ritorno in presenza anche nella scuola secondaria di secondo grado a partire dal 18 gennaio.

Gli scienziati lo hanno ribadito davanti al ministro della Salute, Roberto Speranza, e a quello per gli Affari Regionali, Francesco Boccia, che la mattina di domenica 17 gennaio, alla vigilia del ritorno in aula in quattro regioni, hanno convocato una riunione d’urgenza con i componenti dello stesso CtS.

Lunedì 18 tocca a quattro Regioni

Le scuole vanno dunque riaperte, hanno detto gli esperti: lunedì 18 toccherà a Lazio, Piemonte, Emilia Romagna e Molise.

Perchè per gli scienziati del CtS, se qualche presidente di regione decidesse diversamente, scrive l’Ansa, “se ne assume la responsabilità”.

Non ci sono motivi di rischio particolari

I componenti del Comitato tecnico scientifico, dunque, hanno ribaltato le condizioni: la base di partenza non è più quella della cautela eccessiva e della necessità di continuare a rimanere a casa per svolgere la didattica a distanza.

Chi dovesse decidere diversamente, come hanno fatto diversi governatori nelle scorse settimane e confermato anche in questo frangente, dovrà esternare le motivazioni. E poi, laddove sollecitati, fornire adeguate il argomentazioni anche davanti ai giudici dei Tar.

Chi tornerà il 18 gennaio

Il 18 gennaio, complessivamente, dovrebbero essere 640 mila gli studenti delle superiori che si alterneranno (50% in presenza e altrettanti con la Dad), al 50% in classe fino ad un massimo del 75%, così come previsto dall’ultimo Dpcm.

Si tratta di quattro Regioni: 256 mila nel Lazio, 13 mila in Molise, 197 mila in Emilia Romagna, 176 mila in Piemonte.