Collaboratori scolastici

Collaboratori scolastici, domani un sit-in davanti al Ministero dell’Istruzione

Roma, 4 febbraio – Si terrà domani, 4 febbraio, a partire dalle 15.30, un sit-in dei collaboratori scolastici, ex LSU e Appalti storici, organizzato dalla FLC CGIL, dalla Confederazione e dalla FILCAMS, davanti al Ministero dell’Istruzione.

Per dare risposte reali alle scuole e renderle sicure e accoglienti, è necessario incrementare l’organico ATA oltre le disponibilità attualmente previste, anche per non bloccare le future immissioni in ruolo, la mobilità e le aspettative per le supplenze dei precari in attesa da anni in graduatoria. A tale scopo è necessario un immediato provvedimento di legge.

E’ indispensabile inoltre, portare a termine l’operazione d’internalizzazione a tempo pieno per tutto il personale ex LSU, avviando immediatamente le procedure selettive per la seconda fase assunzionale per 1.593 posti degli ex LSU e Appalti Storici con 5 anni di anzianità.

Le procedure selettive precedentemente previste per il 1° gennaio 2021 (comma 5-sexies della legge 126/2019), sono state posticipate dal decreto Milleproroghe al 1° marzo 2021 e, attualmente, non sono state ancora bandite e non è stata programmata una tempistica delle operazioni di inizio. Questo ritardo allunga i tempi anche dell’ulteriore fase assunzionale prevista per quei lavoratori con i requisiti dei 5 anni di servizio, ma collocati in province senza posti residuati. Occorre immediatamente risolvere questa situazione che non ha nessuna ragione per essere bloccata, se non l’inaccettabile lentezza dell’Amministrazione.

Resta ancora l’insolvenza del Governo rispetto a coloro che non hanno i requisiti per l’internalizzazione nella scuola, ma che hanno comunque diritto ad avere la garanzia di una continuità occupazionale. Attendiamo risposte concrete e per questo saremo domani in piazza.

FORMAZIONE

FORMAZIONE, GILDA: ESONERO DAL SERVIZIO E PERIODI SABBATICI

“La professionalità di un docente non è valutabile unicamente in base alla metodologia didattica utilizzata. Quest’ultima, infatti, costituisce soltanto uno strumento che l’insegnante, nell’esercizio libero della sua funzione, come sancito dall’articolo 33 della Costituzione, sceglie di adottare. Certamente la formazione professionale è un fattore importante, ma bisogna costruire le condizioni affinché gli insegnanti possano dedicarsi all’aggiornamento in maniera seria e costruttiva. È con questo obiettivo che da anni proponiamo l’istituzione di brevi periodi sabbatici per la formazione degli insegnanti. La formazione, in ogni caso, deve essere sempre riconosciuta adeguatamente a livello stipendiale nel contratto e non può essere imposta senza esonero dal servizio”. Così Rino Di Meglio, coordinatore nazionale della Gilda degli Insegnanti, commenta la ricerca condotta dalla Fondazione Agnelli e dall’Invalsi in 207 istituti comprensivi su un campione di 1600 docenti di scuola primaria e secondaria di primo grado.

Oltre alla necessità di investire seriamente sulla formazione, il coordinatore nazionale della Gilda sottolinea l’esigenza di disporre di soggetti con le competenze giuste per analizzare e valutare l’attività degli insegnanti: “Abbiamo sempre sostenuto di essere favorevoli alla valutazione, ma a condizione che i valutatori siano professionisti dell’insegnamento e non burocrati”, conclude Di Meglio. 

Lo Sport secondo Papa Francesco

Francesco, lo sport come la fede

di Antonio Stanca

   Il 2 Gennaio 2021 in allegato a “La Gazzetta dello Sport”, primo numero del nuovo anno, è uscito a firma di Pier Bergonzi, vicedirettore del giornale, il testo relativo all’intervista che il Papa gli aveva rilasciato alcuni giorni prima riguardo allo sport. S’intitola Lo sport secondo Papa Francesco e contiene la lunga conversazione avvenuta tra il pontefice e il giornalista. Questi gli aveva posto domande che percorrevano l’intero arco della sua vita, che tendevano a far emergere quanto lo sport avesse significato per lui prima e dopo, quando era bambino, ragazzo e quando Papa. Molte erano state le domande e molte le risposte. Da queste si è capito che lo sport ha rappresentato e rappresenta per Francesco un aspetto importante della vita, della società, della storia, un’attività fondamentale per la crescita, lo sviluppo, la formazione dei giovani. Nel rispondere è partito dalla sua esperienza di bambino che aveva giocato con i coetanei nella “piazzetta vicino casa” con una “palla di stracci”, poi a basket quando era ragazzo, ed è giunto alle sue attuali convinzioni. Allora il suo era stato solo un gioco ma gli aveva fatto capire quanto fosse importante, quanto servisse ad avvicinare, a stare insieme, come insegnasse a non ricorrere a sotterfugi, inganni ma a cercare la chiarezza, l’onestà perché giocare, competere significa anche rispettare, come portasse ad accettare qualsiasi risultato, compresa la sconfitta in una gara, a non credere soltanto nel talento, nelle qualità innate, nelle disposizioni naturali ma soprattutto nell’esercizio di queste, nel loro allenamento. Senza allenamento quel talento era destinato a guastarsi, a finire mentre con esso diventava sempre migliore.

   Questi erano i benefici che Francesco, già allora, aveva visto procurati al corpo e allo spirito dall’attività sportiva, quelli che lo avevano portato, in seguito, a favorirla, promuoverla perché capace, appunto, di fare del bene, di portare al bene. Al bene dello sport era giunto a paragonare quello della fede. Come lo sport anche la fede permette di ritrovarsi, collaborare, pensare, fare insieme, scambiare con gli altri pur se diversi, sconosciuti. Anche nella fede c’è un senso di convivialità, uno spirito di unità, di partecipazione. Anche la fede richiama, raccoglie, collega, unisce. Fa evitare le vie nascoste e orienta verso la lealtà, la giustizia, dispone verso risultati anche negativi. Neppure nella fede c’è qualcosa di scontato, di già acquisito poiché serve praticare, mettere alla prova anche i buoni sentimenti. Solo così migliorano, si perfezionano fino a far acquisire un notevole senso di equilibrio, una buona capacità di giudizio, un’elevata dimensione morale capace di tenere lontano dagli eccessi, dalle esagerazioni e di avere una condotta buona, giusta, utile per sé e per gli altri.

   Alla fede assomiglia, quindi, lo sport, è uno dei beni della vita, dice Francesco al Bergonzi che lo intervista, e la Chiesa non ha mai perso di vista questa verità, non ha mai cessato di promuoverlo con le palestre, i campetti dei suoi tanti oratorii. Non lo ha considerato un aspetto secondario ma necessario, fondamentale per la formazione fisica e morale dei giovani.     Anche presso il pubblico lo sport ha i suoi effetti positivi, osserva Francesco, poiché lo fa partecipe di sensazioni, emozioni che lo allontanano da pensieri cattivi e lo conducono sulla via del bene, quella dei suoi campioni preferiti, che in genere vivono semplicemente, senza vizi. Un modo lo si potrebbe considerare per migliorare la vita, la società, per procedere verso un’altra umanità. Non ci si può aspettare molto con i tempi che corrono ma non si può nemmeno negare che ad una soluzione dei problemi che si sono oggi accumulati si va sempre più pensando. E se questa cominciasse a venire da quelle folle che accorrono perché c’è il Papa o un clamoroso evento sportivo? Da quelle folle mosse soltanto da buona volontà? E se si cominciasse a far rientrare tra gli interessi di quelle anche altri che come la religione, lo sport sono ugualmente utili?

Didattica in classe, sei prof su 10 strappano la sufficienza

da Il Sole 24 Ore

di Eugenio Bruno

La didattica innovativa non è il punto di forza dei docenti italiani. E se un’idea ce l’eravamo già fatta da soli in questi 11 lunghi mesi di pandemia, caratterizzati dall’alternanza tra lezioni in presenza e online, adesso arriva anche la conferma. Grazie a una ricerca della Fondazione Agnelli – frutto dell’osservazione in classe su 1.600 insegnanti di 207 scuole elementari e medie realizzata in collaborazione con l’Invalsi – da cui emerge che solo il 23% degli insegnanti osservati possiede «ottime capacità di spiegare in modo strutturato», ossia di
svolgere al meglio la tradizionale lezione trasmissiva dalla cattedra. Mentre gran parte del campione (il 60%) si colloca a un livello sufficiente. Completa il quadro il 17% dei prof che si rivela inadeguato a svolgere anche questo compito di base.

Sufficiente anche la capacità di coinvolgimento degli alunni
Se è vero che l’osservazione si riferisce all’anno scolastico 2013/14 e che la situazione nel frattempo potrebbe essere migliorata, è altrettanto vero che molti di quei prof all’epoca erano supplenti con 8 anni di servizio alle spalle e che adesso presumibilmente sono diventati di ruolo. Dunque, sono ancora operativi nelle nostre aule. Fatta questa premessa, c’è un altro aspetto dell’indagine di Fondazione Agnelli che si rivela attuale. E riguarda il monitoraggio dell’attitudine – da parte della stessa platea – di integrare le spiegazioni “classiche” con la proposta agli studenti di attività di apprendimento ben strutturate (individuali o di gruppo), anche attraverso l’utilizzo di materiali e strumenti didattici (device digitali, risorse laboratoriali) che permettano loro di elaborare il sapere in modo attivo. Mentre il 13% mostra su questo fronte deficit preoccupanti, la grande maggioranza degli insegnanti (stavolta pari al 58% del campione) si colloca in una grande “area grigia”: pur svolgendo le proprie pratiche didattiche in modo adeguato avrebbe comunque ampi margini miglioramento. Unico motivo di conforto è quel restante 29% che dimostra doti eccellenti anche in questo ambito.

Va meglio in matematica che in italiano
Un’altra indicazione interessante contenuta nel report è che i prof di matematica risultano mediamente più efficaci dei loro colleghi di italiano (33% a 25), così come gli insegnanti di scuola primaria risultano in media più virtuosi dei professori delle medie: il 34% si colloca nella fascia di eccellenza nel fornire agli allievi indicazioni sullestrategie e i metodi da seguire (9% in più delle medie, dove si fermano al 25%). Ma anche nei livelli bassi i risultati sono migliori per la primaria, con un 5% in meno di maestri elementari che risulta inadeguato rispetto alla scuola media (rispettivamente 11% e 16%).

La lezione che possiamo trarre dai dati
Un aiuto alla lettura (e all’attualizzazione dei numeri) arriva da Andrea Gavosto che pone l’accetto sull’importanza della formazione dei docenti. A suo giudizio è ragionevole pensare» che i risultati più confortanti ascrivibili ai docenti di scuola primaria «dipendano anche da un diverso percorso di formazione, che dà maggiore rilievo alle conoscenze e competenze didattiche. Come sappiamo, invece, in Italia – aggiunge il direttore della Fondazione Agnelli – ai professori delle scuole medie e anche a quelli delle superiori è stata sempre e soltanto richiesta una buona conoscenza della disciplina, mentre poca attenzione è stata data alla formazione didattica, oggi ridotta veramente ai minimi termini». E proprio questo «errore ripetuto anche nei mesi dilezione a distanza durante la pandemia – aggiunge -ha avuto effetti negativi. Da qui il suo appello- auspicio a investire in innovazione didattica e formazione degli insegnanti con le risorse del Recovery Plan.

L’allarme degli psicologi: con la Dad agli studenti manca il rapporto con i compagni

da Il Sole 24 Ore

di Redazione Scuola

David Lazzari, presidente del Consiglio nazionale dell’Ordine degli Psicologi ha presentato un’indagine realizzata dal Centro studi del Cnop, dalla quale emerge che a mancare maggiormente agli studenti italiani, a causa dell’impossibilità di svolgere lezioni in presenza, sono lo stare insieme ai compagni di classe (75%), la possibilità di studiare insieme (45%), la maggiore interazione durante le lezioni (38%) e il confronto con gli insegnanti (31).

Al 21 gennaio, a seguire le lezioni a distanza era l’86% degli studenti intervistati, contro il 99% del periodo marzo-aprile 2020. Basse le aspettative che i giovani ripongono nel futuro: soltanto il 48% per la Generazione Z (13-19 anni) e il 43% per la Generazione Y (20-26 anni) hanno fiducia per il periodo che seguirà la fine dell’emergenza Coronavirus.

«Dobbiamo considerare il “sistema scuola” in tutte le sue componenti – studenti, docenti, famiglie – come una delle principali risorse della società, dove oggi è necessario rispondere al disagio psicologico diffuso, ma andando oltre, aiutando la scuola a svolgere un ruolo fondamentale di educazione alla psiche, per dare competenze di vita», ha detto il presidente Lazzari, ascoltato ieri dalle Commissioni VII (Istruzione) e XII (Sanità) del Senato in merito agli effetti della didattica a distanza e della situazione dei giovani.

«La psicologia e gli psicologi – ha proseguito Lazzari – servono per aiutare la scuola a svolgere questo compito strategico sempre più importante se vogliamo dare ai giovani una bussola psicologica per muoversi in un mondo così complesso. Dobbiamo supportare una nuova alleanza didattica che veda lo studente come agente del proprio apprendimento e non passivo ripetitore di prestazioni». «Pandemia e Dad hanno amplificato problemi già esistenti. Bene dunque ha fatto la ministra Azzolina a puntare sulla Dad come strumento emergenziale per poi battersi con l’obiettivo di lasciare le scuole aperte il più possibile. Adesso va attuato e potenziato il ruolo della consulenza psicologica alla Scuola, prevista dal Protocollo Cnop-ministero Istruzione, che deve tradursi in una strategia che metta insieme prevenzione, promozione e sostegno. Non si possono dare risposte senza dare strumenti», ha concluso.

Sos dei presidi: «Con Covid ancora classi pollaio»

da Il Sole 24 Ore

di Redazione Scuola

La tradizione delle “classi pollaio” da 27-30 alunni va avanti anche in epoca Covid. La denuncia arriva dall’associazione presidi per voce del referente di Roma e Lazio, Mario Rusconi, che spiega: «Ci ritroviamo a pochi giorni dalla scadenza per consegnare l’organico del prossimo anno scolastico con il vecchio parametro dei 27 alunni per classe alle superiori e la possibilità di arrivare anche a 30. Siamo delusi perché solo qualche mese fa il presidente del Consiglio aveva annunciato l’eliminazione delle classi pollaio. La situazione, invece, rimarrà invariata». Il riferimento è alle dichiarazione del premier Giuseppe Conte di quest’estate quando disse che non sarebbero state più tollerate le classi pollaio.

Il piano prevedeva spazi maggiori per gli studenti, che in alcuni casi sono stati effettivamente trovati, in altri no. Qualche esempio: di recente al liceo Democrito di Roma sono arrivate 10 nuove aule costruite in bioedilizia leggera, mentre all’artistico Enzo Rossi la situazione è ancora difficile. «Nella nostra scuola siamo già in sofferenza con gli spazi – racconta il preside Danilo Vicca -, con il distanziamento prescritto possiamo avere contemporaneamente in presenza al massimo il 75% degli studenti. Le aule permettono mediamente di accogliere 24-25 studenti in tempi ordinari, in questo periodo non più di 15-18. Quindi per il prossimo anno o riducono il numero, o mi tocca rinunciare a parte delle iscrizioni».

L’alternativa sarebbe “arrendersi” alla Dad. «Il premier Conte promise che il governo non avrebbe più tollerato le classi pollaio. Alla luce di questo solenne impegno, il grido di allarme lanciato oggi dai presidi è clamoroso», attacca la presidente dei senatori di Forza Italia Anna Maria Bernini.

Anche il sindacato degli insegnanti Gilda si unisce al coro: «L’eliminazione delle classi pollaio fu un impegno assunto dalla ministra Azzolina in un incontro con i sindacati a luglio, durante il quale comunicò la possibilità di derogare ai criteri sul numero di alunni per aula. E invece tra pochi giorni gli organici saranno definiti esattamente con gli stessi criteri, cioè con classi che, soprattutto nelle grandi città, supereranno i 30 studenti».

A fronte di questa situazione, secondo Rusconi dell’Anp, «da settembre si produrranno due effetti negativi. Il primo è che con 27 alunni in un’aula il distanziamento è impossibile e sarà inevitabile proseguire con la Dad. Il secondo riguarda la didattica: è difficile seguire 27-30 ragazzini al primo anno delle superiori, in media 7-8 di loro sono condannati alla dispersione scolastica, che costa molto di più alla comunità».

Candidature aperte per il Global Teacher Prize 2021 e per il nuovo premio aperto agli studenti

da Il Sole 24 Ore

di Redazione Scuola

Ranjitsinh Disale, vincitore del Global Teacher Prize 2020, in collaborazione con l’Unesco, invita insegnanti e studenti di tutta Italia a candidarsi al premio per insegnanti Global Teacher Prize da un milione di dollari, alla settima edizione, e al nuovo premio per studenti da 50.000 dollari, il Chegg.org Global Student Prize, lanciato dalla Varkey Foundation.

«Sia docenti che studenti meritano un enorme riconoscimento per il loro eroismo durante la pandemia e per il ruolo di primo piano che assumeranno nella futura ricostruzione», ha dichiarato.

Gemello del Global Teacher Prize, il Chegg.org Global Student Prize punta a creare una nuova potente piattaforma per evidenziare studenti straordinari di tutto il mondo, che stanno avendo un’influenza importante sull’apprendimento e sulla vita dei loro compagni, nonché sulla società intera.

Il premio è aperto a tutti gli studenti di almeno 16 anni che sono iscritti a un’istituzione accademica o ad un programma di formazione professionale. Possono partecipare anche studenti part-time e studenti iscritti a corsi online.

Insieme, il Global Teacher Prize e il Global Student Prize racconteranno storie stimolanti da entrambe le facce del mondo dell’educazione. I premi metteranno in luce il grande lavoro degli insegnanti nel preparare i giovani al futuro e la straordinaria promessa rappresentata dagli studenti più brillanti per la scuola e la società in generale. unny Varkey, fondatore del Global Teacher Prize e del Global Student Prize, ha affermato: «Questi due premi sono stati creati per sottolineare l’importanza dell’educazione nell’affrontare le grandi sfide che ci aspettano, dai cambiamenti climatici alla crescente disuguaglianza e alle pandemie globali. Anche ora che i leader mondali sono occupati a perseguire il fondamentale obiettivo di mettere fine a questa terribile pandemia, li invito a non dimenticare mai che solo dando la priorità all’educazione possiamo salvaguardare il nostro futuro. L’istruzione è la chiave per affrontare il futuro con fiducia».

Gli insegnanti che si candidano al Global Teacher Prize saranno valutati sulla base di pratiche didattiche, raggiungimento di obiettivi di apprendimento dimostrabili, innovazioni per affrontare sfide locali, nonché sul loro impatto sulla comunità anche al di fuori della classe, su come aiutano i ragazzi a diventare cittadini del mondo, su come migliorano la professione e sui riconoscimenti di enti esterni.

Gli studenti che si candidano al Global Student Prize saranno valutati sulla base dei loro risultati accademici, dell’impatto sui compagni, su come fanno la differenza nella loro comunità, su come superano le difficoltà per raggiungere gli obiettivi, come dimostrano creatività e innovazione, e come si comportano da cittadini del mondo. Candidature e nomine entro venerdì 30 aprile 2021.

Sul sito www.globalteacherprize.org è possibile candidarsi sial al Global Teacher Prize sia al Global Student Prize, entro venerdì 30 aprile 2021.

Per entrambi i premi, saranno selezionati 50 candidati e, in seguito, saranno annunciati i nomi dei 10 finalisti, che hanno contribuito ad accrescere il rispetto verso la professione di insegnante e a fornire un riconoscimento globale agli studenti più brillanti. Tra questi ultimi, la Global Teacher Prize Academy, costituita da personalità di rilievo, sceglierà i vincitori di entrambi i premi. I vincitori saranno annunciati in diretta durante una cerimonia speciale.

Per candidare un insegnante o uno studente, chi lo propone deve scrivere una breve descrizione online per spiegare la propria scelta. L’insegnante o lo studente/la studentessa candidato/a da altri riceverà quindi un’e-mail che lo/la informa della nomina e lo/la invita a candidarsi. L’iscrizione può essere compilata in inglese, cinese mandarino, arabo, francese, spagnolo, portoghese e russo.

Scuola, rientro in aula. Proteste, scontri e tornano in classe in pochi

da la Repubblica

Ilaria Venturi

E’ il giorno del rientro in aula, al 50%, di quasi un milione di alunni delle superiori nelle ultime sette regioni che ancora avevano tenuto i ragazzi a fare lezione totalmente a distanza. Ma è subito scontro e pochi si presentano all’appello in presenza: in Puglia appena il 25%. A Napoli le superiori riaprono tra scioperi e sit-in. Paura dei contagi, e dunque famiglie che tengono i figli a casa. Il tam tam dei genitori corre nelle chat: volete che i vostri figli continuino in Dad? Sul fronte opposto chi reclama un ritorno, chi contesta la didattica mista (“le connesisoni non reggono”) e la scuola on demand. Per tutti prevale la richiesta di istituti sicuri. E così quest’ultima ripartenza è a singhiozzo e tra le proteste.

Ma vediamo come sta andando regione per regione.

La ripartenza in Puglia

Ci sono classi integralmente in didattica digitale a distanza, altre con 26 studenti in presenza, e in mezzo si trovano le situazioni più varie. In Puglia si è tornati a scuola così, con un rientro differente classe per classe, istituto per istituto. A Bari al tecnico Panetti Pitagora sarà seduto tra i banchi un quarto degli studenti, al Calamandrei Elena Di Savoia appena un quinto. Chi rientra parla di na emozione da primo giorno di scuola. “Mi ero stancato di stare a casa – racconta Marco dell’istituto Pitagora di Bari, nella cui classe tornano in 5 su 22 – anche perché a scuola si lavora molto meglio e di più”. Un aspetto, questo, che preoccupa un po’ Alessio del liceo scientifico Scacchi: “Speriamo che ora non ci ammazzino di interrogazioni e compiti, sarà una prova del fuoco questa settimana, vedremo come va”. Due suoi colleghi, Mario e Daniele del terzo anno, sono “contenti di tornare in aula dove avremo una maggiore attenzione dai docenti grazie al contatto diretto. Ora resta da vedere il tema dei trasporti pubblici, anche se stamattina non erano molto affollati dagli studenti ma soprattutto da lavoratori”. La classe di Mario e Daniele tornerà quasi al completo, mentre quella di Fabiana e Carlotta, al primo anno di liceo, avrà solo 7 alunni su 28.secondo quanto comunicato nei giorni scorsi anche dai sindacati, la presenza oscilla tra il 20 e il 25%. Salvo alcuni casi in cui si arriva al 100% perché, spiega Anna Grazia De Marzo, preside dell’Istituto Marconi-Hack di Bari, “su 1.550 studenti ne torneranno circa 400, e avendo alcune aule molto grandi possiamo rispettare le distanza di sicurezza”. A fare “paura” sono soprattutto i trasporti, spiega il vicepreside del plesso Pitagora, Michele Fioriello, “le famiglie temono che i figli possano contagiarsi prendendo i mezzi pubblici affollati”. Anche se la studentessa Palma, che frequenta il liceo Scacchi a Bari, spiega di essere arrivata da Grumo con un treno “che non era molto affollato: quando siamo scesi – sottolinea – le persone rispettavano autonomamente la distanza di un metro”.

Scioperi a Napoli

Assemblea sulle scale della scuola per gli studenti del liceo classico Sannazaro a Napoli che hanno deciso di non entrare in classe nel primo giorno di ripresa della didattica in presenza. Al suono della campanella dunque le aule sono rimaste vuote e gli studenti che, in virtù delle norme che fissano la presenza al 50 per cento, si sarebbero dovuti collegare in Dad hanno aderito allo sciopero non seguendo le lezioni in video. Un’assemblea originata dalla confusione sulle nuove regole legate alla didattica e in particolare all’alternanza tra didattica in presenza e Dad, agli orari, alle norme per il pranzo per chi entrando alle 10 esce alle 15.

Alla fine oggi si consumano scioperi e proteste degli studenti in circa 40 istituti superiori della Campania. A Napoli i liceali dello scientifico Vittorini hanno deciso di non entrare a scuola: all’esterno è stato affisso uno striscione che recita: “Vogliamo certezza, rientro in sicurezza”. “Non siamo a favore della Dad – spiega il rappresentante d’istituto Antonio Scafuri – ma pretendevamo che il rientro in classe avvenisse in sicurezza. Il nostro istituto ha tutte le carte in regola, ma le condizioni dei nostri mezzi pubblici sono pessime”.

Aule deserte anche al liceo Pansini. Regolare invece l’ingresso alle ore 8 al ‘Mazzini’. Qui gli studenti sono tornati nelle loro classi tra un misto di gioia e di preoccupazione. “Non era più possibile proseguire con la Dad – spiega – Anna – è bello tornare in classe. Tutti si stanno adattando alle norme e restrizioni imposte dal virus e lo dobbiamo fare anche nonostante la paura”.

In Campania le scuole superiori erano chiuse dallo scorso 16 ottobre e sono state riaperte oggi a seguito della pronuncia del Tar Campania che ha accolto un ricorso di gruppi di genitori No Dad. Ma si torna a ranghi ridotti e non senza polemiche e proteste. Il Provveditorato con una circolare boccia il governatore De Luca. Il direttore scolastico regionale, Luisa Franzese ribadisce che bisogna “fare riferimento ai piani prefettizi” e fornisce precise indicazioni anche circa l’ipotesi (sempre raccomandata da De Luca) di lasciare ai genitori la possibilità di decidere tra presenza e Dad: “L’adozione di quote eccessive o esclusive di sola Dad espone ad eventuali ricorsi sul tempo scuola inferiore a quello prescritto dalle norme. Pertanto non è consentito – scrive il direttore – ridurre le percentuali di alunni in presenza”.

Basilicata, rientro dopo tre mesi di Dad

Dopo circa tre mesi, stamani, in Basilicata – zona gialla dallo scorso 11 gennaio – gli studenti delle scuole superiori sono tornati in aula al 50 per cento. Nei due capoluoghi lucani, Potenza e Matera (dove c’è la maggior concentrazione di istituti superiori e di conseguenza di studenti pendolari) tutto sta procedendo senza particolari criticità.

In Umbria torna la Dad in alcuni Comuni

Sono 31 i Comuni a rischio zona rossa. E dunque sono state decise già oggi le lezioni a distanza nei comuni di Fratta Todina, Torgiano e Bevagna. Mentre il Comune di Perugia fa sapere che l’indirizzo dell’amministrazione è quello di chiudere le scuole primarie e secondarie da martedì, dopo l’analisi dei dati sui contagi, tenendo aperte le scuole dell’infanzia.

In Sardegna rientro per 37mila

Rientro a scuola oggi, in presenza, per circa 37 mila studenti delle scuole superiori della Sardegna. Regione, Prefetture, istituzioni scolastiche e Arst, l’azienda dei trasporti, hanno lavorato nelle scorse settimane in diversi tavoli tecnici per la stesura di un piano, oltre 250 nuovi mezzi sono stati messi a disposizione per assicurare più corse per gli studenti. Ai ragazzi è stato inviato un messaggio dal Coordinamento dei presidenti di Istituto della Sardegna, con un ‘bentornati a scuola’, l’invito a rispettare le norme di sicurezza anti Covid e un ringraziamento per i sacrifici fatti in questo anno.

Scuole riaperte, ma alcune già chiudono

da Corriere della sera

Gianna Fregonara

A questo punto mancano all’appello in classe soltanto gli studenti delle scuole superiori della Sicilia, che potranno tornare alle lezioni tradizionali da lunedì prossimo 8 febbraio. Ieri è ricominciata la scuola in presenza in Veneto, Friuli-Venezia Giulia, Campania, Calabria, Puglia, Basilicata e Sardegna. Ma in Umbria, dove le scuole secondarie hanno riaperto una settimana fa, si impone la prima retromarcia: stop da oggi alle lezioni per tutti gli studenti dalle elementari alle superiori per 14 giorni in 31 Comuni tra cui il capoluogo Perugia. Lo hanno deciso i vertici della sanità regionale assieme ai sindaci nelle zone in cui i casi di Covid hanno avuto un’incidenza anomala, superiore ai 200 casi settimanali ogni 100 mila abitanti.

E la questione assembramenti e contagi è tornata al centro della discussione sulla scuola. La ministra Lucia Azzolina in un post su Facebook ha ribadito che «in queste settimane, dove si è aperto per primi, i contagi sono rimasti stabili. È un elemento che conforta, ma l’attenzione deve rimanere molto molto alta». In Toscana, prima regione a riaprire tre settimane fa, l’assessore alla Salute Simone Bezzini ha però dato l’allerta perché si è registrato un aumento dei casi nella popolazione soprattutto tra i più giovani, in tutte le province esclusa Livorno.

Ieri come tutti i lunedì di riapertura ci sono state proteste e manifestazioni davanti alle scuole: studenti e prof temono comunque i contagi e contestano le norme di sicurezza. Non a caso in Puglia, Calabria, Campania e Veneto la scelta se ritornare in classe è affidata in ultima istanza alle famiglie: non solo gli studenti fragili ma anche chi ha situazioni a rischio o vive con nonni o persone fragili può seguire da casa. In Puglia quattro studenti su cinque ieri sono rimasti in Dad. «Non può spettare alle singole famiglie la valutazione del rischio — ha protestato il presidente dell’Associazione presidi, Antonello Giannelli —, non hanno gli strumenti per giudicare. Questa è una responsabilità politica che deve essere valutata dall’autorità sanitaria».

Per sapere come sarà la maturità 2021 gli studenti dovranno pazientare ancora un po’: la ministra Azzolina aveva promesso di annunciarla prima della fine del mese di gennaio, ma si dovrà attendere la soluzione della crisi di governo. Intanto però arriva una tegola che riguarda ancora la questione dei nuovi banchi a rotelle acquistati in massa la scorsa estate per garantire il distanziamento in classe. L’assessore alla scuola del Veneto Elena Donazzan ha fatto parziale marcia indietro: prima di ritirare i banchi perché, se vi si sta per troppe ore al giorno, potrebbero far male alla salute soprattutto ai più piccoli, ha avviato una ricognizione sull’effettivo uso dei nuovi tavolini a colori. Il commissario Domenico Arcuri, che aveva promosso il bando, ha confermato che sono regolarmente certificati, ma resta il problema dell’effettivo utilizzo: si scopre infatti che non solo in Veneto ma in molte scuole i banchi a rotelle giacciono inutilizzati nei corridoi perché «sono lo strumento sbagliato — insiste Donazzan —, non sono fatti per la didattica italiana che prevede l’uso di un testo e di quaderni per esercizi o appunti».

M5s prova a scudare i dirigenti

da ItaliaOggi

Carlo Forte

Raffica di emendamenti del Movimento 5 Stelle al decreto milleproroghe. Con un nuovo tentativo di scudo per i dirigenti scolastici sia contro il Covid che sulla sicurezza degli edifici. Il disegno di legge di conversione del decreto-legge 183/2020 (Ac 2845) è attualmente all’esame delle Commissioni riunite Affari costituzionali eBbilancio e tesoro della Camera in prima lettura. E il 28 gennaio scorso è scaduto il termine per la presentazione degli emendamenti. Che sono contenuti in un faldone di 526 pagine. Quelli sulla scuola riguardano l’articolo 5 del decreto-legge. Si segnalano quelli presentati da Vittoria Casa, presidente della commissione cultura di Montecitorio, e Virginia Villani, deputata del Movimento 5 stelle, entrambe dirigenti scolastiche, e ritenute vicine alla ministra dell’istruzione Lucia Azzolina. Emendamenti che ruotano appunto sui presidi. Altro emendamento a firma 5stelle quello di Gianluca Vacca, che riguarda la stabilizzazione degli ex Lsu. Gli emendamenti in favore dei dirigenti scolastici riguardano la cessazione del vincolo di permanenza triennale nella sede di incarico, l’ampliamento dell’aliquota per la mobilità interprovinciale, un ulteriore incremento delle retribuzioni e lo scudo penale sia anti-Covid che per quanto riguarda le responsabilità riguardanti la sicurezza degli edifici scolastici.

Sono previsti anche emendamenti per ridurre il numero massimo di alunni per classe, la proroga del termine per l’adeguamento degli edifici scolastici e adibiti ad asili nido alla normativa antincendio, la proroga fino al 30 giugno delle supplenze sull’organico Covid e per eliminare il vincolo quinquennale nella permanenza della sede di prima assegnazione per i docenti neoimmessi in ruolo. In particolare, le modifiche proposte prevedono una deroga al vincolo di permanenza triennale dei dirigenti scolastici nella sede assegnata (5.28. Casa).

Attualmente la normativa vigente prevede che i dirigenti scolastici siano destinatari di incarichi di durata triennale. La deroga proposta dall’emendamento prevede che il vincolo di permanenza triennale non si applichi ai fini della mobilità interregionale dei dirigenti scolastici. E per favorire i trasferimenti tra regioni prevede anche l’ampliamento dell’aliquota dei posti da destinare alla mobilità interregionale dall’attuale 30 al 50%.

Per i docenti la normativa prevede, invece, il vincolo quinquennale nella sede di prima assegnazione e l’aliquota del 25% ai fini della mobilità interprovinciale. Un altro emendamento prevede la stessa deroga, ma con un ampliamento dell’aliquota per la mobilità interregionale dei dirigenti scolastici pari al 100% dei posti disponibili (5.34. Villani). Un altro emendamento prevede, inoltre, la totale equiparazione degli importi delle retribuzioni dei dirigenti scolastici a quelli delle altre aree della pubblica amministrazione (5.35. Villani). L’emendamento, se approvato, comporterebbe un ulteriore considerevole aumento delle retribuzioni dei dirigenti scolastici. Ma potrebbe essere dichiarato inammissibile perché non reca la prevista copertura finanziaria.

È stata presentata anche una proposta di modifica della legislazione vigente (5.31. Villani) che prevede il totale sgravio dalla responsabilità per i dirigenti scolastici relativo agli obblighi di segnalare all’ente locale proprietario dell’immobile eventuali situazioni rischiose in riferimento all’immobile stesso. E che impone all’ente locale di partecipare direttamente alla redazione del documento di valutazione dei rischi che, allo stato attuale, è di competenza del dirigente scolastico.

Infine, un’altra proposta di modifica prevede l’esenzione del dirigente scolastico dalla responsabilità penale in caso di fatti penalmente rilevanti collegati al Covid, qualora il dirigente abbia rispettato i protocolli (5.33. Villani). Un argomento su cui da tempo i presidi erano in attesa di una risposta. Un altro emendamento (5.26. Casa) prevede una proroga del termine per l’adeguamento alla normativa antincendio degli edifici e dei locali scolastici e degli edifici e dei locali adibiti ad asili-nido, rispettivamente, dal 31 dicembre 2021 al 31 dicembre 2022 (scuole) e dal 31 dicembre 2019 al 31 dicembre 2022 (asili-nido).

Il termine di adeguamento delle scuole è già scaduto. La proroga, in quest’ultimo caso, se approvata, comporterebbe anche l’esimente dalla eventuale responsabilità penale. Altri emendamenti prevedono la riduzione del numero massimo degli alunni per classe (5.32. Villani), la proroga fino al 30 giugno dei contratti di supplenza stipulati sull’organico Covid (5.30. Villani) e la riduzione dei tempi per la trasformazione da tempo parziale a tempo pieno dei contratti a tempo indeterminato di 4.485 collaboratori scolastici ex Lsu (5.29. Vacca).

Infine, cancella il vincolo di permanenza quinquennale nella sede di prima assegnazione per i docenti neoimmessi in ruolo un altro emendamento che, se approvato, consentirebbe agli stessi di partecipare alle operazioni di mobilità del 2021/2022 (5.37. Casa).

Vaccino Covid-19, verrà data priorità alla categoria degli insegnanti

da OrizzonteScuola

Di redazione

Nelle vaccinazioni anti-Covid, priorità verrà data alla categoria degli insegnanti subito dopo l’immunizzazione degli anziani.

Questo è quanto apprende l’ANSA in merito alla rimodulazione del piano vaccinale. Gli insegnanti saranno dunque tra le categorie prioritarie per la vaccinazione.

Si tratta di una bozza che potrebbe tuttavia subire ancora delle modifiche e che dovrebbe essere discussa domani con le regioni.

Vaccino Covid-19, il calendario

Operatori sanitari e sociosanitari, residenti e personale dei presidi residenziali per anziani (già raggiunti in questo primi mese di vaccinazioni) e avanti tutta, ora, con le persone di età avanzata.

A seguire i servizi essenziali: docenti e personale Ata, forze dell’ordine, personale delle carceri e dei luoghi di comunità.

Resta confermata, secondo quanto si apprende, la lista delle priorità indicate a dicembre nel “Piano strategico”.

Domani nell’incontro del governo con le regioni si analizzerà l’interpretazione delle indicazioni del vaccino AstraZeneza fino ai 55 anni

Vaccino Covid-19, le info utili su AstraZeneca

Cos’è il vaccino COVID-19 AstraZeneca e per cosa si usa?
Il vaccino COVID-19 AstraZeneca è un vaccino per la prevenzione della malattia da coronavirus 2019 (COVID-19) indicato nelle persone di età pari o superiore a 18 anni.  Il vaccino COVID-19 AstraZeneca è costituito da un altro virus (della famiglia degli adenovirus) che è stato modificato per contenere il gene per la produzione di una proteina da SARS-CoV-2. Il vaccino COVID-19 AstraZeneca non contiene il virus stesso e non può causare COVID-19. Informazioni dettagliate su questo vaccino sono disponibili nelle informazioni sul prodotto, che includono il foglio illustrativo .

Come viene utilizzato il vaccino COVID-19 AstraZeneca?
Il vaccino COVID-19 AstraZeneca viene somministrato in due iniezioni, solitamente nel muscolo della parte superiore del braccio. La seconda dose deve essere somministrata tra 4 e 12 settimane dopo la prima dose.

Come funziona il vaccino COVID-19 AstraZeneca?
Il vaccino COVID-19 AstraZeneca agisce preparando il corpo a difendersi da COVID-19. È costituito da un altro virus (adenovirus) che è stato modificato per contenere il gene per la produzione della proteina spike SARS-CoV-2. Questa è una proteina sulla superficie del virus SARS-CoV-2 di cui il virus ha bisogno per entrare nelle cellule del corpo.

Una volta somministrato, il vaccino trasporta il gene SARS-CoV-2 nelle cellule del corpo. Le cellule useranno il gene per produrre la proteina spike. Il sistema immunitario della persona riconoscerà quindi questa proteina come estranea e produrrà anticorpi e attiverà le cellule T (globuli bianchi) per attaccarla.
Se, in seguito, la persona entra in contatto con il virus SARS-CoV-2, il suo sistema immunitario lo riconoscerà e sarà pronto a difendere l’organismo da esso.
L’adenovirus contenuto nel vaccino non può riprodursi e non causa malattie.

Le persone che hanno già avuto COVID-19 possono essere vaccinate con il vaccino COVID-19 AstraZeneca?
Non ci sono stati effetti collaterali aggiuntivi nelle 345 persone che hanno ricevuto il vaccino COVID-19 AstraZeneca negli studi e che avevano precedentemente avuto COVID-19.
Non ci sono però dati sufficienti sull’efficacia del vaccino COVID-19 AstraZeneca per le persone che hanno già avuto COVID-19.

Il vaccino COVID-19 AstraZeneca può ridurre la trasmissione del virus da una persona all’altra?
L’impatto della vaccinazione con il vaccino COVID-19 AstraZeneca sulla diffusione del virus SARS-CoV-2 nella comunità non è ancora noto. Non è ancora noto quanto le persone vaccinate possano essere ancora in grado di trasportare e diffondere il virus.

Quanto dura la protezione dal vaccino COVID-19 AstraZeneca?
Al momento non è noto per quanto tempo duri la protezione fornita dal vaccino COVID-19 AstraZeneca. Le persone vaccinate negli studi clinici continueranno a essere seguite per 1 anno per raccogliere maggiori informazioni sulla durata della protezione.

I bambini possono essere vaccinati con il vaccino COVID-19 AstraZeneca?
Il vaccino COVID-19 AstraZeneca non è attualmente raccomandato per l’uso nei bambini. L’EMA ha concordato con la società un piano per condurre studi che coinvolgono i bambini in una fase successiva.

Le persone immunocompromesse possono essere vaccinate con il vaccino COVID-19 AstraZeneca?
Sono disponibili dati limitati sulle persone immunocompromesse (persone con sistema immunitario indebolito). Sebbene le persone immunocompromesse possano non rispondere altrettanto bene al vaccino, non ci sono particolari problemi di sicurezza. Le persone immunocompromesse possono ancora essere vaccinate in quanto potrebbero essere a più alto rischio di COVID-19.

Le donne in gravidanza o in allattamento possono essere vaccinate con il vaccino COVID-19 AstraZeneca?
Studi preliminari sugli animali non hanno mostrato alcun effetto dannoso in gravidanza, tuttavia i dati sull’uso del vaccino COVID-19 AstraZeneca durante la gravidanza sono molto limitati. Sebbene non ci siano studi sull’allattamento al seno, non è previsto alcun rischio derivante dall’allattamento al seno. La decisione se utilizzare il vaccino nelle donne in gravidanza deve essere presa in stretta consultazione con un professionista sanitario dopo aver considerato i benefici e i rischi.

Le persone con allergie possono essere vaccinate con il vaccino COVID-19 AstraZeneca?
Le persone che già sanno di avere un’allergia a uno dei componenti del vaccino elencati nella sezione 6 del foglio illustrativo non devono ricevere il vaccino.

Nelle persone che ricevono il vaccino sono state osservate reazioni allergiche (ipersensibilità). Come per tutti i vaccini, il vaccino COVID-19 AstraZeneca deve essere somministrato sotto stretto controllo medico, con il trattamento medico appropriato disponibile in caso di reazioni allergiche. Le persone che hanno una grave reazione allergica quando ricevono la prima dose del vaccino COVID-19 AstraZeneca non devono ricevere la seconda dose.

In che misura il vaccino COVID-19 AstraZeneca funziona per persone di diverse etnie e generi?
Gli studi clinici hanno incluso persone di diverse etnie e generi. L’ efficacia è stata mantenuta per generi e gruppi etnici.

Quali sono i rischi associati a COVID-19 Vaccine AstraZeneca?
Gli effetti collaterali più comuni con il vaccino COVID-19 AstraZeneca negli studi sono stati generalmente lievi o moderati e sono migliorati entro pochi giorni dalla vaccinazione. Gli effetti collaterali più comuni sono dolore e tenerezza al sito di iniezione, mal di testa, stanchezza, dolore muscolare, sensazione generale di malessere, brividi, febbre, dolori articolari e nausea. Hanno colpito più di 1 persona su 10.

Vomito e diarrea si sono verificati in meno di 1 persona su 10. Diminuzione dell’appetito, vertigini, sudorazione, dolore addominale ed eruzione cutanea si sono verificati in meno di 1 persona su 100.

Si sono verificate reazioni allergiche nelle persone che hanno ricevuto il vaccino. Come per tutti i vaccini, il vaccino COVID-19 AstraZeneca deve essere somministrato sotto stretta supervisione con l’appropriato trattamento medico disponibile.

Mobilità docenti: eliminare il vincolo quinquennale. Emendamento del M5S al decreto milleproroghe

da OrizzonteScuola

Di redazione

Mobilità docenti per l’anno scolastico 2021/2. Il vincolo quinquennale di permanenza nella sede di assunzione dal 1° settembre 2020 provoca malumori e proteste da parte dei docenti che si vedono negato il ricongiungimento familiare, anche solo annuale. Apprendiamo dalle pagine di Italia Oggi di alcuni emendamenti del M5S, a firma Vittoria Casa, presidente della commissione cultura di Montecitorio, e Virginia Villani, volti all’abolizione del vincolo quinquennale docenti.

Non conosciamo l’esatta formulazione, per cui attendiamo di conoscere più in dettaglio il testo.

Ricordiamo la normativa

A decorrere dalle immissioni in ruolo disposte per l’anno scolastico 2020/2021, i docenti a qualunque titolo destinatari di nomina a tempo indeterminato possono chiedere il trasferimento, l’assegnazione provvisoria o l’utilizzazione in altra istituzione scolastica ovvero ricoprire incarichi di insegnamento a tempo determinato in altro ruolo o classe di concorso soltanto dopo cinque anni scolastici di effettivo servizio nell’istituzione scolastica di titolarità, fatte salve le situazioni sopravvenute di esubero o soprannumero. La disposizione del presente comma non si applica al personale di cui all’articolo 33, commi 3 e 6, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, purché le condizioni ivi previste siano intervenute successivamente alla data di iscrizione ai rispettivi bandi concorsuali ovvero all’inserimento periodico nelle graduatorie di cui all’articolo 401 del presente testo unico”. Quali le uniche deroghe previste

Si era già tentato in Legge di Bilancio 2020

Nel corso della Legge di Bilancio 2021 era stato l’ex Ministro Fioramonti a tentare di eliminare il vincolo. L’emendamento era stato respinto

Il motivo? Parere contrario del Ministero dell’Istruzione. Mi dispiace che la maggioranza parlamentare – aveva comunicato l’ex Ministro- non abbia fatto una scelta diversa e si sia adeguata alla decisione ministeriale. Soprattutto di fronte al fatto che il Ministero ha bloccato non solo il mio emendamento (che qualcuno avrebbe potuto considerare “radicale”), ma anche un altro emendamento di compromesso che aveva ottenuto le firme di parlamentari del MoVimento 5 Stelle“.

In quell’occasione anche la Lega si era espressa contro il vincolo quinquennale, ma a favore del mantenimento di almeno di tre anni nella stessa sede di assunzione

“Il blocco quinquennale del docente nel medesimo luogo è eccessivo: quando sei lontano da casa, incide in modo a volte devastante nei rapporti familiari. […] Il diritto alla continuità didattica degli studenti impone, comunque, non meno di tre anni di permanenza dell’insegnante nello stesso posto: chi “offre” la riduzione a un anno – sapendo perfettamente che non sarà considerata – fa un’operazione utile solo a intercettare consenso. Stessa cosa quando l’operazione viene reiterata illudendo gli interessati che un ordine del giorno impegni realmente il Governo“, aveva affermato il Sen. Pittoni  responsabile Scuola della Lega e vice presidente della commissione Cultura a palazzo Madama.

Contrari al vincolo quinquennale anche i sindacati. Causa, a loro parere, anche del fallimento della call veloce a settembre 2020  e del numero così elevato di posti vacanti rimasti senza titolare e assegnati ancora una volta come supplenza.

Docenti di religione, si attende il concorso ma dal decreto milleproroghe potrebbero arrivare novità per la stabilizzazione

da OrizzonteScuola

Di Fabrizio De Angelis

Con il concorso docenti religione bloccato a causa della crisi di Governo, i docenti di Idr attendono novità per il proprio futuro. E novità potrebbero arrivare già dal prossimo decreto milleproroghe: la Lega, infatti, ha presentato un emendamento che intende risolvere le criticità della categoria. Criticità che, secondo molti, nemmeno il concorso andrebbe a risolvere del tutto.

Il senatore Pittoni, responsabili scuola della Lega spiega: “Tutte criticità evitabili, prendendo in considerazione il nostro emendamento, che prevede il recupero delle graduatorie del concorso 2004, con due procedure parallele e distinte che vengono incontro sia a coloro che esercitano da anni la funzione docente sia ai giovani laureti. Si va anche a risolvere la questione degli idonei del primo concorso, che per anni hanno atteso di essere stabilizzati e per i quali nel 2013 si era trovata la soluzione dello scorrimento delle graduatorie, saltata per un errore nella formulazione dell’articolato.

Pittoni spiega anche che l’emendamento andrebbe anche a prevedere di “esonerare i candidati di età più avanzata e quasi sempre sprovvisti della conoscenza di lingue straniere, non essendone previsto l’insegnamento nei vecchi percorsi accademici pontifici e non essendo, peraltro, previsto negli ordinamenti vigenti – conclude Pittoni – l’insegnamento della religione cattolica in lingua straniera“.

Il concorso di religione cattolica: resta l’attesa

Ricordiamo che, per quanto riguarda il concorso per insegnanti di religione cattolica, il 14 dicembre 2020 è stata siglata l’intesa fra il Ministero dell’Istruzione e la CEI per far partire il nuovo concorso di religione cattolica,previsto dall’articolo 1-bis della legge 159/19. Anche questa procedura però, non può iniziare prima della formazione di un nuovo Governo e quindi di un nuovo ministro.

Il requisito principale di accesso è il possesso per i candidati della certificazione dell’idoneità diocesana: “è prevista la certificazione dell’idoneità diocesana di cui all’articolo 3, comma 4, della legge 18 luglio 2003, n. 186, rilasciata dal Responsabile dell’Ufficio diocesano competente nei novanta giorni antecedenti alla data di presentazione della domanda di concorso”.

Tuttavia, il testo dell’intesa ricorda che i posti messi a bando nella singola Regione per il “personale docente di religione cattolica, in possesso del riconoscimento di idoneità rilasciato dall’Ordinario diocesano, che abbia svolto almeno tre annualità di servizio, anche non consecutive, nelle scuole del sistema nazionale di istruzione” corrispondano a quanto stabilito dall’articolo 1-bis, comma 2, del decreto-legge n. 126 del 2019“.

La legge specifica infatti che dei posti messi a concorso, una quota non superiore al 50 per cento potrà essere riservata al personale docente di religione cattolica, sempre in possesso del riconoscimento di idoneità diocesana, che abbia svolto almeno tre annualità di servizio, anche non consecutive, nelle scuole del sistema nazionale di istruzione.

Vaccino Covid-19, subito dopo gli anziani tocca ad insegnanti e Ata

da La Tecnica della Scuola

La rimodulazione del piano vaccinale premia i docenti: dopo gli operatori sanitari e sociosanitari, i residenti e il personale dei presidi residenziali per anziani con le persone di età avanzata, i destinatari del vaccino contro il Covid-19 saranno coloro che operano all’interno dei servizi essenziali: quindi gli insegnanti ed il personale scolastico, assieme a forze dell’ordine, personale delle carceri e dei luoghi di comunità.

Il Piano risale a dicembre

È questa l’ultima lista delle priorità indicate nel “Piano strategico”. Il piano di destinatari delle dosi vaccino sarebbe stato prodotto lo scorso mese di dicembre, ma solo in queste ore è stato reso pubblico attraverso l’agenzia Ansa.

Per il giorno 3 febbraio è previsto l’incontro del governo con le regioni, durante il quale si analizzerà l’interpretazione delle indicazioni del vaccino AstraZeneza fino ai 55 anni.

Possibili ulteriori variazioni

Durante l’incontro, inoltre, non si esclude che si possano anche attuare delle modifiche dell’ultimo momento sulle varie categorie da considerare prioritarie per la vaccinazione contro il temuto Coronavirus.

Ad oggi, comunque, poiché gli insegnanti risultano i destinatari del vaccino anti-Covid-19 subito dopo l’immunizzazione degli anziani, i primi docenti destinatari potrebbero essere individuati giù nei prossimi mesi di aprile e maggio.

Classi pollaio con 27-30 alunni pure l’anno prossimo, Rusconi: il Covid non è servito a nulla. DaD pure a settembre?

da La Tecnica della Scuola

Si parla tanto di classi pollaio da cancellare, dei contagi da Covid che necessitano di meno alunni, di didattica di qualità senza troppi studenti. Ma poi nei fatti? Nulla. Semplicemente nulla. È il senso dell’intervento di Mario Rusconi, presidente dell’associazione presidi del Lazio: se l’emergenza Covid dovesse perdurare, quindi, c’è il rischio che la didattica in presenza alternata alla DaD possa protrarsi, in certi casi, anche nel prossimo anno scolastico.

“Neanche l’emergenza Covid – ha detto Rusconi all’Ansa – ha fatto sì che la nostra pluriennale richiesta di abolire le classi pollaio sia stata accolta. Ci ritroviamo a pochi giorni dalla scadenza per consegnare l’organico delle classi del prossimo anno scolastico con il vecchio parametro dei 27 alunni per classe alle superiori, con possibilità di arrivare anche a 30”.

La delusione di Mario Rusconi (Anp Lazio)

“Siamo delusi – ha continuato il leader dell’Anp Lazio – solo qualche mese fa il presidente del Consiglio aveva annunciato l’eliminazione delle classi pollaio. La situazione rimarrà invariata”.

Secondo Rusconi la situazione immutata produrrà “due effetti negativi: il primo è che con 27 alunni in un’aula il distanziamento è impossibile (dati i locali scolastici che abbiamo risalenti per il 60% agli anni settanta), dunque sarà inevitabile proseguire con il ricorso alla Dad. Il secondo effetto negativo, che dura ormai da anni, riguarda la didattica: è difficile seguire 27-30 ragazzini al primo anno delle superiori, in media 7-8 di loro sono condannati alla dispersione scolastica, che costa molto di più alla comunità”.

In Parlamento sono stati depositati diversi disegni di legge per ridurre quelle soglie, introdotte dopo il dimensionamento del 2009. Nessuno, nemmeno quello del M5s con prima firma dell’attuale ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina, è andato avanti.

“Noi avevamo chiesto, anche quest’anno, di portare il numero minimo per creare le nuove classi delle superiori a 20-22 ragazzi, ma non siamo stati ascoltati”, conferma Rusconi.

Bernini (Fi): promessa mancata di Conte

Il dato non è passato inosservato. Anna Maria Bernini, presidente dei senatori di Forza Italia, ha ricordato che “otto mesi fa, nella conferenza stampa per annunciare la riapertura in sicurezza delle scuole a settembre, il premier Conte promise che il governo non avrebbe più tollerato le classi pollaio. Alla luce di questo solenne impegno, il grido di allarme lanciato oggi dai presidi è clamoroso e sconcertante”.

Negli ultimi mesi, continua Bernini, “non si sono siglati accordi con le paritarie per aumentare gli spazi, e la ministra Azzolina getta la palla in tribuna assicurando che il problema sarà risolto con i fondi del Recovery Fund impiegati per migliorare l’edilizia scolastica. Campa cavallo”.

Secondo la forzista “se l’emergenza Covid non sarà ancora superata, visto che il piano vaccinale resta in alto mare, si profila un altro anno con troppi studenti penalizzati dalla didattica a distanza”.

Di Meglio: il tempo è passato senza alcun intervento

Del tema si sono occupati anche i sindacati dei docenti. “Considerato che ci troviamo ad affrontare il secondo anno scolastico in pandemia – dice Rino Di Meglio, coordinatore nazionale della Gilda -, il minimo che ci saremmo attesi da parte del ministero dell’Istruzione era l’eliminazione delle classi pollaio. Un impegno assunto dalla ministra Azzolina in un incontro con i sindacati, avvenuto nello scorso luglio, durante il quale aveva comunicato la possibilità di derogare ai criteri sul numero di alunni per aula fissati dalla legge 133/08 che, imponendo l’innalzamento dei parametri, ha provocato il fenomeno del sovraffollamento delle aule”.

“Ovviamente – continua Di Meglio – poco o nulla è stato fatto anche sul fronte dell’edilizia, che registra una drammatica carenza di locali idonei a consentire il necessario distanziamento. I mesi trascorsi finora dall’inizio dell’anno scolastico, insomma, non sono serviti a delineare interventi organici sulle principali criticità, ovvero spazi e organici che sono rimasti sostanzialmente immutati”.

La domanda finale del leader della Gilda è d’obbligo: “dove siano finiti gli investimenti sulla scuola sbandierati in continuazione dall’Amministrazione di viale Trastevere?”.