S. Modiano, Per questo ho vissuto

Sami Modiano, Per questo ho vissuto. La mia vita ad Auschhwitz- Birkenau e altri esili, Rizzoli, 2021

di Mario Coviello

Per celebrare “ La Giornata della memoria”, in qualità di presidente del Comitato Unicef di Potenza, ho letto ai ragazzi di quinta e della scuola media brani tratti da “ Per questo ho vissuto. La mia vita ad Auschhwitz- Birkenau e altri esili” di Sami Modiano, nell’edizione del gennaio 2021, con la prefazione di Enrico Mentana e la postfazione di Umberto Gentiloni Silveri, Paper First by Il Fatto Quotidiano, BUR Rizzoli.

In 155 pagine, divise in sette capitoli Sami Modiano racconta la sua infanzia felice, di bambino ebreo a Rodi e il momento in cui a ”otto, otto anni e mezzo….ho perso la mia innocenza. Quella mattina mi ero svegliato come un bambino. La notte mi addormentai come un ebreo..” perché il maestro, mettendogli una mano sulla testa per confortarlo, gli aveva detto che non poteva più frequentare la scuola.

E Sami, che era un bambino studioso ed educato, si sente in colpa e chiede al padre perché è stato cacciato e sente per la prima volta l’espressione “razza ebraica” . “ E io gli dicevo di non vedere differenze con i miei compagni di classe, io ero uguale a loro, non mi sentivo diverso…”

E, a poco a poco, anche a Rodi “l’isola felice” il cerchio si chiude e una mattina, quando Sami ha appena tredici anni e mezzo, con oltre duemila ebrei che vivevano nel Dodecanneso, nell’estate del 44, quando Hitler stava per essere sconfitto, la macchina infernale dello sterminio non si ferma e lo travolge con il padre Giacobbe e la sorella Lucia.

Con un linguaggio piano e sofferto Sami racconta le privazioni del lungo viaggio, l’arrivo sulla rampa di Birkenau, la separazione dalla sorella, il lento spegnersi del padre che lo sostiene fino all’ultimo.
E Sami combatte la fame atroce, il freddo, la fatica di un lavoro che andava avanti per dodici ore al giorno, la crudeltà senza ragione degli aguzzini che lo ha portato più volte a cercare la morte. Sami ce la fa. Con l’amico  Settimio attraversa l’Europa a piedi, si consegna in Austria agli americani, e arriva a Roma, dove scopre la solidarietà della comunità ebraica che lo fa arrivare in Africa da un cugino.

Più volte Sami è costretto a ricominciare perché perde tutto. Ma l’amore della moglie Selma, alla quale dedica il libro,  lo sostiene fino a quando comprende, grazie all’amico ritrovato Piero Terracini che l’unico modo di fare i conti con il suo passato è ricordare. Dal 2005 ha accompagnato migliaia di giovani con il “treno della memoria” a Treblinka e nel 2013 ha scritto questo libro che ha attraversato in questi giorni  la mia vita come quella di tante altre persone, come un piccolo grande regalo. Nei miei incontri con i ragazzi  e le loro maestre e professoresse questo libro è diventato un consiglio di lettura, un invito per chi voleva conoscere qualcosa di più di una storia e del suo protagonista. Questo libro mi ha commosso e fatto riflettere e mi auguro che anche per i miei lettori diventi “un segno prezioso, da accogliere nei suoi risvolti più coinvolgenti di una testimonianza preziosa” . Anche Sami Modiano, che ha novant’anni, in questi mesi è rimasto chiuso nella sua casa di Ostia  con la moglie Selma, circondato dall’affetto dei suoi vicini. Improvvisamente ha dovuto smettere di andare nelle scuole, di spiegare  ai ragazzi che   è rimasto vivo proprio lui perché ha il dovere di testimoniare, di raccontare quei morti che con le sue parole tornano a vivere e danno un senso alla loro sofferenza. “Mi mancano gli incontri con i ragazzi…le possibilità di riconoscere volti e sorrisi di tanti. Ma aspetto fiducioso, – afferma Sami Modiano – verranno tempi migliori per riprendere un cammino interrotto. Andiamo avanti… Caminando  Y ablando…” e leggendo.