Caro ministro: si può fare anche senza portafoglio

Caro ministro Stefani: si può fare anche senza portafoglio

Vita del 18/02/2021

La leghista Erika Stefani presiederà il ministero per le Disabilità. Un ruolo senza portafoglio ma che dovrà essere trasversale e intervenire sui programmi e sulle norme di tutti gli altri dicasteri, vista la natura del tema che tratta, che investe tutti i momenti della vita civile delle persone. Ecco tutti i nodi da affrontare
Alla fine Salvini è passato all’incasso non solo ottenendo il ministero per le Disabilità (questa volta non abbinato alla famiglia che viaggia assieme alle pari opportunità), ma piazzando per la terza volta uno dei suoi: dopo Fontana e Locatelli si apre l’era di Erika Stefani.

di Carlo Giacobini

E sia. Al neoministro vanno, senza ironia né obtorto collo, i nostri migliori auguri ché ne ha bisogno eccome viste le innumerevoli istanze irrisolte ancora su piatto complice l’immobilismo e il rallenty degli ultimi anni e lustri.

Può anche essere che, complice la contestuale autorevolezza di Mister Draghi e la annunciata elevata qualità tecnica della nuova compagine governativa, riesca in una sfida per ora imbattuta. Non cadremo nell’inganno di alzare l’indice contro il fatto che si tratta di un Ministero senza portafoglio. È argomento troppo basico – nemmeno del tutto vero o tecnicamente significativo – per distrarci dal nocciolo di analisi più sensate e anche più radicali.

La disabilità è un tema trasversale che investe tutti i momenti della vita civile e quindi il ministro più che avere un portamonete dovrebbe riuscire a ravanare nei portafogli dei colleghi, a intervenire sui loro programmi, a incidere sulle norme che, ordinariamente o straordinariamente, riguardano tutti i cittadini. Le persone con disabilità e le loro famiglie sono cittadini, non una parte di essi, non un nucleolo a cui dedicare, quando va bene e con tempi biblici, solo leggi speciali.

E il primo banco di prova è proprio in PNRR (Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) che sulla disabilità è dannatamente debole e deludente. Lo è sul tema del lavoro, dimentico, ad esempio, dell’esclusione vissuta dalle persone con disabilità intellettiva e relazionale e del necessario ripensamento in queste direzioni dei servizi per l’impiego. Lo è sulla non autosufficienza fenomeno che investe e spesso devasta le famiglie e i caregiver sovraccaricandoli, impoverendoli, marginalizzandoli.

Lo è nella sostanza sulla scuola, una scuola differente e generativa di esperienze nuove. È assente sul versante sull’accessibilità dell’innovazione tecnologica, dei trasporti, della qualità urbana, della cultura, del turismo. E lo è nella sanità. Quelle grandi riforme che si prospettano per il Paese e per i suoi cittadini non sono permeate da una assunzione della disabilità come elemento da considerare in qualsiasi progetto sociale. Nel PNRR troviamo qualche riferimento alla “residenzialità”, a cohousing, ma ad essere malfidenti non si può non temere che sia il solito “dopo di noi” di cartongesso, quello che divide vecchie strutture o comunità da 20, 50, 100 posti in alloggi da 4, con separé appunto di cartongesso, ma senza alcuna visione, senza investimenti per risorse professionali che possano accompagnare e garantire una vita dignitosa, una vita adulta, o il diritto ad invecchiare. Troviamo nel PNRR anche accenni alla vita indipendente, ma quando i relativi progetti usciranno lo sperimentalismo che divide le persone con disabilità in quelle di serie A e di serie B?

E dopo aver incalzato sul PNRR la neoministro dovrebbe avere la forza, ed essere messa nelle condizioni di farlo con robuste deleghe, di affrontare da pari i colleghi.
Lì ce n’è per tutti.

– Con Patrizio Bianchi (istruzione) dovrebbe gestire la patata bollente delle nuove Linee guida per l’inclusione scolastica, malamente approvate dal suo predecessore e causa di fortissime riserve e proteste fra le famiglie e gli operatori più sensibili, con il comitato #NoEsonero che sembra un fiume in piena a cui dare risposte veloci e convincenti. Ma a parte questa emergenza dovrebbe porre come nuovo traguardo l’opportunità che la scuola diventi luogo che accompagni alla transizione alla vita adulta, che consenta di sperimentare, di vivere esperienze vocazionali, di avvicinarsi al territorio, al contesto di riferimento contaminandosi e generando una più diffusa comunità educante.

– Con Andrea Orlando (lavoro) e con Elena Bonetti (pari opportunità e famiglia) dovrà trovare una intesa sulla gestione dei fondi attualmente disponibili e su quelli futuri: fondo non autosufficienze, fondo per le politiche sociali, fondo caregiver, fondo per il “dopo di noi”. Non di rado in passato la diffusa competenza, le incerte attribuzioni e la dissonanza di visioni ha prodotti ritardi insostenibili e produzioni normative traballanti. E con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di questioni aperte ce sono molte altre, ad iniziare dalle Linee guida sull’inclusione lavorativa previste nel 2015 e ancora lettera morta segnale del conto in cui tengano le politiche attive per il lavoro; alla correzione dello strumento dell’ISEE che ancora considera patrimonio le pensioni e le indennità accantonate per un temuto domani; al ripensamento dello strumento del reddito di cittadinanza che non considera la disabilità come elemento di impoverimento, al riforma dei criteri di riconoscimento della condizione di disabilità; alla infrastrutturazione rapida di un servizio sociale nazionale. E questo solo per iniziare il cammino verso un welfare differente, generativo, equo in cui comandino le soluzioni e i progetti personali e non l’ansia della compartecipazione.

– Con Speranza (salute) la Stefani avrà l’imbarazzo della scelta, ma se tiriamo la paglia la prima che esce è lo stato di attuazione dei Livelli Essenziali di Assistenza, non solo nella parte, ancora lontanissima dall’essere applicata in modo omogeneo e certo, della fornitura degli ausili, ma anche della presa in carico delle disabilità complesse, delle malattie rare, delle patologie cronico degenerative, del decadimento cognitivo, dei servizi di prossimità e domiciliari.

– Corro veloce su altri ministri, per non tediare il Lettori. Con Lamorgese (interni) dovrebbe riprendere il tema dell’esercizio del diritto di voto (che ha ancora molte falle) e quello, oggi totalmente ignorato, dell’esercizio di ruoli politici e di amministratori locali di persone con disabilità. Con lo stesso ministro andrebbe aggredita la vergogna delle violenze e degli abusi sugli anziani e sulle persone con disabilità, tema da affrontare anche con la collega delle pari opportunità (Bonetti) giacché investe in modo significativo le donne con disabilità.

– A Marta Cartabia (giustizia) dovrebbe chiedere conto di quale fine abbiano fatto gli uffici di prossimità, oggetto di finanziamento di un ormai datato PON e che dovevano aiutare i cittadini in alcuni procedimenti come quello dell’amministrazione di sostegno. Su quest’ultimo istituto andrebbero uniti gli sforzi dei ministeri affinché la sua revisione, che ormai giace da tempo in Parlamento, approdi in gazzetta ufficiale.

– Ma per questo va aperta una collaborazione anche con Riccardo D’Incà (rapporti col Parlamento). A lui, già che si siamo, va anche rammentato che langue al Senato un disegno di legge pseudo-unificato sul sentito tema dei caregiver familiari. Se si buca l’approvazione, sarebbe la seconda legislatura che non riesce a produrre l’attesa risposta normativa. Ed è uno schiaffo a milioni di famiglie, in particolare a madri e sorelle visto che nel lavoro di cura c’è anche un evidente macigno di genere.

– Anche alla porta di Enrico Giovannini (infrastrutture) toccherà bussare con insistenza. I trasporti, le città, le abitazioni delle persone con disabilità richiedono un intervento talora di emergenza. Serve una visione che assuma il principio della progettazione universale. Servono risorse non residuale ed è necessario che ogni centesimo speso in infrastrutture tenga conto che devono poter essere usate, in condizione di pari opportunità, da ciechi, anziani, persone con problemi motori o cognitivi per rendere le nostre città a misura di tutti. Oggi non è ancora così. Le stesse riflessioni vanno riportate a Vittorio Colao: le nuove tecnologie devono essere una opportunità non generare nuove barriere, nuovi ostacoli o complicazioni.

– Con Brunetta (pubblica amministrazione) c’è una prateria su cui cavalcare in più direzioni. Quella di chi lavora nella pubblica amministrazione e che può trovarsi in una situazione di fragilità, e quella del rapporto fra pubblica amministrazione e cittadini. Ad esempio un tema da lasciare cadere sul tavolo è quello dello SPID e della praticabilità dello stesso anche per le persone con disabilità complesse. Va poi rilanciata una nuova stagione di semplificazione amministrativa di cui davvero si sente in bisogno.

– Alla Dadone (politiche giovanili) va rammentato che fra i giovani di sono anche ragazzi e ragazze con disabilità e che bisogna attrezzarsi di conseguenza, senza soluzioni speciali o a parte.

– Osso duro Daniele Franco (economia), non certo per il profilo della persona e del tecnico, quanto per la posizione che ricopre e per la complessità delle questioni aperte. Governa sicuramente le risorse, la loro destinazione e il loro investimento. Ma è con quel dicastero che vanno elaborate soluzioni che ci permettano di superare impasse ormai croniche, quali ad esempio, la copertura di importanti riforme o progetti come quelle sui caregiver per dirne una.

Insomma, Erika Stefani, anche senza portafoglio di opportunità ne ha eccome. Dipenderà da lei, dipenderà da Draghi e dipenderà dal resto di Governo se si riuscirà a cambiare rotta.

Incontro con il Ministro dell’istruzione

Il Presidente dell’ANP ha incontrato oggi il Ministro dell’istruzione

Il Presidente nazionale dell’ANP, Antonello Giannelli, ha incontrato oggi il neo Ministro dell’istruzione Patrizio Bianchi.
Il colloquio, dal carattere informale, si è svolto in un clima di grande cordialità. Il Presidente Giannelli, a nome di tutta l’ANP, si è complimentato con il Ministro per il prestigioso incarico ricevuto e gli ha augurato buon lavoro. Il Ministro ha ascoltato con attenzione le richieste e le proposte dell’ANP.
Il Presidente Giannelli ha affrontato, in particolare, le seguenti questioni:
• piano vaccinale del personale scolastico: occorre assicurarne il completamento entro giugno al fine di avviare il prossimo anno scolastico in sicurezza
• prove Invalsi: stante la situazione emergenziale, risulta opportuno rivederne le modalità – ad esempio con delle prove snellite – e prevedere tempi di somministrazione più distesi
• O.M. sugli esami di Stato: i docenti e gli studenti del primo e del secondo ciclo hanno il diritto di conoscere, in tempi brevi, come si svolgeranno i rispettivi esami conclusivi
• contrasto alla povertà educativa: è necessario intervenire con due azioni di immediato impatto ovvero (1) una rilevazione oggettiva delle carenze degli studenti (da svolgersi a settembre) propedeutica alla autonoma progettazione, da parte di ogni istituzione scolastica, di interventi di recupero mirato e (2) un piano di formazione massiva e capillare destinato a tutto il personale
• organici: l’assegnazione degli organici per l’anno scolastico 2021/22 deve tenere conto delle condizioni logistiche delle scuole, come la capienza delle aule, e mantenere la dotazione aggiuntiva COVID
• dimensionamento istituzioni scolastiche: va sostenuto, nell’immediato, l’emendamento che estende a tre anni l’abbassamento della soglia di dimensionamento a 500/300 alunni, previsto dalla legge di bilancio 2021, ma tale disposizione va resa permanente per garantire una guida stabile a un maggior numero di scuole attingendo alla graduatoria del concorso per dirigenti scolastici del 2017
• reclutamento: su tale tema abbiamo chiesto al Ministro di operare su più fronti
o facendo tesoro delle criticità vissute quest’anno, come le GPS, va del tutto rivista la tempistica di nomina degli incaricati annuali
o programmare con urgenza nuovi concorsi per DS, per DSGA e per il personale ATA nonché concludere quello straordinario e quello ordinario per i docenti
o pianificare in tempi brevi il reclutamento dei dirigenti tecnici, necessari per la valutazione delle scuole e dei dirigenti scolastici
o attuare la grande sfida dell’introduzione del middle management
• responsabilità penale datoriale: occorre rivedere quanto prima il profilo penale datoriale per renderlo finalmente sostenibile da parte dei colleghi
• edilizia scolastica: è urgente pianificare ed effettuare un capillare controllo dei solai degli edifici scolastici, monitorandolo mediante una banca dati curata dal Ministero in veste di cabina di regia nei confronti degli enti locali
• Testo Unico del 1994: è necessario, oltre che urgente, rivedere la governance delle scuole per eliminare interferenze tra le competenze dirigenziali e quelle collegiali, talvolta causa di conflittualità e inefficienza
• retribuzione dei dirigenti scolastici: l’ANP chiede con forza di superare definitivamente la grave iniquità di trattamento con gli altri dirigenti della stessa area contrattuale, garantendo nel frattempo il riallineamento del CIR con l’anno scolastico e la certezza retributiva dei colleghi.

Incontro con i vertici del Ministero della Salute e il Cts

Il Ministro dell’Istruzione, Professor Patrizio Bianchi, ha incontrato, nel pomeriggio del 18 febbraio, i vertici del Ministero della Salute e alcuni componenti del Comitato tecnico scientifico (Cts) per l’emergenza sanitaria. Il Ministro ha ribadito la volontà di proseguire il comune lavoro per garantire la sicurezza di tutto il personale scolastico, di studentesse e studenti. Le riunioni saranno periodiche per poter monitorare costantemente la situazione e prendere decisioni che riguardano la scuola con rapidità e condivisione.

Conversando con Vittorio

Conversando con Vittorio

di Maurizio Tiriticco

Con l’amico Vittorio ho da anni una corrispondenza pressoché giornaliera – grazie anche a FB – più che altro sui temi della politica. Siamo ambedue di sinistra ed ovviamente contro l’organizzazione capitalistica della società… e del mondo intero! Dato che due grandi rivoluzioni comuniste hanno con gli anni prodotto due Paesi assolutamente capitalisti! La Russia e la Cina. E tra i due, chi sono i “più capitalisti”? Penso i comunisti cinesi, i quali prima ci appestano, poi ci offrono i vaccini. Ma se i vaccini, frettolosamente preparati, ci fanno male o ci accoppano, allora, oltre alla salute, ci vogliono far perdere pure la speranza. Il mondialismo e la globalizzazione economica si danno la zappa sui piedi? Si chiede Vittorio? E scrive. Occorrerà ripristinare i controlli sanitari alle frontiere e sostituire i passaporti con documenti sanitari che riporteranno l’elenco crescente delle patologie contagiose da cui risulteremo guariti, nonché delle vaccinazioni, cui saremo sopravvissuti. Occorrerà ripristinare gli spazi di quarantena per i forestieri in ingresso, come nel medioevo. Ospedaletti, in Liguria, prese il nome proprio da quell’esigenza. Occorrerà potenziare le barriere difensive di tipo sanitario e le migrazioni saranno più temute delle guerre. I missili intercontinentali, invece di testate nucleari che danno scarsa resa economica, saranno dotati di testate piene per metà di virus pestilenziali e per l’altra metà di listini prezzi degli antidoti e dei vaccini acquistabili on-line. La fantascienza è già purtroppo diventata storia.

Questo mi scrive Vittorio! E allora… Che fare? Riprendendo il titolo del grande libello leninista. Caro Vittorio! Io rimango qui – se non “me ne vado” prima e a malincuore – perché mi piace campare e soprattutto vedere che cosa succederà nel tempo lungo con il Governo Draghi! Sai che cosa vorrei tanto? Che questi politicanti da strapazzo, ignoranti e chiacchieroni, tipo Salvini, Di Maio e tutta la squadra del leghistipentastellati scomparissero a poco a poco dalla nostra scena politica! E che, invece tanti piccoli Draghi, a poco a poco, prendessero il loro posto! Io e te ricordiamo politici di grande valore, da Moro a Togliatti, da Berlinguer alla Anselmi, dalla Iotti a De Gasperi! Torneranno uomini e donne politici di quel valore? Penso che sia difficile! Per ora! Anche perché con questo covid e questa scuola a giorni alterni, temo tanto che stiamo varando una stagione di ignoranti!

Ma in questo scenario pressoché drammatico, purtroppo, ciò che non scompare mai è l’Invalsi, che anche in questi giorni si accinge a varare le sue prove, la cui struttura e i cui criteri di misurazione sono lontani mille miglia dalla pratica valutativa dei nostri insegnanti e delle nostre scuole. Da anni recito la solita solfa! Amici dell’Invalsi! Invece di… Invadere… le scuole e affliggere studenti e insegnanti con le vostre diavolerie – perché così appaiono agli occhi dei milioni dei nostri studenti e insegnanti – perché non attivate invece corsi di formazione docenti sulla docimologia? Di cui non sanno nulla? E che, invece, è una disciplina di tutto rispetto? Però assolutamente ignota a tutti i nostri insegnanti! Che da sempre si arrovellano tra i più e i meno, i mezzi voti, tutti assolutamente fuori legge! Perché invece i dieci voti – che sono anche troppi – vanno considerati di norma – ripeto, di norma – solo per intero. E di questa norma i nostri insegnanti e i nostri DS si ricordano solo in sede di scrutini!

Ti immagini una pagella, o una scheda o un quadro finale appeso nell’atrio della scuola (una volta era così) con i voti “arricchiti” da mezzi voti, più e più più, o “impoveriti” da meno e meno meno? Ma lo sai che ci sono scuole che – dato che la norma prevede che il Collegio Docenti all’inizio dell’anno possa decidere in materia di valutazione – decidono di non attribuire né uno né due né tre! Perché altrimenti i poveri alunni entrerebbero in crisi! E ciò avviene perché nessun insegnante ha mai detto loro che cosa significhi misurare una prova e valutare una prestazione, se non addirittura valutare una persona! Che sono operazioni assolutamente diverse. E chi poi ha mai detto loro che una serie di punteggi può essere misurata, dopo la media sacramentale, con altri valori? Eccoli! La mediana, la moda, il gamma, il sigma, i punti Z e i punti T! Diavolerie algebriche? Mah! Queste cose le scrivo da anni, ma chi mi legge? Solo Vuzzeta e pochi altri!

A molte penso che la questione della valutazione sia da sempre ieri, oggi e domani, il tallone d’Achille dell’intero nostro sistema scolastico! E adesso mi aspetto gli insulti! Non da Vittorio!

L’affondo di Draghi: recuperare le ore perse. Verso le prove Invalsi da marzo

da Il Sole 24 Ore

di Claudio Tucci

Sulla scuola sono tre i messaggi forti lanciati ieri dal premier Mario Draghi dall’Aula del Senato. Primo: la didattica a distanza ha saputo garantire «la continuità del servizio», in piena emergenza sanitaria, ma, è altrettanto vero, che ha creato «disagi» e rimarcato «diseguaglianze», specie a danno degli alunni del Sud. Adesso, quindi, occorre cambiare marcia: bisogna «tornare rapidamente a un orario scolastico normale, anche distribuendolo su diverse fasce orarie» (oggi molte lezioni sono di 40-50 minuti, con rarissimi “sforamenti” nel primo pomeriggio, per adeguarsi alle esigenze dei trasporti). In quest’ottica, sarà necessario «rivedere il percorso scolastico annuale», e «allineare il calendario delle lezioni» alle esigenze imposte dalla pandemia. Per il ministro dell’Istruzione, Patrizio Bianchi, e per le regioni (che hanno competenze sui singoli calendari) il primo input di Mario Draghi significa accelerare sulla strategia per rimediare alle ore di didattica in presenza perse da marzo (su circa 1,7 milioni di studenti delle superiori, a inizio febbraio, solo 1 milione, il 61,2%, ha avuto assicurato il servizio con la Dad). Qui serve investire fondi e scegliere tra corsi di recupero pomeridiani o a settembre 2021 o lezioni fino a fine giugno, inizi luglio.

Un primo passo per “certificare” il gap formativo (che studi internazionali stimano tra il 30 e il 50% in matematica e nelle lingue) potrebbe essere il via libera (è in discussione in queste ore) alle prove Invalsi per i 500mila maturandi di quinta superiore. I test in italiano, matematica e inglese sono in calendario a marzo (resta da capire se saranno o meno obbligatori per gli esami).

Il secondo messaggio è il riferimento agli Its, gli istituti tecnici superiori, partecipati dalle imprese; un fiore all’occhiello, con tassi di occupazione superiori all’80%. Draghi ha confermato nel Recovery Fund gli 1,5 miliardi di euro, voluti da Lucia Azzolina, «20 volte il finanziamento di un anno normale pre-pandemia. Ma occorre innovare l’attuale organizzazione», ha detto Draghi. L’obiettivo è avvicinare Francia e Germania, al top nell’istruzione subito professionalizzante. La strada è questa: nel 2019-23 si stima un fabbisogno di circa 3 milioni di diplomati tecnici nell’area digitale e ambientale.

Il terzo messaggio di Mario Draghi, in discontinuità con i precedenti governi, è la necessità di rivedere i percorsi educativi, che, pur mantenendo gli standard qualitativi richiesti, prevedano «innesti» di nuove materie e metodologie, coniugando «le competenze scientifiche con quelle delle aree umanistiche e del multilinguismo». Un invito ad ammodernare la scuola, aprendo alle discipline Stem, a cominciare dalle ragazze. Ma l’invito è anche ai docenti, con una formazione (obbligatoria) che «allinei l’offerta educativa alla domanda delle nuove generazioni» (e, aggiungiamo noi, dei nuovi lavori e delle nuove imprese).

Dagli Its al recupero delle ore in presenza perse, la ricetta Draghi per la scuola

da Il Sole 24 Ore

di Claudio Tucci

Al capitolo Its il Recovery Fund, su input di Lucia Azzolina, riserva un finanziamento importante, 1,5 miliardi di euro, 20 volte il finanziamento di un anno normale pre-pandemia.

A memoria è la prima volta che un premier, nel discorso programmatico in Parlamento, parla di Its, cioè di Istituti tecnici superiori, e li indica come “pilastro educativo”, come accade da anni in paesi nostri competitor come Germania e Francia. Al capitolo Its il Recovery Fund, aggiunge Draghi, riserva un finanziamento importante, 1,5 miliardi di euro, 20 volte il finanziamento di un anno normale pre-pandemia. In questo, Draghi conferma l’investimento robusto messo sugli Its da Lucia Azzolina. Il nuovo presidente del consiglio mette subito dei paletti: «Senza innovare l’attuale organizzazione di queste scuole, rischiamo che quelle risorse vengano sprecate».

La sfida Its
È questo l’altro cambio di passo sulla scuola che si legge nell’intervento di Mario Draghi, accanto al forte monito a recuperare gli apprendimenti persi per la “troppa” Dad a causa della pandemia. Gli Its sono nati da una decina di anni in Italia, sfornano numeri sull’occupazione importanti, oltre l’80% degli studenti diplomati trovano una occupazione, nella quasi totalità dei casi l’impiego è coerente con il percorso di studio e lavoro svolto nel biennio di corso. La chiave del successo è lo stretto legame con le imprese e i territori. Purtroppo, i ragazzi iscritti sono ancora pochi, intorno ai 14mila, e finora non hanno saputo/voluto decollare. I numeri in campo sono notevoli: è stato stimato in circa 3 milioni, nel quinquennio 2019-23, il fabbisogno di diplomati di istituti tecnici nell’area digitale e ambientale, ha ricordato sempre Draghi.

Formazione in linea con le competenze chiave per il rilancio del Paese
Una citazione Draghi l’ha fatta anche su futuro e compiti dell’offerta formativa. Qui il discorso ha preso avvio dalle donne. Per Draghi «garantire parità di condizioni competitive significa anche assicurarsi che tutti abbiano eguale accesso alla formazione di quelle competenze chiave che sempre più permetteranno di fare carriera – digitali, tecnologiche e ambientali». Il passaggio è cruciale, e anche qui, a memoria, è un’altra prima volta che un premier, presentandosi in Parlamento, parla di competenze Stem. Draghi ha poi chiosato, tracciando anche qui la linea: «Intendiamo quindi investire, economicamente ma soprattutto culturalmente, perché sempre più giovani donne scelgano di formarsi negli ambiti su cui intendiamo rilanciare il Paese. Solo in questo modo riusciremo a garantire che le migliori risorse siano coinvolte nello sviluppo del Paese».

Sondaggio, allerta varianti Covid: 3 italiani su 10 chiuderebbero le scuole superiori

da Il Sole 24 Ore

di Redazione Scuola

Tre italiani su dieci sarebbero favorevoli a chiudere le scuole superiori, viste le ultime evoluzioni dell’emergenza Covid e l’allarme per le nuove varianti, mentre sei su dieci ritengono preferibile ad andare avanti con il sistema misto presenza-didattica a distanza. E’ quanto emerge da un sondaggio Emg-Different/Adnkronos. Alla domanda «Considerando le ultime evoluzioni del Coronavirus e l’arrivo delle nuove varianti in Italia, secondo lei cosa sarebbe meglio?» il 62% degli intervistati risponde «continuare con il sistema misto presenza e didattica a distanza», mentre il 30% vorrebbe «tornare a chiudere le scuole superiori» e l’8% preferisce non rispondere.

Tra chi è favorevole ad andare avanti con il sistema misto il 64% sono uomini e il 61% donne. La maggior parte (73%) ha tra i 35 e i 54 anni; seguono la fascia d’età 18-34 anni con il 63%, quindi gli over 55 con il 55%.

Quanto alla suddivisione per zone, al Nord Ovest e al Nord Est il 67% degli intervistati è d’accordo con il sistema misto, mentre la percentuale scende al 63% al centro, al 51% al Sud e al 45% nelle Isole.

Il sondaggio, rappresentativo della popolazione italiana maggiorenne per sesso, età, regione, classe d’ampiezza demografica dei comuni, è stato realizzato il 16 febbraio 2021 con il metodo della rilevazione telematica su panel, su un campione di 1.488 casi (universo: popolazione italiana maggiorenne), e presenta un intervallo fiduciario positivo/negativo del 2,3%. Totale contatti: 2.000, tasso di risposta 74%; rifiuti/sostituzioni 512 (tasso di rifiuti 27%).

Regione Lombardia e Indire insieme per una vera didattica digitale integrata

da Il Sole 24 Ore

di Redazione Scuola

Regione Lombardia ha sottoscritto un protocollo d’intesa con Indire, l’Istituto nazionale di documentazione, innovazione e ricerca educativa, per sperimentare modelli, strategie e ambienti innovativi per la didattica digitale integrata nelle scuole. Lo ha deliberato la giunta regionale della Lombardia su proposta dell’assessore all’Istruzione, università, ricerca, innovazione e semplificazione di Regione Lombardia, Fabrizio Sala.

«Continuiamo a lavorare per la migliore forma di didattica digitale integrata a quella in presenza – ha detto Fabrizio Sala – in modo che i nostri studenti abbiano un piano formativo efficace e soprattutto continuativo. Occorre superare – ha proseguito – la contrapposizione tra la didattica in presenza e quella a distanza. Dobbiamo invece impegnarci ad aiutare gli insegnanti e gli studenti a sfruttare le nuove opportunità offerte dalla tecnologia anche in ambito didattico. Dobbiamo migliorare l’efficacia della didattica digitale, perché non sia una riproposizione a distanza della didattica tradizionale, ma una vera occasione di innovazione in ambito educativo, che si traduca in una crescita di competenze sia per gli studenti che per gli insegnanti».

L’intesa si svilupperà attraverso la piattaforma Open Innovation, al cui interno nella sezione Open Scuola, docenti e studenti troveranno tutti gli strumenti utili a migliorare la loro formazione (lezioni video, webinar, tutorial sui sistemi di didattica a distanza), attraverso anche il ricorso all’ingente materiale didattico della piattaforma Indire.

Saranno così messe le basi per l’evoluzione del progetto Open Scuola, nato sulla Piattaforma Open Innovation durante la prima ondata dell’emergenza sanitaria. L’obiettivo resta la creazione di uno spazio in cui i docenti e gli studenti possano trovare risorse digitali ordinate e selezionate in base alle loro esigenze effettive.

Corsi di recupero alle superiori e il prossimo anno inizierà prima

da Corriere della sera

Gianna Fregonara

Sono diverse le ipotesi sulla scrivania del ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi, che nelle prossime settimane dovrà declinare in misure specifiche il programma di recupero e di riforma che il premier Mario Draghi ha condensato nel suo discorso al Senato. Ma alcune certezze il ministro le ha già: «Per recuperare le ore di didattica in presenza perse lo scorso anno, soprattutto nelle regioni del Mezzogiorno» si comincerà con una rilevazione degli apprendimenti, per capire cosa è stato perso in questi mesi. Una prima mappa arriverà dai test Invalsi che cominciano il 1° marzo con le quinte superiori per poi passare alla terza media ad aprile e alle elementari a maggio. Per «rivedere il disegno del percorso scolastico annuale» e decidere come «allineare il calendario scolastico» invece Bianchi ha intenzione di istituire a breve un tavolo tecnico che lavori ad una proposta che sia condivisa anche con gli esperti, le Regioni e i sindacati. Questi ultimi si sono già espressi contro l’allungamento delle lezioni fino a fine giugno, ma è sul tavolo l’ipotesi di una mediazione che consenta di organizzare corsi di recupero mirati per le scuole superiori già prima dell’estate. Così come non è da escludere l’idea di provare ad anticipare la ripresa del prossimo anno scolastico ai primi di settembre: il problema è quello di riuscire ad accorciare i tempi per le assunzioni e di trovare professori nelle graduatorie, che ormai in molte province e per molte materie sono vuote. Oltre ai circa 30 mila prof che stanno finendo il concorso straordinario in questi giorni, per riempire tutte o quasi le cattedre il ministro potrebbe pensare anche ad una «stabilizzazione temporanea», come aveva ipotizzato nel suo rapporto sulla scuola lo scorso luglio.

Se la decisione più attesa è quella che riguarda la maturità 2021 — ieri l’ex ministra Azzolina gli ha chiesto di riflettere su un esame in continuità con quello dello scorso anno — il panorama disegnato da Draghi riguarda anche gli anni a venire con ipotesi di riforma del percorso scolastico «con innesti di nuove materie e metodologie» combinando discipline umanistiche e scientifiche che «aderisca agli standard qualitativi richiesti anche nel panorama europeo»: nel suo ultimo libro Bianchi aveva ipotizzato l’amento dell’obbligo scolastico a 17 anni e il liceo di quattro anni.

Ma se il percorso per il futuro delle scuole è ancora da disegnare, c’è una riforma già in cantiere: è quella degli Its, Istituti tecnici superiori, per i quali è previsto nel Recovery plan uno stanziamento record di un miliardo e mezzo, «20 volte il finanziamento di un anno normale pre-pandemia». Si tratta di percorsi biennali composti per metà di tirocinio nelle aziende e per metà di studio accademico rivolto ai diplomati delle scuole superiori che si affianca a quello universitario. Al momento gli studenti sono 18 mila, soprattutto nelle regioni del Nord, ma in cinque anni l’ambizione è di decuplicare i posti di questi istituti che garantiscono tassi di occupazione di oltre l’80 per cento.

Che cosa sono gli Its, gli istituti su cui punta Draghi per il lavoro dei giovani

da Corriere della sera

Gianna Fregonara

Un miliardo e mezzo per gli Its, gli istituti tecnici superiori. E’ questa la scommessa del governo Draghi per la formazione: rafforzare quella che dal 2010 costituisce, a fianco dell’Università, il secondo sistema di istruzione terziaria. Per ora i diplomati in questo percorso di studio sono molto pochi: gli iscritti nel 2020 ai due anni di percorso erano 18 mila e gli Istituti sono concentrati nelle aree più industrializzate del Paese, nel Nord – Lombardia e Emilia Romagna – e nel Centro Italia anche se lo scorso anno Campania e Puglia hanno avviato diversi progetti.

Cosa prevede il Recovery fund

Nel piano nazionale di recupero e resilienza già scritto dal governo Conte II era stata stanziata la stessa cifra con lo scopo di «decuplicarne in 5 anni gli studenti creando anche una maggiore osmosi tra gli Its e i percorsi universitari», superando la quota simbolo di 150 mila iscritti. Si tratta infatti di corsi biennali professionalizzanti basati anche su una forte componente pratica di apprendistato riservati ai diplomati delle scuole superiori. Gli Its – rispetto alle Università – hanno una forte flessibilità organizzativa: gli insegnanti provengono per il 70 per cento dal mondo delle imprese che partecipano anche alla governance degli Istituti grazie a partnership delle associazioni di categoria locali.

I 107 Its

Sono scuole di alta tecnologia strettamente legate al sistema produttivo che preparano i quadri intermedi specializzati. Al momento ce ne sono 107 e sono divisi in 6 aree per un totale di oltre 700 corsi: efficienza energetica; mobilità sostenibile; nuove tecnologie della vita; nuove tecnologie per il made in Italy (Servizi alle imprese, Sistema agro-alimentare, Sistema casa, Sistema meccanica, Sistema moda); tecnologie dell’informazione e della comunicazione; tecnologie innovative per i beni e le attività culturali e turismo.

Il modello tedesco

La formula degli Its, che è stata introdotta seguendo il modello duale delle Fachhochschule in Germania – che hanno circa 800 mila iscritti – e dagli analoghi percorsi in Francia, garantisce tassi di occupazione da record. Secondo il monitoraggio nazionale 2020, realizzato su incarico del Ministero dell’Istruzione dall’Indire, l’83% dei diplomati Its trova lavoro a un anno dal diploma e il 92,4% di questi riesce a impiegarsi in un’area coerente con il proprio percorso di studi. Il 79,3% si ritiene soddisfatto della propria scelta e il 93,5% ha apprezzato i propri docenti. Un panorama diametralmente opposto a quello delle Università italiane, che secondo i dati sull’occupazione dei neolaureati diffusi a febbraio 2021 e basati sulle rilevazioni Eurostat sono fermi al 58.7, penultimi in Europa davanti alla Macedonia del Nord.

Covid, il premier vuole gli studenti in classe, ecco il piano. Il Cts: “Rischio esplosione contagi da varianti”

da la Repubblica

di Corrado Zunino

Il premier vuole riportare gli studenti in classe, “in sicurezza e al più presto”. Ha spiegato Mario Draghi al Senato: “Non solo dobbiamo tornare rapidamente a un orario scolastico normale, anche distribuendolo su diverse fasce orarie, ma dobbiamo fare il possibile, con le modalità più adatte, per recuperare le ore di didattica in presenza perse lo scorso anno, soprattutto nelle regioni del Mezzogiorno in cui la didattica a distanza ha incontrato maggiori dfficoltà. Occorre rivedere il disegno del percorso scolastico annuale”, ha insistito, “allineare il calendario alle esigenze derivanti dall’esperienza vissuta all’inizio della pandemia”.

La scuola dopo le dieci di mattina e con più intensità il sabato è già una realtà negli istituti superiori italiani, almeno dalla ripartenza del 7 gennaio. Potrebbe esserci un’accelerazione negli orari, nei giorni della settimana e anche nella stagione scelta, con l’utilizzo di tutto giugno per i recuperi necessari. Il ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi ha già spiegato a Repubblica che questi recuperi andranno localizzati per aree geografiche e singoli istituti: “Dovremo intervenire in quella fascia che ha sofferto la didattica a distanza, in particolare gli adolescenti del Sud e delle aree interne”.

Ecco, c’è un piano per provare a tenere insieme le due cose: rientro e sicurezza. Anche in un momento in cui si teme l’esplosione dei contagi da varianti, che colpiscono soprattutto gli adolescenti. Ieri pomeriggio il ministro Bianchi ha iniziato a mettere a punto un progetto con Agostino Miozzo, coordinatore del Comitato tecnico scientifico. Miozzo, una lunga esperienza nelle protezoni civili italiana ed europea, ha spiegato che il Comitato tecnico teme fortemente l’esplosione delle varianti, in particolare a scuola: “C’è il sensato rischio che si riapra un ciclo di chiusure degli istituti scolastici”, è l’opinione del Cts. Le varianti hanno cambiato il punto di vista degli scienziati sulla diffusione del virus nelle classi. Il ministro, forte delle indicazioni del premier, ha insistito chiedendo di affrontare in maniera seria e rapida  la questione dei contagi a scuola e la loro circoscrizione. Come fare?

Il coordinatore del Cts ha illustrato la sua idea, che tra l’altro aveva già provato a imporre – senza successo – con il precedente governo. Poiché è difficile trovare rapidamente un numero di medici sufficienti per garantire alla scuola una corsia preferenziale nel controllo e nell’intervento anti-Covid – Bianchi vorrebbe approfondire la possibilità del medico scolastico -, è più efficace allestire unità mobili in tutte le città, veri e propri “pronto intervento sanitari” capaci di arrivare nella stessa mattinata nell’edificio scolastico dove si segnala un cluster di coronavirus e, a quel punto, “identificarlo, circoscriverlo e avviare in tempi immediati i tamponi necessari per dare certezze a studenti e docenti e non chiudere l’intera struttura scolastica”.

Chi dovrebbe gestire questi “pronto intervento” sul Covid a scuola? Da tempo Miozzo sostiene che serve un ritorno al centro della scena pandemica della Protezione civile italiana, protagonista nel corso della prima ondata e attrezzata da oltre cinquant’anni all’emergenza. Anche un supporto dell’esercito, che ha forte specializzazione medica, sarebbe importante.

Bisogna ricordare che uno dei motivi per cui gli istituti superiori sono stati chiusi il 5 novembre è dovuto ai ritardi con cui le aziende sanitarie comunicavano ai responsabili Covid della scuola l’esito dei tamponi. Ancora oggi, poi, in diverse metropoli l’affollamento dei mezzi pubblici nelle ore di punta rende gli spostamenti insicuri.L’azione di Bianchi, sul fronte del contrasto al Covid, dovrà prendere un’accelerazione. Le parole del premier sono chiare. E segnalano come la stessa Didattica a distanza abbia lasciato fuori dallo studio un terzo degli studenti del Paese: “A fronte di 1.696.300 iscritti alle scuole secondarie di secondo grado, nella prima settimana di febbraio solo 1.039.372 (il 61,2 per cento del totale) ha avuto assicurato il servizio attraverso la Didattica a distanza“.

Varianti covid-19, Cts preoccupato per i contagi a scuola. Ecco le ipotesi al vaglio per tenere gli alunni in classe

da OrizzonteScuola

Di Fabrizio De Angelis

Dei pronto intervento sanitari in città da far gestire alla protezione civile e, se necessario, con l’ausilio dell’esercito. Si tratta del piano che Miozzo, del Cts, sta sottoponendo al ministro dell’Istruzione Bianchi. La parola d’ordine è: facciamo il possibile per far proseguire la scuola in presenza.

Le varianti covid-19 incombono ma le scuole bisogna provare a tenerle aperte. Ovviamente in sicurezza. Ecco perché già si pensa al piano per fronteggiare la nuova minaccia, ammesso che sia conclusa quella precedente.

Il Comitato Tecnico Scientifico sta mostrando preoccupazione: le scuole aperte, con la variante inglese, ad esempio, che viene trasmessa facilmente proprio dalla fascia più giovane di età, non lasciano tranquilli gli esperti. Agostino Miozzo, ha anche ammesso nei giorni scorsi che bisogna fare di tutto per non chiudere le scuole. E proprio il coordinatore del Cts ha già illustrato le su idee a Patrizio Bianchi.

Il coordinatore del Cts, scrive La Repubblica, ha riproposto il progetto già scartato nel precedente Governo: poiché è difficile trovare rapidamente un numero di medici sufficienti per garantire alla scuola una corsia preferenziale nel controllo e nell’intervento anti-Covid – Bianchi vorrebbe approfondire la possibilità del medico scolastico -, è più efficace allestire unità mobili in tutte le città, veri e propri “pronto intervento sanitari” capaci di arrivare nella stessa mattinata nell’edificio scolastico dove si segnala un cluster di coronavirus e, a quel punto, “identificarlo, circoscriverlo e avviare in tempi immediati i tamponi necessari per dare certezze a studenti e docenti e non chiudere l’intera struttura scolastica“.

Il medico scolastico, chiesto a gran voce già prima del ritorno a scuola a settembre, sarebbe un’idea poco percorribile dunque. Secondo la proposta di Agostino Miozzo, sarebbe la Protezione Civile a gestire questi “pronto intervento”. Anche un supporto dell’esercito, che ha forte specializzazione medica, sarebbe importante.

Sciopero docenti e dirigenti per l’intera giornata del 1° marzo: “No alle lezioni fino al 30 giugno”

da OrizzonteScuola

Di redazione

Sciopero SISA del 1 marzo 2021 per tutto il personale Docente e Dirigente con esclusione del personale ATA. Circolare MI 7089 del 17 febbraio.

L’organizzazione Sindacale SISA – Sindacato Indipendente Scuola e Ambiente- ha proclamato lo sciopero “per il comparto scuola per l’intera giornata di lunedì 1 marzo 2021 per tutto il personale Docente e Dirigente, di ruolo e precario, in Italia e all’estero, con totale esclusione del personale ATA di ruolo e precario”.

“Riteniamo che le politiche di stampo liberista avanzate dal costituendo governo di Mario Draghi, per altro deciso a disconoscere la DAD realizzata con enormi sacrifici di docenti e studenti, prolungando arbitrariamente le lezioni al 30 giugno, siano in totale contrasto con un progetto sociale, culturale e politico che, a partire dalla scuola sia coerente con la Costituzione nata dalla Resistenza, che invita all’inclusione sociale”, spiega in una nota il sindacato SISA. “Le politiche di rigore, tese a colpire lavoratori, disoccupati, pensionati, il ridimensionamento del reddito di cittadinanza, i tagli contro il pubblico impiego in generale e la scuola in particolare, al netto dei proclami sulle assunzioni dei precari, sono e saranno sempre respinti dalla nostra organizzazione sindacale”.

CIRCOLARE

I genitori “Sì Dad” presentano ricorso alla Corte Europea: “Tutelare diritto alla salute”

da OrizzonteScuola

Di redazione

È stato depositato oggi, dagli avvocati dell’associazione italiana vittime covid (Aivec), il ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo contro lo Stato Italiano “perché venga affermata la tutela del diritto alla salute da qualsivoglia pregiudizio derivante dal Covid 19”, su mandato del coordinamento regionale campano “tuteliamo i nostri figli”.

Lo ha reso noto Lia Gialanella, fondatrice del movimento Facebook “tuteliamo i nostri figli”, sottolineando che il coordinamento “ha ritenuto necessario agire in questa direzione, scegliendo la collaborazione di Aivec, per sollevare una questione analitica di più ampio raggio sul diritto alla vita e alla salute di tutto l’indotto scolastico”.

“Banalizzare la questione sulle posizioni ormai ampiamente inflazionate – ha aggiunto – dell’essere sì dad o no dad, è diventato estremamente riduttivo ed eticamente insostenibile. Il momento storico non ha precedenti giuridici e statistici fondati, e questo bombardamento di ricorsi avversi le ordinanze regionali e sindacali è una mancanza di rispetto verso chi, nonostante la drammatica contingenza del momento, sta provando a governarci e a preservare la nostra salute, in particolare quella dei nostri figli”.

Il coordinamento, conclude Gialanella “auspica che il nuovo Governo valuti la questione dell’indotto scolastico come indotto di vite da preservare e non solo come volano economico, perché sarebbe un errore umanamente imperdonabile”

Draghi vuole lezioni di pomeriggio e d’estate? Servono tanti soldi, supplenti e condizionatori d’aria

da La Tecnica della Scuola

Si è soffermato in modo considerevole sulla scuola il neo premier Mario Draghi durante il discorso programmatico in Aula al Senato. E non ha detto cose banali. Anzi: ha espresso concetti che fanno pensare ad una piccola rivoluzione in arrivo.

Gap di apprendimenti intollerabile

Partendo dal concetto che la DaD aumenta il gap di apprendimenti tra gli alunni (“soprattutto nelle regioni del Mezzogiorno in cui la didattica a distanza ha incontrato maggiori difficoltà” perché “pur garantendo la continuità del servizio, non può non creare disagi ed evidenziare diseguaglianze”) e non è paragonabile alla didattica in presenza, il nuovo capo del governo ha detto che bisognerà far tornare in classe il prima possibile tutti gli studenti.

Sempre tenendo alti i parametri di prevenzione del Covid, il prezzo da pagare sarebbe quello di insistere nella diversità delle fasce orarie. Quindi aprendo alla didattica e alle lezioni di pomeriggio.

Dobbiamo tornare rapidamente a un orario scolastico normale, anche distribuendolo su diverse fasce orarie”, ha ammesso lo stesso Draghi.

Scuole sempre aperte

E la novità non sarebbe di poco conto. Perché da gennaio l’orario di entrata nelle scuole superiori è già stato sfalsato di un paio d’ore (prevalentemente con il 40% degli alunni in entrata attorno alle ore 10).

Quindi, viene da pensare che il riferimento di Draghi possa essere ai doppi turni di lezioni. Una eventualità decisamente più impegnativa dell’attuale, visto che per organizzare una scuola del genere (con lezioni di mattina e pomeriggio) non basteranno di certo i docenti di potenziamento e i cosiddetti Covid. Serviranno quindi non pochi supplenti aggiuntivi, anche tra gli Ata.

Servono investimenti

Come servirà rimboccarsi le maniche, oltre che investire un bel po’ di quattrini pubblici, per preparare decine di migliaia di plessi alle lezioni d’estate.

Allineare il calendario scolastico alle esigenze derivanti dall’esperienza vissuta dall’inizio della pandemia”, così come detto da Mario Draghi, significa infatti permettere di attuare la didattica ben oltre i primi di giugno, quando è prevista da decenni la fine naturale delle lezioni: l’obiettivo potrebbe essere quello di fare lezioni in presenza sino alla fine di giugno.

Per i condizionatori tempi stretti

Una eventualità che, come abbiamo più volte ricordato, non può tuttavia prescindere dall’allestimento di centinaia di migliaia di condizionatori d’aria da distribuire nelle aule scolastiche.

Le loro installazioni, è vero, potrebbe arrivare con i fondi del Recovery plan: solo che i tempi degli stanziamenti con quelli degli acquisti dei condizionatori rischiano di non essere funzionali allo scopo.

Riteniamo, alla luce delle temperature roventi che si raggiungono nelle nostre scuole già nella prima decade di giugno, che non si possa farne a meno.

Famiglie perplesse

Detto che l’Italia figura tra i Paesi dove si fanno più giorni di scuola l’anno, quindi in condizioni normali non appare necessario incrementarli (al massimo si potrebbero ‘spalmare’ diversamente), più di qualche dubbio in merito è stato comunque già espresso anche dai genitori.

L’ipotesi di prolungamento dell’anno scolastico fino al mese di luglio è stata una delle domande poste dall’Eurispes nel corso di realizzazione del Rapporto Italia 2020, giunto quest’anno alla 32esima edizione: ebbene, solo il 32,9% degli intervistati ha detto di essere d’accordo.

Evidentemente, avevamo già commentato, le famiglie sanno bene quali sono le difficoltà a svolgere 6 e più ore di lezione in condizioni di calura estrema.

Problemi di “incastri”

Come avevamo già fatto notare che per spostare la fine dell’anno di tre settimane bisognerebbe anche posticipare gli Esami di Stato, che in questo modo slitterebbero anch’essi ad agosto.

E se ad agosto si dovrà ancora stare a scuola, gli insegnanti e il personale Ata quando potranno fruire dei 32-36 giorni ferie previsti dal contratto collettivo nazionale? Sono domande a cui presto il governo, ma prima ancora nuovo ministro dell’Istruzione, Patrizio Bianchi, dovrà per forza di cose rispondere. Non sarà facile.