Vaccino e disabilità, quel “codice” che lascia fuori quasi tutti

Vaccino e disabilità, quel “codice” che lascia fuori quasi tutti

da Redattore Sociale del 05/03/2021

ROMA. Le richieste si moltiplicano, ma di risposta non c’è traccia: la maggior parte delle persone con disabilità resta di fatto esclusa, per ora, dal vaccino anti-Covid. Come più volte riferito anche su queste pagine e a più voci denunciato da associazioni e famiglie, il Piano vaccinale include tra le categorie prioritarie solo alcune specifiche disabilità (tra cui la sclerosi multipla e la sindrome di Down, per esempio), ma lascia fuori tutte le altre, equiparandole di fatto alle categorie meno a rischio. In altre parole, giovani e sani. E questo, nonostante le dichiarazioni dell’ex commissario per l’emergenza Arcuri, che aveva annunciato la vaccinazione, a partire da febbraio, delle persone con disabilità. Da allora, tante sono le associazioni che hanno sollecitato il ministro Speranza e chiarire e intervenire su quanto previsto per le disabilità nel piano vaccinale, ma nessun risposta finora è pervenuta. E le regioni continuano a muoversi ciascuna col proprio passo: chi vaccina le persone con disabilità nelle strutture residenziali, chi anche quelli che frequentano i centri diurni, chi inizia a vaccinare anche i caregiver (ma solo di determinate categorie) e così via.
Tra i grandi esclusi, ci sono le persone con disabilità intellettiva e, tra queste, i ragazzi con autismo: un autismo spesso così “severo” da rendere impossibile il rispetto delle regole di distanziamento e l’uso dei dispositivi di protezione, ma al tempo stesso necessario e inevitabile il contatto fisico con i caregiver, familiari o operatori che siano.
Tra le tante voci che in questi giorni gridano la propria preoccupazione, c’è quella di Gianluca Nicoletti, giornalista e papà di un ragazzo con autismo: “Sono giorni che sto girando come una giostra ospite di radio e tv per sostenere la battaglia della certezza vaccinale per le persone disabili – racconta sul suo portale Perniuautistici – Tutto è iniziato con un mio editoriale su La Stampa dove mi chiedevo come mai ci fossero regole così fumose per vaccinare quella che è la fetta di popolazione in assoluto più esposta ai rischi di contagio e, se contagiata, a esiti letali. Mi sono informato per vaccinare Tommy, mi ha detto il medico di base che si potranno vaccinare solo alcune categorie di disabili fisici, motori e psichici di cui la circolare del ministero della Salute ha elencato i codici. L’autismo non c’è Tommy non sarà vaccinato”.
Ma, come lo stesso Nicoletti ha ricordato ancora ieri sera a Piazza Pulita, Tommy è in buona compagnia: “Ho sentito l’amico Vincenzo Falabella, è presidente della Fish diciamo che sotto questa sigla ci sono tre milioni di cittadini italiani disabili, più le loro famiglie, operatori, caregiver. Diciamo una popolazione di 12 milioni di Italiani, più o meno – riferisce – Falabella mi ha detto che anche lui si è accorto di non avere le caratteristiche di disabile motorio che secondo il Ministero può avere priorità di vaccinazione. Eppure ha una lesione alla spina dorsale e si muove con la carrozzina. Ha guardato nel sito della regione Lazio e si è accorto che per lui non è contemplato, anche se è disabile gravissimo”.
Una situazione ben nota al ministero della Salute, che da ormai oltre un mese riceve lettere e sollecitazioni dalle associazioni. Ma nessuno pare abbia finora ricevuto riscontro. Ce lo conferma Roberto Speziale, presidente di Anffas, che pure è in attesa di riscontro dal ministero: “Il problema principale rimane il fatto che nel Piano vaccinale la disabilità, nella sua più ampia accezione, non è stata fatta rientrare dal ministero della salute nelle liste di priorità. Sono state inserite dopo delle patologie e questo sta anche creando problemi nella loro individuazione, perché si è scelto di lavorare per codici. Noi avevamo proposto che fosse sufficiente indicare il possesso della certificazione della legge 104 che, appunto, definisce la grave disabilità. E che, insieme alle persone con disabilità, fossero vaccinati anche i caregiver e gli assistenti. Ma ad oggi non abbiamo avuto alcuna rassicurazione in merito, né alcuna risposta da parte del ministro della Salute. La ministra perle disabilità Stefani, da parte sua, si è attivata per sollecitare il suo collega Speranza ed il commissario Figliuolo, ma sembra che al momento non abbia avuto maggiore fortuna rispetto a noi”.
E il rischio, molto concreto, è che ora le persone con disabilità siano “sorpassate”, nella corsa verso il vaccino, da persone che avrebbero meno urgenza. L’idea di Nicoletti è tra rassegnazione e provocazione, ma quel che ha a cuore è la soluzione: “Una cosa farò, forse è illegale ma nella disperazione ci proverò. Ho 66 anni, è probabile che sarò messo in lista prima io di lui, per certificata vecchiaia. Quando mi chiameranno lo porterò con me e farò vaccinare lui al posto mio. Voglio proprio vedere chi avrà il coraggio d’impedirmelo”.

di Chiara Ludovisi 

Uscire dal tunnel!

Uscire dal tunnel!

di Maurizio Tiriticco

SONO RIMASTO BASITO! Quando ho letto che il partito – cosiddetto? – DEM, democratici di sinistra, consta di ben 8 correnti, 8, otto, otto!?!?!? NON LO SAPEVO e – ripeto – sono rimasto alllibbbitooo!!! Eccole! Ma che fatica a copiare!!! Zingarettiani, Sinistra, Areadem, Sinistra radicale, Fianco a fianco, Amministratori, Base riformista, Giovani turchi!!! E ciascuna con i suoi leader!!! Leader? Mah! Ma nessuna che alluda a contenuti e ad obiettivi politici di qualche rilevanza. Oddio! Che dire? Ormai la politica, almeno quella “a sinistra”, nella quale mi sono sempre riconosciuto – iscritto dal 1946 al PCI – sembra che sia diventata un gioco tra persone! Nonché tra parole parole parole, che nulla hanno a che vedere con la bella canzone di Mina. E allora? Solo leader… cosiddetti… o fantasmi di leader, che neppure si riconoscono tra loro! Che sono soltanto nomi! O volti che a volte vediamo in TV duellare tra loro… a parole! Che dire? Non c’è più nulla di serio! Lo stesso Zingaretti ha affermato che nel PD da venti giorni “si parla solo di poltrone e primarie, mentre in Italia esplode la terza ondata del Covid”. Pertanto, nell’agone politico non c’è più nulla che rappresenti parti diverse – di qui la parola partito – comunque di un medesimo popolo, di milioni di persone che lavorano e che oggi, purtroppo, sono in particolare sofferenza! E mi chiedo: ma tutti i leader delle 8 correnti 8 che cosa pensano, che cosa scrivono, che cosa fanno? Boh!!! E allora??? Se la politica della sinistra è questa, chi ci guadagna? Non davvero il popolo, detto anche sovrano! E che anzi oggi è in grande sofferenza! Allora ricordo la Grande Prima Repubblica! Quella del PCI e della DC! C’erano altri partiti, ma la partita vera era anche tra uomini veri, Togliatti e De Gasperi. E poi tra i loro grandi successori: Berlinguer e Moro! Impegnati addirittura a costruire il cosiddetto “compromesso storico” Se penso a oggi, vedo solo attivo e male operante un compromesso… quotidiano! E taccio di altri compromessi, per carità di patria, e con la p minuscola!

L’Italia! Un Paese che nella seconda metà del secolo scorso, in un decennio, poco più poco meno, era diventato uno dei più grandi Paesi al mondo! Oggi, invece e purtroppo, ce la dobbiamo vedere con i Conte, i Grillo, i Salvini, i Di Maio, i Renzi e compagnia cantante! La RAI lamenta che Sanremo quest’anno non brilli per gli ascolti! Lo credo! L’intero Paese è ormai in tutt’altre faccende affaccendato! Altro che le canzoni di Sanremo! Parole spesso assurde e incomprensibili! Perché le parole malate della politica hanno colpito anche quelle delle canzoni! E allora? Insulse parole urlate! E musiche a tutto volume! E allora sembra che in materia di politica, quella vera, quella dei grandi confronti tra idee – non dico ideali – partiti, movimenti, tutto si sia azzerato! E allora? Dobbiamo vivere di ricordi? Schiacciati sul passato, privi di futuro! Inghiottiti dal covid?

Mi piace riportare una parte del “Discorso sull’origine della nostra Costituzione”, che Piero Calamandrei, illustre giurista, tenne ai giovani a Milano il 26 gennaio 1955: “””La politica è una brutta cosa, che me ne importa della politica? Quando sento fare questo discorso, mi viene sempre in mente la storiella di quei due emigranti che traversavano l’oceano su un piroscafo traballante. Uno di questi dormiva nella stiva e l’altro stava sul ponte e si accorge che c’era una gran burrasca con delle onde altissime e il piroscafo oscillava. Impaurito, domanda a un marinaio: “Ma siamo in pericolo?”, e questo dice: “Se continua questo mare, il bastimento fra mezz’ora affonda”. Allora lui corre nella stiva a svegliare il compagno e dice: “Beppe, Beppe, se continua questo mare, il bastimento fra mezz’ora affonda!”. E Beppe risponde: “Che me ne importa, non è mica mio!” Questo è l’indifferentismo alla politica””” Mi piace ricordare che Piero Calamandrei, insieme a Dino Vannucci, Ernesto Rossi, Carlo Rosselli e Nello Rosselli negli anni trenta, in pieno regime di dittatura fascista, dette vita alla formazione di “Italia Libera”, un gruppo clandestino di ispirazione repubblicana e antifascista.

La nave oggi è l’intero nostro Grande e Bel Paese, che si trova in grande sofferenza… e i politici… che dovrebbero remare, ed in un’unica direzione, giocano invece a fregarsi l’un l’altro. Ed allora non è un caso che Zingaretti dichiari: “Qui funziona solo il fratricidio!”. E Fiorello da Sanremo gli dà un consiglio: “Carissimo! Le opzioni sono due: o ti candidi a Sindaco di Roma o vai a fare l’opinionista della D’Urso”. Lo sappiamo! Restituire Roma ai Romani, l’Italia agli Italiani e al mondo è un’impresa titanica. E allora non resta che la TV? Quella delle canzoni, dei pettegolezzi, delle immagini? Nonché di… “Uomini e Donne”, della Rete 5 di Mediaset? Sono questi i nuovi Italiani? E le nuove Italiane? Io penso a Mattarella che, consapevole di questa amara verità, almeno per il nostro Paese, ha il coraggio di riconoscere quanto ci dice il poeta: “Ognuno sta solo sul cuore della terra trafitto da un raggio di sole: ed è subito sera”. Una sera che sembra un lungo tunnel che non ha uscita!

L’Età della ragione

L’Età della ragione

di Maria Grazia Carnazzola

“L’età della ragione è l’acquisto di senso della propria vita, l’appropriazione di sé dopo aver sconfitto l’estraneità di se stessi, quel sentirsi svuotato: c’era dinnanzi a lui un’immensa collera, una collera disperata, egli la vedeva, avrebbe potuto toccarla”. Così J. P. Sartre nel libro con lo stesso titolo, il primo della serie “Le vie della libertà”.

L’età della ragione è l’età del giudizio, del discernimento, dell’autonomia delle scelte e delle responsabilità. Ma quando inizia questa età? Cronologicamente a quale periodo della vita corrisponde? Non è una domanda oziosa se andiamo, ad esempio, all’episodio che ha visto coinvolti, nel corso di un esame in modalità a distanza, una studentessa di medicina al sesto anno, sua madre e un professore. Non intendo analizzare l’episodio, nè alcuni comportamenti decisamente fuori fuoco, diventati virali sui social e ripresi anche da alcuni giornali, ma parto da qui per provare a riflettere sul ruolo e sui problemi della formazione nel mondo di oggi. Se vivere significa anche fare i conti con le cose così come sono davvero, spesso non positive e molto lontane da come le vorremmo, la vita va vissuta con impegno tenendo lo sguardo fermo sull’orizzonte dei valori, delle regole, del rispetto di sé e degli altri nelle relazioni, nella professione…in tutte le situazioni. Questo è un periodo di malessere diffuso che attraversa tutte le fasce sociali e tutti gli ambiti, compreso quello della formazione che procede sulla linea di un’istruzione nominale, sfornando giovani forniti di certificazioni corrispondenti a livelli elevati di competenze che non sempre corrispondono ai livelli reali. Il tempo della formazione scolastica e universitaria è un bene prezioso quando viene impiegato per porre le premesse di uno sviluppo ulteriore che utilizza, conservandolo e tramandandolo, il patrimonio di cultura e di intelligenze accumulate dalle generazioni precedenti; se consente di scegliere e di comprendere le scelte altrui, le possibilità e i limiti dell’azione personale e collettiva collegata alla visione positiva di diritti e di doveri. Se questo non avviene, assistiamo allo spreco del tempo e delle intelligenze di bambini, ragazzi e giovani. Proprio qui si dovrebbe manifestare “l’età della ragione” della Scuola per rinnovare profondamente il sistema, a partire dalla formazione dei docenti, in ingresso e in itinere. Formazione che dovrebbe svilupparsi nei tre ambiti di competenza: quello relativo ai contenuti di insegnamento, quello delle discipline professionalizzanti e quello didattico-operativo, avendo chiare le distinzioni tra i tre settori e le loro necessarie interrelazioni.

2. Strategie e metodi per un curricolo che sappia orientare.

Ritengo che la capacità di orientarsi, nelle dimensioni sociali e private, nei contesti professionali e pubblici, negli ambiti intellettuali e affettivi, sia lo strumento di interazione con la realtà a cui il mondo della formazione tutto debba tendere come traguardo unitario, su cui far convergere istruzione ed educazione, competenze disciplinari e trasversali ed educazione ai valori, per la costruzione di identità personali e sociali forti.

Le conoscenze sono e rimangono uno dei fondamenti irrinunciabili di questo percorso: conoscenze relative alle discipline, alla realtà contemporanea, al sé.

  • Delle discipline, con modalità e approfondimenti adeguati all’età, si punterà alla conoscenza dei fatti, delle regole, delle categorie interpretative, dei metodi che ciascuna adotta per leggere e spiegare la realtà sulla base di principi e criteri scientifici che connotano l’azione delle professioni che attingono a quei saperi.
  • Rispetto alla realtà contemporanea, si farà in modo che gli allievi, gradualmente, conoscano gli eventi- e il loro evolversi- e problemi relativi ai mondi della cultura, della ricerca scientifica e tecnologica, del mondo del lavoro, della salute, della politica, dell’economia a livello locale e planetario, delle possibili soluzioni e dei principi diversi che portano a valutazioni di natura sociale, morale ed etica.
  • In relazione al sé lo studente, man mano che cresce, conoscerà il funzionamento e le dinamiche delle relazioni e delle modalità cognitive e comportamentali del suo stare con gli altri, maturerà la consapevolezza dei propri interessi, dei propri punti di forza e di debolezza, della propria gerarchia di valori e di ciò che si può fare o non si può fare; si confronterà con l’esistenza di criteri e modi diversi di guardare se stessi e di essere guardati. L’educazione costituisce la risultante di un gran numero di variabili e non bastano le ideologie e i buoni sentimenti per evitare lo spreco di cui ho detto più sopra. Le ideologie che raccolgono consenso abbastanza ampio in certe fasce sociali, orientano e giustificano comportamenti collettivi collegati al superamento di un disagio fondamentale. Nel campo dell’educazione i motivi di disagio sono riconducibili anche a incertezze e contraddittorietà delle linee generali di indirizzo e nella definizione del ruolo sociale, nella precisazione dei criteri di valutazione e rendicontazione del suo “prodotto”. Il continuo sostituire la conoscenza con la suggestione ha portato a un’attenuazione dei patrimoni culturali e scientifici necessari per costruire modelli di interpretazione e di approfondimento dei fenomeni, per intervenire su esigenze specifiche. Ragionare sui fenomeni più frequenti senza un’ipotesi di fondo, da validare o da respingere, è una semplificazione esattamente come accogliere apporti scientifici senza possedere i riferimenti concettuali adeguati. Non basta eliminare il vecchio per affermare il nuovo; tutto questo genera un senso di insoddisfazione diffusa sia tra i docenti sia tra gli allievi e le loro famiglie.

3. Valutare secondo criteri e recuperare il principio di autorità.

La valutazione, che è un momento strutturale del processo di insegnamento/apprendimento nella scuola e nell’università, rappresenta la sintesi di un’attenta ponderazione dei dati quantitativi e di quelli qualitativi, assunti con strumenti diversi -ma tutti con alto grado di coerenza e di affidabilità- e si concretizza nell’espressione di un giudizio che ha effetti di rilievo sulle azioni e sui percorsi successivi, sia degli allievi sia dei docenti. In forme diverse a seconda dei destinatari, ma sempre leggibili e utilizzabili per le azioni successive, la scuola e l’università danno conto delle scelte fatte, degli esiti conseguiti, dei problemi aperti a tutti i portatori di interesse, decisori politici e opinione pubblica compresa. Occorre quindi che la valutazione sia condotta secondo criteri: per l’apprendimento criteri riferiti ai livelli dei saperi formali, delle conoscenze possedute e delle conclusioni che vi afferiscono. Il dizionario Treccani definisce il significato del termine criterio “fondamento, norma per distinguere, discernere”. Nella scuola tali criteri sono intenzionalmente ed esplicitamente adottati da una comunità di professionisti: i docenti. Pensando ai processi metacognitivi, la valutazione condotta e restituita con criterio, su indicatori condivisi e descrittori trasparenti, favorisce la conoscenza e la fiducia in sé stessi e negli altri, fondamentali nelle pratiche di autovalutazione e di autonarrazione. Non si tratta però di una generica fiducia in se stessi né di un generale sentimento di competenza, ma della convinzione di poter dominare con efficacia determinate situazioni: sapere di “saper fare”, cioè, come ha indicato Bandura, di saper organizzare e gestire abilità cognitive, sociali, comportamentali e motivazionali in particolari domini di attività e di esperienza e alla tolleranza dell’errore, come sostiene Dehaene. I sentimenti di autoefficacia, proprio perché legati all’esperienza, variano in relazione all’età, alle occasioni di mettersi alla prova e al tipo di restituzione che il soggetto riceve dai genitori, prima, dai pari e dagli altri adulti, docenti compresi, poi. Questo per ribadire la funzione educativa e orientativa, oltre che di accertamento, della valutazione.

4. Gli esami.

Quando si studia per un esame, bisognerebbe farlo in modo “intelligente”, il che significa in prima battuta conoscere gli scopi degli studi che si stanno facendo, distinguendo ciò che è importante da ciò che è accessorio, ciò che si deve necessariamente sapere da ciò che si può tralasciare, scegliendo anche gli strumenti di rappresentazione delle conoscenze che sono più congeniali: mappe concettuali, schemi, tabelle….Limitarsi a memorizzare i dettagli può essere controproducente, meglio prima farsi un quadro generale delle situazioni: il caso degli ipertimesici e di Funes, l’uomo della memoria di cui parla Borges, ne sono esempi. Il nostro cervello gestisce la complessità astraendo e creando relazioni tra i dati. Occorre poi pianificare la gestione del tempo, sia in termini di collocazione temporale dello studio nella giornata sia di durata, insistendo sulle parti che creano maggiori difficoltà. Tutto questo per affrontare la prova con relativa tranquillità (un esame comporta di norma uno stato diffuso di ansietà), per rispondere in modo adeguato, coerente ed esauriente alle richieste, rimanendo costantemente in tema senza divagare, esponendo in modo logico e utilizzando un lessico specifico perché, come sosteneva anche Bertrand Russel, il linguaggio non serve solo a esprimere un pensiero, ma anche a rendere possibili i pensieri. Sono aspetti su cui i docenti intervengono con azioni di supporto nella scuola dell’obbligo, ma che dovrebbero essere gestiti in autonomia dagli studenti negli anni successivi.

5. Per concludere.

Torno all’episodio da cui sono partita. I social e la stampa sono intervenuti sul fatto parteggiando per il professore o per la madre, pochissimi hanno preso in considerazione la posizione della studentessa, vera protagonista e vittima dell’accaduto. Un esame scolastico, o professionale, vuole verificare il livello di apprendimento raggiunto e ha una funzione preminentemente selettiva. È una situazione complessa in cui le interazioni tra esaminando, esaminatore e organizzazione dell’esame stesso possono accrescere i livelli di tensione e di ansietà. I genitori non rientrano nel copione, mai, men che meno quando l’esaminando è un adulto che si avvia a concludere il proprio percorso di formazione in previsione di una futura professione. Trovo, inoltre, quantomeno curioso che chi non rispetta le regole faccia appello all’autorità (il Rettore) perché intervenga nei confronti di presunte mancanze di terzi. Non intendo, infine, sottacere che a un esame ci si presenta preparati, anche per il dovuto rispetto nei confronti dell’istituzione e del docente da cui si pretende speculare rispetto. Di questa infelice sua prestazione e degli strafalcioni, amplificati suo malgrado, alla studentessa ritengo rimarrà l’amarezza, unita alla consapevolezza che dell’accaduto resterà memoria nel mondo imprevedibile e incontrollabile della rete.

BIBLIOGRAFIA

Bandura A., Self-efficacy: The exercise of control, Freeman, New York 1997; Morin E., Insegnare a vivere, Raffaello Cortina Editore,Milano 2015
Sartre J.P., L’età della ragione, Bompiani 2001;
Dehaene S., Imparare, Raffaello Cortina Editore, Milano 2019;
Gattullo M., Didattica e docimologia-misurazione e valutazione nella scuola, Armando Editore, Roma 1975; Borges J. L., Funes l’uomo della memoria in Finzioni, Adelphi, Milano 2003;

Saperi umani che s’incontrano

Saperi umani che s’incontrano
Commento al manifesto La storia cambi passo di Carlo Ruta

di Carlo Sini*

Un breve commento all’invito, rivolto da Carlo Ruta alle discipline storiche, di aprirsi, in modo prudente ma anche audace, alla collaborazione interdisciplinare dei saperi. Quindi alla correlativa domanda: perché le scienze naturali dovrebbero scendere a patti con le scienze sociali e la storia? Se la risposta fosse solo un invito a non perdere di vista l’uomo (e non è il caso di questo manifesto, che al riguardo è invece ben articolato e problematizzato), rischieremmo di ritrovarci immersi in un equivoco, come se dire «uomo» fosse una risposta e non invece una domanda e un problema.

Provo a suggerire allora un abito mosso dalla presa di coscienza della situazione reale nella quale questo domandare e rispondere si trova presupposto. Detto in sintesi, l’appello all’uomo è anzitutto il punto di vista di colui che se ne fa promotore: ma chi è costui? Da dove viene la sua presenza, nella strozzatura del suo corpo, nella tradizione della sua cultura e della sua lingua, nei propositi ideali che lo muovono e così via? Il centro di ogni indagine è, come sono solito dire, la questione autobiografica e, correlativamente, la problematicità strutturale del suo esercizio.

Mi spiego con due esempi: l’epigenetica contemporanea (cfr. C. Sini, C.A. Redi, Lo specchio di Dioniso. Quando un corpo può dirsi umano?, Jaca Book, Milano 2018). «Il contesto sociale nel quale si sviluppa la storia del ciclo vitale degli individui è capace di influenzare molti processi biologici e così il sociale si “incarna” nel biologico e si trasmette da una generazione all’altra […]. La composizione del microbionte umano è associata a fattori quali la dieta, lo stile di vita, l’uso di farmaci e altri aspetti della biografia individuale. Allora la biochimica e l’ecologia collaborano a definire l’olobionte umano» (pp. 18 e 48). Se questo oggi è vero, nel senso e in accordo con i criteri della verifica scientifica, non è però meno vero che ciò che viene asserito relativamente alla biografia individuale non può non riguardare l’individuo concreto che, in base alla sua biografia, è in grado di vedere e di dire quello che appunto sta dicendo, ovviamente determinato dalle condizioni di vita che lo rendono possibile come quell’individuo che è, comprese le sue «teorie» disciplinari e interdisciplinari. Il che significa che l’inter-disciplinarità, certamente preziosa e irrinunciabile, non è tuttavia in grado di cogliere il problema della sua «transdisciplinarità», ovvero il fondamento ultimo del senso delle sue asserzioni, irriducibili ai contenuti di una disciplina o di un plesso di discipline qualsivoglia (inclusa la storia).

Il secondo esempio considera la teoria dell’evoluzione come risultato complesso e irriducibile di fattori sistemici per i quali ogni «forma» vivente accade in una relazione con-costitutiva con ogni altra forma che agisce e si trasforma contemporaneamente in parallelo. Quindi il «tutto», per esempio il tutto dell’evoluzione, non può mai essere visto ed essere detto «dal di fuori». Chi dice, per esempio teorizzando l’evoluzione darwiniana oggi, è all’interno del processo che dice, è una sua conseguenza e un suo prodotto: non deve mai dimenticarlo, per non cadere nei paradossi del non senso e dell’oggettivismo malinteso. Questo è ovviamente da dire anche delle forme culturali che hanno allevato e poi accompagnato Homo sapiens (cfr. C. Sini, T. Pievani, E avvertirono il cielo. La nascita della cultura, ivi, 2020). La visione transdisciplinare del problema del sapere umano, e del senso dei suoi contenuti in cammino, non richiede e non può risolversi grazie a una nuova scienza o super-scienza. «La scienza, per quanto oggi possiamo dire, va bene così, il suo lavoro è quello che deve essere e che è, anche in base ai risultati straordinari che essa consegue. Ciò che deve cambiare è la mentalità e la formazione degli scienziati [storici inclusi], quanto alla comprensione della verità e del senso profondo del loro lavoro; quindi in favore di una nuova cultura integrata e coerente» (pp. 82-3), a cominciare da una nuova concezione della nozione di «verità». La natura di questa operazione e la sua concreta attuazione sono ampiamente sviluppati e chiariti nei due testi, in dialogo con scienze particolari, ai quali si è fatto qui riferimento.

* Carlo Sini, già allievo di Enzo Paci, è filosofo e professore emerito di filosofia teoretica all’Università degli Studi di Milano. Dopo un esordio che lo ha avvicinato al pensiero fenomenologico, è approdato ad un indirizzo di ricerca che lo ha indotto a focalizzare in primo luogo le tematiche del pragmatismo e in particolare la semiotica di Charles Sanders Peirce, per avviare poi una propria riflessione sul rapporto tra semiotica e filosofia ermeneutica. Ha privilegiato quindi il rapporto tra semiotica ed ermeneutica; ha posto in luce le convergenze tra le riflessioni di Peirce e quelle di Heidegger; ha sottolineato inoltre le valenze ontologiche della scrittura e del simbolo. Ha operato nel Collegium Phaenomenologicum di Perugia. È stato componente del direttivo dell’Institut International de Philosophie di Parigi. È socio corrispondente dell’Accademia Nazionale dei Lincei, dell’Istituto lombardo di scienze e lettere e dell’Archivio Husserl di Lovanio. Ha ricevuto la Croce d’onore di I Classe per la Scienza e l’Arte dallo Stato austriaco. Ha tenuto corsi, seminari e conferenze negli Stati Uniti, in Canada, Argentina, Spagna, Svizzera e altri paesi europei. Ha firmato centinaia di opere scientifiche. Ha collaborato per oltre un decennio con le pagine culturali del «Corriere della Sera», con la Rai e con la Radiotelevisione svizzera.

Maturità di 60 minuti. Nella mini-tesi latino e greco al classico, matematica e fisica allo scientifico

da Il Sole 24 Ore

di Eugenio Bruno e Claudio Tucci

L’attesa per i 470mila maturandi è finita. Il ministero dell’Istruzione ha pubblicato le ordinanze sugli esami di Stato, che per i ragazzi di quinta superiore prenderanno il via il prossimo 16 giugno. L’attesa era soprattutto per conoscere le materie d’indirizzo da cui prenderà il via l’elaborato, il cui argomento sarà assegnato a ciascun studente dai consigli di classe entro il prossimo 30 aprile (la consegna della mini-tesi dovrà avvenire entro il successivo 31 maggio). Ci saranno, ad esempio, lingua e cultura latina e lingua e cultura greca al classico, matematica e fisica allo scientifico, lingua e cultura straniera 1 e Lingua e cultura straniera 3 per il liceo linguistico. Ma procediamo con ordine.

Anche quest’anno esame semplificato
Anche quest’anno, la maturità sarà semplificata. L’esame prevede un colloquio orale, che partirà, come detto, dalla discussione di un elaborato. Ci sarà un mese per poterlo sviluppare, sotto la guida di un docente che accompagnerà questo percorso, aiutando ciascun candidato a valorizzare quanto appreso. L’elaborato sarà assegnato sulla base del percorso svolto e delle discipline caratterizzanti l’indirizzo di studi, che potranno essere integrate anche con apporti di altre discipline, esperienze di scuola-lavoro presenti nel curriculum dello studente. L’elaborato potrà avere forme diverse, in modo da tenere conto della specificità dei diversi indirizzi di studio, della progettualità delle scuole e delle caratteristiche dello studente.

Le discipline caratterizzanti
Con l’ordinanza sono state pubblicate le discipline caratterizzanti dell’elaborato. Lingua e cultura latina e lingua e cultura greca per il liceo classico, matematica e fisica per lo scientifico, lingua e cultura straniera 1 e lingua e cultura straniera 3 per il liceo linguistico. E ancora, Scienze umane per il liceo delle Scienze umane, discipline pittoriche per l’artistico indirizzo arti figurative Grafico-pittorico, economia aziendale per l’istituto tecnico settore economico indirizzo Amministrazione, finanza e marketing, progettazione multimediale e laboratori tecnici per l’istituto tecnico settore tecnologico indirizzo Grafica e comunicazione, laboratorio di servizi di accoglienza turistica e diritto e tecniche amministrative della struttura ricettiva per l’istituto professionale indirizzo Servizi per l’enogastronomia e l’ospitalità alberghiera Articolazione Accoglienza turistica.

Lo svolgimento del colloquio
Dopo la discussione dell’elaborato, il colloquio proseguirà con la discussione di un testo già oggetto di studio nell’ambito dell’insegnamento di lingua e letteratura italiana, con l’analisi di materiali (un testo, un documento, un’esperienza, un problema, un progetto) predisposti dalla commissione con trattazione di nodi concettuali caratterizzanti le diverse discipline. Ci sarà spazio per l’esposizione dell’esperienza di scuola-lavoro.

I voti
Il candidato dimostrerà, nel corso del colloquio, di aver maturato le competenze e le conoscenze previste nell’ambito dell’educazione civica. La durata indicativa del colloquio sarà di 60 minuti. Il credito scolastico sarà attribuito fino a un massimo di 60 punti, di cui fino a 18 per la classe terza, fino a 20 per la classe quarta e fino a 22 per la classe quinta. Con l’orale verranno assegnati fino a 40 punti. La valutazione finale sarà espressa in centesimi, sarà possibile ottenere la lode.

Il debutto del curriculum dello studente
Nella conduzione dei colloqui si terrà conto delle informazioni contenute nel curriculum dello studente, che comprende il percorso scolastico, ma anche le attività effettuate in altri ambiti, come sport, volontariato e attività culturali. Il numero di candidati che sostengono il colloquio non può essere superiore a 5 per giornata; l’ordine di convocazione dei candidati sarà secondo la lettera alfabetica stabilita in base al sorteggio dalle singole commissioni.

Torna l’ammissione
L’ammissione dei candidati sarà disposta, in sede di scrutinio finale, dal consiglio di classe. La partecipazione alle prove nazionali Invalsi, che sono regolarmente iniziate il 1° marzo, non sarà requisito di accesso, e saranno le istituzioni scolastiche a stabilire eventuali deroghe al requisito della frequenza, previsto per i tre quarti dell’orario individuale. Si deroga anche al monte orario previsto per l’alternanza scuola-lavoro, che non rappresenta, anch’essa, un requisito di accesso.

Commissari interni, presidente esterno
La commissione sarà interna, con il presidente esterno. I candidati esterni svolgeranno la prova preliminare nel mese di maggio, e comunque non oltre il termine delle lezioni, per poter accedere all’esame di giugno. Per i candidati esterni, sono sedi di esame le istituzioni scolastiche del sistema nazionale di istruzione alle quali gli stessi sono assegnati.

Esame terza media in presenza entro il 30 giugno

da Il Sole 24 Ore

di Redazione Scuola

L’esame di Stato conclusivo del primo ciclo di istruzione si svolgerà in presenza (fatte salve disposizioni diverse connesse all’andamento della situazione epidemiologica) nel periodo compreso tra il termine delle lezioni e il 30 giugno 2021. Lo stabilisce l’ordinanza firmata dal ministro dell’Istruzione e pubblicata oggi.

L’esame prevede una prova orale a partire dalla discussione di un elaborato su una tematica che sarà assegnata a ciascuna alunna e ciascun alunno dal Consiglio di classe entro il prossimo 7 maggio. L’elaborato sarà poi trasmesso dagli alunni al Consiglio di classe entro il successivo 7 giugno.

L’elaborato consisterà in un prodotto originale, coerente con la tematica assegnata dal Consiglio di classe. Potrà essere realizzato sotto forma di testo scritto, presentazione multimediale, filmato, produzione artistica o tecnico-pratica. Coinvolgerà una o più discipline tra quelle previste dal piano di studi.

I docenti accompagneranno studentesse e studenti, supportandoli e consigliandoli, nel corso della realizzazione dei loro elaborati. Sarà un percorso condiviso che consentirà a ciascuna e ciascuno di esprimere quanto appreso.

Nel corso della prova orale saranno accertati i livelli di padronanza della lingua italiana, delle competenze logico matematiche, delle competenze nelle lingue straniere e delle competenze in Educazione civica.

La valutazione finale sarà espressa con votazione in decimi. Sarà possibile ottenere la lode. L’ammissione all’esame sarà deliberata dal Consiglio di classe. Con riferimento alla necessità di aver frequentato almeno tre quarti del monte ore annuale personalizzato potranno essere disposte deroghe da parte del Consiglio stesso, tenuto conto delle specifiche situazioni dovute all’emergenza epidemiologica.

Nel caso di parziale o mancata acquisizione dei livelli di apprendimento in una o più discipline, il Consiglio di classe potrà deliberare, con adeguata motivazione, la non ammissione all’Esame.

Studenti e ministro sono d’accordo: l’89% dei ragazzi preferisce una verifica solo orale

da Il Sole 24 Ore

di Redazione Scuola

Per una volta studenti e ministro sono d’accordo: in queste condizioni, con le scuole che aprono e chiudono di settimana in settimana, 9 studenti su 10 preferiscono fare un esame solo orale. È quanto emerge da un sondaggio di ScuolaZoo su un campione di 13.000 studenti.

Nel frattempo però l’8 marzo scatta il countdown: mancheranno 100 giorni alla maturità, 100 giorni al primo esame della vita per mezzo milione di studenti italiani. Feste e riti scaramantici si trasferiscono online: ScuolaZoo per aiutare i maturandi a esorcizzare ansie e paure ha preparato una live twitch da 100 minuti che sarà trasmessa dal C30, il suo quartier generale a Milano. Ospiti l’ex ministro dell’Istruzione Lucia Azzolina, Lucia Abbinante, direttrice dell’Agenzia nazionale per i giovani, Ilaria Iacoviello di SkyTg24, il prete influencer don Alberto Ravagnani e il cantante Will, reduce da X-factor e fresco di disco d’oro.

Cosa sono i 100 giorni alla maturità
Da anni i maturandi di festeggiano i 100 giorni che mancano alla prima prova d’Italiano (anche se ora il Covid ha cancellato anche il tema.). C’è chi si ritrovava in Piazza dei Miracoli a Pisa per fare 100 giri intorno alla Torre Pendente, chi si riversa sulle spiagge affidando desideri e speranze alle onde del mare e chi invece balla e canta con i compagni di classe tutta la notte.

Nata come una tradizione locale soprattutto nel Centro Italia, grazie a ScuolaZoo negli ultimi anni è diventato un appuntamento nazionale: si entra ufficialmente nel mood maturità, si condividono ansie, paure, emozioni e ovviamente riti scaramantici.

I Dpcm hanno cancellato feste e ritrovi, e anche i 100 giorni ora si trasferiscono in Dad.

I 100 giorni alla maturità di ScuolaZoo
Parola d’ordine: No ansia! Si parte alle 16, in diretta sul canale twitch di ScuolaZoo con un video emotional che ricorderà l’anno trascorso tra Dad e banchi a rotelle mai arrivati e mai utilizzati. Seguiranno poi giochi insieme a Ris ScuolaZoo, l’oroscopo del maturando e il rito scaramantico sulla spiaggia (in diretta da una spiaggia finta!).

L’appuntamento è in pieno stile ScuolaZoo: un momento di “edutainment”, in cui cioè sono alternate gag divertenti e spazi di informazione e riflessione.

Tra i contenuti da non perdere (e inviabili su richiesta): il video-racconto dell’anno trascorso, il videomessaggio (fake) del ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi, i meme con protagonista Lucia Azzolina e il Q&A sulla maturità con domande che arriveranno in diretta.

I contagi corrono, stretta in Lombardia: chiuse tutte le scuole

da Il Sole 24 Ore

di Barbara Fiammeri e Sara Monaci

roma

È di nuovo corsa contro il tempo. La variante inglese ha preso il sopravvento dando ulteriore benzina ai contagi. Quelli di ieri sono saliti di circa 23mila ma soprattutto continuano a crescere i ricoveri sia nei reparti ordinari che in terapia intensiva mentre il numero dei decessi resta sempre alto (ieri 339). Una tendenza destinata a crescere nelle prossime settimane. Per metà marzo è previsto si superino i 40mila nuovi positivi al giorno. Inevitabile un’ulteriore stretta che porterà molto probabilmente a una Pasqua tutta in rosso o quasi, con misure simili a quelle applicate a Natale. Se ne parla già ma si attende che maturino le condizioni per ufficializzarlo.

Già oggi la Cabina di regia decreterà il passaggio di colore in zona rossa per Emilia Romagna e Campania, mentre la Lombardia tenta di rinviare l’appuntamento tingendosi da sola di arancione scuro e imponendo la chiusura immediata di tutte le scuole (nidi esclusi). Lo stesso ha deciso il presidente della Calabria Spirlì che assieme a Puglia, Friuli Venezia Giulia e Veneto diventerà arancione dal momento che il loro Rt ha superato 1 così come quello rilevato a livello nazionale. Il Lazio, fermatosi a 0,98, dovrebbe invece rimanere in zona gialla assieme a Liguria, Sicilia e Valle d’Aosta. Ma non è detto. Anche perché i dati del monitoraggio settimanale si riferiscono alla settimana precedente e 7 giorni sono tantissimi con la variante inglese. Lo conferma l’ascesa del tasso di positività, ieri cresciuto di un altro punto, attestandosi al 6,73%. E il timore degli esperti, a partire dai medici rianimatori, è che vista la velocità con cui crescono i contagi ben presto le terapie intensive entreranno in sofferenza. Di fatto l’Italia ormai è pressocché tutta rosso-arancio. I contagi galoppano. Soprattutto in Lombardia dove ieri l’incremento è stato di 5000 positivi di cui più di mille solo nel bresciano.

Di qui la decisione del presidente Attilio Fontana che con un’ordinanza ha modificato da un giorno all’altro il colore imponendo la chiusura delle scuole (tranne i nidi) e tingendo così la Regione Lombardia di arancione scuro. L’ordinanza è stata firmata ieri a mezzogiorno ed è entrata in vigore già dalla mezzanotte. Non sono mancate le proteste e le critiche, persino da esponenti politici che dovrebbero rappresentare la stessa area politica del centrodestra. È stato Maurizio Lupi a parlare di scarso rispetto per le famiglie. Tant’è. I dati che evidentemente sono arrivati ai vertici di Palazzo Lombardia sono risultati allarmanti, e soprattutto è stato visto nella scuola il luogo di maggiore diffusione della variante inglese. Per questo, dicono fonti vicine a Fontana, chiudono le scuole ma non i negozi. Si legge nel documento che «la situazione epidemiologica presenta le condizioni di un rapido peggioramento con un’incidenza in crescita in tutti i territori della Lombardia, anche in relazione alle classi di età più giovani».

L’arancione rafforzato in Lombardia durerà da oggi fino a domenica 14 marzo. Nel dettaglio: chiudono tutte le scuole a eccezione degli asili nido; non sarà possibile fare visita a parenti e amici, non sarà possibile raggiungere le seconde case, viene consentita l’attività sportiva di base solo a livello individuale. Per il resto, rimangono in vigore le regole più ampie della zona arancione e del Dpcm del 2 marzo. Lo smart working viene «raccomandato», ma è ancora da capire se ci saranno compensazioni per le famiglie.

Ma la stretta voluta da Fontana potrebbe non essere sufficiente a evitare la zona rossa. Che significherebbe la chiusura anche degli esercizi commerciali e il divieto di uscire, se non per comprovate ragioni di necessità e urgenza.

Scuole della Sardegna verso il 100% di studenti in presenza, presidi: «Ora i vaccini»

da Il Sole 24 Ore

di Redazione Scuola

Subito i vaccini nelle scuole. Lo chiede alla Regione l’Associazione nazionale presidi Sardegna. «Come cittadini della prima regione in zona bianca – scrive la presidente dell’Anp Anna Maria Maullu – ci sentiamo orgogliosi della responsabilità che il popolo sardo ha dimostrato nel rispettare le regole anticovid, ma ci preoccupiamo del fatto che le nostre scuole, continuando a ospitare in presenza la totalità degli alunni della fascia 3-14 anni e da lunedì 8 marzo anche il 100% degli studenti della secondaria di II grado, se non si procede subito all’attuazione del piano vaccinale, sono particolarmente esposte al rischio di focolai».

Povertà assoluta, la più alta da 15 anni

da Il Sole 24 Ore

di Claudio Tucci

La povertà assoluta in Italia cresce ancora, e nel 2020 raggiunge il valore più elevato da 15 anni (per l’esattezza, dal 2005, data di inizio della serie storica relativa a questo indicatore).

Secondo le stime preliminari diffuse ieri dall’Istat, lo scorso anno, complice la crisi economica innestata dall’emergenza sanitaria, le famiglie in povertà assoluta hanno superato quota 2 milioni (il 7,7% del totale), 335mila nuclei in più rispetto al 2019, pari a circa 5,6 milioni di individui (1 milione in più sull’anno prima).

L’incremento della povertà assoluta è risultato maggiore al Nord e riguarda 218mila famiglie, per un totale di 720mila persone. Nel Mezzogiorno, dove le persone povere sono cresciute di quasi 186mila unità, si confermano le incidenze di povertà più elevate: il 9,3% per le famiglie (dall’8,6% dell’anno precedente) e l’11,1% per gli individui (dal 10,1%). Nel Centro sono in povertà quasi 53mila famiglie e 128mila individui in più rispetto al 2019.

L’incidenza di povertà tra gli individui minori di 18 anni è salita di oltre due punti – da 11,4% a 13,6%, per un totale di bambini e ragazzi poveri che, nel 2020, raggiunge 1 milione e 346mila, 209mila in più rispetto all’anno precedente. Anche a fronte di questi dati, il governo, nel prossimo decreto Sostegno, sta studiando un rifinanziamento di 1 miliardo del reddito di cittadinanza e un rinnovo del Rem, il Reddito di emergenza.

A veder peggiorare la propria condizione sono state soprattutto le famiglie monogenitore (l’incidenza è passata dall’8,9% all’11,7%), le coppie con un figlio (da 5,3% a 7,2%) e quelle con due (dall’8,8% al 10,6%). Anche nell’anno della pandemia, la presenza di anziani in famiglia – per lo più titolari di un reddito da pensione – ha ridotto il rischio di rientrare fra le famiglie in povertà assoluta. La percentuale di famiglie con almeno un anziano in condizioni di povertà è pari al 5,6% (sostanzialmente stabile rispetto al 2019 in cui era pari al 5,1%).

La crisi ha colpito di più le famiglie con una persona occupata tra i 35-44 anni e tra i 45 e i 54 anni, in questa “fase centrale” dell’esistenza lavorativa, prosegue l’Istat, l’incidenza di povertà assoluta è cresciuta rispettivamente dall’8,3% al 10,7% e dal 6,9% al 9,9%.

L’aumento della povertà assoluta si inquadra nel contesto di un calo record della spesa per consumi delle famiglie. Sempre secondo le stime preliminari Istat, nel 2020 la spesa media mensile è tornata ai livelli del 2000, 2.328 euro, -9,1% rispetto ai 2.560 euro del 2019, in linea con la diminuzione generale del Pil. Il calo delle spese per consumi delle famiglie è diffuso su tutto il territorio nazionale ma risulta più intenso nel Nord Italia (-10,0%), seguito dal Centro (-8,9%) e dal Mezzogiorno (-7,3%). A rimanere stabili sono state solo le spese alimentari e quelle per l’abitazione, mentre sono diminuite drasticamente quelle per tutti gli altri beni e servizi.

In zone gialle superiori in presenza fino al 75%, zone arancione scuro Dad per scuole di ogni ordine e grado

da OrizzonteScuola

Di Ilenia Culurgioni

Nota 343 del 4 marzo 2021 del Ministero dell’Istruzione: misure scuola anti Covid in relazione al Dpcm del 2 marzo.

Le misure per la scuola nel nuovo Dpcm

Superiori fino al 75% in presenza – Per le zone gialle, rispetto al Dpcm precedente, è chiarito come le percentuali di didattica in presenza debbano riferirsi “ad almeno il 50% e fino a un massimo del 75% della popolazione studentesca” delle istituzioni scolastiche secondarie di secondo grado, con riferimento dunque alla numerosità degli studenti e non alle attività didattiche.

Tavoli prefetture – sono confermati i Tavoli di coordinamento costituito presso ciascuna Prefettura-UTG

Mascherine obbligatorie – “è obbligatorio l’uso di dispositivi di protezione delle vie respiratorie salvo che per i bambini di età inferiore ai sei anni e per i soggetti con patologie o disabilità incompatibili con l’uso dei predetti dispositivi”.

Regioni decidono quando attivare la Dad – i Presidenti delle Regioni, nei territori di loro pertinenza e in ragione della situazione epidemiologica (cd zona “arancione scuro”), possano disporre le misure di cui all’articolo 43, espressamente previste per le “zone rosse”, in base alle quali “sono sospese le attività dei servizi educativi dell’infanzia di cui all’art. 2 del decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 65, e le attività scolastiche e didattiche delle scuole di ogni ordine e grado si svolgono esclusivamente con modalità a distanza”.

PCTO – sì nelle zone gialle. Nelle zone rosse e arancione scuro, e salvo diversa eventuale indicazione da parte delle Regioni, occorre che i DS verifichino la loro modalità di attuazione specifica: le attività che assumono la forma di alternanza scuola lavoro sono eventualmente svolgibili, nelle modalità e con i correlati protocolli previsti nelle sedi ove hanno luogo, così come le attività che prevedono l’utilizzo di laboratori; in modalità a distanza, negli altri casi.

Laboratori, alunni con disabilità e Bes – “resta salva la possibilità di svolgere attività in presenza qualora sia necessario l’uso di laboratori o in ragione di mantenere una relazione educativa che realizzi l’effettiva inclusione scolastica degli alunni con disabilità e con bisogni educativi speciali, secondo quanto previsto dal decreto del Ministro dell’istruzione n. 89 del 7 agosto 2020, e dall’ordinanza del Ministro dell’istruzione n. 134 del 9 ottobre 2020, garantendo comunque il collegamento online
con gli alunni della classe che sono in didattica digitale integrata”.

Restano attuabili le disposizioni del Piano Scuola 2020-2021 (“Documento per la pianificazione delle attività scolastiche,
educative e formative in tutte le Istituzioni del Sistema nazionale di Istruzione”, approvato con DM 26 giugno 2020, n. 39), nella parte in cui prevedono che vada garantita anche “la frequenza scolastica in presenza… degli alunni e studenti figli di personale sanitario o di altre categorie di lavoratori, le cui prestazioni siano ritenute indispensabili per la garanzia dei bisogni essenziali della popolazione”, secondo quanto indicato dalla nota 1990/2020, “nell’ambito di specifiche, espresse e motivate richieste e … anche in ragione dell’età anagrafica”.

NOTA

Maturità 2021, commissione con 6 docenti interni e Presidente esterno. Criteri per la nomina

da OrizzonteScuola

Di redazione

Pubblicata dal Ministero l’Ordinanza sulla costituzione delle commissioni d’esame per le V classi della scuola secondaria di II grado. Scarica il PDF e leggi i criteri di nomina.

Le commissioni dell’esame di Stato conclusivo del secondo ciclo di istruzione sono una ogni due classi.

Le commissioni sono presiedute da un presidente esterno all’istituzione scolastica e composte da sei commissari interni per ciascuna delle due classi, ferma restando la possibilità che uno o più commissari siano individuati per entrambe le classi.

Il presidente è nominato dal dirigente preposto all’USR. I commissari sono designati dai competenti consigli di classe.

La partecipazione ai lavori delle commissioni di esame di Stato rientra tra gli obblighi inerenti allo svolgimento delle funzioni proprie del personale della scuola, salvo le deroghe
consentite dalle disposizioni normative vigenti. Non è consentito rifiutare l’incarico o lasciarlo, salvo i casi di legittimo impedimento. Eventuali inosservanze sono suscettibili di valutazione sotto il profilo disciplinare.

N.B. Al di fuori delle ipotesi di esonero, il personale dirigente e docente non utilizzato nelle operazioni di esame deve rimanere a disposizione della scuola di servizio fino al 30 giugno 2021

Docente di Italiano e docenti delle discipline caratterizzanti già inseriti in Commissione

Il consiglio di classe, nella designazione dei commissari, opera tenendo presenti i seguenti
criteri:
a) i commissari sono designati tra i docenti appartenenti al consiglio di classe, titolari dell’insegnamento, sia a tempo indeterminato che a tempo determinato. Può essere designato come commissario un docente la cui classe di concorso sia diversa da quella prevista dal quadro orario ordinamentale per la disciplina selezionata, purché insegni la disciplina stessa nella classe terminale di riferimento. Le istituzioni scolastiche, in considerazione del carattere nazionale dell’esame di Stato, non possono designare commissari con riferimento agli insegnamenti facoltativi dei licei di cui all’articolo 10, comma 1, lettera c), del decreto del Presidente della Repubblica 15 marzo 2010, n. 89, relativamente agli ulteriori insegnamenti degli istituti professionali finalizzati al raggiungimento degli obiettivi previsti dal piano dell’ offerta formativa di cui all’ articolo 5, comma 3, lettera a), del decreto del Presidente della Repubblica 15 marzo 2010, n. 87 e con riferimento agli ulteriori insegnamenti
degli istituti tecnici finalizzati al raggiungimento degli obiettivi previsti dal piano dell’offerta formativa di cui all’articolo 5, comma 3, lettera a), del decreto del Presidente della Repubblica 15 marzo 2010, n. 88;

b) i commissari sono individuati nel rispetto dell’equilibrio tra le discipline. In ogni caso, è assicurata la presenza del commissario di italiano nonché del/dei commissario/i delle discipline caratterizzanti individuate negli allegati all’Ordinanza del Ministro concernente la disciplina degli esami di Stato;

c) stante la natura trasversale dell’insegnamento di educazione civica, non è possibile la nomina di un commissario specifico su tale insegnamento;
d) i commissari possono condurre l’esame in tutte le discipline per le quali hanno titolo secondo la normativa vigente (abilitazione o, in mancanza, laurea);

e) il docente che insegna in più classi terminali può essere designato per un numero di classi/commissioni non superiore a due, appartenenti alla stessa commissione, salvo casi eccezionali e debitamente motivati, al fine di consentire l’ordinato svolgimento di tutte le operazioni collegate all’esame di Stato;
f) per i candidati ammessi all’abbreviazione per merito, i commissari sono quelli della classe terminale alla quale i candidati stessi sono stati assegnati;

g) i docenti designati come commissari, che usufruiscono delle agevolazioni di cui all’articolo 33 della Legge 104/1992, hanno facoltà di non accettare la designazione;

h) è evitata, salvo i casi debitamente motivati da ineludibile necessità, la nomina dei commissari in situazioni di incompatibilità dovuta a rapporti di parentela e di affinità entro il quarto grado ovvero a rapporto di coniugio o convivenza con i candidati che essi esamineranno.

4. Nel caso in cui il docente titolare di una disciplina affidata a commissario sia assente per almeno novanta giorni e rientri in servizio dopo il 30 aprile 2021, è nominato commissario il supplente che ha impartito l’insegnamento nel corso dell’anno scolastico.

Domanda per svolgere la funzione di presidente di commissioni di esame di Stato

Le nomine dei presidenti delle commissioni di esame di Stato sono disposte dal dirigente preposto all’USR che, a tal fine, si avvale del sistema informativo.

Le istanze di nomina in qualità di presidente delle commissioni di esame di Stato sono presentate attraverso il modello ES-1. La presentazione dell’istanza di inclusione nell’elenco dei presidenti (modello ES-E), se non integrata dall’istanza di nomina in qualità di presidente attraverso la presentazione del modello ES-1 debitamente trasmesso al sistema, non permette la partecipazione al procedimento di nomina.

Non è consentita la presentazione dei modelli ES-1 ai docenti designati dal consiglio di classe in qualità di commissari; in ogni caso, le eventuali istanze presentate da tali docenti non vengono validate dalle istituzioni scolastiche nel corso delle operazioni di loro competenza.

I presidenti delle commissioni sono scelti nell’ambito delle categorie di personale aventi titolo alla nomina, secondo l’ordine di precedenza e nel rispetto dei criteri e delle fasi di cui  all’articolo 4 e all’articolo 7 del DM 183/2019. Al fine di garantire il regolare svolgimento dell’esame di Stato, in caso di esaurimento dell’elenco regionale, il dirigente preposto all’USR può nominare personale non inserito in tale elenco, appartenente alle categorie di cui all’articolo 4, comma 2, del citato DM 183/2019.

Le istanze degli aspiranti alla nomina in qualità di presidenti delle commissioni dell’esame di Stato sono trasmesse, tramite il modello ES-1, esclusivamente on line nel portale POLIS.

Al personale scolastico collocato a riposo, nel caso di difficoltà o impossibilità di accesso al portale POLIS, è consentito di trasmettere il modello ES-1 cartaceo all’ambito territoriale provinciale della provincia di residenza.

Il personale della scuola della Regione autonoma Valle d’Aosta, della Provincia di Bolzano e delle scuole con lingua d’insegnamento slovena e con insegnamento bilingue sloveno – italiano del Friuli Venezia Giulia trasmette il modello ES-1 in forma cartacea agli uffici competenti per territorio. La trasmissione telematica o la consegna cartacea (solo nei casi sopra previsti) dei modelli ES-1 avviene secondo la tempistica prevista con successivo avviso a cura della Direzione generale per gli ordinamenti scolastici, la valutazione e l’internazionalizzazione del sistema nazionale di istruzione.

Il personale collocato a riposo deve dichiarare, sotto la sua personale responsabilità, di trovarsi nelle situazioni indicate dalla presente ordinanza ai fini del conferimento della nomina.

In Sardegna 100% di studenti in classe. Ma Flc-Cgil: ora si vaccini il personale

da La Tecnica della Scuola

L’Associazione nazionale presidi della Sardegna chiede alla Regione di vaccinare subito il personale delle scuole:  “Come cittadini della prima regione in zona bianca ci sentiamo orgogliosi della responsabilità che il popolo sardo ha dimostrato nel rispettare le regole anticovid, ma ci preoccupiamo del fatto che le nostre scuole, continuando a ospitare in presenza la totalità degli alunni della fascia 3-14 anni e da lunedì 8 marzo anche il 100% degli studenti della secondaria di II grado, se non si procede subito all’attuazione del piano vaccinale, sono particolarmente esposte al rischio di focolai”.

Tuttavia sul problema dei vaccini anche la Flc Cgil interviene e chiede un incontro urgente all’assessorato all’Istruzione:  “Sul piano vaccinazioni del personale scolastico tutto tace, la Regione Sardegna naviga a vista, senza alcuna programmazione: per evitare confusione e ulteriori preoccupazioni nella fase conclusiva di un anno scolastico fin troppo travagliato”.

“In altre regioni la somministrazione è già iniziata – ha detto il segretario regionale Flc Cgil– qui invece non c’è certezza nemmeno sui dati dei contagi in ambiente scolastico, che dovrebbero essere il punto di partenza per definire le priorità e programmare il piano.

“Occorrerebbe procedere con un’azione integrata e coordinata partendo dall’analisi delle priorità, perché non può esistere una competizione tra università e scuola, anche per i numeri profondamente differenti tra i due settori”.

La Flc chiede  un intervento immediato mentre appare indispensabile non abbassare la guardia proprio ora che la Sardegna è passata in fascia bianca, un risultato al quale hanno concorso i comportamenti prudenti dei cittadini.

“Eppure – conclude la Flc-Cgil – il personale della scuola, gli alunni e le loro famiglie vanno ancora incontro a un rischio contagio che potrebbe vanificare gli sforzi e i sacrifici fatti finora e determinare una ripresa dell’infezione.

Il malaugurato ritorno nelle fasce colorate, alla didattica a distanza massiva, a condizioni deteriori non solo per la didattica ma anche per gli aspetti psico-socio relazionali indispensabili nel rapporto didattico-educativo”.

L’Autorità garante a Draghi: recovery plan a misura di bambini e adolescenti

da La Tecnica della Scuola

Carla Garlatti, Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza, nel corso dell’audizione in Commissione bicamerale infanzia, presieduta da Licia Ronzulli, ha annunciato: “Ho chiesto di essere ricevuta dal presidente del consiglio Mario Draghi per sollecitare l’introduzione nel recovery plan di un capitolo apposito dedicato a infanzia e adolescenza. Il presidente Draghi nel suo discorso di inizio mandato ha parlato più volte di giovani e questo è indice di un’attenzione significativa. Però, purtroppo, il recovery plan riporta interventi diffusi e spezzettati che sarebbe bene portare a coerenza”.

“La visione del piano, talora, tende a essere adultocentrica. Ad esempio nel caso degli interventi per gli asili nido – prosegue Garlatti – che vengono presentati sotto forma di sostegno alle donne per tutelare l’occupazione femminile. Ovviamente caldeggio ogni supporto che possa aiutare in compiti che, ricordo tra l’altro, dovrebbero essere divisi tra entrambi i genitori. Quello che mi preme sottolineare però è che l’attenzione deve essere posta sui minori: l’Italia sconta ancora una presenza di asili nido a macchia di leopardo, con forti differenze tra nord e sud”.

Nel corso dell’audizione, nel rispondere alle domande dei parlamentari, Garlatti ha affrontato numerosi argomenti: dai giudici onorari nei tribunali per i minorenni, ai controlli sulle case famiglia, all’ascolto del minore, alla completa giurisdizionalizzazione dei procedimenti di affido e all’opportunità di linee guida operative da seguire nell’esecuzione dei provvedimenti di allontanamento. La Garante nazionale ha risposto anche a domande su spazi per gioco e sport all’aperto, sui vaccini, su adozioni, sulla scuola e sull’uso e l’abuso dei social e della rete.

Il Covid è cambiato, ora più contagi nella scuola primaria e d’infanzia. Ogni Regione risponde a modo suo

da La Tecnica della Scuola

Il Covid è cambiato. Lo dicono i virologi, preoccupati per l’aggressività delle varianti. Lo dicono gli studi dell’Istituto superiore di sanità, come pure i politici. Ma lo dicono anche i dati ufficiali. Anche quelli regionali. Dei 928 studenti e 155 dipendenti scolastici trovati positivi al Coronavirus nell’ultima settimana in Veneto, con conseguente messa in quarantena di 16.490 allievi e di 967 docenti/operatori, la maggior parte figurano nel primo ciclo.

I più contagiati

I contagi – ha fatto sapere la Regione Veneto attraverso Azienda Zero – si verificano tra gli allievi soprattutto nella scuola primaria (259), seguita da quella secondaria di secondo grado (248) e dalla secondaria di primo grado (212).

Mentre i docenti attualmente più contagiati sono quelli della scuola per l’infanzia (62), seguiti da quelli della primaria (45) e da altri istituti, tipo le scuole serali (21).

Numeri in crescita

Dall’inizio delle rilevazioni, avvenuto il 7 gennaio scorso, si sono verificati 1.991 contagi nelle scuole, con 2.372 studenti positivi e 34.152 posti in quarantena; 323 i dipendenti scolastici positivi e 2.238 posti in quarantena. La prevalenza di casi di positività permane sempre nella scuola primaria.

Anche in quest’ultima settimana la maggior parte dei casi riguarda la primaria (104, +31) e la secondaria di secondo grado (102, +51).

Complessivamente, sempre in Veneto i nuovi casi sono stati quasi 1.500 in 24 ore (per l’esattezza 1.487), con l’Rt salito all’1,12.

Veneto arancione, lezioni a rischio

Insomma, i dati del Covid spingono il Veneto verso la ‘zona arancione’. Sulla possibilità che il Veneto diventi arancione, il governatore Luca Zaia ha risposto: “penso che sia verosimile che si torni a ballare. L’aereo potrà avere delle turbolenze in volo”.

“Ho sentito il ministro Speranza – ha aggiunto Zaia – di certo ci sono regioni più in sofferenza di noi: l’Italia si sta colorando sempre più di arancione e rosso”.

Cosa accadrà per le scuole? “In questa fase stiamo facendo una analisi seria della situazione epidemiologica nelle scuole secondo logiche comunali”, ma “non si è deciso ancora nulla”. Il Governatore ripete di essere preoccupato “del sistema scuola” e di “volerlo seguire a vista”.

In Lombardia niente lezioni in classe fino al 14

Altre Regioni, però, sembrano avere maggiori certezze. Ad iniziare dalla Lombardia, passata in ‘arancione rafforzato’ a partire da venerdì 5 e fino a domenica 14 marzo.

Rimarranno quindi in DaD circa un milione e mezzo di bambini e ragazzi. “Le loro famiglie hanno saputo oggi da un’ordinanza del presidente della Regione Lombardia che domani dovranno tenerli a casa: non si decide il giovedì sera che il venerdì mattina si chiudono tutte le scuole, non è rispettoso dei cittadini, gli si complica solo la vita”, ha dichiara polemicamente Maurizio Lupi, presidente di Noi con l’Italia.

C’è però chi non pensa proprio di chiudere le scuole. Anche se i contagi sono decisamente alti.

In Trentino tutto aperto

In Trentino, ad esempio, malgrado l’incidenza dei contagi, le scuole rimangono aperte. Lo ha detto il presidente della Provincia autonoma di Trento, Maurizio Fugatti.

“Le indicazioni del Governo sono di chiudere le scuole in zona rossa e in zona arancione oltre un certo livello di contagio spetta al presidente della Provincia se procedere o meno alla chiusura. Noi – ha sottolineato – siamo oltre il livello di incidenza individuato dal Governo ma riteniamo di prevedere la continuità della scuola in presenza per i motivi che abbiamo sempre detto. Qualcuno critica, ed è comprensibile, perché altre Regioni chiudono e ci si chiede perché il Trentino deve fare diversamente”.

Fugatti ha aggiunto che “se nei prossimi giorni ci fosse un forte aumento del contagio non interverremo chiudendo le scuole. In questa fase ci prendiamo questa responsabilità sapendone la portata e le eventuali conseguenze e di fronte ad una situazione che magari andrà a peggiorare ma questo è il percorso che abbiamo attuato fin dall’inizio e ci sentiamo di attuarlo ancora”.