Secondo incontro al Ministero

Tavolo su formazione iniziale, reclutamento e formazione in servizio del personale: secondo incontro al Ministero

Oggi, 4 giugno 2021, è proseguita in videoconferenza la riunione del Tavolo tecnico sui temi della formazione iniziale, del reclutamento e della formazione in servizio previsti dal Patto per la scuola con l’obiettivo di approfondire i temi posti in discussione nella seduta precedente sul Decreto Sostegni bis. L’Amministrazione ha infatti chiesto alle OOSS ulteriori proposte e osservazioni in merito.  

L’ANP ha espresso preoccupazione per l’efficacia delle misure legislative previste in quanto queste difficilmente potranno, nei tempi brevi a disposizione, riuscire a soddisfare il fabbisogno di copertura di posti di personale docente il primo settembre prossimo. Neanche procedure semplificate in via emergenziale avranno, infatti, la possibilità di far fronte a tale – ormai cronica – carenza del sistema di istruzione.  

Sono stati emanati ogni anno, da tempo, provvedimenti di legge sul “regolare inizio dell’anno scolastico” con misure apparentemente stringenti che non sono però riuscite a superare situazioni di vera emergenza. Basti pensare al recente fallimento dell’esperienza delle GPS per l’attuazione delle quali la macchina burocratica si è letteralmente bloccata: ancora alla data odierna si registrano casi di emanazione di decreti di esclusione. In parallelo, il fallimento dei concorsi a cattedra, il permanere di un precariato storico da stabilizzare, le graduatorie vuote in molte discipline ci indicano che è necessario trovare una strada diversa se si vuole risolvere in modo strutturale il problema del reclutamento. 

Ci chiediamo cosa rispondere ai colleghi che troveranno nelle scuole cattedre scoperte all’inizio del nuovo anno scolastico o agli studenti e ai loro genitori quando, dopo mesi dall’inizio delle lezioni, non ci saranno ancora docenti in servizio. La proposta da mettere all’attenzione del Ministero, delle forze politiche e dei colleghi è un cambio di paradigma che, al di là dell’emergenza, per la quale l’Associazione si impegna a fare proposte nella sede opportuna, inizi ad affrontare i temi della revisione del sistema di formazione iniziale e di reclutamento in vista della sua messa a regime.  

Per tale ragione, sulla scorta di quanto scritto nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza e nel Patto per la scuola recentemente firmato, riteniamo necessario semplificare il sistema proponendo, anche per la professione docente, lauree abilitanti. Con il contemporaneo rafforzamento del ruolo dei tirocini nelle scuole, si può creare una nuova alleanza tra il sistema universitario e quello scolastico. La saldatura dei due momenti (formazione iniziale e reclutamento) potrà consentire – con l’emanazione di regolamenti su procedure, criteri e controlli – la messa a regime di un sistema snello e razionale, rispondente ai bisogni espressi dalle unità operative direttamente interessate che sono le scuole autonome. 

L’ANP chiede, pertanto, che si apra una discussione su tali temi per garantire la qualità della formazione dei docenti e ridefinire il ruolo delle scuole nel reclutamento degli stessi. 

La riunione del Tavolo è stata aggiornata a lunedì 7 giugno 2021.  

LA FORMAZIONE VA RETRIBUITA

NO AL LAVORO GRATIS, LA FORMAZIONE VA RETRIBUITA

“La formazione costituisce servizio a tutti gli effetti e come tale, dunque, va retribuita. È evidente che le continue incursioni sul lavoro operate dal governo sul lavoro dei docenti provocherà un contenzioso destinato a risolversi nelle aule di tribunale e creerà nelle scuole un clima conflittuale”. Così Rino Di Meglio, coordinatore nazionale della Gilda degli Insegnanti, commenta l’incontro che si è svolto oggi tra sindacati e ministero dell’Istruzione in merito alla decreto sulla formazione dei docenti senza specializzazione di sostegno.

Il decreto ministeriale prevede per l’anno scolastico 2021/2022 l’obbligo di formazione di tutti i docenti che hanno nelle proprie classi alunni disabili, in totale circa 700.000 insegnanti. L’unità formativa è costituita da 25 ore e non è consentito l’esonero dal servizio.

“Si tratta di una norma che, come avevamo già denunciato al momento dell’emanazione della legge di bilancio 2021, è in contrasto con il CCNL 2016/2018 che definisce la formazione come diritto/dovere e non come obbligo. Inoltre, sempre in base a quanto sancito dal contratto nazionale, si configurano due possibilità per le attività di formazione: o rientrano nelle 40 ore o devono essere retribuite. Nessun ministro né dirigente scolastico – conclude Di Meglio – può imporre ai docenti la formazione al di fuori dell’orario di servizio”.

Roma 4 giugno 1944

Roma 4 giugno 1944

di Maurizio Tiriticco

Copio dal mio BALILLA MOSCHETTIERE

——— In pochi giorni la V armata americana e l’VIII armata britannica, guidate rispettivamente dai generali Clarck e Montgomery – che memoriaaa!!! Grazie tante! Diventarono i nostri idoli! – risalgono la penisola. I combattenti di Anzio riescono finalmente a rompere quell’assedio a cui truppe tedesche e fasciste li avevano costretti e finalmente, la notte del 4 giugno gli americani…ENTRANO A ROMA; DA PORTA SAN GIOVANNI.

Ma andiamo con ordine! A primavera inoltrata capimmo che ormai si era all’inizio della fine. Soldati tedeschi in giro se ne vedevano sempre di meno. Forse anche loro erano in trepida attesa. Poi ci accorgemmo che cominciavano a lasciare Roma. Di notte si sentiva uno sferragliare di carri. Si era curiosi, ma il coprifuoco ci vietava di uscire. Comunque salimmo sulle terrazze degli stenditoi, al di sopra dell’ultimo piano e vedemmo… in grande silenzio e senza mostrare nulla di noi, se non gli occhi più attenti che mai. Furono più notti! E per ore e ore dal tramonto all’alba passavano cari e carri, cavalli e cavalli, camion e camion e soldati appiedati… tedeschi, in assetto di guerra, ma… nulla di quella fierezza sempre ostentata quando marciavano. Passi lenti dei soldati, uno dietro l’altro, zaini e fucili… per ore e ore tutta la Via Nomentana in quelle ultime notti di maggio era un brulichio di tedeschi in marcia. Non era la marcia trionfale del vincitore, ma la marcia funebre dello sconfitto! E noi in silenzio a guardare di sottecchi e a commentare a bassa voce…

Eravamo vicini, vicini alla fine, all’inizio di un nuovo giorno? Speravamo? Eravamo certi? Era difficile essere ottimisti, e si ascoltava la radio, anche Radio Londra… quei messaggi speciali, di cui non capivamo mai il significato. Poi agli inizi di giugno più nulla… I tedeschi c’erano ancora? Non c’erano più? Era difficile a dirsi. Da un quartiere all’altro della città si incrociavano le telefonate, ma la prudenza era sempre d’obbligo… In tutti i quartieri vigeva solo il silenzio! Niente passi marziali… perché i tedeschi anche in libera uscita marciavano, e sempre con lo stesso passo, a testa alta e con le facce aggrondate. Niente passi marziali, niente tedeschi! Davvero non c’erano più tedeschi a Roma? O stavano chiusi a doppia mandata nelle loro caserme?

2 giugno… niente, 3 giugno, niente, 4 giugno, niente… No! No! No! SIII!!! In serata una telefonata dal quartiere San Giovanni a un coinquilino: «So’ arivati l’americaniii!!! Ammazzeli, quanti so’!!! Ce so’ carri armati, camion, autoblinde, auto scoperte, piccole,  veloci, tante, tutti in fila… ammazza che sordati… rideno… e salutano pure…». La notizia si diffuse prestissimo, di pianerottolo in pianerottolo, di scala in scala, ma parole solo sussurrate… Il sottovoce era d’obbligo! Era vero? Era uno scherzo? Come mai qui da noi niente? Solo un grande silenzio in una bella notte serena. Con la luna di sempre…

Una notte insonne… avemmo altre conferme sempre dai quartieri di Roma Sud, ma a Roma Est niente, solo un silenzio di piombo, dietro le finestre o sulla grande terrazza del palazzo… e neanche un colpo di fucile… come erano entrati? Roma era città aperta, c’era pure il Papa, ma… con i tedeschi c‘era poco da scherzare…Possibile? Avevano lasciato Roma, così, senza ferire, senza neanche un colpo di fucile?

All’alba uno scoppio tremendo, poi qualche colpo di fucile, una sparatoria, lontana, veniva da Monte Sacro, poi il silenzio. Che era successo? 

Alle prime luci del mattino cominciammo pian piano a mettere il naso fuori della finestra e a uscire di casa, prima due a due, poi sempre di più, alle 8 eravamo tutti fuori casa! La Via Nomentana si animava, si animava sempre di più, e tutti verso Monte Sacro, verso il ponte sull’Aniene, non quello vecchio, quello romano su cui passa la Via Nomentana, quello nuovo, il Ponte Tazio, degli anni Venti, che collega la città alla Città Giardino, un quartiere tutto nuovo, tutte villette e, ovviamente giardini.

Il ponte Tazio si presentava con uno squarcio terribile. Era impraticabile alle auto, non ai pedoni. I tedeschi in fuga avevano tentato di farlo saltare. C’era stato un conflitto a fuoco. Ricordo una jeep – non sapevamo ancora che certi mezzi veloci degli americani si chiamavano così – a fianco sulla strada con il muso sul marciapiede; un gran telone la ricopriva e da un lato fuoriusciva lo stivaletto di un militare. Una piccola folla intorno. Un militare americano ucciso nel conflitto a fuoco dell’alba. Poi giunse un altro mezzo americano e portò via jeep e il soldato morto. LA FINE DELLA GUERRA… tutti pensavamo così! LA FINE DELLA GUERRA, anche quella personale, che ciascuno di noi lì presenti aveva subito.

Quel cinque giugno fu una gran festa! Quale meraviglia! Quali meraviglie! Soldati con divise a noi sconosciute! Tutti in camicia! E che belle stoffe! Niente grigioverde, niente fasce ai polpacci! Niente scarpe chiodate! Scarponcini leggeri, elastici! E poi volti sereni! Bei ragazzi, ridenti, alti, ben nutriti! Con la barba fattaaa!!! Divise semplici, comode, pulite! E sembravano disarmati… E parlavano con noi, volevano parlare e cantavano e volevano che noi cantassimo. Canzoni napoletane e poi “Oi Marì, oi Marì, quante notti ho passato con te”, e “O sole mio…” e distribuivano sigarette e gomme americane, quelle a barretta, incartate, bellissime, non quelle a palline colorate, a cui eravamo abituati e che sembravano biglie.

Bilancio di un anno che si avvia alla conclusione

Bilancio di un anno che si avvia alla conclusione

di Cettina Calì

Le lezioni stanno per concludersi e guardando all’anno scolastico che sta per finire possiamo riscontrare che è stato caratterizzato da notevoli sfide. Infatti il mondo della scuola ricorderà il  2020/2021, oltre che  per la pandemia e per  la ripresa dei lavori complessa,  delicata e faticosa, anche per le notevoli novità con le quali la classe docente si è dovuta confrontare. Novità  che hanno avuto notevoli riflessi sia sull’organizzazione del lavoro degli stessi  insegnanti che sulla gestione delle normali attività didattiche con gli alunni.

In breve ricordiamo:

  • La legge n.92 del 20 agosto 2019 ha introdotto l’Educazione Civica, attraverso lo studio di tre nuclei tematici principali (Costituzione, Sviluppo Sostenibile e Cittadinanza Digitale), obbligatoria in tutti gli ordini di scuola, a partire dall’anno scolastico 2020/2021. Con il successivo decreto n.35 del 22 giugno 2020, inoltre,  sono state pubblicate le Linee Guida per l’insegnamento dell’Educazione Civica lasciando, tuttavia, la piena autonomia alle istituzioni scolastiche per la definizione del proprio curriculo, dei relativi traguardi di apprendimento, in linea con le Indicazioni Nazionali. L’obiettivo della nuova Educazione Civica, che ha modificato   l’insegnamento di “Cittadinanza e Costituzione” (Legge 169/2008), è stato quello di promuovere delle attività per contribuire alla formazione dei cittadini responsabili, attivi e partecipi alla vita civica, culturale e sociale della comunità nel rispetto delle regole, dei diritti e dei doveri.
  • La nuova valutazione nella Scuola primaria dove i giudizi descrittivi hanno sostituito i voti numerici, su base decimale,  nell’impianto della valutazione periodica e finale per ciascuna delle discipline previste dalle Indicazioni Nazionali per il curriculo, inclusa l’Educazione civica. La nuova valutazione, declinata con quattro livelli,  ha permesso di rappresentare, in maniera chiara e trasparente, i processi cognitivi e meta-cognitivi, emotivi, sociali e relazionali attraverso cui si manifesta l’apprendimento e la competenza negli alunni. “L’ottica è quella della valutazione per l’apprendimento, che ha carattere formativo poiché le informazioni rilevate sono utilizzate anche per adattare l’insegnamento ai bisogni educativi concreti degli alunni e ai loro stili di apprendimento, modificando le attività in funzione di ciò che è stato osservato e a partire da ciò che può essere valorizzato”. 
  • I quattro modelli nazionali  del Piano Educativo individualizzato (PEI), per gli alunni e le alunne con disabilità, che  vanno elaborati  ed approvati dal Gruppo di lavoro operativo per l’inclusione (GLO), secondo la prospettiva bio-psico-sociale dell’ICF dell’OMS, con particolare  riguardo all’indicazione dei facilitatori da attivare e delle barriere da rimuovere, al fine di  superare la parcellizzazione dei singoli interventi (sanitari,  assistenziali, scolastici) e costruire, in tal modo,  l’interazione programmata dei servizi di sostegno al disabile, garantendo “un’istruzione di qualità inclusiva ed equa e promuovendo opportunità di apprendimento continuo per tutti”. Si è passati, quindi,  dal concetto di “persona con handicap” a quello di “persona con disabilità”: da un modello medico si è passati ad un modello sociale, la cura medica include l’integrazione sociale, l’aiuto professionale si fonda sulla responsabilità individuale e collettiva, il “prendersi cura” diviene garanzia per  il pieno riconoscimento dei diritti umani. L’apprendimento inclusivo, pertanto, deve essere il  frutto di adeguate scelte organizzative e di lavoro di squadra. Ma ciò porta indubbiamente lo spunto per un’ulteriore riflessione sulla necessità di garantire a tutti gli alunni, ed in modo particolare a quelli più fragili, la continuità del percorso formativo.

 “La Continuità nasce dall’esigenza primaria di garantire il diritto del bambino/ragazzo a un percorso formativo organico e completo[… ] a livello psicologico, pedagogico e didattico. La sua attuazione contribuirà a costituire l’identità del singolo individuo” (D.M 4/3/91).

In quest’ottica la  continuità nasce dall’esigenza di creare unità, intesa come collegialità, corresponsabilità e condivisione; linearità come prosecuzione dei percorsi e delle esperienze; organicità come coerenza progettuale e metodologica.

Ecco perché risulterebbe fondamentale  mantenere lo stesso insegnante di sostegno, in un’ottica di continuità e non di frammentarietà del percorso di studi,  nell’interesse dell’alunno con disabilità, al fine di non comprometterne ulteriormente il percorso formativo già avviato, evitando il continuo cambio delle figure di riferimento.

Per garantire continuità bisognerebbe affrontare, una volta per tutte ed in maniera definitiva, la problematica del reclutamento dei docenti. In piena pandemia, infatti,  è stata avvita una procedura di reclutamento che sembrava avesse previsto circa 70.000 assunzioni. Da un’indagine condotta dalla CISL Scuola sembrerebbe che per “quanto riguarda il sostegno, si parte da poco meno di 20.000 posti (rimasti dalle assunzioni dello scorso anno) a cui si devono aggiungere i 5.000 posti consolidati in organico di diritto dalla legge di bilancio per il 2021 e 1.880 per possibili pensionamenti. Inoltre, la CISL Scuola fa notare come 20.645 titolari su sostegno hanno presentato domanda di trasferimento e di questi 12.337 hanno chiesto trasferimento su posto comune. Tenuto conto che storicamente i trasferimenti da posto sostegno a comune si aggirano sui 4.500/5.000 unità annue, si può stimare che vi siano al momento circa 31.000 posti vacanti utilizzabili per assunzioni in ruolo. 

Complessivamente, dunque, 46.600 posti residuati dalle assunzioni dello scorso anno a cui si devono aggiungere circa 32.900 possibili pensionamenti e i 1.000 posti di ampliamento organico potenziato della scuola dell’infanzia per un totale di 80.400 posti vacanti.

Su posto comune, si parla di 46.600 posti residuati dalle assunzioni dello scorso anno a cui si devono aggiungere circa 32.900 possibili pensionamenti e i 1.000 posti di ampliamento organico potenziato della scuola dell’infanzia per un totale di 80.400 posti vacanti.

Su sostegno, con circa 22.000 docenti specializzati fra tutti gli ordini di scuola in GPS (fonte Cisl Scuola), comprendendo anche coloro che non hanno raggiunto le tre annualità di servizio, non si riescono a coprire tutti i posti disponibili. E mantenendo il vincolo dei 36 mesi si riducono ulteriormente le possibilità di assunzione.

Su posto comune, non ci saranno problemi per la scuola dell’infanzia (dove esistono ancora corpose GaE e GPS di I fascia); per la scuola Primaria, nella maggioranza dei casi si dovrà ricorrere alle GPS I fascia (ove troveremo aspiranti con laurea in SFP e aspiranti con Diploma Magistrale escluse dal ruolo). 

Sugli oltre 60.000 posti delle secondarie possiamo contare su: 746 docenti in GaE, 3.500 nei concorsi residui (2016 e 2018), fino a 32.000 da concorso straordinario (triennale), quindi con la possibilità di coprire in totale circa 36.200 posti.

Una volta utilizzate le graduatorie concorsuali e le GaE residue, resteranno, presumibilmente, oltre 30000 posti da coprire con GPS. Alla luce di quanto prevede oggi il decreto, ovvero che per le assunzioni ci si debba limitare agli aspiranti in I fascia e con più di 36 mesi di servizio, si potranno assumere solo 4197 docenti”.

Il rischio sembrerebbe quello di iniziare l’anno scolastico 2021/2022 con una marea di posti scoperti, destinati a rimanere tali per settimane o addirittura mesi.

Ecco perchè bisogna con estrema urgenza affrontare il problema delle cattedre vacanti, al fine di andare incontro sia alle aspettative dei docenti che in questo lungo ed interminabile periodo hanno prestato il loro onorato contributo all’interno delle nostre scuole e che da anni attendono un giusto riconoscimento per il lavoro svolto, sia per   accrescere l’efficacia e la qualità del servizio e garantire a tutti gli alunni pari dignità, come sancito dall’art. 3 della Costituzione.  Sarebbe, inoltre, il caso di chiedersi se tutti i concorsi, che secondo alcuni permettono di selezionare i migliori, siano veramente tali. Numerosi sono i contenzioni in corso al termine delle procedure concorsuali già concluse. È ora di ridare centralità alla scuola e nuovo senso e nuove prospettive al reclutamento dei docenti all’interno del nostro sistema scolastico.

Tempo pieno e dintorni

Tempo pieno e dintorni

di Nicola Puttilli

Ho incominciato a insegnare in una classe a tempo pieno nel settembre del 1973 in una scuola elementare di Mirafiori Sud, quartiere popolare di Torino cresciuto in fretta, a fianco della Fiat, sull’onda dell’ultima ondata immigratoria. Erano due le classi a tempo pieno di nuova istituzione e cinque gli insegnanti ad esse assegnati dalla direttrice didattica, tutti pressoché ventenni vincitori dell’ultimo concorso, fortemente motivati e ancor più ideologizzati. Metodo di insegnamento rigorosamente MCE: tutto partiva dalla relazione e dagli interessi dei bambini. La mattinata iniziava inevitabilmente con la conversazione che si faceva comunque, anche se i bambini avevano poco da dire, cosa che comunque accadeva raramente. Da lì si partiva per le attività: per lingua soprattutto testi, in gran parte liberi, che poi confluivano nel giornalino di classe. Anche per matematica si cercava di partire dai problemi reali e poi grandi esercitazioni sui “quaderni MCE”. Non ci siamo fatti mancare nulla, dal complessino tipografico originale “Freinet” per la composizione dei primi testi, ai laboratori di teatro e di falegnameria e perfino un laboratorio di storia per la costruzione di ciottoli e bifacciali. Nella fase aulica riuscimmo anche ad attrezzare un orto nel giardino della scuola, convertendo alla causa parte dei bidelli da cui ne dipendeva l’esistenza durante la stagione estiva (in compenso mi ero personalmente impegnato a difenderne le inesauribili vertenze nella mia recente veste di delegato sindacale e poi di eletto nel neonato consiglio di circolo). Per qualche tempo abbiamo anche tenuto un’oca, non ricordo chi la portò, i bambini l’avevano chiamata Giannina.

Il ministero non lesinava i finanziamenti, 150.000 lire a classe se non ricordo male, una cifra allora più che rispettabile, per l’acquisto di materiale didattico, per i laboratori e per la biblioteca di classe, alla quale si provvedeva anche con la sostituzione del libro di testo. Eravamo  cinque insegnanti distribuiti su due classi “aperte”, considerando anche le ore di compresenza era possibile alternare i momenti collettivi con le attività di gruppo in laboratorio e anche con attività individualizzate per gli alunni con maggiori difficoltà.

Ovviamente non contavamo le ore trascorse a scuola, né quelle dedicate alla preparazione del lavoro che si svolgevano prevalentemente la sera a casa dell’uno o dell’altro. I colleghi, tutti più anziani di noi, ci guardavano con un misto di scetticismo ma anche di ammirazione per l’impegno che dimostravamo e per   l’originalità delle proposte di lavoro che illustravamo con entusiasmo nelle prime riunioni collegiali e, soprattutto, di timore di essere, un giorno o l’altro, indotti o addirittura obbligati a seguire le nostre orme.

Le motivazioni di ordine sociale, oltre che pedagogico, ci portavano infatti a proporre il costante incremento del numero di classi a tempo pieno, da noi viste come condizione per un percorso di radicale rinnovamento che, a partire dalla scuola, avrebbe dovuto coinvolgere la società intera. Il processo di espansione avvenne in effetti in tempi abbastanza rapidi, sotto la pressione delle esigenze lavorative dei genitori e del Comune di Torino che trasformò i posti del doposcuola in “tempo lungo” creando i presupposti per una graduale estensione del tempo pieno statale, ma non senza contrasti anche duri. Ricordo chiaramente la forte opposizione nei Collegi degli insegnanti dello SNALS, il sindacato autonomo, che preconizzavano da un lato disastri per la scuola italiana e dall’altro, in modo fin troppo evidente, temevano di dover cambiare  consolidate, e comode, abitudini di lavoro. Difficile per chi per tutta la vita aveva fatto il maestro unico nelle sole quattro ore del mattino rassegnarsi ad andare a scuola anche il pomeriggio, collaborare nella stessa classe con almeno un altro collega dividendosi le materie, condividere il momento della mensa, ecc.

 Questi colleghi, molti dei quali seri e preparati nella loro didattica tradizionale, cercarono fino all’ultimo di “scansare” il tempo pieno, diventandone peraltro fervidi fautori dopo l’introduzione dei moduli della Falcucci che imponevano orari e condizioni di lavoro ben più gravosi ( famoso in questo senso e quasi ingestibile in molte situazioni, il 4 insegnanti su 3 classi). Potendo vantare buone condizioni di anzianità e graduatoria si spostarono in massa sul tempo pieno con i loro metodi di insegnamento già consolidati, lasciando i moduli ai colleghi più giovani.

La legge 148/90 istitutiva dei moduli, figlia  dell’impostazione cognitivista dei programmi dell’85 con  l’abolizione del maestro unico e del tempo scuola di 24 ore, è stato l’ultimo grosso investimento sulla scuola italiana. Da allora tagli pressoché continui in particolare agli organici, fino a quelli famigerati della Gelmini con il tentativo di ritorno al maestro unico e al cosiddetto “tempo normale”. Il tentativo è miseramente naufragato ma i tagli sono rimasti togliendo al tempo pieno risorse finanziarie e, soprattutto, di organico, depotenziandone ulteriormente la qualità della proposta formativa.

Nel frattempo il tempo pieno era cresciuto allontanandosi sempre di più dall’ impostazione originale che noi, con entusiasmo, coraggio e un po’ di ingenuità avevamo cercato di dare, ispirandoci al nucleo fondatore del tempo pieno torinese di cui Fiorenzo Alfieri era il più noto esponente.

Sono diventato direttore didattico agli inizi degli anni ’80 con il preciso intento di proporre “quel” modello di scuola, ovviamente adattato alle diverse circostanze. Pur avendo vissuto esperienze bellissime e in qualche caso eccezionali, non ho mai più incontrato né avuto modo di organizzare classi con quelle caratteristiche: una vera comunità educativa, la conoscenza che scaturiva da interessi reali e dall’esperienza di laboratorio, il legame continuo con il territorio, anche grazie alle splendide opportunità allora offerte dalla Città di Torino con gli assessori Dolino prima e lo stesso Alfieri poi, entrambi, non a caso, maestri e  direttori didattici.

Si trattava, evidentemente, di un modello legato a una precisa fase storica che richiedeva, tra l’altro, livelli di dedizione e motivazione difficilmente riproducibili.

Attualmente nel tempo pieno si riscontrano, peraltro, impostazioni pedagogiche e organizzative molto diversificate ma  troppe restano le classi  che replicano, a tempo raddoppiato, le modalità didattiche e relazionali del vecchio tempo “normale”: bambini pressochè inchiodati ai banchi, didattica quasi esclusivamente frontale, laboratori (se ci sono) frequentati sporadicamente e solo per specifiche attività, rare uscite sul territorio. Una sofferenza più che una conquista.

Spiace inoltre rilevare una costante e particolare disattenzione del ministero e di tutta l’amministrazione scolastica verso le esigenze e la qualità della scuola a tempo pieno: paradossalmente anche in quest’anno di (post) pandemia, quando più forti sono le necessità di recuperare il terreno perduto, si registrano tagli in organico di diritto proprio su queste classi, andando ad eroderne ulteriormente le compresenze per poter mantenere il tempo scuola.

Le risorse del PNRR, appena approvato dal Parlamento, unitamente quelle derivanti dal consistente calo demografico, consentirebbero, dopo anni di tagli dissennati, di ridisegnare contorni e caratteristiche della nostra scuola nella direzione di un radicale rinnovamento e del superamento delle intollerabili disuguaglianze che ancora oggi, a oltre cinquant’anni dalla lettera di Barbiana, la caratterizzano. Tra le misure previste si parla di estensione del tempo pieno, in particolare al sud dove è tuttora scarsamente presente. Si tratta indubbiamente di una scelta giusta e prioritaria ma bisogna essere ben consapevoli che il tempo pieno non si realizza con il semplice raddoppio del tempo scuola: ci vogliono ore di compresenza per consentire la formazione di gruppi di lavoro, laboratori attrezzati per una didattica del “fare”, spazi di incontro e destinati alle attività ludiche e sportive, mensa e servizi di qualità e, soprattutto, insegnanti motivati e preparati, attraverso la leva irrinunciabile della formazione continua,  in grado di privilegiare la qualità della relazione e di una didattica attiva e partecipata.

Ripensare ruolo sociale e funzione del tempo pieno, le sue fondamenta pedagogiche, le sue condizioni didattiche e organizzative, i suoi rapporti con i servizi e con il territorio, può e deve essere  la pre-condizione non solo per la sua estensione ma anche per la riqualificazione di quello esistente, magari recuperando un po’ dello spirito e dell’entusiasmo delle origini  (e lavorando sull’idea di scuola e di scuola primaria in particolare che ci hanno lasciato i due grandi Maestri e amici, Fiorenzo Alfieri e Giancarlo Cerini, che ci hanno recentemente lasciato).

Maturità 2021, Bianchi: è una sciocchezza dire che non c’è lo scritto

da Il Sole 24 Ore

di Redazione Scuola

«È una sciocchezza dire che all’esame di maturità quest’anno non c’è lo scritto». Il ministro dell’Istruzione, Patrizio Bianchi, non ci sta alle critiche di chi avrebbe voluto la prima prova scritta tradizionale per gli esami di Stato che il 16 giugno prenderanno l’avvio per oltre 540 mila studenti. Il ministro spiega che quest’anno il dicastero ha voluto puntare su una prova più pensata, elaborata, ragionata. «Abbiamo chiesto alle scuole – spiega – di fare un passo in più per poter sviluppare un pensiero articolato, complesso. Bisogna ricostruire il piacere della scrittura, rifiutando la banalità in cui abbiamo vissuto negli ultimi anni, con parole che sembrano piume al vento; la scuola deve servire ad esplorare la complessità, a comprenderla. La maturità non è un test, è un passaggio per entrare in una giovinezza sempre più matura e adulta».

Le scelte per l’anno prossimo
Se questa sarà la nuova maturità anche per gli anni a venire, si vedrà. «Valuteremo poi come va quest’anno», non si sbilancia il ministro. «Ieri – racconta – ho incontrato 150 ragazzi al Quirinale e mi hanno parlato degli elaborati che faranno, con temi da far tremare i polsi: una ragazza si occuperà della scoperta del quantum, un geometra mi ha detto di aver disegnato un asilo nido ecosostenibile e mentre parlava gli occhi gli brillavano». L’invito che fa ai docenti è a «guardare negli occhi i ragazzi, far fare loro una riflessione su tutto il percorso fatto in questi 5 anni; la maturità è un rito di passaggio ed è fondamentale che venga vissuta come momento per riflettere, per trarre insegnamenti. La fase successiva sarà piena di paure ma fa parte della vita. L’esame di maturità accompagna in un’altra parte della vita».

Le critiche dell’opposizione
Ma non mancano le critiche: «La realtà – osservano i deputati di Fratelli d’Italia Paola Frassinetti, vicepresidente della commissione cultura della Camera e responsabile dipartimento istruzione, e Carmela Ella Bucalo, responsabile scuola – è che le prove scritte per il secondo anno consecutivo non saranno previste e, in particolare, è grave che non ci sarà il tema come più volte richiesto da Fratelli d’Italia. Qualsiasi altra modalità di prova non potrà in ogni caso essere equiparata ad un tema. Una maturità senza tema di italiano mina i concetti di merito e di valutazione che sono i cardini sui quali si dovrebbe basare la scuola».

Le regole di sicurezza
Intanto, in vista degli esami, il Ministero dell’Istruzione ha divulgato il protocollo di sicurezza siglato con i sindacati che tutti coloro che sono coinvolti negli esami di Stato saranno tenuti a seguire. Il documento, fondamentalmente, rimanda alle regole formulate per la maturità dello scorso anno, ma non sono assenti novità. Durante il colloquio la mascherina potrà essere abbassata a condizione che venga mantenuta la distanza di 2 metri. Rispetto all’anno scorso, non può essere utilizzata la mascherina di comunità; la più consigliata è la mascherina chirurgica. Infine non è previsto che venga portato un documento che attesti la vaccinazione né che chi si è vaccinato porti con sé più di un accompagnatore. Ed è iniziato stamane anche il tavolo di lavoro tra sindacati e ministero dell’Istruzione per il reclutamento in vista del prossimo anno scolastico. Se non si introducono una serie di emendamenti al decreto sostegni bis – dicono in sostanza tutti i sindacati – il rischio di trovarsi il 1° settembre con 250 mila cattedre scoperte è molto elevato.

Gli studenti: «Basta Dad. Penalizza i più svantaggiati»

da Il Sole 24 Ore

di Redazione Scuola

Fiduciosi nella scienza e favorevoli al vaccino anti-Covid di cui auspicano di poter beneficiare al più presto. Manifestano un sensibile calo della fiducia nei confronti dell’Unione Europea, della magistratura, dell’informazione e della politica, da cui non si sentono ascoltati. Non lamentano un peggioramento del rendimento scolastico a causa della Dad, ma provano nostalgia della “cara vecchia scuola”, convinti di essersi persi qualcosa di importante nel corso dell’ultimo anno, e ritengono che la Dad penalizzi determinate categorie di studenti. Costretti a rimodulare le proprie giornate, rimpiangono il tempo libero e riscoprono l’importanza della libertà. Reagiscono all’incertezza del presente rifugiandosi negli affetti e tra viaggi, stadi e concerti associano al calore di un abbraccio il ritorno alla normalità.

Il rapporto
Questo il ritratto della “generazione post-Covid” tracciato dal 9° Rapporto di ricerca dell’Osservatorio “Generazione Proteo” della Link Campus University, realizzato quest’anno in partnership con Grandi Scuole, e che ha intervistato circa 2mila studenti italiani, e che restituisce come sempre alle Istituzioni e al dibattito pubblico aspettative e paure, ambizioni e contraddizioni dei giovani italiani.

«Dalla ricerca – ha spiegato Carlo Alberto Giusti, Rettore della Link Campus University – emerge una generazione di ragazzi profondamente lucidi, che hanno imparato a gestirsi adeguatamente anche con la didattica a distanza, ma che non vedono l’ora di riappropriarsi di una piena socialità e di quello scambio costante di visioni e di idee che solo la partecipazione fisica può garantire». «Il 9° Rapporto – secondo il sociologo Nicola Ferrigni, direttore dell’Osservatorio “Generazione Proteo” – ci consegna l’identikit della “generazione post-Covid”, che abbiamo definito come quella dei “giovani leopardi”, termine che evoca tanto il poeta quanto il felino. Da una parte infatti c’è il pessimismo che contraddistingue il poeta, dall’altra lo slancio felpato del predatore alla ri-conquista del proprio territorio. Il poeta e il felino, quindi, che vivono una costante tensione tra il subire e il reagire in tutti i diversi ambiti e contesti che definiscono una quotidianità infettata dalla pandemia. Ma con uno sguardo rivolto al futuro, e al recupero di una normalità che, come l’abbraccio che la identifica, non appartiene alla sfera dell’avere o del fare, quanto piuttosto a quella dell’essere».

I nodi della Didattica a distanza
A un anno dalla sua introduzione, la Dad continua a non convincere appieno i giovani italiani: solo 1 su tre (30,5%) giudica infatti positivamente questa esperienza, laddove il 24,8% esprime un giudizio negativo e il 44,5% risponde “non saprei”. Tra le motivazioni addotte dagli intervistati, spicca la convinzione che online sia molto più facile distrarsi (67,4%), seguita dalla percezione di non sentirsi sufficientemente coinvolti (18,9%). Di qui dunque una serie di “consigli” per migliorare la Dad, in cima alla cui vetta svetta la necessità di adattare i programmi e le modalità didattiche all’online (33,6%) e di facilitare l’interazione tra studenti e professori (23,9%), ma senza dimenticare l’importanza di garantire un migliore accesso agli incentivi economici per l’acquisto dei device (16,9%).

Supplenze ATA, proroga al 31 agosto non riguarda i contratti Covid

da OrizzonteScuola

Di redazione

Con nota 17060 dell’1 giugno, il ministero dell’Istruzione ha fornito indicazioni per le scuole relative alle proroghe di contratto del personale ATA. La proroga non riguarda i contratti Covid: a chiarirlo ulteriormente una nota dell’Ufficio scolastico di Torino. Gli unici contratti che scadono al termine delle lezioni, come i contratti Covid, sono quelli dei supplenti temporanei

La proroga dei supplenti ATA fino al 30 giugno può essere disposta dal dirigente scolastico in caso di necessità, ovvero qualora non sia possibile assicurare l’effettivo svolgimento dei servizi di istituto mediante l’impiego di personale a tempo indeterminato e di personale supplente annuale (31 agosto).

Le istruzioni per le proroghe dei contratti fino al 31 agosto sono contenute nella nota 8556 del 10 giugno 2009, che a sua volta si rifà al comma 7 dell’articolo 1 del Dm 430/2000, il regolamento delle supplenze del personale ATA:

Le supplenze temporanee fino al termine delle attività didattiche (30 giugno, ndr) possono essere prorogate oltre tale termine, per il periodo strettamente necessario allo svolgimento delle relative attività, nelle scuole interessate ad esami di stato e di abilitazione all’insegnamento nelle scuole di grado preparatorio, qualora non sia possibile consentire lo svolgimento di dette attività mediante l’impiego del personale a tempo indeterminato o supplente annuale in servizio presso la scuola interessata, e, comunque, nei casi in cui siano presenti situazioni che possano pregiudicare l’effettivo svolgimento dei servizi di istituto.

Contratti fino al termine delle lezioni

Analoga possibilità di proroga contrattuale è prevista, con le modalità ivi indicate, dall’art.6, comma 4, del predetto Regolamento, per le supplenze temporanee del personale ATA, i cui oneri, in questo caso – con esclusione di quelle derivanti da periodi di congedi obbligatori per maternità – gravano sul bilancio delle istituzioni scolastiche medesime (nota 2009).

Ecco cosa prevede il comma 4 dell’articolo 6 (supplenze temporanee conferite utilizzando le graduatorie di circolo e di istituto) del Dm 430/2000:Qualora l’assenza del personale appartenente ai profili professionali di assistente amministrativo, assistente tecnico e collaboratore scolastico, nel periodo intercorrente tra il termine delle lezioni (varia in base al calendario regionale, ndr) e la conclusione delle attività didattiche (30 giugno), compresi gli esami, determini nella scuola la impossibilità di assicurare lo svolgimento delle ulteriori attività indispensabili, il dirigente scolastico può, con determinazione motivata, prorogare la data di scadenza delle supplenze per il periodo di effettiva permanenza delle esigenze di servizio e nel numero strettamente necessario per evitare l’interruzione del pubblico servizio.

La proroga in questo caso va al 30 giugno e riguarda i contratti dei supplenti temporanei ma non quelli Covid. L’AT di Torino lo spiega chiaramente nella nota del 3 giugno: “(non riguarda i cd. contratti Covid, ma le “normali” supplenze brevi e temporanee)”. E di nuovo: “Si rammenta che quanto segue non vale per i contratti di supplenza cd. Covid“.

I programmi scolastici non esistono più, ma certi docenti fanno finta di non saperlo. Bianchi: l’ossessione di ogni prof

da La Tecnica della Scuola

Da alcuni lustri i Programmi scolastici sono stati sostituiti dalle Indicazioni nazionali: nella scuola primaria e alle medie, dapprima con il decreto legislativo 59 del 2004, durante la lunga gestione a Viale Trastevere di Letizia Moratti, poi perfezionato con il Dpr 89 del 2009 e ampliato per gli istituti superiori con ulteriori Regolamenti approvati a seguito della riforma Tremonti-Gelmini. Il passaggio non è stato da poco, perché da allora gli insegnanti non devono più imporre temi e argomenti da affrontare in classe, ma modellare i percorsi formativi sulla base delle necessità dell’allievo, anzi del singolo alunno. Molti docenti, soprattutto a fine carriera, continuano però a fare alla “vecchia maniera”. Non vogliono adeguarsi. Questa ostinazione è arrivata anche alle orecchie del ministro dell’Istruzione.

Quel mito ossessivo da abbattere

Patrizio Bianchi ne ha parlato durante l’evento “I Giovani nel cuore dell’Europa“, svolto il 3 giugno. E lo ha fatto cercando di convincere i più scettici ad adeguarsi. Il titolare del dicastero dell’Istruzione ha detto loro che bisogna uscire “dal mito ossessivo del programma, l’ossessione di ognuno di noi. Bisogna andare” oltre a “quei muri dei programmi, cercando gli strumenti per capire quello che è stato e sarà”.

Secondo il responsabile del MI è ora di puntare ad “una scuola basata sulla capacità di progetto”, da realizzare in modo soggettivo e quindi rifiutando modelli didattico-formativi precostituiti. “L’esame di Stato di quest’anno si basa su questo principio”, ha sottolineato Bianchi.

Lo scritto alla maturità in fondo c’è

È una sciocchezza dire che all’esame di maturità quest’anno non c’è lo scritto“, ha quindi ribadito il ministro.

Il ministero ha voluto puntare su una prova più pensata, elaborata, ragionata.

“Abbiamo chiesto alle scuole – spiega – di fare un passo in più per poter sviluppare un pensiero articolato, complesso. Bisogna ricostruire il piacere della scrittura, rifiutando la banalità in cui abbiamo vissuto negli ultimi anni, con parole che sembrano piume al vento; la scuola deve servire ad esplorare la complessità, a comprenderla. La maturità non è un test, è un passaggio per entrare in una giovinezza sempre più matura e adulta”.

La maturità del futuro

E se questa sarà la nuova maturità anche per gli anni a venire, si vedrà. “Valuteremo poi come va quest’anno”, ha sottolineato Bianchi.

“Ieri – ha raccontato – ho incontrato 150 ragazzi al Quirinale e mi hanno parlato degli elaborati che faranno, con temi da far tremare i polsi: una ragazza si occuperà della scoperta del quantum, un geometra mi ha detto di aver disegnato un asilo nido ecosostenibile e mentre parlava gli occhi gli brillavano”.

Secondo il ministro gli insegnanti devono imparare a “guardare negli occhi i ragazzi, far fare loro una riflessione su tutto il percorso fatto in questi cinque anni; la maturità è un rito di passaggio ed è fondamentale che venga vissuta come momento per riflettere, per trarre insegnamenti. La fase successiva sarà piena di paure ma fa parte della vita. L’esame di maturità accompagna in un’altra parte della vita”.

L’anno della DaD

Bianchi ha anche parlato del “bilancio di questo anno scolastico” che ha giudicato “positivo: ci sono stati tanti problemi ma – ha detto – siamo stati in grado di affrontarli, abbiamo riscoperto la scuola, che prima era considerata ‘data’”.

“È stato un anno difficile, in cui ci siamo misurati con le nostre paure. Sono comparsi vecchi spettri, quelli della solitudine. Dobbiamo uscire da questo anno con una capacità più profonda di esplorare noi stessi per costruire poi anche una community di 4.500 amici“.

E ancora: “La scuola non è mai stata chiusa, un filo ha legato i docenti agli studenti, certo, con molte difficoltà. La scuola riflette quello che siamo: paure, speranze, fragilità. Io vorrei più speranza, non ne vedo abbastanza. Dobbiamo essere orgogliosi: l’Italia ha riaperto subito le scuole per i più piccoli; abbiamo dato il via ad una campagna vaccinale incredibile, il paese è ripartito quando sembrava impossibile”.

La scuola vero luogo identitario

Il numero uno del Palazzo bianco di Viale Trastevere ha quindi concluso gli interventi sostenendo che “la scuola è il luogo identitario, non ce ne sono altri, la Chiesa non lo è più non lo è sicuramente il Comune”.

“Dobbiamo fare della scuola il battito della comunità, non possiamo accontentarci di tornare alla normalità, il tasso di dispersione è ancora troppo alto, dobbiamo andare avanti e costruire nuove normalità”, ha detto ancora Bianchi.

Ambasciatore Erasmus+, proroga al 15 giugno per le domande

da La Tecnica della Scuola

È stato prorogato al 15 giugno il bando per la selezione di Ambasciatori Erasmus+ per il settore scuola.

Si tratta di nuove figure di supporto per le attività di diffusione e promozione delle opportunità europee per l’istruzione scolastica.

Nel mese di aprile l’Agenzia nazionale Erasmus+ Indire ha infatti recentemente lanciato un bando pubblico per la selezione di esperti di progettazione, collaborazioni online, mobilità e cooperazione del settore scuola che possano supportare l’attività di promozione e diffusione delle opportunità Erasmus+ per l’istruzione scolastica.

La graduatoria di soggetti idonei che emergerà dal bando sarà valida fino al 31 dicembre 2027, fino al termine del settennato del Programma Erasmus+.

SCARICA IL BANDO

Erasmus+ 2021-27, pubblicato il Regolamento europeo

da La Tecnica della Scuola

Il Parlamento europeo e il Consiglio hanno pubblicato oggi, 3 giugno 2021, il Regolamento europeo che istituisce il Programma Erasmus+ 2021/2027 per l’istruzione, la formazione, la gioventù e lo sport.

Il testo rappresenta la base legale del Programma e rientra nella documentazione ufficiale Erasmus+ di cui fanno parte la Guida al Programma e la Call 2021.

SCARICA IL Regolamento (UE) 2021/817 del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce Erasmus+

Invito a presentare proposte Erasmus+ 2021

Il bando annuale pubblicato dalla Commissione europea sulla Gazzetta ufficiale che definisce le scadenze per le singole attività del Programma e il budget annuale di Erasmus+

Invito a presentare proposte Erasmus+ 2021

Guida al Programma Erasmus+ 2021

La Guida al Programma è parte integrante dell’Invito annuale a presentare proposte ed è indispensabile per capire il Programma e presentare la candidatura. Contiene informazioni su: priorità del Programma, azioni finanziate, indicazioni dettagliate su come partecipare e come candidare un progetto.

Guida al Programma Erasmus+ 2021

Assunzioni docenti da Gps, solo con la prima fascia a settembre avremo ancora 200 mila supplenti: studio Cisl

da La Tecnica della Scuola

Senza modifiche al decreto Sostegni Bis, anche con le assunzioni dalla prima fascia delle Gps, a settembre ci ritroveremo non meno di 26 mila posti vacanti su posto comune e quasi 10 mila cattedre di sostegno: a scriverlo è la Cisl Scuola, che ha realizzato delle proiezioni sulla base dei dati ufficiali forniti dal ministero dell’Istruzione sui posti liberi, sui prossimi “32.900 possibili pensionamenti e i 1.000 posti di ampliamento organico potenziato”.

Ne consegue che, mettendo nel computo diverse decine di migliaia di cattedre in organico di fatto su disciplina, più le oltre 80 mila in deroga su sostegno, anche nell’anno scolastico 2021/22 si andrà a realizzare un numero non molto distante dalle 213 nomine annuali stipulate in quello che sta volgendo al termine.

Il flop del 2020

Il sindacato guidato da Maddalena Gissi è partito dal progetto di assunzioni fallimentare della scorsa estate, quando su furono stipulati appena 17.637 nomine in ruolo su 63.335 autorizzate dal Mef più la misera cifra di 1.657 su 21.453 su sostegno.

Alla luce di questo, la Cisl Scuola sostiene che per quanto riguarda i posti comuni sono ben 46.600 quelli “residuati dalle assunzioni dello scorso anno a cui si devono aggiungere circa 32.900 possibili pensionamenti e i 1.000 posti di ampliamento organico potenziato della scuola dell’infanzia per un totale di 80.400 posti vacanti”.

Posti comuni: il nodo è nella secondaria

“Su posto comune, non ci saranno problemi per la scuola dell’infanzia (dove esistono ancora corpose GaE e GPS di I fascia); per la scuola Primaria, nella maggioranza dei casi si dovrà ricorrere alle GPS I fascia (ove troveremo aspiranti con laurea in SFP e aspiranti con Diploma Magistrale escluse dal ruolo)”.

La gran parte delle vacanze in organico, oltre 60.000, risultano quindi cattedre della scuola secondaria: di questi, “possiamo contare su 746 docenti in GaE, 3.500 nei concorsi residui (2016 e 2018), fino a 32.000 da concorso straordinario (triennale), quindi con la possibilità di coprire in totale circa 36.200 posti”.

“Va tuttavia considerato – continua il sindacato – che i docenti in questione sono presenti in più graduatorie contemporaneamente, il che fa diminuire il numero dei posti che sarà possibile effettivamente coprire. Infine, l’andamento delle correzioni del concorso straordinario lascia prevedere che molte graduatorie finali conterranno un numero di aspiranti inferiore rispetto alle assunzioni da effettuare”.

Sempre per le discipline curricolari, “una volta utilizzate le graduatorie concorsuali e le GAE residue, resteranno, presumibilmente, oltre 30.000 posti da coprire con le GPS. Alla luce di quanto prevede oggi il decreto, ovvero che per le assunzioni da GPS ci si debba limitare agli aspiranti in I fascia e con più di 36 mesi di servizio, si potranno assumere solo 4.197 docenti”. Considerando qualche migliaio di immissioni in ruolo su sostegno, ad essere ottimisti, si arriverà a raggiungere una quantità di assunzioni a tempo indeterminato da Gps molto distante dalle 18 mila indicate nella Relazione Tecnica allo stesso decreto Sostegni Bis.

Su sostegno non va meglio

Per quel che riguarda il sostegno, invece, si partirà da “poco meno di 20.000 (rimasti dalle assunzioni dello scorso anno) a cui si devono aggiungere i 5.000 posti consolidati in organico di diritto dalla legge di bilancio per il 2021 e 1.880 per possibili pensionamenti”.

“Inoltre – continua la Cisl -, è da notare come 20.645 titolari su sostegno hanno presentato domanda di trasferimento e di questi 12.337 hanno chiesto trasferimento su posto comune. Tenuto conto che storicamente i trasferimenti da posto sostegno a comune si aggirano sui 4.500/5.000 unità annue, si può stimare che vi siano al momento circa 31.000 posti vacanti utilizzabili per assunzioni in ruolo”.

Pertanto,“su sostegno, con circa 22.000 docenti specializzati fra tutti gli ordini di scuola in GPS (fonte Cisl Scuola), comprendendo anche coloro che non hanno raggiunto le tre annualità di servizio, a fine estate 2021 non si riusciranno “a coprire tutti i posti disponibili. Mantenendo il vincolo dei 36 mesi si riducono ulteriormente le possibilità di assunzione”.

Nota 4 giugno 2021, AOODGCASIS 1751

Ministero dell’istruzione
Dipartimento per le risorse umane, finanziarie e strumentali
Direzione Generale per i sistemi informativi e la statistica

Ai Dirigenti/ Coordinatori scolastici delle istituzioni scolastiche statali e paritarie
e p.c. Al Capo Dipartimento per il sistema educativo di istruzione e formazione
Al Direttore Generale per gli ordinamenti scolastici e la valutazione del sistema nazionale di istruzione
Agli Uffici Scolastici per Ambito Territoriale e Direzioni Generali Regionali
Al Sovrintendente Scolastico per la Regione Valle d’Aosta
Al Sovrintendente Scolastico per la Provincia di Trento
Al Sovrintendente Scolastico per la scuola in lingua italiana di Bolzano
All’Intendente Scolastico per la scuola in lingua tedesca di Bolzano
All’Intendente Scolastico per la scuola delle località ladine di Bolzano

OGGETTO: Comunicazione Esami di Stato secondo ciclo a.s. 2020/2021 – Attività a supporto della procedura e adempimenti sulla comunicazione dei dati.