Il ministro innova, applicando la legge

Il ministro innova, applicando la legge

di Enrico Maranzana

Il ministro Patrizio Bianchi é intervenuto al convegno “I giovani nel cuore dell’Europa”, del 3/6. Ha più volte sollecitato il personale scolastico all’attenta lettura delle norme: “Il mito ossessivo del programma” e il frazionamento degli insegnamenti dovuto a “l’incomunicabilità tra le materie” sono da superare,perché appartengono al passato.

Ha ricordato che la trasformazione, che consiste nella progressiva conquista della propria identità, è la finalità istituzionale. Untraguardo da approssimare sollecitando e promuovendo la capacità progettuale. Si tratta di coinvolgere gli studenti in attività di cui possiedono l’origine e il senso.

Per rinforzare il suo messaggio ha portato due esempi: la matematica non è fare di conto ma un campo in cui si astrae, dove si fanno scelte e si sperimenta; il latino e il greco conducono all’uso consapevole delle parole.

La valenza dei due esempi si dilata e si rafforza se associati al concetto “competenza” che, come noto, è un Mix di capacità/abilità e conoscenza. Il potenziamento delle capacità è la meta comune a tutti gli insegnamenti, mentre le abilità e le conoscenze costituiscono la strumentazione didattica [CFR art.2 legge 53/2003 lettera a)].

Finalmente una vera rivoluzione! La scuola è vista come sistema. La tradizionale gestione scolastica, parcellizzata, che privilegia l’insegnamento delle diverse materie, è da abbandonare.

La collegialità deve diventare il nuovo modus vivendi: si deve “programmare l’azione educativa” progettando gli itinerari d’apprendimento e “valutando periodicamente l’azione didattica”.

Un profondo cambiamento metodologico: si abbandona il procedimento Bottom-up (dalle materie ai traguardi) per adottare il Top_down (dai risultati alle materie).

RICHIESTE DELLE SCUOLE PARITARIE PER IL NUOVO ANNO SCOLASTICO

SCUOLA, AGORÀ DELLA PARITÀ: ESTENSIONE SOSTEGNI ALLA SCUOLA DELL’INFANZIA, POSSIBILITÀ DI STABILIZZARE I DOCENTI E ACCESSO AI NUOVI LIMITI DI SPESA PER IL SUPERBONUS EDILIZIO, SONO LE RICHIESTE DELLE SCUOLE PARITARIE PER IL NUOVO ANNO SCOLASTICO

L’Agorà della Parità: AGeSC – Associazione Genitori Scuole Cattoliche, CdO Opere Educative – CNOS Scuola – Centro Nazionale Opere Salesiane, CIOFS Scuola – Centro Italiano Opere Femminili Salesiane, FAES – Famiglia e Scuola, FIDAE – Federazione Istituti di Attività Educative, FISM – Federazione Italiana Scuole Materne, FONDAZIONE GESUITI Educazione, propone quattro emendamenti ai decreti in fase di conversione alla Camera (DL Sostegni 73/2021 e DL Semplificazioni 77/2021) indirizzati a porre nuovamente rimedio ad alcune discriminazioni che colpiscono le scuole paritarie.

Il Decreto Sostegni Bis (DL 73/2021) prevede sostegni per la scuola primaria e secondaria paritaria per 50 mln. di Euro, il primo emendamento propone una modifica dell’art. 58 per includere nei beneficiari anche le scuole dell’infanzia, inspiegabilmente escluse dal beneficio.

Il Decreto Sostegni Bis affronta all’art. 59 i temi dei percorsi di ingresso di nuovi docenti nella scuola statale, anche attraverso alcune semplificazioni. L’Agorà evidenzia che sono circa 15.000 i docenti delle scuole secondarie di I e II grado che insegnano nelle scuole paritarie senza aver avuto la possibilità di accedere a percorsi abilitativi da oltre 7 anni. L’Agorà propone un emendamento al Dl Sostegni bis che prevede che siano considerati idonei all’insegnamento nelle scuole secondarie paritarie anche i docenti in possesso di laurea magistrale e 24 CFU in materie antro-psico-pedagogiche che, tra l’anno scolastico 2008/2009 e l’anno scolastico 2020/2021, hanno svolto almeno tre annualità di servizio presso istituzioni paritarie. L’approvazione di questo secondo emendamento, senza oneri per le finanze pubbliche, comporterebbe la possibilità di stabilizzare migliaia di docenti della scuola secondaria paritaria.

Sempre con riferimento ai docenti, la difficoltà di reperire docenti abilitati a insegnare nella scuola dell’infanzia, al momento permane ancora e riguarda anche le scuole dell’infanzia paritarie non comunali, per cui si chiede con un emendamento al DL Sostegni, (il terzo, comunque senza oneri per le finanze pubbliche) la possibilità di utilizzare a tempo determinato anche educatori in possesso di titolo idoneo a operare nei servizi per l’infanzia, come previsto per le scuole paritarie comunali.

L’art. 33 del DL 77/2021 introduce l’effettiva possibilità per enti non profit di effettuare interventi di efficientamento energetico e di adeguamento sismico con limiti di spesa adeguati alle dimensioni degli immobili. Il Decreto esclude però dall’intervento gli immobili adibiti a scuole (cat. B/5) e gli enti che svolgono attività di prestazione di servizi educativi e scolastici. Il quarto emendamento proposto da Agorà si riferisce all’art.33 e prevede l’estensione dei benefici derivanti dalle misure del DL 77/2021 anche agli enti che svolgono educativi e scolastici.

L’Agorà chiede al Parlamento di accogliere questi emendamenti in modo che venga garantita a tutti gli studenti italiani di cominciare il prossimo anno scolastico 2021-2022, nelle migliori condizioni possibili.

Giancarlo Frare – Presidente nazionale AGeSC
Massimiliano Tonarini – Presidente nazionale CdO Opere Educative
Pietro Mellano – Presidente nazionale CNOS Scuola
Marilisa Miotti – Presidente nazionale CIOFS scuola
Giovanni Sanfilippo – Delegato nazionale per le Relazioni Istituzionali FAES
Virginia Kaladich – Presidente nazionale FIDAE
Luigi Morgano – Segretario Nazionale FISM
Vitangelo Denora – Delegato Fondazione GESUITI EDUCAZIONE

Giovani e scuola che aria che tira

Giovani e scuola che aria che tira

di Giovanni Fioravanti

La fine della pandemia prometteva che l’aria sarebbe cambiata, meno viziata dai miasmi del passato. Invece tira aria di restaurazione. Sembra che i giovani siano minori, non perché più piccoli, ma perché “minus”, cioè meno dotati, meno dotati di noi adulti. Dove inizi e dove finisca la minore dotazione è tutto da stabilire. Intanto Frida Bollani Magoni a soli sedici anni suona la sua interpretazione dell’inno d’Italia alla presenza del Presidente della Repubblica e il segretario del Partito Democratico, Enrico Letta, rivendica il voto ai sedicenni.

Eppure c’è sempre qualche adulto che sente il bisogno di dare una qualche lezione ai giovani, perché i loro modi di essere non combaciano con la sua cultura, con i modelli comportamentali introiettati. Così Chiara Saraceno concorda con la dirigente dell’Istituto Comprensivo Leonardo da Vinci di Milano che con circolare interna ha dettato il dress code a cui si devono attenere le sue studentesse e i suoi studenti.

Perché l’abito fa il monaco, ogni luogo ha il suo abbigliamento, in particolare le istituzioni come la scuola. Secondo la sociologa i giovani devono essere educati al rispetto che si deve ai professori e all’ambiente scolastico, e questo rispetto passa prima di tutto attraverso a come ti vesti. Pretendere di insegnare questo rispetto puzza sempre di accusa, di punitivismo nei confronti dei minori, preoccupa perché denuncia le frustrazioni che nascono da un senso di impotenza comunicativa con i giovani, vuoto che si pensa di colmare dettando le regole, le norme, i principi di normalità a cui attenersi, gli unici accettati per essere ammessi nei santuari del sapere. Come ti devi regolare se vuoi vivere in un mondo in cui ci sono anche gli adulti con le loro pretese. Puzzano di rivincita sui patimenti subiti negli anni della propria adolescenza per via dei soprusi del mondo adulto. Semmai si condannano quei soprusi, ma non il rispetto di quelle, che nonostante la rivoluzione dei costumi, si continua a considerare buone regole, abitudini da inculcare, la buona educazione del tempo che fu. Le ragazze acqua e sapone e grembiule nero, i ragazzi giacca, cravatta, scarpe lucide e capelli corti. Pensavamo di essere riusciti ad andare oltre, ma pare che ora si esageri ed è dunque necessario tirare il freno. Spuntano le mutande dai jeans, alcune magliette e braghe pare lascino trasparire troppo del giovane corpo che le indossa, poi ora ci sono i piercing, che sono ammessi solo se all’orecchio, per non parlare dei tatuaggi, delle  scritte insidiose su magliette e felpe. Poi la scuola non è una spiaggia, niente infradito e occhiali da sole, a meno che lo ordini il medico. 

Se si consultano i siti delle scuole nostrane, come quelle del mondo, i dress code sembrano copiati gli uni dagli altri. Dunque milioni di studenti dagli Usa all’Arabia, dall’Europa all’Australia hanno bisogno di essere educati all’abbigliamento, cosa è consono e cosa non lo è a seconda dei luoghi, a partire dalla scuola. Qualcuno l’ha risolto da tempo con le divise del college, che pure inculcano un senso di appartenenza e di identità, altri restano affezionati al grembiule delle elementari con nastro rosa per le bimbe e azzurro per i bimbi, addirittura l’Istituto Comprensivo Leonardo da Vinci di Milano indica ai genitori dove andarli a comprare, in modo da essere sicuri di rispettare il dress code della scuola.

Siamo sempre alla solita questione, quando l’istituzione non sa accogliere e dialogare, creare un clima di parità e di intesa nel rispetto delle differenze si ricorre a proibire, a scrivere regole e catechismi, anziché contaminarsi, capirsi reciprocamente, assegnare valore ai luoghi e a quello che in quei luoghi si fa e si vive insieme. Non accade in famiglia, non accade a scuola e la scorciatoia che solleva gli adulti da ogni responsabilità è scaricare sulle spalle dei giovani un bel dress code in nome dell’autorità degli adulti e dell’inviolabilità sacra dell’istituzione.

Il problema è che abbigliarsi è un’esigenza e un’arte, è l’arte dell’identificazione, del ritrovare se stessi, dell’interpretare la vita, del comunicare il proprio tempo, il proprio mondo e se la scuola è luogo di socializzazione, e come tale viene vissuto, la socializzazione ha le sue regole e i suoi codici. E se una generazione ha un suo linguaggio perché dovrebbe lasciarlo fuori dalla porta della classe, lasciare una parte di sé fuori dalla scuola, essere a scuola sempre dimezzati. Così la scuola non è la vita, è una para-esistenza, quello che puoi indossare per strada, in famiglia, quando incontri i tuoi amici non va bene, può dare scandalo, distrarre l’attenzione dalle lezioni e dai compiti scolastici, può indurre pensieri carnali, attrazioni sessuali. Ma dove sta tutto questo se non nella mente patologicamente sospettosa di qualche adulto?

L’ossessione del dress code ha accompagnato anche la didattica a distanza, nel sospetto che qualche studente sotto il mezzobusto della webcam indossasse i pantaloni del pigiama, bermuda e le detestate infradito, una imperdonabile mancanza di rispetto nei confronti dell’istituzione seppure virtuale, perpetrata per di più clandestinamente. Il sospetto è che gli insegnanti non siano stati da meno.

A leggere Week Education, rivista statunitense online, si scopre che durante la pandemia la maggior parte degli insegnanti impegnati nella Dad ha vissuto come un vantaggio, in un periodo particolarmente stressante, potersi disinteressare dell’abbigliamento dalla cintola in giù. Ora per ridurre lo stress dovuto alla ripresa della didattica in presenza agli insegnanti di un distretto scolastico del Missouri è stato consentito di continuare a vestirsi in modo casual.

Negli Usa i codici di abbigliamento degli insegnanti non sono una novità. Un contratto dei dipendenti della Ohio Education Association, datato 1923 e rivolto esclusivamente alle insegnanti vietava i colori vivaci o di tingersi i capelli, richiedeva di indossare “almeno due sottovesti” e abiti non più di due pollici sopra la caviglia. I tempi sono cambiati ma non mancano i ritorni di fiamma.

Nel 2018, We Are Teachers ha compilato un codice di abbigliamento per insegnanti con quattordici regole, tra le quali il divieto di indossare jeans e scarpe da ginnastica.

Fortunatamente a calare il sipario sulla assurdità di tutto questo ci hanno pensato gli insegnanti spagnoli del movimento “La Ropa non Tiene Genero”.

Dal 2020 sempre più alto si è fatto il numero dei docenti che hanno scelto di accantonare l’uso dei pantaloni in classe durante le lezioni per combattere gli stereotipi di genere e per sostenere Mikel Gómez, lo studente cacciato da scuola per essersi recato in aula con una gonna.

Invece noi siamo il paese in cui, mentre in parlamento si discute il disegno di legge Zan contro pregiudizi e stereotipi di genere, ci si preoccupa di come le nostre studentesse e i nostri studenti si vestono per andare a scuola, senza rendersi conto di quanto rasentiamo il ridicolo e che le circolari sull’abbigliamento a scuola meriterebbero  di essere sepolte da una solenne risata.

Considerate le statistiche relative all’abbandono scolastico, sarei tentato di suggerire ai  presidi di usare lo slogan: “A scuola come ti pare purché tu ci venga per imparare”. 

L’impressione però è che a scuola tiri una brutta aria, un’aria di reazione e di ostilità nei confronti dei giovani, allarma il post di un docente su Facebook che esalta il suo consiglio di  classe perché allo scrutinio di fine anno su 25 alunni ne ha promossi solo quattro, tutti gli altri respinti o con il giudizio sospeso. inquietante perché quel docente anziché inorgoglirsi dovrebbe preoccuparsi seriamente del fallimento professionale suo e di un’intero consiglio di classe.

Dovremmo essere vicini ai nostri giovani, invece crescono gli atteggiamenti pedagogicamente punitivi, che celano sempre frustrazioni e un patologico bisogno di rivincita. 

“Cambiamo strada” è il titolo dell’ultimo libro del filosofo francese Edgar Morin, nello stesso tempo un invito. Ci avverte del pericolo di un grande processo regressivo che viene da lontano, ancora prima della crisi del virus e che si accentuerà nel post-epidemia. Il timore più grande è che questo processo regressivo, già in corso nel primo ventennio di questo secolo, possa avere varcato anche le porte delle nostre scuole.

Codice disciplinare, deve sempre essere affisso all’ingresso della scuola? Una sentenza della Cassazione

da OrizzonteScuola

Di Avv. Marco Barone

Spesso uno degli aspetti che viene contestato in alcune casistiche in merito ai procedimenti disciplinari è la non pubblicazione, diffusione del codice disciplinare. Va osservato comunque che il codice disciplinare presente sul sito istituzionale del MIUR, degli Uffici Scolastici Regionali e di ogni singolo istituto di istruzione, la cui pubblicazione di norma sostituisce ex lege (art. 55 comma 2 D. Lg.vo n. 165/2001 modificato) l’affissione all’ingresso della sede di lavoro.

Il fatto
Un lavoratore della scuola veniva licenziato in ragione di alcuni giorni di assenza ingiustificata e per l’uso di certificati medici reputati contraffatti. Il lavoratore tramite il proprio legale deduceva l’omessa valutazione del fatto: che l’addebito era stato contestato dopo oltre un mese dalla sua scoperta e che il licenziamento seguiva a distanza di circa quattro mesi dalla contestazione; che il MIUR non aveva fornito la prova della sua rituale convocazione e non aveva contestato tale specifica doglianza del ricorso introduttivo; che era necessaria la affissione del codice disciplinare, non essendo stata dimostrata la commissione di un fatto costituente reato; che la documentazione era tardiva e che nel primo grado il MIUR non aveva partecipato alle udienze neppure quando il Tribunale aveva disposto la comparizione delle parti. La Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., (ud. 10-12-2019) 08-06-2020, n. 10855 lo respingeva il ricorso. All’interno della sentenza affronta anche la questione del codice disciplinare che può essere di comune interesse.

Non è necessaria l’affissione del codice disciplinare se il comportamento assunto dal lavoratore è grave
“Nella parte in cui si assume la necessità della affissione del codice disciplinare la inammissibilità del motivo va dichiarata ai sensi dell’art. 360 bis c.p.c., n. 1. La decisione della Corte territoriale è infatti conforme alla giurisprudenza di questa Corte, che ha ritenuto che anche nel pubblico impiego contrattualizzato non sia necessario provvedere alla affissione del codice disciplinare (prevista dal D.Lgs. n. 150 del 2009, art. 55) in tutti i casi nei quali il comportamento sanzionatorio sia immediatamente percepibile dal lavoratore come illecito, perchè contrario al cd. minimo etico o a norme di rilevanza penale (Cassazione civile sez. lav., 07/11/2019, n. 28741); nella fattispecie di causa la condotta del lavoratore, a prescindere dalla sua astratta rilevanza penale, configura un condotta contraria ai doveri fondamentali del lavorare, costituenti il cd. minimo etico”.

Dispersione scolastica in calo: 0,56% alla secondaria di primo grado, 3,33% alle superiori. I dati del Ministero

da OrizzonteScuola

Di redazione

Il focus pubblicato dal ministero dell’Istruzione riporta i dati relativi alla dispersione scolastica per l’anno scolastico 2017/2018 e il passaggio all’anno scolastico 2018/2019 e per l’anno scolastico 2018/2019 e il passaggio all’anno scolastico 2019/2020. L’osservazione dei dati sulla dispersione scolastica in serie storica mostra una dinamica di decrescita nel corso degli ultimi anni

Entrano nel computo della dispersione le seguenti categorie:

  1. alunni che frequentano la scuola secondaria di I grado e che interrompono la frequenza senza valida motivazione prima del termine dell’anno scolastico, in ciascun anno di corso (abbandono in corso d’anno – scuola secondaria di I grado);

  2. alunni che hanno frequentato l’intero anno scolastico, il I o il II anno di corso della scuola secondaria di I grado, e che non passano nell’anno successivo né al II o al III anno in regola, né al I o al II anno come ripetenti, né alla scuola secondaria di II grado a seguito di avanzamento per merito (abbandono tra un anno e il successivo – scuola secondaria di I grado);

  3. alunni che hanno frequentato interamente il III anno di corso della scuola secondaria di I grado, hanno sostenuto l’esame finale di I ciclo, non passano nell’anno scolastico successivo alla scuola secondaria di II grado, in regola, né frequentano nuovamente la scuola secondaria di I grado, come ripetenti, né si iscrivono a percorsi IeFP, né a percorsi di primo livello presso CPIA o a percorsi di istruzione di secondo livello presso le istituzioni scolastiche di II grado (abbandono nel passaggio tra cicli);

  4. alunni che frequentano la scuola secondaria di II grado e che interrompono la frequenza senza valida motivazione prima del termine dell’anno scolastico, in ciascun anno di corso (abbandono in corso d’anno – scuola secondaria di II grado);

  5. alunni che hanno frequentato l’intero anno scolastico, il I, II, III o IV anno di corso della scuola secondaria di II grado, che non passano nell’anno successivo né al II, III, IV o V anno in regola, né al I, II, III o IV anno come ripetenti, né si iscrivono a percorsi IeFP, a percorsi di primo livello presso CPIA o a percorsi di istruzione di secondo livello presso le istituzioni scolastiche di II grado (abbandono tra un anno e il successivo – scuola secondaria di II grado).

La dispersione scolastica aa.ss.2018-2019 e aa.ss.2019-2020

Il tasso di abbandono complessivo:

  • per la scuola secondaria di I grado si è sostanzialmente dimezzato, passando dall’1,08%, calcolato per l’a.s.2013/2014 e passaggio all’a.s.2014/2015, allo 0,56% dell’a.s.2018/2019 e passaggio all’a.s.2019/2020;
  • per il passaggio tra cicli scolastici è calato dall’1,18% dell’’a.s.2013/2014 e passaggio all’a.s.2014/2015 allo 0,37% dell’a.s.2018/2019 e passaggio all’a.s.2019/2020;
  •  e per la scuola secondaria di II grado dal 4,40% dell’a.s.2013/2014 e passaggio all’a.s.2014/2015 al 3,33% dell’a.s.2018/2019 e passaggio all’a.s.2019/2020.

Il Debate nella didattica a distanza

da La Tecnica della Scuola

Come applicare la metodologia del Debate in presenza e a distanza? (VAI AL CORSO)

Ne abbiamo discusso durante un appuntamento di Tecnica della Scuola Live, nel quale Elisabetta Mughini (INDIRE) ci ha parlato di Avanguardie Educative e di innovazione didattica.

“Una scuola di Ancona ha utilizzato il debate a distanza – ci ha riferito l’esperta – e nella parte di preparazione i ragazzi si sono dedicati alla scrittura collaborativa” per predisporsi alla trattazione del claim (il tema lanciato dagli insegnanti), in modo competente. In altre parole, le due squadre, che rappresentano i pro e i contro del claim, reperiscono le informazioni in rete, si fanno delle opinioni, poi scrivono un testo argomentativo in assetto collaborativo. Un lavoro strutturato e organizzato, che mette in gioco innumerevoli competenze, ci spiega Elisabetta Mughuni.

Le competenze rafforzate dal Debate

Il Debate in presenza, in DAD oppure in DDI, risulta efficace, anche nelle diverse modalità di erogazione, perché offre agli studenti l’opportunità di esercitare abilità cooperative, linguistiche e di pensiero critico per una applicazione autentica delle abilità di base attraverso l’ascolto attivo, il parlato pianificato, la lettura documentata delle fonti di informazione e, last but not least, l’esercizio di una scrittura propedeutica al saggio argomentativo.

Il corso

Su questi argomenti il corso Il debate in lingua inglese, in programma dal 9 giugno, a cura di Silvana Pirruccello.

Il corso prevede un’interazione con materiali didattici per il Debate in lingua inglese, sviluppati e già sperimentati nelle classi di liceo in questi ultimi due anni, dalle lezioni in presenza prima del mese di marzo 2020 e fino ad oggi, attraverso le modalità DAD e DDI. Il format Karl Popper è stato scelto per sviluppare il Template in piattaforma www.scribaepub.it che può essere utilizzato da tutti i partecipanti con i propri studenti, nel rispetto dei diversi livelli di competenze linguistiche.

Ci si concentrerá su come i docenti programmano gli obiettivi per i loro DEBATERS e stabiliscono regole e comportamenti per lo ‘scaffolding’ dell’intero Debate. Particolare attenzione viene dedicata alla selezione delle mozioni, dalla propria programmazione curricolare di lingua e letteratura inglese, per guidare il Debate tra argomentazioni, confutazioni e arringhe e soprattutto su come i docenti possono coinvolgere tutti gli studenti della classe a cimentarsi con il Debate.

Durante il corso si potrà interagire in lingua inglese e riflettere sulle tecniche di ‘public speaking’, uso della voce e ‘body language’ strettamente connesse al Debate.

Dispersione scolastica, in calo negli ultimi anni: i dati del MI

da La Tecnica della Scuola

Nei tre anni scolastici 2017/2018, 2018/2019 e 2019/2020 si è assistito ad un calo dei tassi di abbandono scolastico rispetto agli anni precedenti.

Infatti, l’osservazione dei dati sulla dispersione scolastica in serie storica mostra una dinamica di evidente decrescita nel corso degli ultimi anni. In particolare, il tasso di abbandono complessivo:

  • per la scuola secondaria di I grado si è sostanzialmente dimezzato, passando dall’1,08%, calcolato per l’a.s.2013/2014 e passaggio all’a.s.2014/2015, allo 0,56% dell’a.s.2018/2019 e passaggio all’a.s.2019/2020;
  • per il passaggio tra cicli scolastici è calato dall’1,18% dell’’a.s.2013/2014 e passaggio all’a.s.2014/2015 allo 0,37% dell’a.s.2018/2019 e passaggio all’a.s.2019/2020;
  • e per la scuola secondaria di II grado dal 4,40% dell’a.s.2013/2014 e passaggio all’a.s.2014/2015 al 3,33% dell’a.s.2018/2019 e passaggio all’a.s.2019/2020.

Questi dati sono contenuti nell’ultima pubblicazione del Ministero dell’Istruzione, dal titolo “La dispersione scolastica” (“Fonte: MI – DGSIS – Ufficio Gestione Patrimonio informativo e Statistica).

La pubblicazione fa riferimento ai dati aggiornati a settembre 2020 presenti nella Anagrafe Nazionale degli Studenti. Nel focus, l’abbandono del sistema scolastico e formativo viene fotografato distintamente per la scuola secondaria di I grado, il passaggio tra cicli scolastici e la scuola secondaria di II grado.

Esame terza media, consegna dell’eleborato entro il 7 giugno

da La Tecnica della Scuola

Con l’OM n. 52 del 3 marzo 2021 il MI ha fornito tutte le indicazioni riguardanti l’esame di Stato conclusivo del I ciclo di istruzione, che quest’anno consisterà esclusivamente in un colloquio che verterà sulla discussione di un elaborato.

La tematica dell’elaborato è stata assegnata al singolo alunno dal Consiglio di classe entro il 7 maggio scorso. L’elaborato deve invece essere trasmesso dagli alunni al Consiglio di classe entro lunedì 7 giugno.

L’elaborato

L’elaborato potrà essere scritto, in forma multimediale, potrà essere una produzione artistica o tecnico-pratica e coinvolgere una o più discipline.

L’elaborato è oggetto di una valutazione separata?

No, spetta alle commissioni d’esame, ai sensi dell’articolo 4 comma 1, la definizione dei criteri di valutazione della prova d’esame, comprensiva dell’elaborato.

Nell’elaborato devono essere presenti tutte le discipline?

Non necessariamente: i collegamenti tra le discipline non devono essere forzati, ma seguire il criterio della massima fluidità nella interconnessione.

Scrutini 2021, come funzionano nella scuola del primo ciclo. Giudizio o voto?

da La Tecnica della Scuola

Le operazioni di scrutinio finale per la scuola del I ciclo rappresentano una fase particolarmente impegnativa per i docenti.

I genitori aspettano questo momento per comprendere i risultati conseguiti dai figli mentre i consigli di classe decidono della carriera scolastica dei discenti e, nello stesso tempo, possono verificare l’efficacia delle azioni educativo- didattiche poste in essere per favorire gli apprendimenti previsti dalle “indicazioni nazionali per il curricolo”.

I consigli, quindi, sono chiamati, collegialmente, ad attribuire un giudizio, sia esso descrittivo o voto, e a decidere se ammettere o meno alla classe successiva o all’esame di stato conclusivo del primo ciclo.

Il riferimento normativo principale per la valutazione è il D.Lgs. 62/2017.

Scuola primaria

Con l’O.M. n. 172 del 4 dicembre 2020, gli insegnanti di scuola primaria devono attribuire agli allievi un giudizio descrittivo per ogni disciplina, ivi compresa l’educazione civica. Pertanto l’équipe pedagogica, ovvero tutti i docenti che operano nella classe, in sede di scrutinio finale devono procedere all’analisi del profilo degli allievi e alla verifica dei traguardi di competenza e degli obiettivi di apprendimento da loro raggiunti. In genere il coordinatore provvede ad elaborare una relazione finale complessiva che viene allegata al verbale degli scrutini. Nella relazione deve emergere il lavoro realmente svolto in relazione alla progettazione educativo-didattica elaborata ad inizio anno scolastico e deve fare particolare riferimento alle alunne e agli alunni con Bisogni Educativi Speciali che possono essere presenti, quali:

1) disabili in situazione di gravità (art. 3, comma 3 L. 104/92) o di non gravità (art. 3 comma 1 L. 104/92);

2) con difficoltà di apprendimento aspecifico, cioè alunne e alunni normodotati ma con rilevante ritardo negli apprendimenti, con disagio di origine extra-scolastica, che hanno effettuato numerose assenze, migranti, ecc.;

3) con disturbo specifico di apprendimento certificato (dislessia, disgrafia, disortografia, ecc.);

4) in condizione di fragilità a causa della pandemia da Covid-19.

Nella relazione deve essere anche rilevato se vi sono allieve o allievi che hanno partecipato ad attività di approfondimento/laboratoriali per alcune discipline/ambiti trasversali e se vi sono discenti che hanno frequentato l’attività alternativa all’insegnamento della Religione Cattolica.

L’équipe pedagogica procede agli adempimenti relativi alla valutazione finale ai sensi dell’art. 3, comma 1 del D.lgs 62/2017 in base agli elementi utili per la valutazione quali, ad esempio:

  • Esiti delle prove di verifica e delle osservazioni sistematiche;
  • situazione di partenza di ogni alunno/a, considerando le eventuali situazioni personali “specifiche” e le conseguenti strategie individualizzate e personalizzate adottate;
  • livello globale dei processi di apprendimento e della complessiva maturazione;
  • esiti degli interventi realizzati, compresi quelli di integrazione, di sostegno e di recupero;
  • partecipazione degli alunni ad attività opzionali o facoltative.

La non ammissione alla classe successiva per la scuola primaria richiede una valida motivazione e l’unanimità del team docenti.

Il team docenti provvederà, infine, a compilare la certificazione delle competenze solo per le allieve e gli allievi delle classi quinte.

Scuola secondaria

Così come per la scuola primaria, il consiglio deve provvedere ad effettuare un’analisi della classe e dei singoli alunni, preferibilmente allegando una relazione dettagliata sull’attività svolta ed evidenziando le peculiarità degli alunni, con particolare riferimento a quelli con bisogni educativi speciali.

Prima di procedere allo scrutinio, il consiglio deve verificare se studentesse e studenti hanno soddisfatto il requisito della frequenza minima obbligatoria di almeno ¾ del monte ore obbligatorio previsto. Nel caso si presentassero situazioni di mancato rispetto del numero minimo di ore di frequenza, il consiglio deve tenere conto della certificazione medica o della dichiarazione prodotta dal genitore, in deroga alla limitazione posta dalla predetta normativa. Il consiglio, comunque, deve fare riferimento ai criteri adottati dal collegio dei docenti per la deroga alle assenze, con particolare riferimento alle condizioni dettate dal COVID – 19.

Il Consiglio di classe, verificato di non essere in possesso di alcun elemento valutativo per mancata o sporadica frequenza delle attività didattiche, già perduranti e opportunamente verbalizzate nei precedenti consigli di classe, e per cause non imputabili alle difficoltà legate alla disponibilità di apparecchiature tecnologiche (per i periodi di quarantena o di prosecuzione delle attività in DAD), può non ammettere l’alunno/a alla classe successiva motivando dettagliatamente.

Si comprende come la decisione del consiglio rispetto alla non ammissione deve essere attentamente ponderata e giustificata.

I docenti, pertanto, sulla base di ogni elemento di valutazione rilevato durante l’anno scolastico e dei criteri generali di valutazione deliberati collegialmente, elaborano, per ciascuno degli alunni ammessi allo scrutinio, proposte di voti decimali relativi alle discipline di studio, ivi compresa l’educazione civica, di un giudizio sintetico per la valutazione del comportamento e di un giudizio globale sui livelli di maturazione. Sulla base delle predette proposte e delle osservazioni collegiali, per ciascun alunno, il consiglio di classe delibera l’ammissione alla classe successiva. In caso di valutazioni inferiori a sei decimi in alcune discipline, ai sensi di quanto disposto dall’articolo 6, comma 2 del Decreto legislativo 62/2017, il consiglio di classe può deliberare la non ammissione alla classe successiva motivando la scelta operata.

La procedura per l’ammissione allo scrutinio per le classi terze è la stessa descritta sopra per le classi prime e seconde.

In questo caso il consiglio di classe deve provvedere ad attribuire agli allievi un voto di ammissione all’esame finale del I ciclo, che deve tenere conto dell’intero triennio della scuola secondaria di I grado. Il voto di ammissione sarà poi determinante per il voto finale di diploma.

Infine, è prevista la compilazione della certificazione delle competenze che sarà rilasciata alle studentesse e agli studenti che supereranno con esito positivo l’esame di Stato.

Scrutini finali, per i voti si deve tenere conto dei vari tipi di didattica utilizzati

da La Tecnica della Scuola

È tempo di scrutini finali, in questi giorni gli insegnanti sono alle prese con le proposte di voto, i giudizi motivati, il conteggio delle assenze, il calcolo dei crediti scolastici e la compilazione delle varie scartoffie burocratiche da consegnare ad ogni fine scrutinio.

È importante ricordare che sarebbe opportuno utilizzare una valutazione formativa che tenga conto non solo dei risultati delle verifiche, ma in modo particolare del “processo” educativo e formativo.

Tra Dad e presenza

L’anno scolastico è arrivato ormai al termine, in moltissime scuole la settimana entrante sarà dedicata agli scrutini finali. Le famiglie e gli studenti si chiedono quanto potrà incidere nella valutazione finale il periodo svolto in didattica a distanza o quello svolto in didattica mista tra DDI e presenza. Anche per i docenti non sarà per nulla facile dovere pesare, in modo da non creare ingiustizie, le valutazioni scaturite dagli incontri in presenza e quelle definite da verifiche svolte a distanza.

Valutazione formativa

Sarebbe opportuno, soprattutto in anni particolari come questi dell’emergenza covid-19, utilizzare la valutazione formativa piuttosto che quella sommativa. Bisognerebbe lasciare da parte le medie aritmetiche e gli arrotondamenti al ribasso o al rialzo, facendo una vera e propria analisi valutativa che prenda spunto dall’esperienza didattica attuata e dai processi formativi utilizzati.

La valutazione formativa è “poliedrica” per il fatto che è possibile estrarre diverse facce interessate al processo valutativo. La valutazione scaturita dalla considerazione di un dato comportamento, dal premiare lo sforzo e dall’evidenziare il superamento di una barriera. La valutazione formativa, basandosi sull’esperienza, esige anche una continua rimodulazione del processo formativo e mantiene costantemente aperto il dialogo educativo tra docente e discente. Altra cosa è invece la valutazione della prova dove si verifica, dopo un periodo di spiegazioni del docente, l’apprendimento reale dello studente. Quest’ultima è una valutazione sommativa, volta ha misurare l’atto di performance e a fare scaturire una media tra i vari indicatori della griglia di valutazione.

Pesare bene il voto finale

Nell’anno scolastico 2020/2021 nei Piani triennali di offerta formativa e nei patti di corresponsabilità, stipulati tra scuola e famiglia, troviamo inserite anche le griglie di valutazione della Didattica Digitale Integrata, facendo fede alla norma legislativa che rende la valutazione a distanza giuridicamente valida come quella effettuata in presenza. L’utilizzo durante l’anno di entrambe le griglie di valutazione, chiedono, da parte dell’insegnante, la cura di arrivare ad una valutazione finale ben calibrata e che tenga conto della pesatura dei voti stabiliti durante l’intero percorso dell’anno scolastico.

6 giugno 1944

6 giugno 1944

di Maurizio Tiriticco

Chi mi legge non era ancora nato, ma io sì!!! E per chi legge questo 6 giugno 2021 potrebbe essere un giorno come un altro! Ma per me no! Troppo vivi sono i ricordi! La guerra, la paura, la fame, i bombardamenti per un ragazzino di 15 anni sono “cose” indimenticabili! Già ho scritto del 4 giugno 1944! Quando da Porta San Giovanni l’esercito alleato comandato dal generale Clark, entrò in Roma accolto dauna folla entusiastica. Ed in quella folla c’ero anch’io, ragazzino di 16 anni, ancora impaurito e affamato dopo nove mesi di durissima occupazione tedesca in Roma.

E poi il 6 giugno di quel meraviglioso 1944! Lo sbarco alleato in Normandia! Il nome in codice era operazione Neptune, parte marittima della più ampia operazione Overlord! Uno sbarco che fu una delle più grandi invasioni anfibie della storia, messa in atto dalle forze alleate durante la seconda guerra mondiale! Il tutto per aprire un terzo fronte in Europa edirigersi verso la Germania nazista e allo stesso tempo alleggerire il fronte orientale, sul quale da tre anni l’Armata Rossa stava sostenendo un aspro conflitto contro i tedeschi. L’invasione iniziò nelle prime ore di martedì 6 giugno 1944 (data conosciuta come D-Day in inglese e Jour-J in francese), quando toccarono terra nella penisola del Cotentin e nella zona di Caen le truppe alleate aviotrasportate, che aprirono la strada alle forze terrestri.

All’alba del 6 giugno, precedute da un imponente bombardamento aeronavale, le fanterie sbarcarono su cinque spiagge francesi. Quanti pensieri, quanti ricordi! I documentari Luce che soltanto quattro anni prima, più o meno negli stessi giorni, ci rovesciavano immagini su immagini della rovinosa ritirata degli inglesi a Dunkerque, tra l’entusiasmo generare del pubblico e di noi balilla, cadevano a brandelli dalla mia memoria. Il Führer e il Duce avevano assicurato che le poderose fortificazioni che avevano eretto su tutta la costa francese della Manica avrebbero respinto qualsiasi tentativo di sbarco e di invasione. Che cosa sarebbe successo? Sapevamo dai filmati luce che il Vallo atlantico – così era chiamato l’insieme delle difese delle coste francesi – era un insieme di fortezze inespugnabili! Cemento armato, casematte, cannoni… a non finire!

Avrebbero mai osato gli alleati uno sbarco su quelle coste? Ebbene! Sì! Osarono! Ma il Corriere della Sera del 7 giugno, l’edizione di Milano – capitale della Repubblica Sociale Italiana, o meglio della Repubblica di Salò, dove aveva sede il governo e i ministeri fascisti – così titolava: “Arde la battaglia del Vallo Atlantico – La massa di fuoco della difesa germanica batte le unità ‘alleate’ sulle coste della Normandia – Reparti tedeschi di tutte le specialità immediatamente entrati in azione. Quasi tutte le forze paracadutiste annientate. Gran parte delle truppe sbarcate ricacciate in mare”. Ma ormai alle panzane del fascismo eravamo abituati! Da vent’anni! Eppure circolavano strane voci di armi segrete tedesche! Si diceva che i missili V1 erano armi micidiali, radiocomandati – missile sì, dal latino, arma da getto – che avrebbero distrutto Londra e tutta l’odiata Inghilterra, la Perfida Albione. Ed erano ancora poca cosa rispetto a quello che gli scienziati tedeschi stavano preparando… armi segretissime… circolavano solo voci… ma sul fronte nazifascista erano tutti sicuri! Proprio tutti? Non so! E non credo! Comunque, mentre in Normandia gli alleati avanzavano lentamente, su Londra si abbattevano queste nuovissime micidiali bombe, radiocomandate. Ne furono lanciate più di 10.000!!! Ma la tempra dei londinesi e quella di Winston Churchill era molto dura!E fu premiata!

Ed in quel 6 GIUGNO del 1944 ebbe così inizio la fine di una delle guerre più stupide, assurde, mostruose, che la storia abbia mai conosciuto! Perchéaveva provocato soltanto milioni e milioni di morti! Ai quali il Processo che si celebrò nel Palazzo di Giustizia della città tedesca di Norimberga dal 20 novembre 1945 al 1º ottobre 1946 contro i gerarchi nazisti, responsabili non avrebbe mai potuto dare una giustificazione esauriente ed accettabile! Perché contro gli orrori del nazifascismo c’è solo la condanna, non la comprensione!