A SETTEMBRE SI PARTE CON LA MOBILITAZIONE

TEMPO DELLE CHIACCHIERE FINITO, A SETTEMBRE SI PARTE CON LA MOBILITAZIONE

“Il tempo delle chiacchiere è scaduto, a settembre si parte con lo stato di agitazione e le iniziative di mobilitazione di tutta la categoria”. Ad annunciarlo è Rino Di Meglio, coordinatore nazionale della Gilda degli Insegnanti, nel corso dell’assemblea online che si è svolta oggi per denunciare i gravi ritardi accumulati finora su tutti i fronti, dall’avvio del prossimo anno scolastico con tutti i docenti necessari in cattedra all’apertura del tavolo per il rinnovo contrattuale.

L’iniziativa è stata l’occasione per ribadire la contrarietà della Gilda al Patto per la Scuola: “La nostra decisione di non sottoscriverlo – rivendica Di Meglio – è stata dettata dall’assoluta vacuità di quel documento che fin dal primo momento abbiamo definito come un elenco di buone intenzioni non sostenuto da alcun impegno concreto. Accettarlo, considerate anche le premesse non favorevoli contenute nella legge di Bilancio, sarebbe equivalso a firmare una sorta di cambiale in bianco. E i fatti ci hanno dato ragione, come dimostrano gli articoli del Decreto Sostegni Bis riguardanti la scuola che sono in palese contraddizione con quanto stabilito nel Patto”.

“Purtroppo i provvedimenti volti a ridurre il precariato sono insufficienti per aprire nel migliore dei modi il prossimo anno scolastico. Nessuna buona notizia – rincara il coordinatore nazionale – anche sul fronte contrattuale dove non è stato fatto neanche il minimo passo avanti con l’atto di indirizzo. Al momento, abbiamo soltanto quello generale dell’ex ministra Azzolina in cui si fa riferimento al cosiddetto middle management, ovvero le solite chiacchiere sulla carriera dei docenti che stonano sonoramente con la mancanza delle risorse necessarie per recuperare almeno l’inflazione. E a fronte di stipendi al palo ormai da anni, ha quasi il sapore di una provocazione la richiesta di un aumento di impegni a titolo gratuito da parte degli insegnanti mentre si impiegano fondi per le attività di un Piano Estate che sa già di flop annunciato. Intanto – conclude Di Meglio – nessun intervento concreto è stato attuato per la valorizzazione della professione docente e per la riduzione del numero di alunni per classe”.

La scuola pensa già a settembre Nodo cattedre, spazi e vaccini

da Il Sole 24 Ore

di Claudio Tucci

La scuola non ha fatto in tempo a chiudere, che già si guarda alla ripresa di settembre. Che presenta subito due problemi, non di poco conto, da affrontare. E, nelle prossime settimane, una serie di nodi da sciogliere, anche in base all’evoluzione della pandemia. Il primo “alert” riguarda le cattedre vuote (112mila solo in organico stabile) e il maxi-piano di assunzioni/stabilizzazioni di circa 70mila posti contenuto nel decreto Sostegni bis, che non è ancora partito, e che, anzi, sindacati, oggi in piazza, e una fetta consistente della maggioranza sono pronti a far cambiare in Parlamento. Se non si correrà in fretta (e in attesa di capire quanto ampia diventerà la sanatoria dei precari per ora contenuta a meno di 20mila cattedre) a settembre si rischia di ripetere il boom di supplenze dello scorso anno, con circa 200mila cattedre da assegnare con contratti a tempo, più o meno lunghi.

Il secondo “campanello d’allarme” in vista della ripresa è legato alle classi pollaio. Con le regole sanitarie attualmente in vigore, distanziamento, reperimento nuovi spazi, mascherine, orari e ingressi scaglionati, le scuole hanno ridotto le presenze in classe dei ragazzi, anche grazie all’organico Covid (circa 60mila prof, e 20mila Ata, il personale tecnico-amministrativo) proprio per consentire “aule” meno affollate. Questo personale è stato assunto con contratto annuale, e non è ancora chiaro se sarà confermato (o no) da settembre.

Il ritorno alla scuola in presenza (e in sicurezza) mai come stavolta è legato, a doppio filo, all’andamento del virus. Da un po’ di giorni è partita la campagna vaccinale per gli studenti: l’obiettivo del governo è arrivare all’inizio delle lezioni con la somministrazione di almeno una dose di siero ai giovani con oltre 12 anni per arrivare a una copertura del 70-80% che consente l’immunità di gregge (è ancora in fase di studio il vaccino per gli alunni più piccoli, ma difficilmente il via libera arriverà prima di settembre). Quello che sembra certo, invece, è che le vaccinazioni degli alunni non si faranno a scuola, ma presso i presidi sanitari, ovvero pediatri e hub di vaccinazione presenti nei territori. È chiaro che un’ampia vaccinazione degli studenti, ammorbidirà le misure anti contagio. Di quanto lo sapremo però solo più avanti quando ministero dell’Istruzione e sindacati si accorderanno sul nuovo protocollo su salute e sicurezza in vista dell’avvio dell’anno scolastico 2021/2022. Le lezioni on line invece proseguiranno: anche qui le innovazioni didattiche e organizzative sperimentate in questi mesi di pandemia potranno essere utilizzate dalle scuole “in via complementare” con le lezioni in presenza.

Settembre sarà anche il mese in cui molte scuole faranno partire i corsi di recupero degli apprendimenti, visto che i fondi stanziati con il Piano estate non si esauriranno con i mesi di luglio e agosto. Per ora le scuole si stanno orientando più sul recupero della socialità, con accordi con enti territoriali e del terzo settore, che su un vero e proprio supplemento di lezioni, considerando anche come tutta l’attività didattica di recupero delle ore perse è volontaria sia per i docenti sia per gli studenti. Il nodo è tuttavia strategico. L’Italia, secondo gli ultimi dati Unesco, ha chiuso le scuole per 37 settimane (dato ponderato tra primo e secondo ciclo). Più di Germania (34), Regno Unito (27), Spagna (15), Francia (12). In Paesi, tecnologicamente più avanzati di noi, come l’Olanda, che ha chiuso le scuole per minor tempo dell’Italia, la perdita degli apprendimenti è stimata in almeno il 20%. In Italia, viste anche le criticità nell’utilizzo della Dad, la situazione difficilmente sarà migliore. Un primo indizio lo avremo a metà luglio quando saranno noti i risultati delle prove Invalsi.


«Il ritorno alla normalità non dovrà disperdere le innovazioni didattiche»

da Il Sole 24 Ore

di Claudio Tucci

«I vaccini oggi sono l’unico elemento di successo contro il Covid-19. Quando sarà conclusa, mi auguro a settembre-ottobre, la campagna vaccinale e la gran parte di docenti e studenti sarà vaccinata – spiega Antonello Giannelli, Presidente dell’Anp, l’Associazione nazionale presidi – potremo tornare alla scuola in presenza e in continuità senza più vincoli, mascherine e distanziamento. Attenzione, però. Il ritorno alla normalità non dovrà disperdere le innovazioni didattiche e organizzative rese necessarie dalla pandemia. Penso ai cospicui investimenti in tecnologia, e alla Ddi (la didattica digitale integrata, ndr) che potrà completare le lezioni tradizionali con contenuti on line.

In che senso?

Ad esempio, una percentuale di insegnamenti, scelti dagli studenti, potrebbe essere seguita da remoto, permettendo loro di personalizzare il proprio curriculum, come avviene all’estero, rendendolo meno rigido, tarato sui loro interessi. Ecco io ritengo che su 30 ore settimanali, 3 potrebbero essere scelte tra un menù di alternative, e seguite a distanza nel pomeriggio.

Insomma, una didattica più compartecipata?

Sì. Ciò implica un’opera di aggiornamento formidabile e capillare dei docenti, da fare senza forzature, e un ripensamento delle lezioni, già ora poco attrattive per gli alunni.

Cominciando con tutti i prof in cattedra a inizio lezione…

Certo. Il sistema dei concorsi centralizzati ha dimostrato di non saper soddisfare le esigenze di scuole e ragazzi. Per evitare l’annoso problema delle cattedre scoperte al primo settembre dobbiamo innovare anche qui attribuendo, nel rispetto della Costituzione, poteri assunzionali agli istituti. Si tratta di rimodulare le selezioni in funzione dei fabbisogni delle scuole, valorizzando il ruolo del Comitato di valutazione, come accade in fase di immissione in ruolo degli insegnanti. Occorre potenziare l’autonomia scolastica e la dirigenza. In questi mesi, lo abbiamo visto tutti, le scuole si sono rette grazie al duro lavoro dei dirigenti, ai quali vanno attribuite più libertà operative, un miglioramento della retribuzione e delle condizioni lavorative.

Come recuperare gli apprendimenti persi?

Il Piano estate è solo un primo passo e non si esaurisce con i corsi estivi, le risorse vanno oltre luglio-agosto e aiuteranno la ripartenza. A mio avviso, il recupero va contestualizzato, serve una valutazione oggettiva delle eventuali carenze accumulate. A questo potrebbe pensare l’Invalsi e poi, una volta somministrati i test ed elaborati i risultati, ciascuna scuola, in autonomia, potrà predisporre piani di recupero andando a colmare le carenze degli studenti, soprattutto di quelli più fragili».


«Vaccinare i ragazzi prima della ripresa per fargli riprendere la loro vita»

da Il Sole 24 Ore

di Marzio Bartoloni

«Ai genitori consiglio di vaccinare presto i loro figli, prima del ritorno a scuola perché i vaccini sono sicuri e gli consentiranno di riprendere la loro vita che è stata stravolta nell’ultimo anno». Annamaria Staiano è presidente delle Società Italiana di pediatria e docente alla Federico II di Napoli e sui vaccini agli over 12, «da somministrare partendo da studi pediatrici e centri vaccinali tradizionali» non ha dubbi.

Perché è importante vaccinare i ragazzi visto che non corrono seri rischi con il Covid?

Gli effetti sui minori sono meno gravi anche se esistono e arrivano al decesso: in Italia sono deceduti circa 30 ragazzi sotto i 18 anni. Certo si trattava di soggetti con patologie, ma dobbiamo ricordare che nella popolazione pediatrica di 10 milioni 1 milione è composto di fragili.

E perché non pensare solo ai più fragili?

Perché è necessario bloccare anche la diffusione del virus per evitare la formazione di nuove varianti che potrebbero eludere la protezione del vaccino. In più se in famiglia ci sono soggetti fragili e immunodepressi non completamente protetti dal vaccino avere anche i minori vaccinati è una garanzia in più.

Si è parlato di casi di miocarditi in Israele e Usa.

Sono stati segnalati dei casi rari – 1 su 6mila – a seguito della somministrazione del vaccino a m-Rna e sono sotto valutazione dell’Ema. Si sono verificati tra adolescenti e giovani adulti maschi sopra i 16 anni, ma l’associazione con il vaccino non è stata confermata.

È d’accordo, come fanno alcune Regioni, a somministrare i vaccini AstraZeneca e J&J ai giovanissimi anche se raccomandati per gli over 60?

Gli eventi di trombosi sono estremamente rari. Ma sarebbe prudente restare a queste raccomandazioni riservandoli agli over 60.

Dad e ritorno delle bocciature spingono le ripetizioni

da Il Sole 24 Ore

di Redazione Scuola

Didattica a distanza e ritorno delle bocciature: è nel mix di questi due elementi che va rintracciata l’origine del massiccio e trasversale ricorso alle lezioni private che ha caratterizzato l’anno scolastico che sta per concludersi. E che ha accomunato sia chi ha stentato sia chi tutto sommato poteva farne a meno, almeno stando alla pagella. A segnalarlo un’indagine condotta dalla piattaforma Skuola.net | Ripetizioni – il principale servizio online in Italia per la ricerca e la prenotazione di lezioni private – che ha intervistato 3.500 studenti delle superiori, per tracciare un bilancio di fine anno sul tema.

Circa 1 su 4 è ricorso alle ripetizioni private. Una scelta che è stata praticamente obbligata per gli studenti con una media scolastica sul filo della sufficienza: tra questi è stato 1 su 2 a mettere mano al portafoglio per migliorare la preparazione.

Ma, anche tra chi ha navigato ben oltre la soglia di sicurezza, circa 1 su 5 ha voluto comunque affidarsi a un docente di supporto.Perché le ragioni che hanno portato verso le ripetizioni, soprattutto in un anno così travagliato dal punto di vista didattico, non sempre sono state legate al recupero delle insufficienze. Ovviamente questa è la motivazione principale: lo dice il 60% di chi ha preso lezioni private. Un altro 20% di chi si è affidato alle ripetizioni, però, lo ha fatto soprattutto per far salire ulteriormente il proprio profitto o recuperare eventuali lacune. Il resto della platea – l’altro 20% – ha invece cercato di fare entrambe le cose, recuperare dove era deficitario e migliorare dove già andava bene.

Per spiegare per bene un quadro del genere è necessario introdurre un dato in più: in molti casi, la condizione di difficoltà è figlia del criterio del “tutti promossi” adottato nel 2020. La metà degli studenti che quest’anno ha preso ripetizioni private, in quelle stesse materie aveva infatti maturato l’insufficienza già 12 mesi fa.

In teoria, sebbene per via dell’emergenza fossero stati aboliti i debiti, le scuole avrebbero dovuto attivare dei corsi di recupero durante l’autunno o comunque nel corso dell’anno. Cosa che spesso non è avvenuta: sempre considerando gli studenti che hanno svolto ripetizioni private, 1 su 5 non ha trovato disponibilità di corsi di recupero a scuola, mentre 1 su 2 pur avendoli svolti non ne ha tratto – evidentemente – beneficio.

Paradossale, infine, la situazione della restante parte del campione: anche laddove la scuola ha offerto corsi supplementari, questi erano inaccessibili ai ragazzi che l’anno precedente avevano superato la soglia della sufficienza.

Si diceva, poi, dei problemi connessi al prolungato ricorso alla Dad anche durante l’anno scolastico 2020/2021. Quasi un terzo degli intervistati è assolutamente convinto che senza Dad la propria media in pagella sarebbe stata decisamente più alta. Così, per evitare brutte sorprese nel prossimo anno, circa 1 su 4 ha già messo in preventivo di ricorrere alle ripetizioni durante i mesi estivi, per non farsi trovare impreparato alla ripartenza di settembre. Lo stesso faranno molti maturandi: 1 su 6 si confronterà con un docente privato prima del proprio orale, per affrontare con maggior serenità la commissione d’esame.

Ma come si è mosso chi ha preso lezioni private? Anche in questo campo il digitale ha cambiato profondamente le abitudini: il 31% ha incontrato il docente online, mentre il 18% ha unito lezioni in presenza e a distanza. Una quota, quella di chi si è lasciato convincere dalla bontà delle ripetizioni via web, che dunque ormai sta insidiando quella di chi (51%) ancora rimane nel solco della tradizione andando a casa dell’insegnante privato o ricevendolo a domicilio.

Quelle che non cambiano, invece, sono le materie che mettono più in difficoltà i ragazzi: la matematica non ha rivali, subito dietro il latino e il greco, al terzo posto tutte le altre materie scientifiche (chimica, fisica, biologia, ecc.).

«Questi numeri segnalano sicuramente una risposta all’emergenza educativa non sempre adeguata da parte del sistema scolastico – sottolinea Marco Sbardella, responsabile di Skuola.net | Ripetizioni – ma sono solo la punta dell’iceberg. Uno studente su 4 delle scuole superiori che deve ricorrere alle ripetizioni vuol dire stimare una platea di persone coinvolte superiore al mezzo milione. Ma potevano essere molte di più visto che, tra chi ha navigato in cattive acque per tutto l’anno, circa il 30% avrebbe voluto farle ma poi non ha potuto. I motivi della rinuncia? Soprattutto ragioni economiche ma anche la scarsa fiducia nelle lezioni svolte online (scelta quasi obbligata viste le restrizioni anti-Covid) e la difficoltà di trovare un docente all’altezza della situazione. Proprio gli ostacoli che Skuola.net | Ripetizioni tenta di abbattere gestendo per conto dell’utente tutte le fasi del processo, dall’individuazione del tutor più adatto allo studente al pagamento, passando per la definizione delle modalità di incontro in presenza o a distanza».

Teniamo le classi sempre aperte

da la Repubblica

Paolo Di Paolo

Dici che è l’ultimo giorno di scuola, lo chiami così, ma non è l’ultimo, non è mai l’ultimo – nemmeno per chi suppone di archiviare per sempre zaino e quaderni. Dici ultimo giorno di scuola, e la liturgia liberatoria che prevede lanci di uova e farina, di acqua, spruzzi di schiuma da barba, va onorata com’è giusto che sia. E così ieri, in giro per l’Italia dopo la campanella che ha chiuso il secondo, faticoso e accidentato, anno scolastico della crisi sanitaria sono partiti i caroselli, i cori, gli scherzi. Dici che è l’ultimo giorno di scuola e quel piccolo sollievo – le vacanze che finalmente arrivano, prendono la forma delle mattine, dei pomeriggi lunghissimi in cui si esplora il paesaggio di un’altra vita – è una promessa. Ma l’ultimo giorno di scuola, stavolta, è bene pensarlo come il primo del prossimo anno scolastico: perché non sarà questione di pura logistica. Non sarà questione di misurare un’opportuna, ancora prudente, distanza fra banco e banco, ma di ridurre quella fra le aule e il mondo fuori. È questione di far sconfinare la scuola – nel solco di un ragionamento proposto in un recente volume a più voci, Scuola sconfinata, pubblicato gratuitamente in rete dalla Fondazione Feltrinelli. Rigenerare lo spazio pubblico dell’istruzione rigenerando gli spazi pubblici, ripensare la città come risorsa educativa, farla entrare nella scuola. Far entrare nella scuola «donne e uomini che hanno scelto di educare» – curare una biblioteca, un orto condiviso, un museo, uno studio artigiano; persone che hanno scelto di consumare consapevolmente, che studiano, che creano. Renderli parte di un rinnovato patto sociale. Va rinsaldata un’alleanza strategica, va rimessa a fuoco un’idea di cittadinanza, di spazio pubblico: meno ingolfato dalla burocrazia, dall’applicazione di norme aziendalistiche, meno schiacciato dalle diseguaglianze. Uno studente su cinque non è nelle condizioni di scaricare un documento condiviso, e spesso non ha gli strumenti per farlo. Per questo non può essere l’ultimo giorno di scuola, ma di nuovo e sempre il primo, per un Paese che intende ripartire dai fondamentali, non chiudersi ma aprirsi, assecondare mutamenti sociali decisivi, definire l’area dei nuovi diritti. Non è l’ultimo giorno di scuola se pensi che passa di lì la scommessa su una comunità resistente e duttile, resistente perché duttile. Non è l’ultimo giorno di scuola se pensi che a scuola le ragazze e i ragazzi italiani nati in Italia da genitori stranieri sono cittadini di questo Paese, quando ancora la politica non glielo riconosce. Non è l’ultimo giorno di scuola se pensi che solo tra i banchi si può alimentare una cultura del rispetto e dell’uguaglianza fra orientamenti sessuali diversi, identità, una cultura del rispetto e dell’uguaglianza e della dignità delle donne, mentre parte della società resta indietro e non riesce a rompere vecchi e perniciosi schemi. Non è l’ultimo giorno di scuola se pensi che il nuovo, in un Paese che lo immagina a fatica e spesso lo vive come travestimento del vecchio, nasce tra i banchi. Non è l’ultimo giorno di scuola se percepisci la verità inoppugnabile di un libro polveroso, spesso grondante retorica, come l’innominabile Cuore. Almeno in quella pagina in cui un padre invita il figlio a pensare “che cosa spregevole cosa sarebbe la tua giornata se tu non andassi a scuola”. E aggiunge: “Pensa agli innumerevoli ragazzi che presso a poco a quell’ora vanno a scuola in tutti i paesi, vedili con l’immaginazione, che vanno, vanno, per i vicoli dei villaggi quieti, per le strade delle città rumorose, lungo le rive dei mari e dei laghi, dove sotto un sole ardente, dove tra le nebbie, in barca nei paesi intersecati da canali, a cavallo per le grandi pianure, in slitta sopra le nevi, per valli e per colline… tutti a imparare in cento forme diverse le medesime cose, immagina questo vastissimo formicolìo di ragazzi di cento popoli, questo movimento immenso di cui fai parte, e pensa: – Se questo movimento cessasse, l’umanità ricadrebbe nella barbarie, questo movimento è il progresso, la speranza, la gloria del mondo”. Vi pare troppo? No. Non è mai l’ultimo giorno di scuola.

A scuola d’estate, l’altra didattica fuori dai banchi

da la Repubblica

Corrado Zunino

ROMA – La scorsa estate i presidi tornavano nelle loro scuole ogni settimana, lo hanno fatto a giugno, a luglio, anche ad agosto, per misurare con le fettucce gli spazi possibili, mettere in colonna ordini ministeriali che ogni settimana, mutavano, far entrare banchi e poi banchini in classi già stipate.

. Sarà un ritorno alla vita scolare e sociale attraverso il quale rieducare bambini e adolescenti vittime dell’effetto prigione della stagione fredda – la chiusura in cameretta, a seguire una Dad alienante – alla vita comune, alla didattica all’aperto, a nuovi stimoli educativi.

Per ora il Piano estate è un successo. Sì, ci sono larghe defezioni al Sud, sì, molti professori hanno sbuffato, e in alcuni casi detto no, ma i numeri parlano di un accoglimento maggioritario: 5.162 scuole statali, 667 paritarie, 59 Centri di Istruzione per gli adulti hanno fatto richiesta di fondi europei (Pon) per oltre 400 milioni sui 320 disponibili. E’ una, una soltanto, delle fonti per affrontare un recupero che, si è già stimato, sarà lungo cinque anni.

Nelle scuole, e nei suoi dintorni, tra giugno e settembre si vedranno sessioni con youtuber. Scrittura creativa, molto inglese. E ci sarà anche chi – il Liceo scientifico Da Vinci di Reggio Calabria – rinuncerà alla propria palestra della creatività per mettere i fondi sul recupero psicologico di ragazzi provati e disorientati. Spiega la dirigente scolastica Giuseppina Princi: “Contiamo di partire dall’ultima settimana di agosto. Nella nostra regione ci sono stati solo 35 giorni di lezioni in presenza. Abbiamo registrato casi di sofferenza forte, turbe psicologiche, lo sportello psicologico estivo lo hanno chiesto ragazzi e famiglie”.

La sovrapposizione delle tipologie di finanziamento non renderà facile la rendicontazione economica e il controllo dei risultati, ma il Piano estate fin qui ha trovato un’accoglienza superiore a quella attesa. Dice il ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi: “C’è voglia di ripartire e di farlo mettendo al centro le ragazze e i ragazzi. I fondi europei che abbiamo messo a disposizione, in particolare per le aree più fragili del Paese, possono essere utilizzati nei prossimi mesi per recuperare la socialità persa, potenziare competenze, iniziare a costruire un ponte verso il prossimo anno”.

A Padova cucito, apicoltura e un canale YouTube nelle aule all’aperto

Dopo un Collegio docenti e un Consiglio di istituto realizzati per tempo, fine gennaio e inizio febbraio, l’Istituto scolastico Gianni Rodari di Vo, il centro in provincia di Padova cluster della pandemia di marzo 2020 ma dallo scorso gennaio senza più positivi, lunedì scorso ha iniziato la sua estate d’apprendimento e socialità giugno-agosto, dalle 8,15 alle 12,30. Niente mensa. “Con la scuola dentro la città e la città dentro la scuola”. Hip hop, un corso di apicoltura, l’educazione stradale in pista con i quad, i quattro ruote fuoristrada. Le attività scientifiche andranno nell’aula all’aperto di Vo, appena inaugurata. I corsi di cucito si svilupperanno su macchinari concessi gratuitamente da aziende locali. Il progetto si allargherà sulle tre città di Vo, Lozzo Atestino e Cinto Euganeo, dove si allargano, d’altronde, i tre plessi: infanzia, elementari e medie. Si rivolge a ottomila cittadini, oltreché agli studenti, e prevede un polo di laboratori musicali e teatri, di danza e di sport. Corsi di educazione alla salute, atelier per l’espressione delle emozioni. E competenze Stem, quelle scientifiche, su cui siamo tutti in ritardo. Un canale YouTube sarà gestito dai bambini della scuola. Sono arrivate 280 domande sulle 480 possibili, le scuole hanno accontentato qualcuno in meno. Da lunedì a venerdì a giugno, uno o due volte la settimana luglio e agosto.

Venezia, studenti in cucina per servire la cena anche ai turisti

All’Alberghiero di VeneziaIstituto enogastronomico Barbarigo, 150 studenti serviranno pranzo e cena – e cocktail al bar – a foresti e turisti. Questo sarà il loro Piano estate. Con 138 mila euro a disposizione della scuola, e un ascolto degli studenti preventivo, è partito il laboratorio cucina, o ristorante didattico, all’interno dello splendido convento di San Giovanni in Laterano, centro storico di Venezia. Nella prima settimana si sistemeranno gli spazi: subito servizio all’esterno e poi anche nelle sale al chiuso. Si stanno decidendo menù e prezzi, “e di certo non faremo concorrenza ai tanti locali in laguna”, racconta la dirigente scolastica Rachelle Scandella. “Siamo partiti dai bisogni dell’utenza, abbiamo ricevuto diverse proposte e alla fine abbiamo pensato a queste attività laboratoriali di indirizzo. Non ci aspettavamo una riposta così ampia”. Centocinquanta studenti (su 700) cucineranno e serviranno (e puliranno e laveranno) in estate. Per recuperare quello che non si è riusciti a fare in queste due stagioni di pandemia, a partire dall’Alternanza scuola lavoro. All’invito hanno risposto anche i docenti: tutti gli insegnanti del Piano estate saranno interni. A turnazione. Sei ore di attività, dalle 9 alle 15. E studenti inquadrati in brigate di cucina.

A Roma i ragazzi hanno detto no, ma organizzano concerti e cinema

Al Liceo scientifico Righi, uno dei più impegnativi di Roma, sempre in alto nelle classifiche che valutano il successivo successo universitario degli studenti, non ci sarà scuola d’estate. I docenti sono esausti, e si sono rifiutati in blocco, così come i ragazzi. La dirigente scolastica Monica Galloni racconta: “Gli alunni mi hanno detto: ‘Siamo stati a casa tutto l’anno e in estate dobbiamo venire a scuola?'”. La preside ha realizzato un sondaggio e solo il 9,4 per cento dei ragazzi ha detto di essere disposto a raggiungere il Righi a giugno e a settembre. Luglio e agosto, non pervenuti: nessuna disponibilità. Il collegio docenti ha deciso, quindi, di affidare all’associazione culturale degli stessi studenti l’organizzazione di un’estate culturale libera. “Faremo concerti e cinema, ma il tardo pomeriggio e la sera”, ancora la dirigente. “Io non sono convinta di questa ipotesi di recupero all’ultimo momento, con gli esami di Stato da preparare, due stagioni alle spalle sfinenti. Certo, mi è mancato il Maggio a Siracusa con le seconde classi, il viaggio per partecipare agli spettacoli delle tragedie greche, ma non si possono recuperare questi impegni a fine estate. E poi per poter coinvolgere gli insegnanti servirebbe un altro tipo di contratto. La scuola non è qui per fare baby sitting ai ragazzi d’estate”.

Bari, recuperare giocando. Divertimento e lezioni s’incontrano nei cortili

Il Comune di Bari ha lanciato un avviso e cinque scuole lo hanno fatto proprio: tutte insieme, a chiusura dell’anno scolastico, elaboreranno proposte open air e svilupperanno progetti con una caratteristica comune: saranno all’aperto, nella calda estate pugliese. L’Open air education, sviluppata in questo caso con 122 mila euro, sarà un progetto sperimentale da realizzare con le organizzazioni del Terzo settore, in particolare Save the children. Dopo aver provato nelle scorse stagioni la condivisione di giardini comuni, le prime quattro scuole hanno redatto un manifesto che adesso si sposa con l’intuizione ministeriale di recuperare giocando. Sono più di cinquemila gli studenti, di diversi cicli, coinvolti: “L’obiettivo è quello di restituire il diritto al gioco in spazi esterni e far scoprire nuovi modi di imparare”. Anche in Puglia il progetto chiama a raccolta i genitori degli studenti. L’assessora comunale all’Istruzione, Paola Romano: “Partiamo con le scuole che hanno aderito all’avviso, ma puntiamo ad allagare l’Open air education, la didattica nei cortili”. Tra le iniziative, un Giardino delle arti nel plesso Marconi (in collaborazione con Retake), cinema all’aperto al Don Bosco, un orto didattico al Duca d’Aosta e teatro al Japigia-Verga.

Presidi verso la rotazione coatta

da ItaliaOggi

Alessandra Ricciardi e Marco Nobilio

Addio alla sede fissa, anche i presidi dovranno cambiare scuola, ogni due o tre mandati. In nome dell’Anticorruzione. A chiedere al ministro dell’istruzione Patrizio Bianchi che la rotazione sugli incarichi dirigenziali si applichi non solo ai dirigenti amministrativi ma anche ai dirigenti scolastici sarebbe stata, secondo quanto risulta a ItaliaOggi, la Corte dei conti. E a decidere se e come dare seguito a questa richiesta sarà il capo dipartimento istruzione, Stefano Versari, che proprio in questi giorni dovrà emanare la circolare annuale sull’assegnazione degli incarichi da parte dei direttori scolastici regionali. Tra l’altro Versari, in qualità di direttore dell’Emilia Romagna, è stato uno dei pochi ad averla già applicata quella norma della legge 190/2021, assieme alle Marche e la provincia autonoma di Trento, che però per l’anno in corso l’ha sospesa.

Nella nota 8207/2020, a firma dell’allora direttore regionale Versari, si legge che il cambio di sede «corrisponde anche ad un più generale principio dell’ordinamento sulla rotazione degli incarichi dopo un congruo periodo di permanenza, principio richiamato anche dalle vigenti disposizioni in materia di prevenzione e contrasto alla corruzione».

La questione a livello nazionale si è posta anche nel 2019. E in quell’occasione le sigle sindacali riuscirono nell’intento di frenare l’applicazione erga omnes della rotazione, richiamando le linee guida dell’Anac. L’autorità nazionale anticorruzione, infatti, nel 2016, indicando le misure necessarie per la scuola, non si soffermò sulla rotazione dei presidi. Nel 2017 una successiva delibera sempre dell’Anac definì la scuola un ambito della pubblica amministrazione a basso rischio di corruzione. Facile immaginare che anche questa volta i sindacati torneranno all’attacco con questi argomenti. Anche perché mentre in passato, prima della conclusione del concorso a dirigente, le sedi vacanti su 8mila erano quasi il 25%, oggi la disponibilità di posti scoperti deriva dai soli pensionamenti, che secondo gli ultimi dati disponibili non dovrebbero superare le 500 unità. Il che vuol dire che creare un incastro sul territorio tra vecchie conferme e nuovi incarichi può essere complicato. A maggior ragione se il preside rotante dovesse chiedere di avere una sede della stessa complessità della precedente, complessità che è requisito che influenza anche la parte variabile dello stipendio

Dalla sua l’amministrazione ha l’argomento del Pnrr e dell’utilizzo dei fondi per l’edilizia e le reti infrastrutturali, che seguiranno canali nuovi.

Le norme predisposte dal governo per dare attuazione al Pnrr, infatti, trasformano le istituzioni scolastiche in vere e proprie stazioni appaltanti. E sebbene le somme che dovranno gestire i dirigenti scolastici siano più modeste rispetto a quelle che gestiranno i loro colleghi delle altre amministrazioni, si tratta comunque di una novità di non poco conto. I presidi, infatti, dovranno provvedere direttamente agli acquisti di beni e servizi necessari alla transizione digitale delle scuole, al contrasto alla dispersione scolastica e alla formazione del personale anche se di importo superiore ai 10 mila euro. Anche senza utilizzare le convenzioni-quadro. Idem per gli affidamenti e per i lavori non strutturali da effettuare nelle istituzioni scolastiche. E per farlo dovranno applicare regole contenute nel codice degli appalti.

Nel caso in cui le istituzioni scolastiche dovessero trovarsi nell’impossibilità di utilizzare le convezioni-quadro per acquistare gli strumenti necessari alla transizione digitale, al contrasto alla dispersione scolastica e alla formazione del personale scolastico da realizzare nell’ambito del Pnrr, potranno procedere autonomamente. Dunque, dirigenti scolastici potranno disporre gli affidamenti di lavori, servizi e forniture previsti nel Pnrr, anche se di importo superiore ai 10 mila euro. Esattamente come le cosiddette stazioni appaltanti.

Sostegni bis, mobilità nel mirino

da ItaliaOggi

Carlo Forte

Sotto tiro vincoli, mobilità e straordinario gratis. Contestate anche le restrizioni ai concorsi. Giovedì prossimo scadrà il termine per la presentazione degli emendamenti al decreto-legge 73/2021. Il dispositivo ha iniziato l’iter di conversione, che dovrà concludersi necessariamente entro 60 giorni. Attualmente è all’esame della commissione bilancio della Camera, dove è stato autorizzato anche un ciclo di audizioni delle parti sociali. Gli articoli che riguardano la scuola sono il 58 e 59. Il primo, tra le altre cose, contiene la contestatissima modifica al testo unico che riduce da 5 a 3 il vincolo di permanenza nella sede per i docenti neoimmessi in ruolo. E lo estende a tutti i docenti di ruolo sulla sede dove dovessero ottenere il trasferimento o il passaggio. In più, prevede una altrettanto contestata disposizione. Che impone lo straordinario gratis ai docenti dal 1° settembre all’inizio delle lezioni. Il secondo, l’articolo 59, prevede, per chi non supera un concorso, il divieto di partecipare al concorso successivo. Il destino di queste disposizioni, dunque, si deciderà nei prossimi giorni.

Nel frattempo, deputati e senatori sono bersagliati dalle richieste dei vari gruppi di interesse. Che vorrebbero modificare o abrogare le nuove disposizioni contenute nel decreto-legge.

I conflitti più aspri si stanno verificando proprio sul vincolo triennale della mobilità, lo straordinario gratis ai docenti dal 1° settembre all’inizio delle lezioni e sulla norma che impone ai candidati che non superano un concorso di saltare un turno. Sul vincolo triennale, le critiche degli addetti ai lavori si appuntano sul fatto che il diritto alla mobilità, in quanto finalizzato al ricongiungimento del docente alla famiglia, si collega al principio di buona amministrazione (art. 97 della Costituzione). Perché tutela non solo l’interesse del docente ad avvicinarsi alla famiglia, ma anche l’interesse dell’amministrazione a rimuovere le situazioni di disagio familiare che possano risultare ostative dello svolgimento della prestazione in situazione ottimale. L’interesse al ricongiungimento familiare, peraltro, si fonda anche sui principi contenuti negli articoli 29 e 30 della Costituzione. Perché tutelano l’unità familiare e il diritto dei figli di fruire dell’apporto educativo e assistenziale da parte di entrambi i genitori. E lo fanno sancendo il diritto-dovere, per entrambi i coniugi, di provvedere al mantenimento, all’istruzione e all’educazione dei figli, anche se nati fuori del matrimonio.

Pertanto, l’obbligo del vincolo di permanenza nella sede, sebbene ridotto da 5 a 3 anni, risulterebbe in conflitto con la Costituzione. Perché impedirebbe ai docenti di giovarsi della vicinanza dei propri familiari. E tale situazione di disagio potrebbe determinare anche effetti negativi sulla qualità della prestazione. Pertanto, i sindacati e le associazioni di settore, ne hanno chiesto l’abrogazione.

Il secondo motivo del contendere ruota intorno alla questione dello straordinario gratis dal 1° settembre all’inizio delle lezioni. Gli addetti ai lavori ne contestano la legittimità perché le nuove disposizioni prevedono un aggravio dell’onerosità della prestazione dei docenti senza prevedere la necessaria retribuzione aggiuntiva. Tale aggravio colliderebbe con il principio di giusta retribuzione, sancito dall’articolo 36 della Costituzione. Principio secondo il quale, se aumenta la quantità della prestazione deve aumentare anche la retribuzione. Le norme contenute nel decreto 73, peraltro, confliggerebbero anche con le disposizioni contenute nell’art. 2113 del codice civile. Che vietano il lavoro non retribuito.

La prestazione e la retribuzione, peraltro, sono materie di stretta competenza della contrattazione collettiva. Così come previsto dagli articoli 2 e 40 del decreto legislativo 165/2001. Pertanto, il tavolo negoziale avrebbe comunque titolo a invalidarle all’atto della riapertura delle trattative per il rinnovo del contratto di lavoro. Tanto più che, i soldi per lo straordinario sarebbero già disponibili. Le risorse utilizzabili, infatti, sono quelle contenute nel fondo di istituto delle scuole. E in tale fondo rientra anche la dotazione finanziaria del bonus Renzi. Che non è più strettamente finalizzato a retribuire il cosiddetto merito. Infine, il terzo motivo di contrasto è la preclusione del diritto di partecipare al concorso successivo per i candidati che non superano quello precedente.

Anche questa norma, secondo gli addetti ai lavori, sembrerebbe in odore di incostituzionalità. La Consulta, infatti, con la sentenza n. 163 del 1983, ha spiegato che l’articolo 3 della Costituzione attribuisce ad ogni cittadino il diritto fondamentale di realizzare lo sviluppo della sua personalità. E tale diritto viene attuato principalmente attraverso il lavoro a cui pertanto deve essere garantito il libero accesso da parte di tutti. «Principio questo», si legge nella sentenza, «energicamente ribadito nel successivo art. 4, per cui la Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto».

Straordinari gratis fino a 25 ore

da ItaliaOggi

Marco Nobilio

Sono 700 mila i docenti che saranno obbligati a frequentare altre 25 ore di formazione senza ricevere alcuna retribuzione aggiuntiva. È quanto emerso in un incontro che si è tenuto venerdì scorso tra i rappresentanti del ministero dell’istruzione e i sindacati. L’informativa riguardava il decreto di attuazione delle norme della legge di bilancio che prevedono la formazione obbligatoria sul sostegno agli alunni disabili per i docenti di ruolo che non possiedono il titolo di specializzazione.

Il decreto detta le regole per lo svolgimento dei corsi, che sono stati finanziati con 10 milioni di euro stanziati dal comma 961, dell’articolo 1, della legge 178/2020. Le risorse sono destinate alla realizzazione di interventi di formazione obbligatoria del personale docente, impegnato nelle classi con alunni con disabilità, che risulti privo del diploma di specializzazione specifico. E il decreto fisserà il criterio di ripartizione dei fondi e le modalità di svolgimento degli interventi formativi. Che dovranno prevedere almeno 25 ore di impegno complessivo e senza esonero dall’insegnamento e saranno definite con un decreto del ministero dell’istruzione.

Trattandosi di formazione obbligatoria senza esonero dall’insegnamento e non essendo previsto alcun finanziamento aggiuntivo per retribuire l’impegno straordinario, la VII commissione del Senato aveva già mosso a suo tempo le proprie riserve (si veda il parere reso il 29 dicembre scorso nella seduta 206). In sede di emissione del parere di rito, infatti, aveva evidenziato che «in materia di attività formative obbligatorie per il personale docente non specializzato impegnato nelle classi con alunni con disabilità si reputa opportuno specificare che tali attività siano conteggiate all’interno del limite annuale delle attività collegiali funzionali all’insegnamento fissato dalla contrattazione collettiva nazionale di comparto».

La prassi dello straordinario gratis, peraltro, non è nuova. Tant’è che anche il ministero dell’istruzione, sulla questione della formazione obbligatoria sulla didattica digitale integrata, aveva chiarito che le attività di formazione rientrano nelle 40 ore del collegio dei docenti (si veda la Faq n. 4 del 9 dicembre scorso). E la questione è stata riproposta giovedì scorso dai sindacati. Ma il ministero ha fatto spallucce: i soldi sono stati stanziati e adesso bisogna spenderli. E bisogna farlo anche in fretta. Perché la legge dice che la formazione deve terminare entro il 2021. E riguarda tutti i docenti, non di sostegno, che hanno in classe un alunno disabile. L’obbligo formativo sarà di 25 ore.

L’imposizione dall’alto di nuovi obblighi senza retribuzione rischia di scatenare l’ennesimo contenzioso seriale. Che potrebbe costare all’amministrazione ben più di quello che servirebbe per retribuire i diretti interessati. Le azioni legali, infatti, sono individuali. Pertanto, ogni docente potrà presentare un singolo ricorso. E in caso di soccombenza, l’amministrazione oltre a dovere liquidare 437, 5 euro al docente interessato, pari al compenso spettante, rischia di dover pagare anche le spese legali. Che nel caso specifico potrebbero aggirarsi, mediamente, intorno ai 1.800 euro per ogni ricorso perso.

Il diritto alla retribuzione insorge all’atto dello sforamento del monte delle 40 ore annuali previsto dal contratto per le riunioni del collegio dei docenti. Ciò perché a differenza che in passato, quando la formazione era qualificata come diritto, adesso la formazione è obbligatoria e va fatta in servizio (si veda il comma 124, dell’articolo 1, della legge 107/2015).

Il contratto non prevede la sospensione delle lezioni quando è prevista la formazione. E quindi, l’amministrazione, informando la propria decisione all’orientamento della Cassazione (ordinanza 30907/2020), ha stabilito nella Faq che debba svolgersi « all’interno degli impegni di cui all’ articolo 29, comma 3, lettera a) del contratto collettivo nazionale di lavoro 2006/2009, sul punto ancora vigente». E cioè nell’ambito delle 40 ore in cui ricadono le riunioni del collegio dei docenti, delle commissioni, dei dipartimenti e degli incontri scuola famiglia.

Resta il fatto, però, che lo straordinario non è obbligatorio (si veda la sentenza della V sezione della Corte di giustizia europea C-350/99 dell’8 febbraio 2001). Pertanto, se l’amministrazione non stanzierà fondi aggiuntivi, il rischio che si corre è che i docenti esauriscano gli obblighi contrattuali già entro il mese di dicembre, liberandosi dal vincolo di dover partecipare alle altre attività collegiali previste nel corso dell’anno.

Per liberarsi dagli ulteriori obblighi, la strada indicata dalla giurisprudenza è quella di chiedere in forma scritta l’autorizzazione allo straordinario (si veda la sentenza del Consiglio di stato, sezione V, 4702/2007). E in assenza di autorizzazione, presentare un atto di rimostranza scritto. Atto che ha l’effetto di far decadere l’ordine di servizio, se non reiterato. In caso di reiterazione, l’atto costituirà titolo per la retribuzione dello straordinario anche in sede di giudizio.

Precluse utilizzazioni e assegnazioni provvisorie

da ItaliaOggi

Carlo Forte

Si riapre la trattativa tra i partiti di governo sulle assegnazioni provvisorie per i neoimmessi in ruolo. Il decreto-legge Sostegni-bis, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 123 di martedì scorso, è all’esame della Camera per la conversione. Il dispositivo prevede la riduzione da 5 a 3 anni del vincolo di permanenza triennale nella sede di prima assegnazione per i docenti immessi in ruolo dal 1° settembre 2020. E dunque, se la norma non sarà modificata in tempi stretti, i neoimmessi in ruolo potranno presentare la domanda di mobilità non prima dell’anno scolastico 2022/23 con effetti a far data dal 1° settembre 2023. La preclusione del diritto a presentare anche la domanda di mobilità annuale (utilizzazioni e assegnazioni provvisorie) è prevista dall’articolo 1, comma 17-octies, del decreto-legge 126/2019, convertito con legge 159/2019. Dunque, il divieto non vale per gli immessi in ruolo con effetti a far data dal 1° settembre 2019 (si veda l’articolo 13, comma 3, del decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 59, come modificato dalla legge 30 dicembre 2018, n. 145). E non vale nemmeno per i docenti che otterranno il trasferimento il prossimo anno, per i quali il nuovo vincolo triennale si applica solo alla mobilità a domanda (trasferimenti e passaggi di cattedra e di ruolo). L’articolo 58, comma 2, lettera f) del decreto-legge 73/2001 (Sostegni-bis), infatti, non prevede alcun vincolo in tal senso.

Dunque, la modifica normativa per consentire l’accesso alla lotteria delle assegnazioni provvisorie interprovinciali e provinciali per avvicinarsi alla famiglia dovrà essere adottata solo per i neoimmessi in ruolo dal 1° settembre scorso. A riaprire i giochi è Mario Pittoni, senatore della Lega, vicepresidente della commissione istruzione del senato. «Ci sono i tempi per approvare il ripristino dell’assegnazione provvisoria degli insegnanti, superando la norma spacca-famiglie. È solo questione di volontà politica. Premesso», spiega Pittoni, «che l’assegnazione provvisoria può essere disposta fino al 20° giorno successivo all’inizio delle lezioni (mediamente tra il 4 e il 10 ottobre), per evitare il sovrapporsi di tale procedura col conferimento delle supplenze, sarebbe ovviamente opportuno che quest’ultimo fosse programmato per fine agosto e le assegnazioni provvisorie all’inizio dello stesso mese. La scadenza per la presentazione delle domande non dovrebbe superare il 15 luglio».

Dunque, conclude il vicepresidente della VII commissione di palazzo Madama «ci sono ancora 50 giorni per la conversione del decreto Sostegni bis e, comunque, la relativa ordinanza ministeriale può essere emanata subito dopo l’approvazione dell’emendamento da parte del primo ramo del Parlamento, che procede alla conversione in legge con clausola di inefficacia nel caso di mancata conversione del decreto o di revoca della disposizione emendativa».

Va detto, inoltre, che la preclusione dell’accesso alla mobilità annuale non vale per i docenti neoimmessi in ruolo che saranno trasferiti d’ufficio in quanto soprannumerari. E non vale nemmeno per i docenti che assistono un familiare disabile in qualità di referenti unici. A patto che il rapporto di assistenza sia intervenuto successivamente alla presentazione della domanda di partecipazione al concorso. Va detto subito, peraltro, che la preclusione dell’accesso alla mobilità annuale, sebbene nell’intenzione del legislatore dovesse essere intesa senza eccezioni (salvo quella della legge 104/92) confligge con diverse norme speciali che tutelano situazioni particolari.

La prima è l’articolo 42-bis del dlgs 151/2001, che dispone il diritto all’assegnazione temporanea del genitore con figli minori fino a tre anni di età. La seconda è l’art. 17 della legge 266/99, che dispone il diritto del coniuge del militare trasferito d’autorità di essere assegnato nella sede di servizio del coniuge o, in mancanza, nella sede più vicina. E la terza è la stessa legge 104/92 che dispone il diritto alla mobilità con precedenza, sia nella fase dei trasferimenti, che in quella delle utilizzazioni e assegnazioni provvisorie, per i referenti unici dell’assistenza, senza limitazione di tempo e anche per i lavoratori portatori di handicap con un grado di invalidità superiore ai 2/3.

La prevalenza delle norme speciali sulle norme generali è pacifica in giurisprudenza. Pertanto, in caso di contenzioso, la soccombenza dell’amministrazione scolastica risulterebbe altamente probabile. Ciò vale anche per le cosiddette norme eccezionali.

E cioè per le norme contrarie a regole generali. È ovvio, si legge nella sentenza 27041/2011 della Cassazione, «che tanto le norme speciali quanto le norme eccezionali si pongano in termini di deroga rispetto a regole generali, perché finalizzate o a calibrare certi istituti alle particolarità specifiche di un determinato settore o perché sono gli stessi presupposti di fatto che impongono un intervento legislativo derogatorio delle regole vigenti».

B. Pitzorno, Sortilegi

Bianca Pitzorno, dalla leggenda alla letteratura

di Antonio Stanca

L’ultima opera di Bianca Pitzorno è Sortilegi, pubblicata quest’anno da Bompiani nella serie “Narratori Italiani”. Sono tre racconti che la scrittrice ricava da notizie, conoscenze che le sono giunte o si è procurata e che sono state opportunamente rimaneggiate.

   La Pitzorno è nata a Sassari nel 1942, ha settantanove anni e molto ha scritto soprattutto dal 1970 al 2011. Dopo essersi laureata in Lettere Classiche a Cagliari si è specializzata, a Milano, presso la Scuola Superiore delle Comunicazioni. A Milano è rimasta, qui vive e lavora, i suoi scritti non sono solo di narrativa ma anche di saggistica, sono testi teatrali, televisivi. Ha svolto, inoltre, un importante lavoro di traduttrice, ha fatto conoscere in Italia famosi autori stranieri. Ha lavorato presso la Ruben Martinez Villena, la Biblioteca di L’Avana. Molti riconoscimenti ha ottenuto nei campi dove si è applicata. In modo particolare si è distinta nella narrativa per ragazzi per la quale ha ottenuto il Premio Internazionale Hans Christian Andersen Award, ritenuto il Premio Nobel per questo genere letterario. Anche in televisione ha curato programmi per ragazzi, anche di politica si è interessata, multipla è stata nei suoi impegni, instancabile, inarrestabile, inesauribile. Basti pensare che spesso si è documentata sulle vicende, sui personaggi che intendeva rappresentare nelle narrazioni, spesso li ricavava dalla storia o da quanto storia non era ma solo una diceria, una credenza, una leggenda che ancora esisteva pur appartenendo al passato più remoto. Era curiosa, s’informava, scopriva e ne faceva opere di letteratura, ne traeva romanzi o racconti. Così ha fatto per i racconti di Sortilegi: ha cercato nel passato, stavolta della Toscana e della Sardegna, e vi ha trovato storie delle quali ci sono anche testimonianze scritte ma che soprattutto sono state tramandate oralmente, diventate sono patrimonio di tutti, rientrate sono nel sapere collettivo, superato hanno i loro tempi, i loro luoghi e trasformate si sono in esempi, in simboli da imitare o evitare, favole sono diventate, per sempre e per tutti sono finite col valere. A queste ha attinto la Pitzorno di Sortilegi e mentre nei primi due racconti, La strega e Maledizione, il tema rientra tra quanto è solitamente appartenuto alle credenze popolari circa i fenomeni di stregoneria o di fattura, il terzo riguarda un evento vissuto da pasticcieri sardi emigrati in Argentina dopo la seconda guerra mondiale e qui affermatisi per i loro dolci. Protagoniste dei primi racconti sono, come pure è consueto, donne bellissime che hanno avuto una vita sfortunata, solitaria, che sono state vittime di invidie, maldicenze, calunnie fino ad essere, ne La strega, accusate di nascondersi sotto forme diverse, considerate pericolose, processate e condannate a morte. In Maledizione, invece, la donna bellissima e in pericolo si salverà grazie all’aiuto giuntole in gran segreto da persona buona che aveva scoperto l’inganno perpetrato nei suoi confronti.

   Ogni volta, anche in Profumo, la Pitzorno dichiarerà di aver sentito, di aver letto di quelle storie e di essere stata tanto attirata da averne voluto ricavare delle narrazioni, fare letteratura. Ci è riuscita in questa come in altre opere, ha ripercorso la vicenda saputa sistemandola, costruendola in modo che acquistasse una sua autonomia, un suo significato, un suo valore, che si liberasse delle confusioni, delle indeterminazioni che sono proprie delle leggende e sembrasse vera, autentica. Aiutata è stata in questa operazione dall’uso di una lingua quanto mai ricca e capace di aderire alla realtà fino al punto da non farla distinguere dall’invenzione.

    Molte esperienze in molti campi ha accumulato la Pitzorno e le sue capacità espressive ne sono uscite arricchite, si sono perfezionate. Leggerla è facile ma è anche e soprattutto utile poiché permette di sapere tutto della vita anche di quella che non è accaduta.

B.L. Castrovinci, Il treno della scienza

Bruno Lorenzo Castrovinci, Il treno della scienza, un viaggio senza fine

Il treno della scienza, un viaggio senza fine, è un’opera letteraria che racconta le storie degli insegnanti, dei bidelli, dei dirigenti scolastici, degli assistenti amministrativi e di quanti a vario titolo lavorano nella scuola italiana.

I personaggi sono tutti, eccetto alcuni, caratterizzati dal fatto di viaggiare su un treno, il treno della scienza appunto, che li conduce, giorno per giorno, verso il posto di lavoro, .

Il treno della scienza rappresenta quindi il viaggio che ogni giorno, a volte con grandi sacrifici, molti uomini e donne fanno per andare a lavorare in una scuola, quella italiana, caratterizzata da tempi con rituali ben precisi che, nonostante le spinte innovative di alcuni, rimangono sempre uguali.

La narrazione ricopre un arco temporale di due anni, illustrando questi rituali, questi momenti all’interno dei quali i personaggi si muovono e prendono vita, con le loro emozioni, i loro vissuti, le loro passioni, aspirazioni, speranze ma spesso anche  con la loro sofferenza e il loro dolore.

Sul treno le anime si incontrano, inevitabilmente si innamorano, si legano e ognuno dei personaggi reagisce a questi sentimenti in modo diverso. Alcuni sono sposati e vivono il dramma di matrimoni che la mancata relazione quotidiana distrugge, altri hanno vuoti esistenziali che cercano di colmare scendendo in anfratti del loro io sempre più cupi, anche se per farlo vivono passioni con tutto quello che queste ultime portano con sé.

Il lettore, quindi, rivive, attraverso i personaggi, queste emozioni, prima fra tutte l’amore con tutte le sue sfumature.

La struttura del racconto si sviluppa sulle storie di quattro personaggi principali: Marco, Ester, Laura e Alberto ai quali durante il racconto si aggiungono altre figure, alcune delle quali diventano importanti, come Roberta, animo nobile, presente in quasi tutto il libro.

Tra le storie, il mondo della scuola viene raccontato e descritto dettagliatamente, anche negli aspetti che nessuno conosce e pertanto per questo molto affascinanti.

A fare da contorno il paesaggio Siciliano, illustrato in tutta la sua bellezza, che il libro porta alla sua scoperta, soprattutto chi non lo ha mai visitato e invita a viverlo, assaporarlo nelle sue mille sfaccettature e colori.

Ma nel libro emergono anche altri aspetti di questa bellissima terra, con infrastrutture inadeguate, con treni obsoleti, tempi di percorrenza lunghissimi a causa di un’alta velocità mai realizzata e viene drammaticamente mostrata anche la fragilità di tutela di un paesaggio quasi unico al mondo.

Il libro con i suoi personaggi stupisce, pagina dopo pagina fino alla fine, con storie che si sviluppano si intrecciano e che hanno un unico denominatore: lui, il treno, che di fatto prende vita, innamorandosi di quei viaggiatori, seguendoli nei loro destini e vivendo in prima persona un’infinità di emozioni, dal trascinamento passionale al dramma per le storie finite, dal rimpianto per quelle mai vissute alla tristezza  per chi va via, per chi lo lascia per sempre.

Emozioni quindi che riempiono tutte le pagine, una dopo l’altra, come un viaggio senza fine. Le stagioni passano, gli anni si susseguono, ma inesorabilmente il treno è sempre lì, ogni mattina, a riprendere la sua corsa sui binari della vita.

Maturità 2021, ecco i modelli di verbali

da OrizzonteScuola

Di redazione

Dal 16 giugno al via gli esami di Maturità: ci sarà un’unica prova orale in presenza con il rispetto delle regole del protocollo di sicurezza. Punto di partenza del colloquio sarà l’elaborato realizzato e consegnato entro il 31 maggio. Si proseguirà con l’analisi di un testo di italiano e del materiale predisposto dalla commissione. Ci sarà spazio per l’esposizione svolta nei PCTO e per il nuovo insegnamento di educazione civica. L’Usr per il Veneto pubblica i modelli di verbali

Nel corso del colloquio, che dura 60 minuti e può essere valutato fino a 40 punti, saranno trattati i nodi concettuali caratterizzanti le discipline, anche nel loro rapporto interdisciplinare.

Il presidente e i commissari delle due classi abbinate si riuniscono in seduta plenaria presso l’istituto di assegnazione il 14 giugno 2021 alle ore 8:30

Modelli verbali

Inizio scuola 2021: a settembre si ritornerà in presenza, ma in classe resterà il distanziamento tra i banchi

da OrizzonteScuola

Di Andrea Carlino

Il governo assicura: si tornerà in classe a settembre, ma resterà il distanziamento tra i bianchi. Durante il suo intervento in radio, la sottosegretaria all’Istruzione, Barbara Floridia, è stata chiara sull’argomento.

“Il Ministero è a lavoro affinché si vada sempre di più a ridurre il numero degli studenti per classe, ma di certo abbiamo ulteriormente prorogato le misure economiche per aiutare i dirigenti a mantenere gli ulteriori spazi per le attività scolastiche con alunni per classe in minor numero: possono mantenere spazi aggiuntivi per effettuare lezioni con il distanziamento previsto. Poi vediamo di tornare davvero alla normalità, in ambienti con spazi più ravvicinati. La scuola è il centro del Paese, a settembre sarà dunque in presenza”.

Altro tema importante sarà quello della vaccinazione. Su questo argomento è intervenuto lunedì il commissario per l’Emergenza, Francesco Paolo Figliuolo“I presidi dovranno rendere sicura la permanenza a scuola dei bambini e dei ragazzi che sceglieranno di non vaccinarsi. Il vaccino è uno dei pilastri della lotta al virus, ma per me nessuno mai deve essere discriminato: finche ci sono le leggi che permettono la non obbligatorietà, chi organizza l’attività scolastica deve mettere in campo tutto quello che è possibile”.

Ci saranno anche fondi per la riapertura delle scuole: nel Decreto Sostegni Bis è previsto un fondo di 500 milioni di euro. 20 milioni, invece, sono destinati al reclutamento straordinario sul territorio di psicologi.