Diritto alla mobilità per le persone con disabilità

Trasporti: il Governo si è dimenticato del diritto alla mobilità per le persone con disabilità
Vita del 18/06/2021

La bozza del decreto legge Trasporti in circolazione non prevede la gratuità della sosta sulle strisce blu per i veicoli dotati di apposito contrassegno europeo. Il Governo e il Ministro Giovannini hanno ancora tempo per colmare un vuoto ingiustificabile.

Cittadinanzattiva insieme all’Unione Italiana per la lotta alla distrofia Muscolare UILDM e alla società di consulenza VERA Studio hanno inviato una lettera ai Ministri Giovannini e Stefani per chiedere la pronta modifica dell’art.9 della Bozza di decreto legge Trasporti. La richiesta, a nome di tutte le associazioni impegnate nella difesa dei diritti delle persone con disabilità, è di rendere ovunque gratuita la sosta sulle strisce blu per i veicoli dotati di apposito contrassegno europeo.

La richiesta di modifica è da tempo all’attenzione del Governo e più volte il Parlamento ha chiesto di intervenire per far sì che nel nostro Paese le persone con disabilità abbiano tutti gli stessi diritti. Il diritto ad una piena e agevole mobilità non deve dipendere dalla buona volontà di un Sindaco. Oggi una persona con disabilità che vive a Roma non paga la sosta sulle strisce blu, mentre colui che vive a Taranto è tenuto a pagarla. Una situazione a macchia di leopardo unica in Europa che non ha nulla a che vedere con l’autonomia comunale.

“I diritti devono essere garantiti ovunque allo stesso modo – ha dichiarato Anna Lisa Mandorino, Segretaria Generale di Cittadinanzattiva – mentre questa situazione mostra che alcuni Comuni fanno pagare la sosta oraria ai veicoli al servizio delle persone con disabilità, senza peraltro garantire alle stesse una adeguata mobilità. Basti pensare alle barriere architettoniche nelle nostre città, ai marciapiedi bloccati e ai pochi posti dedicati, spesso occupati abusivamente da automobilisti – prosegue Anna Lisa Mandorino –. Non si può pensare di far pagare la sosta sulle strisce blu quando i pochi stalli dedicati sono spesso già occupati. Molti automobilisti che accompagnavano disabili sono stati persino multati per aver sostato nelle strisce blu senza pagare la tariffa oraria. Oltre al danno la beffa”.

“La cosa che più dispiace è che questa situazione – prosegue Marco Rasconi, Presidente di UILDM – riguarda Amministrazioni di città e comuni di medie e piccole dimensioni – spesso in località turistiche – che non vogliono rinunciare a modesti introiti, pur sapendo che la normativa, sia europea che nazionale, è improntata alla salvaguardia della nostra vita sociale. La mobilità sostenibile non è solo quella legata alla transizione ecologica delle auto o ai monopattini ma è soprattutto quella legata al rispetto dei diritti della persona, come prevede la stessa Agenda 2030 delle Nazioni Unite”.

“Nella bozza del decreto legge Trasporti del Governo non vi è alcuna traccia di quanto abbiamo chiesto e che il Governo si era impegnato a fare. Vi è solo una generica indicazione ai Comuni di prevedere degli stalli dedicati alle persone con disabilità. Si tratta di una previsione che non cambia nulla rispetto alla situazione attuale – prosegue Francesco Schlitzer, Amministratore Delegato di VERA Studio la società che affianca pro bono le associazioni civiche – Eppure il Governo si è recentemente impegnato con la Mozione presentata dall’on. Lisa Noja a procedere in questa direzione”.

La formazione dei docenti non è una priorità

La formazione dei docenti non è una priorità

di Enrico Maranzana

Il legislatore, vent’anni fa, ha riconosciuto la natura sistemicadella scuola. Una definizione inascoltata a causa di una generalizzata e costante disattenzione per le regole. Un comportamento che ha originato il richiamo del ministro Patrizio Bianchi sulla parcellizzazione degli insegnamenti e sulla persistente centralità dei programmi.

Il fatto non è isolato: la voce del legislatore non è mai riuscita a rimuovere incrostazioni didattiche centenarie. 

Si propongono alcuni esempi:

1974 – la struttura organizzativa è rimodellata. Specifici organismi sovraintendono la funzione strategica, la funzione tattica e quella esecutiva. 

La trasgressione della norma è documentata dagli organigrammi che le scuole hanno messo in rete.

1999 – L’autonomia valorizza le potenzialità gestionali. Essa “Si sostanzia nella progettazione e nella realizzazione di interventi di educazione, formazione e istruzione mirati allo sviluppo della persona umana”. Il richiamo ministeriale è un inequivocabile sintomo della mancata osservazione della regola.

2003 – La funzione docente è ridisegnata per conseguire la finalità istituzionale: “Sviluppare le capacità e le competenze, attraverso conoscenze e abilità, generali e specifiche, coerenti con le attitudini e le scelte personali”.

2012 – Si certificano le competenze. L’adempimento, se fosse stato correttamente inquadrato, avrebbe mostrato un duplice scenario. Il primo, riguardante le potenzialità degli studenti,avrebbe circoscritto lo spazio collegiale e unificato gli insegnamenti. Il secondo, attinente ai singoli docenti, avrebbe finalizzato l’utilizzo delle materie di studio alla stimolazione e alla promozione di capacità.

2021 – Esame di Stato. La griglia ministeriale di valutazione del colloquio prevede la “Acquisizione dei contenuti e dei metodi delle diverse discipline del curricolo”. Si tratta di un’indicazione pregnante perché i metodi disciplinari non si possono insegnare, si acquisiscono praticandoli. Ne consegue la centralità dei laboratori in cui gli studenti, opportunamente stimolati, fanno ricerca per conquistare, autonomamente, il sapere.

La casistica esposta evidenzia come la formazione dei docenti sia un falso problema: la loro attività, infatti, è il momento conclusivo di un articolato processo progettuale.

Chiesa e disabilità

Chiesa e disabilità. Suor Donatello (CEI): “Le persone disabili abbiano posti di responsabilità…
Agenzia SIR del 18/06/2021

… non sono più sufficienti le quote”. 
“La Chiesa italiana non parla su di loro, ma parla con loro. Le persone disabili sempre più dovrebbero essere presenti nei nostri tavoli decisionali, negli eventi organizzativi e nei posti di responsabilità. Vogliamo che le indicazioni del magistero e la Parola di Dio siano trasformati in una prassi dell’ordinarietà”. Suor Veronica Amata Donatello, responsabile del Servizio CEI per la Pastorale delle persone con disabilità, parla all’indomani della pubblicazione della nota della Pontificia Accademia per la Vita

“La Chiesa italiana non parla su di loro, ma parla con loro. Le persone disabili sempre più dovrebbero essere presenti nei nostri tavoli decisionali, negli eventi organizzativi e nei posti di responsabilità. Vogliamo che le indicazioni del magistero e la Parola di Dio siano trasformati in una prassi dell’ordinarietà. Non basta mettere una persona disabile nell’organizzazione di un evento”. Suor Veronica Amata Donatello, responsabile del Servizio Cei per la Pastorale delle persone con disabilità, parla all’indomani della pubblicazione della nota della Pontificia Accademia per la Vita su “L’amicizia con le persone con disabilità: l’inizio di un nuovo mondo”.

Che novità è contenuta nel testo?
È un documento che ha una visione mondiale. Ognuno di noi ha diritto alla salute e all’informazione come persona. È un diritto fondamentale che non è possibile lasciare alla benevolenza o al buon cuore. Essere persona è quello che accomuna tutti e la pandemia ha mostrato quanto sia difficile rispettare questo criterio. La nota ribadisce con forza e autorevolezza tutto ciò. Non basta curare l’altro, perché l’altro ha anche una vita. Pensiamo alle persone con autismo che hanno avuto interrotte routine e abitudini, modificati stili di vita. Non c’è stato un accompagnamento per sostenerli in questo vissuto personale. Siamo stati carenti anche noi. Non c’è stata informazione che tenesse conto della pluralità dei linguaggi e, se non badiamo a questo aspetto, escludiamo il 60% delle persone con disabilità che hanno bisogno di comunicativi complessi.
C’è il diritto alla salute, ma anche all’informazione e all’accompagnamento. Dobbiamo accompagnare la famiglia e i caregiver, che non hanno gli strumenti per affrontare situazioni di crisi del genere. Ci sono genitori che hanno dovuto fare i fisioterapisti, gli infermieri, gli educatori, gli psicoterapeuti. E non è giusto.

La pandemia, si legge nella nota, ha avuto un impatto negativo sproporzionato sulle vita delle persone disabili e dei loro cargiver.
È stato uno shock enorme. La società si sta interrogando su come aiutare i giovani e le persone normodotate ad uscire da questo periodo. Pochi, però, si domandano come accompagnare la persona con disabilità. Ci sono famiglie con figli pluri-disabili che hanno timore di rimandarli a scuola a settembre, perché hanno vissuto un anno e mezzo chiusi in casa senza vedere parenti e colleghi. È stato un terremoto.
A volte siamo stati afoni, non abbiamo saputo parlare.
Il Papa ci ricorda che una delle pecche della Chiesa è la mancanza di ascolto. Dobbiamo riconoscerlo: talvolta non abbiamo ascoltato, pensando che ripristinare alcune prassi avrebbe riportato tutto alla normalità. Non è così e dobbiamo prenderne consapevolezza.

Eppure l’Italia rappresenta un’eccezione positiva nella capacità di accompagnamento…
L’Italia ha uno stile mediterraneo di accoglienza e di accompagnamento. Dove la comunità era viva e la famiglia era accanto alla comunità, il sostegno è stato fondamentale. Quando la famiglia non era legata a un ambito territoriale, invece, la fatica è stata tanta. La grande paura dei genitori è stata fonte di enorme stress: chi li accompagna ora? A volte le nostre risposte hanno rischiato di essere normalizzanti, la stessa soluzione per tutti. Non è così.

Il documento parla di “magistero della disabilità”.
Dal Concilio Vaticano II in poi, la maggior parte dei documenti riservano un’attenzione particolare alla disabilità. Non come quota di partecipazione alla vita della Chiesa, ma come coscientizzazione di appartenere al popolo di Dio.
Le persone disabili e le loro famiglie, se ascoltate, sono un grande dono per la comunità cristiana.
Non in chiave passiva. Il magistero ha una visione di parresia, la cui attuazione è purtroppo lasciata a noi. Che spesso siamo manchevoli.

È il momento di coinvolgere le persone disabili nella Chiesa?
La Chiesa italiana non parla su di loro, ma parla con loro. Le persone disabili sempre più dovrebbero essere presenti nei nostri tavoli decisionali, negli eventi organizzativi e nei posti di responsabilità. Vogliamo che le indicazioni del magistero e la Parola di Dio siano trasformati in una prassi dell’ordinarietà. Non basta mettere una persona disabile nell’organizzazione di un evento, ma questo deve diventare normalità.
Non sono sufficienti le quote, non è questa la Chiesa che vogliamo.
Il magistero è chiaro, le persone con disabilità hanno fatto un cammino durante il quale hanno scoperto il proprio valore. La Chiesa può fare la differenza e lo sta dimostrando. Dobbiamo avere il coraggio di essere uguali.

di  Riccardo Benotti 

Profilo e Condizione occupazionale dei Laureati

RAPPORTO 2021 SUL PROFILO E SULLA CONDIZIONE OCCUPAZIONALE DEI LAUREATI.
LA PANDEMIA NON COMPROMETTE LA FORMAZIONE ANCHE SE RALLENTA L’OCCUPAZIONE.
I LAUREATI HANNO APPREZZATO LA DAD, MA VOGLIONO TORNARE IN PRESENZA

All’Università degli Studi di Bergamo è stato presentato il XXIII Rapporto AlmaLaurea, annuale fotografia su Profilo e Condizione occupazionale dei Laureati. Le rilevazioni condotte sui 76 atenei che partecipano ad AlmaLaurea hanno coinvolto 291mila laureati del 2020, con un approfondimento sulla didattica a distanza durante la pandemia. Tra i dati emersi dal Rapporto sul Profilo dei Laureati, anche un giudizio sostanzialmente positivo sull’esperienza universitaria, valutata nel suo complesso temporale e quindi non condizionata dal particolare momento storico.

Il Rapporto sulla Condizione occupazionale restituisce, poi, un quadro composito, che evidenzia nel corso del 2020 alcune criticità nelle opportunità di occupazione, in particolare per i neo-laureati, mentre tra i laureati a cinque anni dal titolo gli effetti della pandemia, relativamente agli indicatori analizzati, paiono del tutto marginali  

[Bologna, 18 giugno 2021] Il XXIII Rapporto AlmaLaurea, sul Profilo e sulla Condizione Occupazionale dei Laureati,è statopresentato nella sede dell’Università degli Studi di Bergamo venerdì 18 giugno 2021 nell’ambito dell’iniziativa dal titolo PROFILO E CONDIZIONE OCCUPAZIONALE DEI LAUREATI: PERCORSI DI TRANSIZIONE,promossainsieme all’Università degli Studi di Bergamo e con il sostegno del Ministero dell’Università e della Ricerca.

A dare il benvenuto agli oltre 500 partecipanti connessi da remoto, Remo Morzenti Pellegrini, Magnifico Rettore dell’Università degli Studi di Bergamo che ospita l’iniziativa, e laMinistra dell’Università e Ricerca, Maria Cristina Messa (in collegamento). La presentazione del Rapporto è stata condotta dal Direttore di AlmaLaurea, professoressa Marina Timoteo. Ai lavori ha partecipato anche il Presidente CRUI Ferruccio Resta, mentre le conclusioni sono state affidate alla Direttrice generale MUR Marcella Gargano

Il Rapporto 2021 sul Profilo dei Laureati di 76 Atenei si basa su una rilevazione che ha coinvolto 291mila laureati del 2020 e restituisce un’approfondita fotografia delle loro principali caratteristiche.

Il Rapporto 2021 sulla Condizione occupazionale dei Laureati di 76 Ateneisi basa su un’indagine che ha riguardato 655mila laureati e analizza i risultati raggiunti nel mercato del lavoro dai laureati nel 2019, 2017 e 2015, intervistati rispettivamente a 1, 3 e 5 anni dal conseguimento del titolo.

Rapporto 2021 sul Profilo dei Laureati: i risultati in primo piano

Tra le novità offerte dal Rapporto 2021, il focus sulla Didattica a Distanza, con una interessante anticipazione sui dati dei laureati 2021. L’approfondimento si basa su oltre 110mila questionari compilati dai laureandi tra dicembre 2020 e maggio 2021. Seppure la didattica a distanza sia stata complessivamente apprezzata dai laureandi, ben il 78,4% preferisce la didattica in presenza, soprattutto per i rapporti con docenti e compagni di studio.

Laureati sempre più giovani. Cala ancora l’età alla laurea, per il complesso dei laureati nel 2020, pari a 25,8 anni. Età ridotta in misura apprezzabile rispetto all’ordinamento universitario precedente alla Riforma D.M. n. 509/1999, che ha continuato a decrescere fino al 2018 per poi rimanere pressoché costante (era 26,9 anni nel 2010). Anche la regolarità negli studi, che misura la capacità di concludere il corso di laurea nei tempi previsti dagli ordinamenti, ha registrato recentemente un miglioramento costante e marcato, seppure nell’ultimo anno per effetto della proroga della chiusura dell’anno accademico concessa agli studenti per l’emergenza Covid-19. Nel 2020 la percentuale raggiunge il 58,4% (era il 39,0% nel 2010).

Donne oltre la metà dei laureati. Le donne, che da tempo costituiscono oltre la metà dei laureati in Italia, rappresentano tra quelli del 2020 il 58,7% del totale. Tale quota risulta tendenzialmente stabile negli ultimi dieci anni. Si rileva una forte differenziazione nella composizione per genere dei vari ambiti disciplinari.

Contesto socio-culturale determinante. Nel Rapporto emerge che, tra i laureati, sono sovrarappresentati quanti provengono da ambienti familiari favoriti sul piano socio-culturale. Il 30,7% ha almeno un genitore con un titolo di studio universitario (nel 2010 era il 26,5%). Il contesto familiare di origine condiziona le scelte formative e professionali dei giovani. In particolare, tra chi ha almeno un genitore laureato, il 20,1% dei laureati completa gli studi nello stesso gruppo disciplinare di uno dei genitori (è il 35,5% tra i percorsi a ciclo unico, quelli che portano più spesso alla libera professione).

Studio all’estero e tirocini curriculari. Le esperienze di studio all’estero riconosciute dal corso di laurea coinvolgono complessivamente l’11,3% dei laureati nel 2020. La quota di laureati che matura un’esperienza di studio all’estero riconosciuta dal corso di laurea è leggermente cresciuta negli ultimi dieci anni (era l’8,7% nel 2010), ma è ancora oggi troppo poco diffusa. Nel 2020 il 57,6% dei laureati ha svolto esperienze di tirocinio curriculare riconosciute dal corso. Nel 2010 erano il 56,8% ma, dopo alcuni anni di sostanziale stabilità, dal 2015 si è evidenziata una costante crescita fino al 2019 (portando tale quota al 59,9%), cui è seguita la contrazione del 2020. Si tratta di esperienze che aumentano la probabilità di trovare lavoro a un anno dal titolo: +14,4% per chi ha svolto un periodo di studio all’estero, +12,2% per chi ha svolto un tirocinio.

Valutazione sull’esperienza universitaria. L’emergenza pandemica ha coinvolto solo una parte limitata dell’esperienza universitaria complessiva e, quindi, il giudizio generale non è stato sostanzialmente condizionato da questa. I neolaureati indicano una generale soddisfazione, peraltro in tendenziale aumento negli ultimi anni:l’88,6% si dichiara soddisfatto dei rapporti con il personale docente, il 90,8% è complessivamente soddisfatto del corso di laurea.

Rapporto 2021 sulla Condizione occupazionale dei Laureati: i risultati in primo piano

Il Rapporto sulla Condizione occupazionale del Laureati, in questa XXIII edizione, restituisce un quadro composito che evidenzia nel corso del 2020 alcune criticità nelle opportunità di occupazione, in particolare per i neo-laureati, mentre tra i laureati a cinque anni dal titolo gli effetti della pandemia, relativamente agli indicatori analizzati, paiono del tutto marginali. In particolare, tra i laureati intervistati a un anno dal titolo si rileva una contrazione del tasso di occupazione rispetto alla precedente rilevazione. La pandemia pare aver colpito soprattutto le opportunità di trovare lavoro, meno la qualità del tipo di occupazione trovata, anche se ciò rappresenta una media di situazioni profondamente eterogenee vissute da chi si è inserito nel mercato del lavoro prima e dopo l’emergere della pandemia. Il Rapporto, inoltre, fotografa l’aumento dello smart working e dell’home working.

Nel 2020 il tasso di occupazione è pari, a un anno dal conseguimento del titolo, al 69,2% tra i laureati di primo livello e al 68,1% tra i laureati di secondo livello del 2019. A cinque anni dal conseguimento del titolo il tasso di occupazione è pari all’88,1% per i laureati di primo livello e all’87,7% per i laureati di secondo livello.

Esiti occupazionali: effetti della pandemia più visibili nei neolaureati a un anno dalla laurea e sull’opportunità di trovare lavoro. Rispetto alla precedente rilevazione, il tasso di occupazione a un anno è diminuito di 4,9 punti percentuali per i laureati di primo livello e di 3,6 punti per quelli di secondo livello.

Effetti marginali sui laureati a 5 anni dal conseguimento del titolo, che sembrano aver retto la pandemia. Il confronto con la rilevazione dello scorso anno mostra che il tasso di occupazione risulta in calo di 0,6 punti percentuali tra i laureati di primo livello e, al contrario, in aumento di 0,9 punti tra i laureati di secondo livello.

Effetto combinato. Il quadro restituito dall’indagine del 2020 risulta molto articolato. Per tener conto delle diverse condizioni del mercato del lavoro e delle opportunità offerte ai laureati, è stato svolto uno specifico approfondimento sui laureati a un anno, che ha tenuto conto del periodo di laurea e del periodo di rilevazione. Occorre sottolineare la distinzionetra quanti sono riusciti a trovare lavoro prima dello scoppio della pandemia, potendo contare su un mercato del lavoro tendenzialmente in crescita, e quanti si sono inseriti nel mercato del lavoro in piena pandemia, riscontrando un peggioramento anche rispetto alle caratteristiche del lavoro.

Confermate le differenze di genere e territoriali. Si confermano significative le tradizionali differenze di genere e territoriali mostrando, a parità di condizioni, la migliore collocazione degli uomini (17,8% di probabilità in più di essere occupati a un anno dalla laurea rispetto alle donne) e di quanti risiedono al Nord (+30,8% di probabilità di essere occupati a un anno dal titolo rispetto a quanti risiedono al Sud). È pur vero che, rispetto alla rilevazione dello scorso anno, anche se le differenze sono tutto sommato contenute, in termini di tasso di occupazione le donne, rispetto agli uomini, sembrano aver subìto maggiormente gli effetti della pandemia, soprattutto nel secondo periodo dell’anno, quello caratterizzato dalla graduale riapertura delle attività economiche. Inoltre, risultano maggiormente penalizzati i laureati residenti al Centro-Nord, rispetto a quelli del Sud.

Esploso smart working e altre forme di lavoro da remoto. Lo smart working, più diffusamente nella forma di home working, coinvolge nel 2020 il 19,8% dei laureati di primo livello e il 37,0% dei laureati di secondo livello occupati a un anno dal titolo. Tali valori appaiono decisamente più elevati di quelli osservati nella rilevazione del 2019, quando erano pari al 3,1% per i laureati di primo livello e al 4,3% per quelli di secondo a un anno dal titolo.

Retribuzione. Nel 2020 la retribuzione mensile netta a un anno dal titolo è, in media, pari a 1.270 euro per i laureati di primo livello e a 1.364 euro per i laureati di secondo livello. Si rileva un aumento rispetto alla precedente rilevazione: +5,4% per i laureati di primo livello e +6,4% per quelli di secondo livello.

A cinque anni dal conseguimento del titolo la retribuzione mensile netta è pari a 1.469 euro per i laureati di primo livello e a 1.556 euro per quelli di secondo livello. Anche a cinque anni dalla laurea si osserva un aumento delle retribuzioni rispetto alla rilevazione dello scorso anno: +4,3% per i laureati di primo livello e +4,0% per quelli di secondo livello. Tali incrementi si inseriscono in un contesto caratterizzato da alcuni anni di tendenziale aumento delle retribuzioni.

Dinamicità delle richieste di CV della banca dati del sistema AlmaLaurea da parte delle imprese. Il XXIII Rapporto sulla Condizione occupazionale ha descritto l’evolversi della condizione occupazionale dei laureati nel corso del 2020; per un’istantanea in tempo reale, in particolare in questi primi mesi del 2021, AlmaLaurea ha analizzato le informazioni desumibili dalla banca dati dei curricula del sistema AlmaLaurea. Il primo dato a emergere è che le richieste di CV, dopo il consistente decremento rilevato nei mesi primaverili del 2020, continuano progressivamente ad aumentare, fino a raggiungere le cifre record di quasi 117mila CV nel mese di marzo e di 115mila nel mese di maggio 2021. Si tratta peraltro di valori superiori a quelli del 2019. La pandemia ha causato una contrazione delle dinamiche di richiesta di laureati da parte delle imprese a partire dal mese di febbraio 2020, per poi acuirsi a marzo e ad aprile, mesi in cui si raggiunge il numero minimo di richieste di CV. Da maggio 2020, si inizia a registrare una ripresa delle richieste di CV che si conferma per tutto il 2020 e i primi mesi del 2021.

RAPPORTO 2021 COMPLETO AI LINK

https://www.almalaurea.it/universita/profilo/profilo2020
https://www.almalaurea.it/universita/occupazione/occupazione19

AlmaLaurea è un Consorzio Interuniversitario fondato nel 1994 che a oggi rappresenta 76 Atenei e circa il 90% di coloro che ogni anno si laureano in Italia. Il Consorzio è sostenuto dal contributo del Ministero dell’Università e della Ricerca e dagli Atenei aderenti. Il suo Ufficio di Statistica è dal 2015 membro del Sistan, il Sistema Statistico Nazionale.
Il Consorzio realizza ogni anno due Indagini censuarie sul Profilo e sulla Condizione occupazionale dei Laureati a 1, 3 e 5 anni dal conseguimento del titolo, restituendo agli Atenei aderenti, al Ministero, all’Agenzia Nazionale di Valutazione del Sistema Universitario e della Ricerca (ANVUR) basi documentarie attendibili per favorire i processi di programmazione, monitoraggio e valutazione delle decisioni assunte dalle Università. Il Consorzio vuole essere anche un punto di riferimento per i diplomati e per i laureati di ogni grado, ai quali AlmaLaurea offre strumenti di orientamento, servizi, informazioni e occasioni di confronto tra pari, per valorizzare il loro percorso formativo e facilitare l’inserimento nel mondo del lavoro. Il Consorzio raccoglie e rende disponibili online i CV dei laureati (oggi quasi 3.300.000) e affianca gli Atenei consorziati nelle attività di job placement attraverso una piattaforma web per l’intermediazione.
Favorisce, inoltre, l’incontro tra offerta e domanda di lavoro qualificato tramite la società interamente controllata AlmaLaurea srl, Agenzia Per il Lavoro (APL) che opera principalmente nell’intermediazione e nella ricerca e selezione del personale, progettando ed erogando servizi – rivolti a imprese, enti e professionisti – concepiti e offerti nell’interesse primario dei laureati e in sinergia con gli Atenei e con le Istituzioni pubbliche competenti. Il Consorzio internazionalizza i propri servizi, le competenze, le attività di ricerca in prospettiva globale, collaborando con Paesi europei – in linea con la Strategia di Lisbona – ed extra europei.
Dall’esperienza di AlmaLaurea è nata l’associazione di scuole AlmaDiploma, per creare un collegamento tra la scuola secondaria superiore, l’università e il mondo del lavoro.

Patto per la scuola al centro del Paese

Patto per la scuola al centro del Paese: tavolo tecnico al Ministero sulle problematiche della dirigenza scolastica

L’ANP ha partecipato oggi in videoconferenza a un incontro con il Ministero dell’istruzione, rappresentato dalla Dott.ssa Capasso, durante il quale sono state affrontate le problematiche relative alla dirigenza scolastica. Si tratta di uno dei tavoli tecnici previsti per la realizzazione del Patto per la scuola al centro del Paese.

La Dott.ssa Capasso, in apertura, ha sostenuto che le attività di questo tavolo verranno calendarizzate con cadenza settimanale al fine di formulare proposte per la soluzione delle criticità che verranno segnalate. Ne ha anticipate alcune: la responsabilità penale del dirigente scolastico; la valutazione dello stress lavoro-correlato; il dimensionamento delle istituzioni scolastiche e il tema, ad esso strettamente interrelato, dell’organico; la retribuzione e la quantificazione del FUN; la semplificazione burocratica.

L’ANP ha preliminarmente richiesto una precisazione sulla natura del tavolo al quale siamo stati invitati a partecipare: la Dott.ssa Capasso ne ha affermato la natura politica e non tecnica, poiché finalizzato all’analisi delle problematiche direttamente discendenti dal Patto per la scuola. Abbiamo preso atto, quindi, che tutti i tavoli previsti dal Patto non possono essere contestualizzati nell’ambito delle relazioni sindacali previste dal CCNL, ma coinvolgono le Confederazioni che hanno siglato il Patto stesso attraverso le loro rappresentanze. Nelle prossime convocazioni, per maggiore trasparenza, saranno invitate le medesime Confederazioni, che esprimeranno le loro delegazioni per partecipare agli incontri. L’ANP ha dunque deciso di partecipare alla seduta odierna e alle successive nell’interesse della categoria.

Passando poi al tema del tavolo, abbiamo messo in evidenza le principali criticità riguardanti i dirigenti scolastici con riferimento a tre ambiti: le condizioni di lavoro, le responsabilità e la retribuzione.

Circa le prime, abbiamo osservato che i dirigenti scolastici hanno responsabilità precise in riferimento agli obiettivi da perseguire, ma continuano a fare affidamento su risorse assolutamente inadeguate:

  • innanzitutto non è più procrastinabile la revisione della governance della scuola e del Testo unico dell’Istruzione. Per espressa previsione dell’art. 25 D. lgs. n. 165/2001, il dirigente scolastico dovrebbe muoversi nel rispetto delle competenze degli organi collegiali solo con riferimento alla direzione, al coordinamento e alla valorizzazione delle risorse umane e non dovrebbe invece farlo quando vi è in questione la gestione delle risorse strumentali e finanziarie. Il D.I. n. 129/2018 disattende la previsione dell’art. 25, proprio in virtù della confusione e della equivocità che scaturiscono dal combinato disposto del T.U. Istruzione e del D. lgs. 165/2001;
  • occorre procedere con celerità alla istituzione del middle management. Risulta necessario inserire i docenti con professionalità nella gestione e nell’organizzazione nell’area istruzione e ricerca come ‘quadri’;
  • per quanto riguarda la figura del DSGA abbiamo sottolineato che si tratta di un profilo professionale che deve essere valorizzato quale quadro e, come tale, inserito nell’area istruzione e ricerca. Abbiamo ricordato come l’organico dei DSGA sia drammaticamente sottodimensionato, nonostante il recente concorso (ancora non concluso in alcune regioni quali il Lazio) e come risulti pertanto incomprensibile la ratio della previsione dell’art. 58, c. 2, lett. b) del D.L. 73/2021 che ha eliminato la cosiddetta ‘chiamata veloce’ prevista dall’art. 32-ter, cc. 2-4 del D.L. 34/2020. Il DSGA deve essere tempestivamente nominato in tutte le scuole in vista del 1 settembre 2021 e per questo devono essere previste forme di reclutamento tempestive, che valorizzino anche gli assistenti amministrativi cosiddetti ‘facenti funzione’ che di fatto stanno coordinando il personale ATA di molte scuole da anni. Abbiamo anche chiesto che venga finalmente introdotto il coordinatore amministrativo, previsto nella contrattazione nazionale;
  • abbiamo evidenziato il sottodimensionamento dell’organico del personale amministrativo, peraltro spesso professionalmente non in grado di svolgere gli adempimenti richiesti alle scuole (si pensi anche solo a Passweb). Il profilo di un assistente amministrativo, nella complessità tecnica che caratterizza i processi di gestione della scuola oggi, non può essere improvvisato e presuppone una selezione mirata che non si riduca ai soli titoli culturali;
  • abbiamo poi formulato alcune proposte in tema di semplificazione delle procedureattraversoilpotenziamentodel sistema informativo. La digitalizzazione, centrale nel PNRR – di cui costituisce non a caso la Missione 1 –, può consentire un reale snellimento e una effettiva semplificazione del lavoro nelle scuole garantendo la sostenibilità dei relativi carichi. È necessario, ad esempio, prevedere:
  • la possibilità di delegare l’operatività sui sistemi applicativi e di dotare di una firma digitale SIDI tutti i docenti per permettere la firma di verbali, tabelloni dei voti, contratti di lavoro, richieste di assenza;
  • l’unificazione della gestione dei dati fra gli applicativi SIDI e la estensione della cooperazione applicativa e dell’interoperabilità fra i sistemi informativi quali INPS, Agenzia delle entrate, portali regionali (adempimenti vaccinali, fondi FSE, formazione, IeFP), portali degli enti locali, AGID, AVCP, ClickLavoro, IPA, Acquistinrete, PERLAPA, Ministero di Grazia e Giustizia.

Per quanto riguarda le responsabilità del dirigente scolastico, l’ANP ritiene che esse non siano assolutamente proporzionate alle risorse che sono messe a disposizione dello stesso. Riteniamo pertanto:

– urgentissimo ridefinire il perimetro della responsabilità penale del dirigente rendendola effettivamente sostenibile, ad esempio limitando la stessa alla colpa grave in caso di imperizia come avviene per la responsabilità medica;

– imprescindibile ripartire, in materia di sicurezza sul posto di lavoro, le responsabilità in modo più chiaro tra dirigenti ed enti locali proprietari dell’edificio scolastico, a partire da quelle relative alla valutazione dei rischi relativi a struttura e impianti degli edifici scolastici, per i quali abbiamo da tempo proposto la creazione di un data base finalizzato al monitoraggio dei solai.

Abbiamo, infine, sottolineato la situazione di gravissima iniquità che discende dal fatto che l’UCB non abbia ancora certificato il FUN 2017/2018. Ciò implica che:

– i colleghi siano ancora retribuiti secondo i CIR 2016/2017 in regime di ultrattività e con il rischio di ripetizioni dell’indebito. Nel frattempo si stanno sottoscrivendo i contratti integrativi 2020 degli enti di ricerca i cui dirigenti sono nella stessa area di contrattazione dei dirigenti delle scuole;

– i dirigenti che sono entrati in servizio dal 1 settembre 2017 in alcune regioni non percepiscano la retribuzione di posizione parte variabile, in altre solo una quota a titolo di anticipo in vista del successivo conguaglio. Tale trattamento determina criticità insostenibili per i colleghi che svolgono il loro servizio lontano dalla regione di residenza.

Ai dirigenti sono attribuiti obblighi per via legislativa sempre nuovi e sempre più onerosi senza che il rapporto sinallagmatico, disciplinato dal contratto collettivo nazionale di lavoro, sia oggetto di significativa revisione: quelli della scuola sono i dirigenti peggio retribuiti nell’intera area istruzione e ricerca nonostante i carichi di lavoro a cui sono sottoposti e le responsabilità a questi connesse. Sono, pertanto, urgenti le necessarie risorse sia per riequilibrare con equità il rapporto tra obblighi e retribuzione, sia per continuare e terminare il processo di armonizzazione retributiva tra quanto corrisposto ai dirigenti scolastici e quanto percepito dagli altri dirigenti dell’area istruzione e ricerca. È urgentissimo avviare il prima possibile la negoziazione per il CCNL 2019/2021.

Ci siamo impegnati a inviare nostre proposte dettagliate circa la semplificazione burocratica e i dati in nostro possesso relativi a un’indagine sulla valutazione dello stress lavoro-correlato dei colleghi condotta per conto dell’ANP nel 2018. Su quest’ultimo punto abbiamo comunque ribadito che la responsabilità su detta valutazione è in capo all’Amministrazione.

 I dirigenti scolastici non sono mai venuti meno ai loro obblighi, in modo particolare durante questo periodo emergenziale, ma tutti devono onorare concretamente i propri impegni per realizzare una scuola che sia veramente al centro del Paese.

Alba Porcheddu ci ha lasciati

Alba Porcheddu ci ha lasciati

di Maurizio Tiriticco

“Che la comunicazione verbale e non verbale interessi il processo educativo è una considerazione che ha il carattere dell’evidenza. Il rapporto educativo tra due o più persone, particolarmente rilevante quando i suoi termini sono gli adulti da un lato e igiovani dall’altro, può aver luogo, infatti, in modo più o meno programmato, con o senza chiare finalità, con l’aiuto di tecniche raffinate o, al contrario, utilizzando mezzi del tutto empirici: in ogni caso si affida ad una condizione di fondo, ossia ad un processo di comunicazione che trova la sua espressione più esauriente nei suoi aspetti linguistici.

“L’azione educativa, però, non si esaurisce in un semplice comunicare: basti pensare a tutte le implicazioni emotive dei processi di apprendimento, ai problemi inerenti alla scelta e all’organizzazione dei contenuti in dipendenza di scelte altrettanto complesse di finalità e di obiettivi e in ragione delle capacità di differenti età e di differenti origini socioculturali, per rendersi conto di alcuni aspetti (soltanto alcuni) per i quali il fatto educativo specifica ed approfondisce in forme proprie ed originali il rapporto comunicativo.

“Tuttavia, e anzi appunto per questo, è necessario controllare la comunicazione nei suoi aspetti verbali e non verbali. Va a questo proposito sottolineata l’importanza che essa assume nella pratica educativa, in quanto, anche al di fuori della volontà degli insegnanti o di chi intenzionalmente si pone degli obiettivi educativi, può risultare inefficace o utile, o ancora, può venire deformata da significati non desiderati.

“Essere consapevoli della complessità di questa tematica vale a realizzare un avanzamento sia nei confronti dei procedimenti didattici improvvisati, costruiti a volta a volta per prove ed errori sulla base di intuizioni empiriche, sia anche nei confronti di una più matura e critica riflessione sull’educazione.

“Ma un controllo e una consapevolezza di tal genere riportano al problema generale, già accennato, del rapporto tra i singoli campi di ricerca applicati all’educazione – in questo caso tra la ricerca sulla comunicazione verbale e non verbale – e l’organizzazione dei contributi delle differenti discipline in chiave pedagogica”.

Così scriveva Alba Porcheddu, Professoressa Ordinaria di Didattica generale, attiva presso le Università di Cagliari, Siena, Roma , nel suo “Insegnamento e Comunicazione”, pubblicato da Giunti e Lisciani a Teramo nel lontano 1984, pagg.7-8.

Siamo negli anni ottanta, ricchissimi per quanto concerne la ricerca educativa e la riflessione pedagogica, a valle di quegli anni sessanta e settanta, caratterizzati dalle lotte condotte dal Movimento Studentesco e da ampi gruppi di insegnanti, finalizzate ad un rinnovamento profondo del nostro ordinamento scolastico. Già Don Milani aveva detto la sua nel 1967 nella famosa “Lettera a una Professoressa”: e proprio alla vigilia di quel Sessantotto che vedrà gli studenti di tutto il mondo, da Parigi a Berkley, da Roma a Pechino, muoversi contro “la scuola dei padroni”. O meglio per una scuola rinnovata nei suoi obiettivi e nei suoi contenuti, e soprattutto non selettiva e discriminante, ma aperta a tutti e promozionale.

Per quanto riguarda la scuola, in quegli anni ci si batteva perché il rapporto docente/alunno si fondasse in primo luogo su una comunicazione interattiva, efficace e produttiva, ben altra cosa rispetto alla informazione discendente, tipica dell’insegnamento ex cathedra. Quindi gli anni settanta furono ricchissimi per quanto riguarda la ricerca educativa, Nel 1978 Aldo Visalberghi con la collaborazione di Roberto Maragliano e Benedetto Vertecchi, pubblica per Mondadori “Pedagogia e Scienze dell’Educazione”, una summa teologica, se ci è concessa l’espressione, su tutte le problematiche educative. A pagina 21 viene rappresentata schematicamente l’insieme della cosiddetta enciclopedia pedagogica: vengono individuate ben 24 discipline!

Insomma, insegnare non è una cosa semplice. Ed un insegnamento cessa di essere cattedratico, se viene investito e supportato da un insieme di discipline altre, di cui l’insegnante sia ovviamente padrone. Ma il vincolo che le lega è sempre il concreto campo della comunicazione interattiva. Ed è su questo terreno che scende l’esplorazione di Alba Porcheddu. Una esplorazione che si è avventurata su terreni diversi. Basta leggere la ricca bibliografia del volume. Circa 300 testi! Ed in larga misura stranieri e tutti attinenti alle problematiche della comunicazione.

Alba Porcheddu ci ha lasciati! Fisicamente! Ma ci ha lasciato una ricca eredità di ricerca, riflessione e produzione! Che è quanto mai importante e suggestiva oggi, in un’epoca in cui il covid costringe insegnanti e studenti a percorrere strade altre e diverse rispetto a quelle della tradizione, quando lacomunicazione era solo quella veicolata da una cattedra ad un banco! Oggi mediata da una lavagna luminosa e da un PC! E forse non sempre! Anche perché è pur sempre l’atto linguistico, quello umano, o meglio l’insieme degli speech acts, a cui Alba Porcheddu dedica molte pagine, quello che connota i rapporti che docenti e studenti costruiscono in aula! Ed anche fuori di essa!

L’insegnamento di Alba viene da lontano, ma poi si è dispiegato sulle cattedre di tante nostre università ed ha coinvolto centinaia di studenti! Ma anche centinaia di amici, a lei legati da tanto affetto e tanta stima. Per queste ragioni il ricordo di Lei è vivo oggi! Ed anche domani!

Adolescenti allo sbaraglio

Adolescenti allo sbaraglio

di Vincenzo Andraous

Stavo tornando a casa dopo una giornata di lavoro piuttosto pesante, a rendermi ancora più insofferente, sul telefonino leggo di quel furgoncino che si schianta in tangenziale con un’altra auto. Ho pensato a un incidente come ne accadono tanti, invece non era proprio così. Tre adolescenti hanno rubato “per gioco”, non per una qualche utilità seppure delinquenziale, ma “ per gioco” un furgone, iniziando a pigiare con il piede martello sull’acceleratore. Tra una morsa allo stomaco e un digrignare di denti, mi sono ritrovato negli occhi il sequel di un vecchio film. A volte, non sempre, ma accade, il passato sta disegnato in un presente da apnea asfissiante. Tre giovanissimi alla ricerca di qualcosa, la postura inquieta, poi, accade tutto come nella frazione di uno sparo, e colmo della sfiga, perché di sfiga si tratta, le chiavi sono inserite nel cruscotto. Un rombo, una sgommata, l’auto parte come una scheggia impazzita, adesso è un siluro che taglia a metà la città, un bisturi che divide in due il proprio destino e purtroppo quello degli altri.

Niente e nessuno può fermare quel bolide, il piede ben calcato sul pedale dell’acceleratore, le risate sempre piu’ alte, la musica a paletta. E’ tutto un dritto, non ci sono curve, intersezioni, stanno volando. Niente e nessuno li può fermare. Però d’improvviso ecco l’ostacolo, quello che non t’aspetti, duro come pietra che dura, ben più duro di te. L’impatto è inevitabile, si frana per terra, si rimane lì, con il respiro imprigionato nei polmoni. Si rimane sulle ginocchia, con la fronte imperlata di sudore, e quel sudore ha un nome preciso;è la paura. Ora lo spaccone, il duro, il bullo di cartone è scomparso, s’è dileguato, portandosi via ogni altra certezza. Ma c’è di più, non è ancora finita la sofferenza, il dolore, la disperazione, perché dalla fronte c’è qualcosa che si mischia con quel sudore, scende e sbatte sulle palpebre, sul naso, sulle labbra. Sì, quello è il tuo sangue. No, non è ancora finita la tragedia che segue a questa irresponsabile follia, perché quello non è più soltanto il tuo sangue, ma è il sangue degli altri, degli innocenti, di quelli, che spesso, sempre più spesso rimangono senza giustizia. Tre giovanissimi, nella trasgressione ormai divenuta devianza, la spinta a non subordinare mai le passioni alle regole, disconoscendo la carta di identità della libertà, della responsabilità, nella capacità di fare delle scelte consapevoli, interpretando malamente quellalibertà con il fare tutto quello che voglio. In questa sequenza di reati, perché di reati si tratta, c’è la sfida, la voglia di primeggiare con gli strumenti dell’illegalità e della violenza, c’è il “coraggio” di sfidare la morte, finchè non rimani piegato e piagato sulle ginocchia, se ti va bene, perché è bene sapere che chi scommette contro la morte, è destinato a perdere, al più misero dei fallimenti, perché la morte vince sempre. Non ci sono eroi in questi accadimenti, gli eroi sono ben altra cosa, qui abbiamo tre ragazzini allo sbaraglio e una platea plaudente o forse soltanto distratta, anch’essa colpevole in tutta la sua indifferenza.

Infortuni degli alunni in escursione, nessuna responsabilità della scuola se la “liberatoria” è dettagliata

da Il Sole 24 Ore

di Pietro Alessio Palumbo

Una generica “liberatoria” dei genitori non solleva la scuola dalle proprie responsabilità. La scuola ha sempre l’obbligo di vigilare sui minori con la massima attenzione e prudenza. Tuttavia – ha chiarito la Corte d’Appello di Genova il 4 maggio scorso – quando il genitore ha prestato il consenso nonostante una precisa informativa sui concreti rischi, la scuola non ha responsabilità se non è riuscita a impedire tragici (tuttavia possibili) incidenti. Nella vicenda il bambino caduto da bicicletta aveva subìto la drammatica rottura della milza.

Le cautele organizzative
L’ammissione ad una escursione scolastica determina l’instaurazione di un vincolo dal quale sorge a carico dell’istituto l’obbligazione di vigilare sulla incolumità dell’alunno.

Se il bambino si fa male l’istituto scolastico deve dimostrare di avere adottato, non solo nel frangente dell’incidente, ma anche in via preventiva, tutte le cautele organizzative idonee a evitare infortuni in relazione all’età degli alunni ed alla specifica attività da espletarsi.

Il “sì consapevole” dei genitori
Nella vicenda i genitori del bambino infortunato nell’esprimere il consenso avevano avuto a disposizione tutte le informazioni necessarie per una “scelta consapevole”. Nel modulo si poteva leggere che l’escursione si sarebbe svolta lungo una strada secondaria e non asfaltata. Secondo la Corte di Genova in tali casi l’incidente rientra nel “rischio consentito” connaturato al fatto stesso di partecipare ad una simile attività; ed assunto consapevolmente dal genitore nel momento della propria manifestazione di consenso.

La caduta di un bambino su una strada sterrata è evento possibile e quindi prevedibile, ma ogni valutazione in ordine all’opportunità di correre un simile rischio spetta ai genitori e non certo alla scuola. Tra l’altro quest’ultima, a differenza dei genitori, non è in grado di valutare destrezza e agilità del bambino.

Materie Stem al debutto già alla scuola primaria

da Il Sole 24 Ore

di Laura Virli

Tra le misure del Pnrr per la scuola è prevista una linea di investimento tesa a rafforzare le competenze digitali dei docenti, l’apprendimento nelle discipline Stem (science, technology, engineering and mathematics) e nelle lingue straniere. Vediamole nel dettaglio. Il primo investimento, che continua quanto già messo in campo dal 2015 con il piano nazionale scuola digitale, riguarda la didattica digitale integrata, intesa come metodologia innovativa di insegnamento-apprendimento e coinvolgerà circa 600mila operatori, tra docenti e personale scolastico, e oltre 8mila istituti. Anche se la scuola italiana non si è fatta trovare impreparata dall’emergenza sanitaria di marzo 2020 che, da un giorno all’altro, ha portato “a distanza” le attività didattiche, il governo intende fornire a tutti i docenti competenze digitali adeguate a vincere le sfide del nuovo millennio.

Attraverso uno specifico strumento di autovalutazione (Selfie) ogni docente potrà verificare il proprio livello di «competenza pedagogica digitale» e svilupparla ulteriormente, in coerenza con il quadro comune di riferimento europeo delle DigCompEdu (digital competence framework for educators), basato sul lavoro condotto dal centro di ricerca “Joint Research Centre” della Commissione europea. Tale quadro descrive 22 competenze digitali, ognuna declinata in 6 livelli di padronanza, emulando i sei livelli di competenza per la lingua straniera. (A1, A2, B1, B2, etc.) del Qcer. Va però sottolineato che le competenze digitali si fondano anche sulla conoscenza dei software per la scrittura, il calcolo eccetera, che ormai contemplano tutti i campi disciplinari, dall’arte alla scienza. Obiettivo del governo è, pertanto, potenziare l’insegnamento delle discipline Stem, a partire dalla primaria.

Un altro investimento mira proprio a integrare i curricula di tutti i cicli scolastici con attività, metodologie e contenuti volti a sviluppare le competenze Stem, con azioni didattiche non basate solo sulla lezione frontale, ma volte a valorizzare un approccio didattico che riduca gli atteggiamenti negativi verso le materie scientifiche e a superare gli stereotipi di genere. Le rilevazioni Invalsi per la matematica mostrano che queste discipline sono ancora caratterizzate da un forte gap di genere a sfavore delle studentesse. La misura più importante sarà un corso obbligatorio di coding per tutti gli studenti nell’arco del loro ciclo scolastico. La misura punterà anche alla promozione del multilinguismo attraverso l’incremento dei corsi e delle attività linguistiche, della mobilità internazionale degli studenti e dei docenti. Si prevede anche l’introduzione di un sistema digitale per il monitoraggio delle abilità linguistiche con il supporto di enti certificatori.

L’attuazione di questo investimento verrà gestita da Istruzione, Indire, dipartimento per le Pari opportunità della Presidenza del consiglio dei ministri.

Innovare la didattica e il reclutamento per incidere sul futuro dei giovani

da Il Sole 24 Ore

di Daniele Checchi

Le misure proposte nel Pnrr relativamente al potenziamento dell’offerta di servizi di istruzione (19,4 miliardi di spesa prevista) contengono progetti d’investimento ripartiti in due grandi gruppi: interventi intesi a favorire la scolarità e interventi volti a migliorare le competenze. Volendo usare un gergo da economisti, i primi mirano all’aumento quantitativo del capitale umano (più persone più a lungo a scuola), i secondi si prefiggono il miglioramento della dimensione qualitativa dello stesso (competenze scientifiche, di ruolo e comunicative, innovative).

Sulle prime gli interventi proposti sono facilmente identificabili e quantificabili, e sulla loro efficacia esiste letteratura scientifica che ne conferma l’efficacia. I 4,6 miliardi di intervento su asili nido e servizi per l’infanzia devono andare a riequilibrare le disparità territoriali nell’accesso ai servizi (a torto fino ad oggi ricompresi nei servizi a domanda individuale, come le piscine), garantendo nel contempo una fonte di stimolazione aggiuntiva per fanciulli provenienti da ambenti culturalmente svantaggiati. I 5,2 miliardi complessivi per la messa in sicurezza delle scuole, adeguamento delle strutture sportive e realizzazione degli spazi mensa per permettere agli alunni di restare a scuola anche nei pomeriggi vanno nella stessa direzione: offrire ai ragazzi degli spazi dignitosi di socializzazione e apprendimento. Nella stessa logica si iscrivono i 3,2 miliardi per cablatura delle scuole e laboratori informatici, così come stanno sempre nel primo gruppo anche i 3 miliardi per la costruzione di alloggi per studenti universitari, l’ampliamento delle borse di studio e il potenziamento degli istituti tecnici superiori.

Il secondo gruppo raccoglie progetti di intervento per «ridurre i divari territoriali» nelle competenze della scuola secondaria (1,5 miliardi) e per «formare nuove competenze e nuovi linguaggi» (1 miliardo). Se però uno desideri capire quali siano le cose da fare, quali interventi siano efficaci e/o abbiano una più elevata probabilità di successo, la descrizione rimane vaga.

Personalizzazione dei percorsi per le scuole critiche suona come un ridimensionamento degli obiettivi, così come formazione per i dirigenti e mentoring per gli insegnanti non sembrano azioni particolarmente innovative rispetto alle pratiche oggi vigenti, che appaiono sostanzialmente inefficaci nell’innalzare i livelli di competenza laddove questi sono inadeguati. Da monitorare non sono tanto gli studenti, ma l’efficacia delle pratiche didattiche dei rispettivi insegnanti. Gli insegnanti che assicurano un maggior valore aggiunto in termini di competenze acquisite dai loro alunni dovrebbero essere individuati e resi responsabili di progetti di miglioramento nelle rispettive scuole. Se poi questo si accompagnasse a una definitiva riforma del reclutamento scolastico che favorisse il ricambio generazionale e l’assegnazione dei docenti migliori alle scuole più problematiche, allora le risorse del Pnrr potrebbero davvero incidere sui destini futuri delle generazioni attualmente a scuola.

Fondo di 135 milioni di euro per creare la Rete di interconnessione unica nazionale dell’istruzione “Unire”

da Il Sole 24 Ore

di Redazione Scuola

«In commissione Bilancio al Senato abbiamo appena approvato un emendamento molto importante al decreto “fondo complementare” destinato a impattare positivamente sul futuro della scuola italiana. Si tratta dell’istituzione di un fondo di 135 milioni di euro per la creazione della Rete di interconnessione unica nazionale dell’istruzione “Unire”, che consentirà alle scuole di fornire servizi digitali avanzati e di raggiungere alcuni obiettivi fondamentali come quello di collegare le scuole tra di loro, con gli uffici scolastici regionali, con il ministero dell’Istruzione e globalmente alla rete Internet. Inoltre sarà possibile fornire alle scuole servizi di rete di base, di memorizzazione dati e Cloud Computing, ma anche sviluppare e fornire il servizio unico nazionale per la didattica digitale integrata, che anche dopo la pandemia continuerà ad avere un ruolo centrale per la didattica e in generale per la formazione di tutti gli studenti. Siamo davvero soddisfatti per aver raggiunto questo obiettivo, che segnerà un autentico punto di svolta, ne siamo certi, per l’intero mondo scolastico», lo ha affermato la senatrice del Movimento 5 Stelle Maria Laura Mantovani, prima firmataria dell’emendamento per l’istituzione della Rete di interconnessione unica nazionale dell’istruzione “Unire”.

Dal Forum del libro un appello al ministro Bianchi: «Lettura e biblioteche scolastiche nel piano Scuola»

da Il Sole 24 Ore

di Redazione Scuola

Appello del Forum del libro al ministro dell’Istruzione, Patrizio Bianchi. L’emergenza Covid-19 ha avuto conseguenze pesanti sul mondo della scuola, ma già prima della pandemia il nostro sistema formativo si trovava di fronte a un’altra emergenza, mai affrontata adeguatamente: la scarsa pratica della lettura, una competenza determinante e trasversale che vede studentesse e studenti italiani in ritardo rispetto alle medie europee. Con la pandemia gli effetti di questa emergenza (aumento della povertà educativa, abbandono scolastico) si sono fatti più evidenti.

Non solo: spesso le (poche) biblioteche scolastiche attive come centri culturali e spazi laboratoriali dove approfondire i propri interessi, trovando e producendo contenuti di qualità, sono state smantellate per fare posto alle aule del distanziamento, nonostante le rassicurazioni offerte all’inizio dell’emergenza in risposta alle preoccupazioni sollevate dal Forum del libro.

Ora la scuola è chiamata a un’azione straordinaria non solo di recupero dei tempi e delle modalità sacrificate, ma di evoluzione verso pratiche didattiche più ricche, più differenziate, più inclusive.

Cinque provvedimenti per ripartire innovando
Il Forum del libro – con Amnesty International, Save the Children, le associazioni di bibliotecari e librai italiani e altre organizzazioni attive nella scuola come il Movimento di cooperazione educativa – chiede cinque provvedimenti per la ripartenza della scuola nel segno della qualità didattica: 1) un ufficio che si occupi di lettura presso il ministero; 2) la spesa dei due milioni di euro già stanziati per la formazione dei referenti delle biblioteche scolastiche; 3) l’istituzione di scuole polo per il servizio bibliotecario scolastico; 4) un nuovo bando per finanziare le biblioteche scolastiche innovative; 5) il pieno riconoscimento del ruolo del referente di biblioteca.

«Portare la banda larga nelle scuole può aumentare il Pil fino al 20% nelle nazioni meno connesse»

da Il Sole 24 Ore

di Redazione Scuola

Un nuovo rapporto dell’Economist Intelligence Unit (Eiu), sponsorizzato da Ericsson (Nasdaq: Eric), prova che le nazioni dotate di scarsa connettività a banda larga possono aumentare il Pil fino al 20% collegando le scuole a Internet.
Una forza lavoro ben istruita ha maggiori probabilità di essere innovativa e di promuovere idee rivoluzionarie, portando allo sviluppo economico e alla creazione di posti di lavoro. L’analisi dell’Eiu mostra che per ogni 10% di aumento della connettività scolastica in un paese, il Pil pro capite potrebbe aumentare dell’1,1%.

Nel caso del Niger, paese dell’Africa Occidentale, il miglioramento della connettività scolastica allo stesso livello dei finlandesi, potrebbe aumentare il Pil pro capite di quasi il 20% – da 550 dollari a 660 dollari a persona entro il 2025.

Il rapporto si concentra su quattro azioni chiave per realizzare il cambiamento:1. La collaborazione è la chiave: è necessaria una strategia olistica di partenariato pubblico-privato per coordinare gli sforzi di tutti gli stakeholder.2. Accessibilità ed economicità: costruire infrastrutture per permettere l’accesso a Internet è un punto di partenza. Anche la qualità della connessione e il costo sono fattori importanti. 3. Educare sfruttando Internet e gli strumenti digitali: una volta che è stato garantito l’accesso alla connettività scolastica, deve essere incorporato nel curriculum. Gli insegnanti devono essere formati per integrare la tecnologia nell’apprendimento quotidiano. 4. Proteggere i bambini online: la connettività scolastica fornisce opportunità ai bambini. Devono essere presi ulteriori provvedimenti per garantire ambienti di apprendimento online sani e protetti. L’uso di Internet deve essere gestito correttamente per garantirne un uso sicuro.

Il rapporto evidenzia, inoltre, che i leader del settore pubblico, privato e delle Ong di tutto il mondo, unendo le forze, possono fare la differenza nel colmare il divario digitale, e far sì che la l’accesso ad Internet diventi realtà per i bambini delle scuole di tutte le età. Di conseguenza, Ericsson si appella oggi a questi attori per sostenere gli sforzi di Giga (un’iniziativa di connettività scolastica creata dall’Unicef e dall’Unione internazionale delle telecomunicazioni) attraverso azioni quali: finanziamenti, condivisione di dati, competenze tecnologiche e ripensare modelli commerciali sostenibili per la connettività.

Ericsson ha impegnato i suoi sforzi attraverso una partnership triennale con l’Unicef per aiutare a mappare l’attuale gap di connettività scolastica in 35 Paesi. Il rapporto EIU sostenuto da Ericsson – Connecting Learners: Narrowing the Educational Divide – ha rafforzato la convinzione dell’azienda che l’ambizioso obiettivo di Giga, di connettere tutte le scuole e le loro comunità circostanti entro il 2030 è raggiungibile.

Heather Johnson, vice president of Sustainability and Corporate Responsibility, Ericsson, commenta: «Quando è stata annunciata l’iniziativa Giga, abbiamo subito compreso l’impatto positivo che avrebbe portato – colmare il divario digitale tra e all’interno dei Paesi, per dare ai bambini di tutto il mondo l’opportunità di un futuro luminoso e gratificante». E aggiunge: «Il rapporto chiarisce che la partnership tra le imprese, il settore pubblico e le Ong può essere efficace per affrontare questo problema e avere un impatto significativo sulle vite di molte persone. Ogni persona di questi settori, non importa quanto grande o piccolo, può fare la differenza. Incoraggiamo le parti interessate a leggere il rapporto e soprattutto ad aderire all’iniziativa Giga per contribuire a realizzare questo importante obiettivo».

Per Charlotte Petri-Gornitzka, Unicef Deputy Executive Director, Partnerships: «Insieme, stiamo mappando le scuole di tutto il mondo per identificare le lacune di connettività nelle comunità. È fondamentale che diversi settori collaborino per connettere le scuole e fornire un apprendimento digitale di qualità, in modo che ogni bambino e giovane possa fare un salto verso un futuro più luminoso».

Il rapportoIl rapporto Eiu mostra come la connettività nelle scuole può portare a migliori risultati educativi e a maggiori opportunità di carriera per i bambini, con conseguente maggiore impatto economico e crescita della comunità. Lo studio sottolinea come questi benefici a livello individuale per i bambini hanno un effetto valanga che porta a redditi più alti, una migliore salute e un miglior benessere generale. I benefici possono estendersi oltre i bambini, sostenendo uno sviluppo di più ampio respiro per le comunità e la loro crescita economica.

Altri potenziali benefici della connettività scolastica evidenziati dal rapporto includono:•Aumento della qualità dell’istruzione. •Creazione di una forza lavoro più produttiva che promuove l’innovazione.•Creazione di posti di lavoro.•Sviluppo delle comunità. •Fare da traino alla crescita economica e allo sviluppo.

Personale ATA ex LSU, assunzioni per 1.591 lavoratori: domande entro il 5 luglio

da La Tecnica della Scuola

Il 9 giugno è stato registrato il decreto interministeriale n. 156 del 13 maggio 2021 relativo alla procedura selettiva, per titoli, finalizzata all’assunzione a tempo indeterminato di personale che ha svolto, per almeno 5 anni, anche non continuativi, nei quali devono essere inclusi gli anni 2018 e il 2019, servizi di pulizia e ausiliari presso le istituzioni scolastiche ed educative statali, in qualità di dipendente a tempo determinato o indeterminato di imprese titolari di contratti per lo svolgimento di tali servizi.

Con D.D.G. 16 giugno 2021 n. 951 è stata bandita la procedura.

Le assunzioni a tempo indeterminato saranno effettuate, mediante la stipula di contratti a tempo pieno e/o a tempo parziale al 50 per cento, per totali 1.591 posti.

Il bando sarà pubblicato nella Gazzetta Ufficiale IV serie speciale – Concorsi ed Esami del 18 giugno 2021. Il 21 giugno sarà invece la data di pubblicazione del bando sul sito internet del Ministero e degli USR.

A partire dalle ore 10 del 21 giugno e sino alle ore 14 del 5 luglio 2021 resterà aperta la piattaforma di presentazione delle domande di partecipazione alla procedura.

SCARICA NOTA E DECRETI

Mobilità annuale, personale ATA e Direttori SGA: la domanda è cartacea

da La Tecnica della Scuola

Le regole della mobilità annuale per l’a.s. 2021/22 sono contenute nella nota 18372 del 14 giugno scorso, concernente le Utilizzazioni e Assegnazioni Provvisorie del personale docente, educativo ed A.T.A. ai sensi del CCNI sottoscritto in data 8 luglio 2020.

Con riferimento al personale ATA, come per i docenti, il contratto integrativo conferma la possibilità prevista dall’articolo 7 comma 1 e dall’articolo 17, comma 1, di richiedere l’assegnazione provvisoria per il ricongiungimento, oltre che per il coniuge o parte dell’unione civile o convivente, anche per parenti o affini, purché la stabilità della convivenza risulti da apposita certificazione anagrafica. Al medesimo comma è ammessa l’istanza di ricongiungimento al genitore, senza richiedere l’ulteriore requisito della convivenza.

Inoltre, all’articolo 18 – Precedenze nelle operazioni di utilizzazione e di assegnazione provvisoria – sono state definite le modalità di indicazione delle preferenze che il personale intenda far valere nelle precedenze previste.

Può accedere alle operazioni di utilizzazione, laddove sia risultato in soprannumero sull’organico di diritto dell’istituzione scolastica di titolarità per l’anno scolastico 2021/2022, anche il personale ATA reclutato in esito alle procedure selettive di cui all’articolo 58, comma 5 ss., del decreto legge n. 69 del 2013 (e individuato con causale di contratto G7 – ART. 58, D.L.N.69/2013 E Art.1, COMMA 964, L. N.178/2020 – FULL TIME) che, per effetto delle modifiche ed integrazioni apportate al CCNI del 3 agosto 2020, ha partecipato alle procedure di mobilità a seguito di individuazione come perdente posto secondo le ordinarie modalità previste dal CCNI sulla mobilità del personale docente, educativo ed ATA, sottoscritto in data 6 marzo 2019.

Quest’anno sono inoltre ammessi a partecipare alle procedure di mobilità “annuale” anche i Direttori dei Servizi Generali e Amministrativi immessi in ruolo a conclusione del concorso ordinario di cui al DD 2015 del 20.12.2018.

Le domande possono essere presentate in modalità cartacea a partire dal 28 giugno 2021 e fino al 12 luglio 2021. A tal fine si allega il modello di domanda di utilizzazioni e assegnazioni provvisorie del personale ATA.