Lettera a Barbara

Lettera a Barbara Accetta

di Maurizio Tiriticco

Cara Barbara! Scrivo a te perché so che su “certe cose” siamo sulla stessa lunghezza d’onda. Penso che anche tu abbia visto stasera la fiction – ma che brutta espressione! – su Nilde Iotti. Io ho rivissuto anni di grandi battaglie e di grandi conquiste. Ed io e te ci eravamo! Quanti incontri allora nelle manifestazioni! E nelle discussioni nelle sezioni del PCI. Erano tempi di uomini e di donne politici/he di grande spessore, cultura, determinazione, e con alle spalle grandi storie di studio, di lotte e di sacrifici! E di ideali! E soprattutto legati strettamente ai “bisogni della gente”, come su suol dire. O meglio ai bisogni di una classe operaia di un Paese che si stava rapidamente industrializzando – in pochi anni divenimmo la quinta potenza mondiale – e di contadini che alla zappa andavano sostituendo il trattore. Uomini e donne politici/he di ampie vedute e determinate. Grazie a loro in pochi anni abbiamo creato un Grande Paese, una Grande Repubblica! Allora! E abbiamo scritto una bella Costituzione! Con parole semplici, perché tutti i cittadini e le cittadine potessero leggerla e comprenderla.

Ma… quando penso alla classe politica – si chiama così – di oggi, provo una grande tristezza! E pena! Primeggiano e riscuotono applausi i Salvini, i Di Maio, i Conte, le Meloni e compagnia cantante. E la sinistra purtroppo non esprime uomini e donne, compagni e compagne – parole ora assolutamente desuete – che abbiano un certo rilievo. E poi mi fa una grande tristezza constatare che proprio a sinistra molti dei suoi rappresentanti – cosiddetti – hanno il loro partitino, la loro sigletta, pronti poi ad essere cambiati alla prima folata di vento! Sigle e siglette senza contenuti, se non un nome in cerca di un successo che difficilmente si raggiunge.

Allora la DC, il PCI, il PSI, il PRI, il PLI, il PDL – per ricordare solo le sigle dei sei partiti che avevano animato la Resistenza e che ci avevano condotto al Referendum del 2 giugno 1946 con cui nacque la Repubblica e, di conseguenza, alla scrittura di una Carta Costituzionale che è tra le più belle del mondo – avevano  ciascuno a monte i loro referenti concettuali ed ideali, anche se l’ultimo aggettivo è grosso ed impegnativo: l’Enciclica De Rerum Novarum, il Capitale, Mazzini, Gobetti, Gramsci, Don Sturzo, Bonomi! Per non dire poi della grande eredità che ci è stata lasciata dagli autori del Manifesto di Ventotene!

I politici di oggi – e, penso, di tutti gli schieramenti – mi sembra che non abbiano storia e nulla dietro rispetto a programmi ed attese! Non parlo di ideali, che sono oggi parole vuote. Però – e questa è una triste constatazione – la crisi di una politica è sempre ed anche la crisi di un Paese! E non sono pessimista perché sono vecchio e rincoglionito! Anni fa un certo Renzi raggiunse una certa notorietà come “rottamatore” di un passato considerato come un limite e non come una risorsa! Ed è riuscito nel suo intento, purtroppo! Ed ha finito con il rottamare anche sé stesso. E i risultati di questo lento ed inarrestabile decadere sono sotto gli occhi di tutti! Primeggiano omuncoli! Un Conte e un Grillo, che addirittura attendono a scrivere chissà quale salvifico documento politico. Una cazzosa Meloni, sempre scortata da due corazziere due, che trancia sempre giudizi di fuoco! Un Cavaliere, che ormai offre sempre alla stampa sorrisi… stampati promettendo di fatto aria fritta!

Nonché un arruffapopolo come Salvini, che comunque riesce a riempie la Piazza della Bocca della Verità! Ma la verità, quella vera, di cui noi Italiani abbiamo tutti in gran bisogno, soprattutto ora che – come sembra – stiamo uscendo dalla pandemia – sembra che sia dispersa nel traffico del Lungotevere! O tempora o mores! E’ triste consolarci con i ricordi! Ed essere pessimisti per il futuro! Almeno per me! E’ segno che sono troppo vecchio!

Giornata Mondiale del Rifugiato

Giornata Mondiale del Rifugiato: accordo tra UNICEF E INMP per potenziare la tutela della salute di minori, donne e famiglie con background migratorio

Tra le priorità: formazione degli operatori socio-sanitari e mediatori culturali e sensibilizzazione su questioni di salute, con un focus sulla salute mentale, la violenza di genere, la salute sessuale e riproduttiva e l’accesso ai servizi 

20 Giugno 2021 – Oggi, in occasione della Giornata Mondiale del Rifugiato, il Fondo delle Nazioni Unite per l’Infanzia (UNICEF) e l’Istituto Nazionale per la promozione della salute delle popolazioni Migranti ed il contrasto delle malattie della Povertà (INMP) – consolidano l’impegno comune in tema di formazione e sensibilizzazione sulle questioni di salute connesse alla migrazione, siglando un protocollo di Intesa.

I bambini e adolescenti rifugiati e migranti e le loro famiglie corrono spesso maggiori rischi per la salute e devono affrontare una serie di ostacoli per accedere a un’assistenza sanitaria di qualità. Molti vivono anche gravi difficoltà emotive dovute al trauma del viaggio e, molte volte, ad abusi e sfruttamento, compresa la violenza sessuale e di genere. La pandemia globale da COVID-19 ha inoltre aggravato ulteriormente queste sfide. 

 

Attraverso questo accordo UNICEF e INMP rafforzeranno la loro azione sul territorio attraverso iniziative volte a:

  • formare gli operatori socio-sanitari- compresi i mediatori culturali – in merito ai temi della migrazione, della violenza – inclusa quella di genere – della povertà e dell’esclusione sociale, connessi all’infanzia e all’adolescenza;
  • promuovere collaborazione su ricerche e indagine per favorire la sensibilizzazione sui fenomeni legati alla migrazione, con un’attenzione particolare alle dinamiche di violenza di genere, povertà, esclusione sociale e salute mentale;
  • Promuovere un’educazione sanitaria corretta e sensibile alle dinamiche legate all’età, al genere e ai contesti culturali di provenienza, anche attraverso lo sviluppo di materiali adatti per adolescenti e giovani migranti e rifugiati– compresi i temi legati alla salute sessuale e riproduttiva;

 

“Siamo entusiasti di questa collaborazione perché ci permetterà di potenziare gli sforzi comuni per raggiungere sempre più minorenni, donne e famiglie migranti e rifugiate e far sì che il loro diritto alla salute sia garantito, anche dando loro accesso a informazioni e servizi di qualità per affrontare il loro percorso nel modo più sicuro possibile. La questione diventa ancora più rilevante se si considerano gli effetti che la pandemia – ancora in corso – ha sulla salute mentale e sul rischio di violenza di genere”.  Anna Riatti, Coordinatrice UNICEF.

Il Protocollo d’Intesa che stiamo firmando con l’UNICEF è motivo di grande orgoglio, perché frutto di un comune interesse, che è quello di garantire un equo accesso alla salute da parte di persone altamente a rischio di esclusione sociale, con possibili gravi conseguenze sulla loro salute ma anche con una ricaduta negativa sull’intera società. Quando si tratta di giovani, in particolare, le conseguenze si perpetuano nel tempo, con costi incalcolabili di tipo economico ma anche, e soprattutto, di tipo sociale, e questo non è accettabile”. Concetta Mirisola, Direttore Generale dell’INMP.

La scuola è finita?

La scuola è finita?

di Maria Grazia Carnazzola

1 – La situazione

Ho modificato il titolo dell’Espresso del 6 giugno u.s “La scuola è finita – Abbandono degli studi, disagio, disuguaglianze territoriali in crescita”.

Dopo quasi due anni di scuola a singhiozzo tra presenza e distanza, possiamo sostenere che sono stati due anni perduti per l’apprendimento. Per i ragazzi, per i docenti, per l’istituzione, per il Paese. Qualcuno azzarda che la Dad fosse l’unica soluzione; qualcuno sostiene che è stato un fallimento, che bisognava fare qualcosa d’altro, ma non dice che cosa. Si continua a parlare dello stress dei giovani, dell’ansia legata alla valutazione degli esiti scolastici, spesso collegando questo stato di cose alla pandemia, alla limitazione della vita di relazione, al ritiro sociale che avrebbe portato con sé l’uso smodato dei social e delle tecnologie dell’informazione in generale. È senza dubbio un periodo non facile. Ma se andassimo a rivedere il report OCSE 2015 relativo al questionario “benessere degli adolescenti”, somministrato in occasione del test PISA per la rilevazione delle competenze in Scienze, Lettura e Matematica, vedremmo che i nostri quindicenni- già allora- erano mediamente meno soddisfatti della loro vita quotidiana rispetto ai loro coetanei del resto del mondo, facevano un uso smodato di internet e, questo è il punto, vivevano la scuola con molto stress ed erano in ansia per le interrogazioni- anche se ritenevano di aver studiato- per la paura di un voto negativo. Inquadriamo le situazioni nei giusti contesti, allora, per non scambiare i fatti con la loro narrazione. Questa che stiamo vivendo oggi tutti noi, e che tocca particolarmente gli adolescenti, è un’esperienza di cui si dovrà fare tesoro quando usciremo dalla pandemia, sapendo che le cose non torneranno esattamente come prima. Il futuro va pensato in termini di possibilità e non di probabilità, perchè il probabile è riferito a ciò che si conosce o si immagina di conoscere e il futuro, per definizione, è ciò che non si sa. Dovremo farne tesoro perché una società senza memoria è superficiale, si muove in un presente che sembra sospeso nel vuoto come se non avesse provenienza e neppure destinazione. Mentre sappiamo che è la nostra capacità di cambiare, tenendo conto del contesto e delle difficoltà senza farci travolgere, che ci permetterà di ricominciare. Senza memoria ci si trova a dover improvvisare per far fronte ai problemi, ma le soluzioni improvvisate non sono mai durature e i problemi si ripresentano con il peso delle mancate o inadeguate soluzioni. L’ambiguità delle politiche scolastiche e delle scelte che si operano, non solo in questo sfortunato periodo, fanno pensare alla sostanziale mancanza di un progetto per i giovani e per il loro affacciarsi al mondo del lavoro, quando assumeranno piena autonomia nei confronti del mondo adulto. La scolarizzazione nominale, che continua a produrre certificazioni corrispondenti a livelli elevati di competenza a cui non corrispondono livelli reali, produce aspettative sociali che, se non soddisfatte, possono trasformarsi in fattori patogeni dei comportamenti. Il bilanciamento del mercato del lavoro e sociale, a favore dei giovani, deve avvenire non solo attraverso la redistribuzione della ricchezza, ma soprattutto attraverso il bilanciamento delle opportunità, cominciando dalla scuola.

2 – Un quadro di riferimento necessario

Indipendentemente dalla strutturazione dei percorsi di formazione/istruzione e dai contenuti effettivi, possiamo individuare nel disegno di un percorso educativo, a livello generale, quattro momenti tra loro interrelati e conseguenti. Ad esempio, la definizione di una prova di profitto non è solo un problema tecnico ma comporta risvolti di politica scolastica e produce sugli insegnanti, come tutti i sistemi di esame, una modifica della programmazione e della pratica didattica.

a)  Gli scopi – non attribuendo a questo termine un significato univoco né in relazione a percorsi e contenuti, né alla loro giustificazione culturale. Rispetto ai contenuti, gli scopi- finali o immediati- possono essere sociali, morali, religiosi, professionali, intellettuali, estetici…tra loro in accordo o in opposizione, in continuità o discontinuità; sono giustificati culturalmente da richieste ed esigenze sociali, psicologiche, pedagogiche… che possono escludersi o integrarsi. Il concetto di scopo educativo, pur nella problematicità della definizione, costituisce il momento essenziale dell’intero processo educativo. Pensare alla formazione dell’uomo che sarà, alle qualità e agli strumenti che dovrà possedere per affrontare il futuro, non può che stimolare riflessioni e produrre ipotesi, in un periodo non facile come quello che stiamo attraversando, da parte di tutti i settori tradizionalmente afferenti al dominio delle scienze dell’educazione, della pedagogia sperimentale, della tecnologia dell’istruzione, della docimologia, a cui oggi si aggiungono i contributi delle ricerche afferenti alle aree della sociologia, dell’antropologia, della linguistica, della scienza cognitiva, della psicologia dell’apprendimento, dell’informatica e della cibernetica. Dal dibattito nazionale sull’educazione provengono messaggi contradditori rispetto agli scopi da perseguire, sia in sede di politica scolastica sia in sede di ricerca. Spesso si assiste a interpretazioni diverse di problemi che, in un primo momento, avevano dato luogo a descrizioni simili. Mi chiedo se non si sia innescata una dinamica perversa per cui la scolarizzazione produce un aumento dell’insegnamento senza che da questo derivino benefici verificati dei repertori conoscitivi, delle capacità interpretative o di competenze professionali. E mi chiedo che significato abbiano ora concetti come “istruzione obbligatoria”, “diritto allo studio” e “istruzione di base”, un tempo collegati alla concezione democratica dell’uguaglianza delle opportunità educative. Il tempo della formazione scolastica è prezioso se viene impiegato per tramandare, conservandolo, il patrimonio di cultura delle generazioni precedenti quale premessa per sviluppi ulteriori; rappresenta uno spreco quando viene disperso per far compiere agli allievi esperienze ambigue.

b)  In funzione del raggiungimento degli scopi, si procede alla scelta degli strumenti: i contenuti di cultura, i sussidi e le tecnologie, scelta che tiene conto di mediazioni di carattere teorico, pedagogico e didattico- giustificata dalla tradizione o da esigenze psicopedagogiche. Succede, talvolta, che nella scelta degli strumenti si manifesti una forma di subalternità alle suggestioni di elementi che godono di una diffusa attenzione, come le tecnologie, le cui potenzialità non sono però interpretate in funzione dello specifico progetto formativo. Il testo “Imparare” di S. Dehaene, nella parte riferita ai quattro pilastri dell’apprendimento, può offrire un valido contributo all’approfondimento della questione.

c)  Gli strumenti educativi vengono organizzati a diversi livelli di complessità che va dall’organizzazione dei contesti di apprendimento, della lezione nelle diverse declinazioni, della sequenza degli interventi didattici disciplinari e della loro interazione/integrazione, del rapporto tra didattica generale e didattica speciale, del collegamento tra attività dell’insegnante e quella degli allievi, fino alla costruzione di un curriculum degli studi di qualsiasi tipologia di scuola. Il tipo di organizzazione è frutto di scelte riconducibili, in modo esclusivo o prevalente, alla tradizione o a teorie psicopedagogiche e didattiche presenti in modo più o meno esplicito nelle indicazioni a livello esteso (macrosistema) o a livello prossimo (microsistema). L’esigenza è quella di organizzare l’insegnamento a misura del gruppo di apprendimento; si pone così il problema del chi è il destinatario dell’insegnamento che vincola a sua volta l’aspetto del come insegnare.

d)  Il momento del controllo (monitoraggio, verifica, valutazione), strutturalmente connesso all’intero processo e alla fase della programmazione, è finalizzato ad accertare se e in quale misura l’organizzazione e gli strumenti scelti hanno permesso di raggiungere gli scopi proposti, per apportare gli eventuali necessari cambiamenti. La pratica valutativa è fonte di ansia e di stress anche per i docenti per molti motivi: la disomogeneità dei criteri tra colleghi, l’esigenza di non trasformare il voto in un giudizio sulla persona e di farlo comprendere, la contraddizione tra le insufficienze accertate e le ammissioni deliberate, la mancanza di una riflessione condivisa per la valutazione delle abilità trasversali o delle competenze … Credo veramente che gli insegnanti desiderino attribuire valutazioni positive agli studenti, almeno tanto quanto questi desiderino riceverle. Senza contare che il poter assegnare voti positivi riscontra positivamente le fatiche del proprio insegnare e riduce lo scoramento delle promozioni prive di giustificazione valutative. La decisione di conservare l’istituto della ripetenza, consentendo la promozione con delle insufficienze, rende indispensabile un articolato e rigoroso sistema di criteri, docimologicamente fondato, per la costruzione delle verifiche e per l’attribuzione della valutazione: come definire la sufficienza, come documentare i processi di miglioramento, come fissare obiettivi chiari in termini di risultati attesi.

Ho detto più sopra che la scuola non può permettersi di sprecare il tempo e l’intelligenza degli allievi e che l’attività educativa non può identificarsi con il consumo di tecnologie, altrimenti diventa un discorso ideologico alla cui luce leggere anche il dibattito sulla cosiddetta Dad. Sappiamo che le ideologie, nelle situazioni di disagio e di incertezza, orientano e giustificano gli atteggiamenti e i comportamenti favorendo associazioni con valori morali, culturali e scientifici già accreditati. Nell’ultimo periodo le ragioni di disagio nel campo dell’istruzione-formazione-educazione sono state molte: incertezze e contraddizioni nelle linee generali di indirizzo, nella definizione del ruolo sociale della scuola, nella precisazione degli ambiti e degli oggetti, nella scelta e gestione delle attività, nei criteri per la valutazione degli esiti.

3 – L’istruzione a distanza, formula didattica per un percorso continuo

Sono fermamente convinta, e lo ripeto spesso, che la scuola sia un bene pubblico che si fonda su un patto politico e sociale, sulla condivisione mediata di principi e di paradigmi che connotano un sistema da gestire su una linea di continuità dall’alternanza degli schieramenti di partito e dai ministri, fino che a che questi principi saranno proficuamente praticabili. La qualità di un sistema formativo, infatti, si valuta sulla capacità di raggiungere gli scopi che la società gli affida, nella sua capacità di essere veramente inclusivo a cominciare dal riequilibrio dei diritti degli studenti e degli insegnanti. Su questo aspetto ritengo che anche il mondo sindacale dovrebbe fare una seria riflessione. In questo periodo di protratta emergenza è necessario avere le idee chiare per non continuare a rincorrere mode e a farsi suggestionare da scelte che non portano a nulla se non ad aumentare la confusione. Siamo in un contesto di wide-learning all’interno del quale la scuola deve trovare, attraverso un attento sguardo pedagogico, il suo ruolo specifico di orientamento.

A settembre, pare si dovrebbe ritornare alle lezioni in presenza ma, pare, l’esperienza della Dad non sarà archiviata, anzi diventerà un aspetto da capitalizzare. L. Floridi sostiene che dopo la pandemia, il quarto aspetto necessario sarà quello dell’apprendimento on -life. Un percorso educativo di istruzione/formazione a distanza può essere tale solo per quello che riguarda l’aspetto spazio/temporale; gli aspetti relativi ai contenuti e all’impianto metodologico devono per forza di cose fare riferimento, invece, a esperti sia del settore disciplinare sia didattico, per salvaguardare gli aspetti cognitivi, affettivi e gestionali dell’insegnare e dell’apprendere. L’istruzione a distanza permette a ciascuno di gestire e monitorare in modo autonomo e flessibile le proprie attività, organizzando con flessibilità i tempi e modi dello studio. Gli aspetti cognitivo/affettivi del processo di insegnamento/apprendimento sono garantiti dal controllo che viene realizzato nel continuo feedback di informazioni che consentono a chi apprende una modifica o un consolidamento delle strategie utili per affrontare compiti nuovi; ai docenti il controllo suggerisce le variazioni/compensazioni da introdurre e da indicare, andando di fatto nella direzione della personalizzazione/individualizzazione e, quindi, dell’inclusione.

4 – Per concludere

Per chiudere, un accenno all’Esame di Stato, un problema scomodo che non viene approfondito, ma che si tratta in termini di attualità che “fa titolo”. Anche quest’anno si svolgerà solo in forma orale, come lo scorso anno. Forse non si poteva fare altrimenti, ma trovo fuorviante tutto quello che si dice su questo maxi-orale. Che non può essere maxi perché dura 60 minuti, esattamente come quando c’erano le prove scritte: i saluti, due parole di rassicurazione… e si parte. Presentazione dell’elaborato, poi le parti dei programmi svolte, i saluti… I ragazzi sanno bene come funziona, sanno che non è lo stesso dell’esame tradizionale, sanno che non tutti possono avere avuto lo stesso aiuto nella preparazione dell’argomento assegnato….Invece di dire loro che “Non è un esame di serie B”, dovremmo dire che cosa pensiamo di fare per dare loro quello che non hanno avuto, per una serie di motivi contingenti ma anche per la nostra incapacità di visione, uscendo dalla narrazione della gioventù negata, perché la gioventù non è solo un fatto biologico. Noi adulti sappiamo perfettamente che quello che non abbiamo dato, i ragazzi se lo dovranno cercare da soli, è questo il problema vero. Mi auguro che almeno quest’anno, dopo la pubblicazione degli esiti, non ci si limiti al riduttivo sguardo statistico- che B. Vertecchi considerava un aspetto del modalismo- perché, di nuovo, si ignorerebbero l’ampiezza e la dispersione delle variabili in gioco e si conferirebbe valore di modello esclusivamente agli aspetti formali. È difficile costruire modelli pedagogico-didattici partendo da fatti e notazioni marginali, anche se sono oggetto di una diffusa attenzione mediatica. Le indagini statistiche, quando sono serie ed effettuate su un vasto campione, dovrebbero portare ad analisi approfondite e non a sterili polemiche. Infatti, la valutazione è il concreto riscontro delle finalità culturali e sociali assegnate all’Istituzione Scuola e nelle pratiche valutative si rintracciano i dati distintivi dell’azione didattica e, più in generale, della qualità dell’istruzione. E’ un problema rilevante che rimanda a giudizi di valore di ordine filosofico, a consapevolezza storico-sociale, a valutazioni economiche che richiedono, qualche volta, di studiare sperimentalmente dei modelli di innovazione possibili da generalizzare con un impegno di spesa sostenibile. Da qui dovrebbero partire sia serie ricerche pedagogiche orientate alla conoscenza dei problemi dell’educazione- formazione- istruzione nei diversi contesti, sia un profondo cambiamento della strutturazione dei contenuti, delle modalità didattiche e di valutazione degli esiti. Così, forse, la scuola non finirà.

BIBLIOGRAFIA

B. Vertecchi, Decisione didattica e valutazione, La Nuova Italia, Firenze 1993;
M. Gattullo, Didattica e docimologia, Editore Armando Armando, Roma 1975;
Settimanale L’Espresso n.24, 6 giugno 2021;
S. Dehaene, Imparare-Il talento del cervello, la sfida delle macchine, Raffaello Cortina, Milano 2019; L. Floridi, La quarta rivoluzione, Raffaello Cortina, Milano 2017;
L. Floridi, Pensare l’infosfera, Raffaello Cortina, Milano 2020.

TECNOCRAZIA E CONSERVAZIONE

TECNOCRAZIA E CONSERVAZIONE

di Paolo Manzelli

La visione del futuro del Presidente del Consiglio  appare  conservativa e tecnocratica in quanto fondata sulla sviluppo economico spesso visto  in antitesi al cambiamento dello sviluppo sociale scientifico e culturale. Tale impostazione del futuro della Next Generation è in netto contrasto con le  aspettative di rinnovamento dello sviluppo sostenibile proposte da “ EGOCREANET –Cluster “ che viceversa sono  basate su una visione alternativa della  “Transizione Ecologica e Digitale” , che necessita primariamente di ridefinire una nuova prospettiva del “Paradigma della Scienza”  in relazione alla realta’ contemporanea che recentemente ha subito la  Pandemia Virale.

Proprio nella attivita’ di contrasto al Covid.19, abbiamo notato come la Strategia della “Vaccinazione di Massa” abbia privilegiato il mantenimento dei limiti cognitivi del vecchio ed obsoleto Paradigma Meccanico della Scienza,  proprio a riguardo della produzione genetica di Anticorpi , cio’ in netto contrasto a quanto abbiamo piu’ volte indicato con le indicazioni di “Epigenetica Virale”, le quali conducono ad una diversa valutazione dei rischi a lungo termine dei Vaccini-Geneteci . ( RF.1.)- vedi in; http://www.egocrea.net) .

Purtroppo la strategia di Ripresa e Resilienza attuata dal prof.  Draghi ,evita sistemanticamente di riflettere sulla necessita di ristrutturale la Scienza come “esplorazione dell’ ignoto” la cui necessita’ rivoluzionaria fu messa in evidenza da Thomas Kuhn, nella sua importante opera, intitolata La struttura delle rivoluzioni scientifiche (1962). Kuhn descrisse come “Cambio di Paradigma”, la necessita storica di un cambiamento nelle assunzioni basilari all’interno di una teoria scientifica– dominante” in modo che la evoluzione della Scienza non permanesse conservativa come quella di un sistema  di un semplice consolidamento del Paradigma dominante essenzialmente dogmatico .

Rf.2.) https://www.docsity.com/it/riassunto-la-struttura-delle-rivoluzioni-scientifiche-kuhn/526732/

Egocreanet-Cluster  , proprio allo scopo di innovare la “Transizione Ecologica e Digitale “ riconosce la necessita prioritaria di andare oltre al  obsoleto “Paradigma- Meccanico” ,acquisito ed universalmente riconosciuto in  epoca Industriale, proprio in quanto tale modello economico di crescita , basata sulla competitività ed il profitto, ha condotto alla sistematica distruzione odierna dell’ ambiente e della biodiversità , che oggigiorno  è divenuta ecologicamente insostenibile. Infatti il prevedibile disastri ambientale e diretta  causa del mantenimento di un modello di sviluppo economico che fa’ ancora esclusivo  riferimento al Paradigma obsoleto di produzione  e del lavoro di impresa , il quale  ormai  non si risolve piu’ ne problemi e neppure  risoluzioni migliorative storicamente ancora accettabili e comprensibili.

Rf.3.) Il crollo del Paradigma Meccanico della Scienza: https://www.scienzaeconoscenza.it/blog/scienza_e_fisica_quantistica/il-crollo-del-vecchio-paradigma-meccanico-della-scienza

Per invertire il Cambiamento Climatico, diversamente da quanto proposto dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) -noto come Recovery Plan italiano, (finanziato con 210 miliardi di euro), a nostro avviso non sara’ sufficiente investire in una logica tecnocratica Keinesiana , come quella affidata ad esperti ministri (quali Roberto Cingolani per la Transizione Ecologica e Vittorio Colao per la Transizione Digitale), in quanto ritenuti  capaci di spendere bene ,  quelle elevata somma di denaro… come se automaticamente con l’ investimento di denaro il sistema sociale potesse modificarsi conseguentemente agli obiettivi dell’investimento di denaro  e senza provocare imprevisti traumi sociali.

Inversamente a tale strategia l’ investimento Europeo anziche’ essere rivolto  alla Ripresa Economica , e guidato dalla consueta misurazione del Prodotto Nazionale Lordo (PIL), andrebbe  diretto fondamentalmente verso il cambiamento sociale ,scientifico e  culturale,  al fine di realizzare una consapevole attuazione del  suddetto Recovery Fund. .

L’ obbiettivo a cui tendera’ il contributo a tale inversione di tendenza proposto da EGOCREANET-Cluster nel 2021/2022, sara’  indirizzato a rimodulare “Circolarmente la relazione tra  “Ambiente e Salute”, per la  quale diviene prevalente la profonda modifica della qualita’ mentale scientifica e culturale della gente, proprio al fine di affrontare con rinnovata consapevolezza e coscienza condivisa ,  le nuove sfide della  transizione Ecologica e Digitale , per ridisegnare il futuro del lavoro e della  produzione delle giovani Generazioni , nonche’ orientare lo sviluppo globale   ad  ottimizzare  la trasformazione di molte altre consuete modalita’ di vivere e muoversi nel mondo.

Rf-4) -Nuovo paradigma della Vita Circolare : https://www.edscuola.eu/wordpress/?p=118567