Giochi Olimpici e Paralimpici Invernali del 2026

Il 24 giugno, presso il Salone d’Onore del CONI a Roma, si è celebrato il secondo anniversario dall’assegnazione all’Italia dei Giochi Olimpici e Paralimpici Invernali del 2026. Oltre ai nuovi Ambassador, nel corso dell’evento sono state presentate quattro importanti iniziative legate al mondo della scuola. All’iniziativa di oggi hanno preso parte il Ministro dell’Istruzione, Patrizio Bianchi, e la Sottosegretaria allo Sport, Valentina Vezzali, insieme al Presidente del CONI e della Fondazione Milano Cortina 2026, Giovanni Malagò, e all’Amministratore Delegato, Vincenzo Novari. Il Ministro ha presentato il Protocollo d’intesa tra la Fondazione Milano Cortina 2026 e il Ministero dell’Istruzione. Il documento, nell’ambito dell’Educational Program del Comitato Olimpico Internazionale e del Comitato Paralimpico Internazionale, disegna un ampio perimetro di collaborazione in cui saranno inserite tutte le iniziative che, di volta in volta, verranno intraprese per la promozione nelle scuole dei valori dello sport, dell’Olimpismo, del Paralimpismo. Un programma che, sin dall’inizio, coinvolgerà direttamente i docenti, le studentesse e gli studenti delle scuole secondarie di primo e secondo grado.

Il primo appuntamento riguarda la Mascotte: saranno gli studenti di tutta Italia a ideare l’iconico personaggio che incarnerà lo spirito dei Giochi. Le migliori proposte saranno poi sviluppate professionalmente sul piano del design e votate dal pubblico attraverso un meccanismo di digital engagement, simile a quello che ha portato alla scelta dell’Emblema.

Oltre alla Mascotte, sono state lanciate altre tre iniziative. Con “MC2026 School Day” gli insegnanti e gli studenti potranno partecipare a una giornata speciale che ogni anno, a partire dal 2023, sarà dedicata non solo ai valori ma anche ai segreti e alle curiosità del sogno Olimpico e Paralimpico. Attraverso “Parasports School Tour” gli atleti Paralimpici andranno nelle scuole di primo grado italiane per raccontare le loro straordinarie storie di vita e di eccellenza agonistica e per affrontare con gli studenti i temi della disabilità e dello sport Paralimpico. Il progetto “Wonder Kids” avrà invece l’obiettivo di diffondere lo sport Paralimpico a livello giovanile, individuando, attraverso la scuola, i potenziali atleti Paralimpici del futuro per avviarli alle migliori performance sportive.

Il secondo compleanno della Fondazione è stato anche l’occasione per presentare i due nuovi Ambassador di Milano Cortina 2026: la campionessa Paralimpica di scherma, Bebe Vio, accolta dal Presidente del Comitato Italiano Paralimpico, Luca Pancalli, e il campione del Mondo di calcio del 2006, Francesco Totti. Campioni nello sport e nella vita che si aggiungono al dream team di cui fanno già parte Federica Pellegrini, Alberto Tomba e Deborah Compagnoni.

Settembre a scuola senza mascherine: il Governo ci prova

da Il Sole 24 Ore

di Redazione Scuola

Un rientro in classe a settembre liberi dalle mascherine. E’ l’obiettivo al quale punta il governo sulla base dei numeri attuali, in netto decremento, della pandemia da Covid-19 nel nostro Paese. Un traguardo che potrebbe dunque essere raggiungibile, anche se il dibattito resta aperto e bisogna fare ancora i conti con i ritardi delle Regioni sul fronte delle vaccinazioni agli adolescenti tra 12 e 16 anni, condizione importante proprio per garantire che il ritorno tra i banchi avvenga in sicurezza: «Noi siamo pronti a vaccinare, ma non abbiamo ad oggi le dosi per farlo», è la denuncia dei pediatri.

Lo stop alle mascherine nelle aule scolastiche è tra i segnali che vanno dati, come spiega il sottosegretario alla Salute Andrea Costa. «Con i numeri e il ritmo della campagna vaccinale in corso e l’obiettivo dell’immunità di gregge per fine settembre – ha spiegato – è logico pensare che i ragazzi possano tornare in classe senza le mascherine, pur mantenendo la distanza tra di loro». Per Costa infatti «è importante che la politica dia dei traguardi, delle prospettive, altrimenti rischiamo di non essere credibili. Dobbiamo alimentare un clima di fiducia verso i vaccini e con le somministrazioni si può dire che si torna a una quasi normalità». Insomma, «ci sono tutte le condizioni per assumersi questa responsabilità offrendo consapevolezza alle persone sulla bontà della vaccinazione», ha assicurato, «dobbiamo dare credibilità a quello che diciamo tutti i giorni, altrimenti i cittadini avrebbero ragione a chiedersi “perchè mi vaccino se non vedo un traguardo?”. Togliere le mascherine in aula fa parte di questo ragionamento».

Il governo ci prova, insomma, ma non mancano i distinguo. Più cauto è, ad esempio, il sottosegretario alla Salute Pierpaolo Sileri, che rileva come «andando avanti con le vaccinazioni si arriverà progressivamente anche a togliere le mascherine al chiuso, ma non può essere indicata una data oggi, né può essere fatta una previsione». «Aspettiamo almeno l’autunno», è il suo invito, considerando che «bisognerà vedere come procederà il virus». Ma una «eventuale ripresa dei contagi francamente ci sarà – avverte – e a quel punto si deciderà quando togliere definitivamente la mascherina».

Mascherine a parte, resta il grande nodo dell’avvio delle vaccinazioni dei giovanissimi dai pediatri di famiglia. E le difficoltà non sono poche. I pediatri «sono pronti a vaccinare i ragazzi tra 12 e 16 anni e avremmo voluto già iniziare ma, a tre mesi dalla sigla del Protocollo d’intesa nazionale, ancora non abbiamo le dosi di vaccino e in troppe Regioni mancano gli accordi attuativi», afferma il presidente della Federazione italiana medici pediatri (Fimp), Paolo Biasci. Da qui un appello alle Regioni: «Metteteci al più presto nelle condizioni di poter vaccinare. L’obiettivo è infatti arrivare a metà settembre alla riapertura delle scuole con i ragazzi vaccinati ma i tempi sono stretti. Bisogna agire subito. Abbiamo risposto prontamente all’appello del ministro della salute Speranza e del commissario Figliuolo, ma ad oggi non siamo ancora stati messi nelle condizioni di poter avviare le vaccinazioni».

Allo stesso tempo, i pediatri rinnovano l’invito ai genitori a non avere dubbi circa l’importanza dell’immunizzazione per gli adolescenti. E proprio per chiarire ogni perplessità hanno stilato un decalogo. «Evitare una malattia pericolosa per sé e per gli altri, i rari decessi, i ricoveri per complicazioni, la sindrome Long-Covid, l’interruzione della frequenza scolastica e delle attività sociali, e poi contenere i contagi di parenti anziani e di compagni di scuola non vaccinati o non pienamente immunizzati, contribuire al controllo della pandemia e delle varianti del virus e infine creare consapevolezza dell’importanza che ciascuno faccia la propria parte anche tra gli adolescenti. Queste – spiega Biasci – le nostre indicazioni per i genitori che si accostano con mille domande alla vaccinazione dei loro figli adolescenti». Con l’immunizzazione dei ragazzi, assicura, «ci guadagna la loro salute, quella dei nonni e dell’intera comunità».


Educazione finanziaria, siglato il protocollo d’intesa tra Istruzione e Banca d’Italia

da Il Sole 24 Ore

di Redazione Scuola

Promuovere l’educazione finanziaria a scuola e nei percorsi d’istruzione per gli adulti, per accrescere le competenze economiche di studentesse e studenti e mettere in luce lo stretto legame esistente fra questo tema, l’educazione alla cittadinanza e la sostenibilità ambientale.

Con questi obiettivi il capo del Dipartimento per il sistema educativo di Istruzione e Formazione dell’Istruzione, Stefano Versari, e il capo del Dipartimento Tutela della clientela ed Educazione finanziaria della Banca d’Italia, Magda Bianco, hanno sottoscritto il Protocollo d’intesa “Per il potenziamento dell’educazione finanziaria e la promozione della cittadinanza sociale nelle istituzioni scolastiche, al fine di rafforzare le competenze dei giovani, il loro orientamento formativo e la loro futura occupabilità”.

Il ministero e la Banca d’Italia promuoveranno insieme, nel rispetto dell’autonomia delle istituzioni scolastiche, attività formative sull’educazione economica e finanziaria, per sensibilizzare studentesse e studenti, anche adulti, a una corretta gestione delle proprie risorse, al valore della sostenibilità anche in campo economico-finanziario e all’esercizio di una cittadinanza economica e sociale che favorisca l’inclusione, soprattutto delle persone finanziariamente fragili.

Il Protocollo avrà durata triennale. Saranno svolti: iniziative dedicate al funzionamento e alle finalità della Banca centrale, co-progettate nel rispetto dei Piani triennali dell’offerta formativa; attività nell’ambito dei Percorsi per le competenze trasversali e per l’orientamento; programmi di orientamento per le secondarie di I grado, sulle filiere formative del settore finanziario e le relative prospettive occupazionali, e per le secondarie di II grado, sulle prospettive offerte dal territorio.


La scuola soffre ma per burocrazia

da la Repubblica

Marco Lodoli

Si dice sempre che in Italia tutti abbiamo due mestieri, il nostro e quello di tecnici della nazionale: ma forse ne abbiamo addirittura tre, perché ogni italiano è anche potenziale ministro dell’istruzione. Ognuno sa perché la scuola non funziona come dovrebbe, quali sono le magagne più gravi e quali correttivi sarebbero subito necessari. In questi lunghi e dolorosi mesi quasi tutti, al bar, al telefono con la zia, sui giornali, in televisione, hanno espresso il loro malcontento riguardo alla didattica a distanza, una soluzione impossibile, errata per mille e mille motivi, deprimente e alienante. Vedo che anche Alessandro Baricco pesta duro sull’insegnamento online, che ha costretto i nostri ragazzi a passare malinconiche mattinate davanti a un gelido schermo, favorendo così diserzioni e abbandoni definitivi. Io faccio l’insegnante da quarant’anni e naturalmente so che la classe reale è molto meglio della classe virtuale, che nelle aule si producono dinamiche vivaci, confronti intellettuali ed emozioni che rendono le ore di lezione mille volte più belle e partecipate rispetto alle ore passate in solitudine davanti al computer. Però immaginiamo per un attimo cosa sarebbe accaduto se non ci fosse stata questa possibilità, se ogni mattina alle otto i ragazzi non avessero acceso i loro schermi per seguire quelle lezioni imperfette. La risposta è semplice: non ci sarebbe stato proprio niente. Niente di niente. Solo la solitudine totale della reclusione in cameretta, l’inerzia assoluta, un silenzio desolante. Invece, grazie alla Dad, la comunità scolastica è comunque sopravvissuta, ci siamo visti, i professori hanno spiegato quello che potevano spiegare, gli studenti hanno seguito almeno un po’, hanno domandato, risposto, hanno persino scherzato e riso. Io non ho saltato nemmeno un’ora di lezione, e devo dire che anche i miei studenti erano sempre presenti, nonostante l’instabilità del mezzo, nonostante il morbo che spesso ha raggiunto nelle loro case genitori e fratelli. Sono stati bravi, sì. E anche gli insegnanti sono stati bravi, soprattutto i più giovani, capaci di inserire filmati, schede, riassunti e tutto quello che poteva servire a rendere le lezioni più attraenti. Baricco sostiene che i sindacati sono un freno per lo sviluppo della scuola. Sinceramente a me non sembra. Tanti professori della mia scuola si alzano alle quattro di mattina a Napoli, a Caserta, a Salerno e prendono il treno per arrivare puntuali in classe qui a Roma. Molti lo fanno per 1400 euro al mese, e sono sempre presenti. Poverissimi e presenti, impegnati a trasmettere quello che hanno studiato ai loro allievi. Non credo che far ruotare le classi da un’aula all’altra invece di tenere i ragazzi fermi nella stessa aula sia la soluzione ai tanti problemi dell’insegnamento e dell’apprendimento.

La didattica in questi anni si è profondamente trasformata grazie soprattutto alle Lim, le lavagne elettroniche ormai presenti quasi in tutte le classi. Posso far vedere ai miei studenti un’intervista a Ungaretti o un documentario sulla marcia su Roma, un film su Shakespeare o su Leopardi, far ascoltare loro Il disertore di Boris Vian o Gorizia tu sia maledetta o Le quattro stagioni di Vivaldi. Tante cose si possono fare e si fanno. Il vero problema è la spaventosa burocratizzazione del lavoro scolastico, che preoccupa e agita gli insegnanti, la quantità di carte inutili da riempire che producono sempre un senso di inadeguatezza e anche di colpa, perché di sicuro qualche carta non è stata riempita come si doveva fare.

Moltissime energie vengono sprecate per stare dietro a una macchina cieca e impersonale che sembra nutrirsi solo di tabelle, relazioni, griglie, astratte valutazioni. Semplificare: questo è il compito che la scuola deve affrontare. Questo è il vero problema, caro Baricco, non la Dad, che anzi a mio avviso è stata una risorsa importante. Grazie alla Dad la scuola si è mantenuta viva, insegnanti e studenti hanno potuto comunque stare insieme, confrontarsi, consolarsi, mantenere il fuoco acceso.

La burocrazia è il grande gelo che rischia di inaridire ogni slancio e ogni affetto, la vita stessa della scuola. Alla scuola Holden tutto è diverso, lo immagino, come è diverso un hotel a cinque stelle da un palazzone di Torre Maura o di Tor Bella Monaca, dove insegno, com’è diverso il lusso dal bisogno.

Scuola, il G20 compatto “Basta Dad, tutti in aula”

da la Repubblica

Ilaria Venturi

Lotta alla dispersione scolastica, in Italia sopra la media europea con punte del 30% al Sud. Significa non un alunno di meno. E tutti in classe, perché la scuola si fa in presenza. Insomma basta Dad, anche perché l’ultimo rapporto Unicef restituisce una cifra impietosa: per 168 milioni di bimbi in tutto il mondo le scuole sono state chiuse quasi un anno intero per il lockdown.

È l’Italia a guidare il G20 dell’istruzione a Catania da cui escono dichiarazioni comuni di intenti, non più marginali rispetto a summit passati perché la convinzione è che dopo il Covid investire in istruzione sia lo strumento principale per uscire dalla crisi economica generata dalla pandemia. Una crisi «già latente da tempo, dopo il grande crollo finanziario del 2008-2009, in termini di ritmi di crescita», osserva il ministro alla Scuola Patrizio Bianchi che ha guidato i lavori con il collega del Lavoro Andrea Orlando. «Questo ha fatto crescere molte disuguaglianze territoriali, sociali e di genere. E il valore simbolico di questa riunione è ancora più forte perché si fa a Catania ». La cornice è il monastero dei benedettini San Nicolò l’Arena, ora sede universitaria. Presenti l’Unesco, con l’ex ministra Stefania Giannini, l’Unicef, la Banca Mondiale, arrivano le delegazioni dell’area africana e asiatica, della Ue, Russia, Australia, Argentina, Stati Uniti. Positivo al Covid il capo delegazione indonesiano, si entra con mascherine e tamponi. La città è blindata, mentre al pomeriggio sfila a distanza il corteo di circa 300 attivisti No-G20. Scuola-lavoro, modello tedesco

Dentro si sigla un’alleanza sull’istruzione e la transizione scuola-lavoro con la volontà di creare una rete di scambio delle migliori esperienze, il sistema duale tedesco sulla formazione professionale, per dire, che ha retto meglio di tutti al Covid. E un altro obiettivo ambizioso, ricorda Orlando: ridurre del 15% i neets , i ragazzi che non studiano e non lavorano, problema accentuato in Italia e aggravato dalla pandemia. I danni sul sistema educativo e di passaggio al mondo del lavoro sono evidenti in tutti i Paesi, è come uscirne ora è idea condivisa: massicci investimenti per non lasciare indietro nessuno. Una sfida che trova sponda nelle risorse del Pnrr appena confermate all’Italia tra cui 1,5 miliardiper sanare le divergenze territoriali e altrettanti su asili nido (di cui 700 milioni già distribuiti) e scuola a tempo pieno. Risorse da usare, ricorda il ministro, e «in caso di inerzia degli enti locali, entra in campo il potere sostitutivo centrale che non vorrei usare ». Sugli insegnanti ribadisce la necessità di ripensare le carriere, «insieme ai presidi sono pagati meno degli altri» (dati Ocse).

Didattica in presenza

La didattica a distanza? «Venti Paesi convengono che bisogna riportare a scuola tutti, pur senza avere paura del digitale che può servire ad allargare le relazioni, non può sostituire i docenti e la presenza». Il come è oggetto di discussione, non sono risolti i nodi trasporti e spazi mai trovati per molti istituti per garantire il distanziamento. Il ministro rinvia al Cts e ribadisce: «L’obiettivo è tornare tutti insieme in presenza, ma la pandemia non è finita e ci vuole cautela, stiamo dialogando con la sanità. C’è un problema di trasporti. Il Cts ci darà quali sono i limiti. Dobbiamo garantire sicurezza a scuola, ma anche fuori. E organizzare le attività didattiche in modo più articolato, con strutture più presenti sul territorio ». Il riferimento è a spazi all’aperto, a una formazione laboratoriale a piccoli gruppi. Non il solo passaggio cruciale che attende il mondo della scuola in estate.

Rientro a scuola a settembre: 100% in presenza, a distanza ma senza mascherine. Le ipotesi

da OrizzonteScuola

Di Ilenia Culurgioni

Dal 28 giugno stop all’obbligo della mascherina all’aperto in zona bianca, purché non ci siano assembramenti. A breve si potranno togliere probabilmente anche al chiuso e quindi a scuola, ma sul rientro in aula a settembre in sicurezza non vi è al momento nessuna certezza. I pediatri ribadiscono l’importanza della vaccinazione tra i più giovani

Andando avanti con le vaccinazioni si arriverà progressivamente anche a togliere le mascherine all’interno. Non può essere data una data oggi, né può essere fatta a dire il vero una previsione. Aspettiamo almeno l’autunno”, ha detto il sottosegretario alla Salute, Pierpaolo Sileri, che attende per decidere quando togliere definitivamente la mascherina.

L’obiettivo del governo sarebbe far tornare i ragazzi a scuola settembre al 100%, senza mascherine. Fiducioso su questo Andrea Costa, sottosegretario alla Salute. “L’obiettivo dell’immunità di gregge per fine settembre è logico pensare che i ragazzi possano tornare in classe senza le mascherine“, ma si dovrà mantenere la distanza. E ricorda che  per settembre tanti adolescenti saranno vaccinati.

I pediatri sottolineano intanto l’importanza delle vaccinazioni fra gli adolescenti. Le nuove varianti, sottolinea Mattia Doria, segretario nazionale alle Attività Scientifiche ed Etiche della Fimp, “emergono laddove i tassi di copertura vaccinale sono bassi. Ed è ormai dimostrato che i minori si ammalano con la stessa incidenza degli adulti, pur con percentuali di gravità fortunatamente più basse, e che rappresentano una potenziale fonte di diffusione del virus in tutti gli ambiti di vita frequentati“.

E per far capire ai genitori quanto sia fondamentale la vaccinazione dei propri figli, i pediatri hanno stilato un decalogo presentato in occasione di un webinar formativo. “Con l’immunizzazione dei ragazzi ci guadagna la loro salute, quella dei nonni e dell’intera comunità“, spiega il presidente Paolo Biasci. “Evitare una malattia pericolosa per sé e per gli altri, i rari decessi, i ricoveri per complicazioni, la sindrome Long-Covid, l’interruzione della frequenza scolastica e delle attività sociali, e poi contenere i contagi di parenti anziani e di compagni di scuola non vaccinati o non pienamente immunizzati, contribuire al controllo della pandemia e delle varianti del virus e infine creare consapevolezza dell’importanza che ciascuno faccia la propria parte anche tra gli adolescenti: queste – sottolinea Biasci – le nostre indicazioni per i genitori che si accostano con mille domande alla vaccinazione dei loro figli adolescenti“.

Resta poi il problema dei trasporti, uno dei nodi rimasti irrisolti nell’anno appena trascorso. Si potrebbe decidere di riportarli al 100% della capienza, ma serviranno nuovi protocolli.

Così come il tracciamento per casi sospetti. Gli esperti chiedono screening costanti, ma anche questo potrebbe non essere semplice da realizzare come già accaduto lo scorso settembre.

Pensione anticipata e invalidità, requisiti diversi per gli statali: differenze tra infermità permanente e inabilità

da OrizzonteScuola

Di Giacomo Mazzarella

Nel pubblico impiego i requisiti di accesso alle pensioni collegate a situazioni di invalidità sono diversi rispetto ai lavoratori dipendenti del settore privato.

La pensione di invalidità è la misura previdenziale dedicata ai lavoratori affetti da patologie invalidanti. I lavoratori a cui viene assegnato dalla competenti commissioni mediche, un determinato  grado di disabilità, hanno diritto a determinati trattamenti previdenziali. Ma si tratta di trattamenti che si applicano solo ai lavoratori e alle lavoratrici dipendenti del settore privato. Infatti non è così per i cosiddetti lavoratori statali.

Nel pubblico impiego, scuola compresa, esistono diversi tipi di possibilità di accedere alla pensione collegata alla disabilità, ma sono possibilità differenti da quelle che si applicano ai lavoratori privati.

Con questa guida approfondiamo l’argomento andando a sottolineare gli aspetti che differenziano i trattamenti applicati nel pubblico impiego rispetto al settore privato.

Infermità permanente e inabilità

Nel pubblico impiego si può sfruttare l’istituto della pensione per infermità permanente a condizione che questa  incida sulle mansioni lavorative assegnate. Infatti questa infermità una volta accertata da parte delle commissioni mediche esaminatrici che fanno capo sempre all’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale, costringe l’Amministrazione presso cui il dipendente presta servizio, ad operare in un modo particolare. Infatti occorre prima di tutto a collocare il lavoratore in un’altra mansione di pari livello, anche retributivo, a quella precedente, ma in linea con le patologie di cui è affetto il lavoratore.

Nel caso in cui non sia possibile collocare il lavoratore in una mansione ed in una postazione di lavoro che possa essere confacente al suo stato di salute, si passa al pensionamento.

Il lavoratore, senza tenere conto della sua età anagrafica, può essere collocato in pensione, ma a condizione che rispetti determinati requisiti. Infatti servono almeno 14 anni 11 mesi e 16 giorni di servizio.

Tra l’altro l’infermità da diritto all’aspettativa, e questo determina una prima grande differenza rispetto al settore privato. Infatti  ai dipendenti pubblici, che a differenza di quelli del settore privato, non possono richiedere l’assegno ordinario di invalidità, è data facoltà di chiedere la pensione di inabilità solo se è decorso il periodo di aspettativa per infermità e solo se si manifesta la condizione di impossibilità a proseguire il rapporto di lavoro per via della invalidità posseduta.

Si parla di inabilità e quindi di pensionamento solo se non è possibile la collocazione in altro ruolo di pari livello presso l’ente per cui si lavora. Ci sono differenze dal punto di vista dei requisiti anche tra comparto e comparto della Pubblica Amministrazione. Infatti  servono non meno di 15 anni di servizio per i dipendenti dello Stato e del comparto difesa e sicurezza, con questi ultimi che dei 15 anni di servizio, ne devono avere almeno 12 effettivi. Differenze che si notano anche se si parla di comparto sanità o di quelli degli Enti locali, per i quali gli anni di servizio non possono essere inferiori a 20.

Per i casi di disabilità gravissime invece, per tutti servono almeno 5 anni di contributi versati di cui almeno 3 nei 5 anni che precedono la data di presentazione della domanda di pensionamento.

L’inabilità totale dal servizio

Una volta che il lavoratore dipendente viene riconosciuto inabile o affetto da uno stato di inidoneità assoluta, scatta la cosiddetta dispensa dal servizio. Come previsto dal DPR n° 171 del 2011, un lavoratore  è considerato inidoneo in maniera permanente ed assoluta nel caso in cui viene riconosciuta in questa maniera dalle competenti commissioni mediche e nel caso in cui ha accumulato almeno 15 anni di servizio, o meglio, nello specifico, 14 anni 11 mesi e 16 giorni di servizio. Naturalmente serve anche la risoluzione del rapporto di lavoro con la motivazione che resta quella della inidoneità al servizio.

A differenza del settore privato, nel pubblico impiego è la Commissione Medica di Verifica l’organo competente in materia. Per quanto concerne la scuola, la procedura è ormai ben delineata da anni. Infatti il lavoratore da solo ed in via gerarchica o la scuola, possono presentare richiesta alla Commissione Medica di Verifica al fine di accertare la disabilità che non consente la prosecuzione del servizio.

Una volta che la Commissione, dopo convocazione e correlativa visita del lavoratore, ha accertato la condizione del lavoratore ed ha provveduto ad emanare il verbale, lo stesso finisce alla scuola che provvede immediatamente a dispensare il lavoratore dal servizio. Quest’ultimo poi sarà chiamato a presentare domanda  di pensione all’Ufficio Scolastico Provinciale per il tramite della segreteria scolastica dell’Istituto dove presta servizio.

Va ricordato che la pensione decorre dal primo giorno successivo a quello di avvenuta dispensa dal servizio e che ai lavoratori affetti da invalidità superiore al 74% spetta una maggiorazione sia sul diritto che sulla misura della pensione. In pratica si possono recuperare massimo 5 anni di contribuzione utile sia per il calcolo del proprio assegno pensionistico che per raggiungere il diritto alla pensione, perché per ogni anno di servizio svolto dopo che il lavoratore è risultato invalido almeno al 74%, spetta la maggiorazione contributiva di 2 mesi.

Naturalmente il limite massimo di 5 anni concorre fino al tetto massimo di anzianità contributiva che ricordiamo, è fissato in 40 anni.

È dall’entrata in vigore della riforma previdenziali di Lanfranco Dini, cioè dal primo gennaio 1996 che ai lavoratori statali in genere, è stata estesa la possibilità di rientrare nel perimetro di applicazione della pensione di inabilità assoluta e permanente a qualsiasi attività lavorativa. In altri termini, dal 1996 i lavoratori pubblici sono stati equiparati a quelli del  già prevista per i lavoratori del settore privato iscritti all’Inps per quanto concerne la pensione di inabilità assoluta.

In questo caso sono meno stringenti i requisiti di stato di servizio perché come dicevamo prima, basterebbero 5 anni di servizio di cui 3 nel quinquennio precedente la data di presentazione della domanda di pensione.

Occorre come è naturale che sia, il riconoscimento da parte dalla competente Commissione, di questa inabilità che determina la permanente impossibilità per il lavoratore,  a svolgere qualsiasi attività lavorativa.

Leggermente diversa la procedura, che comunque passa sempre dalla Commissione Medica di Verifica a cui la scuola chiederà il parere circa le condizioni di totale impossibilità a qualsiasi attività lavorativa del dipendente.

La domanda, con allegato un certificato medico, va presentata direttamente all’ente presso il quale il lavoratore interessato lavora, e quindi, nel caso della scuola, al proprio Istituto. La visita alla Commissione è successiva alla domanda presentata dall’interessato. Solo a verbale emanato dalla Commissione, l’Ufficio Scolastico Provinciale provvede alla risoluzione del rapporto di lavoro.

La decorrenza della pensione, liquidata dall’Inps, scatta dal primo giorno del mese successivo a quello in cui viene risolto il rapporto di lavoro, se questo avviene prima della presentazione della domanda. Decorre immediatamente dopo la data di risoluzione se la domanda è presentata da un lavoratore in servizio.

Concorso docenti Stem, elenco risultati sarà conservato agli atti della procedura. Nota rettificata

da OrizzonteScuola

Di redazione

Indicazioni del ministero dell’Istruzioni su procedura concorso docenti materie Stem, per le classi di concorso A020, A026, A027 A028 e A041 in attuazione dell’articolo 59, comma 14, del Decreto Legge 25 maggio 2021 n. 73. Il ministero, con nota del 21 giugno, rettifica le indicazioni riguardanti la prova computerizzata.

Il penultimo punto della sezione PROVA SCRITTA COMPUTERIZZATA Svolgimento della prova scritta è sostituito come di seguito riportato: “Una volta che tutti i risultati saranno stati raccolti, caricati e verificati, verrà prodotto l’elenco dei candidati contenente cognome, nome, codice fiscale e punteggio da loro ottenuto. Tale elenco sarà stampato e conservato agli atti della procedura.”

Nota del 15 giugno

Nuova nota 17423.21-06-2021

Immissioni in ruolo, quale procedura per l’a.s. 2021/22?

da La Tecnica della Scuola

“Stiamo lavorando affinché ogni professore sia al suo posto fin dal primo settembre. Abbiamo anticipato a fine luglio l’immissione in ruolo, ed entro fine agosto si penserà alle supplenze”. Questa dichiarazione del Ministro Bianchi lascia ben sperare tutti gli aspiranti inseriti nelle graduatorie dei diversi concorsi.

Di seguito riportiamo la procedura che sarà seguita, secondo quanto previsto dall’art. 59 del decreto 73 del 25 maggio 2021, tranne successive modifiche nel percorso parlamentare per l’approvazione dello stesso.

Saranno immessi in ruolo, sul numero dei posti autorizzati dal Ministero Economia e Finanze, gli aspiranti:

  • delle graduatorie GAE
  • inseriti nelle graduatorie dei concorsi ordinari 2016 e 2018
  • inseriti nella graduatoria dei concorsi straordinari del 2020 per la scuola secondaria di secondo grado; tale graduatoria comprenderà anche quegli aspiranti che secondo il decreto 510 dovevano essere considerati idonei e non vincitori
  • vincitori del concorso STEM per la scuola secondaria di primo e secondo grado sempre se detto concorso sarà ultimato entro il 30 ottobre del 2021.

A seguire, qualora dovessero restare posti disponibili, saranno immessi in ruolo i docenti sia su posto comune sia su posto di sostegno che si trovano nella graduatoria GPS di prima fascia e negli appositi elenchi aggiuntivi.

Per questi ultimi docenti sarà seguita una procedura particolare nella misura in cui saranno assunti con contratto a tempo determinato e successivamente, superato l’anno di prova e un esame orale con una commissione esterna, il loro contratto sarà trasformato a tempo indeterminato.

Ha detto bene il ministro: “La dispersione al Sud è segno di un malessere generale”

da La Tecnica della Scuola

“Abbiamo troppa dispersione scolastica e voi lo sapete bene qui in Sicilia. Questo è stato messo al centro delle nostre discussioni: come ridurre dispersione scolastica e come orientare di più i ragazzi e soprattutto come orientarli verso il lavoro”.

Così il ministro dell’istruzione Patrizio Bianchi durante il G20 a Catania in prima battuta e poi ha continuato: “La formazione professionale è uno strumento straordinario non soltanto per creare più competenza per il territorio ma anche per ridurre e direi azzerare la dispersione. Però la dispersione è segno di un malessere generale e quindi bisogna tenerne conto”.

E in effetti tutta la premessa fatta sulla dispersione, i buoni propositi, compreso l’impegno per implementare la formazione professionale al fini di “azzerare la dispersione scolastica” si frantumano sugli scogli delle sue ultime parole: “Però la dispersione  è segno di un malessere generale e quindi bisogna tenerne conto”.

Un malessere generale che, come il ministro sa benissimo, ha origini antiche, come da sempre le statistiche raccontano, a partire dai livelli di analfabetismo, più  accentuato nelle regioni del Sud a iniziare dall’Unità.

Un malessere nel lavoro, coi suoi livelli alti di disoccupazione che non raramente costringono i genitori a togliere il bimbo dalla scuola per mandarlo a raccattare qualche soldo a sostegno della famiglia.

Un malessere che serpeggia nei quartieri degradati della città siciliane dove si preferisce usare i bambini per traffici illeciti e dunque appare uno spreco avviarli all’istruzione e alla scuola. Anche perché, a conti fatti, a che serve il diploma se poi manca il lavoro? A che serve spendere soldi, per chi è indigente, se poi il diploma non dà i risultati attesi, come una migliore qualità della vita rispetto ai genitori?

Un malessere dunque, come dice  il ministro, generale che non aiuta a sconfiggere la dispersione, mentre sappiamo bene che negli anni sono stati spesi soldi per progetti Pon, Por, Fse proprio con questa finalità ma i cui risultati sono stati pressoché nulli, né mai qualcuno si è presa la briga di verificarne gli esiti, di individuarne le falle, le mancanze, i punti deboli, ma anche i punti di forza per continuare eventualmente su quella via .

Per questo pensiamo che se si vuole dare un colpo decisivo alla dispersione scolastica e agli abbandoni, occorre partire dall’inizio, dal lavoro che attualmente nel Meridione, e in Sicilia, manca, tanto che l’emigrazione verso il Nord Italia o verso l’estero è ripresa abbondantemente, contribuendo a desertificare le aule scolastiche.

Dirigenti scolastici protestano al Ministero per stare vicino alle loro famiglie

da La Tecnica della Scuola

Non sono solo i docenti a manifestare per il fatto di lavorare lontano da casa, ma anche i dirigenti scolastici. Proprio per questo motivo, l’associazione che rappresenta presidi e dirigenti scolastici italiani, DirigentiScuola ha annunciato una manifestazione su mobilità, nuovi incarichi e tavolo tecnico.

I motivi che stanno alla base dello stato di agitazione sono quelli legati alla mobilità, all’affidamento dei nuovi incarichi, rendendo nuovamente disponibili le 370 sedi sottratte e la necessità di ripristinare il tavolo tecnico della dirigenza, programmato in precedenza dal Ministero. Proprio il 15 giugno scorso era stato trasmesso al Ministero dell’Istruzione un documento da parte di DirigentiScuola con il quale era stato proclamato lo stato di agitazione della dirigenza scolastica. Documento che, però, non ha ricevuto risposta.

Attilio Fratta, presidente di DirigentiScuola ha così dichiarato: “Abbiamo tentato in tutti i modi di evitare lo scontro, ritenendo che fosse anche interesse dell’Amministrazione. Ci eravamo illusi che con il Ministro Bianchi le cose sarebbero cambiate, invece stanno peggiorando.”

E aggiunge – “Con questi presupposti con il prossimo CCNL non sarà raggiunta alcuna perequazione, come non saranno cambiati gli istituti contrattuali inerenti la mobilità.”

La manifestazione è organizzata per giovedì 8 luglio, dalle ore 11.00 alle ore 13.00, davanti al Ministero. La protesta proseguirà i primi di settembre, in occasione dell’inizio del nuovo anno scolastico, con un sit-in e sciopero della fame e della sete ad oltranza.

PNRR: subito fondi ad asili nido ed edilizia scolastica

da Tuttoscuola

Subito messa in sicurezza degli edifici scolastici e rafforzamento degli asili nido. Poi, dal 2022, miglioramento degli studentati e l’aumento delle borse di studio universitario. È il cronoprogramma che interessa Istruzione e Ricerca, alla luce della prima tranche di risorse del Piano di Ripresa e Resilienza (PNRR) in arrivo entro luglio. Nello specifico parliamo di 3 miliardi sui 30,88 attesi da qui al 2026.

La fetta più ampia delle risorse se l’aggiudica l’edilizia scolastica. Parliamo intanto di 700 milioni cifrati sul 2021, una semplice disponibilità di cassa, non un piano annuale. Leggermente inferiore (650 milioni) ma comunque ampia è la quota di fondi destinati in partenza agli asili nido e al piano per la rimozione dei divari territoriali da attuare con l’aiuto dell’Invalsi (400 milioni). Quanto alla Ricerca sono invece i programmi di rilevante interesse nazionale (Prin) con 300 milioni e i dottorati innovativi con 100 milioni a partire subito forte.

Abbandoni scolastici: scomparsi 34mila alunni di scuola media tra il 2017 e il 2019

da Tuttoscuola

Il Focus sulla dispersione scolastica nella scuola secondaria, pubblicato in questi giorni dal Ministero dell’Istruzione ed elaborato con la consueta efficienza dal DGSIS – Ufficio Gestione Patrimonio informativo e Statistica, rileva una situazione in miglioramento rispetto al passato, ma, essendo riferito al biennio che ha preceduto la pandemia, lascia aperto un interrogativo sulle incidenze che il Covid 19 potrebbe avere indotto sugli abbandoni degli anni successivi.

Per quanto riguarda la scuola secondaria di I grado, i dati, pur confermando il miglioramento in atto, confermano una situazione negativa sugli abbandoni che smentiscono una convinzione diffusa secondo cui nelle scuole dell’obbligo (secondaria di I grado in particolare) non dovrebbe esserci dispersione e abbandono.

Lo studio dell’ufficio statistico del ministero prende in considerazione sia il biennio 2017-18/2018.19, sia il biennio 2018-19/2019-20, secondo queste tre rilevazioni:

  • Abbandoni in corso d’anno
  • Abbandoni nel passaggio da una classe all’altra
  • Abbandoni nel passaggio di ciclo (dal 3° anno del I grado al 1° anno del II grado).

Nel 2017-18, a fronte di 1.704.447 alunni iscritti nelle scuole statali e paritarie, hanno abbandonato per cause varie – le motivazioni degli abbandoni non sono oggetto della rilevazione, ma sarebbe interessante e opportuno che si attivasse uno studio apposito – 5.852 alunni hanno abbandonato nel corso dell’anno e altri 5.086 hanno abbandonato, non iscrivendosi l’anno dopo alla classe successiva. Sono stati quindi quasi 11mila gli abbandoni nel biennio 2017-18/2018-19, mentre nel biennio 2018-19/2019-20, con la medesima rilevazione, sono stati quasi 9,5mila e con questa caratteristica: meno abbandoni in corso d’anno e più abbandoni nel passaggio da una classe all’altra.

Focus si è soffermato anche su un altro tipo di abbandono: l’abbandono nel passaggio di ciclo, dal terzo anno della secondaria di I grado al 1° anno della secondaria di II grado.

Dal 2017-18 al 2018-19 hanno abbandonato 7.628 alunni; nel biennio successivo 6.322 alunni.

Complessivamente nelle tre tipologie di abbandono (in corso d’anno, da una classe all’altra e nel passaggio di ciclo) la scuola secondaria di I grado ha registrato 18.566 abbandoni nel biennio 2017-18/2018-19 e 15.767 nel biennio 2018-19/2019-20 per un totale superiore a 34,3mila abbandoni, con percentuali rispettivamente dell’1,1% e dello 0,9%.

Da un punto di vista meramente statistico percentuali intorno all’1% hanno forse poca rilevanza, ma da un punto di vista sociale e umano 34 mila ragazzi che lasciano la scuola dell’obbligo suonano quasi come una sconfitta, per loro e per le istituzioni pubbliche (scuola compresa).