Concorso Nazionale per la realizzazione del Poster “Coppa PrimaVela 2021”

Si è conclusa la procedura di selezione degli elaborati grafici prodotti dalle scuole aderenti al Concorso nazionale per la realizzazione del Poster “Coppa PrimaVela 2021” promosso in collaborazione con la Federazione Italiana Vela che, pur in questa particolare annualità, ha visto la partecipazione di 52 scuole con 630 elaborati grafici candidati a caratterizzare il Poster ufficiale della manifestazione “Coppa PrimaVela 2021”.

Riservato agli alunni delle classi III-IV-V della scuola primaria e agli studenti delle scuole secondarie di I grado, ha avuto come obiettivo la realizzazione di elaborati grafici aventi per oggetto una delle due Classi veliche (barca a vela Optimist e Tavola a vela Techno 293). Il Concorso consentirà agli alunni vincitori di accedere alla premialità, offerta dalla Federazione Italiana Vela, e quindi di assistere alla competizione velica “Coppa PrimaVela” che da oltre trent’anni, rappresenta un momento di festa riservata ai giovanissimi, un evento che esprime la passione per questo sport, per quello che esso rappresenta e per la sua capacità di indurre attenzione e cura dell’ambiente marino.

Le scuole con i loro alunni vincitori:

  • Categoria Tecnho 293    Classe I – secondaria di primo grado – IC Capraro di Procida (NA)
  • Categoria Optimist          Classe IV – primaria – IC di Aurisina, Scuola Primaria Sgonico “L.K. Gorazd” – Sgonico (TS).

La Commissione ha deciso, inoltre, di assegnare una menzione speciale agli alunni, e relative scuole, che si sono segnalati per la qualità e rilevanza degli elaborati prodotti:

IC Varazze Celle Nelson Mandela Sc. Primaria G. Massone per il più alto numero di disegni inviati al Concorso;
– Classe III C, IC Agrigento Centro – Plesso Pirandello per l’opera di originalità realizzata;
– Classe II B, IC L. Pirandello – Plesso Barocci Pesaro per l’elevato valore simbolico dell’elaborato e la sua particolare attenzione al tema ambientale.

Della DAD e della DIP

Della DAD e della DIP

di Maurizio Tiriticco

Leggo che il Ministro per l’Istruzione lamenta il fallimento della DAD! Ho sempre detto e scritto, in forza della mia diretta esperienza di ricerca e di concrete attività in situazioni altre, anche non scolastiche, che la DAD è tutt’altra altra cosa rispetto alla DIP, la didattica in presenza.Per cui non la si può improvvisare! La mia amica Barbara Accetta ha scritto: “Il Ministro ha fatto la scoperta dell’America! Fin dall’inizio siamo stati in tanti e tante a denunciare i limiti, le criticità, i ritardi nella formazione professionale dei docenti ecc. ecc. Ma niente! Né la Ministra Azzolina né il sottosegretario – oggi Ministro – Bianchihanno preso in considerazione ipotesi alternative alla DAD, tranne i fantasiosi banchi a rotelle! Là dove dirigenti illuminati, o semplicemente capaci di fare il proprio mestiere, hanno scelto di trovare soluzioni alternative, non si è perso neanche un giorno di scuola ‘in presenza’, con buona pace di chi, a torto, voleva le scuole chiuse per sventare il diffondersi dei contagi (che non ci sono stati!).Bisognava, e bisogna ancora intervenire sui trasporti, dimezzare le classi pollaio, differenziare entrate e uscite, inventare e utilizzare spazi alternativi… perché, se qualcuno l’ha fatto, è segno che si può fare!”.

Ed ancora! Su “la Repubblica” di oggi, 15 luglio, a pagina 18, leggiamo: “Disastro DAD sugli studenti – alla maturità uno su due non conosce l’italiano – I risultati dei test invalsi: crollo del rendimento alle medie e alle superiori. Aumenta il divario al Sud, resistono Piemonte e Friuli. Migliora solo Trento. Ed ancora! In un’intervista rilasciata a Giuliano Aluffi da Andreas Schleicher, capo del Direttorato Ocse per l’Istruzione, dal titolo “La realtà è peggiore dei numeri: Mai più scuole chiuse così a lungo”, leggiamo, passim: “L’Italia non è sola. Le chiusure scolastiche hanno danneggiato l’insegnamento in molti Paesi. Facciamo tesoro di questa lezione per ammodernare l’istruzione in Europa… La DAD ha funzionato solo per gli studenti più agiati, che avevano migliore accesso alla tecnologia e buon supporto parentale… Ci sono nazioni che hanno fatto meglio dell’Italia. Come la Francia, che non ha chiuso le scuole o solo per un brevissimo periodo… Poi ci sono nazioni come il Giappone, la Corea o l’Estonia, che hanno fornito buone alternative digitali all’istruzione e ambienti di insegnamento molto innovativi. E le soluzioni digitali più utili si hanno quando buone piattaforme di e-learning gli insegnanti le usano con efficacia… Abbiamo insegnanti che usano la tecnologia per fare le stesse cose che facevano prima, ma con un computer. E non comprendono, invece, il valore aggiunto offerto dalle TIC”.

Per quanto riguarda il nostro Paese, da un grafico che rappresenta gli studenti giunti alla maturità “con competenze inadeguate”, ai primi tre posti risultano la Calabria, la Campania e la Sicilia; agli ultimi posti, la Provincia Autonoma di Trento, la Lombardia, la Valle d’Aosta. Ed ancora: i maturandi che non raggiungono un livello di conoscenza minima dell’italiano sono il 44%; in Sicilia e in Sardegna il 60% degli alunni di terza media ha una preparazione in matematica inadeguata; in Calabria gli studenti di terza media che hanno una preparazione inadeguata in matematica son il 63%; in Campania gli studenti di quinta superiore con un livello di inadeguatezza in matematica sono il 73%.

Di fronte a questo quadro abbastanza desolante, la responsabilità è tutta della DAD? E non anche della DIP? O meglio, di una DIP che viene da lontano, e che è sempre stata la didattica adottata in tutte le nostre scuole? A mio avviso la DAD ha avuto il grande merito – se si può utilizzare questa espressione – di scoperchiare il vaso di Pandora. In effetti sono anni che le classifiche OCSE circa le competenze di base linguistiche ed aritmetiche della nostra popolazione ci collocano sempre in posizioni non edificanti: sempre oltre il ventesimo posto. Nelle prime posizioni si collocano sempre altri Paesi, come, ad esempio, Dei 38 Paesi dell’OCSE, il nostro Paese – o meglio, la nostra popolazione – per quanto concerne sia le competenze linguistiche che quelle matematiche, risulta, nel corso di questi ultimi anni, in genere al ventesimo posto. Il che non è affatto una cosa edificante!

A Roma, quand’uno dice scempiaggini, diciamo che “è nel pallone”! Ma forse è proprio così! Siamo i primi oggi – in Europa, ma non nel mondo – nel gioco che da sempre ci appassiona, ma siamo tra gli ultimi in materia di alfabetizzazione – se si può usare questa espressione – linguistica ed aritmetica. Che fare? La ripresa scolasticasettembrina si troverà di fronte ad una situazione problematica, per quanto concerne conoscenze, abilità e competenze dei nostri studenti in due discipline fondanti: la lingua italiana e l’aritmetica. Sempre che il covid non ci metta del suo e non ci costringa a nuove chiusure, a nuove esperienze di DAD, di cui i nostri insegnanti non sono padroni. Predisporre materiali di apprendimento con le relative prove di verifica costituisce già alcune difficoltàquando si insegna in DIP! Figuriamoci, quando si insegna in DAD! L’amministrazione scolastica non si è affatto preoccupata di insegnare agli insegnanti come si insegna in DAD! Perché è l’amministrazione stessa che di DAD non sa nulla!

Ed allora? Non so! So solo che l’amministrazione dovrebbe darsi una mossa – come diciamo a Roma – di fronte all’eventualità che a settembre si debba insegnare ad apprendere in DAD! Ma con criteri e mezzi concrei e produttivi! So solo che, se l’amministrazione continua ad affidarsi un po’ al buon senso, un po’ all’iniziativa e all’inventiva degli inseganti, tutti i ragni resteranno felici nei loro buchi! Mi chiedo: perché il Ministro dell’Istruzione non organizza – e a breve termie – una conferenza sulla scuola od una qualsiasi altra iniziativa, in cui esperti in materia di “istruzione altra” e/o di DAD possano almeno indicare una rotta? Altrimenti, a settembre tutto sarà come a giugno!

E concludo! Cara Barbara! E tu? Che pensi? Che faresti?

DATI INVALSI SIANO MONITO CONTRO LA DAD

DATI INVALSI SIANO MONITO CONTRO LA DAD PER IL PROSSIMO ANNO SCOLASTICO

“Gli esiti delle prove Invalsi, purtroppo un disastro annunciato, squarciano il velo su tutti i limiti di quel surrogato di scuola che è la didattica a distanza. Il ricorso alla Dad, reso inevitabile nel marzo dello scorso quando è esplosa la pandemia, è diventato poi eccessivo, e dunque sempre più dannoso per gli apprendimenti degli studenti, a causa della mancanza delle misure necessarie per garantire le lezioni in presenza. Senza interventi concreti su riduzione del numero di alunni per classe, organici, spazi per creare nuove aule e trasporto pubblico, rischiamo per il terzo anno consecutivo che alunni e docenti si ritrovino davanti allo schermo di un computer in classi virtuali”. Ad affermarlo è Rino Di Meglio, coordinatore nazionale della Gilda degli Insegnanti.

“A farci camminare sul filo del rasoio, nonostante le rassicurazioni della politica, è anche l’aumento dei contagi provocato dalla variante Delta che prende di mira soprattutto i giovani. Essersi affidati soltanto alla campagna vaccinale non è stata una mossa saggia – rincara la dose Di Meglio – visto che copre soltanto in parte la popolazione studentesca”.

“Come sempre, dunque, tutti i nodi vengono al pettine e al governo chiediamo con forza di scioglierli per assicurare un ritorno a scuola in presenza e in sicurezza. E poiché settembre è dietro l’angolo, e la macchina organizzativa per l’avvio dell’anno scolastico è molto complessa, il nostro appello è che di fare presto, sostanziando con azioni concrete l’importanza cruciale dell’istruzione ribadita più volte dai nostri rappresentanti istituzionali”, conclude Di Meglio.

Applicazione Patto per la Scuola per riaprire in presenza e sicurezza

Scuola, incomprensibile inerzia di ministero e governo. Non più rinviabile applicazione Patto per la Scuola per riaprire in presenza e sicurezza

Roma, 15 luglio – Risulta incomprensibile la fase di stallo del governo e del ministero dell’Istruzione sulla scuola. Dovevano essere accelerate le assunzioni ma ad oggi non si conoscono i contingenti dei ruoli né docenti, né ATA, le classi di concorso, le province dove si faranno le nomine. Non va meglio sul versante della dirigenza e dei DSGA dove c’è un elevato numero di sedi libere.

A settembre si dovrebbero riaprire le scuole in presenza e in sicurezza, come nuovamente annunciato dal ministro, ma non solo non si è aperto il confronto per aggiornare i protocolli per prevenzione e sicurezza stabilendo le necessarie procedure per impedire il contagio, non si è affrontato adeguatamente nemmeno il tema della qualità delle sedi e degli spazi e quindi non sono stati ancora effettuati gli interventi utili per costruire ambienti adatti ad accogliere gli alunni.

Inoltre, non si danno ancora indicazioni chiare in merito all’assunzione dell’organico aggiuntivo “Covid”, indispensabile per permettere almeno una prima (seppure insufficiente) riduzione del numero di alunni per classe e sostenere il contenimento del contagio. Infine, non si riscontra alcuna volontà da parte del ministero di attivare i 21 tavoli previsti dal Patto per la Scuola sottoscritto da governo e parti sociali.

Insomma, le azioni necessarie al ritorno della scuola in presenza non si stanno concretizzando e cresce giustamente il malcontento nelle lavoratrici, nei lavoratori e nelle famiglie, oltre che negli studenti. E intanto anche i dati Invalsi appena pubblicati testimoniano l’urgenza di tornare pienamente in presenza e l’approfondirsi dei divari territoriali dopo un altro anno di didattica a distanza.

Non possiamo rischiare, non sono più rinviabili tutti quei provvedimenti che come FLC CGIL da tempo stiamo chiedendo e che sono contenuti anche nel Patto per la scuola sottoscritto a Palazzo Chigi, per evitare alla scuola italiana un altro anno drammatico.

AA.VV. ,Verso una nuova formazione professionale

Verso una nuova formazione professionale.
La IeFP come risorsa per far ripartire l’Italia
a cura di Emmanuele Massagli e Arduino Salatin,
Adapt University Press,
maggio 2021

Frutto dell’iniziativa dei ricercatori di ADAPT e Scuola Centrale Formazione il volume – scaricabile gratuitamente in formato eBook – nato a seguito del primo lockdown a marzo 2020, offre uno sguardo sulle esperienze di istruzione e formazione professionaleOltre 30 interviste e interventi raccolti nelle Regioni italiane, raccontano come è stata affrontata in termini didattici e organizzativi, l’emergenza pandemica. Numerose esperienze virtuose di IeFP per comprendere l’effettivo valore di questi percorsi, tra punti di forza e criticità emerse dal momento di crisi.

Venezia, 15 Luglio 2021 – Si svolge il prossimo 19 luglio online alle ore 17.00 la presentazione del volume “Verso una nuova formazione professionale. La IeFP come risorsa per far ripartire l’Italia”a cura di Emmanuele Massagli, Arduino Salatin, Adapt University Press, pubblicato a maggio 2021.

Al webinar di presentazione intervengono Francesca Puglisi, Responsabile Segreteria Tecnica Ministro dell’IstruzionePaola Vacchina, Presidente di Forma (Associazione Nazionale Enti di Formazione Professionale); i curatori del volume Emmanuele Massagli, Presidente di ADAPT e Arduino Salatin, Presidente di Scuola Centrale Formazione. Modera: Matteo Colombo, Adapt Junior Fellow.

contributi presenti nella pubblicazionesono frutto dell’iniziativa di alcuni ricercatori di ADAPT (Associazione per gli studi internazionali e comparati sulle relazioni industriali e di lavoro fondata da Marco Biagi) e di Scuola Centrale Formazione (Associazione nazionale di enti di formazione professionale riconosciuta dal Ministero del Lavoro ai sensi della legge 40/87) che, a seguito del primo lockdown nazionale nel marzo 2020, hanno deciso di dare voce alle esperienze di istruzione e formazione professionale con l’obiettivo di raccontare come queste stavano affrontando, in termini didattici e organizzativi, l’emergenza pandemica e che ruolo immaginavano per la formazione professionale nel percorso di ripresa sociale ed economica del Paese.

Gli autori hanno raccolto numerose esperienze virtuose di IeFP, andando ad intervistare e a conoscere enti provenienti da quasi tutte le Regioni italiane, allo scopo da un lato di comprendere l’effettivo valore, per l’oggi e soprattutto per il domani, di questi percorsi e, dall’altro, di approfondire i punti di forza e le criticità emerse da quel drammatico momento di crisi che è stata l’emergenza sociosanitaria, che ha portato alla luce i limiti dell’attuale modello di governance e ha permesso di (ri)scoprire il valore pienamente educativo di un segmento del sistema formativo italiano spesso dimenticato o non riconosciuto nelle sue potenzialità.

L’iniziativa nasce anche dalle sollecitazioni fornite dall’azione comunitaria ed europea. Le tematiche che oggi sono al centro dell’operato della Commissione europea, per una ripresa capace di favorire lo sviluppo, l’inclusione e la sostenibilità del nostro modello economico e sociale in questo periodo emergenziale sono infatti giovani e occupabilità, competenze e sviluppo economico, innovazione diffusa. In questo scenario l’istruzione e la formazione professionale rappresentano un punto di caduta comune di queste direttrici. “Uno dei grandi potenziali della istruzione e formazione professionale – afferma Chiara Rondino, Head of Vocational Education and Training, Apprenticeships and Adult Learning della Commissione europea – è supportare la crescita socioeconomica e la transizione digitale e verde. Almeno dal nostro punto di vista, queste ultime sono le tendenze che guideranno la ripresa e la crescita nel futuro. È quindi cruciale sviluppare competenze anche di medio e alto livello legate alla just transition”.

Tra i punti di forza delle esperienze raccolte emergono in particolare la flessibilità didattica e organizzativa, l’attuazione di soluzioni creative, la presenza di scuole che sanno parlare il linguaggio delle imprese e l’attivazione di reti territoriali. Emerge con forza l’adattabilità rispetto ad una circostanza avversa e inaspettata come il Covid-19, che ha obbligato gli enti di formazione a ripensare la propria didattica e alcuni consolidati metodi pedagogici.

Tra le iniziative di particolare rilievo c’è il progetto INN promosso da Scuola Centrale Formazione (SCF) che in materia di innovazione della didattica, come organizzazione di secondo livello, lavora da tempo con l’obiettivo di sostenere la qualità e l’efficacia dell’offerta formativa degli associati supportandone l’innovazione nelle scelte organizzative, metodologiche, tecnologiche, di gestione dello spazio e di progettazione dei curricula formativi.

Negli ultimi anni SCF ha consolidato infatti alcuni filoni di intervento: la didattica innovativa con le tecnologiela didattica duale, l’impresa formativa e sviluppato nuove piste di lavoro legate al ripensamento degli assi culturali e dei setting formativi. Investimenti importanti anche dal punto di vista delle attrezzature e della formazione dei formatori legata alle competenze digitali e alle metodologie di didattica non frontale, che si è rivelato strategico soprattutto durante l’emergenza nell’implementazione della didattica a distanza.

Dallo studio emerge anche come la DAD implichi in effetti un ripensamento complessivo – di contenuto e di metodo – che non può essere veicolato del singolo docente, ma che richiede un lavoro congiunto di progettazione a molteplici livelli. Cruciale è l’importanza di una progettazione aperta ad accogliere e interpretare gli stimoli da parte di tutti gli attori dell’ecosistema formativo. In primis dagli allievi, vero motore di questo sistema.

Altro esempio di buona pratica “Il modello friulano delle ATS”, che vede una gestione della IeFP con la compartecipazione delle Istituzioni formative incaricate attraverso una Associazione Temporanea di Scopo che raggruppa gli enti accreditati dalla Regione per l’obbligo di istruzione. Il modello, avviato nel 2012, si rivela vincente in quanto “scarica le tensioni sul sistema” permettendo la crescita della formazione professionale di base, tanto che viene esteso alla gestione degli avvisi di Garanzia Giovani.

Si evidenzia anche come l’attenzione agli ultimi, che caratterizza la maggior parte degli enti di formazione, non contrasta con lo sforzo di attirare gli allievi migliori. Le esperienze raccolte nel volume testimoniano infatti come metodologie didattiche pensate e sviluppate per i ragazzi considerati fragili, combinate con concetti e approcci didattici ispirati alle buone pratiche internazionali, abbiano portato alcuni centri di formazione professionale a diventare delle vere e proprie eccellenze nel territorio, garantendo la pari dignità tra scuola e CFP, nonché il successo formativo e professionale dei propri allievi. Tale eccellenza formativa sembra dovuta principalmente alle qualità e alle capacità degli operatori del sistema IeFP, e non tanto a piani di investimento dedicati a livello nazionale e regionale: un’eccellenza che andrebbe maggiormente considerata e tutelata per l’ulteriore rafforzamento del sistema e delle sue capacità di integrazione con le imprese.

La pubblicazione si compone di 32 interviste e 6 interventi ed è strutturata in tre parti: Contributi istituzionali e introduttivi (Parte I), Approfondimenti e riflessioni (Parte II), Esperienze di alcuni soci SCF e dei partner di Adapt (Parte III). Nelle interviste sono stati coinvolti enti provenienti da 12 Regioni italiane: Calabria, Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia, Lazio, Lombardia, Marche, Piemonte, Puglia, Sardegna, Sicilia, Trentino-Alto Adige, Veneto. Le pagine del volume sono documentazione recente della adattabilità, resilienza, progettualità e creatività educativa e formativa della istruzione e formazione professionale e del valore del metodo educativo dell’alternanza formativa.

Sul piano istituzionale il volume raccoglie interviste a Chiara Rondino (Head of Vocational Education and Training, Apprenticeships and Adult Learning della Commissione europea) e Cristina Grieco (delegata MIUR per i rapporti con le Regioni e con la Pubblica amministrazione per i temi di competenza concorrente Stato-Regioni come la filiera professionalizzante e la formazione permanente).

“Durante il peggiore periodo della crisi da COVID-19 – afferma Emmanuele Massagli – l’istruzione e formazione professionale ha mostrato una creatività didattica e una resilienza organizzativa e pedagogica non osservati nel sistema scolastico tradizionale. La formazione professionale triennale e quadriennale di competenza regionale, laddove attiva, ha garantito ai propri studenti percentuali di successo occupazionale non differenti da quelle misurate prima della crisi. La prossima riforma del sistema di istruzione e formazione tecnica superiore in attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza sarà una occasione da non perdere per chiudere il cerchio della IeFP rinnovando e potenziando il funzionamento e l’offerta dei percorsi di Istruzione e Formazione Tecnica Superiore (IFTS). La pubblicazione che oggi presentiamo mostra nei fatti, senza alcuna retorica, come il potenziamento dell’unico canale formativo work-based attivo nel nostro Paese sia necessario tanto per i giovani, quanto per le imprese, per dare forma a quella integrazione tra formazione e lavoro di cui troppo si parla e che ancora poco si pratica”.

Stabilizzare i precari

Cuzzupi: stabilizzare i precari è necessario al sistema Paese!

Una delle problematiche che attanagliano il mondo del lavoro in questo momento, è sicuramente rappresentata dalla questione “precari”. In un contesto di profonda crisi, i cosiddetti precari, soggetti più o meno stipendiati ma senza sicurezza e con molteplici limiti, sono spesso “schiacciati” in un limbo fatto d’immobilismo e superficialità.

Il lavoro precario, così come oggi inteso, è un’anomalia di portata enorme che se da un lato limita i guasti d’interi segmenti produttivi compensando la mancanza delle necessarie risorse umane, dall’altro porta a veri e propri sfruttamenti lasciando immaginare percorsi di stabilizzazione che troppo spesso rimangono chimere”.

Queste le parole del Segretario Generale dell’UGL Calabria, Ornella Cuzzupi, a latere dell’incontro avuto con una delegazione di lavoratori tirocinanti in servizio presso le Autonomie Locali, la Sanità, la Giustizia e i Ministeri più in generale.

È inconcepibile – continua Cuzzupi – che a queste persone, in situazione di precariato da oltre un decennio, vengano disconosciuti diritti basilari quali le tutele riferibili alla malattia, i riposi spettanti, la normale sequenza dei turni di lavoro sino ad arrivare alla mancata retribuzione, di per sé già del tutto iniqua. Nel caso specifico il quadro risulta drammaticamente paradossale considerando che parliamo di Sanità e servizi destinati ai cittadini”.

Sulla questione relativa al settore dei tirocinanti storici della Sanità, Ornella Cuzzupi, ha delineato, unitamente al Segretario Nazionale UGL Salute, Gianluca Giuliano, una serie di azioni da mettere in campo.

Quella del precariato è una questione da risolvere con urgenza. L’esecutivo deve prendere atto che la soluzione del problema, e mi riferisco a tutti i settori, dalla Sanità alla Scuola, è un investimento d’assoluta importanza che oltre a produrre ricchezza economica e tranquillità sociale, comporta un miglioramento sistematico dei servizi. Serve più stabilizzare che dilapidare risorse in azioni improduttive e meramente assistenziali. Tra l’altro – continua il Segretario Generale della Calabria – stabilizzando si limitano anche le discriminazioni sui posti di lavoro, altro problema per il quale abbiamo allo studio importanti iniziative che presto intraprenderemo con forza”.

Segreteria Regionale UGL Calabria

Studenti, crollo delle competenze

da Il Sole 24 Ore

di Claudio Tucci

L’anno e mezzo di “scuola a singhiozzo” a causa del Covid-19 ha lasciato un solco profondo sugli apprendimenti degli studenti. A eccezione degli alunni della primaria, dove i risultati in italiano, matematica e inglese, sono rimasti più o meno sui livelli pre-pandemia (2019), a medie e superiori il crollo è stato netto.

Alle secondarie di primo grado, ha spiegato Roberto Ricci, responsabile nazionale prove Invalsi, illustrando ieri al Cnel, a Roma, i dati 2021, la quota di alunni che non ha raggiunto il “livello di accettabilità” in italiano è salita al 39% (nel 2018 e nel 2019 si era fermi al 34%), con un calo generalizzato in tutto il Paese.

Male anche in matematica, dove il 44% dei ragazzi usciti a giugno dalla terza media non ha raggiunto le competenze minime (39% nel 2019, 40% nel 2018). E in entrambe le discipline, ad andare peggio sono gli alunni socialmente svantaggiati, e c’è un generalizzato peggioramento verso il basso, con i migliori che, pur restando sopra la media nazionale, perdono terreno rispetto a prima della pandemia. L’inglese sostanzialmente tiene: il 76% degli studenti ha raggiunto il livello A2 nella lettura (reading), 74% nel 2018, 78% nel 2019; e il 59% lo ha raggiunto nell’ascolto (listening), 56% nel 2018, 60% nel 2019.

In quinta superiore si assiste a una vera e propria debacle, con il 44% di studenti che non è arrivato al livello minimo in italiano (35% nel 2019) e addirittura il 51%, vale a dire uno su due, in matematica (42% nel 2019).

«Ad andar peggio – ha aggiunto Ricci – sono soprattutto le regioni del Mezzogiorno», con in testa Campania e Puglia, non a caso i due territori che hanno fatto più ricorso alle lezioni da casa. In matematica il gap di apprendimenti inizia a riguardare pure il Nord Est. Anche alle superiori l’inglese va meglio, pur arretrando: il 49% di studenti è arrivato al B2 di reading (52% nel 2019) e nel listening si scende al 37% (35% nel 2019).

Dopo un anno di stop politico (il 2020), la fotografia sugli apprendimenti nelle competenze di base degli studenti italiani scattata da Invalsi non è affatto confortante. Le prove, computer based, hanno coinvolto oltre 1,1 milioni di allievi alla primaria (seconda e quinta elementare), 530mila studenti di terza media e 475mila di quinta superiore. Quest’anno le prove non sono state svolte in seconda superiore (per non appensantire il lavoro delle scuole), e non costituivano, come nel 2020, requisito di ammissione agli esami di stato. Anche per questi motivi, c’è stato un calo nella partecipazione degli studenti, evidente soprattutto nelle regioni del Sud (Campania, Puglia, Basilicata, alle superiori); e il quadro potrebbe essere ancora più negativo.

Nei fatti, con un ritardo di 12 mesi, si confermano i risultati emersi dalle principali indagini internazionali, che hanno, tutte, evidenziato un learning loss preoccupante, ha ricordato di recente su questo giornale Andrea Gavosto, direttore della Fondazione Agnelli. Gli studi americani hanno stimato un gap formativo in un range dal 35 al 50% in matematica e nella propria lingua rispetto agli studenti degli anni prima allo stesso punto del programma. In Olanda in otto settimane di lockdown si è perso circa il 20% del progresso previsto l’anno scolastico. E adesso anche l’Italia è in affanno. Tutta colpa della Dad? «Non solo», è la risposta degli esperti. La scuola italiana sconta una didattica piuttosto statica e poco innovativa. Insomma, il problema non è la Dad in sè, ma come i docenti fanno lezione.

Per il ministro dell’Istruzione, Patrizio Bianchi, «la scuola va rimessa al centro del Paese», invitando tutti a vaccinarsi per tornare a settembre in presenza. Bianchi ha anche annunciato 140mila assunzioni di docenti nei prossimi due anni, e ha ricordato i cospicui investimenti fatti: 3,5 miliardi prima del Pnrr, e altri 1,5 miliardi in arrivo per le infrastrutture.

Un altro dato preoccupante, ha sottolineato Ricci, riguarda “le diseguaglianze”. Dai dati Invalsi è emerso come il 9,5% degli studenti che esce dalla scuola (pari a circa 40-45mila ragazzi) possiede competenze di base fortemente inadeguate (la cosiddetta “dispersione implicita”). Eravamo al 7% nel 2019. «In pratica – ha sintetizzato Ricci – è come se ogni anno mezza città di Ferrara si trovasse in questa condizione». Partendo da questi dati, si può stimare che il 23% dei giovani tra 18 e 24 anni o ha abbandonato le aule scolastiche o ha terminato le lezioni senza acquisire le competenze di base minime (nel 2019 erano il 22,1%). Un altro campanello d’allarme è la varianza tra scuole, che dalle medie si sposta tra classi, specie al Sud e per italiano e matematica. Come dire che il successo formativo di un ragazzo dipende non più dall’istituto, ma addirittura dalla classe che frequenta.

«Non basta strappare un 6 Serve un piano Marshall per l’apprendimento»

da Il Sole 24 Ore

di Claudio Tucci

«Gli esiti delle prove Invalsi 2021 mostrano dati che era lecito aspettarsi, quali i persistenti divari territoriali tra il Nord e i diversi Sud – sottolinea Anna Maria Ajello, presidente dell’Invalsi, e una delle più autorevoli esperte di valutazione in ambito scolastico -. Il quadro tuttavia è completato dalla crescita, altrettanto preoccupante, della “dispersione implicita” poiché anche quando le prove sono superate, gli esiti si collocano a livelli bassi. Ciò vuol dire scarsissime competenze in quell’area di apprendimento, che talvolta finiscono per essere l’anticamera degli abbandoni successivi. È urgente quindi intervenire, in modo serio e strutturato. Va bene il Piano estate, ma ora serve un “piano Marshall” di recupero degli apprendimenti».

Professoressa, quindi basta accontentarsi di “infarinature”?
Esattamente. Le informazioni approssimative sono l’opposto di quello che si intende per competenza, vale a dire un possesso pieno dell’ambito che è stato proposto nell’intervento didattico. Ebbene, la persistenza di acquisizioni di questo tipo che richiamano il 6 “strappato”, l’anno “svangato” vale a dire superato a mala pena “per il rotto della cuffia”, rappresenta un vulnus grave perché è alla base dell’analfabetismo funzionale, e non consente di incrementare la base culturale della popolazione. E non si creda che questo riguardi solo la scuola, perché un analogo fenomeno sono le sequenze dei diciotto all’università collezionati da alcuni studenti. C’è anche un aspetto socio-culturale: tutto ciò è avvertito come non pericoloso. Quale genitore si lamenterebbe infatti se il figlio o la figlia avesse comunque superato un anno?

Tutto ciò deve allarmare tutti?
Certo. Soprattutto oggi, dove non possiamo più permetterci una popolazione con scarse competenze scientifiche e faticosa comprensione di testi scritti. Le nostre eccellenze non reggono alla lunga se sono una specie di cattedrale nel deserto.

La scuola deve cambiare…
Dobbiamo tornare a promuovere nelle scuole il gusto di imparare. Va bene promuovere l’impegno, ma è la soddisfazione nel sentirsi competente che deve tornare centrale. Nelle aule, e in cattedre. In realtà, bambini e bambine entrano all’infanzia con la voglia e il gusto di riuscire a fare qualcosa, di sentirsi bravi/e, ma con il progredire del loro percorso questo gusto si perde. Ecco, nel ripensamento che la pandemia imporrà in molti ambiti, anche su questi aspetti occorrerà intervenire per tornare a promuovere il “gusto della competenza” (e non della mediocrità).

Piove sul bagnato, puntiamo sul Pnrr

da Il Sole 24 Ore

di Daniele Checchi e Maria De Paola

Dopo la sospensione del 2020, i risultati delle prove Invalsi 2021 hanno riacceso i riflettori sui problemi della scuola italiana, ben evidenti anche prima delle difficoltà derivanti dalla crisi pandemica. Da tempo, infatti, grazie ai dati Invalsi, sapevamo delle preoccupanti peculiarità del nostro sistema: i forti divari territoriali, con una percentuale consistente di studenti meridionali privi delle competenze minime necessarie per esercitare i normali diritti di cittadinanza; le differenze di carattere socio-economico, evidenza di una scuola incapace di supportare chi proviene da condizioni più svantaggiate; una tendenza dei deficit di competenze ad aggravarsi lungo il percorso educativo.

La lunga sospensione dell’attività didattica in presenza ha colpito dove le cose andavano già male. La scuola primaria ha tenuto, riuscendo a garantire risultati pressoché uguali a quelli riscontrati nel 2019. Invece, gli studenti frequentanti il terzo anno della scuola media e quelli prossimi alla maturità hanno mostrato risultati sostanzialmente peggiori di quelli raggiunti nel 2019. Tra gli studenti del quinto anno delle superiori il calo medio del rendimento a livello nazionale è di circa 10 punti percentuali sia in italiano che in matematica. Piove sul bagnato si diceva e dunque il peggioramento va a colpire soprattutto coloro che provengono da contesti socio-economici più deboli: il gap di competenze rispetto ai colleghi più fortunati aumenta, ad esempio, di circa 3 punti nelle competenze in inglese e di un punto in italiano per gli studenti frequentanti la quinta elementare. Anche i divari territoriali tendono ad amplificarsi, ciò accade già a partire dalla quinta elementare. All’ultimo anno delle superiori la Calabria e la Campania, regioni ultime in classifica, presentano un gap di 44 punti rispetto al punteggio ottenuto in italiano dagli studenti della provincia autonoma di Trento (primi in classifica). Gap che aumenta a 50 punti per la matematica. Non meno sostanziale il gap rispetto alla media nazionale di ben 19 punti.

Crescono poi gli studenti che concludono il percorso formativo senza possedere le competenze minime necessarie ad un adeguato inserimento nel mercato del lavoro. Si tratta di una forma di dispersione scolastica, implicita, che si aggiunge a quella derivante dagli abbandoni (esplicita). Se la dispersione implicita si attestava al 7% degli studenti che avevano conseguito un diploma di maturità nel 2019, quest’anno essa raggiunge una media del 9,5%, con picchi del 22% e del 20% in Calabria e in Campania (circa 16% in Sicilia e Puglia, 15% in Sardegna).

A tutto questo si aggiunge la dimensione di disagio psicologico a cui sono stati esposti i ragazzi più in difficoltà, e che forse è quella di più difficile recupero nell’immediato. I piani di recupero e potenziamento predisposti dalle scuole non è detto che riescano ad intervenire nelle situazioni di maggior divario. Ci si aspetta che il Pnrr, che pure alloca più di 3 miliardi al potenziamento delle competenze, metta al centro delle strategie intese al recupero dei divari.

Sette concorsi per la scuola, ma le assunzioni arriveranno quasi tutte a settembre 2022

da la Repubblica

Corrado Zunino

ROMA – Ora che con il Decreto sostegni bis si è delineata l’ultima modalità di stabilizzazione dei precari della scuola italiana – sarà sempre attraverso un concorso, ordinario o straordinario -, si delinea il quadro del prossimo arruolamento voluto dal ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi. Sono previste ben sette prove pubbliche, nel corso dell’anno scolastico 2021-2022. Un numero imponente, a cui dovrebbe seguire la fattura vera e propria dei concorsi (in questi anni pandemici si è svolto un solo concorso straordinario e in generale la regolarità delle prove nelle ultime stagioni non è mai stata assicurata).

Entro il prossimo ottobre si attende un ordinario per infanzia e primaria che aprirà a 12.863 posti da insegnante. E’ stato bandito il 21 aprile 2020, le domande di partecipazione sono state presentate entro il 31 luglio 2020, ma le prove non sono mai state svolte. A seguito del Decreto Brunetta, le stesse prove saranno semplificate: niente preselettiva, solo uno scritto, seguito da un orale e dalla valutazione dei titoli. I vincitori avanno una cattedra dall’1 settembre 2022.

In autunno partirà anche il concorso ordinario della secondaria I e II grado: anche qui domande entro il 31 luglio 2020. Dovrebbe svolgersi entro il 15 ottobre 2021.

Si è conclusa la scorsa settimana, con molte bocciature, la procedura semplificata (solo prova scritta e orale) per le classi A20 Fisica, A26 Matematica, A27 Matematica e Fisica, A28 Matematica e Scienze, A41 Scienze e tecnologie informatiche, le cosiddette prove Stem sulle materie scientifiche. Le commissioni che offriranno i risultati entro luglio avranno il raddoppio del gettone. Ci sono 6.129 posti a disposizione per 60.000 candidati. Questo blocco concorsuale – unico – dovebbe portare docenti in cattedra già dal prossimo settembre.

In previsione vi è poi un nuovo concorso Stem, solo in questo caso con nuove iscrizioni, ma non è stata ancora indicata la data.

E’ certa la fissazione del concorso straordinario per l’abilitazione nella scuola secondaria di primo e secondo grado, bandito il 21 aprile 2020 con domande presentate entro il 15 luglio 2020. Questa procedura straordinaria per prendere l’abilitazione all’insegnamento consiste in una prova scritta computer based con 60 quesiti a risposta multipla della durata di 60 minuti. Data ultima per l’avvio delle operazioni, secondo il Sostegni bis, sarà il 15 dicembre 2021.

All’orizzonte c’è anche un nuovo concorso straordinario, che dovrà essere avviato entro il prossimo 31 dicembre: sempre previsto dal Decreto Sostegni bis, sarà formulato sulla base dei posti che rimarranno vacanti dopo le immissioni in ruolo (fase ordinaria e straordinaria da Graduatorie Gps) per l’anno scolastico 2021-22. Sarà riservato a docenti con tre anni di servizio negli ultimi cinque, si prevede una prova disciplinare e, per chi la supera, un percorso con prova finale e assunzione a tempo indeterminato dal 2022/’23. La prova darà il posto a 18.500 precari di prima fascia (già abilitati).

Un emendamento Pd-Cinque Stelle, ancora, ha fatto sì che sui prossimi concorsi ordinari una quota del 30 per cento sarà riservata ai docenti precari di seconda fascia, quelli che non hanno ancora ottenuto l’abilitazione. C’è una forte discussione nel mondo del precariato su questo intervento che, per volontà della Presidenza del Consiglio, ha tolto la possibilità di un anno di formazione con esame a giugno anche per i precarissimi limitandosi ad introdurre la riserva del 30 per cento (tutta da scrivere nella sua realizzazione concreta).

Infine, novità per la stabilizzazione degli insegnanti di sostegnol’anello debole dell’insegnamento scolastico. Nel decreto c’è una corsia preferenziale per assumere 11.000 insegnanti sulla materia: a settembre i provveditorati potranno convocarli e a giugno gli stessi, se meritevoli, potranno essere regolarizzati.

La platea dei docenti precari, oggi, è pari a 670.000. Con le procedure avviate e da avviare il ministero dell’Istruzione è convinto che, nell’arco di un anno, 97.000 cattedre saranno assegnate e il numero dei posti vacanti scenderà a quota 15.000. I sindacati restano scettici.

La Cgil, per voce di Francesco Sinopoli e Gianna Fracassi, dice: “Bisognerà lavorare per correggere alcune posizioni che replicano errori del passato. Si prevede la ripetizione di un concorso straordinario entro la fine dell’anno, ma con le stesse modalità delle prove dei concorsi Stem che si stanno dimostrando inadeguate. Si pensa di risolvere il tema delle assunzioni dei docenti con tre annualità istituendo per loro una riserva del 30 per cento dei posti definiti nei concorsi ordinari, altro errore. La previsione di mantenere l’organico straordinario, il cosiddetto organico Covid, è giusta, ma la si attiva su richiesta degli Uffici scolastici regionali. L’assenza del confronto tra sindacati e ministero dell’Istruzione, nonostante gli impegni contenuti nel Patto sulla scuola sottoscritto il 20 maggio scorso, non porta all’efficacia di misure utili a una ripartenza della scuola il primo settembre”.

La Cisl annuncia mobilitazione, l’associazione Mida attraverso la coordinatore Rosa Sigillò fa sapere: “Il provvedimento 30 per cento ha dei limiti, ma va riconosciuto che offre una seconda possibilità a chi non ha superato il concorso. Adesso bisogna lavorare sulla tabella titoli e cercare di impedire, tramite bando, la partecipazione di chi è stato già assunto, altrimenti i posti disponibili si dimezzano”.

Terza fascia ATA: dal 16 luglio rilasciata la funzione per le graduatorie provvisorie, le definitive a metà agosto

da La Tecnica della Scuola

Nel corso dell’incontro, in videoconferenza, tra OO.SS. e MI, relativo alle problematiche per la gestione della valutazione e validazione delle domande di terza fascia ATA, l’Amministrazione ha affrontato anche la questione della mancata visualizzazione, da parte degli aspiranti, delle graduatorie provvisorie in corso di pubblicazione.

Come riportato dalla Flc Cgil, a questo proposito il MI ha fatto presente che la funzione che consente agli Uffici di autorizzare la visualizzazione delle graduatorie provvisorie verrà rilasciata, a seguito di un apposito collaudo interno del gestore medesimo, venerdì 16 luglio.  A partire da tale data, pertanto, gli uffici potranno autorizzare la visualizzazione delle graduatorie provvisorie e renderle così visibili agli interessati.

Nel corso dell’incontro sono stati chiesti inoltre chiarimenti da parte del Ministero prima della pubblicazione delle graduatorie, in modo da correggere alcuni rilevanti errori materiali, quali la mancata importazione delle 30 scuole e la scelta di conferma al posto di aggiornamento, che non consente di recuperare tutti i servizi pregressi.

Fa sapere sempre il Sindacato che “l’Amministrazione si è riservata di valutare la situazione per capire la rilevanza e la natura dell’errore segnalato, al fine di verificare che ci sia l’evidenza informatica che ha indotto in errore i candidati, prima di intervenire in via amministrativa e, unicamente, delimitando l’ambito alle due problematiche riconducibili all’erronea indicazione delle 30 sedi e al mancato aggiornamento della propria posizione poiché si è scelta l’opzione di conferma, al posto di aggiornamento. Sono escluse altre tipologie di errore“.

Le graduatorie definitive, secondo quanto ha comunicato il Ministero, saranno pubblicate per metà agosto.

Test Invalsi e calo competenze alunni, Ajello: l’errore è svalutare la scuola e fermarsi all’infarinatura

da La Tecnica della Scuola

Quelli emersi quest’anno dal Rapporto annuale Invalsi, il primo dopo il Covid, sono dati preoccupanti: stare lontano a lungo dai banchi ha avuto delle conseguenze. In alcune zone non è stata solo la scuola ad avere peggiorato le competenze degli alunni. È uno dei passaggi affrontati da Anna Maria Ajello, presidente Invalsi dal 2014, durante la presentazione dei dati alla stampa.

Anche se la DaD è stato l’unico modo per collegare scuola e discenti, in certi casi, ha detto la presidente, “una responsabilità politica c’è, perché nei fatti Campania e Puglia sono state chiuse a lungo. C’è stata una svalutazione della scuola, considerata non granché. Quando si dice che si può non andare a scuola, si svaluta la scuola, perché è come dire che possiamo farne a meno”.

L’importanza della scuola: interventi “lunghi”

Quello che emerge da questi numeri, ha continuato, la presidente Invalsi, è soprattutto “l’importanza di potere andare a scuola. Quando andavo a scuola io, in presenza di un alto tasso demografico, si faceva lezione anche il pomeriggio”, facendo così intendere che non vi sarebbe alcun problema nell’attuare doppi turni di lezione per mancanza di spazi.

Chiediamo alla presidente Invalsi come si potrebbero recuperare i ritardi. “È una competenza dell’Indire come agire”, replica Ajello.

Nel corso dell’intervento, comunque, la presidente Invalsi aveva anche tenuto a dire che “gli interventi da attuare non si fanno su un anno, ma serve una programmazione pluriennale. Altrimenti non si fa nulla. Si mettono delle pezze che cadono dopo un po’”.

Lo studente lascia? Abbandono reciproco

L’attenzione si è concentrata anche sulla dispersione scolastica. “Quando si lascia la scuola è bene sapere che l’abbandono è reciproco: non è solo lo studente che abbandona gli studi ma anche la scuola che abbandona lo studente. La scuola abbandona questi studenti, quelli della dispersione implicita, che ripetutamente raggiungono livelli di competenze 1 o 2, trattandoli come fossero studenti di serie B”.

In generale, comunque, sempre secondo la presidente Invalsi “l’incremento della povertà educativa che si intravede richiede una prospettiva multifattoriale con azioni complementari tra organizzazioni diverse: scuole; enti locali; fondazioni; terzo settore. La scuola in alcuni contesti da sola non ce la può fare”, ha sottolineato la presidente confermando la necessità di un’azione su più fronti.

Test Invalsi fondamentali

La numero uno dell’Invalsi ha quindi ricordato quanto sia “fondamentale avere misure di riferimento” per capire come procedono gli studi. Quello che l’Invalsi va a misurare, ha ribadito, sono “competenze fondamentali: comprensione del testo, fare elaborazioni quantitative, sapere l’inglese nei livelli prescritti dalle Indicazioni Nazionali e dalle Linee guida, tutti prerequisiti per l’accesso all’esercizio dei diritti di cittadinanza devono far anche riflettere sull’approccio didattico degli insegnanti”.

Didattica più in profondità

Riferendosi all’offerta formativa e alla didattica, Ajello ha poi tracciato la strada che bisognerebbe intraprendere.

“Bisogna fare meno ma più in profondità, verso il pieno possesso, non fermarsi all’infarinatura. Un argomento comunque non facile da inquadrare. Perché quando si parla di docenti ci riferiamo a 800 mila persone”, ha concluso Anna Maria Ajello.

Speranza sull’inizio scuola: “Lavoriamo perché avvenga in presenza e in sicurezza”. Ma unica arma i vaccini

da La Tecnica della Scuola

Come abbiamo anticipato nel pomeriggio di oggi 14 luglio il Ministro della Salute Roberto Speranza è stato chiamato a riferire sulle strategie del Governo in vista del rientro in classe, che a molti sembra ripetersi identico, nelle dinamiche, rispetto all’anno scolastico appena trascorso.

Così il ministro della Salute Speranza: “La ripresa dell’anno scolastico è un tema decisivo e il Governo lavora perché avvenga in piena sicurezza e in presenza. L’arma che abbiamo è la vaccinazione. Le vaccinazioni hanno già prodotto un effetto. L’Italia pochi mesi fa aveva quasi 30mila persone ricoverate in ospedale; ieri sera ne avevamo un migliaio. Se questo è stato possibile, lo è stato soprattutto grazie alla campagna di vaccinazione”.

“I numeri sono significativi anche dentro il personale scolastico – ricorda il Ministro -. Ci risulta che rappresentino l’85% del personale scolastico le persone che hanno ricevuto almeno una prima dose di vaccino e questo è un dato robusto”.

“Tuttavia dobbiamo lavorare perché il numero dell’85% possa salire ancora”.

Obbligatorietà del vaccino?

“Sull’obbligatorietà del vaccino, un tema molto delicato – fa notare il Ministro – voglio ricordare che noi siamo stati il primo Paese in Europa a disporre l’obbligatorietà per il personale sanitario. Una decisione alla quale oggi altri Paesi si stanno adeguando, segno che questa sia stata una decisione giusta e corretta”.

Riserva dei posti nei concorsi per chi ha almeno 3 anni di servizio nel decennio

da La Tecnica della Scuola

Per affrontare il problema del precariato scolastico oltre alle diverse opzioni straordinarie previste nel decreto 73 del 25 maggio 2021, nel testo, in attesa della sua conversione in legge è stato inserito l’art. 10 bis con il quale è stato previsto che per quanto riguarda i bandi dei concorsi, emanati dopo l’entrata in vigore della legge, una riserva di posti, pari al 30 per cento per ciascuna regione, classe di concorso e tipologia di posto.

La riserva è data ai docenti che entro la data di presentazione della domanda avranno svolto nelle scuole statali almeno un triennio, anche non continuativo, nel decennio precedente.

Il servizio nel triennio è da intendere nel senso che il servizio d’insegnamento non di ruolo prestato è considerato come anno scolastico intero se ha avuto la durata di almeno 180 giorni oppure se il servizio sia stato prestato ininterrottamente dal 1o febbraio fino al termine delle operazioni di scrutinio finale.

La riserva vale in un’unica regione e per le classi di concorso o tipologie di posto per le quali il candidato abbia maturato un servizio di almeno un anno scolastico.

Inserimento negli elenchi aggiuntivi delle GPS di I fascia, domande dal 16 al 24 luglio

da Tuttoscuola

Con un avviso a firma del Direttore Generale del Personale del Ministero dell’Istruzione sono stati fissati i termini per la presentazione delle istanze finalizzate all’inserimento negli elenchi aggiuntivi delle graduatorie provinciali per supplenza (GPS) di I fascia e corrispondenti graduatorie di istituto di II fascia. Le domande si possono presentare nel periodo compreso tra il 16 luglio 2021 (h. 9,00) e il 24 luglio 2021 (h. 14,00).

Secondo quanto riporta anche il sito della Cisl Scuola, hanno titolo a presentare istanza di inserimento coloro che conseguono l’abilitazione o il titolo di specializzazione per il sostegno entro il 31 luglio, termine fissato dal dectreto legge 73/2021.

Coloro che conseguono il titolo successivamente alla data del 24 luglio 2021 si iscriveranno con riserva, che sarà sciolta a seguito di comunicazione via PEC dell’avvenuto conseguimento agli uffici competenti entro il 1° agosto 2021.
Gli aspiranti già iscritti nelle GPS e che richiedano l’inserimento negli elenchi aggiuntivi, dovranno trasmettere la domanda al medesimo Ambito territoriale destinatario della precedente istanza di inclusione.

Gli aspiranti non inseriti in alcuna GPS, oppure collocati in una diversa GPS rispetto a quella per la quale presentano domanda per l’inserimento negli elenchi aggiuntivi, indicheranno nell’istanza anche le sedi prescelte, fino ad un massimo di 20 istituzioni scolastiche, ai fini dell’iscrizione nelle correlate GI di II fascia.