Quota 100, come si va in pensione nella scuola: le info utili

da OrizzonteScuola

Di Andrea Carlino

Entro il 31 ottobre scade il termine, per il personale docente e Ata, per presentare istanza per cessazione dal servizio con effetto dal 1° settembre 2022. Cosa succede con quota 100?

In via sperimentale, per il triennio 2019-2021, è stata istituita una nuova forma di pensionamento anticipato, la “pensione quota 100”, il cui accesso prevede la maturazione di un’anzianità contributiva minima di 38 anni e il compimento di almeno 62 anni di età.

I lavoratori, non titolari di pensione, possono perfezionare il diritto a pensione, cumulando i periodi assicurativi non coincidenti accreditati in altre gestioni dell’INPS ad eccezione di quelle versate nelle casse dei liberi professionisti.

Il trattamento pensionistico previsto da “quota 100” non è cumulabile con i redditi da lavoro dipendente o autonomo fino alla maturazione dei requisiti per l’accesso alla pensione di vecchiaia.

Fanno eccezione i redditi entro 5.000 euro lordi annui derivanti da lavoro autonomo occasionale, disciplinato dall’art. 2222 del codice civile.

Ai dipendenti pubblici che accedono a quota 100 il TFS/TFR viene liquidato nei termini in cui sarebbe corrisposto in caso di maturazione dei requisiti ordinari previsti per la pensione di vecchiaia o anticipata.

Pensioni, il futuro di Quota 100 è in bilico

La legge di Bilancio 2022 dovrà fare fronte al nodo Quota 100. L’esoso sistema di anticipo pensionistico da oltre 5 miliardi l’anno voluto dalla Lega negli anni del governo giallo-verde scade a fine anno. Secondo le ipotesi allo studio, citate da Adnkronos, servirebbero circa 3 miliardi per mette in atto uno schema di graduale innalzamento dell’età di ritiro prevedendo delle deroghe per i lavoratori usuranti.

Da disinnescare in manovra anche la mina della rivalutazione in linea con l’inlfazione di 22,8 milioni di assegni pensionistici, voce che si preannuncia più cara dello scorso anno alla luce delle recenti fiammate dell’energia che spingono al rialzo l’indice sui prezzi al consumo. Per allineare al caro-vita servirebbero 4 miliardi di euro.

Decreto

Circolare

Quali sono i requisiti anagrafici e contributivi per presentare domanda

TABELLA

Scadenza presentazione domanda: 31 ottobre

Elezione consiglio d’intersezione, d’interclasse e di classe

da La Tecnica della Scuola

L’art. 5 del decreto legislativo 297 del 1994 tratta del consiglio d’intersezione per la scuola dell’infanzia, del consiglio d’interclasse per la scuola primaria e del consiglio di classe per la scuola secondaria di primo e secondo grado.
Detto consiglio rappresenta, a livello di scuola, un organo collegiale perfetto di rilevante portata nella misura in cui ha potere decisionale sulla valutazione intermedia e finale degli studenti, sulla programmazione, sull’inclusione, sul PEI, sul PDP e su altri aspetti specifici riguardanti il processo di crescita di tutti gli studenti.

Componenti

Al consiglio d’intersezione, d’interclasse di classe e dei corsi serali vi fa parte di diritto il dirigente scolastico o un suo delegato facente parte dello stesso consiglio che nomina un membro del consiglio stesso a esercitare le funzioni di segretario.

Si riunisce in orario non coincidente con l’orario delle lezioni.

  • Il consiglio d’intersezione nella scuola dell’infanzia e d’interclasse nelle scuole primarie è composto:
  •  Da tutti i docenti delle sezioni dello stesso plesso per la scuola dell’infanzia e delle classi parallele per la scuola primaria;
  • Da un rappresentante eletto dai genitori degli alunni iscritti.
  • Il consiglio di classe della scuola secondaria di primo  grado è composto:
  • Da tutti i docenti di ogni singola classe
  • Da quattro rappresentanti eletti dai genitori degli alunni iscritti alla classe.
  • Il consiglio di classe della scuola secondaria di secondo grado è composto:
  • Due rappresentanti eletti dai genitori degli alunni iscritti alla classe e due rappresentanti degli studenti, eletti fra gli studenti appartenenti alla classe.
  • Il consiglio di classe nei corsi serali per lavoratori è composto:
  • Tre studenti della classe eletti fra gli studenti appartenenti alla classe.

Competenze

Il consiglio d’intersezione, d’interclasse e di classe ha delle competenze diversificate in relazione all’argomento da trattare.
Si riunisce con la sola presenza dei docenti in sede tecnica, quando deve decidere su:
– realizzazione del coordinamento didattico;
– realizzazione dell’interdisciplinarietà;
– interventi di potenziamento, di recupero;
– valutazione intermedia e finale degli studenti;
– provvedimenti disciplinari a carico degli studenti.

Si riunisce con la presenza dei genitori e degli studenti quando:
– deve fare proposte al collegio dei docenti in merito a attività didattiche e di sperimentazione;
– deve analizzare l’andamento del gruppo classe e agevolare i rapporti tra docenti, genitori e studenti.

Classi pollaio, Flc Cgil: “254mila alunni in classi in deroga alla norma”

da La Tecnica della Scuola

Uno dei grandi obiettivi del PNRR, come annunciato in conferenza stampa dal ministro Bianchi, è quello del dimensionamento delle scuole. In sostanza si tratta di riequilibrare il numero di studenti, spesso in troppi in alcuni istituti e in pochi in altri. Secondo la Flc Cgil 254mila alunni studiano in classi in deroga alla norma, ovvero dove si è derogato al tetto massimo di presenze in aula. Il numero maggiore (oltre 200mila) arriva dai licei e dagli istituti tecnici e professionali con 7.345 classi (almeno 28 studenti in aula).

Il numero massimo consentito è infatti 27 (con deroga) alle medie, 26 (con deroga a 27) alla primaria e 26 (con deroga a 29) alla materna. Ma è appunto alle superiori la questione maggiore (da 27 a 30 fino a un +10%). Lo ha spiegato Alessandro Rapezzi della Flc-Cgil a ‘Repubblica’: “Non si può andare avanti, basta con le deroghe, rivediamo i tetti, abbiamo scuole in zone dove è necessario avere classi anche con numeri ridottissimi, mentre nei grandi centri metropolitani l’intervento deve essere deciso sui tetti massimi da ridurre”.

Ma si sfora anche nelle classi con presenza di studenti disabili. Da regola non si dovrebbe superare il tetto di 20 alunni nelle classi che accolgono un disabile ma 42.500 classi alla primaria, 41.297 alle medie e 64.622 alle superiori non rispettano la norma. Rapezzi sottolinea come sia prassi consolidata includere due o tre alunni con disabilità nello stesso gruppo-classe.

“Abbassare il numero degli alunni vuol dire creare le migliori condizioni per sperimentare forme di didattica innovativa e partecipativa. Va ridotto il sovraffollamento anche per garantire il necessario distanziamento, anche oltre l’attuale emergenza sanitaria. Classi meno numerose favoriscono un benessere generale e un ambiente più salubre” ha spiegato ancora Rapezzi.

Ma aldilà delle riforme del PNRR, tocca al Parlamento rivedere i parametri (ancora fermi al 2009).

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Formazione obbligatoria dei docenti: sulla carta è così, nei fatti ogni scuola fa come vuole

da La Tecnica della Scuola

Quello della formazione in servizio dei docenti è uno dei temi del momento. Gli stessi sindacati continuano a dire che nel prossimo contratto nazionale bisognerà affrontare questo aspetto centrale della professione e definire con chiarezza tempi e modi.
Mario Maviglia, una lunga carriera nella scuola, da maestro fino a provveditore agli studi di Brescia, abbiamo posto qualche domanda.

Ispettore, entriamo subito in argomento: da tempo si parla di diritto/dovere alla formazione; cosa ne pensa?

Prima di tutto vorrei fare una precisazione per evitare di essere frainteso. La situazione del nostro sistema scolastico è molto complessa, per analizzarla e per non essere presi dallo sconforto bisogna ricorrere anche all’ironia, cosa che ormai faccio sempre più spesso.
Ma veniamo al tema.
Per lunghi anni abbiamo detto che la formazione è un diritto/dovere dei docenti, una locuzione, questa, bellissima per dire tutto (ossia niente) e per scansare in modo rigoroso e scientifico l’inutile zavorra della formazione. Infatti, nella titanica (e bizantina) discussione riguardante quanto dovere e quanto diritto ci debba essere nella formazione, intere generazioni di docenti sono riusciti ad andare tranquillamente in pensione facendo poche o zero ore di formazione e potendo dire ai nipoti, con orgoglio: “Io non c’ero!”.

Per la verità, però, c’è di mezzo anche la legge 107 del 2015 che dice altro

Esattamente, la situazione assolutamente idilliaca e tranquilla descritta prima è stata proditoriamente e sciaguratamente sconvolta dalla legge 107/2015 che ha stabilito che la formazione dei docenti è “obbligatoria, permanente e strutturale”. Nel mondo scolastico e sindacale si è diffuso il panico, perché non tutti hanno colto la sottile e intelligente strategia utilizzata dal nostro legislatore nel far credere che la formazione diventasse qualcosa di stabilizzato nella vita delle istituzioni scolastiche.

Cosa intende dire?

In realtà il decisore politico non ha mai avuto la volontà di rendere davvero obbligatoria la formazione, e il decisore amministrativo ancora meno!
Il tutto, infatti, rientrava in una sorta di teatrino politico escogitato appositamente per confondere l’UE e far sembrare che in Italia la formazione è tenuta in grande considerazione. E in effetti, con visione lungimirante, la stessa Amministrazione scolastica si è ben guardata dal tradurre quella “obbligatorietà” in un monte ore definito e a sancirlo nel CCNL.

Non le sembra di esagerare ?

Per nulla. Stiamo ai fatti: con una nota applicativa (n. 2915 del 15/09/2016), degna della migliore scuola sofista, il Ministero precisava che “il principio della obbligatorietà della formazione in servizio” [va considerato] “come impegno e responsabilità professionale di ogni docente” [e dunque] “l’obbligatorietà non si traduce, quindi, automaticamente in un numero di ore da svolgere ogni anno, ma nel rispetto del contenuto del Piano”.
Questo concetto veniva ribadito con commovente iterazione con una nota successiva (la n. 25134 dell’1/06/2017) la quale stabiliva che “l’obbligatorietà non si traduce automaticamente in un numero di ore da svolgere ogni anno, ma nel rispetto del contenuto del piano”.
Leggasi: ognuno fa quello che vuole. D’altro canto non poteva essere diversamente: la nostra è una matura democrazia liberale.

Però, almeno per i temi dell’inclusione, adesso c’è la legge 178 del 30/12/2020) che prevede una formazione obbligatoria del personale docente impegnato nelle classi con alunni con disabilità non in possesso del titolo di specializzazione sul sostegno.

Certo, e il principio dell’obbligatorietà viene ribadito anche in un successivo decreto applicativo (il DM n. 188 del 21/06/2021).
Ma con una circolare che reca istruzioni in materia (ad esempio la n. 27622 del 6/09/2021) il personale docente interessato viene “invitato” a partecipare alle attività formative. Non “obbligato”, capite? E in effetti molti docenti, educatamente e con l’appoggio degli onnipresenti sindacati, hanno risposto al ministero: “Grazie dell’invito, mi ha fatto molto piacere riceverlo, ma non intendo parteciparvi. Ho altro da fare. Sarà per un’altra volta. Non perdiamoci di vista, però.”

Comunque sembra che i corsi si stiano facendo, si parla di centinaia di migliaia di docenti coinvolti nei corsi

Preferirei attendere qualche settimana per tracciare un bilancio preciso. Nella nota del 6 settembre 2021 viene detto che “per consentire l’effettiva erogazione delle risorse finanziarie entro l’a.f. 2021, le scuole saranno invitate a fornire rendicontazione entro e non oltre la data del 30 novembre p.v.”
In poco più di due mesi le scuole devono progettare le attività formative, trovare i formatori, stipulare i contratti, realizzare le attività formative a livello di ambito e fornire rendicontazione al Ministero entro il 30 novembre! Non ci si lasci però impressionare da questa veemenza decisionista; le ragioni in realtà sono molto serie e impongono un impegno solerte e senza indugi da parte delle scuole interessate alla formazione.

Secondo lei perché tutta questa fretta?

Secondo me questa oltremodo tempestiva mossa del Ministero nasconde un secondo fine, molto astuto e coerente con quanto abbiamo detto fin qui: con tempi così ridotti molte scuole non riusciranno ad organizzare la formazione e quindi, ancora una volta, si riuscirà a farla franca rispetto al famoso vincolo della “obbligatorietà” della formazione. L’Italia è un Paese magnifico: ad ogni problema trova sempre una non soluzione.