Selezione o Inclusione

Selezione o Inclusione
Rocchi vs Mastrocola-Ricolfi

di Francesco Scoppetta

Il  libro “Il danno scolastico” (La Nave di Teseo) di Paola Mastrocola e Luca Ricolfi provocherà il solito dibattito tra due vecchi partiti (PdS vs PdI): Selezione o Inclusione.

Se l’ascensore sociale si è bloccato, sostengono i coniugi e professori torinesi, è colpa del «grande inganno» della scuola progressista. L’istruzione nel nostro Paese si è appiattita e il corso di studi annacquato, come anche il livello di preparazione degli studenti. «Abbassare l’asticella penalizza il figlio dell’idraulico, non del notaio» La colpa è anche degli adulti «che piano piano hanno abdicato a educare. Per educare ci vuole fermezza, determinazione, fatica»

Se i risultati deludenti della scuola italiana sono sotto gli occhi di tutti, la loro causa sta forse in un errore ideologico, ecco la tesi del saggio.

Sia la Fondazione Giovanni Agnelli che l’Invalsi illustrano tutti gli anni le criticità della scuola. Così come una pubblicistica continua illustra gli altri guai, insegnanti sottopagati e mal selezionati, scuole cadenti, didattica ferma alla lezione frontale: il cosiddetto ascensore sociale è completamente bloccato.

Secondo Francesco Rocchi, docente del Gruppo Condorcet, “che la macchina non cammini è una constatazione che può fare anche il guidatore più distratto; trovare i guasti e ripararli è qualcosa di più difficile e richiede un meccanico esperto” (su Linkiesta). Per lui anche la scuola selettiva di 50 anni fa aveva conseguenze negative.

”La migliore qualità dei diplomati delle superiori di cinquanta anni fa dipendeva da una scuola fortemente selettiva: se qualcuno non era considerato adatto alla scuola, semplicemente ne usciva, col risultato che nelle classi rimanevano solo i più bravi”. Era considerato normale che una parte della popolazione rimanesse ignorante. Ancora nel 1984 si iscriveva alle scuole superiori soltanto il 55% degli studenti licenziati dalle medie (dati Istat). Il 45% degli studenti usciti dalla scuola secondaria di primo grado quell’anno, dunque, non è andato oltre la terza media, mentre un ulteriore 25% di quegli iscritti ha più tardi comunque abbandonato (15% del totale dei quattordicenni del 1984).

Di contro, oggi pressoché il 100% degli studenti esce dalle medie e si iscrive a una scuola superiore (dal liceo all’istruzione professionale).

Immaginiamo di dover valutare la bravura di un medico, e di interpellare quindi i suoi pazienti chiedendo loro come stanno. Se tutti rispondessero «Benissimo! Sano come un pesce!», potremmo ricavarne la sensazione che il nostro medico sia bravissimo. Peccato che in questo modo non avremmo tenuto conto di tutti coloro che non abbiamo potuto intervistare, ovvero quelli che il nostro medico ha bravamente spedito all’altro mondo per errori banali e superficialità.

La difficoltà della scuola attuale sta nel fatto che a un certo punto alcuni hanno ritenuto che non si potesse andare avanti con un Paese in cui il 60% dei cittadini aveva al massimo la terza media, e qualcosa dovesse cambiare”.

Rocchi conclude così: “La dispersione implicita, ovvero quel fenomeno per cui alcuni studenti completano la loro istruzione (e prendono un delegittimato pezzo di carta) ma le loro competenze rimangono insufficienti, è un problema reale che in alcune regioni italiane, in particolare al Sud, assume una particolare urgenza”.

Nell’eterno conflitto tra “selezione” e “inclusione” assumerei una posizione mediana perché a pochissimi interessa quel che importa a me, e cioè che ai pezzi di carta corrispondano competenze vere, accertate, e non finte. A qualcuno importa poco che un laureato non conosca la sintassi. Secondo una ricerca del Centro Europeo dell’Educazione l’otto per cento dei nostri laureati non è in grado di utilizzare pienamente la scrittura. Anzi, peggio: 21 laureati su 100 non vanno oltre il livello minimo di decifrazione di un testo. Ancora: un laureato su cinque non riesce a dirimere un’ambiguità lessicale. E un laureato su tre ha meno di cento libri in casa, quasi sempre quelli che ha (più o meno) sfogliato per arrivare al pezzo di carta. Ma su quella carta, troppo spesso è come se fossero impressi geroglifici.

Anche la Mastrocola sa benissimo che il rimedio non può essere il bocciare tutti senza pietà invece di promuovere tutti a prescindere. La Mastrocola ha detto: «Penso al sistema anglosassone dei livelli di apprendimento: dalla A alla E. Uno studente può essere da A, cioè brillante, in italiano ma scadente in matematica e viceversa. L’importante è che alla fine dei cinque anni si possa avere una fotografia precisa delle inclinazioni e delle capacità di ciascuno. Sarebbe molto utile anche come orientamento all’università».

E’ questo il nostro problema valutativo, che tutti conosciamo bene. Se lo studente ha voti buoni in alcune materie e voti negativi in altre, per tutto il suo percorso magari andrà avanti lo stesso. Il mio favore è sempre andato al sistema scolastico inglese che, al contrario del nostro, è semplice da capire ed applicare. Loro hanno il National Curriculum che è formato da diverse fasi chiave (key stages) e 10 materie: 3 materie chiave (inglese, matematica e scienze) e 7 materie propedeutiche (informatica, storia, geografia, musica, arte, educazione motoria, lingua straniera). A 11 anni c’è il passaggio dalla scuola primaria inglese alla scuola secondaria, ma non si sostengono esami in questa occasione, perchè lo Standard Assessment Task (SAT) stabilito dal National Curriculum prevede che gli studenti vengano valutati nel corso del loro percorso scolastico. a 7,11 e 14 anni. I SAT sono esami nazionali che vogliono stabilire la preparazione degli studenti con parametri standard per tutta la nazione, e vengono stilate annualmente classifiche per confrontare voti, media, miglioramenti e variazioni tra le diverse scuole.

Ecco le due cose che occorrerebbe fare in Italia, stabilire un Curricolo Nazionale con alcune competenze chiave e alcune materie fondamentali; e poi far svolgere degli esami nazionali (tipo rilevazioni Invalsi). Mentre garantiamo la liberta di insegnamento, dobbiamo affidare la fase valutativa ad organismi indipendenti esterni.

In questo modo, soltanto così (come si fa per l’esame della patente o per ottenere l’Ecdl) superiamo la falsa alternativa tra bocciare di più o promuovere tutti. E’ chiaro che alla fine della scuola primaria (io farei un percorso unico di 8 anni) lo studente debba essere avviato alle superiori sulla base di risultati oggettivi ricavati da prove d’esame.

Il percorso superiore dovrebbe essere duale, ma con passerelle, vale a dire un segmento liceale potrebbe consentire di frequentare poi l’università, mentre un altro segmento condurrebbe al diploma e all’avviamento al lavoro. Un diploma dovrebbe consentire, come succede in Germania, nel giro di due mesi di trovare lavoro. Da noi  è invece il primo gradino di una scala lunghissima.

Il percorso (laurea o diploma) che in Germania stabiliscono i soli insegnanti quando il bambino ha dieci anni, io lo farei decidere in Italia alla fine dell’obbligo scolastico, sulla base di prove oggettive.

Soltanto in questo modo (molto vicino a quello che succede nei paesi europei) la scuola italiana tornerebbe ad essere una meccanismo efficace che consente a ciascuno di frequentare il percorso più adatto e i titoli (diplomi e lauree) avrebbero per le imprese un valore certificato. La decisione da prendere concerne quindi il voto. Se lo si lascia ancora nell’esclusiva disponibilità dell’insegnante esso non valuta per davvero le competenze dell’allievo. Se il sistema nazionale, non il solo insegnante, accerta che l’alunno Tizio è molto bravo in disegno e non in matematica, dovrà seguire un certo percorso, senza avere, come avviene tutt’oggi, la libertà di iscriversi in qualsiasi scuola o facoltà.

In un Paese in cui le persone con al massimo la terza media sono più di 20 milioni, siamo il penultimo stato in Europa per quota di laureati (dati Eurostat): lo sono  il 29% dei cittadini italiani nella fascia d’età tra i 25 e i 34 anni. Peggio di noi fa solo la Romania, ferma al 25%. Stando ai dati, l’Italia è ancora ben distante dall’obiettivo che Bruxelles ha definito per il 2030, ovvero portare al 45% la percentuale dei giovani che ha completato l’istruzione universitaria. In testa alla classifica c’è il Lussemburgo, con il 61% dei giovani, la media europea è il 41%.

Si tratta solo di decidere, una volta per tutte, se possiamo ancora permetterci lo “studente analfabeta” magari con un diploma o una laurea.  Tullio De Mauro, il padre degli studi linguistici italiani diceva: “I guasti iniziano nella scuola dell’obbligo”.

L’espressione molto usata nei libri e nei documenti ministeriali, «garantire il successo formativo» la modificherei così: “garantire ed accertare realmente il successo formativo”. Si tratta dell’uovo di Colombo. Il nostro sistema scolastico consente all’insegnante di mettere i voti a se stesso mentre questi tornerebbe ad avere un ruolo (e un fascino) se gli allievi andassero a scuola non per prendere un pezzo di carta ma come vanno nelle scuole di ballo. Se un ragazzo si iscrive ad una scuola di ballo o di calcio è ovvio che la frequenterà e non si distrarrà. L’insegnante insegni come vuole ma se alla fine gran parte dei suoi allievi non supera l’esame nazionale sarà valutato anche lui.

I problemi rimangono

Continua il ritornello del “faremo” mentre i problemi rimangono!

L’UGL Scuola, naturalmente attenta alle azioni messe in campo per risolvere i problemi e indirizzarsi verso quella svolta a cui il Ministro Bianchi fece cenno all’inizio del suo mandato, non può che trarre amare conclusioni a distanza di tempo e ad anno scolastico avviato.

“Doveva essere l’anno del cambiamento, sia per le problematiche derivanti dal Covid che per quelle messe drammaticamente in evidenza proprio dal Sars-Cov2 e invece ci troviamo al cospetto dell’ennesimo “bla bla bla” privo di sostanza e di fatti”.

Questa la considerazione espressa, senza mezzi termini, dal Segretario Nazionale dell’UGL Scuola, Ornella Cuzzupi, che non lesina critiche ad un’azione governativa improntata su “ritornelli già conosciuti”.

“Certo, – continua il Segretario – si tratta proprio del solito ritornello che lascia immaginare imponenti interventi per poi perdersi nel nulla. In altre parole ci troviamo al cospetto della solita montagna che partorisce il topolino. Se analizziamo quanto sinora messo in cantiere ci accorgiamo come nessun problema strutturale della scuola è, non dico risolto, ma nemmeno in prospettiva di definizione. Invece di dilettarsi ad immaginare nuove didattiche in modo vago e approssimativo, il Ministro Bianchi non sfugga al confronto da noi più volte richiesto sui temi più scottanti: edilizia scolastica, urgenti misure per limitare il numero degli studenti per classe, interventi per migliorare la qualità dell’aria nei plessi, ricerca di soluzioni rapide per i problemi quotidiani e “Piano d’Interventi” per il futuro”.

In pratica, ancora una volta, l’UGL Scuola traccia con precisione le criticità presenti aggiungendo altri tasselli ad un puzzle che il Dicastero non riesce a definire.

“Sono tantissime – dice ancora Cuzzupi – le cattedre rimaste vuote a fronte di un bacino infinito di aspiranti preparati e specializzati in perenne attesa di essere inquadrati a tempo indeterminato. Gli stessi fondi che verranno stanziati nella legge di bilancio per prolungare i contratti del cosiddetto organico Covid, in un simile scenario, appaiono anacronistici e privi di prospettiva. Si ritarda, colpevolmente nell’individuazione dei posti vacanti relativi al personale docente, amministrativo, tecnico e ausiliario con grave pregiudizio verso la funzionalità dell’istituzione e la platea di studenti che vengono così privati delle necessarie risorse atte a rispondere alle normali esigenze”.

Sull’assenza di realismo, Ornella Cuzzupi è diretta “Non dimentichiamo che a fronte di un necessario ricambio generazionale, tra l’altro tanto sbandierato dal Governo, occorre prendere atto che si continua a penalizzare il comparto con leggi restrittive riguardanti i pensionamenti, in scadenza il prossimo 31 ottobre, limitando così l’uscita dal lavoro di tanti addetti che potrebbero dar vita ad un turn over utile e, aggiungerei, necessario. Tutto ciò mentre studi di settore evidenziano come i nostri docenti hanno le retribuzioni abbondantemente dietro la media europea, evidenziando come la stessa anzianità di servizio non corrisponde a un naturale adeguamento di stipendio. Il comparto è stanco e l’UGL Scuola sta valutando le azioni da intraprendere per smovere quest’assurdo e pericoloso immobilismo”. 

Federazione Nazionale UGL Scuola

Ecomondo

Dal 26 al 29 ottobre 2021, presso il Quartiere Fieristico di Rimini si svolge Ecomondo, l’evento di riferimento in Europa per la transizione ecologica
e i nuovi modelli di economia circolare e rigenerativa.

https://www.ecomondo.com


Il Ministero dell’Istruzione parteciperà alla XXIV edizione di Ecomondo, la manifestazione dedicata all’innovazione tecnologica e industriale nel settore della transizione ecologica e ai nuovi modelli di economia circolare e rigenerativa. L’evento è in programma dal 26 al 29 ottobre 2021, a Rimini.

Il Ministero sarà presente, per la prima volta, con uno stand in cui studentesse e studenti di alcuni Istituti tecnici presenteranno progetti e proposte innovative su diversi temi: dall’efficienza energetica degli edifici e delle città alle nuove tecnologie nel campo agroalimentare passando per le opportunità occupazionali nel campo della sostenibilità.

Il 26 ottobre la Sottosegretaria Barbara Floridia sarà presente alla cerimonia di inaugurazione e nel pomeriggio interverrà a una sessione degli Stati Generali della Green Economy.

L’appuntamento si inserisce nell’ambito di RiGenerazione Scuola, il Piano del Ministero dell’Istruzione per la transizione ecologica e culturale delle scuole pensato nell’ambito dell’attuazione dell’Agenda 2030 dell’Onu. Obiettivo del Piano è educare i più giovani a un nuovo modo di abitare il mondo, ponendo maggiore attenzione ai temi ambientali.