Ciao Sergio!

Ciao Sergio!

di Maurizio Tiriticco

SERGIO BAILETTI ci ha lasciati! Non solo lascia un vuoto nei suoi cari, ma anche nei suoi numerosi amici, che gli hanno voluto sempre un gran bene! Per la sua intelligenza, per il suo spirito sempre collaborativo e solidale! E non a caso Sergio era sempre sorridente!

Caro Sergio! Il ricordo che ho di te è vivissimo! Quante cose abbiamo fatto insieme, quando eri un alto funzionario alla Direzione Generale dell’Istruzione Professionale! Venivo nel tuo ufficio – ero ispettore –e tu “mi davi gli ordini”. Tu eri un funzionario “speciale” ed io un ispettore “speciale”… almeno credo! Ci occupavamo di aggiornamento – o meglio di “formazione continua in servizio” – dei presidi – alloranon erano ancora DS – e degli insegnanti dei “nostri” istituti professionali. Dico “nostri” perché con loro avevamo un legame “speciale” appunto! Di grande collaborazione e – posso dire – di affettuosità! Con il Direttore Generale dell’IP Giuseppe Martinez avviammo il cosiddetto “Progetto 92”. L’intento era quello di rimuovere l’IP da quella specie di ghetto in cui la tradizione l’aveva confinata. Infatti, dopo la scuola media, i ragazzi “migliori” – o presunti tali – siiscrivevano ai licei classici; i “buoni” ai licei scientifici (dove non c’era il greco); i “così così” agli istituti tecnici; e gli “sfigati” – o presunti tali – agli istituti professionali! Con la direzione di Martinez le cose cambiarono profondamente e rapidamente! Anche perché l’intero settore produttivo del Paese era cambiato! Grazie al processo di profonda industrializzazione avviato nell’immediato dopoguerra.

Così’, grazie all’intelligente iniziativa del DG Martinez, all’IP elaborammo e lanciammo il cosiddetto “Progetto 92”, con il chiaro intento di dare all’IP la dignità che meritava, e soprattutto in un Paese che ormai si era profondamente industrializzato. E che, pertanto, necessitava di quadri tecnici intermedi di spiccato valore e competenza! E che spettava all’IP istruire, formare ed educare: le tre gambe con cui una “scuola attiva e produttiva” è tenuta a marciare! La sfida che lanciammo con il “Progetto 92” richiese lavoro, intelligenza, competenza! Nonché una buona dose di coraggio! I “nostri” presidi e i “nostri” insegnanti – anche loro da sempre “relegati” ad un settore scolastico ritenuto pressoché residuale –furono raggiunti – e coinvolti – da intense attività di formazione continua in servizio! E l’Istruzione Professionale in breve tempo poté concorrere con l’Istruzione Tecnica: ambedue governate da due distinte Direzioni Generali del Ministero dell’Istruzione.

Ebbene! Sergio Bailetti è stato un protagonista attivo di questo profondo rinnovamento della nostra IP. E ne sono testimoni dirigenti scolastici ed insegnanti. Con Sergio se ne va un pezzo di storia! Così in genere si dice! Ma è stata una storia che ha prodotto altra storia! E i nostri Istituti Professionali sono oggi istituzioni fondanti per la crescita del Paese. A Sergio va tutto il mio affettuoso ricordo! Ciao Sergio!

Green pass a scuola, sì del Consiglio di Stato: il docente deve tutelare gli alunni e può sempre fare il tampone

da La Tecnica della Scuola

Il Consiglio di Stato conferma la sentenza con la quale il Tar del Lazio ha emesso un’ordinanza con la quale si dava via libera all’obbligo di possesso della ‘Certificazione verde Covid 19’ a scuola, respingendo i ricorsi presentati da alcuni docenti. Attraverso due distinti decreti, la Terza Sezione presieduta da Franco Frattini ha confermato la decisione del Tar laziale e respinto quindi tutte le ipotesi di illegittimità: quella sulla mancata privacy, sull’ipotesi di discriminazione e sul diritto di gestione individuale della salute poiché sottostante a quella pubblica ed in particolare alla tutela degli studenti.

Nessuna lesione della privacy

le presunte violazioni della privacy “sono contraddette sia dall’avvenuto pieno recepimento delle indicazioni del Garante della Privacy” sia “dal dato puramente tecnico e non contestato con argomenti credibili, secondo cui la lettura con app dedicata esclude ogni conservazione o conoscibilità del dato identitario personale, salvo l’accertamento della autenticità del certificato verde, elemento essenziale allorché emergono sempre più frequenti casi di falsificazione e di commercio di certificati verdi falsi”.

L’alternativa del tampone

Secondo il Consiglio di stato, inoltre, il Green pass non è un elemento discriminante dato che “il lavoratore è abilitato, ove non intenda vaccinarsi, ad ottenere il certificato verde con test differenti quali l’antigenico rapido“.

Il tampone, quindi, scongiura l’obbligo di somministrazione del vaccino da parte del lavoratore e per questo motivo, secondo i giudici, cade la tesi dell’obbligatorietà del vaccino.

La ‘salute pubblica’ prima del diritto del docente

A proposito del diritto individuale alla salute e quindi sul diritto a rifiutarsi di sottoporsi al vaccino anti-Covid, il massimo giudice speciale amministrativo ha ribadito che un “eguale diritto di una collettività di persone – nella specie gli studenti – il cui ‘diritto a scongiurare possibili contagi’ ha prevalenza perché espressione di una componente della ‘salute pubblica’ a fronte del diritto del docente”.

Le misure alternative al vaccino

Inoltre, per i giudici del Consiglio di Stato, il diritto individuale alla salute non può essere considerato “in ogni caso per nulla negato viste le ammissibili misure alternative al vaccino, e di carattere individuale, per di più da parte di chi ha una responsabilità specifica e rafforzata verso i propri studenti, che costituisce componente essenziale della funzione (se non addirittura missione) di ogni docente”.


Contratto scuola: gli aumenti potrebbero arrivare dal bonus fiscale per i redditi più bassi

da La Tecnica della Scuola

C’è delusione nel mondo della scuola per le disposizioni della legge di bilancio relative al rinnovo dei contratti pubblici.
La legge, che peraltro è ancora solamente una proposta e deve ancora passare al vaglio del Parlamento, prevede somme molto modeste per i rinnovi contrattuali del triennio 2022/2024.
L’articolo 153 del disegno di legge presentato ora dal Governo indica rispettivamente in 300 e 500 milioni gli importi previsti per il 2022 e il 2023.

Le cifre sono persino inferiori a quelle che erano state stanziate per il triennio 2019/2021 come si può osservare da questa tabella sintetica.
Con la legge di bilancio per il 2019 erano già stati stanziati 1,1 miliardi per il 2019, 1,425 per il 2020 e 1,775 per il 2021.
Con le due finanziarie successive vennero aggiunti complessivamente altri 2,325 miliardi in modo da ottenere una disponibilità totale per i rinnovi pari a 3,775 miliardi (i restanti 2,850 miliardi servono di fatto per pagare gli “arretrati” del 2019 e 2020).

2019 2020 2021
Legge bilancio 2019 1.100 1.425 1.775
Legge bilancio 2020 325 1.600
Legge bilancio 2021 400
TOTALE 1.100 1.750 3.775

Va detto che gli stanziamenti della legge di bilancio 2022, peraltro modestissimi, sono necessariamente finalizzati al rinnovo dei contratti del triennio 2022/2024 che, per poter essere chiuso con risorse uguali a quelle del periodo 2019/2021, dovrebbero essere incrementati nei prossimi due anni di almeno 6 miliardi complessivi.
Ecco perché – con le risorse attuali – gli aumenti a tre cifre non ci saranno neppure nel prossimo triennio.

D’altra parte il Governo pensa di incrementare di fatto le buste-paga dei dipendenti pubblici facendo leva sulle detrazioni fiscali per gli stipendi più bassi.
In pratica, insomma, il problema potrebbe essere risolto usando una tecnica simile a quella voluta da Renzi alcuni anni fa quando però il suo “bonus” da 80 euro mensili venne definito da molti una inaccettabile “mancetta”.
Non va dimenticato poi che – proprio in queste settimane -proseguono le trattative per la chiusura dei contratti degli statali per i quali Aran e sindacati stanno facendo appunto riferimento alle risorse di cui abbiamo detto senza fare il conto su improbabili finanziamenti aggiuntivi.


Legge sulla disabilità: ci vorranno almeno 3 anni per vederla applicata

da La Tecnica della Scuola

Abbiamo già dato notizia della approvazione da parte del Consiglio dei Ministri di un disegno di legge in materia di disabilità.
“Il cuore della riforma – spiega il Governo nel comunicato stampa ufficiale – sarà il nuovo sistema di riconoscimento della condizione di disabilità, in linea con la Convenzione Onu. Questo nuovo sistema si basa sulla valutazione multidisciplinare della persona, finalizzata all’elaborazione di progetti di vita personalizzati che garantiscono i diritti fondamentali”.
“Tali interventi – 
si legge sempre nel comunicato – sono volti a supportare l’autonomia e la vita indipendente delle persone con disabilità in età adulta, prevenendo forme di istituzionalizzazione.
Il disegno di legge prevede, inoltre, il potenziamento dei servizi e delle infrastrutture sociali necessari”.

Gli intenti sono di per sé nobili e condivisibili tanto che diverse associazioni che si occupano di disabilità hanno già annunciato la loro soddisfazione per l’iniziativa del Governo.
Ma – se si esamina un po’ meglio la questione – si dovrà ammettere che non ci sono molti motivi per essere entusiasti.
Intanto va detto che la legge non contiene stanziamenti specifici ma prevede che tutte le misure si realizzino con le risorse già disponibili nel bilancio dello Stato.
Questo, però, è tutto sommato il problema meno rilevante.
Il tema vero è un altro.
Il Governo, in realtà, ha adottato una proposta di legge delega il cui iter è lungo e complesso e non privo di rischi.
Intanto il testo predisposto dal Consiglio dei Ministri dovrà essere esaminato dalla Ragioneria Generale dello Stato e solo successivamente potrà essere depositato in Parlamento.
A quel punto inizierà il dibattito, alla Camera e al Senato.
Una volta approvata, la legge sarà pubblicata in Gazzetta e da quel momento decorreranno i termini per l’approvazione dei decreti legislativi previsti dalla delega.
Il testo attuale prevede infatti che il Governo avrà 20 mesi di tempo per adottare i decreti delegati o legislativi che dir si voglia.
A conti fatti il cronoprogramma potrebbe essere questo: deposito del disegno di legge in Parlamento nel mese di dicembre, approvazione della legge delega nell’estate 2022, adozione dei decreti legislativi nella primavera 2024.
Ma la vicenda potrebbe anche non concludersi a quella data perché a quel punto potrebbero essere ancora necessari diversi altri decreti ministeriali applicativi.
Gli esempi non mancano.
La legge 107 del luglio 2015 (la cosiddetta legge sulla Buona Scuola), che aveva iniziato l’iter parlamentare a fine marzo del 2015 prevedeva la revisione delle norme in materia di inclusione scolastica; il decreto legislativo, il 66, venne approvato nell’aprile del 2017 e pubblicato in Gazzetta il mese successivo.
Ancora oggi un importante decreto interministeriale applicativo, quello relativo al “nuovo PEI” non c’è ancora; e, se anche non ci fosse stata la bocciatura del TAR, sarebbe entrato in vigore nel settembre scorso, e cioè a più di 6 anni di distanza dall’avvio dell’iter parlamentare della legge che lo prevedeva.
A questo punto ciascuno può farsi una idea di cosa potrebbe accadere con la legge delega sulla disabilità di cui si parla in queste ore.