Ausili appropriati ai pazienti con disabilità

Ausili appropriati ai pazienti con disabilità modificando iter di fornitura
Il Sole 24 Ore del 08/11/2021

ROMA. Lo spostamento degli ausili per disabilità gravi e complesse negli elenchi di ausili di serie, quindi oggetto di acquisizione tramite gara d’appalto, impedisce una individuazione ad personam del dispositivo stesso, pesando gravemente sulla qualità della vita dei pazienti con disabilità, presenti oggi in Italia. Questa situazione si è creata in seguito al lungo percorso della riforma dei LEA iniziato oltre 10 anni fa e terminato con la pubblicazione del Dpcm 12 gennaio 2017, al cui interno sono inseriti gli elenchi dei dispositivi medici destinati agli aventi diritto e con spesa a carico del SSN. La revisione degli elenchi ha portato un miglioramento in termini di disponibilità di prodotti (includendo ad esempio alcuni ausili tecnologici), ma ha creato una forte incertezza nelle regole di forniture di ausili per pazienti con disabilità con sensibili differenze tra le diverse regioni. Si tratta di dispositivi che vanno dai bastoni canadesi agli esoscheletri e comprendono anche le carrozzine manuali, quelle elettriche dotate di dispositivi per la comunicazione di chi le utilizza e tutti gli altri ausili che permettono di migliorare lo stile di vita e l’inclusione dei pazienti.
La grave situazione degli ausili complessi è stata affrontata all’interno del webinar “Ausili complessi e inclusione: le persone al centro nella proposta di Confindustria Dispositivi Medici”, che si è tenuto nella sede milanese della Federazione. Confindustria Dispositivi Medici, Assortopedia, Fish onlus e Simfer, hanno presentato le proposte avanzate alla Commissione Lea, denunciando come l’attuale modello di acquisto e il sistema di classificazione degli ausili penalizzi le persone con disabilità grave e complessa. Una situazione generata dall’attuale Nomenclatore tariffario degli ausili (Dpcm 12 gennaio 2017), che ha visto lo spostamento di alcuni ausili per persone con disabilità dall’elenco dei prodotti personalizzati e su misura a quello degli ausili di serie, per i quali l’erogazione avviene tramite gara d’appalto. Le quattro associazioni chiedono dunque alla Commissione LEA di regolamentare in maniera corretta l’erogazione rivedendo l’attuale Nomenclatore e consentendo di fatto a tutti i pazienti la fornitura di ausili adeguati alle proprie esigenze e garantendo a tutti le migliori cure possibili.
«In Italia oltre 3 milioni di pazienti sono alle prese con procedure per l’approvvigionamento di ausili che impediscono personalizzazione adeguate, tempi celeri e accesso alla migliore tecnologia possibile con rischi sul percorso di cura e riabilitazione. – ha commentato Alessandro Berti, Presidente Ausili Confindustria Dispositivi Medici -. A gravare su realtà già complesse, si aggiunge la crisi delle materie prime con un incremento dei costi dei prodotti finiti del +36% che rischia di generare grande difficoltà nel rifornire gli ospedali con un forte impatto sull’intero sistema sanitario nazionale e sull’accesso alle cure e alle tecnologie da parte dei cittadini».

Troppo silenzio sul disegno di legge delega sulla disabilità

Troppo silenzio sul disegno di legge delega sulla disabilità
Vita del 08/11/2021

C’è silenzio. Non c’è dibattito. Eppure è un testo che intende modificare i pochi cardini normativi esistenti nell’ambito della disabilità. Questo vuole essere un piccolo contributo ad una discussione che purtroppo avrà, almeno secondo l’agenda politica, dei tempi molto ristretti dato che deve essere approvata entro la fine dell’anno incrociando la legge di stabilità e le altre riforme che hanno un analogo calendario.
Sta accadendo qualcosa di singolare attorno al disegno di legge delega sulla disabilità che il Governo ha approvato e che intende portare all’approvazione delle Camere entro la fine dell’anno. C’è silenzio. Non c’è dibattito. Eppure è un testo che intende modificare i pochi cardini normativi esistenti nell’ambito della disabilità. Ci si aspetterebbe quindi che – per dirla con le parole di Bruno Tescari – lasciare il certo per l’incerto inneschi perlomeno dubbi, in contrasto magari alle aspettative dei più o a certa narrativa.

Si tratta poi di una legge delega: pochi articoli che garantiscono l’opportunità al Governo di legiferare con un vaglio alle camere molto soft dei successivi decreti legislativi. Il Parlamento normalmente si riserva la possibilità di incidere sui criteri direttivi della delega in maniera profonda. È la dignità e il compito di quella istituzione. Una dialettica democratica. A questa però manca il dibattito della società civile che normalmente rifiuta che una riforma così ampia possa essere compiuta per delega, o per dirla in gergo meno tecnico: sulla fiducia.

Ciò che sorprende è, di nuovo, il silenzio delle forze politiche, di quelle sociali, dei media, degli opinion maker e delle organizzazioni di rappresentanza. Quel disegno di legge cambia i connotati dei diritti – quelli che ci sono – delle persone con disabilità e i meccanismi per accedervi. Comunque la si pensi, è indispensabile che se ne discuta.

Questo vuole essere un piccolo contributo ad una discussione che purtroppo avrà, almeno secondo l’agenda politica, dei tempi molto ristretti dato che deve essere approvata entro la fine dell’anno incrociando la legge di stabilità e le altre riforme che hanno un analogo calendario.

Il testo è composto da tre macro-ambiti: acquisire nella normativa italiana la definizione di disabilità, in attuazione della Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità (CRPD); la conseguente riforma dei criteri e delle modalità di riconoscimento di quella condizione in funzione di differenti livelli di prestazioni e servizi, dei diversi livelli di accesso ai diritti; l’istituzione del Garante dei diritti delle persone con disabilità.

La legge delega non include interventi su tutti gli altri diritti umani previsti dalla Convenzione ONU; non è certo quello che per mesi l’ex presidente del Consiglio Giuseppe Conte andava annunciando come imminente: non è certo il Codice della disabilità. Né un testo unico.

Il cuore vero del testo è infatti rappresentato dalla riforma degli attuali criteri di accertamento dell’invalidità, dell’handicap e della disabilità, piuttosto che garantire complessivamente i diritti previsti dalla Convenzione delle Nazioni Unite. Quasi a conferma non è previsto un euro in più di spesa corrente, che conferma che le risorse dovrebbero essere riposizionate e non aumentate. Il criterio della revisione della spesa è quello di riformulare le griglie di accesso che oggi regolano gli emolumenti quali indennità di accompagnamento e pensione di invalidità, non ad esempio la ricostruzione della spesa basata sulla deistituzionalizzazione, concetto che neanche con la formulazione della segregazione appare mai nel testo di legge. Un principio invece cardine della CRPD e della Strategia dell’Unione Europea 2021-2030.

Ritorna poi il tema dell’accomodamento ragionevole che nella CRPD (Committee on the Rights of Persons with Disabilities) è una modalità con la quale si garantisce il pieno accesso ai diritti fondamentali. È ad esempio l’adattamento di un posto di lavoro con strumenti e strategie per garantire il diritto al lavoro in un luogo ordinario, non in un laboratorio protetto. È un approccio didattico inclusivo, non la riedizione della classe differenziale. È la previsione che l’assistenza necessaria sia garantita in modalità personalizzata e autodeterminata, non lo scarico sulla famiglia o su luoghi di contenzione. La linea sottile che distingue, non sembra essere tracciata in alcun modo. È qualcosa di differente da un diritto soggettivo, che comunque rimane; dovrebbe essere una marcia in più. E tuttavia nel testo proposto rimane l’impressione che il termine sia usato come alternativa possibile al diritto.

Non si vedono poi linee di indirizzo chiaro neanche sull’accesso ai diritti, al netto di ciò che è stato già riportato.

Permangono le commissioni mediche legali e le unità multidisciplinari valutative così come sono, nonostante la CRPD inviti ad un’evoluzione positiva in cui la persona sia messa nella condizione di descrivere sé stessa, le sue necessità e prospettive di vita, e le istituzioni pubbliche siano in grado di riconoscerle. Permane quindi l’esigenza di una valutazione di terzietà che si sostituisce al libero arbitrio delle persone invocato dalla CRPD, producendo per di più l’effetto di una de responsabilizzazione rispetto all’utilizzo corretto delle risorse pubbliche. È una concessione de facto, non un sostegno al pieno godimento dei diritti umani. Ma c’è di più: quell’esigenza è quella dei controlli, quelli tanto evocati oggi contro i poveri e fino a qualche anno fa contro i falsi invalidi. Tutta la polemica attorno al presunto utilizzo scorretto dei fondi pubblici destinati alla liberazione dallo stato di bisogno dei cittadini, rafforza e consolida una visione in contrasto a quella dei diritti umani, laddove si tutela anzitutto la spesa pubblica e chi la eroga, non chi ne fruisce e ne ha bisogno e diritto.

C’è poi la complessità del nostro sistema di valutazione che è suddiviso in base a diverse norme, ognuna delle quali prevede modalità e indirizzi diversi. Sia nel primo che nel secondo Programma d’azione del Governo per l’attuazione della CRPD, ormai purtroppo datati, si era giunti ad un punto di equilibrio molto importante: suddividere tra accesso a diritti di base e al progetto di vita. In sintesi, ci sono persone le cui condizioni determinano l’accesso ad una mera agevolazione fiscale o all’erogazione di un singolo emolumento, e persone, numero ben più ridotto, che invece hanno una traiettoria di vita che ha bisogno di sostegni di diversa natura affinché l’inclusione e la partecipazione siano reali. Tra queste ci sono ad esempio i minori con disabilità che secondo la CRPD sono doppiamente discriminati. L’assenza di tale definizione, ad esempio per i bambini, potremmo dire che produce un’ulteriore forma di discriminazione se messi in lista e in elenco con anziani non autosufficienti.

In ultimo, nei servizi è ormai acquisita l’esigenza di procedere a un percorso di presa in carico non solo e unicamente alla determinazione della soglia di accesso. Ciò che fanno invece le commissioni mediche e le unità valutative è la determinazione di chi può beneficiare di una prestazione o di un servizio. Quindi è necessario un processo di presa in carico, non una semplice visita di pochi minuti. Tornando alla questione del riconoscimento della condizione presentata dalla persona con disabilità, è chiaro che solo la complessità di processo è di garanzia minima che il riconoscimento sia effettivo.

Di fronte a questi e a tanti altri temi è difficile pensare che la discussione parlamentare strozzata con poche settimane di lavori possa essere esaustiva o perlomeno essere in grado di rappresentare tutte le contraddizioni possibili del testo. Sorge spontanea una domanda: perché un tempo così breve? Ciò che sappiamo è che la motivazione risiede nella scadenze del PNRR. Dopo un’attenta lettura dei documenti trasmessi dal Governo Italiano alla Commissione Europea e le risposte di quest’ultima, tutto sembra attestarsi su un equivoco facilmente affrontabile. Si tratta espressamente di volontà politica. Non si possono affrontare temi di questa portata con tempi così ristretti e con modalità così poco partecipative.

di Pietro Vittorio Barbieri,
presidente del Gruppo di studio sui diritti delle persone con disabilità del Cese, Comitato Economico e Sociale Europeo

“Dopo di noi”: perché la legge non ha avuto il successo sperato

“Dopo di noi”: perché la legge non ha avuto il successo sperato
Vita del 08/11/2021

La Legge 112/2016 ha da poco compiuto cinque anni. Il Comitato Officina Dopo di Noi ha fatto un monitoraggio della sua attuazione, in un volume di 400 pagine presentato oggi. Bassissime le percentuali di beneficiari rispetto alla platea potenziale: 7,5% in Lombardia e 5,4% in Lazio. Istituiti 2.058 trust, 18 contratti di affidamento fiduciario e 984 vincoli di destinazione.

Il 25 giugno 2016 è entrata in vigore la legge n. 112, contenente “Disposizioni in materia di assistenza in favore delle persone con disabilità grave prive del sostegno familiare”, nota come legge sul “Dopo di Noi”. Erano 150mila i potenziali beneficiari individuati dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali nella relazione tecnica che la accompagnava. Cinque anni dopo, qual è il bilancio dell’attuazione di questa legge, che era stata tanto attesa e che aveva sollevato tante speranze? Le Relazioni al Parlamento latitano: ne sono state pubblicate soltanto due, una nel dicembre 2017 che aveva fotografato solo i primissimi mesi dopo l’entrata in vigore della legge e l’altra a gennaio 2020 che al 31 dicembre 2018 riferiva di 6mila beneficiari, 380 nuove soluzioni alloggiative nate dalla legge e un bassissimo ricorso a trust, affidamenti fiduciari.

Ora un poderoso volume fa il punto. Si intitola Dopo di noi: l’attuazione della Legge 112/16 (Maggioli editore, 436 pp) ed è un monitoraggio degli anni 2019/2020. A promuoverlo e realizzarlo è stato il Comitato Officina Dopo Di Noi, in partenariato con l’Istituto per la Ricerca Sociale (IRS), la Fondazione per l’Innovazione del Terzo Settore – FITS! e con BES Cooperativa Sociale, che si occupa di formazione e inserimento lavorativo di persone disabilità e in particolare di giovani con diagnosi di autismo ad alto funzionamento e Asperger. Il Comitato Officina Dopo di Noi, presieduto dall’avvocato Michele Falzone, è nato nel 2017 su iniziativa, tra gli altri, della senatrice Annamaria Parente, relatrice della legge al Senato e della Fondazione per l’Innovazione del Terzo Settore – Fits!. Con la pubblicazione di questo monitoraggio il Comitato porta a termine il proprio compito di incubatore: l’azione di monitoraggio della legge e di mappatura delle buone pratiche in corso sul “dopo di noi” continuerà con la cooperativa sociale BES.

Quali esiti concreti ha avuto la legge in questi cinque anni?
Ne parliamo con alcune persone che fanno parte della rete del Comitato Officina Dopo di Noi e che a vario titolo hanno contribuito a questo imponente lavoro di monitoraggio quantitaivo e qualitativo: l’avvocato Michele Falzone, fondatore e Presidente del Comitato Officina Dopo di Noi, il notaio Monica De Paoli, ispiratrice e fondatrice del Comitato Officina Dopo di Noi, la professoressa Angela Silvia Pavesi, fondatore del Comitato Officina Dopo di Noi, la dottoressa Cristiana Perego, titolare della borsa di dottorato di ricerca presso il Dipartimento di Architettura, Ingegneria delle Costruzioni e Ambiente costruito (DABC) del Politecnico di Milano, promossa e finanziata dal Comitato Officina Dopo di Noi per l’individuazione di modelli di inclusione sociale per la realizzazione del “Progetto di Vita” nel “durante e dopo di noi”.

Le Relazioni al Parlamento si fermano al 2018. Quali nuovi dati siete riusciti a ricostruire, nel monitoraggio degli anni 2019/2020, sulle varie misure previste dalla Legge?
Angela Silvia PAVESI: L’indagine condotta da Anffas nel primo semestre del 2020 sullo stato di attuazione della L. 112/16 (campione: 129 punti di raccolta in 16 Regioni) riporta un dato particolarmente significativo: il 48% delle strutture interrogate ha rilevato difficoltà ad attivare progettualità con gli enti pubblici preposti all’attuazione della norma, a causa della scarsa conoscenza della norma e della limitata collaborazione tra pubblico e privato che però è necessaria ad avviare percorsi sperimentali per favorire l’ottimale funzionamento della legge. Questo fatto spesso ha ricondotto anche i nuovi interventi a logiche e prassi che la norma intendeva superare. Nel 74,6% dei casi le strutture interrogate sono ancora oggi interessate a organizzare momenti formativi sulla L. 112/16 e rilevano la necessità di un maggiore livello di coinvolgimento delle organizzazioni di rappresentanza ai lavori degli Ambiti Territoriali per l’individuazione dei bisogni e delle misure da attivare sui territori. Questo scenario contrasta con l’Articolo 4, comma 3 della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità che recita: “Nell’elaborazione e nell’attuazione della legislazione e delle politiche da adottare per attuare la presente Convenzione, così come negli altri processi decisionali relativi a questioni concernenti le persone con disabilità, gli Stati Parti operano in stretta consultazione e coinvolgono attivamente le persone con disabilità, compresi i minori con disabilità, attraverso le loro organizzazioni rappresentative”. Questa premessa è necessaria a evidenziare quanto sia complesso condurre un monitoraggio sulla attuazione della L. 112/16 che restituisca un quadro nazionale unitario sui livelli di applicazione della norma e sulle sperimentazioni avviate. La legge 112/16 riconosce la centralità della persona con disabilità anche attraverso il ruolo che le famiglie possono svolgere nella co-costruzione di percorsi di autonomia e di qualità della vita per il futuro dei propri figli, attraverso le proprie reti di sostegno. Sebbene questa legge abbia centrato gli scopi sollecitati dalla società civile e abbia stimolato misure di welfare, volte anche a evitare l’istituzionalizzazione, basate su processi partecipativi e di co-progettazione, di fatto nelle varie Regioni ha prodotto risultati disomogenei ed è essenzialmente questo fatto che ha spinto il Comitato Officina Dopo di Noi ad analizzare le diverse interpretazioni che la legge ha assunto nei vari territori. Grazie ai contributi di Fondazione Cariplo e Fondazione Compagnia di San Paolo e alla collaborazione con l’Istituto per la Ricerca Sociale, con il Politecnico di Milano, con la Fondazione per l’Innovazione del Terzo Settore – FITS! e con BES Cooperativa Sociale, il Comitato ha realizzato il monitoraggio dello stato di attuazione della legge nel periodo di osservazione 2019-2020 mediante una analisi quanti-qualitativa dei programmi attuativi regionali, anche in ottica comparativa, e ha avviato la ricognizione dei progetti a valere sul Fondo previsto dalla legge. La metodologia e gli esiti del monitoraggio contenuti nel volume rappresentano i prodromi per la realizzazione di un sistema di monitoraggio permanente che possa restituire nel tempo una visione evolutiva delle pratiche di welfare di comunità avviate nella cornice della 112/16 volte a favorire il benessere, l’autonomia, la deistituzionalizzazione e a garantire la piena inclusione sociale delle persone con disabilità, come realizzazione del pieno diritto alla dignità e all’uguaglianza di ogni persona. Per questo abbiamo inteso il monitoraggio non solo come pratica rendicontativa, ma come strumento per raccontare alcune pratiche in corso che possano costituire un sistema di modelli utili a favorire la loro replicabilità, convinti che ripercorrere e analizzare i progetti già attuati permette di trasformare le nicchie di innovazione in vettori di trasformazione del sistema.

Sebbene questa legge abbia centrato gli scopi sollecitati dalla società civile e abbia stimolato misure di welfare, volte anche a evitare l’istituzionalizzazione, basate su processi partecipativi e di co-progettazione, di fatto nelle varie Regioni ha prodotto risultati disomogenei ed è essenzialmente questo fatto che ha spinto il Comitato Officina Dopo di Noi ad analizzare le diverse interpretazioni che la legge ha assunto nei vari territori. (Angela Silvia Pavesi)

Cristiana PEREGO: L’obiettivo dell’azione di monitoraggio realizzata dal Comitato Officina Dopo di Noi è stato quello di analizzare lo stato di attuazione della Legge 112/16 attraverso la costruzione di un sistema che si basa su elementi di analisi principalmente di tipo qualitativo finalizzato a mettere in luce i contenuti delle singole programmazioni regionali in un’ottica comparativa. Tale sistema si sostanzia in un modello sperimentale costruito per potersi rivolgere ai beneficiari diretti della legge che si basa su una serie di indicatori di tipo qualitativo in grado di restituire elementi distintivi per l’implementazione della legge in termini di processo, per questo motivo il sistema non è stato pensato per uno scopo esclusivamente rendicontativo. Le tavole sinottiche elaborate per tutte le Regioni italiane vanno a indagare dati riconducibili alle seguenti otto macro-categorie:
– i riferimenti normativi regionali (deliberazione attuativa regionale, programma operativo e successive disposizioni normative);
– il sistema di governance, gli avvisi pubblici di fonte regionale e la promozione delle informazioni sul territorio;
– il coinvolgimento delle organizzazioni di rappresentanza;
– i beneficiari della misura e l’individuazione delle priorità di accesso;
– la valutazione multidimensionale del bisogno (equipe di valutazione multidimensionale e strumenti di valutazione utilizzati);
– il progetto individuale e il budget di progetto;
le risorse finanziarie nazionali, con specifici approfondimenti per anno e tipologia di intervento;
– le attività di verifica e monitoraggio.

Possiamo citare alcuni dati?
Cristiana PEREGO: Il focus su quattro Regioni (Lombardia, Piemonte, Friuli-Venezia Giulia, Lazio) ha permesso di integrare i dati elaborati nelle tavole sinottiche conducendo approfondimenti più dettagliati rappresentati da una serie di indicatori sintetici di seguito riportati per ciascuna delle Regioni oggetto di approfondimento[1]:

LOMBARDIA
Totale progetti attivati (2018): 1.648
Totale progetti attivati (2019): 1.718

I dati riportati di seguito fanno riferimento al 31.12.2018
Beneficiari: 1.586
Progetti individuali predisposti: 1.584
Beneficiari secondo tipologie di intervento:
a, c1, c2) 1.291 [il dato relativo alla tipologia a) include anche le tipologie c1) e c2)]
b) 216
e) 79
Soluzioni alloggiative: 50
Risorse complessive previste dal Fondo nazionale (2016, 2017, 2018, 2019): € 39.503.020
Risorse ricevute (2016, 2017, 2018): € 30.010.900
Potenziali beneficiari del Dopo di Noi in Lombardia: 20.986
Grado di copertura in Regione Lombardia (rapporto % tra numero beneficiari e potenziali beneficiari stimati): 7,5%
Beneficiari potenziali stimati da Regione Lombardia sulla base del patrimonio informativo a livello dei servizi per le persone con disabilità (2016): 3.597

PIEMONTE
I dati riportati di seguito fanno riferimento al 31.12.2018
Beneficiari: 1.491
Progetti individuali predisposti: 1.389
Beneficiari secondo tipologie di intervento:
a) 400
b) 173
c1) 630
c2) 121
e) 167
Soluzioni alloggiative: 26
Risorse complessive previste dal Fondo nazionale (2016, 2017, 2018, 2019): € 16.922.340
Risorse ricevute (2016, 2017, 2018): € 12.916.800
Risorse spese (2016): € 3.420.503 (Fondo nazionale)+ € 137.808 (compartecipazione ASL e Anffas)
Contributo medio pro capite erogato (rapporto tra risorse spese e numero beneficiari): € 2.386
Potenziali beneficiari del Dopo di Noi in Piemonte: 8.896
Grado di copertura in Regione Piemonte: (rapporto % tra numero beneficiari e potenziali beneficiari stimati): 16,7%
Utenti con disabilità (0-64 anni) in carico ai servizi sociali in Regione Piemonte (2018): 38.500

FRIULI VENEZIA GIULIA
Numero di interventi predisposti per tipologia (al 31 dicembre 2019):
a) 11
b) 29
c1) 38
c2) 0
e) 12
Totale: 90
I dati riportati di seguito fanno riferimento al 31.12.2019
Beneficiari: 82
Progetti individuali predisposti: 82
Beneficiari secondo tipologie di intervento:
a) 11
b) 29
c1) 38
c2) 0
e) 12
Soluzioni alloggiative: 17
Risorse complessive previste dal Fondo nazionale (2016, 2017, 2018, 2019): € 4.698.780
Risorse ricevute (2016, 2017, 2018): € 3.588.000
Risorse spese (2016, 2017): circa € 2.000.000 (dato indicativo in attesa di rendicontazione ufficiale prevista per fine giugno 2020)
Contributo medio pro capite erogato (rapporto tra risorse spese e numero beneficiari): € 24.390
Potenziali beneficiari del Dopo di Noi in in Friuli-Venezia Giulia: 2.444
Grado di copertura in Regione Friuli-Venezia Giulia (rapporto % tra numero beneficiari e potenziali beneficiari stimati): 3,3%

LAZIO
Numero di interventi predisposti per tipologia (al 31 dicembre 2019):
a) 383
b) 124
c1) 249
c2) 44
e) 27
Totale: 827
I dati riportati di seguito fanno riferimento al 31.12.2019
Beneficiari: 580 (Per beneficiari si intende coloro per i quali è stata avviata la valutazione multidimensionale/la formulazione del progetto personalizzato/l’attivazione dei servizi, tutti e tre gli step o almeno il primo)
Beneficiari secondo tipologie di intervento:
a) 383
b) 124
c1) 249
c2) 44
e) 27
Soluzioni alloggiative (dato in corso di verifica con i Distretti): 14
Risorse complessive previste dal Fondo nazionale (2016, 2017, 2018, 2019): € 23.771.890
Risorse ricevute (2016, 2017, 2018, 2019): € 23.771.890
Potenziali beneficiari del Dopo di Noi in Lazio: 12.496
Grado di copertura in Regione Lazio (rapporto % tra numero beneficiari e potenziali beneficiari stimati): 5,4%.

La svolta radicalmente innovativa, che la legge voleva promuovere e facilitare, sarebbe che le persone con disabilità conviventi con i genitori avviino percorsi di vita autonoma, di coabitazione. Quante sono le persone che grazie alla legge hanno avviato questi percorsi?
Angela Silvia PAVESI: La legge 112/16 propone e promuove un cambio di paradigma culturale per la costruzione di un welfare di comunità, stimolando a ridisegnare il rapporto tra istituzioni e cittadini per la costruzione di un welfare “dal basso” finalizzato a disincentivare l’istituzionalizzazione e a realizzare percorsi, ove possibile, di autonomia abitativa. Dal focus sulle 4 Regioni presentati poco sopra (Lombardia, Piemonte, Friuli-Venezia Giulia, Lazio) emergono i seguenti dati: in Lombardia, su 1.718 progetti attivati nel 2019, le soluzioni alloggiative prodotte sono 50; in Piemonte, su 1.389 progetti attivati nel 2019, sono 26; in Friuli-Venezia Giulia sono 17 e nel Lazio 14. Questa limitatezza nei numeri è attribuibile a diversi fattori, tra cui due appaiono particolarmente critici: il primo è la sostenibilità e la capacità di tenuta nel tempo del percorso di autonomia abitativa progettato; il secondo è la mancanza di coinvolgimento nei percorsi di co-progettazione di soggetti che specificatamente si occupano di welfare abitativo. Per questo nel libro sono state tracciate alcune significative esperienze di housing che mettono in luce sia le diverse tipologie alloggiative che possono essere realizzate, sia i processi e gli attori attraverso cui realizzarle. In queste esperienze emergono alcuni tratti caratteristici presenti nelle c.d. nuove forme di “abitare collaborativo”, in cui è prima di tutto l’approccio progettuale a cambiare in modo drastico.

Dal focus fatto su 4 Regioni (Lombardia, Piemonte, Friuli-Venezia Giulia, Lazio) emergono i seguenti dati: in Lombardia, su 1.718 progetti attivati nel 2019, le soluzioni alloggiative prodotte sono 50; in Piemonte sono 26; in Friuli-Venezia Giulia sono 17 e nel Lazio 14. Questa limitatezza nei numeri è attribuibile a diversi fattori, tra cui due particolarmente critici: la sostenibilità e la capacità di tenuta nel tempo del percorso di autonomia abitativa progettato e la mancanza di coinvolgimento nei percorsi di co-progettazione di soggetti che specificatamente si occupano di welfare abitativo. (Angela Silvia Pavesi)

Nelle esperienze di abitare collaborativo, infatti, si passa da una progettazione dell’offerta abitativa di tipo top-down a una progettazione di tipo bottom-up, in cui è la comunità che spinge dal basso istituzioni e reti, obbligando a un dialogo per la ricerca di soluzioni progettuali in grado di rispondere alle necessità espresse dagli stessi beneficiari, oltre che valorizzare le capacità presenti nelle persone che formano e compongono la comunità di riferimento. Tutto questo capovolge l’orientamento di un’offerta abitativa di tipo “assistenziale” a un approccio di tipo capacitivo e inclusivo. In questo scenario, l’abitazione, i servizi alla persona e gli spazi-servizio collegati alla funzione abitativa sono fortemente correlati tra loro e sono in grado di disegnare sia gli spazi funzionali dove si svolge la vita delle persone (dalla casa al quartiere), sia le relazioni della comunità. Nelle esperienze citate lo spazio abitativo, l’ambiente circostante e la comunità di riferimento rappresentano ambiti funzionali e/o spaziali importantissimi per sperimentare l’autonomia “durante noi” e preparare al “dopo di noi” attraverso l’esperienza umana e sociale di “abitare un luogo” che permetta di sperimentare l’appartenenza collettiva a un “noi”. Le tipologie di soluzioni alloggiative che possono essere inserite in interventi più ampi di abitare sociale sono: alloggio per famiglia accoppiato a alloggio per glia/o con disabilità; alloggio “sollievo”; alloggio “palestra autonomia”; gruppo appartamento; casa famiglia; alloggio “sostegno o mutuo aiuto”; alloggio “peer-to-peer”.

Ci sono buone pratiche da indicare?
Angela Silvia PAVESI: Tra i casi citati, due sono sicuramente buone pratiche e possono per questo ispirare o orientare progetti futuri: uno è il Villaggio solidale all’ex cascina San Carlo di Milano. Si tratta del primo intervento edilizio a Milano specificamente ispirato alla legge del “Dopo di noi”, che vedrà la realizzazione di diverse soluzioni di ospitalità per famiglie con figli con disabilità. Interamente finanziato attraverso contributi di fondazioni filantropiche e donazioni private (a cui partecipano le famiglie fondatrici dell’associazione “Speranza oltre noi” oltre a privati cittadini e aziende), questa iniziativa ha preso forma dall’esperienza di una piccola comunità di genitori anziani con figli con fragilità e dall’impegno di Don Virginio Colmegna e delle istituzioni e associazioni a lui vicine: la Fondazione Casa della Carità “Angelo Abriani” e il Centro Ambrosiano di Solidarietà. La Cascina San Carlo – spiega don Colmegna – diventerà una sorta di villaggio solidale, un luogo di partecipazione attiva, non separato, che creerà una rete nel quartiere anche con le famiglie che non hanno a che fare con la disabilità”. L’altro intervento che incarna la legge 112/16 è “Casa mia. Una Casa accogliente per persone con disabilità”. Si trova a Correggio (RE), all’interno di un “quartiere-laboratorio” Caleidoscopio e nasce in continuità filosofica e urbanistico-ambientale con l’esperienza di Coriandoline, le case amiche dei bambini e delle bambine. Il Comitato ha scelto di dedicare spazio al racconto di questo progetto perché rappresenta una pratica significativa gemmata dall’incontro del quadro attuativo locale della legge 112/16 con i bisogni presenti sul territorio, sapientemente tradotti in concreto dai corpi intermedi locali, forti di una presenza storica sul territorio e di un legame di fiducia stabilito negli anni con la comunità locale. Per questo progetto la Regione Emilia-Romagna ha concesso l’assegnazione di contributi a valere sul Fondo della Legge 112/16 e la Fondazione “Dopo di Noi” di Correggio, oltre a essersi attivata per ottenere il contributo, ha promosso un’azione di partnership virtuosa: ha cercato e trovato sostegno e disponibilità presso la Cooperativa di Abitanti Andria e il Comune di Correggio ha concesso a titolo gratuito un’area in diritto di superficie per 33 anni. La comunità locale e il sistema della cooperazione di abitanti di Legacoop hanno dimostrato una generosa partecipazione al progetto, creando una gara di solidarietà che si è manifestata attraverso donazioni e liberalità importanti che hanno determinato la sostenibilità del progetto.

Come è cambiata la situazione rispetto all’utilizzo di trust e contratto di affidamento fiduciario? Servirebbero modifiche ulteriori per rendere questi strumenti più rispondenti ai bisogni delle famiglie?
Michele FALZONE: L’analisi incrociata di dai del Ministero del Lavoro e del Consiglio Nazionale del Notariato vede da giugno 2016 a settembre 2019 istituiti 2.058 trust immobiliari che hanno conferito la casa a vantaggio del figlio disabile, 18 contratti di affidamento fiduciario e 984 vincoli di destinazione. Ricordiamo che il contratto di affidamento fiduciario compare in Italia solo con la con Legge 112: le famiglie italiane hanno preferito il trust, in qualche modo più conosciuto. Il contratto di affidamento fiduciario è più flessibile e meno costoso ma fa ancora fatica ad essere applicato perché poco conosciuto. Per il trust ad esempio, sotto il profilo fiscale, sarebbe auspicabile un intervento normativo per riconoscere ai trust i vantaggi fiscali che l’ordinamento riconosce alle persone fisiche proprietarie di immobili, come l’esenzione dell’Imu o la possibilità di locare con la cedolare secca. Sul contratto di affidamento fiduciario c’è un disegno di legge assegnato alla Commissione Giustizia per darvi regolamentazione completa e unitaria, dato che se ne parla nella legge 112/16 ma non c’è una fonte normativa di diritto. Un altro nodo è quello del trust collettivo, su cui ci sono stati in questi anni diversi interpelli ma ancora non si è trovata una soluzione. È una strada percorribile ma di difficile disciplina: se il trust coinvolge diverse persone, ad esempio uno ci mette la casa e uno solo 10mila euro, ma quando uno muore i beni conferiti nel trust restano per gli altri. Si è fatto, ma non sono mancate poi le difficoltà. Bisognerebbe pensare di allargare la misura del dopo di noi a chi non è in condizioni così gravi, per avere risorse in più per garantire la continuità dei progetti.

Quali sono alcune sottolineature che emergono rispetto all’attuazione nelle varie regioni?
Angela Silvia PAVESI: In primis la significativa eterogeneità con cui la legge è stata attuata in tutte le Regioni, questo riguarda una variabilità di condizioni sia a livello normativo sia dal punto di vista gestionale nell’attuazione dei progetti e nei processi di implementazione di questi progetti. Emblematicamente si fa riferimento a contesti regionali dove sono stati emanati degli avvisi pubblici rivolti ai beneficiari diretti delle misure (per esempio in Lombardia) e ad altri dove la strategia delle politiche ha investito con ruolo e autonomia gli enti gestori di servizi e interventi rivolti alle persone con disabilità al fine di individuare i potenziali beneficiari, promuovere l’elaborazione di progetti individualizzati di vita, utilizzare in modo coordinato i fondi disponibili (per esempio in Friuli-Venezia Giulia).

Dal 2016 a oggi la Legge non ha avuto il successo sperato, e questo è imputabile a vari fattori: i ritardi regionali, le diverse modalità attuative a livello locale, la difficoltà riscontrata dalle famiglie nell’avvicinarsi agli strumenti giuridici messi a loro disposizione. Ma anche, purtroppo, alla scarsa conoscenza e alla mancanza di competenze adeguate da parte di alcuni degli attori del complicato processo che la Legge vorrebbe portare avanti per favorire il benessere, la piena inclusione sociale e l’autonomia delle persone con disabilità. (Monica De Paoli e Michele Falzone)

A cinque anni dall’entrata in vigore, con le grandi aspettative che essa aveva generato, qual è il bilancio della Legge 112/16? Quali le riflessioni e le piste di lavoro?
Monica DE PAOLI e Michele FALZONE: Dipende da come la si legge. Sicuramente la Legge è servita a dare una “scossa” per trovare soluzioni a una questione che non può essere più invisibile, poiché ci sono cittadini nel nostro Paese che hanno questo bisogno di maggiore attenzione sia da parte delle istituzioni sia da parte delle comunità in cui vivono. Certamente occorre fare ancora tanta sensibilizzazione, per arrivare a vedere il Dopo di Noi come una opportunità per tutti. Il Comitato ha dedicato a questo quattro anni di lavoro (il Comitato è stato costituito il 23 giugno 2017): seguire l’attuazione della Legge, approfondire i diversi ambiti di intervento, diffonderne i contenuti. Un compito non facile, perché la Legge non è facile:
– non è una legge quadro, che quindi non ha sostituito le altre norme dedicate alla disabilità;
– disciplina diversi settori legati alla disabilità (interventi pubblici volti per lo più a favorire la deistituzionalizzazione e la progettazione di nuove forme di housing; strumenti giuridici privati a disposizione delle famiglie per costruire il “progetto di vita” nel “durante e dopo di noi”; agevolazioni scali per i trasferimenti di beni a trust, vincoli di destinazione di cui all’art. 2645 ter, codice civile, e fondi speciali costituiti a favore di persone con disabilità);
– la sua attuazione è demandata alle Regioni, fatta eccezione per la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che resta in capo allo Stato. Ambiti diversi perché il tema della disabilità riguarda la vita nella sua pienezza, e quindi l’assistenza sanitaria e sociale, economica, l’istruzione, la casa, il lavoro, gli affetti.

La Legge 112/16 è certamente una legge coraggiosa, perché con ambizione si è prefissa di dare risposte se non a tutti a numerosi e necessari pezzi di un puzzle che ancora oggi si sta cercando di ricomporre. Ne erano pienamente consapevoli i fondatori dell’Officina, la senatrice Annamaria Parente, relatrice della Legge al Senato, che ha fortemente voluto, con il prof. Zamagni e gli altri fondatori, la creazione di un comitato, di natura privatistica, che affiancasse l’avvio della Legge, monitorandone l’attuazione a livello centrale e regionale e al tempo stesso fornendo un supporto per l’approfondimento dei diversi ambiti di intervento della Legge. È stata, per chi vi ha partecipato, una importante esperienza di cittadinanza attiva e di collaborazione multidisciplinare, di grande arricchimento per tutti. Un percorso virtuoso e replicabile, basato sull’impegno volontario e gratuito di tante persone, che ha consentito di raccogliere e mettere a disposizione del legislatore e del pubblico dei dati importantissimi per valutare se la Legge funziona e raggiunge i propri obbiettivi, se è migliorabile, e come. E sappiamo tutti che i dati sono la vera ricchezza del nostro tempo.

Dal 2016 a oggi la Legge non ha avuto il successo sperato, e questo è imputabile a vari fattori: i ritardi regionali, le diverse modalità attuative a livello locale, la difficoltà riscontrata dalle famiglie nell’avvicinarsi agli strumenti giuridici messi a loro disposizione. Ma anche, purtroppo, alla scarsa conoscenza e alla mancanza di competenze adeguate da parte di alcuni degli attori del complicato processo che la Legge vorrebbe portare avanti per favorire il benessere, la piena inclusione sociale e l’autonomia delle persone con disabilità. Di conseguenza anche l’articolo 7 della Legge, che prevede l’avvio da parte della Presidenza del Consiglio dei Ministri di campagne informative al fine di diffondere la conoscenza della Legge e delle altre forme di sostegno pubblico previste per le persone con disabilità grave, è rimasta una norma parzialmente inattuata. Fare informazione di qualcosa che non si conosce diventa disinformazione. Per questo il Governo Conte II ha istituito, all’interno dell’Ufficio per le politiche in favore delle persone con disabilità, con decreto 29 luglio 2020, un tavolo tecnico per l’analisi degli aspetti giuridici e scali di attuazione della Legge, con lo scopo di elaborare possibili proposte migliorative della normativa e incentivare l’utilizzo degli strumenti previsti: Officina Dopo di Noi ne ha seguito da vicino i lavori. Il Governo Conte I aveva istituito un Ministero per le disabilità, confermato dal Governo Draghi, che ci si augura possa lavorare efficacemente per valorizzare i percorsi e le sperimentazioni avviate.

Angela Silvia PAVESI e Cristiana PEREGO: Una possibile pista di lavoro in questa direzione potrebbe consistere nel favorire i processi di co-progettazione attraverso linee guida e griglie di monitoraggio da fornire alle Regioni. In questo senso è molto interessante l’esperienza condotta dal gruppo di lavoro interdisciplinare istituito dall’Istituto Superiore di Sanità (ISS) su mandato del Ministero della Salute e coordinato da Maria Luisa Scattoni nell’ambito del progetto Fondo Autismo, per la definizione di “Linee di Indirizzo per le Regioni e Province Autonome” finalizzate alla definizione e implementazione di percorsi differenziati per la formulazione del progetto di vita basato sui costrutti di ‘Quality of Life’ e tenendo conto delle diverse necessità di supporto, livello funzionamento adattivo, e disturbi associati delle persone con ASD, con particolare attenzione alla fascia d’età 7-21 anni.

Un’altra pista di lavoro consiste sicuramente nel tracciamento dei processi che sono stati messi in atto nei vari territori e che hanno portato all’attuazione di buone pratiche: in questo senso sta già operando l’Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità attraverso l’acquisizione di manifestazioni di interesse per l’individuazione di soggetti a cui affidare ricerche con focus specifici.

Altro tema fondamentale riguarda il profilo dei beneficiari raggiunti, i dati in questa direzione sono frammentari e richiedono un monitoraggio ancora più puntuale e sistematico che aggiunga possibilmente ulteriori livelli di dettaglio che riguardino la persona e il contesto di vita, per favorire in prospettiva anche una visione rispetto ai risultati e agli impatti di questi progetti per il “Dopo di Noi” sulle traiettorie personali e familiari dei beneficiari a medio e lungo termine.

Infine, risulta evidente il ruolo fondamentale del Progetto di Vita, introdotto con la Legge 328/00, che viene messo al centro dalla legge 112/16 e che rappresenta il principio chiave per costruire percorsi di autonomie possibili. Su questo tema occorre prima di tutto lavorare a livello culturale, attraverso la formazione continua degli operatori, l’intensificazione del dialogo con le associazioni, la promozione di percorsi interdisciplinari e la centralizzazione di una governance regionale che attiene a tutti i processi che investono il Progetto di Vita in tutti gli ambiti (scuola, abitare, sanità, lavoro).

[1] Le lettere fanno riferimento alle tipologie di intervento previste dal D.M. 23.11.2016 e alla codifica utilizzata nel monitoraggio ministeriale e nelle Relazioni al Parlamento. Il dato relativo ai Potenziali beneficiari è stato calcolato effettuando una proiezione a partire dalle stime nazionali contenute nel documento Istat “Nota sulla legge Dopo di noi” illustrata in Parlamento nel percorso di preparazione della Legge 112/16 (127 mila i potenziali beneficiari a livello nazionale della legge sul Dopo di Noi) e dal totale della popolazione 0-64 anni residente in Regione al 1º gennaio 2016.

di Sara De Carli

Il “Libro parlato”, strumento di inclusione anche a scuola

Disabilità Il “Libro parlato”, strumento di inclusione anche a scuola
Vita del 08/11/2021

L’iniziativa nata nel 1975 per rendere accessibili capolavori della letteratura e best seller ai non vedenti è oggi utilizzato nelle scuole per aiutare i ragazzi con disabilità e DSA «Da cinque anni sono il 50% dei nostri 15mila utenti», confida Serenella Sesti, coordinatrice dell’iniziativa. Fondamentali i donatori di voce: un centinaio di volontari e tra loro da alcuni anni anche gli studenti che partecipano al progetto “Il libro parlato a scuola.

A metà degli anni Settanta fu spedita la prima audiocassetta con la registrazione della lettura di un libro di Mario Soldati a un non vedente. È questo in pratica l’atto di nascita del “Libro Parlato”, un’iniziativa nata in seno al Lions Club Verbania e dal 2007 gestita dall’associazione Amici del Libro parlato per i ciechi d’Italia “Robert Hollman” Lions Club di Verbania, onlus fondata nel 1998. Nato per rispondere alle esigenze dei non vedenti e degli ipovedenti, il Libro Parlato si è evoluto insieme alla tecnologia: dalle audiocassette, ai floppy disc ai cd per arrivare al sito e all’app che permette di ascoltare un libro anche dallo smartphone.

Oggi nella biblioteca, ma sarebbe meglio chiamarla “audio biblioteca” del Libro Parlato ci sono quasi 11mila titoli che sono a disposizione dei suoi 15mila utenti. «Di questi ben il 50% è rappresentato da ragazzi con Dsa o disabilità. Un numero che è gradualmente aumentato negli ultimi quattro, cinque anni e che in piena pandemia è ulteriormente lievitato», spiega Serenella Sensi (nella foto), coordinatrice del progetto del Libro Parlato.

Con il lockdown dello scorso marzo che ha mandato in Dad gli studenti italiani l’associazione ha aderito all’iniziativa ministeriale “Solidarietà digitale”, «con questo progetto abbiamo creato un accesso diretto agli istituti scolastici» continua la coordinatrice. In pratica le scuole possono iscriversi e scaricare venti testi al mese che poi possono distribuire agli studenti con disabilità fisico-sensoriale, DSA e BES certificati. «Anche per questo gli studenti sono diventati una parte rilevante della nostra utenza. Mentre i non vedenti e gli ipovedenti tra cui molte persone anziane oggi rappresentano circa il 30% mentre i rimanenti utenti sono persone con varie disabilità, affetti da Sla o da patologie che li obbligano a lunghe terapie ospedaliere» spiega Sensi. Che aggiunge: «La tecnologia ha favorito la diffusione degli audiolibri anche a queste categorie di persone».

Il servizio offerto dal Libro Parlato è completamente gratuito «ma non è per tutti» avverte Sensi. «La nostra non è un’attività commerciale di audio book. Il nostro è un servizio che fornisce audiolibri a persone con disabilità. Per iscriversi al portale, infatti, è necessario un certificato che attesti la disabilità. È un prerequisito fondamentale per potersi iscrivere online e attivare il profilo utente da cui ciascuno può scaricare il testo preferito da ascoltare su telefonino, pc, tablet…». L’avere un pubblico ben identificato per questo servizio è anche la ragione dell’accordo con l’associazione italiana degli editori che esenta “Il libro parlato” dal diritto d’autore.

Ma come è possibile avere quasi 11mila titoli che spaziano dai classici della letteratura agli ultimi best seller, senza avere lettori professionisti? Il Libro Parlato deve molto a un particolare tipo di volontari: i donatori di voce. «Sono fondamentali. Ne abbiamo un centinaio stabili ogni anno e per l’80% sono persone che fanno questo volontariato da tempo e che ogni mese leggono un libro» continua Sensi. E sono gli stessi volontari a proporre i titoli che vorrebbero leggere, proposte che vengono poi approvate da una commissione dell’associazione. «Tra i nostri donatori di voce ci sono quelli che leggono due libri l’anno e altri che ne leggono una ventina. Abbiamo anche dato il via a un progetto di Alternanza scuola-lavoro che lo scorso anno ha interessato un istituto superiore di Roma con sei studenti, quest’anno il progetto “Il libro parlato a scuola” interesserà un Liceo di Torino e uno di Ozieri in provincia di Sassari».

Gli studenti che partecipano a questo PCTO (percorso per le competenze trasversali e per l’orientamento) sono chiamati a realizzare un libro parlato: dalle lezioni introduttive sulla lettura espressiva ad alta voce alla post produzione per arrivare a un prodotto che rientri negli standard previsti dall’associazione. «In questo modo i ragazzi apprendono anche una serie di capacità tecniche e l’utilizzo di software che puliscono la traccia registrata dai rumori di sottofondo» spiega la coordinatrice.

Il mondo della scuola partecipa quindi al libro parlato non solo come fruitore, ma anche come realizzatore «anche se noi non possiamo gestire più di una dozzina di studenti, dal momento che abbiamo una piccola struttura che non ci permette grandi numeri, tuttavia questo progetto con le scuole è molto importante».

Rimane una curiosità: quali sono i titoli che vanno per la maggiore? E quelli preferiti dagli studenti? «I ragazzi amano testi che parlano di ambiente, natura, hanno letto libri sulle migrazioni e i profughi, anche i temi legati alla Shoa vengono richiesti. Non realizziamo testi scolastici al di là di quelli di letteratura richiesti dai curriculum per cui tra i più scaricati abbiamo i Promessi Sposi, i Malavoglia o il Gattopardo», risponde Serenella Sensi.
«Ma se guardiamo in generale a tutti gli utenti i volumi di Harry Potter sono i più scaricati perché vengono richiesti da grandi e piccoli. La narrativa in generale è molto apprezzata, poi ci sono i libri per ragazzi come quello di Mazzariol “Mio fratello rincorre i dinosauri”, ma il genere che va di più è rappresentato dai gialli e dai polizieschi dai classici di Simenon e Agatha Christie agli ultimi noir» conclude.

di Antonietta Nembri

RICONFERMATO IL COORDINATORE NAZIONALE

RINO DI MEGLIO RICONFERMATO COORDINATORE NAZIONALE

Sarà ancora Rino Di Meglio a rivestire la carica di coordinatore nazionale della Gilda degli Insegnanti. I delegati riuniti a Roma da tutta Italia lo hanno riconfermato a maggioranza alla guida del sindacato. 

In cima alla lista degli obiettivi che Di Meglio ha illustrato nel suo documento programmatico svetta l’istituzione di un’area di contrattazione separata per gli insegnanti, “strumento indispensabile per la valorizzazione professionale dei docenti e per migliorarne la condizione economica”, ha sottolineato il neo coordinatore nazionale. Tra gli impegni assunti, inoltre, l’affermazione del ruolo centrale della docenza nella società con uno stato giuridico costituzionalmente protetto; l’istituzione del Consiglio Superiore della Docenza, organismo che mira a garantire una presenza forte dei docenti nel governo della didattica nelle scuole e una specifica rappresentanza nazionale; la promozione e il rafforzamento del ruolo svolto dal collegio dei docenti, rivendicandone una presidenza elettiva.

“La capacità di rappresentare le criticità e i bisogni della professione docente, l’assenza di conflitti di interesse nel rapporto con i dirigenti scolastici, l’orgogliosa indipendenza dai partiti politici costituiscono il valore aggiunto della nostra associazione, che può influenzare le scelte della politica anziché subirle”, ha detto Di Meglio.

“Saremo sempre al fianco dei colleghi e non ci risparmieremo nella battaglia per la difesa e la valorizzazione della professione docente”, ha assicurato il coordinatore nazionale ricordando che la prima partita importante che vedrà scendere in campo la Gilda sarà quella del rinnovo contrattuale. “Faremo di tutto per ottenere un contratto decoroso da un punto di vista economico, anche se si tratta di un obiettivo non facile – ha ammesso Di Meglio – considerate le scarse risorse attualmente disponibili. Gli stipendi dei docenti italiani gridano vendetta, soprattutto se confrontati con quelli degli altri dipendenti della pubblica amministrazione di cui, purtroppo, rappresentano il fanalino di coda. Recuperare questa forbice sarebbe già un passo avanti. Ma vogliamo anche semplificare le norme contrattuali ed evitare che ci siano arbitrii nelle scuole, per tutelare la dignità degli insegnanti anche sul loro luogo di lavoro”. 

Quarantena a scuola, via alle nuove regole per evitare la Dad. Tra dubbi, difficoltà e proteste dei presidi

da la Repubblica

Da oggi si applicano le nuove linee guida sulla quarantena a scuola. In tutte le Regioni si lavora per garantire i tamponi in tempi rapidi e così assicurare l’immediato rientro a scuola degli alunni e dei professori negativi. Se i presidi hanno protestato per le nuove procedure e per la carenza di personale, nei dipartimenti di prevenzione si temono ritardi.

Il senso delle nuove indicazioni

Le nuove indicazioni sulla quarantena dell’Istituto superiore di sanità, dei ministeri alla Salute e all’Istruzione e delle Regioni servono a ridurre la Dad. Con un caso in una classe, fino ad ora, tutti gli alunni andavano in quarantena. Adesso le cose cambiano. Se c’è un positivo ma tutti gli altri compagni e i professori sono negativi, si resta in classe. Se i positivi sono due vanno a casa i non vaccinati, se sono tre ci vanno tutti. E’ fondamentale che il primo tampone, seguito da uno di controllo dopo cinque giorni, venga assicurato immediatamente, per non fare perdere nemmeno un giorno di scuola ai ragazzi.

Le difficoltà delle Regioni

Le Regioni stanno lavorando per garantire velocemente i tamponi. Vanno bene anche quelli rapidi e l’idea è di sfruttare le farmacie, ma anche i medici di famiglia e le strutture pubbliche dove si fanno già i test molecolari. Ci sono però rischi di ritardi, come segnala anche la Società italiana di igiene. La domanda di test è già alta a causa dell’obbligo di Green Pass per lavorare e crescerà ancora. Non è detto che si riesca ovunque a rispondere in breve tempo. C’è il rischio che qualche allievo perda comunque dei giorni di scuola, anche se negativo. Oltretutto non basterà che il risultato del test riveli l’assenza del coronavirus per rientrare a lezione, perché bisogna che prima il dipartimento di prevenzione valuti la situazione di tutta la classe.

I dubbi dei presidi

Antonello Giannelli dell’Associazione nazionali presidi ha sollevato varie obiezioni. I dirigenti scolastici quando c’è un caso devono informare la Asl e poi individuare i contatti, cioè i compagni di classe e il personale che è stato almeno 4 ore nello stesso ambiente del positivo. A loro deve trasmettere le indicazioni standard e poi comunicare i nomi alla Asl. Il preside sospende “in via eccezionale e urgente” le lezioni se le autorità sanitarie non possono intervenire subito. Per Giannelli si tratta di “adempimenti che non rientrano nelle prerogative dei dirigenti scolastici e il ministero non può limitarsi a fornire indicazioni e continuare a non avere consapevolezza della gravità della situazione. I dirigenti scolastici continuano a garantire l’esercizio del diritto allo studio nonostante dispongano di risorse umane inadeguate nel numero e, spesso, nella preparazione professionali”.

Rientro a scuola per chi è in quarantena e per chi è sottoposto a sorveglianza con testing: le regole del nuovo protocollo

da OrizzonteScuola

Di redazione

La nota tecnica con le nuove “Indicazioni per l’individuazione e la gestione dei contatti di casi di infezione da SARS-CoV-2 in ambito scolastico”, prevede istruzioni in merito al rientro a scuola dei soggetti sottoposti a sorveglianza con testing o posti in quarantena.

Per quanto riguarda il rientro a scuola dei soggetti sottoposti a sorveglianza con testing, questa può avvenire solo se tali soggetti sono in possesso di attestazione rilasciata dai Servizi di Igiene e Sanità Pubblica in merito all’effettuazione del tampone e all’avvenuto rilascio del relativo risultato ovvero in seguito ad una comunicazione da parte del DdP;

La principale novità, spiega la nota, è rappresentata dal fatto che i «contatti scolastici» sono sottoposti, secondo tali indicazioni, a sorveglianza con testing e devono, dunque, effettuare test diagnostici con le tempistiche indicate nel documento tecnico e predisposte dal DdP: se il risultato è negativo possono rientrare a scuola;

Se invece è positivo, non possono rientrare a scuola e devono informare il DdP e il MMG/PLS. Il DdP informa tempestivamente il dirigente scolastico/referente scolastico Covid-19 in caso di ulteriori casi positivi. Il dirigente scolastico/referente scolastico COVID-19 sarà informato secondo le procedure adottate localmente per i casi positivi occorsi tra gli studenti e gli operatori scolastici.

Invece, per quanto riguarda le condizioni per il rientro a scuola dei soggetti posti in quarantena, queste sono verificate da parte dei DdP in applicazione della Circolare del Ministero della Salute n. 36254 del 11 agosto 2021 che prevede misure differenti in funzione dello stato vaccinale o dell’esito del test diagnostico; tali dati non sono nella disponibilità della scuola e quindi non vanno trattati.

I DOCUMENTI UTILI

NOTA TECNICA

NOTA DI ACCOMPAGNAMENTO

Nuova quarantena a scuola, chi sono i “contatti scolastici” che dovrà individuare il dirigente in caso di positivo in classe?

da OrizzonteScuola

Di redazione

E’ stata finalmente diramata la nota tecnica con le nuove “Indicazioni per l’individuazione e la gestione dei contatti di casi di infezione da SARS-CoV-2 in ambito scolastico”. Particolare attenzione richiedono le istruzioni che dovranno seguire i dirigenti scolastici in caso di un caso positivo in classe.

La nota spiega: in presenza di un caso positivo in ambito scolastico, le azioni di sanità pubblica ricadono nell’ambito delle competenze dei Dipartimenti di Prevenzione (DdP) che risultano incaricati della disposizione delle misure sanitarie da intraprendere, inclusi l’isolamento dei casi, la quarantena dei contatti e le tempistiche per il rientro a scuola degli alunni/studenti/operatori scolastici.

Viene inoltre spiegato che fino all’intervento dell’autorità sanitaria, nell’immediatezza della conoscenza del caso positivo, l’Istituto scolastico attiva la seguente procedura già definita e standardizzata, che non comporta alcuna valutazione discrezionale di carattere sanitario.

Sarà compito del dirigente scolastico individuare i “contatti scolastici”. Ma chi sono questi contatti scolastici?

La nota ministeriale scritta da Viale Trastevere con l’apporto dell’Istituto Superiore di Sanità, del Ministero della Salute e delle Regioni, spiega che i contatti scolastici sono:

  • i bambini appartenenti alla stessa sezione/gruppo del caso positivo per i servizi educativi per l’infanzia e le scuole dell’infanzia,
  • i compagni di classe del caso positivo (per la scuola primaria e secondaria),
  • il personale scolastico (educatori/operatori/insegnanti) che ha svolto attività in presenza per almeno 4 ore nello stesso ambiente del caso positivo

La principale novità, spiega la nota, è rappresentata dal fatto che i «contatti scolastici» sono sottoposti, secondo tali indicazioni, a sorveglianza con testing e devono, dunque, effettuare test diagnostici con le tempistiche indicate nel documento tecnico e predisposte dal DdP: se il risultato è negativo possono rientrare a scuola;

Se invece è positivo, non possono rientrare a scuola e devono informare il DdP e il MMG/PLS. Il DdP informa tempestivamente il dirigente scolastico/referente scolastico Covid-19 in caso di ulteriori casi positivi. Il dirigente scolastico/referente scolastico COVID-19 sarà informato secondo le procedure adottate localmente per i casi positivi occorsi tra gli studenti e gli operatori scolastici.

Ad ogni modo la nota precisa che sono comunque presi in considerazione i contatti intervenuti nelle 48 ore prima dell’insorgenza dei sintomi del caso oppure nelle 48 ore antecedenti la data dell’esecuzione del test risultato positivo (se il caso è asintomatico).

Pertanto, con riferimento a tali soggetti, definiti “contatti scolastici” fino all’intervento dell’autorità sanitaria, il dirigente scolastico (o suo delegato) è autorizzato a sospendere temporaneamente le attività didattiche in presenza e trasmette loro le disposizioni standardizzate, preventivamente predisposte dalle autorità sanitarie, contenenti le indicazioni da seguire.

I DOCUMENTI UTILI

NOTA TECNICA

NOTA DI ACCOMPAGNAMENTO

Adeguamento stipendi insegnanti. Bianchi: ci stiamo ragionando, il Parlamento deciderà

da La Tecnica della Scuola

L’appuntamento di Glasgow? “Una giornata dedicata alla scuola e all’ambiente per rendere chiara a tutti questa pulsione verso il cambiamento climatico”. Così il Ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi (appena tornato da Glasgow), a Che tempo che fa, il programma di Fabio Fazio.

“Nella pratica succederà che tutti i Paesi rivedranno i propri sistemi scolastici in modo da rendere la formazione sull’ambiente una parte strutturale, come noi abbiamo fatto e stiamo facendo con il programma RiGenerazione scuolaTutti i Paesi si stanno muovendo nella stessa direzione”.

“Mi ha colpito la quantità di giovani che dentro la Cop26 faceva accordi per lavorare insieme, all’interno anche di un movimento per la pace, perché l’ambiente e la pace vanno insieme”.

Vaccino scuola

Quindi il conduttore cambia argomento e tira in ballo la scuola del Covid. Per i professori nessun obbligo vaccinale, incalza il conduttore, ma “non dovremmo rendere il vaccino obbligatorio a scuola come tra il personale sanitario?”

“Oggi siamo al 94,5% di vaccinati alla prima dose – risponde il Ministro – e io per primo ho richiesto la terza dose per tutti. Tutto il personale ha risposto con grande responsabilità. Il personale si è praticamente tutto vaccinato. Considerato i soggetti fragili, vedrà che siamo prossimi al 100% di vaccinati tra il personale scuola”.

E sulla quarantena con le sue nuove regole, il Ministro spiega: “Abbiamo fatto un lavoro con il Ministero della Salute e con le Regioni per uniformare le regole in tutto il Paese e per dare certezza su tutte quelle operazioni che vengono prima del momento in cui un ragazzo è confermato positivo”.

E ad ogni modo, osserva: “Anche fra i ragazzi la risposta al vaccino è stata corale e responsabile, adesso dobbiamo avere attenzione per i ragazzi più piccoli”.

“Il vaccino è fondamentale ma dall’altra parte serve senso di responsabilità e solidarietà anche del sistema educativo”.

Gli Its

Sul futuro, intravediamo la riforma degli Istituti tecnici, una rivoluzione epocale, afferma Fabio Fazio. Il Ministro commenta: “Gli Its, i due anni che si fanno dopo il diploma, paralleli all’Università, devono non solo formare le persone, ma anche riempire il rapporto tra impresa e territorio, permettendo la trasformazione del nostro sistema produttivo”.

“Non soltanto bisogna investire di più nelle materie scientifiche, ma dobbiamo spingere i nostri ragazzi e ragazze a seguire le discipline informatiche. Ma dobbiamo partire dalle riforme del Pnrr, dall’orientamento, per accompagnare i ragazzi, fin dalla scuola media, a scoprire le proprie inclinazioni, e per permettere loro di trovare tra le loro vocazioni la cultura scientifica”.

Infine conclude: “L’eguaglianza nel nostro Pese deve partire dagli asili nido” e deve puntare alla riduzione della dispersione scolastica, perché “troppi ragazzi iniziano la scuola e non la finiscono”.

Stipendi

E sull’adeguamento degli stipendi degli insegnanti, il Ministro Bianchi: “In fatto di stipendi dei docenti, sul bilancio corrente stiamo facendo un ragionamento e sarà il Parlamento a dire la sua”.

Maturità 2022

La prova unica è ancora tra le opzioni possibili del nuovo Esame di Stato. “La maturità quest’anno? Ci stiamo lavorando su – ha dichiarato il Ministro – ma fintanto che non saremo completamente usciti dal Covid dovremo mettere i nostri ragazzi in completa sicurezza. I nostri ragazzi non hanno fatto tesine raffazzonate nell’ultimo esame di Stato, piuttosto hanno colto questo momento per riflettere anche sulla propria situazione personale. Teniamo conto della sicurezza dei nostri ragazzi ma anche della loro capacità di riflessione”.

Banchi a rotelle

Banchi a rotelle archiviati? Chiede ancora Fabio Fazio. “I banchi vennero scelti sulla base delle richieste dei presidi – spiega il Ministro – scelte contingenti, significative in quel momento, all’inizio della pandemia. Siamo in una fase successiva, ma il dibattito deve andare avanti e adesso dobbiamo parlare delle scelte dei nostri ragazzi, verso la trasformazione del nostro Paese”.

Progetto RiGenerazione per la transizione ecologica delle scuole. Di che si tratta

da La Tecnica della Scuola

Partita la prima edizione della settimana nazionale della RiGenerazione, con tante iniziative previste nelle scuole di tutta Italia su temi legati alla sostenibilità ecologica, rispetto dell’ambiente e riuso.

Riciclo, sostenibilità, rispetto dell’ambiente e riuso sono le parole chiavi del progetto di iniziativa del Ministero dell’Istruzione che nasce nell’ambito dell’attuazione di RiGenerazione Scuola nell’ambito del piano per la transizione ecologica e culturale delle scuole.

Il progetto RiGenerazione

Ci saranno laboratori, dibattiti e altre iniziative che hanno preso vita in numerosi istituti scolastici distribuiti su tutto il territorio nazionale. Tanti e importanti gli obiettivi del progetto, come si legge nel Sito, obiettivi sociali come abbandonare la cultura dello scarto a vantaggio della cultura circolare, maturare la consapevolezza del legame fra solidarietà ed ecologia, recuperare la socialità. Obiettivi ambientali, ossia maturare la consapevolezza dei diritti ecologici di tutti gli esseri viventi e del legame fra le persone e la “Cosa Comune”. Obiettivi Economici in cui si ritiene debba essere importante conoscere il sistema circolare, avere la consapevolezza che gli sconvolgimenti climatici sono anche un problema economico, ed infine l’importanza di imparare a costruire mestieri e imprese del futuro a zero emissioni.

I 4 Pilastri del progetto

Il piano RiGenerazione scuola poggia su quattro pilastri: la rigenerazione dei saperi, dei comportamenti, delle infrastrutture e delle opportunità.

Partiamo dal pilastro 1, quello dei saperi vissuti e dei saperi appresi: prevede azioni formative indirizzate agli alunni, ai docenti e alle famiglie. Le attività saranno di tipo laboratoriali, esperienziali e interattive. Si terranno non solo all’interno dell’edificio scolastico ma anche in luoghi simbolici per l’apprendimento delle conoscenze, in spazi aperti a contatto con la natura e in ambienti digitali.

Il Pilastro 2 è quello della Ri-Generazione dei comportamenti e prevede la messa a regime di un insieme di attività formative e l’emanazione di linee guida per stimolare e indurre la comunità scolastica a comportamenti virtuosi volti a convertire le abitudini e gli stili di vita. Inoltre,sviluppo della cittadinanza alimentare con attività di indirizzo per mense scolastiche con prodotto a km 0 e distributori con bevande e cibi sostenibili. Ma anche raccolta RAEE nelle scuole e percorsi per far diventare le scuole plastic free.

Il terzo pilastro è quello delle ri-generazioni fisiche e digitali e vuole fornire un chiaro indirizzo per la realizzazione di nuove scuole sostenibili, con ampi spazi verdi e ambienti didattici rimodulati. Il pilastro prevede, infatti, la graduale riqualificazione energetica delle scuole, la modifica degli spazi esterni in spazi verdi e la bonifica dall’amianto. Il piano prevede la realizzazione di 200 nuove scuole ad elevata efficienza energetica, bonifica dell’amianto nelle scuole anche se questo punto ci sarebbe da chiedersi come possa ancora esistere scuole con questo materiale, realizzazione di laboratori green: orti, aule all’aperto e spazi verdi nelle scuole, Implementazione delle aree verdi e degli orti per le scuole secondarie di secondo grado con particolare attenzione agli istituti agrari. Per ultimo ma non per importanza il cablaggio nelle scuole.

Una cabina di regia per supportare le scuole

È stata prevista dal MIUR una cabina di regia e una rete di ri-generatori che insieme compongono la Green community (GC) che lavorerà per supportare le scuole nelle varie iniziative Si tratta di una Rete composta da rappresentanti di amministrazioni pubbliche, istituzioni culturali, scientifiche, di ricerca, organizzazioni no profit e profit, anche di rilievo internazionale.

Le iniziative originali

Tra le tante iniziative originali realizzate dalle scuole italiane segnaliamo quella del Liceo Sabin di Bologna dove gli alunni saranno impegnati nella misurazione della qualità dell’aria, nella raccolta del RAEE, il progetto orto, il progetto efficienza energetica dell’edificio, il progetto biodiversità e flora urbana. Al San Filippo del Mela, Sicilia, è stato attivato invece il progetto dal titolo “Orto Amico”: i ragazzi sono coinvolti nelle fasi di lavorazione del terreno, della messa a dimora delle piantine, della scerbatura, della sarchiatura. Presso il 21° Circolo Didattico Mameli- Zuppetta di Napoli, infine, il progetto dal titolo “Ti gusta la risulta?”: partire dal mese di novembre 2021 e si articolerà attraverso indagini che gli alunni effettueranno sui processi mediante i quali, specifici vegetali, dalle colture, arrivano fino alle nostre tavole, e si ricercheranno tutte le eventuali conseguenze sull’ambiente naturale. Con l’aiuto di un familiare, gli alunni passeranno alla realizzazione del piatto descritto dalla ricetta, documentandone il procedimento e il prodotto finale. I documenti verranno raccolti in un libricino di ricette antispreco che ogni bambino donerà ai genitori come strenna natalizia.

Relazioni sindacali. Che differenza c’è tra contrattazione integrativa e partecipazione?

da La Tecnica della Scuola

Tra i compiti previsti dall’art. 25 del D.Lgs. 165/2001, al Dirigente scolastico spetta anche la titolarità delle relazioni sindacali.

Le relazioni sindacali

Nella realtà complessa di ogni Istituzione scolastica infatti il sistema delle relazioni sindacali è di significativa importanza al fine di contemperare il miglioramento delle condizioni di lavoro dei dipendenti con l’esigenza di incrementare l’efficacia e l’efficienza dei servizi prestatidi sostenere la crescita professionale e l’aggiornamento del personale, nonché i processi di innovazione organizzativa (dal CCNL 2006-2009).

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Pertanto, da un lato il Dirigente è tenuto a rispettare quanto previsto dal Contratto nazionale del comparto scuolavalorizzando opportunamente le risorse umane e predisponendo gli strumenti attuativi e qualitativi del Piano dell’offerta formativa, dall’altro deve gestire le risorse finanziarie canalizzandole in relazione agli obiettivi stessi del PTOF, ponendosi quale leader che favorisce una gestione equilibrata, aiuta i soggetti a crescere e aumenta così la qualità dell’organizzazione.

Le relazioni sindacali, disciplinate prima dal CCNL 2006/2009 ancora valido per molti aspetti, trovano ora riferimento nel CCNL 2016/2018, che ha integrato il precedente contratto e ha ridefinito le relazioni sindacali articolandole in contrattazione integrativa e partecipazione che, a sua volta, si articola in informazioneconfronto e organismi paritetici di partecipazione. Come recita l’art. 7 “La contrattazione integrativa è finalizzata alla stipulazione di contratti che obbligano reciprocamente le parti” ed è volta ad incrementare la qualità dell’offerta formativa, sostenendo i processi di innovazione in atto, anche mediante la valorizzazione delle professionalità coinvolte (art. 22).

Nel sistema delle relazioni sindacali diventa fattore determinante per la crescita della scuola che entrambe le parti, pubblica e sindacale, si pongano in una logica di dialettica corretta e trasparente, rispettosa delle reciproche competenze e dei reciproci limiti, ma aperta al dialogo, all’equilibrio, al buon senso, alla reciproca considerazione dei rispettivi diritti ed obblighi, unici e potenti aspetti utili per superare eventuali conflittualità e frizioni e raggiungere i dovuti risultati.

La “Parte normativa”

La contrattazione integrativa prevede una cosiddetta “Parte normativa”, in cui dare attuazione alle norme generali fissate dal CCNL, da cui non si può assolutamente derogare, facendo riferimento alle peculiarità di ogni scuola relative a tempi, termini e modalità. Precisamente essa deve contenere:

1) l’attuazione della normativa in materia di sicurezza nei luoghi di lavoro (art. 22 c. 4 lett. c1), quindi ciò che riguarda la figura del RLS, gli incaricati dell’attuazione delle misure di prevenzione e protezione, la formazione sulla sicurezza, le prove di evacuazione;

2) i criteri e le modalità di applicazione dei diritti sindacali, nonché la determinazione dei contingenti di personale previsti dall’accordo sull’attuazione della legge n. 146/19900 (art. 22 c. 4 lett. c5): in particolare la disciplina delle assemblee sindacali, i contingenti minimi e i servizi essenziali in caso di sciopero;

3) i criteri per l’individuazione di fasce temporali di flessibilità oraria in entrata e in uscita per il personale ATA, al fine di conseguire una maggiore conciliazione tra vita lavorativa e vita familiare (art. 22 c. 4 lett. c6);

4) i criteri generali di ripartizione delle risorse per la formazione del personale nel rispetto degli obiettivi e delle finalità definiti a livello nazionale con il Piano nazionale di formazione dei docenti (art. 22 c. 4 lett. c7);

5) i criteri generali per l’utilizzo di strumentazioni tecnologiche di lavoro in orario diverso da quello di servizio, al fine di una maggiore conciliazione tra vita lavorativa e vita familiare, il così detto “diritto alla disconnessione” (art. 22 c. 4 lett. c8);

6) i riflessi sulla qualità del lavoro e sulla professionalità delle innovazioni tecnologiche e dei processi di informatizzazione inerenti ai servizi amministrativi e a supporto dell’attività scolastica (art. 22 c. 4 lett. c9): questi infatti richiedono al personale ATA una preparazione ed una disponibilità sempre più qualificata per poter adempiere ai nuovi compiti e pertanto sono accompagnati da specifico addestramento del personale interessato.

La “Parte economica”

Nella cosiddetta “Parte economica” vengono contrattate le risorse economiche, direttamente previste dal Fondo per il Miglioramento dell’Offerta Formativa, ma anche da altri fondi di varia natura, che vengono portati al tavolo negoziale. Nello specifico le parti sono tenute a contrattare:

1) i criteri per la ripartizione delle risorse del fondo d’istituto (art. 22 c. 4 lett. c2), a partire dalla ripartizione del fondo tra docenti e ATA;

2) i criteri per l’attribuzione di compensi accessori, ai sensi dell’art. 45, comma 1, del d.lgs. n. 165/2001 al personale docente, educativo ed ATA, inclusa la quota delle risorse relative all’alternanza scuola-lavoro e delle risorse relative ai progetti nazionali e comunitari, eventualmente destinate alla remunerazione del personale (art. 22 c. 4 lett. c3).

Il cosiddetto “ex bonus merito”

Riguardo la materia prevista all’art. 22 c. 4 lett. c4 relativa ai “criteri generali per la determinazione dei compensi finalizzati alla valorizzazione del personale, ivi compresi quelli riconosciuti al personale docente ai sensi dell’art. 1, comma 127, della legge n. 107/2015”, più nota come “bonus merito”, si deve precisare che essa è stata modificata dalla legge n. 160 del 2019 che all’art. 1 comma 249 ha previsto che “Le risorse iscritte nel fondo di cui all’articolo 1, comma 126, della legge 13 luglio 2015, n. 107, già confluite nel fondo per il miglioramento dell’offerta formativa, sono utilizzate dalla contrattazione integrativa in favore del personale scolastico, senza ulteriore vincolo di destinazione”.

Pertanto le risorse previste per la valorizzazione costituiscono adessoun’ulteriore assegnazione al Fondo per il Miglioramento dell’Offerta formativa (FMOF) e quindi sono contrattate dal Dirigente e dalle parti sindacali, non hanno vincoli di destinazione e possono essere distribuite sia ai docenti che al personale ATA.

Tempi e durata

Il Dirigente scolastico deve avviare la sessione negoziale di contrattazione integrativa entro il 15 settembre con specifica convocazione; la durata della stessa non può comunque protrarsi oltre il 30 novembre.

Il contratto ha durata triennale. I criteri di ripartizione delle risorse tra le diverse modalità di utilizzo, invece, vanno generalmente contrattati annualmente, poiché i fondi sono assegnati dal Ministero per anno scolastico.

L’atto unilaterale

Se non si raggiunge l’accordo su specifiche materie e il protrarsi del negoziato può essere di ostacolo o pregiudizio alla funzionalità dell’azione amministrativa, il dirigente scolastico può emanare un atto unilaterale relativo alle materie oggetto del mancato accordo, valido fino alla successiva sottoscrizione.

Gestione casi positivi a scuola: inviata alle scuole la nota con le nuove indicazioni

da Tuttoscuola

Inviata alle scuole e disponibile anche sul sito del Ministero dell’Istruzione, la nota tecnica con le nuove “Indicazioni per l’individuazione e la gestione dei contatti di casi di infezione da SARS-CoV-2 in ambito scolastico”.

Leggi la nota integrale
Leggi la nota tecnica

La nota è stata elaborata con il contributo dell’Istituto Superiore di Sanità, del Ministero della Salute, delle Regioni e del Ministero dell’Istruzione. Le misure introdotte dal documento, attraverso la collaborazione tra le scuole e le autorità sanitarie locali, favoriscono l’erogazione del servizio scolastico in presenza, supportano il dirigente scolastico nelle iniziative da assumere in presenza di casi positivi COVID–19 e permettono di rendere il più possibile omogenee, a livello nazionale, le misure di prevenzione da attuare a cura dei dipartimenti di prevenzione.

In presenza di un caso positivo in ambito scolastico, le azioni di sanità pubblica ricadono nell’ambito delle competenze dei Dipartimenti di Prevenzione (DdP) che risultano incaricati della disposizione delle misure sanitarie da intraprendere, inclusi l’isolamento dei casi, la quarantena dei contatti e le tempistiche per il rientro a scuola degli alunni/studenti/operatori scolastici.

Fino all’intervento dell’autorità sanitaria, nell’immediatezza della conoscenza del caso positivo, l’Istituto scolastico attiva la seguente procedura già definita e standardizzata, che non comporta alcuna valutazione discrezionale di carattere sanitario.  Il dirigente scolastico, o un suo delegato:

– informa il DdP della presenza del caso positivo a scuola;
– individua i «contatti scolastici», come di seguito riportato;
– sospende temporaneamente le attività didattiche in presenza per i «contatti scolastici»;
– trasmette ai «contatti scolastici» le indicazioni standardizzate preventivamente predisposte dal DdP;
– segnala al DdP i «contatti scolastici» individuati.

Il dirigente scolastico individua come “contatti scolastici”:

– i bambini appartenenti alla stessa sezione/gruppo del caso positivo per i servizi educativi per l’infanzia e le scuole dell’infanzia,
– i compagni di classe del caso positivo (per la scuola primaria e secondaria),
– il personale scolastico (educatori/operatori/insegnanti) che ha svolto attività in presenza per almeno 4 ore nello stesso ambiente del caso positivo

Sono comunque presi in considerazione i contatti intervenuti nelle 48 ore prima dell’insorgenza dei sintomi del caso oppure nelle 48 ore antecedenti la data dell’esecuzione del test risultato positivo (se il caso è asintomatico). Con riferimento a tali soggetti, fino all’intervento dell’autorità sanitaria, il dirigente scolastico (o suo delegato) è autorizzato a sospendere temporaneamente le attività didattiche in presenza e trasmette loro le disposizioni standardizzate, preventivamente predisposte dalle autorità sanitarie, contenenti le indicazioni da seguire.

La principale novità è rappresentata dal fatto che i «contatti scolastici» sono sottoposti, secondo tali indicazioni, a sorveglianza con testing e devono, dunque, effettuare test diagnostici con le tempistiche indicate nel documento tecnico e predisposte dal DdP: se il risultato è negativo possono rientrare a scuola; se invece è positivo, non possono rientrare a scuola e devono informare il DdP e il MMG/PLS.
Il DdP informa tempestivamente il dirigente scolastico/referente scolastico Covid-19 in caso di ulteriori casi positivi. Il dirigente scolastico/referente scolastico COVID-19 sarà informato secondo le procedure adottate localmente per i casi positivi occorsi tra gli studenti e gli operatori scolastici.

In merito alle condizioni di rientro a scuola per i soggetti sottoposti a misure di salute pubblica, è previsto quanto segue:

– il rientro a scuola dei soggetti sottoposti a sorveglianza con testing può avvenire solo se questi sono in possesso di attestazione rilasciata dai Servizi di Igiene e Sanità Pubblica in merito all’effettuazione del tampone e all’avvenuto rilascio del relativo risultato ovvero in seguito ad una comunicazione da parte del DdP;
– le condizioni per il rientro a scuola dei soggetti posti in quarantena sono verificate da parte dei DdP in applicazione della Circolare del Ministero della Salute n. 36254 del 11 agosto 2021 che prevede misure differenti in funzione dello stato vaccinale o dell’esito del test diagnostico; tali dati non sono nella disponibilità della scuola e quindi non vanno trattati.

Decreto Interdirettoriale 8 novembre 2021, AOODPIT 2087

INISTERO DELL’ISTRUZIONE
DIREZIONE GENERALE PER GLI ORDINAMENTI SCOLASTICI, LA VALUTAZIONE E L’INTERNAZIONALIZZAZIONE DEL SISTEMA NAZIONALE DI ISTRUZIONE

MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO
DIREZIONE GENERALE PER LA POLITICA INDUSTRIALE L’INNOVAZIONE E LE PICCOLE E MEDIE IMPRESE

Investimenti per le infrastrutturazioni di sedi e laboratori coerenti con i processi di innovazione tecnologica 4.0, effettuati da (ITS)

Lettera INVALSI 8 novembre 2021

Oggetto: Nuovi materiali formativi nell’ambito del Progetto Percorsi e strumenti INVALSI

Gentile Dirigente,

ho il piacere di comunicarle che anche per l’a.s. 2021-2022, attraverso nuovi materiali formativi nell’ambito del progetto Percorsi e strumenti, l’INVALSI mette a disposizione dell’intera comunità scolastica ulteriori risorse di formazione e informazione per i docenti. A questo scopo sono stati realizzati nuovi video, esempi di domande e simulazioni ragionate di prove per Italiano, Matematica e Inglese, liberamente accessibili in ogni momento sul sito www.invalsiopen.it a partire dal 9 novembre 2021.

Nello specifico, alle risorse video già presenti sul sito www.invalsiopen.it, sono stati aggiunti nuovi Percorsi per la Matematica e per l’Inglese. Ciascun docente, dopo aver visionato i nuovi video, potrà svolgere un questionario e ottenere un attestato di partecipazione per le ore di formazione svolte.

I materiali sono a disposizione dei docenti che possono accedervi nei tempi per loro più opportuni e secondo il percorso preferito.

Per maggiori e più dettagliate informazioni può consultare la sezione Formazione del sito www.invalsiopen.it.

Nella speranza che il progetto Percorsi e strumenti INVALSI possa continuare a essere di suo interesse e a costituire un ausilio utile alle attività didattiche del suo Istituto, l’occasione mi è gradita per porgerle a nome di tutto l’INVALSI i migliori auguri di buon lavoro.

Roma, 08 novembre 2021

Roberto Ricci
Presidente INVALSI