Delega sulla disabilità

Delega sulla disabilità: verso servizi capaci di adattarsi ai bisogni
Vita del 09/11/2021

Il 27 ottobre il Consiglio dei ministri ha approvato il disegno di legge delega in materia di disabilità. Si dà così attuazione a quella riforma prevista dal Pnrr alla Missione 5 – componente 2, dove si parla di una “Legge quadro per le disabilità”: l’obiettivo principale della riforma, si legge sul sito Italia Domani, «è modificare la normativa sulla disabilità e promuovere la deistituzionalizzazione, ovvero il trasferimento dalle istituzioni pubbliche o private alle loro famiglie o in comunità, e l’autonomia delle persone con disabilità». Il disegno di legge farà il suo percorso di conversione in legge alla Camera, dove è stato annunciato nella seduta del 3 novembre (Atto Camera 3347): dovrà essere convertito in legge entro il 31 dicembre. Alla recente riunione dell’Osservatorio Giampiero Griffo, coordinatore del Comitato Tecnico-Scientifico dell’Osservatorio, ha ricordato che si tratta di «un Disegno di Legge da considerare come epocale, in quanto per la prima volta porterà a una concreta applicazione dei princìpi e delle prescrizioni della Convenzione Onu sui Diritti delle Persone con Disabilità. In particolare è la prima volta che in un Paese europeo si introduce il riconoscimento della condizione di disabilità basandosi sulla definizione della Convenzione stessa». Una tappa importante del confronto sarà la prossima Conferenza Nazionale sulla Disabilità, fissata per il 13 dicembre. Perché si è scelto il veicolo della legge delega, dopo che negli ultimi anni era invece stato annunciato un Codice della disabilità, poi un Testo unico e – ancora nella stesura del Pnrr – una legge quadro? Qual è la vera portata delle novità che si profilano? Ne parliamo con Vincenzo Falabella, presidente della Fish.

Partiamo dai tempi: quali sono le prossime scadenze?
La legge delega va approvata entro il 31 dicembre dal Parlamento e so che la ministra Stefani si è già confrontata con i capigruppo. La discussione avverrà presso la Camera. Approvata la delega, ci saranno 20 mesi per scrivere i decreti attuativi. Il movimento associativo è stato coinvolto fin dalle primissime fasi e come Fish abbiamo avviato al nostro interno un confronto con tutta la nostra base associativa per posizionarci rispetto alle richieste che potevamo avanzare in questa delega. Inizialmente si parlava di Codice, poi nel PNRR si è scritto di una legge quadro: il 3 marzo la Commissione europea ha adottato la Strategia per i diritti delle persone con disabilità 2021-2030 e ha invitato gli stati membri ad adottare strategie nazionali per favorire l’attuazione della Convenzione Onu, con tempistica molto ridotta. Quindi non c’erano i tempi per arrivare a una legge quadro o per costruire un Codice sulla disabilità, così il Governo ha deciso per la legge delega al cui interno tuttavia ci sono aspetti importanti rispetto all’attuazione del secondo Programma di azione biennale, in particolare la linea 1 relativa alla valutazione della disabilità e la linea 3 relativa alla vita indipendente. È vero, la legge quadro è cosa ben diversa dalla proposta di legge delega, ma sta di fatto che nella delega si è cercato di inserire gli aspetti fondamentali di una eventuale legge quadro.

Quali vantaggi dà il collegamento con il Pnrr?
Il disegno di legge di delega costituisce l’attuazione della citata riforma di cui alla Missione 5, Riforma 1.1, del PNRR. Quindi c’è una investitura importante della riforma come riforma strategica per il Paese. Oltre che la certezza dei tempi per i decreti attuativi: senza riforma si bloccano i finanziamenti del Pnrr.

Quali gli aspetti soddisfacenti e quali i punti critici?
Direi che nella delega si vede chiaramente l’intento della nostre sollecitazioni: il linguaggio consono rispetto alla chiave della Convenzione Onu, la revisione della definizione della disabilità secondo la Convenzione, la possibilità di arrivare a una valutazione della disabilità con il superamento dell’accertamento della disabilità, come era nella linea 1 del secondo Programma di Azione. E poi tutta la parte della valutazione multidimensionale e dei progetti personalizzati e di vita indipendente. La criticità riguardano l’istituzione della figura del Garante nazionale della disabilità, è una figura in cui non ci ritroviamo e auspichiamo che su questo aspetto il testo si possa migliorare. Poi c’è l’aspetto delle disposizioni finali e transitorie, dove devono esserci risorse importanti per attuare la delega e i decreti attuativi, dal momento che stiamo rifondando in maniera esponenziale il mondo delle norme che impattano sulla disabilità. Dal 2009, da quando cioè l’Italia ha rarificato la Convenzione Onu, questa è la prima norma che in maniera trasversale impatterà sulla vita vissuta delle persone con disabilità, dalla valutazione alla riqualificazione dei servizi pubblici, dall’inclusione all’accessibilità. Nel PNRR non dimentichiamo che ci sono 500 milioni per la deistituzionalizzazione. Il tutto centrato sulla costruzione di progetti personalizzati e di vita indipendente, con il passaggio dal welfare di protezione al riconoscimento dei diritti. Non avremo più servizi standardizzati a cui le persone devono adattarsi, ma stiamo costruendo un livello essenziale delle prestazioni che vada verso il riconoscimento del bisogno specifico delle persone. Si innovano i servizi mettendo al centro i bisogni, costruendo servizi capaci di adattarsi ai bisogni.

Perché no al Garante nazionale? Quale proposta alternativa?
Secondo noi andrebbe rafforzato il ruolo dell’Osservatorio Nazionale sulla condizione delle persone con disabilità: i garanti regionali, là dove sono stati istituiti, non è che abbiano prodotto un particolare beneficio concreto a favore delle persone con disabilità.

In questa prospettiva, non sarebbe meglio una riforma che parta dal basso?
Ripeto, noi stiamo lavorando da giugno-luglio insieme al Ministero del Lavoro, della Salute, della Disabilità, alle Regioni e ad Anci. Abbiamo portato sempre l’esperienza delle associazioni, quello che le nostre associazioni vivono sui territori. Al confronto interno hanno partecipato oltre 25 organizzazioni nazionali con le loro sedi territoriali, 15 federazioni regionali con le associazioni territoriali. È stato un lavoro di rete imponente, che ha fatto sì che la federazione potesse essere autorevole. Una richiesta che abbiamo portato e che è stata inserita, venuta proprio dai territori, è il fatto che ci sia la possibilità di trasferire i progetti individuali da una regione all’altra, cosa che oggi non avviene. Continueremo a dare il nostro contributo in maniera critica, perché le persone con disabilità attendono questa riforma da anni. Nella delega e con i decreti si potranno dare queste risposte.

Su cosa dobbiamo attenderci, concretamente, novità?
Il comma 3 ribadisce che nella predisposizione dei decreti legislativi è garantita una leale collaborazione istituzionale con le regioni e gli enti locali, prevedendo altresì la possibilità di avvalersi del supporto dell’Osservatorio nazionale e le due federazioni maggiormente rappresentative. I decreti legislativi interverrano nei seguenti ambiti:
a) definizioni della condizione di disabilità, riassetto e semplificazione della normativa di settore;
b) accertamento della condizione di disabilità e revisione dei suoi processi valutativi di base;
c) valutazione multidimensionale della disabilità, realizzazione del progetto personalizzato e di vita indipendente;
d) informatizzazione dei processi valutativi e di archiviazione;
e) riqualificazione dei servizi pubblici in materia di inclusione e accessibilità;
f) istituzione di un Garante nazionale delle disabilità;
g) disposizioni finali e transitorie.

di Sara De Carli

Bonus 110% su installazione rampe per disabili

Bonus 110% su installazione rampe per disabili. Istruzioni per usufruire dell’agevolazione    
Disabili.com del 09/11/2021

Come risparmiare nell’acquisto di rampe per disabili per migliorare l’accessibilità di case e condomini, usufruendo delle agevolazioni previste sui lavori di abbattimento delle barriere architettoniche rientranti nel Bonus 110%.

Gli interventi di eliminazione delle barriere architettoniche, come l’installazione di rampe per accesso disabili, sono tra quelli che possono, in presenza di determinati requisiti, rientrare tra quelli agevolati dal cosiddetto Bonus 110%, che consente così di risparmiare sulla spesa necessaria ai lavori. 

IN COSA CONSISTE L’AGEVOLAZIONE
Ricordiamo che il Bonus 110% è una misura che è stata introdotta dal Decreto Rilancio, il quale ha portato al 110% la detrazione delle spese che i cittadini sostengono per alcuni interventi edilizi finalizzati alla efficienza energetica e/o al miglioramento antisismico, e di altri interventi definiti “trainati”, ovvero eseguiti contestualmente a questi. 
La detrazione del 110%, prevista su interventi la cui spesa massima deve essere di 96.000 euro, viene suddivisa in 5 quote annuali  (per le spese sostenute nel 2022 in 4 quote). Il cittadino può scegliere di godere della detrazione oppure, in alternativa, scegliere lo sconto in fattura anticipato da parte del fornitore, oppure optare per la cessione del credito della detrazione. 

GLI INTERVENTI TRAINANTI
Come detto, il bonus è riservato a una serie di interventi principali, che rispondono a obiettivi di efficientamento energetico o di prevenzione antisismica. Tali interventi sono definiti principali o trainanti, e sono interventi di: 
– isolamento termico sugli involucri;
– sostituzione degli impianti di climatizzazione invernale sulle parti comuni;
– sostituzione di impianti di climatizzazione invernale sugli edifici unifamiliari o sulle unità immobiliari di edifici plurifamiliari funzionalmente indipendenti;
– interventi antisismici.

IL SUPER BONUS PER L’INSTALLAZIONE DI RAMPE PER DISABILI 
Quando eseguiti contestualmente a questi interventi principali, vengono compresi nell’agevolazione del 110% anche altri interventi, definiti trainati, tra i quali quelli per l’abbattimento delle barriere architettoniche, ovvero quelli previsti dall’art. 16-bis del D.P.R. 917/1986, comma 1, lettera e): aventi ad oggetto ascensori e montacarichi, alla realizzazione di ogni strumento che, attraverso la comunicazione, la robotica e ogni altro mezzo di tecnologia più avanzata, sia adatto a favorire la mobilità interna ed esterna all’abitazione per le persone portatrici di handicap in situazione di gravità, ai sensi dell’articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104.
Nella Risposta dell’Agenzia delle Entrate n. 455 del 5/07/2021 si riporta che: “Nella Circolare n. 19/E del 2020 è stato, al riguardo, precisato che le opere volte all’eliminazione delle barriere architettoniche possono essere realizzate sia sulle parti comuni che sulle singole unità immobiliari e che si riferiscono a diverse categorie di lavori quali, ad esempio, la sostituzione di finiture (pavimenti, porte, infissi esterni, terminali degli impianti), il rifacimento o l’adeguamento di impianti tecnologici (servizi igienici, impianti elettrici, citofonici, impianti di ascensori), il rifacimento di scale ed ascensori, l’inserimento di rampe interne ed esterne agli edifici e di servoscala o di piattaforme elevatrici (Circolare 24.02.1998 n. 57, paragrafo 3.4). 
Un intervento successivo del MEF ha chiarito che l’agevolazione spetta indipendentemente dal fatto che nell’abitazione sia presente una persona di età superiore ai 65 anni o con disabilità: la condizione necessaria è, però, che tali interventi presentino le caratteristiche previste dalla specifica normativa di settore ai fini dell’eliminazione delle barriere architettoniche (ovvero il D. Min. LL.PP 14/06/1989, n. 236.)

DOVE SI POSSONO INSTALLARE LE RAMPE 
Qualora vengano rispettati i requisiti richiesti dei lavori trainanti, per godere del beneficio gli interventi di abbattimento delle barriere architettoniche, devono essere eseguiti in condomini, su edifici unifamiliari o su unità immobiliari, istituti autonomi case popolari, immobili di società sportive (es. spogliati), sedi di associazioni. Gli interventi di abbattimento delle barriere architettoniche, come l’installazione di una rampa, possono essere eseguiti anche negli spazi non residenziali (garage, cantine etc.) e basta il consenso della maggioranza assoluta dei condomini per ottenere il bonus.

TEMPISTICHE DELL’AGEVOLAZIONE
La detrazione, originariamente prevista per le spese sostenute dal 1° luglio 2020 al 31 dicembre 2021, è stata poi prorogata dalla legge di bilancio 2021. Le successive modifiche normative hanno spostato il termine massimo entro cui possono essere sostenute le spese, ovvero entro il: 
– 30 giugno 2022 dalle persone fisiche, per interventi su edifici unifamiliari o su unità immobiliari, funzionalmente indipendenti e che dispongano di uno o più accessi autonomi dall’esterno, situate all’interno di edifici plurifamiliari (cfr. art. 119, commi 1 e 4 del Decreto Rilancio);
– 30 giugno 2022 dalle persone fisiche, per interventi su edifici composti da due a quattro unità immobiliari distintamente accatastate, posseduti da un unico proprietario o in comproprietà da più persone fisiche. Solo nel caso in cui alla scadenza del predetto termine del 30 giugno 2022, siano stati effettuati lavori per almeno il 60 per cento dell’intervento complessivo, il Superbonus spetta anche per le spese sostenute entro il 31 dicembre 2022 (cfr. art. 119, comma 8-bis del Decreto Rilancio);
– 31 dicembre 2022 dai condomìni (cfr. art. 119, comma 8-bis del Decreto Rilancio);
– 30 giugno 2023 dagli IACP. Qualora a tale data (30 giugno 2023) siano stati effettuati lavori (finalizzati al risparmio energetico o antisismici) per almeno il 60 per cento dell’intervento complessivo, la detrazione spetta anche per le spese sostenute entro il 31 dicembre 2023 (cfr. art. 119, commi 3-bis e 8-bis).

RAMPE CERTIFICATE 
La raccomandazione è quella, come sempre, di affidarsi ad aziende di serietà e qualità certificate. In questo settore, da più di 25 anni WM SYSTEM produce e costruisce in Italia rampe di accesso per il superamento delle barriere architettoniche. Sono specializzati nel progettare e realizzare rampe di accesso su misura, da soluzioni mobile a fisse (imbullonate a terra, senza opere in muratura) per garantire a tutti un ambiente senza limite che favorisce l’autonomia delle persone.

Per approfondire: 
www.wmsystem.com

un dicastero che non gratifica

Scuola, un dicastero che non gratifica i propri dipendenti!

C’è poco da discutere, la Scuola nel suo essere Istituzione è la prova concreta del fallimento di una politica che da troppo tempo si trascina mistificando la realtà e millantando soluzioni che poi non si realizzeranno mai o solo in minima parte”. Questa l’affermazione del Segretario Nazionale UGL Scuola, Ornella Cuzzupi, rispetto alle questioni del rinnovo contrattuale della categoria e delle cattedre scoperte.

Il ministro Bianchi ha ormai definitivamente palesato la subalternità in cui hanno relegato il nostro comparto rispetto ad interessi finanziari e di parte. A distanza di 3 anni dalla scadenza dell’ultimo accordo contrattuale, siamo ancora a paventare chissà quali ragionamenti politici per giustificare l’elemosina (si parla di meno di 90/100 € lordi al mese) che si vuol dare ai lavoratori della scuola. Il tutto senza tener conto di alcun realistico parametro come quello del lavoro svolto in piena pandemia, del mancato adeguamento retributivo negli ultimi anni e, soprattutto del gap che i nostri stipendi registrano nei confronti della media europea”.

Il Segretario esprime tutto il suo rammarico: “Ci troviamo al cospetto di un’enorme mistificazione mediatica. Si prospettano grandi operazioni, miliardi da investire, mega progettualità per assunzioni e edilizia scolastica mentre in realtà c’è un pugno di mosche. Una prova? Del tanto declamato interventismo che si voleva mettere in campo alla fine dello scorso anno scolastico – ricordate? copertura completa delle cattedre, interventi atti ad eliminare le maledette classi pollaio, mega concorsi e percorsi formativi – cosa si è realizzato? Nulla, assolutamente nulla, eppure si continua a decantare grandi progetti, attenti però a rinviare nel tempo le ipotetiche soluzioni, sempre prospettate nei caratteri generalima mai specificate nei dettagli. In questo contesto – continua Cuzzupiil rinnovo contrattuale è la nuova chimera con la quale perder tempo in attesa dell’affondo che, stando alle premesse, si ridurrà nell’elemosina di cui abbiamo parlato. Certo, diranno che sono previsti interventi atti a valorizzare i docenti più bravi e magari anche i dirigenti, poi poco importa se questi ultimi rischiano di accollarsi la grandissima responsabilità di gestire in prima persona i casi Covid nelle scuole, tutto per tacitare e tirare avanti in attesa di un ulteriore “qualcosa” che farà ripartire la giostra del faremo e diremo”.

Il Segretario Nazionale affronta anche la questione dei precari e degli ATA. “I primi – dice – sono l’esemplificazione di come un problema semplice possa diventare complesso al massimo. La stabilizzazione di questi lavoratori,considerato anche il particolare momento, potrebbe essere realizzata attraverso un concorso per titoli e servizio accompagnato da un’esperienza di almeno 36 mesi. Un’indicazione arrivata da più parti, assolutamente condivisibile ma che non si vuol prendere in esame forse, e auspico che non sia così, per puro spirito partitico. Per non parlare del personale ATA, completamente dimenticato, quasi abbandonato al proprio destino. Noi, come UGL Scuola non abbandoniamo nessuno e riteniamo che, in assenza di chiari segnali innovativi, sia giunto il momento di una decisa presa di coscienza del comparto”.

Federazione Nazionale UGL Scuola 

Il benessere lavorativo

Il benessere lavorativo e la valutazione dello stress da lavoro correlato

di Cettina Calì

Le caratteristiche dell’ambiente nel quale si svolge l’attività lavorativa, la mancanza di conflittualità, la chiarezza degli obiettivi da raggiungere unita alla  coerenza tra gli enunciati e le  pratiche organizzative, il giusto riconoscimento e la valorizzazione delle competenze personali sono le dimensioni cruciali  che promuovono la “salute” in ambito lavorativo. Al contrario, una situazione prolungata di tensione può ridurre la capacità lavorativa di un individuo  e condizionare il suo stato di salute. “Lo stress si manifesta quando le persone percepiscono uno squilibrio tra le richieste avanzate nei loro confronti e le risorse a loro disposizione per far fronte a tali richieste” (European European Agency for Safety and Health at Work, 2000)

Lo stato di malessere, appunto, ” si manifesta con sintomi fisici, psichici e sociali legati all´incapacità delle persone di colmare uno scarto tra i loro bisogni e le loro aspettative e la loro attività lavorativa” (National Institute for Occupational Safety and Health, 1999).

Dove inizia lo stress lavoro-correlato finisca il benessere organizzativo e viceversa.

Da alcuni sondaggi si rileva, infatti,  che i docenti italiani percepiscono un carico di lavoro eccessivo con stipendi inferiori alla media europea, notevoli difficoltà della gestione di classi sempre più  numerose e problemi  relazionali – comunicativi all’interno degli ambienti di lavoro. È risaputo da più parti che le “strutture” più efficienti sono quelle con dipendenti soddisfatti e un “clima interno” sereno e partecipativo.

La  valutazione dei rischi deve riguardare  – anche – “tutti i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori, ivi compresi quelli collegati allo stress lavoro-correlato, secondo i contenuti dell’accordo europeo dell’ottobre 2004…”(primo comma dell’art. 28).

L’art. 22, comma 8, lettera b4, del CCNL 2016-2018 del Comparto Istruzione e Ricerca prevede, in ogni  istituzione scolastica, “la promozione della legalità, della qualità del lavoro e del benessere organizzativo e l’individuazione delle misure di prevenzione dello stress lavoro correlato (SLC) e di fenomeni di burn-out”.

I Dirigenti, alla luce di quanto disposto dall’art. 5 e dal comma 9 dell’art. 22 del CCNL 2016/2018, sono tenuti a dare ai soggetti sindacali  i riferimenti relativi ad  una materia così delicata e importante come la promozione della legalità, della qualità del lavoro e del benessere organizzativo e l’individuazione delle misure di prevenzione attuate per la prevenzione  dello stress da  lavoro correlato e dei fenomeni di burn-out. Infatti l’obiettivo comune da perseguire in ogni istituzione scolastica è quello della realizzazione, per ogni lavoratore, di un ambienti e di relazioni che contribuiscono al miglioramento della qualità della vita lavorativa e siano finalizzati  a tutelare, anche,  il  benessere psico-fisico del lavoratore.

 “L’efficienza e l’efficacia dell’azione amministrativa e la produttività passano necessariamente attraverso il miglioramento dell’organizzazione del lavoro. Un contesto lavorativo improntato al benessere dei lavoratori e delle lavoratrici, rappresenta, infatti, un elemento imprescindibile per garantire il miglior apporto sia in termini di produttività che di affezione al lavoro. È circostanza nota che un ambiente lavorativo ove si verifichino episodi di discriminazione o mobbing si associa quasi inevitabilmente alla riduzione e al peggioramento delle prestazioni. Oltre al disagio arrecato ai lavoratori e alle lavoratrici, si hanno ripercussioni negative sia sull’immagine che sull’efficienza della stessa  amministrazione. La dirigenza pubblica è  chiamata a rispondere delle proprie capacità organizzative anche in relazione alla realizzazione di ambienti di lavoro improntati al rispetto dei principi comunitari e nazionali in materia di pari opportunità, benessere organizzativo, contrasto alle discriminazioni e mobbing”.

Pertanto è prerogativa del dirigente la  cura del benessere organizzativo nella struttura a cui è preposto,  mediante  la ricerca costante delle condizioni necessarie che favoriscano l’instaurarsi di rapporti cordiali e rispettosi tra i collaboratori e la valorizzazione del  “capitale umano” a disposizione.

Nel DVR (Documento di valutazione dei Rischi) si devono inserire   le modalità per monitorare e prevenire lo SLC (Stress Lavoro-Correlato). Purtroppo, non di rado, accade che  le griglie utilizzate da alcune scuole, redatte dal Dirigente scolastico, dal RLS (Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza) e dal RSPP (Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione),  sono molto spesso autoreferenziali e tendono a nascondere le reali  situazioni di disagio e di malessere che vivono quotidianamente docenti e ATA all’interno del loro posto di lavoro.

Il CCNL 2016/2018 permette alle componenti della RSU di ogni  scuola di  conoscere il “Piano per la valutazione dello stress lavoro correlato che il Dirigente scolastico deve obbligatoriamente predisporre per la riduzione dei rischi.
In tale piano devono essere indicati, in maniera chiara e trasparente,  i fattori  di stress più comuni e quelli specifici della istituzione scolastica, tra questi si riportano, a titolo esemplificativo ed indicativo, la continua modifica delle condizioni organizzative e i compiti dei docenti, il venir meno del riconoscimento sociale e il rapporto con le famiglie, le classi difficili, la multiculturalità dell’utenza a cui devono corrispondere le azioni che sono messe in campo per limitare i rischi.

La tutela della benessere e della  salute dei lavoratori  è cosa seria e la valutazione del rischio da stress lavoro-correlato  rappresenta anche  una opportunità di crescita e di sviluppo, poiché attraverso gli interventi finalizzati al benessere si valorizzano le buone pratiche e si migliorano la qualità dei processi, delle attività e delle prestazioni erogate,  diminuendo i  costi indiretti derivanti dal disagio lavorativo.

Covid, dal Tar ok all’obbligo di Green pass per il personale scolastico

da Il Sole 24 Ore

La decisione dei giudici amministrativi in risposta a un ricorso con il quale si contestava la legittimità costituzionale della normativa in corso

di Redazione Scuola

Restano confermati gli atti ministeriali relativi alla imposizione in capo al personale scolastico dell’obbligo di possesso ed esibizione della certificazione verde Covid-19, alla modalità di verifica della certificazione, all’assunzione dei costi dei tamponi molecolari ed antigenici da parte del ministero dell’Istruzione solo in favore del personale esentato dalla vaccinazione. L’ha deciso con una nuova ordinanza il Tar del Lazio in risposta a un ricorso con il quale si contestava la legittimità costituzionale della normativa in questione. I giudici preliminarmente hanno respinto la tesi «secondo cui la normativa in esame, nell’imporre il requisito del possesso della certificazione verde, introduca in via diretta o mediata un obbligo vaccinale. Difatti, la vaccinazione, alla luce della normativa vigente, è un atto di carattere facoltativo, fatta eccezione per alcune categorie particolarmente esposte, quali la categoria dei sanitari gravati dall’obbligo specifico, qualora non intendano essere adibiti a mansioni che non comportino un contatto con il pubblico. Al di fuori dei casi sovraesposti, non può perciò ritenersi sussistente alcun profilo di obbligatorietà della vaccinazione in quanto la procedura pone l’alternatività, a carico dei soggetti destinatari della norma, tra il possesso della certificazione verde e la sottoposizione a test molecolari o antigenici rapidi ai fini della mancata sottoposizione alle sanzioni previste».

Violazione del diritto

In ordine poi «all’asserita violazione del diritto del personale scolastico a non essere vaccinato», il Tar ha rilevato che «il prospettato diritto, in disparte la questione della dubbia configurazione come diritto alla salute, non ha valenza assoluta né può essere inteso come intangibile, avuto presente che deve essere razionalmente correlato e contemperato con gli altri fondamentali, essenziali e poziori interessi pubblici quali quello attinente alla salute pubblica a circoscrivere l’estendersi della pandemia e a quello di assicurare il regolare svolgimento dell’essenziale servizio pubblico della scuola in presenza; in ogni caso il predetto diritto è riconosciuto dal legislatore il quale prevede in via alternativa la produzione di un test molecolare o antigenico rapido con risultato negativo al virus Sars-Cov 2; nell’ottica del legislatore la presentazione del test in questione in sostituzione del certificato comprovante l’avvenuta gratuita vaccinazione costituisce una facoltà rispettosa del diritto del docente a non sottoporsi a vaccinazione ed è stata prevista nell’esclusivo interesse di quest’ultimo, e, conseguentemente, ad una sommaria delibazione, non appare irrazionale che il costo del tampone venga a gravare sul docente che voglia beneficiare di tale alternativa; l’automatica sospensione dal lavoro e dalla retribuzione e la mancata adibizione del personale scolastico ad altre e diverse mansioni è correttamente e razionalmente giustificabile alla luce della tipicità delle mansioni del personale scolastico, specie di quello docente».

Green pass

Nel caso specifico, infine, i giudici hanno ritenuto difetti anche «il requisito del periculum in mora, connotato dagli indispensabili requisiti di gravità ed irreparabilità, atteso che, da un lato, il prospettato rischio di compromissione della sicurezza nel trattamento dei dati sensibili connessi alla implementazione del cosiddetto Green pass appare rivestire carattere meramente potenziale» e considerato «che i ricorrenti, dichiarandosi contrari alla somministrazione del vaccino, nel pieno esercizio dei loro diritti di libera autodeterminazione, non subiscono lesioni del diritto alla riservatezza sanitaria in ordine alla scelta compiuta, dal momento che l’attuale sistema di verifica del possesso della certificazione verde non sembra rendere conoscibili ai terzi il concreto presupposto dell’ottenuta certificazione».

Green pass, Tar Lazio: non obbliga docenti e Ata alla vaccinazione che è un atto facoltativo. Sì a imposizione

da OrizzonteScuola

Di redazione

L’obbligo di possesso ed esibizione del Green pass da parte del personale scolastico per l’accesso a scuola non obbliga alla vaccinazione. L’imposizione è corretta. E’ quanto stabilito dall’ultima ordinanza del Tar Lazio in risposta a un ricorso che riteneva illegittima la normativa sulla certificazione verde. Resta altresì confermata la disposizione ministeriale, secondo cui i tamponi gratuiti spettano solo al personale fragile esentato da vaccinazione.

I giudici hanno respinto la tesi “secondo cui la normativa in esame, nell’imporre il requisito del possesso della certificazione verde, introduca in via diretta o mediata un obbligo vaccinale. Difatti, la vaccinazione, alla luce della normativa vigente, è un atto di carattere facoltativo, fatta eccezione per alcune categorie particolarmente esposte, quali la categoria dei sanitari gravati dall’obbligo specifico, qualora non intendano essere adibiti a mansioni che non comportino un contatto con il pubblico. Al di fuori dei casi sovraesposti, non può perciò ritenersi sussistente alcun profilo di obbligatorietà della vaccinazione in quanto la procedura pone l’alternatività, a carico dei soggetti destinatari della norma, tra il possesso della certificazione verde e la sottoposizione a test molecolari o antigenici rapidi ai fini della mancata sottoposizione alle sanzioni previste“.

Inoltre “all’asserita violazione del diritto del personale scolastico a non essere vaccinato“, il Tar ha rilevato che “il prospettato diritto, in disparte la questione della dubbia configurazione come diritto alla salute, non ha valenza assoluta né può essere inteso come intangibile, avuto presente che deve essere razionalmente correlato e contemperato con gli altri fondamentali, essenziali e poziori interessi pubblici quali quello attinente alla salute pubblica a circoscrivere l’estendersi della pandemia e a quello di assicurare il regolare svolgimento dell’essenziale servizio pubblico della scuola in presenza; in ogni caso il predetto diritto è riconosciuto dal legislatore il quale prevede in via alternativa la produzione di un test molecolare o antigenico rapido con risultato negativo al virus Sars-Cov 2; nell’ottica del legislatore la presentazione del test in questione in sostituzione del certificato comprovante l’avvenuta gratuita vaccinazione costituisce una facoltà rispettosa del diritto del docente a non sottoporsi a vaccinazione ed è stata prevista nell’esclusivo interesse di quest’ultimo, e, conseguentemente, ad una sommaria delibazione, non appare irrazionale che il costo del tampone venga a gravare sul docente che voglia beneficiare di tale alternativa; l’automatica sospensione dal lavoro e dalla retribuzione e la mancata adibizione del personale scolastico ad altre e diverse mansioni è correttamente e razionalmente giustificabile alla luce della tipicità delle mansioni del personale scolastico, specie di quello docente“.

I giudici hanno ritenuto anche “il requisito del periculum in mora, connotato dagli indispensabili requisiti di gravità ed irreparabilità, atteso che, da un lato, il prospettato rischio di compromissione della sicurezza nel trattamento dei dati sensibili connessi alla implementazione del cd. Green pass appare rivestire carattere meramente potenziale” e considerato “che i ricorrenti, dichiarandosi contrari alla somministrazione del vaccino, nel pieno esercizio dei loro diritti di libera autodeterminazione, non subiscono lesioni del diritto alla riservatezza sanitaria in ordine alla scelta compiuta, dal momento che l’attuale sistema di verifica del possesso della certificazione verde non sembra rendere conoscibili ai terzi il concreto presupposto dell’ottenuta certificazione“.

Maturità 2022, domande dei candidati esterni entro il 30 novembre

da La Tecnica della Scuola

In attesa di indicazioni specifiche da parte del Ministero dell’Istruzione, l’USR per il Lazio ha ricordato che c’è termpo fino al 30 novembre 2021 per presentare domanda per partecipare, in qualità di candidati esterni,
all’esame di Stato conclusivo dei corsi di studio della scuola secondaria di secondo grado per l’anno scolastico 2021/2022.

I candidati esterni devono presentare domanda di ammissione agli esami di
Stato all’Ufficio scolastico regionale territorialmente competente, il quale provvede ad assegnare i candidati medesimi, distribuendoli in modo uniforme sul territorio, agli istituti scolastici statali o paritari aventi sede nel comune di residenza del candidato stesso ovvero, in caso di assenza nel comune dell’indirizzo di studio indicato nella domanda, nella provincia e,
nel caso di assenza anche in questa del medesimo indirizzo, nella regione.

Alla nota 43212 del 4 novembre scorso l’USR allega anche un modello di domanda.

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Nuovo PEI: il Consiglio di Stato ha respinto il ricorso del Ministero dell’Istruzione

da La Tecnica della Scuola

Prosegue ancora la vicenda che vede coinvolto il Ministero dell’Istruzione sulla questione del nuovo PEI. Nella data di oggi, lunedì 8 novembre, il Consiglio di Stato ha respinto il ricorso del MI per la sospensiva sulla sentenza del Tar Lazio, come aveva già preannunciato la nostra testata.

Quindi, rimane annullato il Decreto 182 con cui era stato approvato il nuovo modello di PEI, come da sentenza del Tar.

Nei giorni scorsi i Ministeri dell’Istruzione e dell’Economia avevano esaminato nel dettaglio la sentenza del TAR e avevano chiesto al CdS di ripristinare il decreto in questione. In estrema sintesi la tesi dell’Amministrazione è che aver privato le scuole di un modello unico nazionale ha avuto conseguenze importanti.

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Esame di Maturità 2022, ancora prova unica? La risposta di Bianchi

da La Tecnica della Scuola

Intervenuto a ‘Che tempo che fa’ su Rai3, il ministro dell’istruzione Patrizio Bianchi ha toccato vari temi del mondo della scuola. Vaccini, nuovo protocollo, stipendi agli insegnanti, Its e tanto altro. Ma c’è stato anche spazio per un accenno all’esame di maturità 2022. Pur mancando ancora molti mesi, ci si chiede cosa succederà a giugno. Dopo due anni segnati dalla pandemia e un esame dimezzato, senza scritti, ma con una tesina all’orale, lo sguardo è già proiettato alle prove.

Tornerà lo scritto? Ancora prova unica? Il ministro non ha ancora una risposta certa, ha affermato che si sta lavorando, ma anche che finchè non saremo usciti completamente dal Covid “dovremo mettere i nostri ragazzi in completa sicurezza”. Bianchi difende la scelta degli ultimi esami di Stato: “I nostri ragazzi non hanno fatto tesine raffazzonate, piuttosto hanno colto questo momento per riflettere anche sulla propria situazione personale. Teniamo conto della sicurezza dei nostri ragazzi ma anche della loro capacità di riflessione”.

La richiesta degli studenti

Dal canto loro gli studenti, i primi ad essere interessati dalla decisione del ministero, chiedono che si confermi la prova unica degli ultimi anni, come emerge da una lettera ricevuta dalla nostra redazione:

“Onorevole Ministro, a scriverLe è un gruppo di studenti frequentanti la classe quinta di un Liceo che quest’anno dovranno sostenere l’esame di maturità.

Nei molteplici incontri avuti da Lei con gli studenti di tutte le scuole del Paese, è emersa chiara la consapevolezza delle difficoltà incontrate dagli alunni nel corso della pandemia, poiché sono stati costretti a frequentare le lezioni solamente a distanza con grave nocumento per il loro corretto e normale apprendimento.

Ansie, che quest’anno in particolare si ingigantiscono al solo pensiero di ritornare a svolgere l’esame finale del nostro corso di studi con le prove scritte ed orali.

Non vorremo certamente noi avere la pretesa di fornirLe suggerimenti in
merito alle modalità di svolgimento delle suddette prove finali, ma saremmo più sereni al pensiero di soprassedere allo svolgimento delle
prove scritte e di sostenere invece un unico colloquio interdisciplinare, come già avvenuto nei due anni precedenti”.

Ferie solidali: previste solo per i Dirigenti scolastici, non per il restante personale della Scuola

da La Tecnica della Scuola

Diverse testate hanno riportato una bella notizia riguardante una cuoca di una scuola elementare di San Marino che, grazie alla solidarietà di tanti colleghi che le hanno donato chi un giorno, chi una settimana, chi addirittura un mese di ferie, può assistere il figlio, ex campione di motocross rimasto tetraplegico dopo un incidente avvenuto nel 2018.

Si tratta in pratica delle ferie solidali, istituto introdotto in Italia dal Jobs Act, che consiste nella possibilità di cedere – a titolo gratuito – i giorni di ferie ad un collega che ne ha bisogno per assistere i figli minori che necessitano di cure particolari.

La misura riguarda anche il personale scolastico?

Ferie solidali nel CCNL Istruzione e Ricerca

Il CCNL del 19 aprile 2018, come precisato all’art. 1, è articolato in una parte comune, che contiene le disposizioni applicabili a tutti i lavoratori del comparto e quattro specifiche sezioni (Scuola, Università, Ricerca e AFAM) ciascuna delle quali disciplina gli istituti giuridici ed economici destinati esclusivamente al personale in servizio presso le amministrazioni ricomprese nella Sezione stessa.

Poiché nella Sezione dedicata alle Istituzioni scolastiche, non viene disciplinato l’istituto delle ferie e dei riposi solidali, tale disposizione non potrà essere applicata al personale della Scuola, ma solo alle Università e agli Enti di Ricerca.

Il chiarimento è stato fornito anche dall’ARAN con parere CIRS14.

Ferie e riposi solidali per i Dirigenti scolastici

L’art. 14 del CCNL personale dirigente introduce invece per i Presidi le ferie e i riposi solidali.

Su base volontaria e a titolo gratuito, i dirigenti possono cedere, in tutto o in parte, ad un altro dirigente che abbia esigenza di prestare assistenza a figli minori che necessitino di cure costanti, per particolari condizioni di salute:

a) le giornate di ferie, nella propria disponibilità, eccedenti le quattro settimane annuali di cui il lavoratore deve necessariamente fruire; tali giornate eccedenti sono quantificate in 8 giorni sia nel caso di articolazione dell’orario di lavoro su 5 giorni sia nel caso di articolazione su 6 giorni;

b) le quattro giornate di riposo per le festività soppresse.

Il dirigente che si trovi nelle suddette condizioni di necessità può presentare specifica richiesta all’amministrazione, reiterabile, di utilizzo di ferie e giornate di riposo per un una misura massima di 30 giorni per ciascuna domanda, previa presentazione di adeguata certificazione, comprovante lo stato di necessità delle cure in questione, rilasciata esclusivamente da idonea struttura sanitaria pubblica o convenzionata.

Ricevuta la richiesta, l’amministrazione rende tempestivamente nota a tutti i dirigenti l’esigenza, garantendo l’anonimato del richiedente.

Coloro che intendono aderire alla richiesta, su base volontaria, formalizzano la propria decisione, indicando il numero di giorni di ferie o di riposo che intendono cedere.

Quarantena scuola, chi sono i contatti che il Ds deve individuare in presenza di un positivo?

da La Tecnica della Scuola

 

Le nuove regole sulla quarantena e sulla gestione dei casi Covid positivi a scuola al via da oggi 8 novembre.

Grande preoccupazione per la maggiore responsabilità dei dirigenti scolastici, che, qualora le autorità sanitarie dovessero tardare ad assumere le necessarie decisioni, dovranno intervenire con azioni immediate, che il Ministero dell’Istruzione considera automatismi, ma che comportano comunque riflessioni tempestive.

 

Come riferiamo in un articolo precedente, il dirigente scolastico trasmette – a chi è stato a contatto con il caso COVID-19 – le indicazioni predisposte dal DdP per avviare le misure previste dal nuovo protocollo.

Dal punto di vista operativo, dunque, il dirigente scolastico o il referente scolastico COVID-19 è chiamato a individuare i possibili “contatti scolastici” del caso positivo e a trasmettere loro (o ai loro genitori/tutori, nel caso di minori) le disposizioni predisposte preventivamente dal DdP, fornendo le indicazioni che ciascun contatto dovrà – responsabilmente – seguire in base alla propria situazione.

Chi sono i contatti scolastici che il Ds è chiamato a individuare?

Lo spiega la Nota tecnica del MI. Il dirigente scolastico individua come “contatti scolastici”:

  • i bambini appartenenti alla stessa sezione/gruppo del caso positivo per i servizi educativi per l’infanzia e le scuole dell’infanzia;
  • compagni di classe del caso positivo (per la scuola primaria e secondaria);
  • il personale scolastico (educatori/operatori/insegnanti) che ha svolto attività in presenza per almeno 4 ore nello stesso ambiente del caso positivo.

In altre parole, non si richiede un’attività di tracciamento analitica che selezioni chi ha parlato con o chi ha frequentato chi, si agisce su tutto il gruppo classe, che verrà mandato in quarantena e quindi in DaD e nel contempo sottoposto a un’attività di testing, gli esiti della quale saranno tuttavia gestiti dal Dipartimento di prevenzione, cioè dalle autorità sanitarie, secondo le regole citate nelle apposite tabelle diramate dal MI.

Ma facciamo un esempio. Poniamo il caso che un alunno di scuola dell’infanzia venga trovato positivo al Covid e che le autorità sanitarie tardino a predisporre le necessarie misure. Il dirigente scolastico o il referente Covid agirà predisponendo la quarantena per tutto il gruppo classe. Le tabelle del MI a riguardo, trattandosi di bambini non vaccinati, prevede per tutti una quarantena di 10 giorni. Ma se i bambini effettivamente resteranno a casa 10 giorni o torneranno in classe lo disporrà il DdP, sulla base degli esiti del test.

Covid scuola, Mantovani: “Un bambino su 7 sviluppa long covid. Vaccino per prevenirlo”

da La Tecnica della Scuola

Il Covid cambia, si evolve, muta. Ma purtroppo non sparisce, anzi. La recente tendenza è quella di colpire i bambini, come dimostra il caso degli Stati Uniti. Qui il 25% dei nuovi casi risulta in età pediatrica. Ma c’è di più. Secondo quanto evidenziato dal professor Alberto Mantovani, direttore scientifico dell’Istituto Humanitas di Rozzano, ospite di ‘Che tempo che fa’ condotto da Fabio Fazio, un bambino su 7, tra quelli che contraggono il virus, sviluppa il long covid 15 settimane dopo la guarigione.

Il tema è quello delle vaccinazioni alla fascia 5-11 anni per cui è arrivato già l’ok dall’Agenzia del farmaco americana. Adesso si attende il parere positivo anche dell’Ema che potrebbe arrivare entro Natale. I pediatri italiani si sono già espressi a favore della vaccinazione per quella fascia. Nella conferenza di qualche giorno fa, il coordinatore del Cts Franco Locatelli ha confermato i pareri positivi arrivati dagli Stati Uniti, mentre il ministro della Salute Speranza ha affermato di attendere prima il parere dell’Ema. “Le complicanze sono più rare ma ci sono – afferma Mantovani – la malattia nuova che colpisce i bambini si chiama Mis-C, è grave ma rara. Il long covid, con conseguenze a lungo termine, invece è più frequente. Non è chiaro il confine di questo mondo: problemi polmonari, cardiovascolari, renali. Non sembrano legati alla malattia che si è avuta. Pensiamo si possa prevenire con il vaccino”.

Nuovo PEI: consiglio di Stato respinge istanza del MI. Confermato quanto stabilito dal Tar

da Tuttoscuola

Il Consiglio di Stato ha ribadito quanto deciso dal Tar del Lazio riguardo il nuovo PEI. Respinta infatti l’istanza cautelare presentata dal Ministero dell’Istruzione. Rimane tutto come sancito dal Tar Lazio nella sentenza del 24 settembre.

Leggi la sentenza del Consiglio di Stato

La discussione in Camera di Consiglio è fissata per il 25 novembre.

Gestione casi positivi a scuola: da oggi le nuove regole. In quarantena dopo 3 positivi

da Tuttoscuola

Da oggi via alla nuova gestione dei casi Covid nelle scuole. Inviata alle scuole e disponibile anche sul sito del Ministero dell’Istruzione, la nota tecnica con le nuove “Indicazioni per l’individuazione e la gestione dei contatti di casi di infezione da SARS-CoV-2 in ambito scolastico”.

Leggi la nota integrale
Leggi la nota tecnica

La nota è stata elaborata con il contributo dell’Istituto Superiore di Sanità, del Ministero della Salute, delle Regioni e del Ministero dell’Istruzione. Le misure introdotte dal documento, attraverso la collaborazione tra le scuole e le autorità sanitarie locali, favoriscono l’erogazione del servizio scolastico in presenza, supportano il dirigente scolastico nelle iniziative da assumere in presenza di casi positivi COVID–19 e permettono di rendere il più possibile omogenee, a livello nazionale, le misure di prevenzione da attuare a cura dei dipartimenti di prevenzione.

In presenza di un caso positivo in ambito scolastico, le azioni di sanità pubblica ricadono nell’ambito delle competenze dei Dipartimenti di Prevenzione (DdP) che risultano incaricati della disposizione delle misure sanitarie da intraprendere, inclusi l’isolamento dei casi, la quarantena dei contatti e le tempistiche per il rientro a scuola degli alunni/studenti/operatori scolastici.

Fino all’intervento dell’autorità sanitaria, nell’immediatezza della conoscenza del caso positivo, l’Istituto scolastico attiva la seguente procedura già definita e standardizzata, che non comporta alcuna valutazione discrezionale di carattere sanitario.  Il dirigente scolastico, o un suo delegato:

– informa il DdP della presenza del caso positivo a scuola;
– individua i «contatti scolastici», come di seguito riportato;
– sospende temporaneamente le attività didattiche in presenza per i «contatti scolastici»;
– trasmette ai «contatti scolastici» le indicazioni standardizzate preventivamente predisposte dal DdP;
– segnala al DdP i «contatti scolastici» individuati.

Il dirigente scolastico individua come “contatti scolastici”:

– i bambini appartenenti alla stessa sezione/gruppo del caso positivo per i servizi educativi per l’infanzia e le scuole dell’infanzia,
– i compagni di classe del caso positivo (per la scuola primaria e secondaria),
– il personale scolastico (educatori/operatori/insegnanti) che ha svolto attività in presenza per almeno 4 ore nello stesso ambiente del caso positivo

Sono comunque presi in considerazione i contatti intervenuti nelle 48 ore prima dell’insorgenza dei sintomi del caso oppure nelle 48 ore antecedenti la data dell’esecuzione del test risultato positivo (se il caso è asintomatico). Con riferimento a tali soggetti, fino all’intervento dell’autorità sanitaria, il dirigente scolastico (o suo delegato) è autorizzato a sospendere temporaneamente le attività didattiche in presenza e trasmette loro le disposizioni standardizzate, preventivamente predisposte dalle autorità sanitarie, contenenti le indicazioni da seguire.

La principale novità è rappresentata dal fatto che i «contatti scolastici» sono sottoposti, secondo tali indicazioni, a sorveglianza con testing e devono, dunque, effettuare test diagnostici con le tempistiche indicate nel documento tecnico e predisposte dal DdP: se il risultato è negativo possono rientrare a scuola; se invece è positivo, non possono rientrare a scuola e devono informare il DdP e il MMG/PLS.
Il DdP informa tempestivamente il dirigente scolastico/referente scolastico Covid-19 in caso di ulteriori casi positivi. Il dirigente scolastico/referente scolastico COVID-19 sarà informato secondo le procedure adottate localmente per i casi positivi occorsi tra gli studenti e gli operatori scolastici.

In merito alle condizioni di rientro a scuola per i soggetti sottoposti a misure di salute pubblica, è previsto quanto segue:

– il rientro a scuola dei soggetti sottoposti a sorveglianza con testing può avvenire solo se questi sono in possesso di attestazione rilasciata dai Servizi di Igiene e Sanità Pubblica in merito all’effettuazione del tampone e all’avvenuto rilascio del relativo risultato ovvero in seguito ad una comunicazione da parte del DdP;
– le condizioni per il rientro a scuola dei soggetti posti in quarantena sono verificate da parte dei DdP in applicazione della Circolare del Ministero della Salute n. 36254 del 11 agosto 2021 che prevede misure differenti in funzione dello stato vaccinale o dell’esito del test diagnostico; tali dati non sono nella disponibilità della scuola e quindi non vanno trattati.

Risale la curva dei contagi, occorre bloccare quella delle fake news

da Tuttoscuola

“Siamo nella quarta ondata”, titolano i quotidiani in questi giorni, rilanciando l’allarme lanciato da EMA e OMS, allarme che per la verità riguarda questa volta soprattutto altri Paesi più colpiti dell’Italia dalle ultime varianti del Covid-19. E riprende il timore di dover di nuovo ricorrere alla didattica a distanza (DaD), irresponsabilmente demonizzata nei mesi scorsi, quando una parte dei media e dei social ha cavalcato il desiderio diffuso di esserci lasciati alle spalle, insieme al virus e alle mascherine, anche la DaD.

Sarebbe stato opportuno invece, come più volte suggerito da Tuttoscuola, puntare su un modello più flessibile e multimediale di insegnamento e apprendimento, capitalizzando e non rifiutando perinde ac demonium le tante e interessanti esperienze innovative apprestate dalle scuole durante il non breve periodo di sospensione della didattica ordinaria e di sperimentazione delle nuove tecnologie. Il fatto che molte altre scuole non si siano dimostrate pronte su questo terreno, e che in altri casi siano mancate le infrastrutture e che quindi i relativi studenti non abbiano potuto compensare adeguatamente con la DaD il dramma della interruzione forzata della didattica in presenza, non vuol dire che la soluzione DaD in sé sia da accantonare. Forse si è ancora in tempo per correggere la rotta, ma bisogna fare presto, puntando sulla formazione in servizio e sulla disseminazione delle good practices.

Purtroppo, però, non è soltanto la curva dei contagi ad essere risalita. La sensazione è che lo stesso stia accadendo anche per quella delle fandonie, leggende metropolitane, frottole parascientifiche e fake news che circolano liberamente nell’infosfera (copyright di Luciano Floridi) senza che sia stato ancora inventato un vaccino contro la loro diffusione. È opinione di molti, da noi condivisa, che il vaccino naturale per ottenere l’immunizzazione dal virus dell’ignoranza, che è alla base della popolarità delle fake news, sarebbe una buona scuola, capace di fornire agli alunni una solida formazione scientifica, accompagnata da una forte sensibilità etico-sociale insegnata e appresa per via esperienziale. Una scuola che finora non abbiamo avuto, come dimostrano, da una parte, gli storici e tuttora pessimi risultati dei nostri studenti nell’apprendimento della matematica, e dall’altra il fallimento dell’educazione civica. Gli adulti che non si vaccinano per motivi ideologici e manifestano contro il green pass sono in buona parte i figli di questa scuola.

Si può fare qualcosa a breve termine per rimediare a questa situazione? Anche in questo caso, forse sì, almeno per quanto riguarda la scuola: puntando sul rafforzamento dell’insegnamento-apprendimento dell’area matematica-scienze-tecnologia e centrando l’educazione civica (con tutte le sue interconnessioni disciplinari) sull’educazione ambientale, o meglio sull’educazione allo sviluppo sostenibile (ne parliamo nella notizia dedicata a COP 26): un’educazione civica, però, praticata, non predicata. Per gli adulti della fascia 30-60 anni è tutto più difficile, ma si potrebbe almeno provare con una incisiva campagna di comunicazione istituzionale e tenendo fermo l’obbligo di green pass in tutte le situazioni di aggregazione, come stanno cominciando a fare anche altri Paesi.