Disabilità e lavoro

Disabilità e lavoro, Cgil: il collocamento mirato funziona con più servizi e incentivi
Redattore Sociale del 16/11/2021

ROMA. “La nostra legge sul collocamento mirato per le persone con disabilità, legge 68/99, è la migliore in Europa. Molti paesi si sono ispirati ad essa, come Francia e Germania. Ovviamente va migliorata, a partire dal nodo degli accomodamenti ragionevoli”. Così la responsabile delle Politiche per la disabilità Cgil nazionale, Nina Daita, commenta le dichiarazioni di oggi del ministro per le Disabilità, Erika Stefani.
“Le quote – prosegue la dirigente sindacale – sono uno strumento usato in tutta Europa, hanno sempre funzionato e continuano a funzionare. Non sono loro la causa delle migliaia di persone con disabilità che non trovano lavoro”. “Le barriere culturali non si abbattono senza l’aiuto delle quote. Piuttosto – sottolinea Daita – occorrerebbe prevedere congrue risorse, strumenti di accompagnamento dalla scuola al lavoro. Inoltre, sono essenziali i servizi mirati all’inserimento lavorativo delle persone con disabilità, che in questi anni sono stati smantellati. I centri per l’impiego non sono stati più in grado di svolgere in maniera adeguata il proprio lavoro. A fronte di tutte queste carenze, l’unica proposta è l’azzeramento delle quote? Non credo possa essere questa la soluzione”.
“La legge 68/99 va applicata nella sua interezza: formazione, incentivi per le imprese, ausili per i lavoratori disabili, servizi di accompagnamento. Nel passato ha funzionato e anche molto bene. La Cgil – conclude la responsabile delle Politiche per la disabilità Cgil – sosterrà con forza la difesa delle quote, rivendicando servizi, formazione e risorse per la dignità dei lavoratori con disabilità”. (DIRE)

Vecchio e nuovo paradigma della scienza

Vecchio e nuovo paradigma della scienza

di Paolo Manzelli

Gli elettroni che ruotano attorno a i vari atomi del Sistema periodico di Mendeleev si riteneva che fossero sostenuti dalla Forza Nucleare Debole (FND) altresi per gravita sarebbero prima o poi caduti nel nucleo . La FND è una forza che agisce a distanza per tenere assieme elettroni e nuclei negli atomi che si estende nella realizzazione dei legami chimici e delle interazioni molecolari ; malgrado tale importanza per la Chimica  la Fisica ha ritenuto utile includere escludere la azione a distanza della FND e reinserirla nel quadro della La FNForte. _

Infatti  Fisica a partire da Enrico Fermi nel 1936 procedette  Unificazione della FND con la Forza.Nucleare Forte (FNF)   in seguito alla considerazione che il NEUTRONE con Spin Opposto al PROTONE aveva una durata estremamente limitata qualora veniva  estratto  fuori dal nucleo, disgre4gandosi in un Elettrone ad alta energia (particella Beta)+ , un Neutrivo ed la emissione di raggi Gamma.  .

La Forza Nucleare Debole : https://dabpensiero.wordpress.com/2020/05/23/la-forza-nucleare-debole-e-la-quantizzazione-dellatomo/

Pertanto fu esclusa la FNDebole  dal novero delle quattro forze cosi’ che  la Fisica nella sua nuova dimensione “Quantica” delineo il “Modello Standard della Fisica” descrivendo la interazione unificata di Tre sole forze 1) FNF, 2) FEM ( elettromagnetica vibrazionale dove la FND veniva Unificata come Forza Elettrodebole ) ed ,3) La Forza di Gravita.

Le interazioni Unificate tra queste tre Forse avvenivano per intercambio di Sub-Particelle come i Fotoni della Luce ed i Fononi del Suono nel campo delle forze vibrazionali “FEM” e i Gravitoni di recente scoperta nel campo della Forza di Gravita .

Come Ricercatore in Chimica Fisica e Docente della Universita’ di Firenze mi sono opposto fin dall’ inizio della Laurea a questa visione Unificante del Modello standard della Fisica che vede la interazione tra le particelle e sub-particelle come un Biliardo dove tutto avviene Localmente per urti dove  atomi  e molecole si attraggono e/o respingono creando le varie reazioni chimiche con modalita’ del tutto casuali.

Il Realismo Locale del Modello Standard della Meccanica Quantistica :

https://www.caosmanagement.it/2020/06/29/il-realismo-locale-della-scienza-meccanica-e-della-meccanica-quantistica/.

Infatti non ritenevo sensato ammettere che le reazioni Chimiche e Bio-chimiche procedessero senza una descrizione delle “Affinita’ Chimiche ” le quali non sono riducibili alla semplice interazione tra urti-meccanici ammessa riduttivamente dal Modello Standard Locale della Meccanica Quantica, affermato come riferimento assoluto della Scienza dalla Fisica delle Alte Energie resa famosa dalla invenzione della Bomba Atomica. .

La mia  Ricerca di un nuovo “Vitalismo” il cui obiettivo è quello  superare ogni obsoleta “Concezione Meccanica della Fisica” , è stata considerata troppo contro-corrente per essere pubblicata dalle riviste Scientifiche. Quindi solo dopo essere andato in Pensione nel 2004 come Docente della Universita’ di Firenze ,mi sono dedicato con il Cluster della NGO EGOCREANET a divulgare la innovativa interpretazione “BIO-QUANTICA” delle scienze Biochimiche della Vita, almeno fino a quando la attuale “Pandemia Virale” non ha bloccato il Convegno c/o la Regione Toscana del 27.Marzo.2020, sul tema del “Nuovo Paradigma della Scienza Epigenetica” che ha come  riferimento la concezione di unificazione cognitiva della “Salute Circolare tra Sistemi Viventi e Cambiamento Ambientale”. .

Purtroppo le logiche Meccaniche, quelle antiquate che sono state affermate fino al 1900 della Scienza Classica Newtoniana relativa al Macrocosmo, ormai ritenuta Scientificamente obsolete proprio dal “Modello Standard Locale della Fisica” , sono riaffiorate e rivalutate in tutta la descrizione del “Contagio Virale” visto in termini di semplice “contatto interpersonale casuale” della catena di diffusione di “Goccioline Macroscopiche” per del Virus Pandemico .

Questo ritorno al Passato Ottocentesco della Scienza perpetrato da Virologi e Medici ha avuto lo scopo anti-scientifico di manipolare e condizionare la mente della gente ignorante della evoluzione della Meccanica Quantistica durante tutto il secolo scorso, in riferimento  alle particelle Microscopiche invisibili di dimensioni nanometriche come il virus Sars Cov 2  che ha dimensione di 80 nm ( Nanometri. = 10-9 metri) 

Manipolazione Mentale Conservativa : https://www.edscuola.eu/wordpress/?m=20210414

Inoltre il paradosso del “Ritorno al Passato della Scienza Macroscopica Classica” applicato a strutture microspiche come il Virus non permette di avere alcuna attenzione ai criteri di  “Affinita Biochimica” che sono decisivi per comprendere le differenze tra persone Sintomatiche ed Asintomatiche  nella loro interazione tra il Virus Sars.Cov.2. di dimensioni Nanometriche il quale come tutte le  particelle ultra-microscopiche  si comporta simultaneamente  come Onda// Particella Quantica..

Attualmente sulla base del Paradigma “BIO-Quantico” delle Scienze della riproduzione della Vita , stiamo proponendo, come EGOCREANET e Collaboratori il  Progetto ¸ <<Salute Circolare tra Sistemi Viventi ed il Cambiamento Ambientale>> nell’ intento di  superare le concezioni limitate dalla presunta Unicita’ di risoluzione della Pandemia in seguito alla sistematica “VACCINAZIONE GENETICA DI MASSA” .

Epigenetica e Salute Circolare : https://www.edscuola.eu/wordpress/?p=149669

 Data la Importanza odierna di operare una profonda avanzamento del  “Modello Standard Della Fisica”  come EGOCREANET NGO in Firenze , richiediamo il Sostegno e Collaborazione al Programma proposto su <<EPIGENETICA e SALUTE CIRCOLARE>> a tutti quanti ritengano che la Gestione della Pandemia Virale sia fondata su una Scienza Arretrata e definitivamente Obsoleta, rispetto alle contemporanee esigenze di cambiamento delle Concezioni Mediche e Virologiche oggi necessarie per una effettiva comprensione nonche’ risoluzione della Pandemia Virale contemporanea vista  come funzione relativa al  Cambiamento Ambientale  .

NB: Infine tutti coloro che vorranno partecipare e sostenere un tale impegno Innovativo per lo sviluppo del NUOVO PARADIGMA DELLA SCIENZA sul tema della “EPIGENESI del FUTURO”, potranno aderire al Cluster Egocreanet , seguendo le modalita di iscrizione per l’ anno 2022 , reperibili in (  www,ego crea,net  )

Lo strano caso degli istituti comprensivi…

Lo strano caso degli istituti comprensivi,
la crisi infinita della scuola media e l’ignavia della politica

di Nicola Puttilli

Nel bel convegno organizzato da ANDIS a Jesolo lo scorso 29 ottobre il presidente di INVALSI Roberto Ricci ha ancora una volta ricordato come la scuola primaria italiana non sfiguri affatto nei confronti internazionali, mentre si registra una caduta verticale non appena il riferimento ricade sui dati relativi alla scuola secondaria di primo grado. Nell’intervento immediatamente successivo la prof.ssa Barbara Romano di Fondazione Agnelli (entrambe le relazioni sono visibili nell’area riservata del sito dell’associazione) ha illustrato in modo dettagliato numeri, condizioni e caratteristiche di questa crisi ormai più che ventennale, esito di una ricerca recentemente pubblicata.

Così come più che ventennale è l’istituzione dei primi istituti comprensivi, nati a metà degli anni ’90 come risposta al progressivo spopolamento di alcune specifiche e circoscritte aree del Paese (comuni montani, piccole isole, ecc.).

In poco più di un ventennio quella che era un’esperienza di nicchia legata a condizioni del tutto particolari è diventata la forma organizzativa largamente prevalente nella scuola di base, verosimilmente destinata ad ulteriori incrementi, fino a rendere di fatto residuali direzioni didattiche e scuole medie autonome.

Il tutto senza riferimenti normativi particolarmente significativi se si considera che quello più rilevante può essere considerato il DL 98 del 6.7.2011 dall’eloquente titolo “Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria” (neanche successivamente confermato dal Parlamento), scritto in tutta fretta dal governo Berlusconi in risposta alla famosa lettera a firma congiunta Commissione Europea – BCE, nel tentativo disperato di frenare la crisi economica dilagante.

Per il resto la L 97/94 ne decreta la nascita nell’ambito, come già detto, delle misure sulla “tutela delle zone di montagna”, mentre la crescita esponenziale di questo modello organizzativo è dovuta sostanzialmente al DPR 233/98 relativo a norme sul dimensionamento delle istituzioni scolastiche. Nessuna analisi né motivazione di ordine pedagogico nelle norme citate. Eppure, laddove nulla ha potuto la L 30/00 con il suo disegno complessivo di riforma è stato l’intervento fin troppo determinato di comuni e regioni (comunque ben assecondato dai vari governi in carica) a modificare sostanzialmente in pochi anni il panorama organizzativo (e non solo) della nostra scuola di base.

In realtà le prime esperienze di comprensivo erano nate in condizioni quasi sperimentali, in contesti fortemente motivati e protetti, con attenzione prioritaria alle variabili di ordine pedagogico, a partire dalla non semplice costruzione di un curricolo verticale, come base e premessa dei cambiamenti organizzativi.

I due ordini di scuola venivano del resto da storie e vissuti molto diversi: oltre un ventennio di riforme nate dal basso e in buona misura metabolizzate dalla scuola primaria (L 820 sul tempo pieno, L 517 sulla valutazione formativa, nuovi programmi dell’85, buona attitudine alla formazione in servizio), mentre la scuola media era sostanzialmente rimasta quella delle “vestali della classe media” così ben descritte da Barbagli e Dei nel loro saggio degli anni ’70, con riforme che pur ci sono state in analogia con quelle della scuola primaria (tempo prolungato, programmi del ’79) ma che non hanno inciso in modo sostanziale sul reale modo di essere di questo ordine di scuola.

 Nonostante tutto ciò il messaggio lanciato dal comprensivo è risultato suggestivo e accattivante: come rispondere alle sacrosante esigenze di continuità e alla crisi, già nettamente percepita, della scuola media senza intervenire formalmente sugli ordinamenti, materia sempre scottante anche sul piano ideologico e soprattutto senza toccare lo stato giuridico, e i conseguenti aspetti retributivi, del personale docente. Una volta scongiurato il “pericolo” della L 30 il personale (e i sindacati) della scuola hanno accettato come male minore le proposte (a volte folli più che stravaganti) degli enti locali sul dimensionamento, purtroppo entusiasticamente sostenuti (non sempre per fortuna) da dirigenti scolastici in vena di manie di grandezza.

E’ del tutto ovvio e generalmente condiviso che una reale continuità didattica, curricolare, organizzativa possa essere di grande giovamento ai due ordini di scuola e in particolare a quello che si trova in maggiore difficoltà e il modello originale di comprensivo offriva per intero questa potenzialità. Il fatto di nascere “dal basso” ne costituiva, inoltre, un ulteriore punto di forza. La continuità, tuttavia, non si ottiene magicamente mettendo semplicisticamente  insieme due pezzi di scuola che, tra l’altro, per decenni non si sono parlati, guardandosi  spesso con sospetto e diffidenza.

Chi ha effettivamente lavorato su una vera continuità sa che si tratta di un percorso lungo, faticoso e delicato che deve essere costantemente guidato e supportato e che richiede, per avere successo, alcune condizioni di contesto e di fattibilità. Almeno su alcune di queste si sarebbe dovuto intervenire prima di procedere (o al limite contestualmente) ai massicci processi di accorpamento ai quali abbiamo assistito e alla quasi generalizzazione degli istituti comprensivi:

– la continuità tra i flussi di alunni e la dimensione delle autonomie scolastiche. Viene meno la continuità del progetto educativo elaborato congiuntamente se gli alunni della scuola primaria, per ragioni di vicinanza ad esempio, vanno a frequentare la scuola media di un’altra autonomia scolastica. La dimensione dell’autonomia è inoltre un fattore cruciale: i parametri delineati dal DPR 233/98 (tutt’ora in vigore, di norma tra 500 e 900 alunni) consentono un confronto non solo formale nell’ambito del Collegio dei docenti e al dirigente scolastico l’esercizio di quella leadership educativa e relazionale che tante ricerche hanno dimostrato essere elemento centrale nel buon funzionamento della scuola e nei relativi esiti.

Nella gran parte dei dimensionamenti realizzati che hanno portato alla formazione degli istituti comprensivi non si è assolutamente tenuto conto di questi fattori. Nei contesti a forte urbanizzazione in particolare, sovente non è rispettata la continuità dei flussi e l’accorpamento si è spesso verificato mettendo semplicemente insieme una direzione didattica e una scuola media, a volte neanche la più vicina. Altre volte si è proceduto alla scomposizione della direzione didattica assegnando i relativi plessi a diverse scuole medie. In ogni caso l’esito conclusivo è stato quasi sempre il raddoppio della popolazione scolastica, con medie intorno ai 1500 alunni, delle singole autonomie (peraltro in molti casi, come in Piemonte, già perfettamente dimensionate ai sensi di legge) quasi fosse vanto dell’assessore di turno procedere al maggior numero di accorpamenti possibile (nelle superiori è andata anche peggio con la creazione di mostri di 2500/700 alunni, per i dirigenti scolastici è un altro lavoro).

– Le condizioni di lavoro, lo stato giuridico e il trattamento retributivo del personale docente. A oltre un ventennio dall’istituzione dei primi comprensivi continuiamo ad assistere al paradosso dell’insegnante che lavora di più pagato meno di tutti. Sempre da un ventennio circa per tutti i docenti è prevista la formazione universitaria, ma un’insegnante di scuola dell’infanzia con 25 ore settimanali di insegnamento (certo non meno impegnativo degli altri ordini di scuola) guadagna meno dell’insegnante di scuola primaria che di ore ne ha 22+2 di programmazione e ancora meno dell’insegnante di scuola media il cui orario di cattedra è di 18 ore (senza programmazione, evidentemente serve solo nella primaria, mentre nella costruzione di una realtà così complessa e innovativa sarebbe una condizione irrinunciabile).

– Il piano strategico della formazione. La situazione generale della nostra scuola per come emerge dai confronti internazionali e per le forti disparità che la caratterizzano, richiederebbe un’azione di formazione qualificata e permanente in tutti gli ordini di scuola e in particolare nella secondaria per quanto concerne gli aspetti pedagogici, psicologici e relazionali. La costituzione degli istituti comprensivi avrebbe a sua volta richiesto un parallelo percorso di formazione particolarmente centrato sulla continuità curricolare.

L’idea di istituto comprensivo, per quanto nata per e in contesti specifici e particolari, si è ben presto rivelata un’idea di successo apprezzata dal personale della scuola, contrariamente a leggi di sistema che intervenivano in modo più completo e organico sugli ordinamenti e le prime esperienze lasciavano intravvedere interessanti sviluppi sia sul piano organizzativo che sul piano pedagogico e didattico. L’aver praticamente identificato il percorso del comprensivo con quello del dimensionamento, senza minimamente curarne le condizioni di fattibilità (corretta dimensione e rispetto dei flussi di continuità, omogeneizzazione delle condizioni di lavoro e di stato giuridico del personale, congruo tempo per la progettazione e la programmazione comune tra ordini di scuola, formazione mirata e qualificata) rischia di bruciare nel caos e nella frustrazione un’esperienza che avrebbe potuto essere vincente (si aggiunga, non ultimo per chi lo deve gestire, il caos generato dai processi amministrativi diventati molto più complessi senza alcun adeguamento del personale).

Quanto ai dimensionamenti è impossibile tornare indietro, ma è doveroso considerare con attenzione estrema quelli futuri e correggere le distorsioni più evidenti e insostenibili, per il resto le risorse ci sarebbero anche, quello che manca è un po’ di visione e di volontà politica, anche nel contrastare le resistenze “a prescindere” di parte del personale.

Cura, accompagnamento, supporto e qualche solido finanziamento per un serio percorso di formazione e per l’adeguamento e l’omogeneizzazione dello stato giuridico e del trattamento economico del personale. Invece si è colta l’occasione di ulteriori risparmi con la soppressione, senza condizioni, di centinaia di autonomie scolastiche, con l’alibi più o meno consapevole della continuità didattica. A quanto pare la scuola media non è migliorata, speriamo non peggiori la scuola primaria.

Emergenza sanitaria e Scuola

17 NOVEMBRE | GIORNATA INTERNAZIONALE DEGLI STUDENTI
EMERGENZA SANITARIA E SCUOLA: LA FOTOGRAFIA DI ALMADIPLOMA SULL’EFFICACIA DELLA DIDATTICA A DISTANZA, NELL’ANTICIPAZIONE SUL PROFILO DEI DIPLOMATI 2021

Il 63,9% dei diplomati del 2021 ha utilizzato, in modo esclusivo, lo smartphone per seguire la didattica a distanza. Il 76,3% dei diplomati ritiene DAD dispersiva perché distoglie l’attenzione. Per il 76,3% non è migliorata l’efficacia dell’apprendimento dei nuovi argomenti.Per il 66,5% degli studenti, la scuola ha organizzato in modo efficiente la didattica a distanza. Sono solo alcuni degli indicatori fotografati dall’indagine condotta su un campione di 31.019 studenti che hanno compilato il questionario, su 37.051 diplomati, con un tasso di compilazione dell’83,7%.

[Bologna, 16 novembre 2021] AlmaDiploma, in occasione della Giornata internazionale degli studenti, celebrata ogni anno il 17 novembre, offre un’anticipazione sul profilo dei diplomati 2021.

La Giornata dello Studente, istituita per celebrare il diritto inalienabile allo studio, è dunque l’occasione per AlmaDiploma, associazione a servizio delle scuole nata nel 2000, per restituire un’anteprima sulla fotografia scattata tra i diplomati del 2021, dove sono tracciati sentimenti, debolezze e punti di forza emersi o esplosi durante lo speciale periodo emergenziale, tuttora in corso, in cui la Didattica a Distanza è stata protagonista in quanto soluzione per far fronte alle oggettive difficoltà della tradizionale didattica in presenza.

Di seguito, dunque, alcuni degli indicatori fotografati dall’indagine condotta su un campione di 31.019 studenti che hanno compilato il questionario, su 37.051 diplomati, con un tasso di compilazione dell’83,7%.

Il 63,9% dei diplomati del 2021 ha utilizzato, in modo esclusivo, lo smartphone per seguire la didattica a distanza, strumento certamente non adatto e ottimale a svolgere la didattica a distanza che prevede lo svolgimento di una serie di attività oltre a quella di essere spettatore passivo delle performance del docente. Il 76,3% dei diplomati ritiene la DaD dispersiva, distoglie l’attenzione. Per il 76,3% non è migliorata l’efficacia dell’apprendimento dei nuovi argomenti. Anzi a questo dato fa eco il 68,9% dei diplomati per i quali gli argomenti trattati hanno richiesto maggiore tempo per lo studio, a seguito della minor efficacia e della mancata attenzione. A questo si aggancia, inoltre, l’aumento del carico di studio assegnato con la DDI – per l’84,2% dei diplomati – per compensare la minore efficacia dello strumento usato per erogare la didattica. Tutto sommato, all’esito complessivo, scuola promossa: per il 66,5% degli studenti ha organizzato in modo efficiente la DDI. E sui sentimenti si registra una maggiore tranquillità per gli studenti dei professionali (28,2%) e più apatia per quelli dei licei (28,1%). Guardando al futuro sono sfiduciati sulle opportunità occupazionali post pandemia (63% dei diplomati) a causa del peggioramento della crisi economica (per 77,9% dei diplomati).

Il Presidente dell’associazione AlmaDiploma, il dirigente scolastico prof. Osvaldo Di Cuffa, commenta: “La ricerca di AlmaDiploma evidenzia una serie di criticità che devono indurci a riflettere e a progettare le azioni che le scuole devono attuare per affrontare le esigenze emerse. Sicuramente due sono le direzioni principali su cui è necessario lavorare: supportare l’innovazione tecnologica e la formazione dei docenti da un lato, un approccio didattico più attento alle esigenze degli studenti e al necessario dialogo con gli stessi studenti dall’altro“.

Scuola, con 300 milioni proroga fino a giugno per 18mila prof aggiuntivi Covid

da Il Sole 24 Ore

Con i nuovi limiti dimensionali anche il prossimo anno scolastico 247 scuole potranno avere preside e Dsga titolari

di Claudio Tucci

La manovra in arrivo in Parlamento conferma, con uno stanziamento di 300 milioni nel 2022, il prolungamento dei contratti a termine per i docenti aggiuntivi dell’organico Covid finalizzati al recupero degli apprendimenti in base alle specifiche esigenze delle scuole: secondo la relazione tecnica alla legge di bilancio, con i fondi stanziati, si potranno «prorogare circa 18mila contratti, da gennaio a giugno, considerando quale costo medio mensile di un docente l’importo di 2.709,79 euro (lordo stato), in attesa del monitoraggio da parte del ministero dell’Istruzione.

Valorizzazione della professionalità docente

Nella relazione tecnica si sottolinea poi come lo stanziamento aggiuntivo per la valorizzazione della professionalità docente sia di 210 milioni a decorrere dal 2022, e che questo importo «costituisce limite di spesa per l’attuazione della misura».

Educazione motoria alla scuola primaria

La legge di Bilancio prevede inoltre la graduale introduzione dell’insegnamento dell’educazione motoria nelle classi quarte (a partire dall’anno scolastico 2022/2023) e quinte (a partire dall’anno 2023/2024) della scuola primaria da parte di docenti ad hoc. L’educazione motoria sarà introdotta prevedendo non più di due ore settimanali di insegnamento aggiuntive. Si accede all’insegnamento dell’educazione motoria nella scuola primaria a seguito del superamento di specifiche procedure concorsuali abilitanti. Il docente di educazione motoria nella scuola primaria è equiparato, quanto allo stato giuridico ed economico, ai docenti del medesimo grado di istruzione e non può essere impegnato negli altri insegnamenti della scuola primaria.

Incremento di risorse per i presidi

In manovra entra anche un finanziamento aggiuntivo destinato alla retribuzione di posizione di parte variabile dei dirigenti scolastici. L’aumento è di 20 milioni di euro a decorrere dal 2022 del Fun (Fondo unico nazionale), e ha l’obiettivo di adeguare la retribuzione di posizione di parte variabile dei dirigenti scolastici in relazione alla complessità e alla gravosità delle attività che sono chiamati a svolgere.

Nuove soglie per il dimensionamento

Viene estesa anche all’anno scolastico 2022/2023 la misura che prevede che alle scuole costituite con un numero di alunni inferiore a 500, ridotto fino a 300 per istituti in piccole isole, comuni montani, o aree geografiche caratterizzate da specificità linguistiche, non possono essere assegnati presidi con incarico a tempo indeterminato (ne un Dsga). Queste scuole saranno assegnate a un reggente. Tale parametro era di 600 alunni, ridotto a 400 nei casi particolari sopra citati. Secondo la relazione tecnica alla manovra, la norma, quindi, proroga «per un altro anno scolastico la trasformazione di 247 istituti, finora classificati come sottodimensionati, in istituti normodimensionati, con diritto quindi all’assegnazione in via esclusiva di un preside e di un Dsga titolare».

Interventi sulle classi numerose

In manovra spunta anche una norma che consente al ministero dell’Istruzione di istituire classi in deroga ai limiti dimensionali oggi previsti al fine di favorire la migliore fruizione del diritto all’istruzione anche da parte di soggetti svantaggiati collocati in classi con numerosità prossima o superiore ai tetti attualmente fissati dalla normativa vigente. Tale deroga può operare solo nelle scuole caratterizzate da valori degli indici di status sociale, economico e culturale e di dispersione scolastica individuati dal ministero e nel limite della dotazione organica disponibile a legislazione vigente.

Contratto scuola e legge di bilancio: sindacati verso lo sciopero (ma la Cisl Scuola si sfila)

da La Tecnica della Scuola

Il Ministro convoca i sindacati per parlare delle misure sulla scuola contenute nella legge di bilancio, ma la risposta è quasi inaspettata.
Dopo i comunicati pomeridiani delle singole sigle, per nulla distensivi, in tarda serata arriva un comunicato quasi unitario (manca la firma della Cisl Scuola) che si conclude con l’annuncio della apertura formale dello stato di agitazione.
Scrivono infatti Flc-Cgil, Uil-Scuola, Snals e Gilda: “Sono state avviate le procedure di raffreddamento e conciliazione al termine delle quali, se ancora non ci saranno risposte, si procederà ad indire lo sciopero della categoria”.
Al centro della protesta c’è il rinnovo del contratto nazionale: “La legge di Bilancio in discussione in Parlamento – scrivono – non prevede risorse sufficienti a dare soddisfazione alle attese del personale e anzi, per quanto riguarda i docenti, le note tecniche spiegano che il poco che si concede deve andare a chi dimostra ‘dedizione nel lavoro’, mentre, per quanto riguarda il personale ATA, se ne ignora l’esistenza dal momento che il suo lavoro viene detto ininfluente a supportare la gestione dirigenziale e non sono previste nemmeno le risorse per prorogare i contratti del personale Ata che sta lavorando sui posti del cosiddetto organico Covid”.

Ma ci sono anche altre questioni: il superamento del precariato e la stabilizzazione del personale, la definizione di procedure strutturali per le abilitazioni, lo sblocco della mobilità, la valorizzazione del personale ATA (incremento delle risorse, concorso riservato agli assistenti amministrativi facenti funzione di DSGA, il riconoscimento dell’alta professionalità del Direttore dei Servizi generali e amministrativi), la sburocratizzazione dei processi lavorativi, la salvaguardia del sistema di istruzione da ogni intervento di autonomia differenziata.

Maturità 2022, termini e modalità di presentazione delle domande di partecipazione

da La Tecnica della Scuola

Anche quest’anno il MI ha pubblicato la nota concernente termini e modalità di presentazione delle domande di partecipazione agli esami di Stato.

Per l’a.s. 2021/22 la nota è la 28118 del 12 novembre 2021.

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Le scadenze da ricordare sono diverse.

Candidati interni

Per quanto concerne i candidati interni, per gli studenti dell’ultima classe le domande devono essere presentate dal 16 novembre 2021 al 6 dicembre 2021. L’ammissione all’esame di Stato è disposta, in sede di scrutinio finale, dal consiglio di classe, presieduto dal dirigente scolastico o da suo delegato.

Per quanto concerne invece gli studenti della penultima classe per abbreviazione per merito, la presentazione delle domande deve avvenire dal 7 dicembre 2021 al 31 gennaio 2022. In particolare, sono ammessi, a domanda, direttamente all’esame di Stato conclusivo del secondo ciclo, gli studenti che hanno riportato, nello scrutinio finale della penultima classe,
non meno di otto decimi in ciascuna disciplina o gruppo di discipline valutate con l’attribuzione di un unico voto secondo l’ordinamento vigente e non meno di otto decimi nel comportamento, che hanno seguito un regolare corso di studi di istruzione secondaria di secondo grado e che hanno riportato una votazione non inferiore a sette decimi in ciascuna disciplina o gruppo di discipline e non inferiore a otto decimi nel comportamento negli scrutini finali dei due anni antecedenti il penultimo, senza essere incorsi in non ammissioni alla classe successiva nei due anni predetti. Le votazioni non si riferiscono all’insegnamento della religione cattolica e alle attività alternative.

Candidati esterni

Per i candidati esterni le domande devono essere presentate dal 16 novembre 2021 al 6 dicembre 2021. In particolare, sono ammessi a sostenere l’esame di Stato in qualità di candidati esterni coloro che:

a) compiano il diciannovesimo anno di età entro l’anno solare in cui si svolge l’esame e dimostrino di aver adempiuto all’obbligo di istruzione;

b) siano in possesso del diploma di scuola secondaria di primo grado da un numero di anni almeno pari a quello della durata del corso prescelto, indipendentemente dall’età;

c) siano in possesso di titolo conseguito al termine di un corso di studio di istruzione secondaria di secondo grado di durata almeno quadriennale del previgente ordinamento o siano in possesso del diploma professionale di tecnico;

d) abbiano cessato la frequenza dell’ultimo anno di corso prima del 15 marzo 2022.

Per gli esterni, la procedura è informatizzata e si accede tramite utenza SPID (Sistema Pubblico di Identità Digitale)/CIE (Carta di identità elettronica)/eIDAS (electronic IDentification Authentication and Signature). Nel caso in cui il candidato sia minorenne, l’accesso alla procedura è effettuato dal genitore o da chi esercita la responsabilità genitoriale.

Ecco la tabella con tutte le scadenze

Concorso dirigente tecnico, il docente può partecipare ma solo se di ruolo. Precari sempre svantaggiati

da La Tecnica della Scuola

Grande attesa per l’imminente uscita del bando di concorso per Dirigente tecnico, che dovrebbe vedere la luce nelle prossime settimane, entro dicembre 2021.

Chi può partecipare al concorso?

Al concorso sono ammessi i dirigenti scolastici delle istituzioni scolastiche statali, ma non solo. Anche il personale docente ed educativo delle istituzioni scolastiche statali può partecipare, ma con i seguenti requisiti: anzianità di almeno 10 anni e conferma in ruolo. Insomma, ancora una volta i docenti precari hanno opportunità in meno rispetto ai docenti di ruolo, inclusa quella di partecipare al concorso per dirigente tecnico, la cui esperienza pregressa deve essere coronata da un contratto a tempo indeterminato nella scuola.

Quanto al tipo di titolo conseguito, funzionale al concorso è uno dei seguenti:

  • diploma di laurea magistrale,
  • laurea specialistica,
  • laurea conseguita in base al previgente ordinamento,
  • diploma accademico di secondo livello rilasciato dalle istituzioni dell’alta formazione artistica, musicale e coreutica,
  • diploma accademico conseguito in base al previgente ordinamento congiunto con diploma di istituto secondario superiore.

Alcuni numeri

Ad oggi il contingente complessivo dei dirigenti tecnici nelle scuole italiane è di 191 unità nell’ambito delle quali sono solo una cinquantina i posti già coperti. Per il resto servirà la selezione. Si stima che 59 nuovi dirigenti tecnici dovrebbero entrare in ruolo entro il 2022 e ulteriori 87 nel 2023, per un totale di 146 unità. Un numero che resta insufficiente,  secondo quanto afferma anche il presidente dell’Anp Antonello Giannelli, per il quale l’organico dovrebbe essere almeno quattro volte quello attuale, per un totale di circa 800 unità.

Legge di bilancio. 500 alunni per scuola, per avere diritto a un dirigente e a un Dsga esclusivi

da La Tecnica della Scuola

La Legge di bilancio attribuisce alle scuole risorse destinate a garantire negli uffici la presenza di un adeguato organico, specie in relazione alla figura del Dsga. Lo stabilisce l’articolo 111 Interventi in materia di attribuzione alle scuole di dirigenti scolastici e direttori dei servizi generali e amministrativi.

La nota di accompagnamento alla legge di bilancio chiarisce che la disposizione prevede di estendere all’anno scolastico 2022-2023 la riduzione del parametro minimo per l’assegnazione alle scuole dei dirigenti scolastici e dei Dsga.

Tale parametro, che di regola dovrebbe essere pari a 600 alunni, portato a 400 in determinati casi, è adesso fissato a 500 alunni e ridotto a 300 in determinati casi.

Quale conseguenza? 247 istituti che normalmente verrebbero considerati sottodimensionati, possono invece usufruire di dirigenti e Dsga propri ed esclusivi. La copertura finanziaria è prevista dunque per un ulteriore anno scolastico.

Quali costi per lo Stato?

Una misura che richiede fondi aggiuntivi a carico dello Stato, pari a 13 milioni di euro nel solo 2022 e 27 milioni nel 2023, assumendo come stipendio medio del Dsga 37.429 euro annui per il primo ingresso a scuola (stipendio iniziale classe 0); e come stipendio medio del Ds 101.926 euro annui.

Quanti istituti sottodimensionati? I numeri…

Sempre la nota tecnica spiega che il dato relativo al 2022-2023 si basa sui numeri dell’anno scolastico 2021-2022, che aveva visto, rispetto all’anno precedente, una crescita degli istituti sottodimensionati di 74 unità, raggiungendo un totale di 398 scuole che non avrebbero avuto diritto a un dirigente esclusivo.

Il peso schiacciante dei controlli sanitari e delle responsabilità dei dirigenti scolastici

da Tuttoscuola

In queste ore i dirigenti scolastici sono alle prese con l’applicazione delle recenti disposizioni per la gestione delle nuove regole per il controllo del personale e degli alunni con sintomi di contagio, con la verifica dei green pass, con la possibile messa in quarantena delle classi con un numero consistente di alunni con sintomi sospetti sottoposti a tamponi, con ingressi scaglionati. Molti i problemi di fronte ai quali si trovano le scuole per i quali manca una risposta. Un esempio, tra i tanti: in assenza di riscontro da parte delle autorità sanitarie, la scuola può ritenere valido per i contatti individuati il tampone fatto in farmacia?

Senza considerare anche il rapporto con i genitori, il controllo di loro ingressi a scuola con la certificazione verde, mentre con le segreterie devono fronteggiare la consueta gestione di emergenza non conclusa dei primi mesi di scuola per nominare supplenti sulle cattedre ancora scoperte.

E, per non farsi mancare niente, in diverse città, come al solito, devono anche fronteggiare le occupazioni studentesche con il rischio di dovere rispondere dei danni arrecati, se non attivano le misure di sicurezza e di prevenzione.

Questi carichi gravano su tutta la comunità scolastica, e in particolar modo sul management, dalle figure di staff al Dsga fino ovviamente al dirigente scolastico.

Un testo fotografa la situazione in cui si trovano a operare in particolare i dirigenti scolastici… “Si deve poi considerare che il dirigente scolastico si trova a vedere concentrate sulla sua figura una molteplicità di funzioni e di responsabilità che, negli altri settori della pubblica amministrazione, vengono affidati ad una pluralità di risorse dirigenziali.

A ciò si aggiunge la circostanza che il dirigente scolastico non riceve un idoneo supporto, sul piano giuridico, da parte dell’apparato amministrativo posto alle sue dipendenze.

Di seguito si riporta una ricostruzione delle complesse funzioni attualmente attribuite al dirigente scolastico ai sensi della normativa vigente.

Da ciò si ricava la necessità di incrementare la retribuzione di tali figure professionali adeguandola almeno ai livelli retributivi previsti per la dirigenza di seconda fascia del Ministero dell’istruzione. L’ambito di intervento del dirigente scolastico nell’attuale contesto normativo è ampio e complesso, e richiede competenze specifiche in campi assai eterogenei, quali, per citarne alcuni, quelli didattici e pedagogici (realizzazione del PTOF), tecnici specialistici (sicurezza degli edifici scolastici), giuslavoristici (gestione del personale)……”.

Il corsivo di cui sopra non è stato scritto da un sindacato dei dirigenti scolastici. Tutt’altro.

È soltanto la prima parte della relazione tecnica della legge di bilancio 2022 in discussione al Senato (S. 2448), a commento dell’art. 110 (Incremento del FUN per il finanziamento delle retribuzioni di posizione di parte variabile dei dirigenti scolastici).

L’ampia e completa riflessione della relazione tecnica di commento all’art. 110 merita una lettura (questo il link) non solo da parte dei dirigenti scolastici interessati (che già sono consapevoli delle responsabilità di cui sono gravati), ma anche da parte dei decisori politici e dello stesso ministro Bianchi, spesso inconsapevoli del gravame dei capi d’istituto, che Tuttoscuola ha approfonditamente presentato nel dossier “DIRIGENTI, CHE STRESS…”, ricco anche di proposte per migliorare la situazione.

Abilitazione all’insegnamento: siamo davanti ad una svolta?

da Tuttoscuola

Sono circa un milione e mezzo i docenti di scuola secondaria privi di abilitazione iscritti nelle GPS (Graduatorie Provinciali per le Supplenze).

Per tutti la possibilità di ottenere un posto di ruolo nella scuola o garantirsi temporaneamente una supplenza annuale passa necessariamente dal possesso della abilitazione, conseguibile eventualmente con il rilancio di nuovi PAS (Percorsi Abilitanti Speciali, sui quali è molto attivo il sen. Mario Pittoni, responsabile del Dipartimento Istruzione della Lega, che ha anche annunciato l’imminente attivazione di un tavolo presso il ministero dell’istruzione sul problema degli insegnanti precari di religione).

In tema di abilitazione si è svolto nella scorsa settimana un incontro tra le forze di maggioranza, presenti il ministro dell’istruzione Bianchi e la ministra dell’università Messa insieme a i capigruppo di maggioranza delle VII commissioni di Camera e Senato. L’on. Valentina Aprea (responsabile Scuola di Forza Italia) ha prospettato la necessità di prevedere corsi di laurea magistrale abilitanti per insegnare nelle scuole secondarie, anche per raggiungere l’obiettivo di avere in cattedra insegnanti giovani, abbassando l’elevata l’età anagrafica media.

La ministra Messa, sulla scia di queste considerazioni, ha accettato la sfida di percorsi abilitanti avanzando però una proposta alternativa: quella di rendere i 60 CFU (al posto degli attuali 24) abilitanti. Pertanto la soluzione che sta maturando è che tutti i corsi di laurea quinquennali (3+2) diventeranno, con l’aggiunta dei 60 crediti, abilitanti.

I 60 crediti dovrebbero integrare lezioni, laboratori e tirocinio come circolarità tra teoria, tecnica e azione pratica a partire dalla soluzione interdisciplinare dei problemi relativi all’insegnamento e all’apprendimento. E’ auspicabile inoltre che contengano crediti per le “digital skills”.

In questo modo si avvia a soluzione anche il problema delle scuole paritarie che, in base alla legge 62/2000 dovrebbero avvalersi di docenti abilitati, ma che per evidenti motivi di mancanza di abilitati si sono trovate loro malgrado a non poter adempiere.

La formazione sarà affidata esclusivamente alle università, individuando in particolare quelle adeguate a qualificare la formazione degli insegnanti, con l’obiettivo di mettere anche fine al mercato delle abilitazioni facili conseguite all’estero (Spagna e Romania in particolare), nonché a quello altrettanto lucroso di conseguimento dei 24 CFU da parte di agenzie private che operano in Italia avvalendosi (in alcuni casi in modo disinvolto) dell’autorizzazione ministeriale.

Si delinea così una filiera in cui l’università si occuperà della formazione iniziale e dell’abilitazione degli insegnanti, mentre il ministero dell’istruzione si farà carico dell’organizzazione dei concorsi e dell’anno di prova.

Nota 16 novembre 2021, AOODGOSV 28305

Ministero dell’Istruzione
Dipartimento per il sistema educativo di istruzione e di formazione
Direzione generale per gli ordinamenti scolastici, la valutazione
e l’internazionalizzazione del sistema nazionale di istruzione

Ai Direttori degli Uffici Scolastici Regionali LORO SEDI
Al Sovrintendente agli Studi della Valle d’Aosta AOSTA
Al Dirigente del Dipartimento Istruzione per la Provincia Autonoma di TRENTO
All’Intendente Scolastico per le scuole delle località ladine di BOLZANO
All’Intendente Scolastico per la scuola in lingua tedesca di BOLZANO
Al Sovrintendente Scolastico della Provincia di BOLZANO
Ai Dirigenti scolastici delle Istituzioni scolastiche statali e paritarie del secondo ciclo di istruzione LORO SEDI
e.p.c. Al Capo Ufficio Stampa SEDE
Al Capo Dipartimento SEDE

OGGETTO: Progetto di rinnovamento del curricolo del Liceo classico – Ciclo di Seminari in modalità a distanza: 17 novembre-9 dicembre 2021 Piattaforma digitale

Giornata europea delle lingue e culture antiche

“La cultura europea affonda le sue radici nella tradizione greca e latina. Non solo nella lingua, ma anche nelle scienze, nel diritto, nella filosofia. Come Paesi del Mediterraneo abbiamo quindi la grande responsabilità di valorizzare questa eredità e di trasmetterla alle ragazze e ai ragazzi non soltanto come patrimonio del passato, ma come chiave di interpretazione e di lettura della nostra contemporaneità”.

Lo ha detto il Ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi intervenendo in videocollegamento all’apertura della Prima giornata europea delle lingue e culture antiche, promossa dal Ministro dell’Istruzione francese Jean-Michel Blanquer.

All’evento, cui hanno preso parte esperti di diverse università europee sui temi dell’apprendimento e dell’insegnamento delle lingue classiche e della traduzione, dell’arte e delle relazioni tra le lingue classiche e le discipline scientifiche, sono intervenuti anche i Ministri dell’Istruzione greca Niki Kerameus e cipriota Prodromos Prodromou, insieme al Commissario alla Promozione dello stile di vita europeo e Vice-presidente della Commissione europea Margaritis Schinas.

In occasione della Giornata, i quattro Ministri hanno pubblicato una dichiarazione congiunta “impegnandosi a rafforzare la cooperazione nell’ambito dello studio del latino e del greco antico, incoraggiando e sviluppando i partenariati bilaterali e multilaterali, gli scambi e la mobilità di studenti e docenti”, con l’obiettivo “di promuoverne il rinnovamento e svilupparne l’insegnamento”. Verrà inoltre istituito “un gruppo internazionale di esperti di alto livello incaricato di riflettere su una strategia globale e internazionale di promozione e sviluppo del latino e del greco antico e presentare nuove proposte concrete”.

“Siamo desiderosi di promuovere esperienze formative ed educative significative, per dare nuovo slancio alla creazione di uno spazio europeo dell’istruzione, in cui rafforzare il valore umano e civico della tradizione classica. Le lingue, classiche e moderne, sono un modo per avvicinarsi e comprendere gli altri, per collegare mondi e allacciare relazioni. Sono uno strumento di pace”, ha sottolineato il Ministro Patrizio Bianchi.