Bambini dimenticati

Bambini dimenticati

di Vincenzo Andraous

In questo periodo ci sono inondazioni di notizie e informazioni più o meno d’elite, tutte grondanti di interesse collettivo e politico, riguardano noi tutti, la nostra vita, il nostro presente e il nostro futuro.

Vaccini, green pass, manifestazioni autorizzate, ribelli veri e ribelli inconcludenti, sindacati sul piede di guerra, governi e governicchi in linea di s-partenza. Insomma non ci facciamo mancare niente a prima vista.

Poi accade che poco lontano dai nostri confini, in altri paesi, con cui facciamo affari, ma recitiamo la parte della non condivisione per la strabordante politica della disumanità, ebbene, ci arrivano le immagini di migliaia di persone ammassate nei campi, al gelo, alla fame, soprattutto di donne e bambini ricoperti di stenti, di stracci, di disperata speranza.

Immagini di persone nei sacchi a pelo sparse nei campi, di guardiani armati fino ai denti che prendono a calci quelle sagome malamente accasciate, che aizzano i cani a mordere. Sono immagini, soltanto immagini lontane qualcuno s’appresterà a dire. Ecco però che arrivano altre notizie, non sono più comunicazioni di elite, non sono più o meno accettabili, posseggono un preciso interesse collettivo, quello della richiesta insindacabile al rispetto della vita umana.

La morte di ogni innocente infatti accorcia drammaticamente le distanze.

Ci sono persone che muoiono, ci sono bimbi che muoiono di stenti, di fame, di freddo, bambini lasciati morire.

Faccio dannatamente fatica a pensare che possa accadere ancora e nuovamente una cosa del genere, per quanto mi sforzi non riescodavvero a prendere coscienza che oltre a togliere la vita ad una persona c’è anche la più sgangherata programmazione perché accada un tale miserabile evento.

Non può essere compresa alcuna indifferenza, alcun rispetto per qualsiasi altro paese, per qualsivoglia sovranità statuale, forma di governo che non si adoperi senza se e senza ma a salvare con immediatezza soprattutto i bambini.

Lasciare morire una creatura volutamente tra sofferenze indicibili significa non possedere alcuna autorevolezza, credibilità, nessuna radice profonda per alcun potere condiviso.

Lasciare morire intenzionalmente all’agghiaccio, nel gelo della paura, nel freddo dell’abbandono, per accoglienza negata un innocente, non è cosa che possa essere risolta con una alzata di spalle, con le solite giustificazioni; in fin dei contisono ingiustizie che pesano su altri stati, quindi seppure a denti stretti non ci riguardano.

In questo macabro conteggio di chi vive e di chi muore, ci sono a sovvenzionare il baro del gioco delle tre carte, le politiche d’accatto, quelle che non consentono di sentire ma di ascoltare, quelle che non vedono ma guardano sbrigativamente al colore della sofferenza, al colore colpevole per le vittime innocenti, al colore spento di quei bambini dimenticati.

Grassi, Maritati e Mastroleo, I Costituenti di Puglia (1946–1948)

I Costituenti pugliesi alle origini della democrazia: un percorso di educazione civica

di Carlo De Nitti

“Solo chi è padrone del passato è padrone del futuro”
(G. Orwell, 1984
)

Sicuramente encomiabile è l’iniziativa assunta dalla Presidenza del Consiglio Regionale della Puglia di pubblicare il volume I Costituenti di Puglia (1946–1948) al fine di far conoscere alle giovani generazioni un momento importante della storia della nostra terra.

Questo volume, nato da un’idea di Gero Grassi, che ha coinvolto anche Alberto Maritati e Gianvito Mastroleo quali autori di una pubblicazione che dovrebbe essere attentamente studiata nelle scuole di ogni ordine e grado in un momento, qual è il presente, in cui è stata inserita, con la Legge 92 del 20 agosto 2019, in rinnovata veste, l’educazione civica (per inciso, fu introdotta per la prima volta nella scuola dall’allora Ministro della P.I., on. Aldo Moro, nel 1958).

Giova ricordare che l’educazione civica è, appunto, l’educazione del cittadino: ii giovani non possono essere cittadini partecipi del presente e del futuro senza la conoscenza approfondita delle proprie radici storiche. Un esempio? La Didattica a Distanza (con il suo famigerato acronimo  DaD), cui la scuola è stata costretta dall’emergenza sanitaria causata dalla pandemia, l’aveva inventata Aldo Moro, quando, con un’intesa tra il Ministero della Pubblica Istruzione (che reggeva) e la Rai, nacque il programma del Maestro Alberto Manzi, Non è mai troppo tardi, che ha consentito a milioni di italiani di uscire dallo stato di minorità cui li costringeva l’analfabetismo e di conseguire la licenza elementare (cfr. p. 142).

Come scrive Gero Grassi, già autore del progetto regionale “Moro vive” realizzato nelle scuole, “diversi dirigenti e docenti giustamente sottolineano che i 31 pugliesi presenti alla Costituente sono ormai ignoti non solo agli studenti ma anche a loro stessi e ai pugliesi in generale” (p. 13).
Gero Grassi ha interagito per la realizzazione di questo volume con due personalità quali Alberto Maritati e Gianvito Mastroleo: “è un piacere ed un onore per me collaborare con due persone che hanno un’impostazione politico-culturale diversa dalla mia. Questo arricchisce Il libro e dà anima e corpo alle tradizioni politiche che hanno partorito la Costituzione: la democristiana, la comunista e la socialista. Parliamo di partiti oggi ormai scomparsi la cui storia nessuno potrà mai cancellare. Partiti che avevano una storia ed una prospettiva. Partiti identitari e di massa con sezioni, iscritti, organizzazione, bandiere, idee. Non partiti virtuali” (p. 14).

Obiettivi dichiarati ed ampiamente centrati, del volume – scrive Gero Grassi – sono quelli di far “conoscere la Storia ed il pensiero dei Costituenti pugliesi” e “fornire a tantissimi docenti uno strumento agile sulla nascita della Repubblica” (p. 14).  

I tre Autori di questo volume sono uomini di preclara fama per dover essere presentati diffusamente in queste righe: il cursus honorum pubblico di ciascuno di loro al servizio dei cittadini pugliesi è ampiamente noto a chi dedicherà a (e far) leggere ed a (far) studiare questo volume che ha visto la luce a Lecce, per i tipi della casa editrice Milella, nella Linea editoriale “Leggi la Puglia” della Presidenza del Consiglio Regionale Pugliese.

I profili – le storie di vita – dei trentuno costituenti pugliesi e dell’unica donna pugliese eletta nella circoscrizione camerale Napoli – Caserta sono un contributo tanto notevole quanto efficace ad una didattica del ‘900 pugliese sia negli istituti del primo ciclo quanto in quelli del secondo. Interessante è anche la ricostruzione, di certo non esaustiva, ma sicuramente efficace di quel periodo decisivo della storia italiana che va dal 25 luglio 1943, il momento in cui cade il fascismo e Mussolini viene arrestato, al 1 gennaio 1948, allorquando entra in vigore della costituzione repubblicana, firmata qualche giorno prima dal Capo provvisorio dello Stato, Enrico De Nicola (1877 – 1959) dal Presidente dell’Assemblea Costituente, Umberto Terracini (1895 – 1983),  e dal Capo del Governo Alcide De Gasperi (1881 – 1954) (pp. 17 – 33).  

Ad un vecchio uomo di scuola, com’è chi scrive queste righe, preme sottolineare la valenza profondamente didattica ed educativa del volume pubblicato dalla Presidenza del Consiglio  Regionale della Puglia. Circa venti anni fa, un professore di lettere, giunto da poco in una scuola media – a quel tempo, si chiamava così l’attuale scuola secondaria di primo grado – del quartiere murattiano di Bari, allora ben governata da un’eccellente dirigente scolastica attualmente in quiescenza, realizzò un laboratorio pluridisciplinare curricolare di storia ed educazione civica intitolato “Leggiamo la Costituzione? Studi storico-civici” (si veda, al riguardo, “Scuola e didattica”, XLVIII, 2003, 15, pp. 89-90).

Esso coinvolse i docenti di educazione artistica, di matematica e di informatica, mettendo capo ad un opuscolo realizzato dai discenti tredici/quattordicenni di una classe terza.
In quel remoto laboratorio, furono tematizzati gli argomenti di storia: la caduta del fascismo, la Resistenza, la liberazione dal nazifascismo, l’elezione dell’Assemblea Costituente, la proclamazione della Repubblica; studiata la storia della Costituente con la Commissione dei 75; rilevato il ruolo delle donne elette nell’Assemblea stessa e presi in esame gli eletti in Puglia alla Costituente medesima. L’elezione dell’Assemblea Costituente, il Referendum istituzionale e la conseguente nascita della Repubblica furono avvicinati dai discenti attraverso le prime pagine del quotidiano barese “La Gazzetta del Mezzogiorno”, allora diretto da Luigi de Secly (1897 – 1970).

Avvicinarsi a questo libro è stato, per chi scrive, un felice rammemorare quel lontano laboratorio ed i suoi protagonisti – gli alunni, ormai uomini e donne, cittadini pleno iure, ed i colleghi, tutti in quiescenza – ed il dono della consapevolezza che, in quella circostanza, non aveva sbagliato strategia.

Conoscere la storia della propria regione e contestualizzarla in quella italiana, europea e mondiale è un obiettivo da tenere sempre presente allora quando ci si accinge ad insegnare storia. Conoscere il proprio passato é la migliore garanzia per la comprensione critica del presente e la progettazione responsabile del futuro, personale e sociale. Le esperienze ed i valori trasmessi con questo volume non sono né obsoleti né passati di moda e la Costituzione è la prova che uomini e donne di diversa estrazione politico-culturale, possono/devono lavorare insieme per il bene dei cittadini, anche senza pensarla allo stesso modo. La politica si nutre e si deve nutrire del rapporto dialettico tra i protagonisti: ove questo non esistesse, si arriverebbe alla all’omologazione del pensiero all’uniformizzazione delle coscienze: due fenomeni che porrebbero il Paese al di fuori della dialettica democratica, quella fondata sulla Costituzione repubblicana, democratica ed antifascista.

Gero Grassi, Alberto Maritati e Gianvito Mastroleo, in solido, ci conducono magistralmente, attraverso le pagine del volume, a scoprire o ri-scoprire le storie di uomini – famosi o dimenticati che siano ora, dopo oltre settanta anni – che hanno animato la Puglia, rendendola protagonista e destinataria delle loro battaglie politiche.

Particolarmente evocative sono le pagine dedicate – con affetto filiale – da Gero Grassi alla personalità di Aldo Moro (pp. 127 – 145) ed alla sua vita così densa ed intensa: dalla nativa Maglie al martirio nei cinquantacinque giorni più drammatici della Repubblica Italiana. Chi scrive li ha vissuti da diciassettenne, che ha conseguito il suo diploma di maturità nella sessione del 1978, due mesi dopo l’uccisione di Aldo Moro.

Tutto da leggere e da meditare il discorso, integralmente riportato (pp. 133 – 143), tenuto dal trentenne Moro nell’Aula durante la seduta del 13 marzo 1947: “poesia democratica”, lo definisce Grassi.

Questo libro è sommamente fruibile dai discenti delle scuole secondarie di primo e secondo grado in quanto consente ai docenti di fare ricerca e di lavorare su argomenti fondamentali per la nostra convivenza civile.

La tradizionale storia “nazionale” /  “europea” (italo/eurocentrica, quella dei libri scolastici di storia, per intendersi facilmente) può essere arricchita ed inverata da quella “locale”: parafrasando Immanuel Kant (1724 – 1804), la prima senza la seconda rischia di essere vuota, la seconda senza la prima rischia di essere cieca. 

Il nuovo Piano Educativo Individualizzato

Il nuovo Piano Educativo Individualizzato. Il lungo e travagliato excursus normativo: dalla Legge 104/92 alla recente sentenza della Corte di Cassazione. Stato dell’Arte e conseguenze sugli adempimenti scolastici.

di Carmelo Salvatore Benfante Picogna, Zaira Matera, Dario Angelo Tumminelli

Il P.E.I. (Piano Educativo Individualizzato) è lo strumento operativo di progettazione educativa e didattica di cui le Istituzioni scolastiche si avvalgono al fine di attuare la piena inclusione, realizzando un ambiente di apprendimento che promuova lo sviluppo delle alunne e degli alunni disabili e il soddisfacimento dei loro bisogni educativi. Prima di arrivare al punto focale dell’argomento proposto iniziamo questo articolo di grande attualità con una breve riflessione sull’inclusione, ripercorrendo le tappe di un lungo iter legislativo.

Cos’è l’inclusione

Il concetto di “inclusione” è, tutto sommato, abbastanza recente e riflette le convinzioni sociali, filosofiche, culturali e politiche che hanno accompagnato il processo di aprire la scuola e la società a tutte le persone, a prescindere dalle loro condizioni psichiche, fisiche e sociali. Si è arrivati parlare di inclusione come conseguenza dell’evoluzione dei processi di inserimento (anni ’70-‘80), integrazione (anni ’90-2000) come è possibile rinvenire nelle Linee guida per l’integrazione scolastica degli alunni con disabilità del 2009.

A partire da questo documento, infatti, si riprende la concezione bio-psico-sociale dell’I.C.F. (International Classification of Functioning, elaborato nel 2001 dall’OMS) alla quale si guarda, oggi, come modello di riferimento per tutte le politiche (sociali, scolastiche, sanitarie ecc.) da mettere in atto per l’inclusione.

La sfida o, meglio, l’obiettivo più alto da raggiungere era quello di realizzare situazioni di sostanziale inclusione scolastica, di buona qualità. Una delle caratteristiche distintive della scuola italiana è la particolare attenzione verso l’inclusione che si è affermata nel corso dei decenni con un excursus legislativo che ci ha condotto alla situazione attuale: dall’originaria esclusione da qualsiasi intervento educativo, alla separazione in scuole speciali, all’inserimento e all’integrazione nella scuola di tutti, fino alla nuova e più recente prospettiva di inclusione nella scuola per  e con tutti, secondo approcci progressivamente più aperti alla cura educativa di bisogni differenti, alle inclusione di tutte le diversità.

Oggi il percorso di inclusione ci appare quasi scontato ma invero è frutto di un lungo e faticoso iter legislativo che parte dai lontani anni ’70. L’inserimento degli alunni disabili nella scuola di tutti, a partire dagli inizi degli anni Settanta, rappresenta una tappa importante del processo di democratizzazione della scuola che trova il suo manifesto pedagogico negli scritti di Don Milani e nel suo motto “I Care“, “Me ne importa, mi sta a cuore“, simbolo di una scuola che deve aprirsi e garantire le stesse opportunità a tutti. Si parlò inizialmente di integrazione degli alunni disabili con la Legge 30 marzo 1971, n. 118 “Conversione in legge del decreto-legge 30 gennaio 1971, n. 5, e nuove norme in favore dei mutilati ed invalidi civili” pubblicata in Gazzetta Ufficiale, Serie Generale n. 82 del 02 aprile 1971.

La normativa era in continua evoluzione e con la relazione del 1975 della compianta Sen. Franca Falcucci, divenuta poi ministro dell’istruzione tra il 1982 e il 1987, si prese finalmente atto delle difficoltà e delle carenze registrate nell’attuazione della norma tracciando le coordinate fondamentali che avrebbero successivamente portato alla Legge 4 agosto 1977, n. 517 “Norme sulla valutazione degli alunni e sull’abolizione degli esami di riparazione nonché’ altre norme di modifica dell’ordinamento scolastico” pubblicata in Gazzetta Ufficiale Serie Generale n. 224 del 18 agosto 1977, nota al grande pubblico come Legge “Falcucci”. Essa stabilisce con chiarezza che l’integrazione scolastica degli alunni con disabilità si attua mediante la loro presa in carico da parte dell’intero Consiglio di Classe e attraverso l’introduzione dell’insegnante specializzato per le attività di sostegno.

Perseguiamo in questo excursus ricordando tre importanti provvedimenti normativi:

  • la Legge 5 febbraio 1992, n. 104 “Legge-quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate” pubblicata in Gazzetta Ufficiale Serie Generale n. 39 del 17 febbraio 1992 – Suppl. Ordinario n. 30, un pilastro normativo ancora oggi;
  • la Legge 8 ottobre 2010, n. 170 “Nuove norme in materia di disturbi specifici di apprendimento in ambito scolastico” pubblicata in Gazzetta Ufficiale Serie Generale n. 244 del 18 ottobre 2010 meglio nota al pubblico come legge sui “Disturbi Specifici dell’Apprendimento” (D.S.A.);
  • Il Decreto Legislativo del 13 aprile 2017 n. 66, “Norme per la promozione dell’inclusione scolastica degli studenti con disabilità”, decreto attuativo del comma 181 della Legge 107 del 2015 nota come “Buona scuola”, novellato dal D. Lgs. 96/2019.

Una normativa certamente molto complessa, reputata oggi come la migliore al mondo, segno evidente di uno stato civile e democratico. Di questo lungo cammino, dal secolo scorso ad oggi, emerge un percorso normativo che ha interessato non soltanto la legislazione primaria ma anche quella secondaria e che, per comodità concettuale e di esposizione, può dividersi in più fasi non soltanto storiche ma anche, e soprattutto, ideologiche che vedono un primo periodo ante repubblicano, un successivo periodo che potremmo definire “costituzionale” seguito da ulteriori tre fasi corrispondenti ed identificabili con i concetti pedagogici di “inserimento”, “integrazione” e, per arrivare più vicino a noi, di “inclusione”.

Piace ricordare in questa trattazione e, soprattutto, condividere il pensiero degli autori Booth e Aisnscow (2014), l’approccio culturale verso l’inclusione deve essere universalistico, ispirandosi alla giustizia sociale come equità, riguardare tutti e ciascuno di noi, differenziando strategie e risorse in modo equanime, efficace ed efficiente. Un processo senza fine, in continuo divenire che migliora giorno dopo giorno l’inclusività delle nostre scuole. Siamo distanti, dunque, da un certo filone di pensiero che si è evoluto in quest’ultimi anni i cosiddetti “inclusioscettici” di cui parlano ampliamente Ianes e Augello (2019), ovviamente discostandosene completamente.

Gli “inclusioscettici”, infatti, ritengono che l’inclusione “assoluta” non esista: gli alunni con gravissime disabilità intellettive e cognitive non potranno mai raggiungere pienamente l’inclusione e dunque si dovranno necessariamente accettare forme di inclusione “parziali”. Niente di più lontano dal nostro pensiero! Una scuola inclusiva è e dev’essere quella che riesce a ridurre il più possibile le barriere fisiche, psicologiche e sociali (atteggiamenti, pregiudizi, etichette) fornendo il maggior numero possibile di facilitatori all’apprendimento e alla partecipazione sociale.

Fatta questa necessaria ma utile premessa,

ci addentriamo nel cuore dell’argomento con l’introduzione del nuovo P.E.I. Piano Educativo Individualizzato

Cos’è il nuovo P.E.I.?

Per rispondere a questo interrogativo si riporta lo stralcio dell’art. 2 “Formulazione del Piano Educativo Individualizzato” del Decreto Interministeriale 29 dicembre 2020, n. 182 “Adozione del modello nazionale di piano educativo individualizzato e delle correlate linee guida, nonché modalità di assegnazione delle misure di sostegno agli alunni con disabilità, ai sensi dell’articolo 7, comma 2-ter del decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 66

  1. è elaborato e approvato dal GLO;
  2. tiene conto dell’accertamento della condizione di disabilità in età evolutiva ai fini dell’inclusione scolastica, di cui all’articolo 12, comma 5, della legge 104/1992 e del Profilo di Funzionamento, avendo particolare riguardo all’indicazione de facilitatori e delle barriere, secondo la prospettiva bio-psico-sociale alla base della classificazione ICF dell’OMS;
  3. attua le indicazioni di cui all’articolo 7 del D.Lgs. 66/2017;
  4. è redatto a partire dalla scuola dell’infanzia ed è aggiornato in presenza di nuove e sopravvenute condizioni di funzionamento della persona;
  5. è strumento di progettazione educativa e didattica e ha durata annuale con riferimento agli obiettivi educativi e didattici, a strumenti e strategie da adottare al fine di realizzare un ambiente di apprendimento che promuova lo sviluppo delle facoltà degli alunni con disabilità e il soddisfacimento dei bisogni educativi individuati
  6. nel passaggio tra i gradi di istruzione e in caso di trasferimento, è accompagnato dall’interlocuzione tra i docenti dell’istituzione scolastica di provenienza e i docenti della scuola di destinazione e, nel caso di trasferimento, è ridefinito sulla base delle diverse condizioni contestuali e dell’ambiente di apprendimento dell’istituzione scolastica di destinazione; 
  7. garantisce il rispetto e l’adempimento delle norme relative al diritto allo studio degli alunni con disabilità ed esplicita le modalità di sostegno didattico, compresa la proposta del numero di ore di sostegno alla classe, le modalità di verifica, i criteri di valutazione, gli  interventi  di  inclusione  svolti  dal  personale  docente  nell’ambito  della  classe  e  in progetti specifici, la valutazione in relazione alla programmazione individualizzata, nonché gli interventi di assistenza igienica e di base, svolti dal personale ausiliario nell’ambito del plesso  scolastico  e  la  proposta  delle  risorse  professionali  da  destinare  all’assistenza, all’autonomia e alla comunicazione, secondo le modalità attuative e gli standard qualitativi previsti dall’Accordo di cui all’articolo 3, comma 5-bis, del D.Lgs. 66/2017.

Con il Decreto Interministeriale 182/2020 sono state definite le nuove modalità per l’assegnazione delle misure di sostegno, previste dal Decreto Legislativo 66/2017, e i modelli di Piano Educativo Individualizzato (P.E.I.), da adottare da parte delle istituzioni scolastiche. L’adozione del nuovo strumento e delle correlate linee guida implica di tornare a riflettere sulle pratiche di inclusione e costituisce una guida per la loro eventuale revisione in chiave migliorativa. In prima battuta il nuovo P.E.I. avrebbe dovuto sostituire il precedente, contenendo per intero le indicazioni del nuovo impianto, su base I.C.F., proposte dal Ministero dell’Istruzione di concerto con il Ministero dell’Economia e Finanze, tramite il Decreto Interministeriale n. 182/2020 e dei suoi allegati (Linee guida, i 4 Modelli di P.E.I. – infanzia – primaria – scuola secondaria di primo e secondo grado, Allegati C e C1).

Le nuove Linee guida sono un utilissimo strumento operativo per “la definizione delle modalità, anche tenuto conto dell’accertamento di cui all’articolo 4 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, per l’assegnazione delle misure di sostegno di cui all’articolo 7 del D.lgs. 66/2017 e il modello di PEI, da adottare da parte delle istituzioni scolastiche”.

Per maggiori informazioni e approfondimenti si rimanda alla consultazione del sito ufficiale del Ministero dell’Istruzione, “Inclusione e nuovo PEI”, accessibile direttamente dal link https://www.istruzione.it/inclusione-e-nuovo-pei/index.html

Ma, in maniera quasi del tutto inaspettata, il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio Sez. III bis, n. 9795/2021 del 14 settembre 2021, ha annullato il citato D.I. 182/2020 (adozione nuovi modelli P.E.I. e linee guida correlate) per cui le Istituzioni scolastiche sono state chiamate ad utilizzare i vecchi modelli precedenti, integrandoli con alcune novità, per le parti non rigettate dal Tar del Lazio, che vedremo di seguito. La sentenza è consultabile sul sito Giustizia Amministrativa al seguente link:

https://www.giustizia-amministrativa.it/portale/pages/istituzionale/visualizza

Le motivazioni alla base dell’annullamento da parte del Tar Lazio, sono le seguenti:

  • sono state dettate norme generali innovative in materia di inclusione utilizzando lo strumento del Decreto anziché, come sarebbe dovuto avvenire, un regolamento, in osservanza delle norme procedimentali per la emanazione dei regolamenti;
  • è stata prevista una composizione del GLO diversa da quella contemplata dalla normativa primaria;
  • è stato previsto l’esonero di discipline per alcune categorie di studenti con disabilità.

Sono state, infine, annullate anche tutte le nuove modalità di determinazione del sostegno didattico in base al range predeterminato e in base al cosiddetto “debito di funzionamento”.

Il T.A.R., inoltre, ha osservato che l’Amministrazione non avrebbe potuto emanare il nuovo modello di P.E.I. senza la previa disciplina delle modalità di accertamento della disabilità e del profilo di funzionamento. Il Ministero dell’Istruzione, a seguito della sentenza ha emanato, la nota n. 2044 del 17 settembre 2021, avente come oggetto “Indicazioni operative per la redazione dei PEI per l’a.s.2021/2022” in cui fornisce chiare informazioni sulla compilazione del P.E.I., alla luce della sentenza del T.A.R. Il Ministero ha ricordato che “in materia, resta vigente il decreto legislativo n. 66/2017 e ss.mm.ii. in cui sono contenute indicazioni dettagliate al fine di assicurare la partecipazione di tutti i soggetti coinvolti nel progetto di inclusione relativamente:

  1. al Piano Educativo Individualizzato-PEI (Art. 7, comma 2), con riferimento alle modalità e ai tempi di redazione; all’individuazione degli obiettivi educativi e didattici; etc.
  2. ai Gruppi per l’inclusione scolastica (Art. 9) e, nello specifico, ai GLO – Gruppi di Lavoro Operativo per l’inclusione, con particolare riguardo alla composizione e alle sue funzioni (comma 10) oltre che alla partecipazione degli studenti (comma 11).

Il Ministero dell’Istruzione vuole “dare continuità all’azione educativa e didattica a favore di bambini e bambine, alunni e alunne, studenti e studentesse con disabilità, nel rispetto delle norme sancite dalla Carta Costituzionale e dell’assoluta preminenza del diritto allo studio.”

In buona sostanza si deve adottare la modulistica che fino ad oggi si è utilizzata, riadattandola a quello che viene esplicitato al contenuto degli artt. 7 e 9 del Decreto Legislativo del 13 aprile 2017 n. 66, “prestando attenzione a non confliggere con i motivi di censura indicati nella sentenza” aggiungendo opportunamente delle specifiche sezioni che riguardano, in particolar modo, il profilo bio-psico-sociale. “In particolare, si dovrà tener conto dei motivi di censura del ricorso incidenti nel merito, tra cui:

  1. Composizione e funzioni del GLO;
  2. Possibilità di frequenza con orario ridotto;
  3. Esonero dalle materie per gli studenti con disabilità;
  4. Assegnazione delle risorse professionali per il sostegno e l’assistenza.”

A titolo di esempio si riporta un approfondimento con le indicazioni di massima inserite nella nota summenzionata

Approfondimento << Composizione e funzioni del GLO: si ritiene opportuno che nel funzionamento di tale organismo
non siano poste limitazioni al numero degli esperti indicati dalla famiglia, anche se retribuiti dalla stessa, considerato che diversamente si conferirebbe al dirigente scolastico un potere di autorizzazione – che ad  avviso dei giudici del TAR non ha un espresso riferimento in normativa – incidente sulle garanzie  procedimentali delle famiglie e/o degli alunni con disabilità (Art. 3 e 4, DI 182/2020);
Possibilità di frequenza con orario ridotto: non può essere previsto un orario ridotto di frequenza
alle lezioni dovuto a terapie e/o prestazioni di natura sanitaria – con conseguente contrasto con le
disposizioni di carattere generale sull’obbligo di frequenza – in assenza di possibilità di recuperare le ore perdute [Art. 13, comma 2, lettera a) DI 182/2020];
Esonero dalle materie per gli studenti con disabilità: non può essere previsto un esonero
generalizzato degli alunni con disabilità da alcune attività della classe, con partecipazione ad attività di  laboratorio separate, in contrasto con le disposizioni di cui al d.lgs. n. 62/2017, in cui la possibilità di esonero è contemplata per i soli studenti con DSA (disturbi specifici dell’apprendimento), qualora siano presenti ulteriori comorbilità adeguatamente certificate, e soltanto per le lingue straniere, peraltro previo assenso della famiglia e deliberazione del consiglio di classe (Art. 10, comma 2, lettera d) DI 182/2020).
Assegnazione delle risorse professionali per il sostegno e l’assistenza: in assenza di una modifica
effettiva delle modalità di accertamento della disabilità in età evolutiva e delle discendenti certificazioni – che dovrà attuarsi mediante l’adozione delle Linee guida da parte del Ministero della Salute – non si è ancora realizzato, in concreto, il coordinamento tra certificazioni/profili di funzionamento e le modalità di assegnazione delle ore di sostegno, ovvero di redazione del PEI. Pertanto, non si possono predeterminare, attraverso un “range”, le ore di sostegno attribuibili dal GLO, con stretto legame dello stesso rispetto al “debito di funzionamento ed esautorazione della discrezionalità tecnica dell’organo collegiale” (Art. 18, DI 182/2020)
>>

È utile, inoltre,  ricordare che dal sito ufficiale del Ministero dell’Istruzione “Inclusione e nuovo PEI” è possibile accedere ad una apposita sezione FAQ in continuo aggiornamento, con domande e risposte in merito alla compilazione alla luce della sentenza TAR accessibile direttamente dal link https://www.istruzione.it/inclusione-e-nuovo-pei/faq.html

Il Ministero dell’Istruzione aveva impugnato innanzi al Consiglio di Stato la sentenza n. 9795/2021 del T.A.R. del Lazio, per chiederne la riforma. Ma lo scorso 7 novembre 2021 l’adito giudice ha rigettato domanda di concessione di misura monocratica cautelare, fissando per la discussione la Camera di Consiglio del 25 novembre 2021.

La questione, dunque, sembra non essere chiusa definitivamente, in attesa dell’esito della trattazione camerale.

Riferimenti normativi

  • COSTITUZIONE ITALIANA articoli 2, 3, 4, 30,32, 33, 34 e 38
  • LEGGE 30 marzo 1971, n. 118 “Conversione in legge del decreto-legge 30 gennaio 1971, n. 5, e nuove norme in favore dei mutilati ed invalidi civili
  • LEGGE 4 agosto 1977, n. 517 “Norme sulla valutazione degli alunni e sull’abolizione degli esami di riparazione nonché’ altre norme di modifica dell’ordinamento scolastico
  • LEGGE 5 febbraio 1992, n. 104, “Legge-quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate
  • LEGGE 8 ottobre 2010, n. 170 “Nuove norme in materia di disturbi specifici di apprendimento in ambito scolastico
  • LEGGE 13 luglio 2015, n. 107, “Riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione e delega per il riordino delle disposizioni legislative vigenti”, e in particolare il comma 7, lettera l, dell’articolo unico;
  • DECRETO LEGISLATIVO 13 aprile 2017, n. 66, “Norme per la promozione dell’inclusione scolastica degli studenti con disabilità, a norma dell’articolo 1, commi 180 e 181, lettera c), della legge 13 luglio 2015, n. l07”;
  • DECRETO INTERMINISTERIALE 29 dicembre 2020, n. 182 “Adozione del modello nazionale di piano educativo individualizzato e delle correlate linee guida, nonché modalità di assegnazione delle misure di sostegno agli alunni con disabilità, ai sensi dell’articolo 7, comma 2-ter del decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 66
  • TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Lazio Sez. III bis, sentenza n. 9795/2021 del 14 settembre 2021
  • NOTA MI n. 2044 del 17 settembre 2021

Sitografia

Bibliografia

  • Benfante Picogna, C.S. Ricerca sulla percezione della disabilità nelle scuole della provincia di Caltanissetta. Editrice Libreriauniversitaria.it – Webster – Padova, giugno 2014;
  • Benfante Picogna, C.S. L’esercizio del diritto all’istruzione degli alunni con bisogni educativi speciali Paruzzo Editore, Caltanissetta, 2012;
  • Benfante Picogna, C.S. Docente di sostegno e docente curricolare. Handicap e scuola, n. 143, anno XXIV gennaio-febbraio 2009;
  • Booth T., Ainscow M. Nuovo Index per l’inclusione. Percorsi di apprendimento e partecipazione a scuola. A cura di Fabio Dovigo. Roma, Carocci Faber, 2014;
  • Ciccone D., Stornaiuolo R., TFA Sostegno Manuale di preparazione. Roma, Tecnodid, 2020;
  • Spinosi M., Dutto M., Maloni L., Guida ai concorsi, manuale per la scuola secondaria. Roma, Tecnodid,  2020;
  • Ianes D., Cramerotti S., Prova Scritta di ammissione TFA Sostegno, Trento, Erickson 2020;
  • Ianes D., Fogarolo F., Cramerotti S., Governare l’inclusione – Concorso Dirigente Tecnico 2021 Cap. 9. Milano, Guerrini e Associati 2021.

Equipollenza, indicazioni per il riconoscimento di un titolo di studio conseguito all’estero

da OrizzonteScuola

Di redazione

L’Ufficio scolastico di Vercelli ha pubblicato una nota con le indicazioni utili sull’equipollenza. L’equipollenza è la procedura mediante la quale un titolo di studio conseguito all’estero viene riconosciuto, a tutti gli effetti giuridici, ad un titolo presente nell’ordinamento italiano. Può essere riconosciuto corrispondente ad un diploma italiano solo un titolo di studio finale conseguito all’estero al termine di un percorso scolastico.

Chi può fare domanda

Per i titoli scolastici (non universitari):

  • Cittadini di Stati Membri dell’Unione Europea
  • Cittadini degli Stati aderenti all’Accordo sullo Spazio economico europeo
    (Norvegia, Islanda, Lichtenstein, San Marino)
  • Cittadini della Confederazione Elvetica (Svizzera)
  • Titolari dello status di rifugiato o di protezione sussidiaria

L’equipollenza ad un diploma di secondo grado non può essere rilasciata prima del compimento del 18 anno di età.
I cittadini non comunitari, per conseguire il diploma di 1 grado devono rivolgersi ai CPIA e per il diploma di 2 grado agli Istituti di Istruzione Superiore.

A chi rivolgersi

Diploma conclusivo dei corsi di istruzione di 1° grado (scuola media): Ufficio Scolastico Territoriale della provincia di residenza
Diploma conclusivo dei corsi di istruzione di 2° grado (diploma maturità): Qualsiasi Ufficio Scolastico Territoriale.

I requisiti necessari per ottenere il riconoscimento di un titolo di studio, conseguito all’estero con un corrispondente italiano riguardano solo ed esclusivamente il completamento degli studi del curriculum seguito ovvero il titolo finale inferiore o
superiore (Licenza Elementare, Media e Scuola Superiore).

“Per evitare problemi con gli alunni che vanno per brevi periodi all’estero e che conseguono un titolo secondario – precisa alla nostra redazione Gennaro Palmisciano, consulente dell’Ufficio equipollenze di Roma- che sono richiesti ulteriori requisiti, ovvero

– aver frequentato corsi scolastici all’estero per almeno due anni.

Tanto esclude i cittadini italiani in mobilità internazionale (quelli che restano all’estero fino ad un solo anno) dal conseguimento dell’equipollenza.

– aver frequentato un percorso scolastico della durata di almeno 12 anni, nel caso di equipollenza a titolo secondario di II grado. In molti stati sudamericani (Perù, Brasile, Venezuela, ecc.) la secondaria II grado si conclude dopo 11 anni.

Se gli studi in quello stato estero prevedono percorsi più brevi dei 12 anni, in generale, l’aspirante per ottenere equipollenza deve esibire documentazione integrativa di un ulteriore percorso secondario o terziario.

Infine, la certificazione attestante la conoscenza della lingua italiana può essere esaustiva per la concessione dell’equipollenza per il titolo di secondaria primo grado, mentre per l’equipollenza per il titolo di secondaria II grado la conoscenza della letteratura italiana, da accertare, esige quasi sempre la prova integrativa”.

Nota e modello domanda

Tredicesima docenti e ATA 2021 con stipendio dicembre in anticipo: calcolo, a chi spetta

da OrizzonteScuola

Di redazione

Dicembre, mese delle vacanze natalizie e dello stop dalle lezioni per studenti e docenti, ma anche il mese della tredicesima per tutto il personale docente e ATA delle scuole. Quando arriva la gratifica natalizia e a chi spetta?

Come si calcola la tredicesima

Il calcolo della tredicesima avviene secondo le indicazioni incluse nei CCNL dei vari comparti.

Alcune voci contrattuali di riferimento sono generalmente:

  • il minimo contrattuale o paga base tabellare,
  • l’indennità di contingenza,
  • gli eventuali superminimi assorbibili o non, orari o mensili,
  • gli scatti di anzianità,
  • l’eventuale EDR o terzo elemento

Più tutti gli elementi presenti in maniera fissa nella parte alta del cedolino paga.

A chi spetta

La tredicesima spetta a docenti e personale ATA con contratto a tempo indeterminato e con contratto a tempo determinato fino al termine delle attività o annuali (al 30 giugno o 31 agosto). I supplenti temporanei ricevono invece mensilmente, nell’ambito del contratto di lavoro, i ratei spettanti della tredicesima.

Quando arriva

Il decreto-legge 350/2001 ha stabilito che lo “stipendio e la tredicesima mensilità dovute al personale statale possono essere corrisposti a decorrere dal 7 dicembre sulla base degli scaglionamenti stabiliti in apposito calendario predisposto dal Ministero dell’economia e delle finanze, d’intesa con la Banca d’Italia”.

Solitamente la tredicesima arriva circa a metà dicembre insieme allo stipendio mensile, in anticipo rispetto alla data canonica del 23.

Bianchi per il 25 novembre: la scuola educhi al rispetto delle donne

da La Tecnica della Scuola

In occasione del 25 novembre, Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, il ministero dell’Istruzione, con una circolare, ha chiesto alle scuole di prevedere momenti di approfondimento sui temi connessi alla ricorrenza che questa data, stabilita dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, evoca. Tutti gli Stati vengono sollecitati a organizzare attività di sensibilizzazione dell’opinione pubblica sul tema della violenza contro le donne, ponendo particolare attenzione al tema del rispetto, anche con riferimento all’articolo 3 della Costituzione.

E per l’occasione Patrizio Bianchi  ha sottolineato, nella circolare, di avviare attività per coinvolgere e far riflettere gli studenti, il personale scolastico e quello amministrativo, la cittadinanza sui temi al centro della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, “perché, come dimostrano le statistiche e le cronache degli ultimi giorni, la questione del rispetto di ogni persona e del contrasto di qualsiasi tipo di violenza, abuso e discriminazione rimane una delle sfide più urgenti da affrontare”.

In modo particolare, sottolinea Bianchi, gli studenti sono invitati a celebrare attivamente la Giornata, insieme ai loro docenti, esprimendo le proprie riflessioni attraverso opere grafiche, video, foto, flash-mob, dibattiti.

“La scuola educa al rispetto. Lo fa ogni giorno dell’anno grazie all’impegno di dirigenti scolastici, docenti, di tutto il personale. Ma giornate internazionali come quella del 25 novembre continuano ad avere una funzione importante, perché richiamano l’attenzione su questioni fondamentali per ogni persona e per tutta la collettività: dobbiamo vivere in società solidali, che garantiscano pari opportunità e rifiutino la violenza. È a partire dalla scuola che possiamo costruirle. Per questo, vogliamo coinvolgere in maniera più intensa studentesse e studenti, per richiamarli all’azione, a esprimere le proprie opinioni”.

Anche il ministero parteciperà alla Giornata con diverse iniziative rivolte sia al personale amministrativo sia alla cittadinanza.

Già a partire dal pomeriggio del 24 novembre e nella Giornata del 25, la facciata del Palazzo dell’Istruzione, su Viale Trastevere, a Roma, sarà illuminata di rosso, mentre nella mattinata del 25 ci sarà un flash-mob, organizzato in collaborazione con l’Istituto di Istruzione Superiore Statale Cine-tv Roberto Rossellini, per invitare cittadine e cittadini alla riflessione. Saranno distribuiti fiocchi rossi al personale e sarà allestita, all’interno del Ministero, una mostra con i lavori delle studentesse e degli studenti che hanno partecipato al Concorso nazionale “Il Nuovo Codice Rosso”.

Il mestiere del prof? Ormai è lavoro rischioso

da La Tecnica della Scuola

Ormai sembra chiaro a tutti, la funzione docente non è più quella di almeno un ventennio fa, quando il prof in qualche modo era stimato, tenuto in considerazione e non aveva bisogno di imporre la sua figura alla classe, compresa la famiglia che su di lui contava per l’educazione del figlio. Il quale, se prendeva un brutto voto o faceva qualche marachella, era lui il primo responsabile, giammai il docente: non è più così.

Alla prima reprimenda, bocciatura compresa, i genitori ricorrono ai tribunali che per lo più danno loro ragione, mentre le responsabilità, con gli anni, sono aumentate, tant’è che dalle gite scolastiche alla vigilanza a scuola e anche durante la ricreazione, l’unico perseguibile è il docente. In altri termini non può allentare la guardia e se non ha carisma sufficiente rischia pure di essere regolarmente bullizzato dai bulli che nelle scuole non mancano mai. E spesso non è neanche protetto dalla dirigenza che deve per suo conto badare pure alla sicurezza della struttura, compreso il tetto che cade, per evitare anche lui denunce e problemi, promuovendo comitati e organismi per la tenuta della salute di tutto il personale. Un miscuglio dunque così esplosivo che può detonare in qualsiasi momento, tenendo pure conto della imprevedibilità dei giovani e della loro inventiva spesso non conforme alla corretta urbanità. Colpa in vigilando si chiama, ma colpa anche nel giudizio, colpa nella reprimenda (guai a dire a un alunno asino!), colpa se sbaglia e colpa pure se scrive una nota che possa disturbare genitori un po’ permalosi e pieni di sé.

Tuttavia, ai giorni nostri, le cose hanno preso pure una piega ancora più pericolosa, grazie agli smartphon che sono diventi vere e proprie armi improprie in mano ai certi ragazzi non sicuramente interessati al loro mestiere di alunni.

Sono infatti tanti i prof che mentre spiegano o interrogano vengono regolarmente filmati, ma pure se passeggiano o sono intenti a fare cose diverse dall’insegnamento: anche per celia e per burla. Pubblicarli sui social diventa dopo cosa naturale, per cui la sua figura, quella della guida, del maestro che tutto sa e tutto capisce, almeno fino a qualche ventennio fa, cade ulteriormente sotto i colpi di un video che lo denigra. Qualcuno denuncia, la maggior parte lascia correre, nella convinzione che una pubblicità molesta non voluta possa portare conseguenze peggiori  dell’ignorare la questione.

Da qui anche la paura e gli atteggiamenti troppo permissivi di tanti prof, l’allargamento della manca nei voti, lo scadimento nei giudizi, a danno però del merito che, venendo umiliato, induce l’alunno che ha voglia di essere premiato a buttarsi di lato e seguire la massa meravigliosa della sfrontatezza.

Se dunque la scuola non riprende la sua effettiva funzione educativa e di centralità nell’istruzione, che possa migliorare appare difficile, anche perché si è capito, in somiglianza di tanti movimenti  spontanei, che un istituto si può occupare anche senza motivo, chiedendo perfino demagogici interventi, come la dieta a mensa scolastica basata sui “gruppi sanguigni”, o che basta un po’ di cagnara e una raccolta di firme su internet per costringere il ministro ad abolire la prova scritta agli esami di Stato, la cui prima sperimentazione avvenne l’anno scorso dopo il primo lockdown: e perché no anche quest’anno? E perché no allora anche negli anni futuri? E se non è così, pronta una manifestazione, sui cui slogan, per non perdere consensi, si cede. E il futuro si annuncia in questi termini, mentre una sorta di populismo scolastico continua il suo trionfale ingresso.

Contratto e legge di bilancio, si va verso lo sciopero, ma con non pochi dubbi

da La Tecnica della Scuola

Sulla vicenda del possibile sciopero del comparto scuola sapremo forse qualcosa di più nelle prossime ore.
Martedì 23, infatti, è previsto il tentativo di conciliazione fra le organizzazioni a seguito della proclamazione dello stato di agitazione del personale del comparto scuola.
Ma allo stato attuale dei fatti è molto improbabile che la conciliazione abbia esito favorevole.
Appare quindi inevitabile che nelle ore successive i 4 sindacati interessati (Cgil, Uil, Snals e Gilda) decidano per lo sciopero.
Le ragioni della protesta sono legate alla scarsità delle risorse che la legge di bilancio destina al sistema scolastico e alle difficoltà per il rinnovo contrattuale.
Difficoltà che, per la verità, la nostra testata sta segnalando da diverso tempo.
C’è per esempio chi solo oggi si rammarica del fatto che la legge di bilancio non contenga stanziamenti per incrementare il fondo disponibile per il rinnovo del contratto 2019/2021.

Ma, come abbiamo scritto più volte in questi mesi, è del tutto evidente che le risorse messe a bilancio a partire dal 2022 dovranno servire per finanziare i contratti pubblici del triennio 2022/2024.
Già con il precedente contratto era stato ideato il meccanismo dell’elemento perequativo per garantire aumenti anche al personale con stipendi inferiori, ma in questa circostanza sarà pressoché impossibile riproporre una soluzione analoga che si è rivelata complessa e incerta.

Va detto che non è neppure sicuro che – a conti fatti – tutti e 4 i sindacati siano convinti fino in fondo di proclamare lo sciopero.
I più fermi sulla decisione appaiono ora Uil e Cgil, anche se nell’intero fronte sindacale serpeggia un dubbio: ma il personale della scuola, con stipendi ormai ridotti all’osso, ce la farà a sostenere la perdita di una giornata di lavoro?
D’altronde i dati di tutti gli scioperi che si sono succeduti dopo il maggio 2015 e cioè dopo la grande protesta contro la legge sulla “Buona Scuola” parlano chiaro: in nessun caso si è mai riusciti ad andare al di là di percentuali modestissime se non addirittura imbarazzanti.
Pochi dubbi ha la Cisl Scuola che ha subito dichiarato che preferisce lavorare in sede politica per tentare di ottenere qualche modifica alla manovra finanziaria.
E’ poi di queste ore la notizia che il personale Ata ha proclamato un proprio stato di agitazione attraverso Anquap, Aida e Movimento nazionale DSGA.
Anche queste tre sigle saranno convocate per il tentativo di conciliazione che, con ogni probabilità, sarà destinato a fallire.

Intanto mercoledì 24 ci sarà un primo “assaggio”, con uno sciopero proclamato da Federata che dovrebbe coinvolgere il personale Ata delle scuole di ogni ordine e grado.

Green pass, in settimana le nuove misure del governo. Pugno duro contro i non vaccinati

da La Tecnica della Scuola

I contagi sono tornati pericolosamente a salire, le terapie intensive cominciano a riempirsi e la quarta ondata è dietro l’angolo. Il governo è costretto a intervenire per provare a frenare l’avanzata inarrestabile del virus. Ci sarà un vertice ad inizio settimana prima della cabina di regia (probabilmente mercoledì) che darà il via a un nuovo inevitabile decreto. Obiettivo duplice quello del governo: quello di usare il pugno duro contro i non vaccinati e premiare chi ha ricevuto l’immunizzazione salvando da nuove restrizioni. In altri Paesi europei come Austria, Germania, Belgio e Olanda, le chiusure sono diventate necessarie, l’Italia ha ancora un vantaggio come ricorda Speranza, dato dal numero più alto di vaccinazioni.

E allora si lavora al “super Green pass” come annunciato dal ministro Brunetta ieri. Distinguere tra chi è vaccinato e chi no, in questo caso certificato rilasciato con i tamponi negativi e valido solo per andare al lavoro, escludendo da luoghi come bar, ristoranti, cinema e teatri i no vax. Ancora solo ipotesi, il ministro della pubblica amministrazione ha infatti usato il condizionale, ma facendo capire che qualcosa bolle in pentola. Anche perché il Natale è dietro l’angolo e le rassicurazioni delle ultime settimane rischiano di svanire se la situazione dovesse peggiorare. Conseguenza nuove restrizioni in locali, ristoranti e il ritorno della mascherina all’aperto.

Si discute anche di rendere obbligatorio il Green pass nei mezzi pubblici, così come agli impiegati della Pubblica Amministrazione. La durata del certificato verde sarà certamente ridotta da 12 a 9 mesi, mentre la terza dose verrà autorizzata dopo 5 mesi (e non 6 come adesso) dopo l’ultima somministrazione. Sarà ridotta anche la validità dei tamponi, 48 ore per i molecolari, 24 per gli antigenici.

Ci sarebbe poi la proposta lanciata da alcuni governatori di adottare il modello tedesco, quello delle 2G, ovvero vaccinati (Geimptf) e guariti (Genesen). Come riporta il ‘Corriere della Sera’ il Green pass verrebbe rilasciato solo a queste due categorie, la terza categoria, quella dei 3G consentirebbe di ricorrere al tampone ma senza avere accesso alle attività culturali, sociali e ricreative, dunque niente bar, ristoranti, palestre, piscine, cinema, teatri, discoteche e stadi. Possibile invece accedere ai luoghi di lavoro.

Per quanto riguarda gli insegnanti e il mondo della scuola, si torna a parlare dell’ipotesi di obbligo vaccinale come già per i sanitari, in quanto a contatto con un numero elevato di persone. C’è chi invoca la corsia preferenziale per loro per quanto riguarda la terza dose, in attesa dell’ok dell’Ema per il vaccino per la fascia 5-11 anni.

Dirigenti scolastici: per Flc-Cgil i 20 milioni della legge di bilancio non bastano, ne occorrono almeno 68

da La Tecnica della Scuola

Le criticità della legge di bilancio che hanno fatto decidere a 4 sindacati del comparto (Cgil, Uil, Snals e Gilda) di proclamare lo stato di agitazione sono numerose, si va dalla mancanza di ulteriori fondi per il contratto scuola, fino al  “pasticcio” dei 240 milioni per la professionalità docenti legati però alla “dedizione all’insegnamento” e alla assenza di risorse per rinnovare i “contratti Covid” al personale ATA.
Ma c’è anche una questione legata ai dirigenti scolastici che dovrà essere in qualche modo affrontata.
La legge, infatti, stanzia 20 milioni per finanziare il cosiddetto FUN, il Fondo unico nazionale che viene utilizzato per pagare alcune voci della retribuzione accessoria dei dirigenti scolastici.

Lo stipendio dei dirigenti, infatti, è composto di una parte uguale per tutti (stipendio “tabellare” + retribuzione di posizione parte fissa) e da una parte legata alla complessità della istituzione scolastica e alla retribuzione di risultato.
Il pagamento di tale quota, a sua volta, grava sul cosiddetto Fondo Unico Nazionale che viene assegnato agli uffici scolastici regionali che, sulla base di quanto definito da specifici contratti integrativi, lo utilizzano per incrementare gli stipendi dei dirigenti.
Ed è proprio qui che nascono i problemi perché se in una regione il numero dei dirigenti in effettivo servizio aumenta per le nuove assunzioni, accade che il fondo deve essere distribuito fra un numero maggiore di ds.
Negli ultimi anni è effettivamente accaduto questo.

“Dopo i tagli subiti dal FUN nel 2017 e l’ingresso di 2.000 nuovi dirigenti scolastici con il concorso nazionale – spiega la Flc-Cgil in una propria scheda tecnica –  il Fondo è risultato insufficiente a garantire il mantenimento dei livelli delle retribuzioni dei dirigenti scolastici, tanto da richiedere ben due interventi straordinari una tantum, il primo nel DL 34/2020 (13 milioni lordo stato per gli aa.ss. 17/18 e 18/19), il secondo nella legge finanziaria 2021 (26 milioni lordo stato per l’a.s. 19/20)”.

A questo si aggiunge il fatto che il CCNL 2019 prevede che le retribuzioni dei dirigenti scolastici, finora definite nei contratti integrativi regionali (CIR) e molto diversificate nelle diverse regioni, a partire dall’a.s. 2019/20 siano uniformate su tutto il territorio nazionale attraverso la definizione di fasce di complessità nazionali.
“Finora – aggiunge ancora la Flc – ciò non è stato fatto proprio a causa delle problematiche del FUN. Per garantire un rifinanziamento definitivo del Fondo che renda possibile tale operazione, senza che in alcune regioni si determini un abbassamento delle retribuzioni, 20 milioni lordo stato risultato assolutamente insufficienti e vanno incrementati”.

Il sindacato di Francesco Sinopoli ha in merito una propria proposta: “Lo stanziamento deve essere aumentato di almeno altri 48,3 milioni di euro, portando a 68, 3 milioni di euro, tenuto anche conto dell’aumento dei posti in organico determinato dalle previsioni del successivo art. 111 della legge di bilancio sul dimensionamento”.

Consiglio di istituto, come si vota

da Tuttoscuola

Domenica 28 novembre, dalle ore 8 alle ore 12, e lunedì 29 novembre, dalle ore 8 alle ore 13:30, nelle scuole si voterà per il rinnovo del Consiglio d’Istituto. Istituito con il D.Lgs. 297 del 16 aprile 1994, è l’organo di indirizzo e di gestione degli aspetti economici e organizzativi generali della scuola. Il CDI, si sa, rappresenta tutte le componenti dell’istituto (docenti, studenti per le sole scuole secondarie di secondo grado, genitori e personale non docente) con un numero di rappresentanti variabile a seconda delle dimensioni della scuola. Il CdI è presieduto da uno dei membri, eletto tra i rappresentanti dei genitori degli studenti. Le elezioni per il il rinnovo  si svolgono ogni triennio, oppure quando non sono presenti tutte le componenti (articolo 8 del  Decreto Legislativo 297 del 16 aprile 1994 e successive modifiche).  

Consiglio di istituto, come si vota.  All’atto della votazione gli elettori sono tenuti ad esibire un documento valido per il loro riconoscimento. Gli elettori prima di ricevere la scheda devono apporre la propria firma leggibile accanto al loro nominativo sull’elenco degli elettori. Il voto va espresso mediante l’apposizione di una X sul numero romano relativo al motto prescelto (ogni lista deve essere contraddistinta da un motto indicato dai presentatori della lista stessa e deve essere censita e individuata, a cura della Commissione Elettorale, con un numero romano progressivo) e di un’altra X sul numero arabo indicante il candidato appartenente alla medesima lista. Le schede elettorali che mancano del voto di preferenza sono valide solo per l’attribuzione del posto spettante alla lista. Ogni elettore può esprimere fino a 2 voti di preferenzaI genitori che hanno più figli nella medesima o in più classi, esercitano il diritto di voto una sola volta

Consiglio di istituto, i seggi elettorali. Sono composti da un presidente e da due scrutatori, di cui uno con funzioni di segretario. Prima dell’inizio delle operazioni di voto, tutte le schede debbono essere vidimate mediante la firma di uno scrutatore. Se il Presidente è assente, è sostituito dallo scrutatore più anziano di età, il quale integra il numero degli scrutatori chiamando ad esercitarne le funzioni un elettore presente. Allo stesso modo procede il presidente nell’ipotesi in cui sia assente uno degli scrutatori. Qualora non sia possibile integrare il numero degli scrutatori, il seggio funziona ugualmente con i componenti presenti. Le operazioni di scrutinio avranno inizio immediatamente dopo la chiusura delle votazioni e non potranno essere interrotte fino al loro completamento.

Ai sensi dell’art.37 del D.L.vo n. 297/94 il Consiglio di Istituto si intende validamente costituito anche nel caso in cui non tutte le componenti abbiano espresso la propria rappresentanza. I presidenti dei consigli delle varie scuole si sono riuniti in un Coordinamento Nazionale composto dai delegati dei coordinamenti nazionali.

Elettorato attivo e passivo. Ogni categoria elegge i propri rappresentanti. L’elettorato attivo e passivo per l’elezione dei rappresentanti del personale docente spetta ai docenti a tempo indeterminato e a tempo determinato con contratto di lavoro sino al termine delle attività didattiche o dell’anno scolastico, anche se in stato di utilizzazione, di assegnazione provvisoria o di soprannumero, nonché ai docenti di religione cattolica con contratto di lavoro a tempo determinato fino al termine delle attività didattiche o dell’anno scolastico. I docenti non di ruolo supplenti temporanei non hanno diritto all’elettorato attivo e passivo. I docenti in servizio in più Istituti esercitano l’elettorato attivo e passivo per l’elezione degli OO.CC. di tutti gli Istituti in cui prestano servizio.

L’elettorato attivo e passivo per l’elezione dei rappresentanti dei genitori degli allievi spetta ad entrambi i genitori o a coloro che ne fanno legalmente le veci, intendendosi come tali le sole persone fisiche alle quali sono attribuiti, con provvedimento dell’Autorità Giudiziaria, poteri tutelari ai sensi dell’art. 348 del Codice Civile. Non spetta l’elettorato attivo o passivo al genitore che ha perso la potestà sul minore.

L’elettorato attivo e passivo per l’elezione dei rappresentanti del personale ATA spetta al personale a tempo indeterminato e a tempo determinato con contratto di lavoro sino al termine delle attività didattiche o dell’anno scolastico, anche se in stato di utilizzazione, di assegnazione provvisoria o di soprannumero. Il personale ATA supplente temporaneo non ha diritto all’elettorato attivo e passivo. Gli elettori che fanno parte di più componenti (genitori, docenti, ATA) esercitano l’elettorato attivo e passivo per tutte le componenti a cui appartengono. Gli elettori predetti, che sono risultati eletti in rappresentanza di più componenti, debbono optare per una sola rappresentanza.

Le liste. Possono  comprendere un numero di candidati sino al doppio dei rappresentanti da eleggere (pertanto massimo 8 genitori; massimo 8 studenti; massimo 16 docenti; massimo 4 ATA), corredate dalle dichiarazioni di accettazione dei candidati nonché dalla dichiarazione che gli stessi non fanno parte né intendono far parte di altre liste della medesima componente. Nessun elettore può concorrere alla presentazione di più di una lista. Nessun candidato può essere incluso in più liste della medesima componente. Nessun candidato può presentare alcuna lista. Nessun componente della commissione elettorale può essere candidato di alcuna lista ma è possibile per un membro della commissione sottoscrivere una lista. Consiglio: una lista con un numero di candidati pari ai posti da occupare potrebbe, nel corso del triennio, portare al problema della sostituzione di eventuali dimessi o usciti (ad esempio se i figli, crescendo, terminano gli studi in quella scuola) quindi è buona norma, per aiutare la scuola, inserire in lista un numero di persone superiore a quello dei posti disponibili in consiglio.

Proclamazione degli eletti.  Avviene  entro 48 ore dalla conclusione delle operazioni di voto. I rappresentanti delle liste dei candidati ed i singoli candidati che ne abbiano interesse possono presentare ricorso avverso i risultati delle elezioni, entro 5 giorni dalla data di affissione degli elenchi relativi alla proclamazione degli eletti, alla commissione elettorale di Istituto. I ricorsi saranno decisi entro 5 giorni dalla scadenza del termine indicato. La prima convocazione del Consiglio deve avvenire entro il 20 giorni.

Tuttoscuola augura “buone votazioni” a tutti i genitori d’Italia ed un buon lavoro a chi sarà eletto.

Uniti per la scuola

Lunedì 22 novembre, il Ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi e il Ministro della Cultura Dario Franceschini hanno firmato al Ministero il protocollo d’Intesa con UNITA-Unione Nazionale Interpreti Teatro e Audiovisivo, con Accademia del Cinema Italiano-Premi David di Donatello e con “Alice nella Città”. L’obiettivo dell’Intesa è avviare un ampio percorso comune di formazione dedicata a docenti, studentesse e studenti, e inserire in aula le tecniche e metodologie del teatro e dell’audiovisivo.

Nel corso dell’incontro, è stato presentato “Uniti per la scuola”, un progetto di formazione sperimentale, che verrà promosso in dieci scuole di diverse città italiane, ideato da UNITA-Unione Nazionale Interpreti Teatro e Audiovisivo, in collaborazione con le altre associazioni presenti. Un percorso che potenzierà la formazione dei docenti, ma non solo: sarà possibile utilizzare in aula tecniche e metodologie che caratterizzano il lavoro del cinema e del teatro. Strumenti di insegnamento che diventeranno preziosi alleati per una didattica sempre più innovativa.

“Portiamo in classe nuove metodologie di comunicazione per far sì che i più giovani imparino a lavorare insieme, ma anche a confrontarsi e a condividere le proprie idee – ha spiegato il Ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi –. Ed è fantastico che i nostri attori italiani si siano messi a disposizione della scuola. Il progetto ‘Uniti per la scuola’ si rivolge alle ragazze e ai ragazzi dagli 11 ai 15 anni, un’età molto delicata, soprattutto in questo momento in cui i più giovani hanno bisogno di ritrovarsi. È un lavoro straordinario che noi, come scuola, faremo di tutto per rendere ordinario”, ha poi concluso il Ministro.

“L’iniziativa è molto importante – ha dichiarato il Ministro della Cultura Dario Franceschini – e si colloca in un filone di azioni che stiamo facendo insieme, con l’obiettivo di abituare le persone a consumare cultura o ad avvicinarsi ai luoghi della cultura. Tutto questo non può che passare dalla scuola. Abbiamo una legge importante che stabilisce che il 3% del Fondo per il Cinema venga destinato a investire sul rapporto tra audiovisivo e cinema con la scuola. Sono arrivate in questi anni risorse importanti. Possiamo fare un grande lavoro e credo che con il buon ascolto reciproco tra il mondo dell’associazionismo, delle categorie e i Ministeri possano nascere dei progetti virtuosi come questo”.

All’evento hanno partecipato, insieme ai Ministri, Vittoria Puccini, Presidente di “UNITA-Unione Nazionale Interpreti Teatro e Audiovisivo”, e Pierfrancesco Favino, socio fondatore di “UNITA”, assieme al tavolo scuola, Piera Detassis, Presidente e Direttrice Artistica dell’Accademia del Cinema Italiano-Premi David di Donatello, e Fabia Bettiniassieme a Gianluca Giannelli Direttori Artistici di “Alice nella Città”.

“L’idea fondamentale è quella di utilizzare gli strumenti e le tecniche del cinema e del teatro per identificare una didattica più coinvolgente e più vicina alle nuove generazioni – ha spiegato l’attrice Vittoria Puccini, Presidente di ‘UNITA-Unione Nazionale Interpreti Teatro e Audiovisivo’ –.  In questo modo, le ragazze e i ragazzi si sentiranno al centro di un processo che valorizza le loro risorse creative e immaginative”.   

“Mi sento di assicurare – aggiunge Pierfrancesco Favino, socio fondatore di “UNITA” – che le energie che ci muovono hanno profondamente a cuore il miglioramento della nostra società. Ne è la dimostrazione il fatto che la nostra proposta di collaborazione mette a disposizione la specificità della nostra professione, con l’intento di aiutare gli studenti e la scuola a essere preparati al mondo del lavoro e alle sue richieste in continua mutazione. Con il desiderio di far crescere i nostri figli come coscienze critiche e con la certezza che la creatività e l’impegno siano gli strumenti migliori con i quali affrontare le difficoltà in maniera pacifica e collettiva”.

“Questa iniziativa – ha dichiarato Piera Detassis, Presidente e Direttrice Artistica dell’Accademia del Cinema Italiano-Premi David di Donatello – è particolarmente importante per l’Accademia, perché cerchiamo di lavorare alla formazione del pubblico, del nuovo pubblico. Riteniamo sia un tema cruciale. Adesso ci uniamo a questo progetto: è un segnale del fatto che stiamo cambiando la didattica del cinema, dell’audiovisivo. E del fatto che il David è definitivamente cambiato, non è più solo uno strumento di promozione, ma anche di formazione”.

“’Alice nella Città’ lavora tutto l’anno con progetti di formazione rivolti ai docenti e agli studenti. Per noi è molto importante cercare, attraverso il teatro e il cinema, di dare ai ragazzi un supporto diverso e una formazione agli insegnanti, affinché possano formare delle personalità ha dichiarato Fabia Bettini, Direttrice Artistica di “Alice nella Città” –. Insieme si può fare e lo dimostra questo progetto, che partirà prestissimo e dietro il quale c’è un gruppo di artisti molto appassionati che si stanno impegnando tantissimo, nel quale crediamo molto”.

Sicura solo se si ha cura

“Quest’anno abbiamo autorizzato 3 miliardi e 120 milioni per la messa in sicurezza e la riqualificazione delle scuole e per interventi a garanzia della didattica in presenza. Il Ministero ha avviato analisi specifiche e finanziato interventi su solai e controsoffitti. Abbiamo utilizzato tutti i fondi europei che avevamo a disposizione e stiamo predisponendo i bandi per le risorse del Pnrr: le scuole sono il centro del Paese”. Lo ha detto il Ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchiaprendo la riunione dell’Osservatorio per l’edilizia scolastica, che si è svolta questa mattina al Ministero, in occasione della Giornata nazionale per la sicurezza nelle scuole

“Sviluppare una cultura della sicurezza e della prevenzione dei rischi è fondamentale – ha sottolineato il Ministro –. La sicurezza a scuola deve essere declinata in tutte le sue dimensioni: significa vigilare sugli edifici esistenti, riqualificarli e progettare un’edilizia innovativa e sostenibile, ma anche creare le condizioni ambientali e pedagogiche per una scuola di qualità per tutte e per tutti in ogni parte del Paese. Una scuola sicura è una scuola che accompagna le nostre studentesse e i nostri studenti nel loro percorso di vita”.

In occasione della Giornata nazionale celebrata oggi, il Ministro, durante la riunione dell’Osservatorio, ha voluto ricordare le vittime degli incidenti avvenuti nelle scuole e ringraziare i partecipanti al tavolo per il costante lavoro che svolgono a tutela delle studentesse e degli studenti. La riunione dell’Osservatorio è stata, poi, l’occasione per presentare le linee di finanziamento per l’edilizia scolastica e gli investimenti in materia di infrastrutture previsti nel Pnrr. Ma anche per firmare il Protocollo per la programmazione degli interventi di riparazione, ripristino e ricostruzione degli edifici scolastici nei territori delle regioni Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria colpiti dagli eventi sismici a partire dall’agosto 2016. Il Protocollo è stato firmato dal Ministro Bianchi e dal Commissario straordinario per la ricostruzione, Giovanni Legnini.

Il Ministero ha rinnovato anche il Protocollo di collaborazione con la Protezione civile, per favorire la diffusione della cultura e delle buone pratiche di prevenzione e l’adozione di comportamenti consapevoli sui rischi tra le nuove generazioni e il personale del mondo della scuola. Il documento è stato firmato nei giorni scorsi dal Ministro Bianchi e dal Capo dipartimento della Protezione civile Fabrizio Curcio.

In occasione della Giornata nazionale per la sicurezza nelle scuole, il Ministero ha poi lanciato, nei giorni scorsi, il contest “Sicura solo se si ha cura”, una campagna per sensibilizzare studentesse, studenti e personale scolastico sul tema della cultura della sicurezza negli istituti, della prevenzione dei rischi e della cura per gli spazi che si vivono. Le scuole sono state invitate a pubblicare, fino al prossimo 26 novembre, contenuti social sulla loro idea di sicurezza a scuola utilizzando l’hashtag #scuolasicura. Alcune delle ragazze e dei ragazzi che hanno inviato i loro contenuti questa mattina hanno incontrato il Ministro Bianchi e i rappresentanti del Ministero.


Un contest online per sensibilizzare studentesse, studenti e personale scolastico sul tema della cultura della sicurezza negli istituti, della prevenzione dei rischi e della cura per gli spazi che si vivono. Questo è “Sicura solo se si ha cura”, la campagna social lanciata dal Ministero in occasione della Giornata nazionale per la sicurezza nelle scuole, che si celebra lunedì 22 novembre.

Una campagna che coinvolge attivamente tutto il mondo della scuola e invita ragazze e ragazzi, docenti, dirigenti e personale Ata a partecipare pubblicando sul profilo Instagram della scuola o su altri canali online messaggi, video e foto che rispondano alla domanda: “La scuola è sicura se?”.

L’iniziativa nasce per stimolare la riflessione sul tema e individuare, anche attraverso gruppi di approfondimento all’interno degli istituti, un elemento essenziale per rendere la propria scuola più sicura, non solo in termini di ambienti, ma anche di comportamenti e vita scolastica.

Fino al 26 novembre si invitano le scuole a pubblicare i contenuti social utilizzando l’hashtag #scuolasicura. Sicurezza a scuola significa innanzitutto solidità strutturale, con ambienti resistenti all’uso e alle emergenze. Significa poi luce, aule ampie, colori, ma anche cura degli spazi e delle relazioni creando le condizioni per facilitare gli apprendimenti. E significa sentirsi capiti e ascoltati. Queste le prime risposte arrivate dalle studentesse e dagli studenti per questa iniziativa.

In occasione di questa Giornata, il 22 novembre, inoltre, il Ministro Patrizio Bianchiha convocato, al Ministero, l’Osservatorio nazionale per l’edilizia scolastica. Al centro dell’incontro le linee di finanziamento per l’Edilizia scolastica e gli investimenti in materia di infrastrutture previsti nel Pnrr.