Turismo, via la tassa per i disabili e gli accompagnatori a Bologna

Turismo, via la tassa per i disabili e gli accompagnatori a Bologna
Redattore Sociale del 24/12/2021

BOLOGNA. Via la tassa di soggiorno, a Bologna, per le persone disabili e i loro accompagnatori. La proposta avanzata da Mattia Santori, consigliere del gruppo Pd e delegato del sindaco al Turismo, è stata approvata all’unanimità dal Consiglio comunale che oggi ha licenziato anche il bilancio di Palazzo d’Accursio.
L’aula ha dunque votato per “l’esenzione della tassa di soggiorno per le persone con disabilità ed eventuale accompagnatore. Da oggi, quindi- scrive Santori- l’esenzione che prima era riservata a familiari di degenti in cura a Bologna, under 14 e iscritti all’Università si allarga a una nuova categoria di turisti”. Questa è “la prima misura che ho proposto su sollecitazione di cittadini, turisti e amici- continua Santori- e sono felice che abbia incontrato il favore della totalità del Consiglio. È un primo intervento doveroso, che ci uniforma a tante altre città che ci hanno preceduto e che rafforza il tavolo sul turismo accessibile che convocheremo a inizio anno”. Sull’accessibilità “abbiamo tanto da recuperare ma come si suol dire: chi ben comincia è a metà dell’opera. E noi abbiamo cominciato”, conclude il consigliere comunale. (DIRE)

Manovra: sulla scuola alcuni miglioramenti ma ancora gravissime carenze

Manovra: sulla scuola alcuni miglioramenti ma ancora gravissime carenze. Riprende la mobilitazione per un investimento straordinario

Roma, 24 dicembre – Ad una prima lettura del testo della Legge di Bilancio dopo l’approvazione del maxi-emendamento da parte del Governo, si rinvengono alcuni miglioramenti rispetto al testo in entrata che sono frutto della nostra iniziativa di mobilitazione.
Fra questi riteniamo significativi: l’incremento dei fondi per la valorizzazione del personale docente con l’eliminazione dell’indecente finalizzazione della cosiddetta “dedizione al lavoro”, l’aumento dei fondi contrattuali alla voce salario accessorio, la terza fase assunzionale per il personale ex LSU in possesso dei requisiti ma non immesso in ruolo per mancanza di posti nella provincia di appartenenza, l’incremento del Fondo unico nazionale per il finanziamento delle retribuzioni dei dirigenti scolastici, l’attribuzione alle scuole sottodimensionate di un DS e DSGA fino agli anni 2023/24, la riduzione da cinque a tre anni del blocco della mobilità per i DSGA e la salvaguardia dei posti docenti laddove le graduatorie dei concorsi siano state approvate oltre il 31 agosto.

Queste acquisizioni, se confermate, sono il frutto della mobilitazione che abbiamo lanciato in tutto il Paese e che ha visto il suo culmine nello sciopero del 10 dicembre.

Tuttavia restano nel testo enormi carenze che richiedono il rilancio dell’iniziativa sindacale.

I fondi per l’organico covid aumentano ma, vista la necessità di mantenere tutti i contratti in essere, non basteranno per coprire fino a giugno l’intero fabbisogno di personale docente e ata. È quindi indispensabile rendere disponibili da subito i risparmi di spesa che esistono su questo capitolo e incrementare le somme da destinare alla copertura integrale fino al 30 giugno per arrivare al consolidamento di questo organico.

Tra le misure mancanti riteniamo di una gravità inaudita il mancato superamento dei blocchi imposti per legge sulla mobilità del personale e il permanere della norma sull’insegnamento di scienze motorie nella primaria (inserito a sottrazione delle future immissioni in ruolo dei docenti della scuola primaria) e la mancanza di misure chiare e decise per l’eliminazione del precariato docente e ata tramite un’ulteriore fase straordinaria di assunzioni.

Occorre inoltre intervenire per l’emanazione di un bando di concorso riservato agli assistenti amministrativi facenti funzione di DSGA che hanno svolto la funzione per tre anni anche senza titolo specifico.

E, diciamo da subito, che le risorse stanziate per il contratto non ci soddisfano: sul fondo serve un miliardo.

Per questo noi non ci accontentiamo, lo abbiamo detto e lo ribadiamo.

Da subito chiediamo un intervento straordinario sulla scuola che dia risposte a tutti i punti della nostra piattaforma insieme alle altre organizzazioni che, come la nostra, voglio continuare a lottare.

Legge di bilancio

“Nella manovra approvata dal Senato e ora al vaglio della Camera ci sono più di 900 milioni per la scuola, che si aggiungono alle molte risorse, oltre 17 miliardi, previste nel PNRR. Sono cifre importanti che consentono interventi nell’immediato, per l’emergenza e per la valorizzazione del personale, e interventi di medio e lungo periodo. Stiamo continuando a investire per dare una migliore istruzione, migliori infrastrutture ai nostri ragazzi. Lavoriamo per il presente e per il futuro”. Così il Ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi.

“Governo e maggioranza – prosegue – hanno lavorato insieme, in questi giorni, migliorando ulteriormente il testo e aumentando i fondi a disposizione del settore Istruzione. Ci saranno, ad esempio, 400 milioni per permettere alle scuole di continuare ad avvalersi del personale aggiuntivo assunto a settembre per gestire meglio l’emergenza sanitaria. La misura riguarda sia docenti che Ata. Daremo a breve ai dirigenti scolastici informazioni su come dare continuità a questi contratti in scadenza. Ci sono, poi, 300 milioni destinati ad alimentare il fondo per gli insegnanti: una misura pensata per valorizzare la loro professionalità e quelle funzioni aggiuntive che spesso assumono e che vanno oltre il loro ordinario lavoro. Destiniamo oltre 40 milioni al dimensionamento scolastico, consentendo di mantenere il dirigente scolastico anche in scuole che, per dimensione, normalmente non lo avrebbero: siamo ancora in emergenza e gli istituti hanno bisogno di una guida. Ci sono 20 milioni per supporto psicologico di studentesse e studenti e del personale, dopo quanto vissuto con l’emergenza Covid, e altre misure a sostegno del nostro sistema. Si tratta di stanziamenti significativi che servono a rafforzare la nostra scuola, che si aggiungono agli investimenti già messi in campo dal Governo con il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza e anzi li accompagnano, come dimostra la scelta di aumentare progressivamente in manovra le risorse per la gestione degli asili nido, in vista delle nuove infrastrutture che verranno realizzate con il PNRR”.

Insegnanti di sostegno: cattedre separate e anche nelle paritarie

Insegnanti di sostegno: cattedre separate e anche nelle paritarie
Vita del 24/12/2021

Sono due cardini della proposta di legge per migliorare l’inclusione scolastica degli alunni con disabilità che la Fish ha consegnato oggi al sottosegretario all’istruzione Rossano Sasso

ROMA. La Fish ha consegnato oggi al sottosegretario Rossano Sasso la sua Proposta di Legge in 17 articoli per rendere la scuola finalmente e concretamente inclusiva per tutti gli alunni e le alunne con disabilità (in allegato in fondo all’articolo). Punto centrale, l’istituzione di apposite classi di concordo per il sostegno con l’obiettivo di garantire la continuità didattica dei docenti specializzati per il sostegno.

«Si tratta – spiega Vincenzo Falabella, presidente della Fish – di una proposta normativa presentata a nome dell’intero mondo associativo che rappresento e che prevede in primo luogo l’istituzione di nuove ed apposite quattro classi di concorso per il sostegno, riguardanti le scuole di ogni ordine e grado, che porteranno in classe solo docenti specializzati e a tempo indeterminato». Per chi desidererà successivamente spostarsi su una cattedra curricolare per la quale sia abilitato, è prevista la mobilità professionale, sulla base degli appositi concorsi. «Molti attuali docenti per il sostegno, che godono – unici del corpo docente – del privilegio di poter indifferentemente occupare sia i posti curricolari nei quali hanno vinto il concorso che quelli di sostegno, si oppongono alla richiesta dell’istituzione delle apposite classi di concorso per il sostegno con la motivazione che, qualora esse venissero istituite, essi sarebbero “condannati a vita” a fare sostegno, subendo così un logorio psicologico e professionale», si legge nel documento: «A tale obiezione la presente proposta di legge risponde con l’art. 1 comma 3 che per loro, come per tutti i docenti di ruolo, è applicabile l’istituto della “mobilità professionale”, cioè del passaggio di cattedra da sostegno a cattedra comune, purché ne abbiano l’abilitazione e sulla base degli annuali appositi concorsi. Ci sembra questa una ragionevole soluzione per venire incontro alle resistenze di molti docenti di sostegno, che si oppongono oggi a specifiche classi di concorso per non essere “condannati a vita” a fare sostegno», spiega Falabella.

Tra i principi che animano la proposta di legge, nell’ottica del miglioramento dell’inclusione scolastica, c’è innanzitutto quello della continuità didattica, con la previsione che i docenti specializzati a tempo indeterminato per il sostegno didattico non possano, di norma, usufruire della citata mobilità professionale, sino a quando l’alunno con disabilità per il quale siano stati nominati abbia completato il triennio della scuola dell’infanzia, il quinquennio della primaria, il biennio della secondaria di secondo grado e il successivo triennio. A richiesta delle famiglie e dopo valutazione del Dirigente scolastico, inoltre, i docenti a tempo determinato già nominati per un biennio potranno proseguire nell’anno successivo con lo stesso alunno e sulla stessa sede, in coerenza con la loro posizione in graduatoria ovvero a parità di punteggio. «Non si impedisce a quanti, situati positivamente in graduatoria per gli incarichi e le supplenze, di ricevere la nomina; solo che per quell’anno debbono accettare una sede diversa, essendo, quella da loro prescelta, assegnata in base a questa norma speciale al docente che deve assicurare il rispetto del principio della continuità didattica previsto dalla legge di delega n. 107/2015», si legge.

Un passaggio di notevole importanza riguarda le scuole paritarie: la proposta di legge chiede che anche qui gli alunni e le alunne con disabilità abbiano diritto, al pari delle scuole statali, ad avere assegnati dallo Stato i docenti per il sostegno e dalle Regioni e dai Comuni gli assistenti per l’autonomia e la comunicazione. «Ovviamente la norma comporta aumento di spesa. Però, se si pensa che gli alunni con disabilità attualmente frequentanti le scuole paritarie non superano i 15.000 alunni e si confronta con la spesa per le massicce immissioni in ruolo di decine di migliaia di docenti, si prenderà atto che questa spesa, costituzionalmente legittima e dovuta, rappresenta una spesa assai meno rilevante di quella che lo Stato ed Enti territoriali hanno risparmiato in cinquanta anni di normativa inclusiva realizzata in Italia con la mancata applicazione del comma 4 dell’art 34 della istituzione», afferma il documento.

L’articolo 8 interviene sul tema della formazione iniziale e in servizio dei docenti per il sostegno didattico. Se è nota la carenza di docenti specializzati sul sostegno didattico (sono specializzati oggi solo un terzo degli insegnanti di sostegno), la possibilità di istituire Scuole di specializzazione per il sostegno didattico e per l’inclusione scolastica presso le università che hanno un dipartimento di scienze della formazione, consentirà di formare a ciclo continuo docenti specializzati sul sostegno didattico che potranno poi essere immessi in ruolo sulla base delle facoltà assunzionali determinate da MEF e dal Ministero dell’Istruzione.

Licei brevi, per Gavosto la durata di 13 anni di scuola non è un’anomalia

da La Tecnica della Scuola

Di Pasquale Almirante

Andrea Gavosto, direttore della Fondazione Giovanni Agnelli dal 2008, si intrattiene ancora sui Licei di 4 anni piuttosto che 5, osservando fra l’altro che “non è vero che dal punto di vista degli anni di scuola l’Italia sia un’anomalia: 13 anni è una durata frequente in Europa”.

Anche se, spiega Gavosto su Lavoce.info, il dibattito non cesserà a breve e considerato che se ne parla fin dai tempi della Riforma di Luigi Berlinguer (febbraio 2000 sul riordino dei cicli dell’istruzione), l’attenzione si è concentrata sugli esiti del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) nel quale potrebbe essere previsto proprio una riduzione della durata del secondo ciclo.

Una scelta, quella di abbreviare di un anno la durata dei Licei, che non ha nulla a che fare con la “vulgata” secondo la quale “negli altri Paesi la scuola si concluda a 18 anni e che, pertanto, gli studenti italiani, finendo a 19, siano penalizzati nell’accesso al mercato del lavoro rispetto ai loro coetanei europei.

In realtà, è un ragionamento semplicistico: quello che conta non è tanto l’età a cui si ottiene il diploma, ma il numero complessivo di anni di istruzione ricevuti e la qualità degli apprendimenti e quindi, a fortiori, anche l’età di inizio della scuola. Per quel che riguarda l’età iniziale, la situazione europea è molto variegata: il livello Isced 1, corrispondente alla nostra primaria, inizia a 4 anni in Irlanda del Nord, a 5 nel resto del Regno Unito (dove però non vi è un obbligo statale e spetta quindi ai genitori decidere quando far iniziare la scuola ai figli), 6 nella maggior parte del continente e 7 anni in alcuni paesi scandinavi. L’età di conseguimento del diploma vede due gruppi più o meno equivalenti di paesi: nel primo gli studenti terminano a 18 (comprende Francia, Paesi Bassi e Regno Unito), nell’altro a 19 (noi e i paesi del Nord Europa). In mezzo, vi è l’età dell’assolvimento dell’obbligo scolastico, che è quasi ovunque 16 anni, tranne che in Germania e Olanda. Diplomati a 18 anni”.

In ogni caso, precisa Gavosto nel suo intervento su Lavoce.info, ci sarebbero due ipotesi per ridurre di un anno il corso complessivo degli studi: “una traslazione dell’attuale sistema a partire da un anticipo ai cinque anni, sacrificando l’ultimo anno di scuola dell’infanzia; una contrazione a quattro anni della secondaria di II grado. La prima strada è più facilmente percorribile, poiché la percentuale di bambini che frequenta l’ultimo anno di scuola materna è superiore al 90 per cento. Incontra però l’opposizione di pedagogisti preoccupati che gli allievi non siano sufficientemente maturi per anticipare di un anno passaggi cruciali come quelli alla media e alle superiori (mancano però evidenze empiriche che confermino questa opinione) e, naturalmente, delle docenti dell’infanzia. La seconda strada porterebbe a significativi risparmi in termini di minori cattedre (valutabile in oltre 1 miliardo di euro a regime), ma richiederebbe un profondo (e peraltro necessario) ripensamento dei curricoli delle superiori”.

Interessante quando dice degli esiti delle sperimentazioni già avviate sui 192 istituti, di cui nulla è dato sapere, mentre occorrerebbe “un piano di valutazione di impatto scientificamente rigoroso che evitasse il rischio, molto concreto, che gli studenti che si sono iscritti al liceo di quattro anni costituiscano un gruppo selezionato per abilità o retroterra famigliare. Prima che la sperimentazione termini e ne vengano in qualche modo monitorati gli esiti, il ministro Bianchi ha comunque annunciato la volontà di estenderla dal prossimo anno scolastico ad altre mille scuole: decisione che suscita qualche dubbio di metodo e di merito, in una fase in cui avrebbe più senso concentrarsi sulla perdita di apprendimenti causata della pandemia”.

Docente di sostegno impegnato in attività di istruzione domiciliare: parere negativo del CSPI

da La Tecnica della Scuola

La problematica affrontata dallo Schema di decreto in esame è certamente molto complessa e la soluzione non può essere trovata ricorrendo alla presenza a domicilio del docente di sostegno che ha il compito precipuo di intervenire sugli aspetti didattici nel contesto della classe. Situazioni così
delicate possono essere affrontate solo con un ampio intervento di tutti i soggetti istituzionali coinvolti e di tutte le figure che possono dare diversi sostegni e supporti per realizzare l’obiettivo principale dell’inclusione scolastica, in modo uniforme a livello nazionale, per tutti i gradi di scuola e a partire dalla scuola dell’infanzia”.

Così si legge a conclusione del parere espresso dal CSPI riguardo allo Schema di decreto del Ministro dell’istruzione recante le “Modalità di svolgimento del servizio dei docenti per il sostegno didattico impegnati in attività di istruzione domiciliare, ai sensi dell’articolo 16, comma 2-bis del decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 66 e ss.mm.ii.”.

Il parere, espresso nella seduta plenaria telematica del 21 dicembre 2021, si sofferma sul concetto di inclusione, precisando che “l’inclusione è compito di tutti i docenti della classe e della comunità scolastica e il docente di sostegno è un insegnante della classe e non del solo allievo con disabilità. Per essere efficace il progetto di istruzione domiciliare deve essere gestito, in considerazione delle condizioni di salute dello studente, con rigore nella pianificazione, ma con flessibilità nella gestione, prevedendo, oltre agli interventi individuali e a domicilio, l’utilizzo di didattica a distanza e di collegamenti con la classe. Nella scuola secondaria, inoltre, il diritto all’istruzione, con esiti coerenti con il percorso e gli obiettivi previsti dal PEI, può essere garantito solo con il coinvolgimento dei docenti delle specifiche discipline di indirizzo”.

Per tali ragioni il CSPI ha espresso parere negativo.

IL PARERE

LO SCHEMA DI DECRETO

Ritorno a scuola dopo le feste, si ipotizza la Dad in Europa per la risalita dei contagi

da La Tecnica della Scuola

Di Andrea Maggi

La presenza della nuova variante Omicron del virus Sars – CoV – 2, ritenuta più contagiosa ma meno letale, ha provocato la risalita dei contagi nell’interno continente europeo, spesso agendo indisturbata nonostante l’elevato tasso di vaccinati in rapporto alla popolazione, specie in Occidente. Il desiderio di trascorrere le festività in serenità – ma anche in sicurezza – prevarrà sull’attuale situazione sanitaria che, dati i recenti sviluppi negativi, affolla le discussioni familiari e non da oramai due anni. L’effetto diretto della risalita dei contagi potrà essere verificato nel mondo della scuola, della formazione e dell’università; sono molti i gabinetti d’emergenza europei che stanno prendendo in esame un prolungamento delle ferie natalizie per ovviare una catastrofe pandemica, corrispondente al rientro in classe ed al pieno riavvio delle attività produttive. L’esecutivo Draghi ed il Ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi si dicono contrari: oggi saranno discusse, presso Palazzo Chigi, le nuove misure da applicare per salvaguardare la salute dei cittadini dal contagio durante le ferie natalizie. Sono previste limitazioni per inviti, spostamenti ed assembramenti.

Il secondo natale dal sapore pandemico: l’Europa torna ai dati dell’anno scorso

L’arrivo della variante Omicron dal Sudafrica e l’innalzamento della curva pandemica provocato dalla Delta preoccupano, nonostante le pressioni relative alle campagne vaccinali che interessano da 8 mesi il continente, le istituzioni nazionali ed europee. Risulta evidente che, nonostante la somministrazione continua di seconde e terze dosi, il virus, grazie allo sviluppo delle varianti per garantirsi la sopravvivenza, mette a rischio l’efficacia della campagna vaccinale a livello comunitario. Lo scarso interesse ed i limitati investimenti relativi alle cure ed alle profilassi anti-COVID rendono, in termini di complementarietà, di limitata utilità le vaccinazioni, utili esclusivamente a livello preventivo. Restano fondamentali – dichiarano le istituzioni europee – il tracciamento ed il mantenimento delle correnti disposizioni anti-contagio, come l’utilizzo della mascherina anche all’aperto ed il distanziamento interpersonale.

Il “no” secco di Bianchi e Draghi alle ipotesi di prolungamento europee

Numerose autorità sanitarie hanno posto in esame alcuni interrogativi per quanto concerne l’ipotesi di prolungamento per le ferie natalizie di studenti ed insegnanti, per ovviare lo sviluppi di nuovi focolai tra i banchi. Ci si dovrà, anche in questo caso, affidare al buonsenso durante le festività: incontri familiari non troppo numerosi, mantenimento della mascherina anche all’aperto e limitazioni effettive agli assembramenti. In particolare, Cristina Costarelli, presidente ANP del Lazio, è intervenuta in merito alla questione, lasciando però alcuni interrogativi: “Potrebbero essere d’aiuto misure restrittive durante le festività o a gennaio conteremo i nuovi positivi delle vacanze di Natale; come anche la vaccinazione dei piccoli, se partirà estensivamente. Ma resta il problema dell’asintomaticità degli studenti vaccinati alle secondarie superiori”. Nonostante ciò, il Ministro Bianchi, intervistato a UnoMattina, è stato categorico: “L’allungamento delle vacanze natalizie è una misura sbagliata. La scuola è il reparto che con più prontezza ha risposto all’invito alla vaccinazione. I positivi nelle scuole sono sotto lo 0,5%, le classi in quarantena sono 10mila su 400mila: il problema è ciò che avviene fuori dalla scuola”.

Obbligo vaccinale: quanti docenti mancano all’appello? Qualche dato provvisorio

da La Tecnica della Scuola

Di Daniele Di Frangia

Dal 15 dicembre è in vigore l’obbligo vaccinale per tutto il personale scolastico, e dopo qualche giorno, per i docenti che non si sono vaccinati, sono scattate le lettere di sospensione dal lavoro e della retribuzione da parte dei dirigenti (oltre che una multa da 400 a 1000 euro). Non ci sono ancora dati nazionali su quanti siano docenti e personale no vax, ‘Il Fatto Quotidiano’ ha raccolto alcuni numeri dagli assessorati regionali provando a capire che aria tira. In Campania mancherebbero duemila docenti all’appello, ma di questi solo 400 verranno sospesi, perché una larga parte non può vaccinarsi. Nella provincia di Firenze sarebbero 800 i lavoratori che non si sono sottoposti alla somministrazione, mentre a Roma il numero sarebbe di 650. Tra questi, alcuni si sono messi in malattia o hanno chiesto permessi fino all’inizio delle vacanze.

Secondo i presidi, dei 70mila non vaccinati, la metà hanno deciso di allinearsi sottoponendosi alla dose. Tra gli altri 35mila ci sono gli irriducibili, quelli che cercano l’esenzione in seguito a esami, ma anche altri che hanno fatto la prenotazione per poi non presentarsi, o come detto chi si è messo in malattia. E proprio su quest’ultimo aspetto, sottolinea il quotidiano, permane la confusione che il ministero non contribuisce a risolvere.