I numeri delle chiusure forzate e delle assenze per Covid impongono un ripensamento

Scuola: i numeri delle chiusure forzate e delle assenze per Covid impongono un ripensamento sui provvedimenti governativi

Roma, 10 gennaio – Le notizie che ci vengono dalle scuole non sono affatto tranquillizzanti.  Il 15 % degli alunni e il 20% del personale assenti – dati che raccogliamo empiricamente con i nostri contatti sui posti di lavoro – parlano di una realtà che difficilmente può dirsi di normalità.

E non crediamo sia giusto minimizzare facendo operazioni valutative di relativizzazione – la scuola è l’unica realtà che chiuderebbe, gli assenti sono nella norma, non si è raggiunto il picco ecc. – perché poi i fatti vanno in tutt’altra direzione: i comuni e le regioni si muovono in ordine sparso e vanno per la loro strada. Le scuole medesime, in assenza di personale, riducono il servizio e vengono costrette a mandare all’aria ogni seria programmazione.

Si giunge perfino alle inaccettabili scelte demagogiche come quelle del Presidente della Regione Puglia che ha invitato le famiglie a denunciare i dirigenti scolastici che, seguendo la legge, non accettano di far svolgere la didattica a distanza, qualora le famiglie medesime (contro la legge) la chiedano, e a promettere loro in questo caso appoggio giudiziario davanti al TAR pugliese.
Per assumere le giuste decisioni andrebbero presi in considerazione i dati reali che il Ministero dovrebbe rendere noti: quanti sono gli alunni assenti, quanti assenti fra i docenti, quanti fra i componenti del personale ATA.

Anche perché, se questa è la situazione si pongono molti problemi di gestione: l’impossibilità di trovare i supplenti, l’assurda approssimazione di indicazione circa la modalità di verifica delle vaccinazioni da parte degli alunni (pare che da ultimo lo stesso Ministro abbia invocato il buon senso della certificazione sulla parola da parte delle famiglie !), la mancata disposizione circa la dotazione delle mascherine FFP2 (chi le deve comprare ? le scuole? o le fornisce il generale Figliuolo?), la situazione lavorativa dei fragili esentati dalla vaccinazione e comunque impossibilitati a stare a scuola, e molto altro ancora…

E’  innegabile che il personale della scuola, a partire dai dirigenti scolastici, per rispondere ad una esigenza di immagine, che è solo esigenza del governo, è sottoposto ad uno stress lavorativo inaudito: deve esser sul chi vive 24 ore su 24, aggiornando i dati, rispondendo alle famiglie, rivedendo continuamente lo stato della didattica e del servizio, rimanendo in balia dei continui cambiamenti che l’andamento de contagio impone, classe per classe, plesso per plesso, giorno per giorno, ora per ora.
Chiudere gli occhi di fronte a tutto ciò, andare avanti come se nulla fosse e negare la DaD (da adottare naturalmente per un tempo che sia il più limitato possibile) per scelta ideologica porta a sbattere contro la realtà che ha sicuramente la testa più dura del governo e che si sta imponendo nei fatti.

Ripresa delle lezioni

Ripresa delle lezioni: il Presidente ANP ha incontrato  il Ministro dell’istruzione

Si è svolto oggi il previsto incontro del Presidente dell’ANP Antonello Giannelli con il Ministro dell’istruzione Patrizio Bianchi.

Al termine il Presidente ANP dichiara: “ho rappresentato al Ministro le enormi difficoltà che i dirigenti stanno affrontando quotidianamente, da ormai due anni, pur di garantire la regolarità del servizio. Ho inoltre posto alla sua attenzione i principali problemi relativi alla ripresa delle lezioni in presenza nonché varie tematiche inerenti la legge di bilancio”.

Continua Giannelli: “Tra le questioni più urgenti ho sottolineato l’esigenza di dotare le scuole di una funzionalità SIDI che consenta di individuare con tempestività lo stato vaccinale degli alunni, la necessità di dotare di mascherine FFP2 tutti gli alunni e tutti i dipendenti e l’opportunità di includere le parafarmacie tra i soggetti abilitati all’esecuzione dei test di rilevazione del Covid”.

Conclude il Presidente ANP: “Il confronto si è svolto in un clima franco e cordiale e ho apprezzato la disponibilità del Ministro ad ascoltare le nostre proposte e a discuterne in sede di Governo”.

Le Scuole degli Altri

Uno sguardo curioso alle scuole degli Altri

di Francesco Scoppetta

Come in certi film distopici immaginiamo un ministro della pubblica istruzione italiano che in una intervista proponesse il suo piano per rivoluzionare la scuola italiana.

Dal momento che gli insegnanti italiani sono pagati troppo poco, egli dice, l’obiettivo è quello di aumentare lo stipendio iniziale di almeno 500 euro ma cambiando l’orario di cattedra e le mansioni. Le ore settimanali di lezione diventerebbero 26 ore (di 45 minuti) di insegnamento frontale, 3 ore di supplenze e 3 sorveglianze di 20 minuti ciascuna. I collaboratori scolastici che vanno in pensione non saranno più sostituiti sino a prosciugare il ruolo quindi gli insegnanti assumeranno via via anche le mansioni di sorveglianza e dovranno insegnare tutti almeno due materie. E’ facile prevedere che tale coraggioso ministro sarebbe costretto alle dimissioni in seguito a sommosse popolari e a nulla varrebbe il suo disperato tentativo di spiegare che le sue intenzioni erano soltanto quelle di copiare quello che avviene nelle scuole tedesche.

Evito di enunciare tutte le motivazioni che sindacati e politici elencherebbero per contrastare tali proposte. Si possono tutte sintetizzare in una sola che rappresenta il nostro dna, la nostra coperta di Linus, il nostro mito: sono gli altri paesi che devono imparare da noi e non viceversa. Noi italiani sin dall’infanzia apprendiamo che siamo unici, una stirpe guerriera ed intellettuale che discende da Roma caput mundi e dal Rinascimento per cui nessuno può insegnarci nulla in nessun campo.

Il grande Alberto Arbasino, l’autore di Fratelli d’Italia  scomparso giusto un anno fa, nel 1963 (ormai 58 anni fa) lanciò il celebre j’accuse in forma di metafora contro il ritardo della cultura italiana, ereditato dal fascismo. Ci dava il consiglio di andare a vedere che cosa accade oltre confine attraverso una possibile gita a Chiasso, la auspicava appunto per sprovincializzare l’Italia. Il fatto è che noi non abbiamo mai nulla da imparare dagli altri, in fondo siamo quelli che abbiamo introdotto la televisione a colori nel 1977 dopo un quindicina di anni di incredibile (a rileggerlo oggi) dibattito, mentre negli Stati Uniti c’era dal 1954 e in Francia, Germania e Regno Unito dal 1967. Se consideravamo la tv a colori uno spreco inutile ecco perchè consideriamo follie, stranezze o astrusità alcune cose presenti nei sistemi scolastici stranieri a noi vicini (Francia, Germania e Spagna).

In realtà in tutta Europa ci sarebbero decine e decine di “cose incredibili” da segnalare, si pensi alla Svezia dove solitamente non si hanno mai più di tre materie per giorno e la scuola viene vissuta davvero anche al di fuori delle lezioni: palestre, aule studio, biblioteche. Oppure si pensi alla Finlandia dove la selezione per insegnare è durissima: il 10% dei migliori laureati di qualunque facoltà viene preso a fare l’insegnante. Hanno grande riconoscimento sociale e guadagnano molto, però trascorrono a scuola l’intera giornata e, ogni quattro ore di lezione, hanno diritto a due ore di perfezionamento professionale. Come se non bastasse essi vengono assunti (o sono licenziabili) dopo una valutazione fatta dal preside della scuola, da altri insegnanti e anche da un rappresentante del comune in cui si trova la scuola in questione. Ma lasciamo stare la Finlandia che è un minuscolo paese di meno di 6 milioni di abitanti. E non parliamo neppure del Regno Unito che ha un sistema scolastico non confrontabile in nessun modo con il nostro. Oltre Manica spendono un budget annuale di 130 milioni di euro per ispezionare almeno ogni tre anni tutte le 25mila sedi delle scuole del Regno Unito. Con un preavviso massimo di cinque giorni gli ispettori inglesi arrivano a scuola ed esaminano i risultati ottenuti dagli alunni e i target fissati ai dirigenti, nonché la qualità dell’insegnamento in ciascuna materia. Ogni visita attribuisce ad ogni scuola un voto, in una scala di quattro gradini (ottimo, buono, sufficiente e insufficiente), e i risultati vengono comunicati agli studenti, alle famiglie, e diffusi sul web.

Lasciamo perdere ogni confronto, i nostri sistemi politici sono storicamente diversi ma anche le differenze culturali sono troppe. Basti pensare alla cultura del cibo. Abbiamo la cucina migliore del mondo, con dei sapori fantastici che tutti ci invidiano. In Inghilterra vi è invece un grandissimo consumo di cibi già pronti e i supermercati sono pieni zeppi di cibi da infilare nel forno o nel microonde.

Maggiori affinità le abbiamo con la Francia e la Spagna, e poi in Europa non si può prescindere da uno sguardo alla Germania che in termini di efficienza e modernità rappresenta pur sempre un punto di riferimento.  

La scuola ideale non esiste, ma alcune caratteristiche delle scuole straniere potrebbero essere introdotte con successo nel nostro sistema scolastico se sapessimo guardare oltre il nostro naso, se non ci concentrassimo sempre e soltanto sul nostro ombelico convinti come siamo che nessuno abbia nulla da insegnarci. Per esempio le politiche di integrazione degli studenti stranieri nella scuola di Spagna e Svezia, la capacità e la prontezza che ha il sistema tedesco di portare le nuove tecnologie nella scuola, l’organizzazione dell’anno scolastico della scuola francese e l’attenzione allo studio della lingua inglese delle scuole scandinave sarebbero tanti temi da approfondire con particolare attenzione ed impegno. In Svezia, per dire, i giovani scandinavi parlano un inglese pressochè perfetto. Infatti nelle scuole si pratica l’insegnamento bilingue: l’inglese, oltre a essere studiato come lingua a sé stante, è anche utilizzato come lingua d’insegnamento in determinate materie. In Italia la misura introdotta da qualche università ha ricevuto sdegnati rimproveri da tutti coloro i quali ritengono che per girare il mondo (e magari lavorare all’estero) debba bastare solo la conoscenza della lingua italiana.

Francia

Il  sistema scolastico francese ha alcune particolarità evidenti, la prima delle quali è la valutazione delle competenze. La tendenza è di valutare i propri studenti senza l’uso dei voti. In questo modo si tenta di evitare lo spirito di competizione e di favorire l’interesse per l’apprendimento.

Mentre la metà delle nostre scuole non hanno il certificato di prevenzione incendi e il collaudo statico le scuole francesi si trovano in edifici moderni o ristrutturati dotati della strumentazione completa necessaria per l’apprendimento oltre che di laboratori e palestre attrezzate. Le modalità di insegnamento sono decisamente più pratiche, soprattutto per quanto riguarda le materie scientifiche. All’università sono previsti degli stage, insomma si predilige un metodo che avvicina maggiormente i ragazzi al mondo del lavoro.

Le scuole pubbliche sono davvero gratuite e gli studenti devono comprarsi solo quaderni e penne. I testi scolastici e le escursioni sono a carico della scuola, spesso pagate grazie a finanziamenti o progetti europei. Anche l’università ha costi pressoché irrilevanti rispetto alle nostre.

La scuola è laica, la realtà francese è multietnica, si studia la storia delle religioni per far acquisire una maggiore conoscenza di altre culture e favorire il dialogo tra di esse. I ragazzi trascorrono molte ore a scuola, motivo per cui la mole di lavoro da svolgere a casa è inferiore. Si cerca di stimolare gli studenti durante l’orario scolastico e di esaurire l’apprendimento in classe.

In Francia esistono sia scuole pubbliche che private. La grande differenza con il nostro sistema è che entrambe garantiscono la stessa qualità della didattica e lo stesso tipo di istruzione agli studenti. Anche i professori hanno la medesima formazione: sono tutti dipendenti pubblici statali e devono sostenere un unico concorso di abilitazione, anche se sono tenuti a segnalare per quali tipi di istituti concorrono. La scelta di una scuola privata invece di una pubblica oltre alla questione legata alla religione, è anche legata ad un altro fattore. Visto che in Francia si frequenta la scuola assegnata a seconda della propria residenza, per garantire la mixité sociale, alcune famiglie che abitano in zone disagiate o difficili preferiscono inserire il proprio figlio in una scuola diversa da quella dell’area in cui sono domiciliati.

La più grande differenza del sistema scolastico francese rispetto al nostro è la seguente: le scuole superiori francesi sono elitarie. Ciò significa che per accedere a determinati istituti è necessario aver superato l’esame delle medie con una determinata votazione. L’aggettivo elitario in Italia è diventato una parolaccia da non pronunciare in pubblico. Nella nostra fantasia noi abbiamo deciso che l’èlite non esiste, così come non esistono scuole diverse, o come diciamo sempre, di serie A e di serie B: noi abbiamo immaginato una unica scuola per tutti, declinata in licei e istituti, così tutti gli studenti possono andare all’università. Così finisce che la quota dei 25-64enni con una laurea in Italia è molto bassa, essendo pari al 20,1% contro il 32,8% nella media europea (dati 2020).

In Francia man mano che si prosegue nel proprio percorso di formazione, i ragazzi vengono valutati quasi esclusivamente su compiti scritti e non su esposizioni orali o interrogazioni. Noi all’esame di Stato viceversa abbiamo abolito i compiti scritti perché siamo convinti che soltanto con la mitica interrogazione orale ci si può esprimere bene e valutare meglio. Un altro elemento curioso è il fatto che alle medie e alle superiori è possibile avere ore buche, alcune giornate che terminano prima o intere mezze giornate libere. Da noi comincerebbero le occupazioni.

Non esiste la scuola media bensì il Collège, che dura 4 anni. Dai 15 anni in poi iniziano le varie specializzazioni. Sia alla fine delle scuole medie che delle superiori è previsto il ballo di fine anno.

Gli studenti possono decidere di interrompere i loro studi all’età di 16 anni, ma la maggior parte continua a studiare nei Licei generali o tecnologici fino ai 18 anni quando consegue il Bac, che è fondamentale ormai per potersi iscrivere nella maggior parte delle università, ed equivale al nostro esame di maturità. Solo che la percentuale di coloro che superano il Bac è solo il 63,8%. Rispetto al nostro 99% di promossi alla ex Maturità qualcosa non torna. Sono elitari? Direi di no dal momento che basso è il tasso di dispersione scolastica: solo il 6% dei giovani abbandona la scuola senza conseguire una qualifica, mentre la media dell’Unione Europea è del 15%.

In Francia, come in Italia, gli studenti devono sostenere l’esame alla fine delle scuole medie e quello alla fine delle superiori.L’esame di maturità si chiama Bac, abbreviazione di Baccalauréat. A differenza di ciò che succede in Italia si svolge una prima parte alla fine del penultimo anno e una seconda parte alla fine dell’ultimo anno. Alla fine della Première è previsto il test scritto per tutte le materie facoltative, la prova scritta e orale di francese e quella di scienze per alcuni indirizzi; invece alla fine del Terminale si devono dare tutte le altre materie (orali delle obbligatorie e delle facoltative).

Per quanto riguarda gli orari, in genere i bambini della scuola materna frequentano dalle 8.00-8.30 alle 11.30-11.45 e riprendono alle 13.45-14 fino alle 16.30, fatta eccezione per il mercoledì, giorno dedicato allo svago in tutta la Francia. Alle elementari gli orari sono molto simili, con il mercoledì sempre libero. Per quanto riguarda le scuole medie, invece, i ragazzi in genere stanno a scuola dalle 8.00 alle 17.30, con il mercoledì dedicato allo sport. In linea di massima nei licei francesi la situazione non cambia, nonostante vi siano significative differenze a seconda dell’istituto frequentato. Al College l’orario varia dalle 27 alle 30 ore settimanali, mentre la scuola primaria per i bambini dai 3 ai 10 anni ha visto ridursi negli ultimi anni il monte orario settimanale, al punto che alcuni istituti restano aperti soltanto quattro giorni alla settimana. Per quel che riguarda la scuola superiore in Francia le giornate scolastiche sono particolarmente lunghe, in media sei ore contro le quattro e mezza degli altri paesi. La giornata tipica degli studenti è così strutturata: lezioni al mattino e al pomeriggio, con la possibilità nelle ore buche tra una lezione e l’altra di studiare nelle biblioteche presenti nelle scuole (pratica quasi sconosciuta in Italia, dove si studia quasi sempre solo a casa). Ci sono 5 giorni di lezione a settimana, per un totale di 36 settimane, circa 160 giorni ad anno scolastico (da noi dovrebbero essere, sulla carta, 200).

Il calendario scolastico francese è molto diverso da quello italiano perché prevede vacanze a cadenza regolare, ogni sei/otto settimane. Durano sempre due settimane, fatta eccezione per il periodo estivo in cui si hanno a disposizione due mesi di pausa dalla scuola.

L’anno scolastico inizia il primo lunedì di settembre e già a fine ottobre-inizio novembre le lezioni si interrompono. Tra fine febbraio e l’inizio di marzo ci sono le cosiddette “vacanze d’inverno” (Petites Vacances), però iniziano a cadenza di una settimana le une dalle altre in ognuna delle tre zone francesi definite dallo Stato. La scelta è stata fatta per favorire il turismo e per garantire alle strutture alberghiere di avere clienti per l’intera stagione. Anche le “vacanze di primavera” ad aprile sono divise per zona. Le vacanze estive vanno da luglio a fine agosto e sono previste nello stesso periodo in tutta la Francia. (cit. Sara Nosenzo)

Germania

Tutto il sistema scolastico è finalizzato a trovare “lavoro” e già in tenera età il piccolo viene analizzato per capire quali sono le sue attitudini. Questo comporta maggiore pragmaticità, ma corre il rischio di non considerare le evoluzioni personali del minore e i cambiamenti che questi può vivere nella fase adolescenziale.

Le lezioni in quasi tutte le scuole superiori non sono di 60 minuti ma di 45 minuti.

La scuola materna (Kindergarten) non è obbligatoria. Tra i 6 e i 10  anni, invece, i bambini iniziano il vero e proprio percorso didattico con la scuola elementare (Grundshule) che viene ricordata soprattutto per la Schültute, che è la scatola di caramelle o cioccolata che i nonni o i genitori regalano ai piccoli per il loro primo giorno di scuola. Le elementari durano solo 4 anni (a Berlino e nel Brandeburgo però sei anni) e non ci sono esami finali. Sono gli insegnanti che consigliano alla famiglia e allo studente un indirizzo di studi secondario appropriato alle capacità dimostrate dall’alunno. In Germania quindi lo studente sceglie già all’età di 10 anni il percorso del suo futuro, cosa che in Italia accade a 14 anni. In caso venga scelta dalla famiglia una scuola di ordine superiore rispetto a quanto consigliato dai docenti, l’alunno dovrà sostenere un test d’ammissione nella nuova scuola. Questo significa che il piccolo viene valutato in base ai risultati ottenuti nei primi 5 anni di scuola elementare, considerando che gli studenti hanno attitudini e capacità diverse. Una sorta di scuola media differenziata che offre una qualità di insegnamento molto elevata e accoglie metodi di insegnamento alternativi, impensabili in Italia. Basti pensare allo spazio che viene dato ai laboratori, all’introduzione di supporti tecnologici informatici e a molte novità che velocizzano l’apprendimento rendendo la Scuola terreno fertile per un apprendimento più completo e veloce.

La scuola superiore prevede 4 opzioni:

1.Gymnasium, 9 anni, 40 ore settimanali

2.Realschule, dura dai 4 ai 6 anni

3.Hauptschule, dura 5 o 6 anni. Questa scuola superiore viene di solito frequentata da coloro che non hanno poi intenzione di proseguire la carriera universitaria. Al termine di questa scuola infatti si fa un tirocinio-apprendistato (Lehre) che è accompagnato da altri studi di orientamento a un lavoro specifico (Berufsshule). Il Berufsshule prevede che parte del monte ore totale venga svolto direttamente nelle aziende, sia pubbliche che private. E’ un sistema pragmatico, tra i più efficienti del panorama europeo per l’integrazione diretta dei giovani nel mercato del lavoro. 

4.Gesamtschule (scuola comprensiva), gli studenti ricevono un insegnamento comune che dopo 10 anni consente al giovane di scegliere un percorso consono alle sue attitudini. Questo significa che a 16 anni decidono se trovare un lavoro oppure prendere un diploma studiando altri 3 anni, per poi iscriversi all’università. Tra le 4 opzioni, questa è destinata solo al 5% degli studenti in tutta la Nazione ed è quella che maggiormente ritarda la decisione sull’indirizzo da prendere, consentendo al giovane di scegliere al posto di genitori e docenti.

Solo gli studenti che ottengono una votazione davvero buona all’Abitur, che può essere paragonato alla nostra maturità, possono decidere in modo del tutto autonomo a quale università iscriversi. Soprattutto per le iscrizioni alla facoltà di Medicina è necessario un voto medio-alto. A decidere a quali università si iscriveranno gli studenti con votazioni meno buone è invece l’Ufficio Centrale per il Collocamento degli studenti negli Istituti Universitari (Zentralstelle für die Vergabe von Studienplätzen, ZVS). Una grande differenza tra l’università italiana e l’università tedesca sta nella modalità della lezione.

Infatti, ogni singolo corso di esame è suddiviso in moduli. Per ogni modulo, che corrisponde quindi a un esame, si possono scegliere in genere una lezione (Vorlesung) e uno o due seminari(Seminar) da frequentare. L’esame –spesso– consisterà nello scrivere una tesina (Hausarbeit) di circa 15 pagine riguardo a uno degli argomenti trattati in uno dei seminari.

La vera forza delle lezioni si tiene nei cosiddetti Seminar, dove la lezione frontale si trasforma in un vero e proprio dibattito. In genere viene portato avanti dagli stessi studenti e dove il professore (molto più frequentemente in realtà un giovane dottorando) parla pochissimo e si limita a guidare la discussione.

A proposito di Università, gli ultimi anni di scuola di un alunno sono molto importanti per lui e spesso anche per i suoi genitori. Il suo rendimento globale andrà ad incidere sul voto finale di maturità e molte facoltà universitarie, in particolare medicina, giurisprudenza, economia, essendo a numero chiuso, ammettono per primi naturalmente gli alunni con un miglior rendimento. Gli altri o si spostano in altre città per andare in altre Università o aspettano il loro turno, ma possono dover aspettare anche due o tre semestri. Tuttavia sono rari gli esami di ammissione per le facoltà a numero chiuso da dover superare come in Italia.

I voti nelle scuole tedesche vanno dall’1 al 6: 1 è ottimo, 2 buono, 3 discreto, 4 sufficiente, 5 insufficiente, 6 gravemente insufficiente. Con due discipline insufficienti si ripete l’anno.

Nella scuola tedesca gli intervalli durano non meno di 20 minuti.

Una differenza sostanziale tra la scuola italiana e quella tedesca è il rapporto docenti-alunni, che in linea di massima è molto formale e distaccato. L’insegnante non viene chiamato dagli alunni maestro o professore, bensì con il suo cognome: Sig. e Sig.ra per le insegnanti. Gli insegnanti danno naturalmente del tu agli alunni e gli alunni, a parte alle elementari, danno del lei agli insegnanti. Ma negli ultimi due o tre anni prima della maturità anche gli insegnanti danno del lei agli alunni. Anche le vacanze estive presentano qualche differenza, dal momento che durano solo sei settimane. Non solo, per evitare di chiudere tutti gli istituti lo stesso giorno, il Governo prevede periodi di vacanza alternati, così da non affollare autostrade e servizi pubblici, causando disservizi. Gli altri giorni di festa, durante l’anno, riguardano le tre settimane natalizie, due settimane in autunno e una settimana per Pasqua.

Spagna

L’anno scolastico comincia come il nostro verso la metà di settembre ma termina a fine giugno. Gli orari variano da una scuola all’altra, ma in generale vanno dalle 9 alle 16, con un’ora per mangiare, anche se ultimamente molte scuole non hanno pausa pranzo e chiudono prima, cioè alle 14. Le lezioni di solito durano 45 minuti. Alcune scuole dispongono di mense, anche se molti bambini portano il pranzo o vanno a casa per merenda se vivono nelle vicinanze.

Una particolarità delle scuole statali spagnole è la mancanza di attività extracurriculari come sport, musica, teatro, arti e mestieri. Le scuole statali non hanno circoli scolastici o squadre sportive e se i bambini vogliono fare sport di squadra di solito devono iscriversi a un club locale. Tuttavia, gli sport e altre attività sono spesso organizzati tramite i genitori e le associazioni sportive. Le tasse sono basse e le attività di solito si svolgono subito dopo la scuola.

Con 17 comunità autonome (simili alle nostre Regioni) e 10 con ampia autonomia, il Governo di Madrid stabilisce gli elementi di base del curriculum della scuola dell’obbligo (65% delle ore totali, solo il 55% nelle Comunità Autonome bilingue), e sono poi le istituzioni locali ad adattare i vari curriculum alle singole scuole. La scuola dell’obbligo come la nostra va dai 6 anni fino ai 16. La scuola primaria dura 6 anni a differenza dei 5 del corrispettivo italiano.

Una differenza particolare rispetto alle elementari italiane riguarda la valutazione finale, che avviene attraverso un esame conclusivo, anzichè in base al giudizio dei professori come in Italia. L’educacion secundaria obligatoria (l’equivalente delle nostre scuole medie) ha una durata di 4 anni. L’istruzione post-obbligatoria (equivalente delle scuole superiori italiane) ha durata di 3 anni. Normalmente non è consentito prelevare un bambino dalle classi durante l’ anno scolastico, fatta eccezione per le visite dal medico o dal dentista, occasioni durante le quali l’ insegnante deve essere informato in anticipo.

Mentre noi siamo abituati a frequentare cinque anni di scuola secondaria di secondo grado, in Spagna la scuola superiore ha una durata di due anni, con l’aggiunta di un anno facoltativo per la preparazione all’università. Oltre a ciò non esiste una differenziazione tra istituti professionali, tecnici e licei come da noi, ma ogni studente frequenta un unico “bachillerato” per poi scegliere eventuali materie opzionali, stando ai propri interessi oppure al futuro campo di specializzazione in università.
Al termine di questo percorso, gli studenti possono sia scegliere di proseguire i propri studi attraverso un percorso accademico, o una formazione professionale, per accedere direttamente al mondo del lavoro. Un’altra peculiarità è rappresentata dall’utilizzo di una tessera identificativa per poter entrare ed uscire dalla scuola, sia in orari stabiliti in base alle lezioni sia in base al momento della ricreazione.

Nel primo anno di bachillerato gli alunni possono recuperare alla fine dell’anno massimo due materie insufficienti, tre per il secondo. Alla fine del terzo anno si ottiene il Diploma de Bachiller.

Per accedere agli studi universitari bisogna inoltre superare un’ulteriore test, una prova detta di selectividad o pruebas de acceso: si tratta di esami di lingua spagnola (ed eventualmente della lingua e letteratura della comunità autonoma), di lingue straniere, di storia e filosofia. Questi esami sono organizzati due volte ogni anno.

Visto che in Italia si è abituati al cambio dei professori che si succedono nelle aule, in Spagna sono gli studenti ad andare da un’aula all’altra, per cui ad ogni cambio di ora c’è un enorme spostamento nei corridoi dell’istituto interessato. 

Gli studenti spagnoli, in linea generale, sono più abituati agli esiti negativi, in quanto i voti vanno dallo zero al 10, e il cinque contraddistingue la sufficienza. La radicale riforma scolastica del 1990 (LOGSE) ha escluso in pratica la bocciatura nella scuola dell’obbligo, poichè ogni studente può avere un piano di studi con diversi livelli a seconda delle proprie caratteristiche. Le scuole private sono più del 30% del totale, e il 99% delle scuole private gode di sovvenzioni statali. Gli stipendi dei docenti nelle scuole private è spesso pagato dallo Stato. L’istruzione pubblica è ovviamente gratuita. Nell’Educazione secondaria obbligatoria (ESO) l’anno scolastico prevede 906 ore totali di lezione, dal lunedì al venerdì: circa sei ore di lezione al giorno.

Gli studi universitari hanno tre step e rispettivi titoli intermedi: Grado, Master e Doctor.

Scuola, partenza in salita. Presidi: “Impossibile garantire le misure previste”

da RaiNews 24

“Il ritorno a scuola è importante ed è sicuro con le mascherine e il distanziamento. Noi attivati per testing” dice il commissario Figliuolo. Bianchi: è possibile che domani manchi personale

La scuola domani riparte tra mille polemiche. Presidi, dirigenti scolastici e molti Governatori di regione – preoccupati per l’alto numero di contagi che si stanno registrando nelle ultime settimane nel nostro Paese – fanno appello al governo, in primis al Presidente del Consiglio, Mario Draghi, per posticipare il ritorno in classe e adottare la dad almeno per un paio di settimane. Ma il governo tira avanti e il ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi conferma: “Nessun ripensamento, si torna in presenza”.

Bianchi: è possibile che domani manchi personale

“C’è sicuramente la possibilità che domani manchi del personale. Noi abbiamo dato 400 milioni per rinnovare e potenziare il personale proprio per l’emergenza legata al Covid. Si tratta di 35mila docenti e di altrettanto personale tecnico in più. Ricordo che anche in passato dopo il Natale si sono registrate molte malattie ma questa situazione si affronta insieme e con la volontà di tutti”. Lo ha detto il ministro dell’Istruzione, Patrizio Bianchi, intervistato al Tg3.

“Il ritorno a scuola è importante ed è sicuro con le mascherine e il distanziamento. E’ importantissimo anche dal punto di vista sociale” dice a sua volta il Commissario straordinario all’emergenza Covid, Francesco Paolo Figliuolo. E aggiunge: “E’ ovvio che noi ci siamo attivati per il testing. Nell’ultimo decreto sono stati stanziati circa 92 milioni e mezzo per la struttura commissariale con un team del Ministero della Difesa affinché si facesse il testing: quando un alunno delle scuole secondarie di primo e secondo grado entra in contatto con un positivo, la famiglia chiama il medico o il pediatrico che fa una prescrizione e con questa l’alunno può andare in farmacia o nelle strutture convenzionate e gratuitamente può fare un tampone” conclude.

Il governo intanto è pronto a impugnare l’ordinanza del governatore della Campania, Vincenzo De Luca, che lascia chiuse elementari e medie fino a fine mese. Un’iniziativa in netto contrasto con il decreto da poco approvato. Decreto che contiene anche le nuove regole sulla sicurezza sanitaria che risolvono almeno in parte la “discriminazione” tra studenti vaccinati e non vaccinati, ventilata nei giorni scorsi.

Il piano prevede lo stanziamento di 92 milioni di euro per rafforzare le attività di screening e consentire alla popolazione scolastica in autosorveglianza (anziché la quarantena, il controllo sull’eventuale sviluppo di sintomi) di effettuare test gratuiti. Secondo il decreto approvato prima di Natale, saranno squadre di medici e infermieri dell’esercito a potenziare il ricorso ai tamponi nelle scuole ed è prevista inoltre la distribuzione di mascherine Ffp2 al personale.

Venendo alle regole per le classi, le condizioni variano a seconda del grado, secondo quanto previsto dal decreto del 5 gennaio. Nelle scuole materne, con un solo positivo si fermano le attività per dieci giorni. Nelle elementari, dove la campagna vaccinale è partita da alcune settimane ma la copertura tra gli under 12 è inferiore al 10%, con un positivo l’attività scolastica prosegue mediante test rapido o molecolare da ripetere dopo cinque giorni; in caso di due o più contagiati, tutta la classe passa in Dad per dieci giorni. Le regole sono più articolate per le scuole medie e superiori, dove i vaccini per queste fasce di età sono disponibili da mesi: con un positivo si attiva l’autosorveglianza e l’uso delle Ffp2; con due positivi passa in Dad chi non è vaccinato, mentre gli altri restano in classe in autosorveglianza e con Ffp2; la Dad per tutti scatta con tre positivi.

Tra i punti controversi, che potrebbero essere oggetto di ulteriori delibere governative, c’è il trasporto pubblico, dove il Green pass rafforzato è diventato obbligatorio ma non si attenuano i timori sull’efficacia dei controlli per far rispettare la norma. Altro nodo, la probabile necessità di rimpiazzare docenti e personale no vax: dal 15 dicembre scorso è scattato l’obbligo vaccinale ma si stima che siano circa 40mila gli irriducibili: non è esclusa l’ipotesi estrema di chiamare in sostituzione i laureandi.

Presidi a Draghi: “Impossibile garantire le misure previste”

“Il Governo e il ministero dell’Istruzione hanno il dovere di mettere in campo il massimo sforzo con azioni di affiancamento alle scuole perché diversamente il sistema scolastico non riuscirà a gestire la prevista diffusione del contagio nella fascia di età scolare”. E’ questo in sintesi l’appello che l’Associazione Nazionale Dirigenti Scolastici (Andis) ha inviato in queste ore al governo Draghi.

“Preso atto – si legge nella missiva – che il monitoraggio settimanale pubblicato ieri da I.S.S./Min. Salute documenta un ulteriore aggravamento della curva pandemica, con il raddoppio dell’indice di trasmissibilità RT e con un consistente aumento del tasso di occupazione delle terapie intensive; che si preannuncia per i prossimi giorni il passaggio di ben 10 regioni/province autonome nella fascia ad alto rischio; che il Comitato Tecnico Scientifico non si è espresso né ha pubblicato proiezioni circa un possibile incremento del contagio in conseguenza della riapertura delle scuole dopo le festività natalizie; che le Aziende sanitarie hanno dimostrato nelle ultime settimane di essere in affanno nell’assolvere i compiti di testing e di contact tracing dei contagi nelle scuole; che le famiglie degli alunni in autosorveglianza o in quarantena manifestano oggettive difficoltà ad acquisire le certificazioni necessarie per il rientro a scuola dei figli, l’Andis chiede al Governo di considerare che ad oggi non ci sono tutte le condizioni per rendere operative in tutto il territorio nazionale le misure previste dal D.L. n.1/2022”.

“Molte Regioni di fatto non sono più in condizione di garantire il testing e il tracciamento dei contagi; non sono state implementate nuove e più efficaci iniziative per incentivare la vaccinazione dei bambini in età 5-11 anni; le istituzioni scolastiche non sono in condizione di riorganizzare tout court il servizio scolastico (verifica positività – riorganizzazione del tempo scuola – gestione del servizio mensa – sostituzione personale assente a vario titolo, attivazione DAD, ecc.) dal momento che non conoscono in tempo reale i dati relativi a contagi/contatti/vaccinazioni del personale e degli studenti; non è stata avviata la fornitura alle scuole di mascherine FFp2, per i quantitativi che si renderanno necessari lunedì 10 gennaio”.

Toti: chiudere scuole è insensato anche se domani prevedo confusione

“Sono sicuro che domani ma anche nelle prossime settimane ci sarà confusione. Tenere tutto aperto ma chiudere le scuole sarebbe non solo un brutto segnale ma sarebbe anche poco utile”. Lo ha detto il presidente della Regione Liguria, Giovanni Toti, ospite di “Domenica in” su Raiuno.

“Se chiudessimo le scuole, poi, comunque, i ragazzi andrebbero a giocare al calcio, uscirebbero con gli amici o andrebbero a mangiare la pizza – ha aggiunto Toti – quindi chiudere sarebbe surreale. Credo che si farà un vaccino anti Covid tutti gli anni, che il virus debba circolare. Io da presidente di Regione ricordo benissimo le ondate influenzali stagionali che hanno riempito gli ospedali, se non come il Covid, ma ci siamo andati vicini”. “Sulla scuola avrei fatto regole più semplici – ha detto ancora il presidente della Liguria – se tu, studente o alunno, stai male rimani a casa finché hai la febbre, poi aspetti un paio di giorni per precauzione e poi potrai tornare a scuola”.

Zaia, ultimo appello a Draghi: “Non reggeremo”

“Non cerco la rissa. Draghi parlerà domani, ed è fondamentale che capisca che le Regioni sono al fronte: si faccia dare il quadro dei territori, tutti noi vogliamo tenere aperta la scuola, ma non ci sono le condizioni. Ci chiedono di svuotare il mare con il secchio. Il secchio non perde acqua, ma ha una capacità limitata”. Luca Zaia, presidente della Regione Veneto, dalle pagine di Repubblica lancia al presidente del Consiglio quello che definisce “l’ultimo appello” e sulla ripresa delle lezioni chiede che si esprima il Comitato tecnico scientifico.

“Come Regioni abbiamo chiesto il rinvio. Non voglio rompere nessun fronte – assicura – all’ultima riunione ho posto una questione che è stata messa nero su bianco: evitiamo di andare in ordine sparso, ma la comunità scientifica deve pronunciarsi”. Per Zaia “un rinvio di 15 giorni non vuol dire perdere il campionato. Il problema è che il risultato sarà che da lunedì avremo un sacco di classi in Dad, orari ridotti, ci trascineremo per una settimana e poi probabilmente si dovrà intervenire. Ci vuole una regia, ma qui i presupposti sono scarsi. E se le condizioni per aprire rimangono queste, senza ipocrisia: non siamo in grado di reggere. Lo dice anche il mondo della scuola, con l’appello di un terzo dei presidi. Mai visto prima. Avremo dal 20 al 30% del personale che non si presenterà perché quarantenati, malati o non vaccinati. Una tempesta perfetta”.

Sicilia, Musumeci: “A Roma non chiediamo capriccio, dad è necessità”

Sulla riapertura delle scuole “il governo romano rimane fermo. Noi presidenti di Regione abbiamo rappresentato il malumore che emerge dal territorio, è il nostro compito farlo, in parte anche condiviso, ma il presidente Draghi da questo punto di vista è rimasto irremovibile”. Lo ha detto il presidente della Regione Siciliana Nello Musumeci dopo la decisione di posticipare di tre giorni il ritorno sui banchi. “Noi non potevamo restare insensibili – ha aggiunto – e abbiamo con gli assessorati regionali all’Istruzione e alla Sanità trovato ieri una soluzione, quella che – da un lato non ci pone in conflitto istituzionale con il governo centrale perché dobbiamo noi rappresenti delle istituzioni evitare conflitti e fughe in avanti – e al tempo stesso ci consente di accogliere le richieste che vengono dal mondo della scuola e dagli Enti Locali. Noi insisteremo con il Governo nazionale. Abbiamo la necessità di insistere tutti insieme nella Conferenza delle Regioni, ma una posizione ferma del Governo nazionale determina solo conflitti istituzionali di cui in questo momento nessuno avverte la necessità”.

Calabria, Occhiuto: “Riapertura andava differita di 15 giorni”

“In Calabria stiamo vaccinando nelle scuole. Siamo la prima Regione in Italia per incremento delle vaccinazioni rispetto ai target del generale Figliuolo, grazie al senso di responsabilità delle famiglie e dei ragazzi”. Lo ha detto il presidente della Regione Calabria, Roberto Occhiuto, ai microfoni del Tg2. “Forse – ha aggiunto Occhiuto – sarebbe stato opportuno differire la riapertura delle scuole di 15 giorni. Non è stato così, ma non è tempo di polemiche”.

Napoli, questa mattina manifestazione No dad contro ordinanza chiusura

Questa mattina, sotto la pioggia, è andata in scena una manifestazione contro la chiusura delle scuole imposta in Campania dal presidente della Regione Vincenzo De Luca. La manifestazione, promossa dal gruppo ‘Usciamo dagli schermi’, si è tenuta intorno alle 11.30 in piazza Cavour a Napoli, all’esterno dell’istituto scolastico Casanova-Costantinopoli. “No alla dad e ai protocolli differenziati tra studenti vaccinati e non vaccinati. Si ad investimenti in edilizia scolastica, sanità pubblica territoriale e trasporti”, questo il concetto espresso da circa una trentina di manifestanti che hanno sfidato anche le pessime condizioni climatiche per esprimere il proprio dissenso sulle disposizioni regionali.

Abrignani: giusto riaprire, non torneremo in lockdown

“Sulla ripartenza delle scuole sono d’accordo con la decisione presa dal governo, in un paese in cui i bambini possono andare al cinema, al ristorante e nei bar sarebbe per me incomprensibile chiudere la scuola”. Lo ha detto il prof. Sergio Abrignani, immunologo e membro del Comitato tecnico scientifico. “Sicuramente bisognerà monitorare la situazione ma è un rischio da prendere nel momento in cui tutto è aperto; niente ci fa prevedere che torneremo in lockdown”, ha aggiunto Abrignani.

Ricciardi: condivido preoccupazioni su rapertura

Condivide le preoccupazioni di chi non ritiene prudente riaprire le scuole in questo periodo, il consigliere scientifico del ministro della Salute, Walter Ricciardi. Lo ha detto lo stesso Ricciardi nella trasmissione ‘Controcorrente’ di Rete 4. “Da una parte capisco benissimo l’intenzione del governo di aprire le scuole e di tenerle aperte, ma questo – ha osservato – si può fare soltanto con un mix di attenzioni sia nella gestione della scuola, sia nella campagna vaccinale, che in questo momento non è tale da consentire una riapertura tranquilla”.

Scuola, assenze e dad, oggi si torna in aula tra le proteste

da Corriere della Sera

di Valentina Santarpia

Ricciardi: condivido le preoccupazioni per la riapertura. Emiliano: la didattica online è un diritto, possibili ricorsi

Sarà una riapertura tra mille ostacoli quella di oggi delle scuole italiane, dopo la pausa natalizia. Mentre il ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi assicura, al Tg3, che «la scuola è pronta», un migliaio di Comuni faranno slittare il rientro in classe a causa del moltiplicarsi dei contagi e, secondo la stima di Tuttoscuola, più di duecentomila classi andranno in didattica a distanza; i presidi sono sempre più preoccupati per una gestione complicata da personale assente, quarantene da gestire e moduli da compilare. La linea del governo però resta ferma: le scuole sono «luoghi sicuri», assicura il commissario all’Emergenza Francesco Paolo Figliuolo che con una circolare annuncia test gratuiti e veloci per tutti gli studenti. Ma in Puglia il governatore Emiliano sostiene, in una chat con un gruppo di genitori, che «nessuno può essere obbligato a essere esposto al pericolo di contagio se esiste uno strumento, la dad, che può ridurre questo rischio». E quindi, come già sostenuto lo scorso anno, per Emiliano «è possibile per i genitori, qualora venga loro negata la dad, impugnare il provvedimento al Tar». E, in questo caso, la Regione «potrebbe costituirsi a favore dei genitori». Anche Walter Ricciardi, consigliere del ministro Speranza, su Rete4, dice di condividere «le preoccupazioni sulla riapertura». Insomma, l’atmosfera è questa.

La buona notizia arriva per i test. L’intera procedura è semplificata per «massimizzare le attività di tracciamento dei contatti in ambito scolastico». Non bisognerà più aspettare la chiamata della Asl: la famiglia dello studente di medie e superiori, una volta informata del contatto, potrà chiamare direttamente il medico di famiglia o il pediatra. I medici potranno effettuare il tampone o far effettuare il test gratuito presso una farmacia. Questo dovrebbe garantire il più possibile le lezioni in presenza, «importanti anche da un punto di vista dell’equità sociale», ricorda Figliuolo. Un altro tassello per aiutare le scuole arriva dal ministero della Salute, che ha fatto sapere che fino al 10 febbraio gli studenti sopra i 12 anni potranno salire sugli scuolabus anche solo con la mascherina Ffp2. Ma le polemiche non si placano.

L’associazione nazionale dirigenti scolastici (Andis) ha scritto al premier Mario Draghi che «non ci sono le condizioni per rendere operative le misure previste». E il governatore della Calabria, Roberto Occhiuto, ha sottolineato che sarebbe stato opportuno «differire la riapertura».

I presidi oggi faranno i conti con la realtà. Tra i tanti, c’è il tema delle mascherine Ffp2 da usare in classe nel caso emerga un positivo: «Non è prevista fornitura gratuita per le scuole — rileva Daniela Crimi, istituto Cassarà di Palermo —. Abbiamo avuto fondi per acquistarle, ma la riserva è limitata». La direzione sembra quella del fai da te, dice Mario Rusconi, presidente dell’Associazione presidi Roma: «Alcune scuole stanno inviando moduli per avere informazioni sugli studenti: se si è fatto un test, se si è vaccinati. E ci prepariamo a difficoltà per il personale assente perché contagiato, fragile o no vax». Eventualità ammessa da Bianchi: «È possibile che manchi del personale. Ma abbiamo 35 mila docenti e personale tecnico in più per le emergenze». E si aspetta di capire cosa succederà in Campania, dove il rientro è stato posticipato: mentre il governo impugna l’ordinanza, i comitati no dad di Napoli e Salerno tornano in piazza.

Ritorno a scuola 10 gennaio con molti docenti assenti, Bianchi: sì, ma non tutti per il Covid. Monta la protesta studentesca

da La Tecnica della Scuola

Di Alessandro Giuliani

È oramai certo l’elevato numero di assenze degli alunni dovute ai contagi da Covid previste nel giorno del ritorno in classe per quasi tutti. Il rischio fondato è che lunedì il 10 gennaio si trasformi davvero di una “falsa partenza”, perché anche tra il personale è probabile che vi saranno diverse defezioni, superiori alle 40-50mila dovute alle sospensioni di chi non ha provveduto a vaccinarsi. Nei giorni scorsi si stimavano 20mila contagiati, ma si teme che siano molti di più: non a caso, il leader dell’Anp, Antonello Giannelli, ha parlato di 100mila lavoratori assenti. Il ministro dell’Istruzione, Patrizio Bianchi, non ha nascosto il pericolo: parlando in serata al Tg3, ha ammesso che “c’è sicuramente la possibilità che domani manchi del personale”. E sarebbe un problema non di poco conto, perché a causa di una norma.

Le assenze non tutte per il Coronavirus

“Noi – ha aggiunto il titolare del Mi – abbiamo dato 400 milioni per rinnovare e potenziare il personale proprio per l’emergenza legata al Covid. Si tratta di 35 mila docenti e di altrettanto personale tecnico in più (il totale degli insegnanti e Ata Covid quest’anno si ferma in realtà a 44mila unità con contratto assicurato tra l’altro solo fino al 31 marzo prossimo, n.d.r.)”.

Bianchi ha quindi tenuto a dire che non è detto che le assenze tra docenti e Ata siano necessariamente legate al Covid-19: “Ricordo che anche in passato dopo il Natale si sono registrate molte malattie ma questa situazione si affronta insieme e con la volontà di tutto”.

“La scuola è pronta”

In ogni caso, Bianchi ha ribadito che per la ripresa delle lezioni in classe “la scuola è pronta”.

Poi è tornato a dire che le nuove regole, introdotte con il decreto legge approvato dal CdM il 5 gennaio e poi pubblicato in Gazzetta Ufficiale, sono state condivise da tutti i ministri.

“Sicuramente – ha sottolineato Bianchi – siamo preoccupati, come tutti, ma abbiamo approvato come Governo, all’unanimità, regole chiare precise e puntuali anche per quelle situazioni che richiedono la didattica a distanza ma il principio base è che si torna a scuola domani”.

Le contestazioni degli studenti

Un ritorno che, però, nelle ultime ore hanno contestato anche gli studenti: la protesta ha preso il via, domenica 9, dagli studenti medi di Napoli, dove però le scuole, ad eccezione delle superiori, saranno chiuse per almeno due settimane per l’ordinanza del presidente De Luca del 7 gennaio.

La protesta si è però presto allargata: le consulte degli studenti degli istituti superiori delle province di Ancona e di Ascoli Piceno hanno proclamato lo sciopero.

“La nostra richiesta fatta in data 5 gennaio 2022 di avere uno screening con tampone gratuito per tutti i ragazzi delle superiori è stata ignorata dalla Regione – hanno detto rappresentanti -; le istituzioni non garantiscono un rientro in sicurezza per i ragazzi delle superiori che rischiano di aggravare la situazione dei contagi da Covid-19 che stanno aumentando vertiginosamente nel nostro territorio; chiediamo di essere dotati gratuitamente di mascherine FfpP2 gratuite come espresso dell’ultimo Decreto”.

I presidi scrivono a Draghi: “Impossibile garantire le misure previste per il rientro a scuola”

da La Tecnica della Scuola

Di Pasquale Almirante

Il Governo tira dritto per la sua strada e domani, 10 gennaio, la scuola riparte in quasi tutta Italia, seppure le preoccupazioni per l’aggravarsi dei contagi da Covid sono tante, largamente espresse da sindaci, governatori, dirigenti scolastici. Nonostante ciò il ministro Patrizio Bianchi conferma: “Nessun ripensamento, si torna in presenza”.

A lui si unisce il Commissario straordinario all’emergenza Covid, Francesco Paolo Figliuolo: “Il ritorno a scuola è importante ed è sicuro con le mascherine e il distanziamento. E’ importantissimo anche dal punto di vista sociale. E’ ovvio che noi ci siamo attivati per il testing. Quando un alunno delle scuole secondarie di primo e secondo grado entra in contatto con un positivo, la famiglia chiama il medico o il pediatra che fa una prescrizione e con questa l’alunno può andare in farmacia o nelle strutture convenzionate e gratuitamente può fare un tampone”.

Dunque, per il Governo nessuna deroga al rientro del 10 prossimo e a tale scopo ha predisposto un piano che prevede lo stanziamento di 92 milioni di euro per rafforzare le attività di screening e consentire alla popolazione scolastica in autosorveglianza (anziché la quarantena, il controllo sull’eventuale sviluppo di sintomi) di effettuare test gratuiti. Secondo il decreto approvato prima di Natale, saranno squadre di medici e infermieri dell’esercito a potenziare il ricorso ai tamponi nelle scuole ed è prevista inoltre la distribuzione di mascherine Ffp2 al personale.

Ma i dirigenti scolastici non ci stanno e dicono: “Impossibile garantire le misure previste”. 

L’Associazione Nazionale Dirigenti Scolastici (Andis) ha inviato infatti in queste ore al governo Draghi una lettera nella quale scrivono:

Il Governo e il ministero dell’Istruzione hanno il dovere di mettere in campo il massimo sforzo con azioni di affiancamento alle scuole perché diversamente il sistema scolastico non riuscirà a gestire la prevista diffusione del contagio nella fascia di età scolare”. 

Preso atto che il monitoraggio settimanale pubblicato ieri da I.S.S./Min. Salute documenta un ulteriore aggravamento della curva pandemica, con il raddoppio dell’indice di trasmissibilità RT e con un consistente aumento del tasso di occupazione delle terapie intensive; che si preannuncia per i prossimi giorni il passaggio di ben 10 regioni/province autonome nella fascia ad alto rischio; che il Comitato Tecnico Scientifico non si è espresso né ha pubblicato proiezioni circa un possibile incremento del contagio in conseguenza della riapertura delle scuole dopo le festività natalizie; che le Aziende sanitarie hanno dimostrato nelle ultime settimane di essere in affanno nell’assolvere i compiti di testing e di contact tracing dei contagi nelle scuole; che le famiglie degli alunni in autosorveglianza o in quarantena manifestano oggettive difficoltà ad acquisire le certificazioni necessarie per il rientro a scuola dei figli, l’Andis chiede al Governo di considerare che ad oggi non ci sono tutte le condizioni per rendere operative in tutto il territorio nazionale le misure previste dal D.L. n.1/2022″.

Molte Regioni di fatto non sono più in condizione di garantire il testing e il tracciamento dei contagi; non sono state implementate nuove e più efficaci iniziative per incentivare la vaccinazione dei bambini in età 5-11 anni; le istituzioni scolastiche non sono in condizione di riorganizzare tout court il servizio scolastico (verifica positività – riorganizzazione del tempo scuola – gestione del servizio mensa – sostituzione personale assente a vario titolo, attivazione DAD, ecc.) dal momento che non conoscono in tempo reale i dati relativi a contagi/contatti/vaccinazioni del personale e degli studenti; non è stata avviata la fornitura alle scuole di mascherine FFp2, per i quantitativi che si renderanno necessari lunedì 10 gennaio”.

Docenti e dirigenti al lavoro anche di domenica per preparare la riapertura del 10 gennaio

da La Tecnica della Scuola

Di Reginaldo Palermo

Mentre continua il braccio di ferro fra il Governo e le Regioni sulla ripresa delle lezioni, nelle scuole ci si sta preparando al d-day del 10 gennaio (o del 13, a seconda dei casi).
Da più parti ci arrivano segnalazioni di scuole in cui anche oggi, domenica, dirigenti e insegnanti si stanno riunendo in videoconferenza per organizzare al meglio il lavoro dei prossimi giorni.
Una questione generale è relativa alle difficoltà che ci saranno in molte situazioni a causa delle assenze di docenti e collaboratori scolastici per quarantene e altre ragioni.
I problemi più complessi sembrano riguardare il primo ciclo.
In queste ore, per esempio, dirigenti e amministrativi sono all’opera per sapere se fra i bambini e le bambine dell’infanzia ce ne siano di positivi; le chat di insegnanti e genitori sono bollenti perché si sta cercando di raccogliere informazioni utili per evitare che già domattina ci si trovi di fronte a situazioni ingestibili.
Preoccupano  molto le regole per le secondarie di primo e secondo grado dove sarà necessario individuare con precisione i casi di studenti positivi, in quanto – secondo quanto stabilisce il decreto legge 1/2022 – sarà possibile garantire l’attività in presenza a coloro che sono in regola con le vaccinazioni o che sono guariti dal Covid da meno di 120 giorni, mentre sarà necessario organizzare la DaD per gli altri.
Nelle scuole dove funzionano le mense sarà indispensabile già da domani organizzare l’attività in modo che sia garantito il distanziamento di 2 metri previsto dal decreto legge 1/2022.
Nell’infanzia e nella primaria (ma anche negli altri ordini di scuola) bisognerà prestare attenzione anche alle modalità con cui gli alunni consumeranno la merenda mattutina perché anche in questo caso ci vorrà un adeguato distanziamento.
Tutti problemi che devono essere chiariti e definiti prima che riprendano le lezioni ed ecco perché, laddove la riapertura è prevista per il 10 gennaio, docenti, dirigenti e personale Ata stanno lavorando anche oggi, domenica, per capire cosa fare domattina.
L’avvio, insomma, si preannuncia complicato e faticoso.

Vaccinazioni studenti: la scuola può trattare i dati personali – NOTA MI

da La Tecnica della Scuola

Di Redazione

Nella giornata di ieri, sabato 8 gennaio, è stata inviata alle varie scuole d’Italia una nuova nota ministeriale contenente le nuove regole coerenti con il decreto legge del 7 gennaio.

SCARICA LA NOTA MINISTERIALE DELL’8 GENNAIO 2022

La novità più importante riguarda il fatto che adesso le scuole sono autorizzate a trattare i dati vaccinali degli studenti proprio a seguito della approvazione del decreto da parte del Governo.

Studenti vaccinati: la scuola è abilitata a conoscere i dati

Per quanto riguarda il caso di due studenti positivi nella classe, le misure previste sono differenziate in funzione dello stato vaccinale, nella nota si legge: “Per il caso in esame corre l’obbligo di precisare che, alla luce della nuova normativa, i requisiti per poter frequentare in presenza, seppur in regime di Auto – sorveglianza, devono essere dimostrati dall’alunno interessato. L’istituzione scolastica, per effetto dell’intervento legislativo, è abilitata a prendere conoscenza dello stato vaccinale degli studenti in questo specifico caso. Ai sensi di quanto previsto dalla norma di legge, infatti, nell’ipotesi in cui si siano verificati due casi positivi nella classe, è consentito proseguire la didattica in presenza solamente per coloro che diano dimostrazione di avere concluso il ciclo vaccinale primario o di essere guariti da meno di centoventi giorni oppure di avere effettuato la dose di richiamo“.

Oltre 4 miliardi per il piano di transizione digitale, anche la scuola ne beneficerà

da La Tecnica della Scuola

Di Dino Galuppi

Sono 3 i miliardi di euro di risorse del PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) a cui si aggiungono 1,4 miliardi del Fondo complementare, ben Tre riforme da mettere in campo per un totale di 71 traguardi e obiettivi e 9 voci di investimento. Sono questi i numeri dell’agenda 2022 del Ministro per la Transizione Digitale Vittorio Colao.

E dal suo tavolo dovrà uscire una Pubblica Amministrazione più efficiente, più in linea con la trasformazione digitale in atto nel nostro Paese che la pandemia del Covid 19 ha reso ancora più evidente la necessità. E da questi obiettivi non potrà non trarre benefici anche il mondo scolastico.

Il piano del Ministro Colao

Tra le 9 voci di investimento, quelle che hanno un impatto sulla scuola sono sicuramente quelle relative a Infrastrutture e competenze digitali e reti a banda larga.

Per quanto riguarda il tema delle infrastrutture digitali, asse portante per la modernizzazione del nostro Paese, sono previsti 900 milioni ed il primo importante passo è stato la definizione della strategia nazionale “cloud Firt”. E’ stato pubblicato anche il Regolamento dell’Agenzia per l’Italia Digitale su cloud e data center attuativo della Riforma 1.3 e strumentale all’avvio del Polo Strategico Nazionale (PSN) con una gara pubblica che terminerà entro il 2022. È previsto inoltre l’avvio della sperimentazione della Piattaforma Digitale Nazionale Dati (PDND) che consentirà a regime di avere un’unica banca dati integrata tra le diverse funzioni ed Enti Pubblici.

Altro percorso importante che potrebbe avere un impatto sulla scuola è quello relativo alle competenze digitali, dove sono stati stanziati 195 milioni di euro per il 2022. Il percorso prevede due subinvestimenti, il Servizio civile digitale e le Reti di servizio di facilitazione digitale.

Il terzo aspetto riguarda invece le reti a banda larga e in particolare l’espansione della nuova tecnologia Mobile 5G e la fibra ottica con un investimento complessivo di oltre 700 milioni.

Il Progetto prevede l’estensione del Piano Italia con la rete a 1Giga, il Piano Italia 5G, il Piano scuola connessa e Sanità Connessa e il Piano per collegare le isole minori. È stata sottoscritta la convenzione con il soggetto attuatore Infratel e le gare saranno aggiudicate entro giugno 2022.

La trasformazione digitale, una necessità per il Paese

Un piano ambizioso ma doveroso se finalmente si vuole superare l’attuale gap delle competenze digitali nel nostro Paese. La strategia Nazionale delle Competenze digitali sviluppata dal Governo insieme agli Enti Regionali e Provinciali, Istituti di Ricerca ed Enti del Terzo settore prevede la costituzione di un Comitato Tecnico guida di quella che è stata denominata “Repubblica Digitale” che ha l’obiettivo entro il 2025 di far acquisire competenze digitali di base al 70% della popolazione in età compresa tra i 16 e i 74 anni.

Un programma ambizioso che prevede un Piano Operativo articolato in 4 assi strategici e 41 linee di intervento

Il progetto Piano scuole connesse all’interno del più ampioPiano scuole, procede abbastanza velocementeAl 30 settembre le scuole connesse erano 3.956. Un progetto, ricordiamo, che prevede di portare la banda larga in fibra a tutte le scuole italiane.

Una scuola connessa è la base di partenza per avere una scuola digitale, ovviamente non è l’unico aspetto da valutare, servono anche soldi per sistemare ed ammodernare laboratori, palestre, biblioteche, aule didattiche multimediali.

Zaia a Draghi: ascolti la scienza, non aprire le scuole

da La Tecnica della Scuola

Di Pasquale Almirante

Il governatore del Veneto, Luca Zaia, si rivolge al presidente del Consiglio, Mario Draghi affinché ponga fine a questo tira e molla sulla chiusura-apertura delle scuole, ai cui estremi ci sono, da un lato molti presidenti di Regione e dall’altro il presidente Draghi con il sostegno del ministro dell’istruzione Patrizio Bianchi:   “Non cerco la rissa. Draghi parlerà domani, ed è fondamentale che capisca che le Regioni sono al fronte: si faccia dare il quadro dei territori, tutti noi vogliamo tenere aperta la scuola, ma non ci sono le condizioni. Ci chiedono di svuotare il mare con il secchio. Il secchio non perde acqua, ma ha una capacità limitata”.

Ma Zaia va ancora più in là e, sperando pure in un ripensamento del governo sulla riapertura della scuola, chiede che si esprima il Comitato tecnico scientifico, che deve foralo se sono le Regioni a chiederlo:
“Come Regioni abbiamo chiesto il rinvio. Non voglio rompere nessun fronte, all’ultima riunione ho posto una questione che è stata messa nero su bianco: evitiamo di andare in ordine sparso, ma la comunità scientifica deve pronunciarsi” e “un rinvio di 15 giorni non vuol dire perdere il campionato. Il problema è che il risultato sarà che da lunedì avremo un sacco di classi in Dad, orari ridotti, ci trascineremo per una settimana e poi probabilmente si dovrà intervenire. Ci vuole una regia, ma qui i presupposti sono scarsi. E se le condizioni per aprire rimangono queste, senza ipocrisia: non siamo in grado di reggere”.

Zaia, fra l’altro, nel corso di una intervista a Repubblica dice pure che da lunedì nelle scuole venete “avremo dal 20 al 30% del personale che non si presenterà all’appello perché quarantenati, malati o non vaccinati”.

Avviso 10 gennaio 2022, AOODGOSV 409

Ministero dell’Istruzione
Dipartimento per il sistema educativo di istruzione e formazione
Direzione generale per gli ordinamenti scolastici, la valutazione e
l’internazionalizzazione del sistema nazionale di istruzione

Oggetto: Iniziative di valorizzazione delle eccellenze per l’a.s.2022/2023, ai sensi del decreto ministeriale 19 marzo 2015, n. 182

Nota 10 gennaio 2022, AOODPPR 17

Ministero dell’Istruzione
Dipartimento per le risorse umane, finanziarie e strumentali

Ai Dirigenti delle istituzioni scolastiche ed educative LORO E-MAIL
e, p.c. Ai Direttori generalie ai dirigenti titolari degli UU.SS.RR. LORO E-MAIL

Oggetto: COVID- 19: Acquisizione a SIDI dei dati delle assenze del personale della scuola.

Nota 10 gennaio 2022, AOODPPR 15

Ministero dell’Istruzione
Dipartimento per le risorse umane, finanziarie e strumentali
Direzione Generale per i sistemi informativi e la statistica

Ai Dirigenti delle istituzioni scolastiche ed educative
Ai Coordinatori delle scuole paritarie LORO E-MAIL
e, p.c. Ai Direttori generali e ai dirigenti titolari degli UU.SS.RR. LORO E-MAIL

Oggetto: COVID- 19: Riepilogo rilevazioni in corso