Il PNRR per il rilancio della Scuola

IL PIANO NAZIONALE DI RIPRESA E RESILIENZA PER IL RILANCIO DELLA SCUOLA

di Gian Carlo Sacchi

La cultura delle riforme scolastiche diffusa nel nostro Paese riguarda soprattutto i contenuti che si devono trasmettere e la discussione verte su quali finalità essi devono raggiungere, se cioè deve prevalere la linea della tradizione da tramandare o quella dell’innovazione da affiancare al cambiamento tecnologico e sociale; se la scuola deve servire all’economia ed alla competitività nel campo della produzione e del lavoro, o se deve dedicarsi alla formazione critica delle persone. Nel tempo ha prevalso in maniera più evidente qualcuna di queste tendenze alle quali si è cercato di adeguare strutture e competenze, però sempre poche risorse finanziarie che servivano a consolidare i diversi obiettivi, in base alle scelte politiche del momento, creando così un sistema complessivamente debole perché costruito su strade che continuamente si incrociano e pur esprimendo ciascuna una certa potenzialità alla fine dovevano sopportare contraddizioni che hanno determinato insuccessi e inefficienze.

L’esigenza attuale è di mantenere le tre dimensioni portandole ai livelli di una società complessa dove i giovani devono allo stesso tempo avere memoria del cambiamento, essere inseriti nella realtàpresente, ma capaci di intravvedere il futuro, in campo tecnologico, ambientale, professionale e sociale. Si tratta di passare da una visione piuttosto frammentata del sapere e dei diversi mestieri per arrivare ad una ricomposizione evolutiva, superare l’addestramento per una più ampia professionalità epromuovere l’azione unitaria della persona in formazione.

E’ proprio una tale svolta che non può più essere finanziata come una piccola riforma, ma deve cogliere l’occasione per sostenere le basi del sistema, offrendo una più ampia autonomia e richiedendo una maggiore qualità. Il PNRR è proprio questa opportunità, che deve far compiere il salto: la notevole quantità di risorse a disposizione quindi non può soddisfare solo una lista di ritocchi, ma deve costituire un investimento in grado di innovare profondamente il sistema stesso perché sia in grado di avere istituzioni scolastiche capaci di “autonomia pedagogica” che interviene sulla crescita delle persone, ma anche sullo sviluppo dei territori e sull’integrazione con il mondo del lavoro.

I pilastri del sistema sui quali occorrerà intervenire, sia a livello micro, cioè di un singolo istituto, o macro, dell’intero Paese riguardano i tempi, gli spazi e il personale. Va ripensato il tempo necessario in cui bisogna stare a scuola e che quest’ultima deve dedicare alla comunità in cui opera, per favorire non solo l’istruzione formale, evidenziando già la differenza tra il curricolo nazionale e locale, ma l’intervento in quella non formale, per far incontrare le generazioni, agire sull’analfabetismo di ritorno, nei rapporti con il lavoro, anche al fine di recuperare situazioni di disagio che potrebbero alimentare l’allontanamento sia dalla formazione che dal lavoro stesso. L’istruzione informale poi è entrata di recente ma in maniera altrettanto dirompente nella vita delle persone e delle istituzioni formative, non solo per la necessità di alimentare l’educazione digitale e mediatica, ma proprio per prevenire e contrastare l’uso strumentale e criminoso della comunicazione.  Ad una scuola che deve poter gestire il proprio tempo, e lo vediamo anche nelle situazioni di emergenza pandemica, va assicurata la capacità di fronteggiare in modo autonomo le diverse situazioni con adeguate risorse umane e finanziarie.

Tempi e funzioni devono ispirare una revisione dei criteri di progettazione ed utilizzo degli spazi. L’edilizia scolastica è la vera piaga delle nostre strutture, come si è detto si è sempre curato il contenuto lasciando ammalorare il contenitore; oggi non è più possibile vedere soltanto la stabilità e la sicurezza, pur doverose, ma occorre che architettura e pedagogia inizino un percorso di collaborazione, da un lato per garantire determinati standard costruttivi, ma dall’altro per inserire la dimensione formativa, che deve andare oltre le tradizionali aule, nell’ambiente naturale, sociale e lavorativo in cui deve operare. Le indicazioni per fronteggiare i cambiamenti climatici, le attività che la scuola deve compiere anche come centro civico e “laboratorio territoriale per l’occupazione”, devono essere alla base dei progetti delle così dette “scuole nuove”, che pur essendo già state finanziate con la legge del 2015 non hanno dato i risultati attesi se non in rari casiquelli in cui si è vista la partecipazione delle autonomie territoriali, così da creare un sistema locale.

Tempi e spazi richiedono una nuova organizzazione, sia per gli studenti, perché siano gli artefici del loro apprendimento, con l’uso flessibile della scuola, per far vivere una struttura “aumentata” dalle tecnologie e dai modelli organizzativi di classi e gruppi, sia per i docenti che oltre ad avere luoghi personalizzati in forma laboratoriale, dispongano di spazi di lavoro individuale e collettivo. Su questo delicato aspetto di innovazione ediliziasarebbe necessario un attento monitoraggio da parte dello Stato, per non rischiare di trovarci ad uno di quegli incroci che dopo un inizio promettente si venga sviati soltanto da emergenze strutturali: scuole e comuni a questo riguardo dovrebbero lavorare insieme. Così come sul piano dei contratti di lavoro del personale non si sente parlare di queste nuove competenze e quindi modalità organizzative che devono essere previste, sia come status e trattamento economico, sia come azioni di valorizzazionenell’ambito dell’autonomia.

C’è bisogno di un cambiamento vero ed i fondi del PNRR lo consentirebbero, la politica, ma soprattutto l’amministrazione e il sindacato lo vogliono veramente ? Il rischio che se questi fondi vengono impiegati solo per le classi pollaio et similia ci troveremo ben presto ancora al crocevia, perdendo un’altra volta il treno dell’innovazione che altri Paesi avranno implementato, il che aumenterà ancora di più il gap nei loro confronti e ci farà ripiombare di nuovo nella miseria delle annuali leggi di bilancio.

Con la relazione del Presidente del Consiglio al Parlamento si dà inizio all’attuazione del PNR, vengono indicati gli obiettivi e i traguardi a cominciare dalla fine dell’esercizio 2021: l’Italia rispetta l’impegno a conseguire tutti i primi 51 obiettivi per quest’anno. Si parla di strutture e strumenti per migliorare l’attuazione del piano, assicurando il coinvolgimento degli enti locali e delle parti sociali. 

Per quanto riguarda il  comparto dell’istruzione sono previste, com’è noto, diverse riforme: dalla carriera degli insegnanti ed il loro reclutamento, all’istituzione di un sistema di qualità per le scuole, ma anche, da parte del settore universitario, di nuove classi di laurea per favorire percorsi interdisciplinari, sempre più necessari al miglioramento dell’apprendimento in una società complessa. Fa capolino l’istituzione di una scuola di alta formazione per accompagnare lo sviluppo professionale del personale ed in particolare dei dirigenti scolastici.

Un consistente investimento viene dedicato alla transizione informatica per potenziare le scuole 4.0 con nuove aule didattiche e laboratori ed un portale dedicato agli operatori sui contenuti dell’educazione digitale. Entro il corrente mese di gennaio il comitato per la transizione digitale ha assunto l’impegno di mettere in campo il bando relativo alla “scuola connessa” per una spesa di 261 milioni che vedrebbe coinvolte circa dieci mila istituzioni scolastiche.

In corso di definizione sono interventi per l’orientamento, con specifici supporti professionali, anche attraverso accordi tra scuole e università; la riduzione dei divari territoriali a partire dalla eterogeneità delle competenze di base e la mancanza di equità. Sarà attivato il potenziamento dell’apprendimento delle discipline STEM e delle lingue, nonché la formazione professionale terziaria, per arrivare alla riforma degli istituti tecnici e professionali.

I primi bandi, emanati nel dicembre scorso, a beneficio degli enti locali riguardano l’edilizia scolastica, per i servizi di cura della prima infanzia, le mense, le infrastrutture per lo sport, la costruzione di nuove scuole mediante la sostituzione degli edifici, oltre ad un piano per la messa in sicurezza e riqualificazione delle attuali strutture. Le scadenze per la presentazione dei progetti sono fissate per febbraio 2022, un tempo troppo breve (?), soprattutto per i piccoli comuni che non hanno competenze tecniche al loro interno, ed anche se il ministero promette attività di accompagnamento, sarebbe più aderente alle esigenze dei territori l’organizzazione di reti di consulenza a livello locale che mettano in relazione i comuni e le scuole per sostenere la progettazione in area vasta.

Sia per le mense che per i servizi alla prima infanzia gli investimenti in infrastrutture dovranno poi fare i conti con le scarse disponibilità degli enti territoriali a mantenerli in futuro, nonché alla fornitura di personale che per quanto riguarda la spesa corrente rimane difficoltosa. Sarà inoltre necessario sensibilizzare gli amministratori locali sull’efficacia del tempo scuola per lo sviluppo delle persone dei bambini, per incentivare la costruzione di tali servizi, e non solo utili alla conciliazione dei tempi di lavoro dei genitori. La dove infatti c’è disoccupazione femminile la domanda di detti servizi diminuisce.

E’ interessante poi vedere nella scuola un centro per il territorio, ma non solo i locali devono servire a diverse attività durante la giornata, ma è l’occasione perché alla medesima venga attribuito un ruolo di “presidio pedagogico”, in collaborazione con altri enti ed associazioni, senza farsi vicariare dal privato sociale. Un punteggio premiale sarà attribuito a quei progetti che si svilupperanno nelle zone con tassi di disagio negli apprendimenti.

Efficienza energetica, riduzione di emissioni inquinanti, riqualificazione degli edifici; sostituzione di parte del patrimonio edilizio obsoleto, con l’obiettivo di creare strutture sicure, moderne, inclusive e sostenibili; progettazione degli ambienti scolastici tramite il coinvolgimento di tutti i soggetti interessati all’azione educativa con l’obiettivo di incidere positivamente sull’insegnamento e l’apprendimento degli studenti, lo sviluppo sostenibile del territorio e di servizi volti a realizzare la comunità.

La proposta progettuale dovrà rispettare gli indici, su scala nazionale, previsti dal DM 18-12-1975, norme che si tentò di abrogare con la legge n. 23/1966 per elaborarne di più vicine alla scala locale, nell’ottica di un decentramento del governo delle scuole stesse. Le superfici di allora consideravano condizioni di affollamento che dovrebbero essere riviste alla luce del distanziamento sociale. Con tali vincoli sarà difficile che l’edificio   sia uno strumento educativo a tutto campo, nonostante il bando preveda soluzioni condivise tra l’ente locale e la comunità scolastica. 

E’ ormai assodato il superamento dell’aula tradizionale per arrivare a differenti “ambienti di apprendimento” improntati alla massima flessibilità; nel 2013 il MIUR emanò linee guida che seppur volesse ricondurre ad indirizzi progettuali omogenei sul territorio nazionale vedeva la scuola come il risultato del sovrapporsi di diversi tessuti ambientali per realizzare un principio di autonomia di movimento per lo studente che solo uno spazio flessibile e polifunzionale può garantire e per il docente che può muoversi tra i vari gruppi che si organizzano. 

L’adattabilità degli spazi si estende, come si è detto, anche all’esterno offrendosi alla comunità locale ed al territorio. L’aula moderna infatti è uno dei tanti momenti di apprendimento centrati sullo studente. Tante ricerche al riguardo son state compiute a livello internazionale e potrebbero essere utili per i nuovi progetti.

“Lettori alla Pari”

“Lettori alla Pari”, il progetto dove la lettura è un viaggio inclusivo
Vita del 11/01/2022

Edizioni La Meridiana, attraverso il progetto “Lettori alla Pari”, sta provando a coinvolgere editori, autori, docenti di sostegno, illustratori, biblioteche, librai, educatori, insegnanti di tutta Italia per connetterli in una rete capace di raccontare e condividere tutte quelle esperienze che applicano il diritto alla lettura per le persone con disabilità e difficoltà cognitive o linguistiche.

«Garantire il diritto alla lettura ad ogni persona è un segno di democrazia, di civiltà e di partecipazione di ogni Paese. Fare cultura significa per noi generare e coltivare un cambiamento. E questo cambiamento va accompagnato, sostenuto, incoraggiato con l’idea di disegnare un mondo diverso ed incidere nella società». Elvira Zaccagnino è la direttrice di Edizioni La Meridiana, nata a Molfetta (Bari) – il prossimo 13 gennaio festeggerà i 35 anni di attività – nel vivace clima di impegno sulle questioni dell’emarginazione, della pace e della nonviolenza creatosi intorno alla coinvolgente figura del vescovo don Tonino Bello. Ed è proprio sulle sue tracce e sui suoi messaggi di inclusione che ancora oggi si muove questa casa editrice del Sud che, attraverso il progetto “Lettori alla Pari”, sta provando a coinvolgere editori, autori, docenti di sostegno, illustratori, biblioteche, librai, educatori, insegnanti di tutta Italia per connetterli in una rete capace di raccontare e condividere tutte quelle esperienze che applicano il diritto alla lettura per le persone con disabilità e difficoltà cognitive o linguistiche.

Libri per simboli, audiolibri, attività di formazione. Il progetto “Lettori alla Pari”, ideato e coordinato da edizioni la meridiana, ha ricevuto il sostegno della Regione Puglia grazie al bando “Custodiamo la Cultura in Puglia 2021 – Misure di sviluppo per lo spettacolo e le attività culturali. «Consentire ad ogni persona di poter leggere significa prendere atto che ognuno può accedere in autonomia alla lettura di un testo in modi differenti, a seconda della propria abilità fisica e mentale, se solo gli viene data la possibilità di farlo – evidenzia Zaccagnino – . Se la lettura è un diritto, allora noi editori abbiamo il dovere di garantire questo diritto attraverso la realizzazione di alcune tipologie di libri specifici, dove ciascuno in base alle proprie disabilità o esigenze può comunque leggere o ascoltare una storia, esercitando pienamente il proprio diritto, perché la lettura è uno strumento di conoscenza che accompagna una persona per tutta la vita, anche in età adulta, e non solo quando è un bambino».

35 anni di attività sono un risultato non facile da raggiungere se si pensa che tutto è nato in questa fetta di Puglia lontana dai grandi circuiti editoriali e con una crisi del libro che negli ultimi anni si è fatta sentire in modo importante. Eppure, durante questo lungo percorso la meridiana non ha mai smarrito la sua direttrice: «Pubblicare libri di catalogo, che mettono in circolo competenze e contaminazioni con un’attenzione particolare ai temi sociali, delle culture formative e della spiritualità». Per questo, “Lettori alla Pari” è andato a potenziare l’offerta del catalogo e ad utilizzare nuovi linguaggi. «La collana “Parimenti” – racconta Zaccagnino – prevede la realizzazione di una collana di testi cartacei in simboli, strumento codificato della Comunicazione Aumentativa, che permetta a soggetti svantaggiati sul piano dell’apprendimento per disabilità cognitive o linguistiche di leggere. Stiamo pubblicando testi classici e stiamo verificando che i simboli facilitano molto la lettura e sono utili anche per i cittadini stranieri che devono imparare la lingua italiana». Tra i libri pubblicati: “Il Diario di Anna Frank”, “Dracula” di Bram Stoker, “A Said piaceva il mare” di Roberto Parmeggiani” ed altri.

«Noa, una bambina di 11 anni, lo scorso mese di dicembre ha letto “Canto di Natale”, il classico di Charles Dickens che abbiamo tradotto in simboli. La piccola si è emozionata molto a leggerlo con la mamma, trasformando i suoni gutturali in emozioni condivise. Il progetto ci ha permesso di avviare anche la realizzazione di “Audiolibri” per garantire un’alta accessibilità del contenuto letterario a persone con disabilità visiva e a persone con DSA, oltre ad essere uno degli strumenti digitali di lettura in crescente utilizzo e diffusione in Italia. Il percorso – spiega – punta a trasformare alcuni testi del nostro catalogo in audiolibri, come “Il mio Afghanistan” di Gholam Najafi che presenteremo ufficialmente il prossimo 19 marzo in occasione dell’evento di chiusura del progetto».

La terza ed ultima azione di “Lettori alla Pari”, invece, guarda alla formazione, «perché qui al Sud è ancora un po’ latente, invece abbiamo necessità di formare i bibliotecari o i librai sul sistema all’accessibilità alla lettura affinché siano capaci di capire le difficoltà del lettore e proporre gli strumenti di lettura più adeguati ai singoli casi. La “Fiera dei Lettori alla Pari” che abbiamo organizzato a settembre è stata dunque un’occasione per far connettere esperienze diverse, per aggregare editori che pubblicano libri accessibili, per dare concretezza ad una necessità, ad un bisogno di lettura e formazione che troppo spesso è stato negato – o raggiunto con mille difficoltà – dalle persone con disabilità e le loro famiglie». Intanto, c’è da festeggiare i 35 anni di attività, gli oltre 600 volumi pubblicati con la finalità di «favorire l’inclusione dei nostri lettori, di proporre testi in grado di sollecitare riflessioni, scambi, opinioni». Ed anche se «facciamo fatica a far entrare i nostri libri nei normali circuiti di vendita, di distribuzione, nelle librerie – conclude Zaccagnino – sentiamo forte l’esigenza di garantire il diritto alla lettura e alla letteratura ad ogni persona».

di Emiliano Moccia

Occupazioni scolastiche studentesche

Occupazione dei locali della scuola da parte dei movimenti studenteschi. Responsabilità, disamina dei “Casi possibili” e adempimenti. Stato dell’Arte e ricognizione normativa.

di Dario Angelo Tumminelli, Emilia Tartaglia Polcini, Zaira Matera

Le studentesse e gli studenti, quando ritengono che sono stati lesi i loro diritti, pongono in essere tutta una serie di condotte di protesta, volte a richiamare l’attenzione dei Dirigenti e delle alte cariche dello Stato ma soprattutto dei media, per reclamare il maltolto e/o comunque negoziare ciò che reputano sia stato loro indebitamente sottratto.

Tipiche forme di protesta dei movimenti studenteschi, in primis, sono gli scioperi e le manifestazioni, le assemblee permanenti (particolare forma di opposizione che si protrae per tutta la notte, fino al giorno successivo) e infine le “occupazioni scolastiche o studentesche”. Queste ultime, condotte da parte delle studentesse e degli studenti, sono certamente le forme più eclatanti, espressione estrema del malcontento generalmente contro una nuova riforma scolastica, che consistono nell’occupare o meglio nel prendere il pieno possesso dell’edificio adibito ad uso scolastico per un periodo più o meno lungo.

Tale forma di protesta nata intorno agli anni sessanta del secolo scorso è praticata oramai da sessant’anni ed è sempre più diffusa oggi giorno tra gli studenti. È stata da sempre al centro dell’attenzione dell’opinione pubblica, considerata ancora oggi tema caldo, non semplice da gestire, complesso e articolato, che desta molto interesse anche per le finalità dimostrative alla base dello stesso.  Certamente è un “atto collettivo” di condivisione forte, energico ed estremo, in grado di agire da cassa di risonanza.

Fra tutte le forme possibili di disapprovazione le studentesse e gli studenti ritengono che le “occupazioni scolastiche o studentesche” e tutte le forme di “autogestione” sono le dimostrazioni considerate più mature per una partecipazione piena alla protesta.

Si ribadisce che a protestare sono in particolar modo le studentesse e gli studenti degli Istituti scolastici secondari di secondo grado che si assentano collettivamente in massa dalle lezioni, occupando temporaneamente i locali scolastici (aule e palestre), per un periodo più o meno lungo, bloccando le attività di erogazione delle discipline e/o autogestendosi fintantoché il reclamo dei loro diritti lesi venga ascoltato dalle Autorità preposte.

Autogestione È bene precisare che benché i termini occupazione e di autogestione nell’immaginario comune sono termini utilizzati come sinonimi. L’autogestione scolastica è in effetti una forma di protesta certamente diversa, generalmente, meglio tollerata dalla illegittima occupazione dei locali. Nell’autogestione è presente un programma di attività da svolgere durante la giornata ben strutturato e alternativo alla classica attività didattica proposta dall’istituzione scolastica. In tale tempo le studentesse e gli studenti si confrontano e si organizzano da soli, sostituendo i loro programmi con quelli che sarebbero stati svolti con le normali ore di attività didattica erogata dai docenti.  L’autogestione, normalmente, deve essere preliminarmente legittimata e/o autorizzata dallo stesso Dirigente scolastico dell’Istituto. Prima di intraprenderla, infatti, è necessario dunque rivolgere formale richiesta scritta al Dirigente scolastico nella quale gli studenti dimostrano che il programma alternativo di autogestione da loro proposto all’interno della scuola, ha valore equivalente in termini di attività educative al pari del programma didattico proposto dall’Istituto, dando così concretamente prova di sapersi autogestire in autonomia e con efficacia. Alle studentesse e agli studenti che non condividano le motivazioni dell’autogestione, non è preclusa la possibilità di svolgere il regolare orario di lezione curricolare.   Occupazione L’occupazione è invece una presa di possesso piena e illegittima dell’edificio adibito ad uso scolastico da parte delle studentesse e degli studenti, che di fatto privano il corpo docente del mandato educativo affidato, bloccando le lezioni e impedendo il normale svolgere delle attività didattiche.   Co-gestione Un’ulteriore tipologia o manifestazione di protesta è rappresentata dalla cogestione. Si tratta di una forma di autogestione più moderata, tollerata, in cui le tematiche delle lezioni e dei laboratori vengono svolte, sin dall’inizio della protesta, attraverso il pieno supporto dei docenti disponibili a collaborare con il movimento studentesco.

La giurisprudenza di merito e di legittimità non si è mai risparmiata su questi punti bensì si è espressa in più occasioni, sulla liceità, penale o meno, delle occupazioni scolastiche per “autogestione”, a volte con sentenze forti e altre volte in controtendenza rispetto alle precedenti. Le risposte della Procura della Repubblica e della magistratura a seguire non sono state sempre uniformi, anzi, spesso contrastanti evidenziando un deciso cambio di rotta.

Gli illeciti penali, configurabili e ascrivibili in tali situazioni, solitamente più contestati ai ragazzi/e, sono l’art. 633 c.p. “invasione di terreni o edifici“, e l’art. 340 c.p. “interruzione di un ufficio o servizio pubblico o di un servizio di pubblica necessità“.

Art. 340 c.p. «1. Chiunque, fuori dei casi preveduti da particolari disposizioni di legge cagiona un’interruzione o turba la regolarità di un ufficio o servizio pubblico o di un servizio di pubblica necessità è punito con la reclusione fino a un anno. 2. Quando la condotta di cui al primo comma è posta in essere nel corso di manifestazioni in luogo pubblico o aperto al pubblico, si applica la reclusione fino a due anni. 3. I capi, promotori od organizzatori sono puniti con la reclusione da uno a cinque anni.»   Art. 633 c.p. «1. Chiunque invade arbitrariamente terreni o edifici altrui, pubblici o privati, al fine di occuparli o di trarne altrimenti profitto, è punito, a querela della persona offesa, con la reclusione da uno a tre anni e con la multa da euro 103 a euro 1032. 2. Si applica la pena della reclusione da due a quattro anni e della multa da euro 206 a euro 2064 e si procede d’ufficio se il fatto è commesso da più di cinque persone […] 3. Se il fatto è commesso da due o più persone, la pena per i promotori o gli organizzatori è aumentata.»

I movimenti studenteschi, generalmente, occupano le aule dell’intero edificio scolastico prendendone il pieno possesso, di giorno e di notte, e in tal modo impediscono, di fatto, il regolare svolgimento delle lezioni.

È opinione di alcuni che le studentesse e gli studenti nel momento in cui prendono possesso e/o occupano gli edifici adibiti ad uso scolastico e si autogestiscono senza chiedere il permesso, protestando, esercitano di fatto un diritto costituzionalmente garantito, ovvero, quello di «riunione e manifestazione» stabilito dall’articolo 17 della Costituzione del 1948: «I cittadini hanno diritto di riunirsi pacificamente e senz’armi. Per le riunioni, anche in luogo aperto al pubblico, non è richiesto preavviso.» Inoltre: «Gli studenti devono essere considerati soggetti attivi della comunità scolastica e partecipi alla sua gestione». La Corte di Cassazione penale, sez. II, con sentenza n. 1044 del 30 marzo 2000 ha ritenuto che tale condotta (occupazione dei locali scolastici) non integra il reato di “invasione di terreni o edifici” ai sensi dell’art. 633 c.p.

Corte di Cassazione penale, sez. II, sentenza n. 1044 del 30 marzo 2000 “Non è applicabile l’art. 633 alle occupazioni studentesche perché tale norma ha lo scopo di punire solo l’arbitraria invasione di edifici e non qualsiasi occupazione illegittima. …. L’edificio scolastico, inoltre, pur appartenendo allo Stato, non costituisce una realtà estranea agli studenti, che non sono dei semplici frequentatori, ma soggetti attivi della comunità scolastica e pertanto non si ritiene che sia configurato un loro limitato diritto di accesso all’edificio scolastico nelle sole ore in cui è prevista l’attività scolastica in senso stretto.”

Un altro interessante orientamento giurisprudenziale è dato dalla sentenza n. 1936 del Tribunale Amministrativo Regionale Calabria del 4 dicembre 2007. La Corte ha ritenuto che anche se l’occupazione studentesca costituisce l’esercizio del diritto di critica ed è espressione della libertà di manifestare il pensiero nei confronti delle Autorità, tuttavia espone i ragazzi/e al reato di interruzione di pubblico servizio previsto dall’art. 340 del c.p., qualora di fatto impedisca il regolare svolgimento delle lezioni. In questi casi si configura una «violazione in termini di illecito amministrativo-disciplinare, dei doveri dello studente» ai sensi dell’art. 3 comma 2 del Decreto del Presidente della Repubblica 24 giugno 1998, n. 249 “Regolamento recante lo Statuto delle studentesse e degli studenti della scuola secondaria” pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 175 del 29 luglio 1998. Recentemente la Procura della Repubblica di Roma ha richiesto l’archiviazione dei fascicoli per reati imputati ai ragazzi/e in merito alle occupazioni studentesche che perdurano da mesi (anno scolastico 2021/2022) nella capitale d’Italia, in quanto questi ultimi non integrano il reato di interruzione di pubblico servizio: «gli studenti devono essere considerati soggetti attivi della comunità scolastica e partecipi alla sua gestione». Si stimano coinvolti dall’inizio di ottobre, numerosi Istituti scolastici autonomi (circa cinquanta) del centro e della periferia di Roma.

In buona sostanza, per la Procura della Repubblica di Roma, le manifestazioni “sobrie” e pacifiche garantiscono il diritto allo studio grazie al programma alternativo proposto o alle lezioni autogestite. La Procura della Repubblica di Roma ritiene che non vi è dunque: “interruzione di pubblico servizio” semmai “violenza privata”, solamente nel caso in cui venga impedito ad un docente di oltrepassare la soglia dell’edificio adibito ad uso scolastico per accedere al luogo di lavoro e svolgere le attività didattiche con le studentesse e gli studenti che sono in pieno disaccordo alla protesta.

Riferimenti normativi

In Italia, tutt’oggi, non esiste nessuna normativa specifica che regola e/o comunque disciplini le occupazioni studentesche, nemmeno per quanto riguarda le autogestioni scolastiche e le assemblee permanenti.

Il diritto delle studentesse e degli studenti di riunirsi in assemblea è stato introdotto per la prima volta dall’art. 43 del Decreto Presidente Repubblica 31 maggio 1974, n. 416 “Istituzione e riordinamento di organi collegiali della scuola materna, elementare, secondaria ed artistica” pubblicato in Gazzetta Ufficiale del 13 settembre 1974, n. 239, successivamente il decreto delegato è confluito nel “Testo Unico della scuola” (art. 12 al 14).

L’esercizio del diritto di riunione di assemblea (di classe e di Istituto) e di associazione è presente anche all’interno del “Regolamento recante lo Statuto delle studentesse e degli studenti della scuola secondaria”.

L’art.12 del Decreto Legislativo 16 aprile 1994, n. 297 “Testo Unico delle disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione, relative alle scuole di ogni ordine e grado” pubblicato in Gazzetta Ufficiale n.115 del 19 maggio 1994, riconosce alle studentesse e agli studenti della scuola secondaria di secondo grado, il diritto di riunirsi in assemblea in appositi e idonei locali (messi a disposizione) dell’Istituto scolastico. Il successivo articolo 13 del citato decreto, detta le modalità di organizzazione delle assemblee studentesche, indicandone le finalità, il luogo di svolgimento e la durata temporale entro cui è possibile dilatare tale riunione concessa alle studentesse e agli studenti. Nello specifico per quanto riguarda la finalità dell’Assemblea, il comma 1 dell’art. 13 recita testualmente: «le assemblee studentesche nella scuola secondaria superiore costituiscono occasione di partecipazione democratica per l’approfondimento dei problemi della scuola e della società in funzione della formazione culturale e civile degli studenti»; il successivo comma 6 chiarisce che le assemblee di Istituto si svolgono durante l’orario delle lezioni, contemplando anche la possibilità, previa autorizzazione del Consiglio di Istituto della: «partecipazione di esperti di problemi sociali, culturali, artistici e scientifici, indicati dagli studenti unitamente agli argomenti da inserire nell’ordine del giorno». L’articolo 14 del “Testo Unico” disciplina il “Funzionamento delle assemblee studentesche” le quali devono essere regolate per mezzo di un regolamento interno che deve essere inviato, per presa visione, al Consiglio di Istituto. È fatta salva la possibilità, prerogativa del Dirigente scolastico, intervenire tempestivamente: «nel caso di violazione del regolamento o in caso di constatata impossibilità di ordinato svolgimento dell’assemblea».

Il Decreto del Presidente della Repubblica 24 giugno 1998, n. 249 “Regolamento recante lo statuto delle studentesse e degli studenti della scuola secondaria” pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 175 del 29 luglio 1998 ha identificato questo diritto delle studentesse e degli studenti, meglio esplicitato nell’art. 2 comma 10: «I regolamenti delle singole istituzioni garantiscono e disciplinano l’esercizio del diritto di associazione all’interno della scuola secondaria superiore, del diritto degli studenti singoli e associati a svolgere iniziative all’interno della scuola, nonché l’utilizzo di locali da parte di studenti e delle associazioni di cui fanno parte. I regolamenti delle scuole favoriscono inoltre la continuità del legame con gli ex studenti e con le loro associazioni».

Fatta questa necessaria premessa,

esplicitati gli aspetti più generali, ci addentriamo nel merito del caso proposto ovvero affrontiamo le responsabilità del Dirigente scolastico e i relativi adempimenti amministrativi spettanti all’Istituzione scolastica nel caso in cui si verifichino “occupazioni scolastiche o studentesche”, assemblee permanenti o semplicemente un periodo di “autogestione” o “cogestione”.

Il Dirigente scolastico, legale rappresentante dell’Istituzione scolastica autonoma, è garante della sicurezza della salute del personale scolastico a lui sottoposto e dei minori affidati. Ha l’obbligo giuridico di assicurare il regolare svolgimento di tutte le attività proposte dalla scuola.

Pertanto in caso di occupazioni scolastiche o studentesche illecite:

  • il Dirigente scolastico dovrà attivarsi prontamente con interventi mirati e specifici volti a ripristinare l’ordine pubblico all’interno della scuola da lui diretta e lo stato di legalità e, dunque, di ripresa delle attività didattiche.
  • il Dirigente scolastico dovrà informare/denunciare, senza indugio né ritardo, all’Autorità di pubblica sicurezza l’illecita occupazione dei locali adibiti ad uso scolastico e ricreare le condizioni “ante quam” per svolgere regolarmente le lezioni da parte di chi (studentesse e studenti) non ha nessun interesse ad aderire all’illecita occupazione.
Approfondimento Il Dirigente scolastico nell’ordinamento giuridico italiano è un pubblico ufficiale. Egli svolge una funzione amministrativa e certificativa pubblica ed è obbligato a denunciare, una volta che ne è avvenuto a conoscenza, i reati di natura penale a norma dell’art. 331 Codice di procedura penale (c.p.p.) “obbligo alla denuncia” e art. 361 Codice penale (c.p.) “sanzione per omessa denuncia”. Il Dirigente scolastico, in caso di omissione o ritardo senza giustificato motivo degli atti procedimentali, è a sua volta soggetto ai sensi dell’art. 55 sexies del Decreto Legislativo 30 marzo 2001, n. 165 “Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche”, all’applicazione della sospensione dal servizio con privazione della retribuzione in proporzione alla gravità.

È interessante al riguardo l’orientamento giurisprudenziale del Consiglio di Stato, sez. VI, con sentenza n. 6185 del 17 ottobre 2006. La Corte ha ritenuto fondamentale la presenza, il ruolo, l’intervento e il controllo degli operatori scolastici (docenti e personale ausiliario) sugli/lle alunni/e, i quali devono garantire la loro presenza in caso di occupazione di un Istituto scolastico per evitare degenerazioni delle iniziative assunte dalle studentesse e degli studenti all’interno dell’Istituzione scolastica stessa.

Il Consiglio di Stato nella richiamata sentenza ha così statuito: «situazioni di c.d. occupazione di un Istituto scolastico per lo stato di agitazione degli studenti non esplicano un effetto esonerativo o di attenuazione degli obblighi di presenza, intervento e controllo del corpo del personale docente ed amministrativo della scuola, che tanto più devono garantire la loro presenza per evitare degenerazioni delle iniziative assunte dagli studenti all’interno dell’istituzione scolastica».

Tutto il personale scolastico, dirigente compreso, è tenuto dunque a verificare e/o monitorare costantemente le condizioni dei locali scolastici, a vigilare sugli stessi affinché non si presentino episodi di vandalismo e/o eventi comunque dannosi che obbligherebbero a procedere alla denuncia d’ufficio dei responsabili all’Autorità giudiziaria e/o di polizia, con contestuale richiesta di sgombero forzato dei locali illecitamente occupatati dagli stessi e di risarcimento dei danni a chi è stato identificato.

Nel caso si presentino richieste di periodi di autogestione:

  • , preso atto della formale richiesta scritta pervenuta da parte dei rappresentanti delle studentesse e degli studenti, valuterà la congruita dell’istanza, forma e contenuti. I rappresentanti delle studentesse e degli studenti dovranno allegare un programma alternativo di autogestione di valore equivalente in termini di attività educative/formative al pari del programma didattico proposto dall’Istituto, dando così concretamente prova di maturità nel sapersi autogestire in autonomia e con efficacia.
  • Il Dirigente scolastico, una volta acquisita la richiesta del periodo di autogestione, valutata la congruità della proposta e acquisite le altre informazioni utili in termini di durata e obiettivi della stessa, in caso di diniego, dovrà dare comunicazione scritta di diniego, motivando e giustificando tale rifiuto con valide argomentazioni a sostegno.
  • Il Dirigente scolastico, in qualità di leader educativo dell’Istituto, dovrà porsi nei confronti dei ragazzi/e in una posizione di apertura, di ascolto e di equilibrio, dovrà mediare e negoziare le posizioni, ma soprattutto riallacciare l’alleanza educativa qualora si sia persa, intraprendendo azioni di natura educativa e formativa.
  • Il Dirigente scolastico dovrà informare i rappresentanti delle studentesse e degli studenti evidenziando i risvolti, anche di natura penale sottesi ad azioni non consone in presenza dell’insussistenza di una chiara posizione giuridica soggettiva (legittimazioni giuridiche a loro favore) che autorizzino questi ultimi ai periodi di autogestione autonoma dei locali dell’Istituto.

Orientamenti Giurisprudenziali

Per completezza della trattazione, si riportano i pronunciamenti emessi dai Tribunali:

  • Corte di Cassazione sez. II penale sez., con sentenza n.1044 del 30 marzo 2000 ha evidenziato come «l’art. 633 c.p. non è applicabile alle occupazioni studentesche perché tale norma ha lo scopo di punire solo l’arbitraria invasione di edifici e non qualsiasi occupazione illegittima».
  • Risulta interessante la sentenza del Tribunale Siena del 29 ottobre 2001: «Se la c.d. “occupazione” della scuola da parte degli studenti avviene senza modalità invasive, e cioè consentendo lo svolgersi delle lezioni e l’accesso degli addetti, non è configurabile il reato di interruzione di pubblico servizio, neanche se l’attività didattica si svolge con difficoltà ed in mezzo a confusione
  • Cassazione sez. penale, con sentenza n. 35178 del 03 luglio 2007 diversamente ha ritenuto che: «L’occupazione temporanea di una scuola, sebbene per motivi sindacali, integra gli estremi della fattispecie di cui all’art. 340 c.p. quando le modalità di condotta, volte ad alterare il normale svolgimento del servizio scolastico, esorbitano dal legittimo esercizio dei diritti di cui agli artt. 17 e 21 Cost., ledendo altri interessi costituzionalmente garantiti
  • Stesso orientamento, Corte di Cassazione sez. V penale, sentenza n. 7084 del 23 febbraio 2016, ha sancito che: «punto 2 delle motivazioni: I giudici di merito non hanno affatto negato al ricorrente la titolarità al diritto di sciopero (peraltro difficilmente riconducibile alle situazioni soggettive ravvisabili in capo allo “studente”), di riunione o di manifestazione del pensiero; hanno chiaramente confermato – in aderenza alla giurisprudenza di questa Corte (cass. n. 12464 del 2-7-1980) che lo stesso esercizio di diritti fondamentali, quali quello dello sciopero, riunione e manifestazione, cessa di essere legittimo, quando travalichi nella lesione di altri interessi costituzionalmente garantiti» «ha di fatto impedito ai non manifestanti di svolgere le consuete attività di studio per un tempo apprezzabile, con conseguente ingiustificata compressione dei loro diritti…». La corte ha stabilito che l’occupazione temporanea della scuola (per circa due ore): «anche poche ore di occupazione ledono il diritto all’apprendimento e rappresentano quindi un’interruzione di pubblico servizio a tutti gli effetti».

Per completezza della trattazione pare opportuno concludere questo articolo riportando un breve estratto della recentissima nota n. 48762 del 20 dicembre 2021 dell’Ufficio Scolastico Regionale Lazio, avente per oggetto “istituzioni scolastiche occupate”, a firma dal Direttore Generale, dott. Rocco Pinneri: «Quest’anno vi sono state varie occupazioni studentesche e alcune sono ancora in essere. Siamo tutti consapevoli … della delicatezza di tali situazioni, perché coinvolgono minori e soprattutto perché ci rammentano la necessità dell’ascolto. Per questo motivo voi ricorrete sempre a strumenti tipici dell’organizzazione scolastica, offrendo la vostra piena disponibilità nonché le alternative dell’assemblea o della co-gestione, che consentono di lasciare la scuola aperta a beneficio di tutti gli studenti e, contestualmente, aprono il dialogo necessario a comprendere le ragioni di ogni eventuale disagio. Ai dirigenti coinvolti ho sempre assicurato anche la mia personale disponibilità a ricevere una delegazione di studenti purché non vi sia un’occupazione in corso, non potendo ricevere chi sta commettendo un reato. […] Il problema principale che ne deriva è che le occupazioni violano il diritto costituzionale all’istruzione di quei numerosi studenti che non condividono il ricorso a tale strumento, indipendentemente dalla valutazione che facciano delle rivendicazioni, alcune delle quali riferite a problemi storici che siamo tutti impegnati a risolvere. Per questo motivo vi chiedo, ove vi troviate in questa situazione, di denunciare formalmente il reato di interruzione del pubblico servizio e di chiedere lo sgombero dell’edificio, avendo cura di identificare, nella denuncia, quanti possiate degli occupanti. Occorrerà anche che proseguiate il dialogo, con gli studenti e con le famiglie, per giungere a interrompere quanto prima la situazione di illegalità e per dare le risposte possibili alle richieste che vi saranno formulate. È importante che chi occupa capisca che violare il diritto dei loro compagni di scuola a frequentare le lezioni è un fatto grave, oltre che inutile vista la disponibilità di tutti al dialogo senza la necessità di azioni estreme ed illegali. […] Molte delle occupazioni già terminate hanno lasciato danni all’interno delle scuole. Danni che non possono avere alcuna valenza politica e che esprimono solo vandalismo: arredi e dotazioni laboratoriali distrutti, infissi e impianti danneggiati, distributori automatici divelti e svuotati degli alimenti e delle monetine, controsoffitti infranti e fatti precipitare, furti a danno dei bar interni ecc. […] Si ha notizia di altri comportamenti preoccupanti quali assembramenti su tetti privi di parapetto o in altri luoghi pericolosi e ordinariamente inaccessibili, mentre vengono consumate bevande che potrebbero diminuire i livelli di attenzione. […] Al termine dell’occupazione occorrerà che chiediate a chi è stato identificato di risarcire la spesa per la sanificazione della scuola assieme a ogni eventuale danno, non essendo giusto che se ne debba far carico la collettività, cioè persino quegli studenti che non hanno occupato e che sono stati già danneggiati, per la violenza di alcuni compagni o di esterni, perdendo giorni di lezione. Agli occupanti identificati occorrerà anche applicare le misure disciplinari previste dal regolamento interno di ciascuna scuola e dell’occupazione si terrà conto nel determinare il voto in condotta […].»

Bibliografia

  • COSTITUZIONE ITALIANA articolo 17 e 40
  • CODICE PENALE art. 331, 340, 361 e 633 Regio Decreto del 19 ottobre 1930, n. 1398
  • DECRETO PRESIDENTE REPUBBLICA 31 maggio 1974, n. 416 “Istituzione e riordinamento di organi collegiali della scuola materna, elementare, secondaria ed artistica
  • DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 24 giugno 1998, n. 249 “Regolamento recante lo Statuto delle studentesse e degli studenti della scuola secondaria
  • DECRETO LEGISLATIVO 16 aprile 1994, n. 297 “Testo Unico delle disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione, relative alle scuole di ogni ordine e grado
  • DECRETO LEGISLATIVO 30 marzo 2001, n. 165 Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche
  • NOTA USR Lazio n. 48762 del 20 dicembre 2021 “Istituzioni scolastiche occupate
  • TRIBUNALE di SIENA sentenza del 29 ottobre 2001
  • TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Calabria sentenza n. 1936 del 4 dicembre 2007
  • CONSIGLIO DI STATO, sez. VI, sentenza n. 6185 del 17 ottobre 2006
  • CORTE DI CASSAZIONE penale, sez. II, sentenza n.1044 del 30 marzo 2000
  • CORTE DI CASSAZIONE penale, sentenza n. 35178 del 03 luglio 2007
  • CORTE DI CASSAZIONE penale, sez. V, sentenza n. 7084 del 23 febbraio 2016

Sitografia

Governo sulla riapertura in presenza: «Pochi assenti, scelte giuste»

da Il Sole 24 Ore

L’esecutivo ribadisce – con il premier Draghi e il ministro Bianchi – la propria linea: «La Dad provoca disuguaglianze». L’allarme dei presidi

di Redazione Scuola

La scuola resta aperta e in presenza, «perché la Dad provoca disuguaglianze» e invece «le scelte prese stanno pagando». Dopo lo stop delle feste natalizie, attraversato da appelli, polemiche e scontri a colpi di ordinanze e impugnazioni, il Governo ribadisce in una conferenza stampa la propria linea, respingendo le critiche sulla decisione sul ritorno di bambini e ragazzi tra i banchi. E dopo un balletto di numeri sulle assenze verificatesi nel giorno della ripresa delle lezioni, il ministro dell’Istruzione, Patrizio Bianchi – supportato del premier Mario Draghi – chiarisce che «i docenti assenti perché positivi o in quarantena sono il 6%, gli studenti il 4,5%. Stiamo controllando la situazione perché abbiamo operato con attenzione, non siamo stati fermi» mentre i docenti sospesi perché non vaccinati sono lo 0,72%. Ma per i presidi la stima è del 10% di assenze tra prof e personale Ata, così come – dicono – tra gli studenti. Percentuali ancora più alte di 3-4 punti, invece, secondo i sindacati, che denunciano “i soliti problemi irrisolti” su sicurezza, investimenti sul personale e sovraffollamento di classi.

Riaprono le scuole anche in Campania

Riaprono tutti gli istituti dopo solo un giorno di Dad in Campania, dove il governatore Vincenzo De Luca aveva firmato un’ordinanza che aveva disposto la didattica a distanza in tutte le scuole del territorio per criticità legate alla pandemia: oltre ad aver dato parere favorevole al ricorso presentato da alcuni genitori, il Tar ha accolto l’istanza cautelare presentata dalla Presidenza del consiglio dei ministri e dai ministeri dell’Istruzione e della Salute. E così il provvedimento del governatore è stato sospeso. L’Esecutivo impugnerà ancora tutte le ordinanze che non riterrà opportune, visto che la norma consente la chiusura delle scuole in determinati territori circoscritti solo qualora la situazione lo preveda. Nessun passo indietro, dunque, di fronte alle richieste di gran parte dei governatori, alcuni dei quali avevano anche invocato il ricorso al parere del Cts. In Sicilia gli studenti torneranno comunque in presenza tra cinque giorni mentre in alcune città come Messina hanno previsto la sospensione delle attività didattiche dal 13 sino al 23 gennaio. Aldilà delle misure isolate degli enti locali, dei governatori e delle decisioni del Tribunale amministrativo regionale, resta basso – 3,07% secondo le cifre ufficiali – il numero dei Comuni che hanno disposto ordinanze di chiusura: «Una situazione che non è, quindi, dilagata», sottolinea il ministro Bianchi, assicurando «che le scelte prese stanno pagando. Stiamo agendo in maniera responsabile regolando anche la dad che è uno strumento utile e deve essere integrato nei piani educativi della scuola», consapevole che «il prolungato e diffuso uso di una distanza provoca problemi alla vita di una comunità», aggiunge, mentre in serata il ministero ha diffuso una circolare con indicazioni dettagliate per i casi di classi con doppia positività alle medie e alle superiori. Del resto Bianchi e tutto il Governo sono fermi su un punto, che mira ad evidenziare una discontinuità rispetto allo scorso Governo: «non si può giustificare che tutto è aperto e l’unico spazio chiuso è la scuola, che è sicura».

Allarme dei presidi

L’alzata di scudi dell’Esecutivo, che ha portato a scendere in campo i ministri e lo stesso presidente del Consiglio, è arrivata dopo giorni in cui da più parti il mondo della scuola ha lanciato una serie di allarmi in vista della riapertura degli istituti. L’Associazione presidi paventa 200mila classi in Dad entro una settimana, «una previsione facile da fare guardando i contagi», dicono, secondo i quali «sarebbe stato preferibile rinviare l’apertura di 2-3 settimane». Ma alcune proposte avanzate potrebbero finire sul tavolo del prossimo Cdm. Le richieste sono di portare a «dotare le scuole di una funzionalità ‘Sidi’ (Sistema Informativo dell’Istruzione – ndr) che consenta di individuare con tempestività lo stato vaccinale degli alunni, dotare di Ffp2 tutti gli alunni e tutti i dipendenti e includere le parafarmacie tra i soggetti abilitati all’esecuzione dei test Covid», spiega il presidente dell’Anp, Antonello Giannelli, al termine di un incontro con Bianchi, che riferisce «la disponibilità del ministro a discutere le nostre proposte in sede di Governo».

Covid, docenti ancora senza una dose di vaccino: i no-vax sono solo 5mila, gli altri 35mila prof non possono

da La Tecnica della Scuola

Di Alessandro Giuliani

I docenti che non intendono vaccinarsi contro il Covid-19 sarebbero nemmeno l’1 per cento del totale: su circa 800mila insegnanti complessivi, ammontano a poco più di 5mila. La cifra di evince dalle dichiarazioni rilasciate dal ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi durante la conferenza stampa del 10 gennaio a Palazzo Chigi: il numero uno del dicastero bianco di Viale Trastevere ha infatti detto che gli insegnanti non vaccinati (in questo periodo sospesi dal servizio e quindi senza stipendio, né riconoscimento ai fini della carriera e dei contributi previdenziali) riguardano lo 0,72 per cento del totale.

Giannelli pensava fossero di più

Poco dopo, il leader dell’Anp, Antonello Giannelli, intervenendo a “Quel che resta del giorno” su Rainews, ha detto che la quantità di prof non vaccinati si temeva che avrebbe messo in difficoltà gli organici degli istituti, già non brillanti per numero e nemmeno facilmente integrabili o sostituibili con supplenti dal primo giorno.

“Io ho fatto delle stime che erano leggermente sovradimensionate rispetto a quelle del ministro Bianchi”, ha detto Giannelli.

Per necessità, non per scelta

“Che i numeri non fossero catastrofici lo avevo detto ma era prevedibile: c’è stato un certo impatto sul servizio ma nulla di catastrofico. Sono anche abbastanza soddisfatto del numero dei prof no vax che sono 5 mila in tutto“, ha concluso il presidente dell’associazione nazionale presidi.

Se le percentuali rese pubbliche dal ministro dell’Istruzione dovessero essere confermate, ne deriverebbe che la maggior parte del 5% scarso di insegnanti oggi ancora non vaccinati – ben 35mila su 40mila – non si troverebbe in questo stato per scelta ma per necessità: significa che la mancata vaccinazione deriverebbe da una incompatibilità delle sostanze contenute nel vaccino con il proprio stato di salute.

Incontro Bianchi-Giannelli su ripresa delle lezioni, banca dati vaccinale alle scuole e Ffp2

da La Tecnica della Scuola

Di Redazione

Si è svolto oggi l’incontro tra il ministro dell’istruzione Patrizio Bianchi e il presidente dell’Associazione Nazionale Presidi Antonello Giannelli. Ne dà notizia proprio l’Anp che specifica gli argomenti dell’incontro. Si è parlato dei temi attuali del mondo della scuola come la riapertura al rientro dalle vacanze, così come le misure anti-Covid e il ruolo delicato dei dirigenti. Queste le parole di Giannelli al termine dell’incontro:

“Ho rappresentato al Ministro le enormi difficoltà che i dirigenti stanno affrontando quotidianamente, da ormai due anni, pur di garantire la regolarità del servizio. Ho inoltre posto alla sua attenzione i principali problemi relativi alla ripresa delle lezioni in presenza nonché varie tematiche inerenti la legge di bilancio. Tra le questioni più urgenti ho sottolineato l’esigenza di dotare le scuole di una funzionalità SIDI che consenta di individuare con tempestività lo stato vaccinale degli alunni, la necessità di dotare di mascherine FFP2 tutti gli alunni e tutti i dipendenti e l’opportunità di includere le parafarmacie tra i soggetti abilitati all’esecuzione dei test di rilevazione del Covid”.

Bianchi: “La chiave è vaccinare i ragazzi. Professori no vax meno dell’1%”

da La Tecnica della Scuola

Di Redazione

Dopo l’intervento a Rai Radio 1 di questa mattina, il ministro dell’istruzione Patrizio Bianchi ha rilasciato altre dichiarazioni a Rainews24 sul ritorno in classe di quest’oggi, lunedì 10 gennaio:

«Sono rientrati la maggior parte degli studenti e dei professori. Stiamo monitorando attentamente la situazione e nel primo pomeriggio avremo i dati. Il dato evidente è che è ripresa la scuola».

«La chiave è vaccinare i nostri ragazzi – afferma Bianchi – il governo ha messo a disposizione delle scuole i fondi, poi nella loro autonomia possono decidere su cosa investire».

Quanti sono i professori assenti che hanno mandato il certificato medico? «I numeri sono veramente limitati: sotto l’1% quelli no vax. Mentre per quanto riguarda gli assenti per malattia, i dati sono tutto sommato contenuti».

Draghi: la priorità è per la scuola in presenza, DaD per l’emergenza

da Tuttoscuola

Ecco le risposte date dal presidente Draghi alle domande sulla scuola rivoltegli dai giornalisti nella conferenza stampa svoltasi questa sera. “Il governo ha la priorità che la scuola stia aperta in presenza e basta soltanto vedere quali sono stati gli effetti della dad sulla diseguaglianza tra studenti, lo scorso anno, per convincersi che questo tipo di didattica, che può essere necessaria probabilmente in caso di emergenze drammatiche, provoca delle disuguaglianze: tra i giovani che stanno più tempo in dad e quelli che ci stanno meno, tra nord e sud, diseguaglianze che si riflettono poi su tutto il futuro della loro vita lavorativa. Ormai esistono stime anche sulla perdita di reddito in una vita lavorativa di chi è stato costretto ad avere un livello di istruzione inferiore. Quindi questa è la base delle decisioni prese dal governo”.  Poi, ha aggiunto Draghi, ” ci sono anche considerazioni di ordine pratico: insomma ai ragazzi e alle ragazze si chiede di stare a casa, di non andare a scuola, e poi la sera vanno in pizzeria e fanno sport tutto il pomeriggio. Non ha senso chiudere la scuola prima di aver chiuso tutto il resto. Ma se chiudiamo tutto torniamo all’anno scorso, e non ci sono i motivi per farlo perché la situazione è molto diversa, essenzialmente grazie alla vaccinazione. Probabilmente ci sarà un aumento delle classi che andranno in dad nelle prossime settimane, ma quello che bisogna respingere è un ricorso generalizzato alla didattica a distanza”.

Un quaderno prezioso

Un quaderno prezioso

di Maurizio Tiriticco

Le tre zeta del titolo non sono un errore! Vogliono esprimere l’entusiasmo – e non è una parola grossa – che un prezioso volumetto edito dalla Tecnodid di Napoli ha suscitato in me! Perché, in questo periodo così difficile e complicato per la nostra scuola – in forza del covid e di tutte le restrizioni che questo invisibile e insidioso male impone a studenti, insegnanti, dirigenti e personale tutto – un nucleo di coraggiosi, un drappello di audaci – l’enfasi è d’obbligo – ha avuto l’intelligenza e la forza di offrire al personale scolastico tutto non una ciambella di salvataggio, ma una imbarcazione solida e valida per poter navigare in questa situazione di grande difficoltà.

Che brutto momento! Edifici scolastici che si aprono e si chiudono, aule costantemente disinfettate, finestre aperte, banchi debitamente distanziati, studenti preoccupati di non stare troppo vicini, insegnanti preoccupati più di rispettare certe regole sanitarie che di svolgere le consuete lezioni. E tutti con le mascherine! Quelle “di ordinanza”! Le ESLH ffp2, che costano pure care! Con un Ministro dell’Istruzione che sembra più un vecchietto scapigliato e spaventato che un rassicurante “uomo delle istituzioni”.

Per non dire poi di questa didattica ondivaga! Gli insegnanti che tengono le loro lezioni, ma sempre con le debite distanze! Ovviamente mascherati come i loro alunni. Per non dire poi che quote importanti di saperi sono affidate alla DAD! La mediazione delle nuove conoscenze sembra essere affidata più al ticchettio delle tastiere che alle parole dell’insegnante! Però l’interazione schermo, cervello, occhio e dita rende “meccanico” quello che invece nelle scuole di ieri e di sempre è costituito dall’interazione di gesti, parole, sguardi, atteggiamenti e comportamenti, tipici della condivisione del lavoro di un’aula scolastica. Per quanto mi riguarda, io soffrìi un po’, quando il registro cartaceo di sempre venne sostituito dal registro elettronico! Addio al “calore” di un voto scritto a penna ed allo sguardo scrutatore dell’alunno valutato! “Che voto mi avrà messo”?

E poi nella scuola ombreggiava sempre o quasi la figura del direttore didattico o del preside! Dai loro bunker dirigevano, ovviamente dopo avere aperto di primo mattino quelle buste gialle inviate dal Provveditore agli Studi o addirittura dal Ministero! Quali le novità? Ricordiii… Lo so! Sono vecchio e mi riconosco ancora nella scuola di ieri, un po’ sempliciotta, ma calda! Ora tra RAV, PDM, POF o PTOF, per non dire dei Patti di Corresponsabilità Educativa, sottoscritti dai genitori affidatari e dal dirigente scolastico, tutto sembra affidato più alle Carte che alle Cose! Lo so! Sono vecchio e sono legato alla scuola di ieri!

Ma questa di oggi funziona? Oppure insegnanti, studenti, genitori nonché gli stessi dirigenti si trovano a dover operare tra mille difficoltà? Non ci vorrei credere, però mi stupisce il titolo di una recente pubblicazione della Tecnodid dal titolo “Orientarsi efficacemente nella Dirigenza Scolastica”,redatto a cura di due validi dirigenti, Domenico Ciccone e Rosa Stornaiuolo. I contributi sono di Antonio Bove, Roberto Calienno, Domenico Ciccone, Vittorio Delle Donne, Paola Di Natale, Filomena Nocera, Guglielmo Rispoli e Rosa Stornaiuolo.

Ed ora do la parola a loro, copiando letteralmente quanto scritto in quarta di copertina. ““Con questa pubblicazione gli autori desiderano rendere disponibile una guida ed un supporto operativo per i Dirigenti scolastici e le figure di staff. Lungi dal voler diffondere prassi e procedure pronte all’uso, lo scopo è quello di offrire uno strumento per corroborare l’esperienza di ciascuno mediante il confronto. I contributi, proposti da un parterre di autori di comprovata competenza, sono diretti a fornire chiarimenti, punti di vista e interpretazioni, affrontando, in maniera esperta, alcune delle questioni più rilevanti della professione del Dirigente Scolastico che, vista la crescente complessità, necessita di riferimenti aggiornati per orientarsi efficacemente. La competenza di chi è preposto alla direzione unitaria e strategica di una istituzione scolastica, infatti, si consolida e sviluppa sulla base del confronto e della continua relazione culturale e professionale con i colleghi, il mondo scolastico, i funzionari amministrativi e tecnici dell’Amministrazione e, in misura non secondaria, con il territorio di riferimento. Rotta ben tracciata e venti favorevoli! Buona navigazione a tuttiI”