Scuola, Covid e funzionamento cognitivo alterato

Scuola, Covid e funzionamento cognitivo alterato

di Mario Maviglia

​Chissà se il Covid-19 produce effetti indesiderati anche sul funzionamento cognitivo delle persone e delle istituzioni. Non siamo tecnici del settore, ma il dubbio ci è sorto leggendo le “Indicazioni strategiche” che, congiuntamente, l’Istituto Superiore di Sanità, il Ministero della Salute, il Ministero dell’Istruzione e la Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome hanno predisposto il 5 agosto 2022 per contrastare la diffusione del virus in vista dell’avvio del prossimo anno scolastico.

Ad essere più precisi il documento interistituzionale ha lo scopo di presentare “le possibili misure di mitigazione e contenimento della circolazione virale adottabili nell’anno scolastico 2022-2023 fornendo elementi utili di preparedness e readiness”. E i destinatari di tali indicazioni– viene precisato – sono “le istituzioni scolastiche del I e del II ciclo, ivi comprese le scuole paritarie e quelle non paritarie, i sistemi regionali di istruzione e formazione professionale (IeFP) nonché i centri provinciali per l’istruzione degli adulti”.

Quindi le Indicazioni non si rivolgono ad un pubblico di medici o di specialisti del settore, ma a professionisti che si occupano di sviluppo dei processi di apprendimento, predisposizione di attività didattiche per gli studenti, strategie di valutazione e cose del genere. A dirla tutta, i concetti di preparedness e readiness non sono – di solito – oggetto di discussione tra i docenti quando scambiano quattro chiacchiere in sala professori o quando discutono con il dirigente scolastico su come mettere in atto le misure anti-Covid a scuola (e su come sopravvivere alla superfetazione di indicazioni operative dettate dai vari Ministeri…) o quando incontrano i rappresentanti dei genitori. Almeno, non fino a questo momento.

Ci deve essere una sottile vena sadica nella comunicazione adottata da queste Istituzioni nell’utilizzare termini così tecnici, peraltro senza alcuna spiegazione o traduzione. E se ne ha la riprova quando, illustrando le misure da mettere e sintetizzate in due distinte tabelle (Tabella 1. Misure di prevenzione non farmacologiche di base per l’A.S. 2022 – 2023; Tabella 2. Eventuali ulteriori misure di prevenzione non farmacologiche per l’A.S. 2022 – 2023), vengono proposti quattro distinti domini: Intervento / Razionale / Indicazioni / Risorse necessarie per Readiness. L’intuizione degli operatori sopperisce alla mancanza di condivisione dei significati attribuiti ai lemmi da parte degli estensori. Un po’ di sana ricerca interdisciplinare non fa male ai professionisti della scuola…

Ma probabilmente gli estensori del documento interistituzionale avranno fatto un altro ragionamento, sintetizzabile nei seguenti termini: nel corso di questo ultimo triennio docenti e dirigenti hanno dovuto fare i conti con una terminologia alquanto nuova per il contesto scolastico: rime buccali, distanziamento, bolle, banchi a rotelle, oltre a quella più specificatamente medico-sanitaria. E dunque si sono abituati a confrontarsi con situazioni anche terminologiche affatto diverse e inusuali. L’utilizzo di termini anglofoni, poi, aggiunge un pizzico di modernità in più nella comunicazione top-down (strano che questa espressione non sia stata utilizzata dagli estensori, ma attendiamo il prossimo documento…). Insomma, sulla scia di quanto avviato con il PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza), docenti e dirigenti sono diventati a loro volta sempre più resilienti e quindi sempre più in grado di resistere (sopportare?) a queste manifestazioni linguistiche autoreferenziali appartenenti ad altri background (come sopra…) professionali. E d’altro canto questa appropriateness of words consente una più accurate definizione del meaning di quanto si vuole esprimere, contribuendo a mettere in atto misure con un alto livello di effectiveness. Chiaro, no?

(Chissà se gli estensori del documento interisituzionale hanno previsto per le scuole – tra le varie misure da mettere in atto, pardon operations – la dotazione di un OED-Oxford English Dictionary o – meglio ancora – di un manuale riguardante la“mitigazione” delle infezioni da Covid. I docenti non vedono l’ora; oh, sorry, they’re looking forward to it).

Il conflitto organizzativo

Il conflitto organizzativo e la sua gestione a scuola

di Emmanuele Roca

Il conflitto in ambito scolastico è connaturale alle interazioni

Quando si lavora insieme e si condivide la stessa organizzazione scolastica, la medesima struttura e gli spazi, interagendo nell’ambito delle dinamiche dei processi e delle procedure, essendo sottoposti a regole e regolamenti comuni, i conflitti si presentano inevitabilmente ed anzi sono quasi naturali, in quanto strettamente connessi alle interazioni che caratterizzano la quotidianità della vita di una scuola.

Zan (2011) definisce la scuola come una organizzazione sociale complessa ed a maglie larghe (“loose coupling”) dove le relazioni tra le varie componenti si caratterizzano per complessità, variabilità e debolezza.

Infatti, nelle istituzioni scolastiche interagiscono un gran numero di soggetti (dirigenti, docenti, personale ATA, studenti, genitori/tutori degli studenti, rappresentanti degli enti territoriali, ecc.) che devono confrontarsi su varie questioni e problemi e la genesi di un probabile conflitto risulterebbe associabile a differenze di cultura, personalità, valori, atteggiamenti, bisogni, obiettivi, interessi, aspirazioni, ecc. (Göksoy e Argon, 2016).

Nella scuola di oggi si richiede sempre più una maggiore collaborazione tra le diverse componenti di sistema – al fine di raggiungere determinati traguardi nell’ambito di un comune orizzonte di senso – ed il conflitto può considerarsi come l’insorgenza di una situazione generata da altri (una persona o un gruppo) e che viene percepita come interferente nel perseguimento dei propri obiettivi; si tratta di una disputa che sorgendo nel contesto delle relazioni, a livello personale o di gruppo, può influenzare il grado di soddisfacimento dei bisogni psicologici e/o delle prospettive sociali.

Saiti (2015) riferisce che, a livello organizzativo, i conflitti in ambito scolastico sono attribuibili ai seguenti fattori: a) l’interdipendenza tra i membri di un’organizzazione e la mancanza di accordo in merito agli atteggiamenti ed alle procedure; b) l’esistenza di punti di vista discordanti che non consentono la realizzazione di azioni comuni; c) le divergenze nell’adozione di pratiche didattiche e/o amministrative; d) la percezione di differenti bisogni e/o la non condivisione di valori di senso e di appartenenza; e) l’incompatibilità tra diversi interessi di parte; f) gli interessi contrastanti nell’espletamento di un progetto/compito; g) le controversie generate da rivalità, dall’ignoranza e/o da comportamenti lavorativi negativi; h) le eccessive lamentele nello svolgimento di un compito; i) l’evenienza di errori procedurali reiterati nel tempo; l) il fenomeno dell’assenteismo; m) la crescente pressione e/o l’ingerenza esercitata dall’ambiente esterno; n) ecc.

Di per sé il conflitto non può considerarsi né un evento “positivo”, né un accadimento “negativo” e – per quanto la sua genesi possa essere ricondotta a fattori personali e/o organizzativi – l’aspetto più importante del suo verificarsi risiede nella modalità di risoluzione, in quanto ciò genera potenziali ricadute sull’organizzazione.

Occorre saper gestire il conflitto considerando le possibili strategie risolutive e riflettendo sul come lo stesso conflitto possa trasformarsi “da problema a risorsa” sul piano dei processi di miglioramento.

Bisogna imparare a gestire i conflitti in modo da contribuire al miglioramento dell’organizzazione e ciò richiede lo sviluppo di un apprendimento organizzativo costante, situato e calato nella propria realtà (Roca, 2021).

Tipologie di conflitto nell’ambito dell’organizzazione scolastica

In ambito scolastico è possibile classificare i conflitti in relazione ai seguenti parametri: a) le tipologie degli obiettivi perseguiti dai diversi contendenti o attori scolastici; b) il livello organizzativo in cui si verifica il conflitto; c) la natura del conflitto; d) gli effetti determinati dal conflitto; e) l’intensità del conflitto e la frequenza con cui esso si ripete.

I conflitti possono emergere sia tra individui che hanno obiettivi diversi ma devono accordarsi su questioni comuni, sia tra persone e/o gruppi che, pur avendo obiettivi comuni, competono per le stesse risorse.

I conflitti intra-organizzativi tra i membri della comunità possono verificarsi a livello personale o di gruppo. Nel primo caso, si possono distinguere conflitti intrapersonali e interpersonali, nel secondo caso conflitti interdipartimentali (tra gruppi) e intradipartimentali (all’interno del gruppo).

Sulla base della natura stessa dei conflitti, si possono ulteriormente differenziare conflitti di relazione, di compito e di processo.

A mero titolo esemplificativo, un conflitto di relazione potrebbe originarsi a causa delle diverse personalità degli insegnanti impegnati a realizzare, in maniera sinergica e condivisa, una comune azione didattica. Un conflitto di compito potrebbe invece implicare una mancanza di accordo sul contenuto degli obiettivi di una unità di apprendimento. Un conflitto di processo potrebbe emergere allorquando ci siano percezioni e filosofie diverse sull’uso delle nuove tecnologie nella didattica.

Sulla base degli effetti prodotti sull’organizzazione è possibile ulteriormente classificare i conflitti in funzionali (costruttivi) e disfunzionali (distruttivi); i primi possono permettere il raggiungimento degli obiettivi ed hanno un effetto positivo sul miglioramento dell’efficienza organizzativa mentre i secondi costituiscono un ostacolo alle prestazioni ed al raggiungimento degli obiettivi dell’organizzazione.

In riferimento al livello di intensità dei conflitti, si possono distinguere livelli di intensità bassi, medi e alti.

Per quanto riguarda le parti coinvolte, i conflitti possono avvenire tra studenti, tra studenti e insegnanti, tra studenti e Dirigente Scolastico (DS), tra DS e personale scolastico (insegnanti e personale ATA), tra insegnanti, tra personale ATA, tra genitori/tutori degli studenti e tra questi e il personale scolastico e/o il DS, tra i vari attori sociali della scuola compreso le autorità locali, ecc.

Cause dei conflitti e variabili di sistema

Cercare di comprendere le cause del conflitto ed identificare i fattori che possono influenzarne la frequenza e l’intensità rappresenta il punto di partenza per imparare a gestire le situazioni conflittuali.

In letteratura non mancano studi sulle possibili cause dei conflitti organizzativi a livello scolastico.

Jubran (2017) ha proposto tre tipologie di cause quali: a) il grado di indipendenza funzionale tra le parti interagenti di un’organizzazione (dipartimenti/gruppi/referenti) aventi responsabilità diverse e l’assenza di un coordinamento e/o di una supervisione efficace; b) le differenze nei valori e negli obiettivi da perseguire; c) i compiti sovrapposti e non chiaramente definiti degli operatori con conseguente confusione tra ruoli, doveri e responsabilità (ambiguità di ruolo) all’interno dell’organizzazione.

Una variabile del sistema organizzativo da tenere sotto controllo è il modello di comunicazione che si realizza tra le parti; infatti, ci possono essere forme disfunzionali di comunicazione in grado di generare conflitti. Ad esempio, se non tutti dispongono delle stesse informazioni oppure la comunicazione viene trasmessa in modo diverso in relazione alle persone e tali differenze originano interpretazioni differenti ed agiti diversi, ciò determina possibili conflitti organizzativi e lo stesso può verificarsi allorquando la comunicazione risulta errata o determina una errata interpretazione delle informazioni. Inoltre, le eventuali scarse relazioni tra le parti e la mancanza di briefing e confronto condizionano negativamente la comprensione reciproca e concorrono ad amplificare i possibili conflitti (Grammatikopoulos, 2022).

Altro fattore da attenzionare è la lotta per l’assegnazione di maggiori quote di risorse per il proprio gruppo di appartenenza o per il/i singolo/i. In questo caso occorre che la dirigenza sappia far comprendere (o almeno tenti di far comprendere) e renda trasparente il necessario uso diligente delle limitate risorse cercando la condivisione degli obiettivi ed operando a favore di possibili azioni tese ad intercettare nuove forme di finanziamento.

La tipologia di management e lo stile di leadership scolastica rappresentano altre variabili di contesto dell’organizzazione che interferiscono con la genesi dei conflitti. Infatti, l’adozione di un comportamento direttivo o all’opposto lassista da parte del DS influenza non poco l’origine e l’evoluzione del possibile conflitto in ambito scolastico.

Anche l’approccio all’identificazione dell’errore organizzativo – che può causare conseguenti conflitti nell’ambito delle unità operative o nei gruppi di lavoro e  generare problemi di accettazione da parte del responsabile, con il timore di eventuali conseguenze nell’ambito del gruppo dei pari, con relazioni rese di fatto più difficili ed incremento di stress, in uno scenario che demonizza l’errore come un fallimento o lo considera esclusivamente come un ostacolo al raggiungimento degli obiettivi – costituisce una variabile di sistema da tenere sotto controllo. In tal senso in un precedente lavoro (Roca, 2022) si è approfondito il ricorso all’Appreciative Inquiry in ambito scolastico, un approccio basato sulla diffusione di una concezione positiva delle organizzazioni e degli attori coinvolti nella generazione del cambiamento in modo da contribuire a ridurre, in una certa misura, la genesi delle conflittualità organizzative.

Stili di gestione dei conflitti

Friend e Cook (2000) hanno analizzato gli stili di gestione del conflitto in ambito scolastico ribadendo che occorre imparare a interpretare e conseguentemente risolvere adeguatamente il conflitto in maniera efficace, al fine di ricavarne – laddove possibile – un beneficio per l’organizzazione in termini di riflessività e miglioramento operativo.

Di fronte al presentarsi di situazioni problematiche – nelle quali potrebbero emergere rivalità, bisogni non convergenti, obiettivi non condivisi, controversie personali, ecc. – i diversi attori dell’organizzazione scolastica, ed in primis il Dirigente Scolastico, dovrebbero attivare momenti di riflessione per prendere coscienza del dato di fatto, studiarne le variabili di contesto e formulare ipotesi di intervento che consentano attraverso una negoziazione tra le parti, di giungere ad una possibile condivisione di scelte, di atteggiamenti e di azioni, in un’ottica di miglioramento continuo.

La gestione dei conflitti deve mirare a: 1) prevenire l’azione di disturbo generata dalla conflittualità facendo convergere l’attenzione delle parti sul raggiungimento di una condivisione di valori e sugli obiettivi da perseguire, attraverso l’arte della possibile mediazione e del contemperamento degli interessi; 2) migliorare la comprensione e la conoscenza dei diversi attori della scuola, rispettandone la diversità; 3) aumentare la creatività gestionale dell’organizzazione e la capacità di autoriflessione del sistema; 4) imparare a mettere in atto procedure e strategie valide per la loro risoluzione.

Larasati e Raharja (2020) riportano cinque differenti stili di gestione dei conflitti ovvero: 1) evitante; 2) competitivo; 3) accomodante; 4) collaborativo; 5) di compromesso.

Si tratta di comportamenti e approcci caratterizzati in maniera differente dalle dimensioni della collaboratività e dell’assertività. Infatti, il comportamento evitante presenta il minor grado di queste due variabili ovvero il minimo livello di collaboratività e di assertività, al contrario lo stile collaborativo porta con sè il massimo grado di collaboratività ed assertività.

Lo stile evitante comporta la scelta di evitare il conflitto o di affrontarlo allontanandosi dal problema ma in questo modo il problema non viene risolto e può generare ulteriori disfunzioni; tale strategia in alcuni casi può essere consigliabile allorquando il conflitto si presenta carico di emozioni e di sentimenti negativi ed il suo differimento temporaneo consentirebbe alle parti di affrontarsi più serenamente ed in maniera più controllata, in un successivo confronto.

Lo stile competitivo richiede un alto livello di consapevolezza ma un basso grado di cooperazione; è uno stile orientato all’uso del potere, si vuole avere ragione a tutti i costi facendo valere il proprio potere. Tale comportamento potrebbe usarsi quando c’è da prendere una decisione di cui solo uno è responsabile ma se abusato porta con sé lo svantaggio di “danneggiare” le relazioni di collaborazione.

Lo stile accomodante rappresenta una modalità di gestione dei conflitti con un basso livello di assertività ed un alto livello di cooperazione; con tale comportamento si mettono da parte i propri interessi a favore di quelli del contendente nei cui confronti ci si arrende. Tale evenienza può essere consigliata nel caso di questioni poco importanti o nel caso in cui non si può modificare una situazione e ciò consente di definire rapidamente il conflitto e di spostare l’attenzione su problemi ben più importanti.

Lo stile collaborativo comporta la volontà di identificare le cause scatenanti il contendere, condividere le informazioni anche valutando il problema da prospettive ed angolature diverse e ricercare in maniera costruttiva la soluzione del caso. Tale comportamento, seppure da auspicarsi in termini di crescita e di positiva collaborazione, non è da applicarsi quando i contendenti non si fidano l’uno dell’altro, né si rispettano lealmente, e peraltro richiede molto tempo.

Lo stile di compromesso prevede la negoziazione ed il contemperamento degli interessi in modo tale che ciascuno dei contendenti raggiunga qualche vantaggio considerato accettabile. Rappresenta una modalità di gestione alquanto rapida ma comunque non è privo di svantaggi.

Come ben si comprende non esiste una modalità univoca di gestione del conflitto ma all’interno delle interazioni scolastiche occorrerà fare riferimento, di volta in volta, a seconda delle caratteristiche del problema che si presenta e del contesto in cui esso avviene, a queste tipologie di stili che costituiscono dei modelli. Infatti, di fronte al crescente grado di complessità dello scenario scolastico non è pensabile che si adotti un modello organizzativo e di gestione prestabilito, ma occorre sviluppare capacità organizzative e gestionali che sappiano promuovere autonomia, creatività e flessibilità con l’orientamento al grado di soddisfazione di tutti gli stakeholders (Roca, 2021).

Gestione del conflitto

Non è possibile avere una scuola senza conflitti e la loro gestione assorbe non poco tempo, richiedendo lo sforzo di comprenderne le ragioni, le cause scatenanti, la logica sottesa alle parti contendenti, la ricerca di una auspicata possibile risoluzione delle problematiche e la prospettazione delle eventuali potenzialità generative, funzionali o disfunzionali all’organizzazione stessa.

Il primo passo nella gestione di un conflitto è quello di analizzarne la natura e la tipologia, considerando le caratteristiche delle parti interagenti e le motivazioni da loro espresse.

Una volta pervenuti alla comprensione generale del conflitto ed aver capito le motivazioni dei diversi attori, occorre identificare la possibile strategia da seguire e scegliere lo stile di gestione più consono al problema ed alle parti.

Si avvia una fase di pre-negoziazione dove si attua un processo di avvicinamento con le parti, palesando la volontà di incontrare le stesse e stabilendo la logistica e la tempistica degli incontri.

Segue una fase vera e propria di negoziazione ove occorre ricordare che l’oggetto dell’interazione non è che un “contendente” vinca e l’altro perda, ma che il problema che emerge, se concreto e reale, deve essere risolto.

Pietroni e Rumiati (2008) hanno definito la negoziazione come “un processo sociale in cui due o più individui, portatori di interessi divergenti e legati tra loro da una relazione di interdipendenza rispetto alla condivisione di una o più risorse scarse, definiscono dinamicamente cosa ognuno deve dare all’altro fino a raggiungere un risultato vantaggioso per tutti”.

Pertanto, durante le varie fasi di negoziazione si focalizzerà l’attenzione sul problema e non sulle persone, riconoscendo l’eventuale disaccordo e le conseguenti implicazioni sull’organizzazione, collegando le criticità al possibile potenziale miglioramento della scuola.

L’ambito del conflitto deve sempre rimanere circoscritto, focalizzando l’attenzione sul problema concreto e reale senza divagare in sterili discussioni che fanno capo ad astratte convinzioni ideologiche, ecc. Si chiariscono le questioni in modo tale che tutti i contendenti abbiano una comprensione comune del problema.

Il Dirigente Scolastico o il suo Collaboratore, nella gestione del conflitto, deve sempre considerare la componente emotiva delle interazioni e nel caso di forti coinvolgimenti emozionali è preferibile rimandare il confronto a tempi successivi.

Prima della negoziazione bisogna stabilire la valutazione di una soluzione ideale del conflitto e operare poi, successivamente, una mediazione con le motivazioni della controparte e gli eventuali fattori che possono influenzare la situazione; si fanno offerte e si rispondono alle offerte tenendo presente l’onestà e la liceità delle posizioni.

Uno dei fattori importanti per la gestione dei conflitti è la qualità della comunicazione durante il processo negoziale; essa deve essere tale da ridurre il rischio di affrontare le divergenze cadendo nella trappola del conflitto aperto, specie nell’evenienza di forti emotività negative.

Il negoziato deve avvenire facendo percepire che non si opera contro l’altro ma insieme all’altro per costruire situazioni e soluzioni organizzative orientate al miglioramento e determinate sempre nel rispetto del contemperamento degli interessi di parte con quelli del bene comune della scuola.

Una volta completata la negoziazione e definita la risoluzione del conflitto, occorrerà attuare le decisioni prese e controllare che esse vengano applicate nel corso del tempo.

Occorre ribadire che non sempre è facile riuscire a gestire efficacemente il conflitto e controllare tutte le eventuali implicazioni che esso determina sull’organizzazione scolastica. Se da un lato si cercherà di ridurre – per quanto possibile – le interferenze negative quali la tensione, la rabbia, la delusione, il senso di inutilità o di rassegnazione, ecc., dall’altro si dovrà cercare di migliorare i processi decisionali puntando anche su una più efficace cooperazione di squadra, sul senso di coesione e sull’innovazione organizzativa orientata al miglioramento.

Appare evidente che la risoluzione dei conflitti andrebbe affrontata con l’adozione di un approccio multiforme, valutando e affrontando gli eventuali problemi che potrebbero emergere, circoscrivendo le questioni per non ingigantirle e impegnandosi in un dibattito costruttivo con le parti per ricercare soluzioni adeguate nella consapevolezza che, seppure possono esistere differenti letture della realtà, si debba giungere a decisioni il più possibile condivise.

Bibliografia

FRIEND M., COOK L. (2000), Interazioni. Tecniche di collaborazione tra insegnanti, specialisti e dirigenti della scuola, Trento, Edizioni Centro Studi Erikson, 205-210.

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GRAMMATIKOPOULOS C. (2022), “Causes and implications of organizational school conflicts: A theoretical approach”, International Journal of Education and Research, 10(2), 77-88.

JUBRAN A. M. (2017), “Organizational Conflict among Teachers and the Principal’s Strategies of Dealing with It from the Teachers’ Perspective in Schools of Jordan”, Journal of Education and Learning, 6(1), 54-71.

LARASATI R., RAHARJA S. (2020), “Conflict Management in Improving Schools Effectiveness”, in 3rd International Conference on Learning Innovation and Quality Education (ICLIQE 2019), Atlantis Press, 191-197.

PIETRONI D., RUMIATI R. (2008), La mente che negozia. Come la psicologia ci insegna a contrattare in economia, Milano, Ed. Il Sole 24 Ore, 4.

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ROCA E. (2022), “L’Appreciative Inquiry a scuola, un paradigma per il miglioramento. La gestione delle emergenze e la necessità di ‘attrezzare’ la scuola a rispondere alle sfide del futuro attraverso la pratica dell’Indagine Apprezzativa ed il lavoro collaborativo. Dai punti di forza dell’organizzazione scolastica fino alla generazione di un processo trasformativo di miglioramento basato sul pensiero positivo e l’attivazione della comunità professionale”, Educazione&Scuola (ISSN 1973-252X), 2022, XXVII, 7.

SAITI A. (2015), “Conflicts in schools, conflict management styles and the role of the school leader: A study of Greek primary school educators”, Educational Management Administration & Leadership, 43(4), 582-609.

ZAN S. (2011), Le organizzazioni complesse. Logiche d’azione dei sistemi a legame debole, Roma, Carocci.

Serve più personale amministrativo nelle segreterie per gestire i fondi del PNRR

Antonello Giannelli, Presidente ANP “Serve più personale amministrativo nelle segreterie per gestire i fondi del PNRR”

Per gestire i fondi messi a disposizione delle scuole è necessario assumere più personale nelle segreterie”. Lo chiede a gran voce il Presidente dell’ANP, Antonello Giannelli, che continua: “Le scuole, per sfruttare al meglio gli ingenti fondi erogati, devono poter disporre di personale preparato”.

“Invece,” puntualizza il Presidente dell’ANP “le segreterie delle nostre scuole sono spesso sguarnite di DSGA e non possono contare su un sufficiente numero di assistenti amministrativi. Peraltro, alle funzioni di questi ultimi è spesso adibito altro personale, magari volonteroso ma non adeguatamente formato.
Di questa importante problematica, che i nostri iscritti ci segnalano come sempre più impellente, ho riferito recentemente anche al Ministro Bianchi. Spero che il Governo, nonostante la crisi, possa intervenire concretamente”.

Conclude Giannelli: “Le scuole sono strutture complesse che, per funzionare bene, hanno bisogno di personale in grado di gestire l’amministrazione e collaborare con il dirigente nell’organizzazione. L’assunzione di personale qualificato e l’aggiornamento di quello già presente non si possono più rinviare”.

Avviso 10 agosto 2022, AOODPIT 1938

Ministero dell’Istruzione
Dipartimento per il sistema educativo di istruzione e formazione
Direzione generale per lo Studente, l’inclusione e l’orientamento scolastico

Custodire la memoria delle vittime delle stragi di mafia. Iniziative scolastiche di promozione della legalità

Nota 10 agosto 2022, AOODGSIP 2590

Ministero dell’Istruzione
Dipartimento per il Sistema educativo di istruzione e di formazione Direzione generale per lo Studente, l’Inclusione e l’Orientamento scolastico

Agli Uffici Scolastici Regionali e, per loro tramite, ai Comitati tecnico-scientifici regionali di cui al DM 188/2021
Ai Dirigenti delle istituzioni scolastiche di ogni grado di istruzione e, per loro tramite, a tutti i Docenti interessati
e p.c. Alla Direzione generale per il Personale scolastico Alla Direzione generale per i Sistemi informativi e la Statistica SEDE

Oggetto: Formazione del personale docente ai fini dell’inclusione degli alunni con disabilità, ai sensi del D.M. 21 giugno 2021, n. 188. Attività di monitoraggio.