Danza Inclusiva nelle scuole italiane

Danza Inclusiva nelle scuole italiane
Dialogo a due voci dove la scuola pubblica si interroga sul nuovo senso pedagogico della Danza nella sfida educativa in atto per le  giovani generazioni

 di Elisa Caprari* e Mariacristina Grazioli**

MCG– Perché la Danza in un mondo come oggi, così complesso, così eroso da tante urgenze? Cosa può offrire dal punto di vista educativo?

 EC– La Danza ha un valore educativo a prescindere dalle rappresentazioni coreografiche destinate allo spettacolo e ci consegna una occasione unica dove potere fare ricerca; il discente ricercherà se stesso, il maestro ricercherà strade metodologiche nuove per rappresentare, per esprimere, per comunicare. L’atto danzato prevede una comunicazione simbiotica tra il ballerino e il coreografo. Non è forse la stessa tensione educativa che si sviluppa tra alunno e docente? 

Le espressioni artistiche in particolare il linguaggio coreutico sono esplorazioni personali su un “proprio modo di essere e di comunicare” vogliono toccare l’animo interiore dell’uomo. Si tratta di movimenti verso una strada unica che si interseca poi con altre strade: quelle degli spettatori, di altri artisti, di persone … E questo movimento non è forse inclusivo? 

Le arti inglobano, incontrano e creano qualcosa di nuovo. Un danzatore impara ad “andare insieme agli atri” e a essere allo stesso tempo unico nel suo genere. Un danzatore viene educato alla danza, ma se invece fosse la danza ad educare? 

Oggi si sente parlare di unicità. Per essere unici però bisogna saper guardare le diversità dell’altro e farle proprie. Non parlo di accettazione, ma di osservazione, la danza insegna anche questo: osservare i movimenti di altri, farli diventare i propri per trovare poi un modo personale. Questo processo posso dire a io avviso che sia molto simile all’azione inclusiva. L’arte in ogni sua forma si muove verso l’inclusione. Posso dire quindi che bisogna trovare la propria strada per far si che l’inclusione diventi una delle urgenze in ambito umano 

MCG– Inclusione attraverso la Danza? In realtà noi abbiamo un’idea di Danza selettiva. Inoltre non ti nascondo alcuni pregiudizi legati all’idea di “corpo perfetto”…

EC-Mi batto da tempo perché i pregiudizi sulla Danza vengano abbattuti. Danzare come spazio e luogo di inclusione? Certo è possibile. Inclusione è una parola molto “densa” nell’ambito educativo e tocca il cuore istituzionale dell’agire di tutte le scuole di ogni ordine e grado. Oggi addirittura il PNRR chiede ad ogni singolo istituto una riflessione sull’offerta formativa in senso “inclusivo”. Se infatti l’obiettivo fondamentale del MIUR è la riduzione dei “divari”, ci chiediamo se proprio tra questi obiettivi non debba per forza essere annoverato il principale, ossia la  conoscenza del sè. Che orientamento formativo e professionalizzate possono mai agire gli studenti se non sanno letteralmente dove sono? Non è un senso geografico, ovviamente, ma in senso culturale, emotivo e cognitivo, e imprescindibile capacità di scelta di personalissimi futuri…

Agire in senso inclusivo è la vera sfida di questa epoca sociale così complessa.  Pare strano che lo sia anche tra le nuove generazioni di danzatori e creativi, ma è così. E’ in atto una riflessione a tutto tondo sugli aspetti educativo- inclusivi della Danza.  Per educativo è bene intendere, come sostiene Edda Ducci, “quel che c’è in noi di educabile, ciò che, se sviluppato rende più bella, più buona e più giusta la nostra umanità”. Bello, buono e giusto sono termini già presenti nell’antica Grecia, sono spinte intime dell’uomo che portano il nostro potenziale, dalla potenza all’atto. Per Ducci l’educativo è una realtà di natura misteriosa, che non può quindi essere uguale per tutti, che ha bisogno di un’interpretazione singolare e intima dell’uomo, di chi se ne avvicina, per comprenderla e abitarla. Non esistono metodi o modalità matematiche che possano risolvere e darne le risposte. Ogni uomo, ogni studente e ogni maestro si attiva verso un procedimento ermeneutico come mezzo di esplorazione e ricerca e la Danza non può che nascere da un procedimento ermeneutico3. Nella Danza inclusiva il corpo perfetto è quello che ciascun allievo vede rifesso nello specchio: è il proprio irripetibile corpo e, attraverso quello, sa stupirsi del prodigioso processo di conoscenza e rappresentazione messo in campo dalle proposte metodologiche.

MCG– Nell’antica Grecia che hai citato, i danzatori erano visti come esseri capaci di connettere l’umano con gli dei. Non è cosa di poco conto! Per certi versi, non trovi ci sia paura ad approcciarsi alla Danza (e ai suoi linguaggi) in modo meno tradizionale? 

EC-Basta affrontare in senso antropologico la Storia della Danza per rendersi conto di quanto sia potente il linguaggio coreutico. Nell’antica Grecia la danza era il mezzo per entrare in contatto, per avvicinarsi alle divinità; era uno dei mezzi espressivi – forse il più potente – in grado di connettere l’area umana con l’area deifica in senso anche simbiotico. Così è stato nel corso della storia: le danze dei popoli, di corte, di teatro vogliono connettere, uniscono l’animo umano all’altro da sé; l’uomo connesso a Dio, la Popolazione alla Patria, l’Uomo all’altro Uomo. Con la differenza che oggi la danza si è trasformata, ha stili, esigenze e compiti diversi. Oggi bisogna saper utilizzare il linguaggio artistico al massimo delle sue potenzialità, dobbiamo imparare ad osservare a sentire e a scegliere quale sia il mezzo o i mezzi che arrivano più in profondità nell’Altro. Così come Pirandello attribuisce al teatro il compito di creare l’ambiente dove far vivere i suoi personaggi, così l’agire danzato fa abitare spiritualmente il personaggio o l’idea, che diviene nel contempo luogo di espressione della vita vera. Anche noi come artisti, maestri e studenti, se veramente vogliamo avvicinarci al mondo della paideia abbiamo il dovere di stimolare e stimolarci, di sentire, quindi di ri-vivere – per citare Pirandello-  “sentire in sé l’altro da sé”. E’ questa la strada per ritrovare la verità, quella che risiede nell’animo di ognuno e che apre frontiere, spezza catene, valica muri. Credo che ce ne sia un gran bisogno di questi tempi, non trovi? Oggi è più difficile ritrovare questa verità, anche all’interno dello stesso linguaggio artistico. Siamo in un mondo che vive di velocità: apparentemente le espressioni artistiche sono immediate poiché impattano sull’osservazione ammirativa; ma ciò non è che un primissimo momento di consapevolezza, a cui fa seguito la fase più squisitamente riflessiva. La stessa danza insegna che, se a un dato movimento associamo tempi diversi, avremo un risultato di movimenti diversi, con significati diversi. La danza è una disciplina eminentemente riflessiva. 

Ed è qui che risiede la verità, nel rispettare il tempo di ciascuno e osservarne le risposte, ovvero ciò che viene stimolato nell’altro e che ci viene successivamente donato; la danza svolge un’azione predittiva. Nelle riflessione continua.

MCG- La Danza, dunque, come procedimento maieutico?

EC- Socrate prima ancora di prestarsi alla docenza camminava (letteralmente) nel Dialogo e, facendo ciò, metteva in dubbio le certezze proprie e altrui. In fondo è stato il primo a lacerare volutamente i pregiudizi. La Danza consente questo dialogo continuo, questo ponte, questo spostarsi da un luogo all’all’altro, sia esso un luogo interiore, che fisico o metafisico. 

La Danza di ricerca espressiva sa superare le forme di pregiudizio culturale ancora imperversanti. Nell’approccio educativo della Danza, il maestro ha il compito di portare il discente verso un sentiero di conoscenza autonoma, intima e vera. Ecco dunque il maestro che “sa di non sapere”. Ho parlato di verità: nell’Apologia il pensiero socratico è incarnato in un uomo sincero che sa difendersi, sempre restando nel vero, e fa delle calunnie a lui addossate uno strumento maieutico. Anche quando viene condannato a morte non si affida alla supplica e alla pietà, anzi preferisce morire piuttosto di non poter fare più ciò che fa: il processo di conoscenza del vero viene prima di tutto e rappresenta la l’innegabile necessità esistenziale di ciascun Uomo. Ora, rimandando al concetto di verità, quale mezzo o mezzi riescono a comunicare in modo più sincero possibile se non i linguaggi artistici?! 

 Come ho detto in precedenza, l’uomo ricerca una sua strada, già questo ricercare è un’azione, è un movimento; ora, se danzare significa muoversi, possiamo supporre che anche la ricerca prevede una propria danza. E se danza e ricerca hanno tra le loro caratteristiche quella di essere vere, allora già azioni così semplici possono raggiungere il loro fine paideico, ovvero diventare nutrimento per lo spirito, così da indurre l’uomo ad una crescita spirituale personale. L’opera d’arte ci rende coscienti, vediamo, viviamo quindi attiviamo un processo mimesico con l’altro, acquistiamo consapevolezza, ce ne distacchiamo, diventiamo veri nell’essenza e oltrepassiamo le rappresentazioni. 

MCG– Non tutti sono artisti. Perché pensare alla Danza come metodologia educativa inclusiva da diffondere nella progettazione dei PTOF delle scuole italiane?

EC- Le espressioni artistiche, nascono sia come impulsi interiori – urgenze dell’artista nel comunicare con l’uomo – che come modi per essere contagiati. L’arte performativa è in grado più di ogni altro mezzo di arrivare a toccare lo spirito umano, stimolarlo e lasciarlo segnato. E chi si lascia contagiare vive l’altro, il contesto, il personale e l’universale secondo le sue personalissime modalità. In Italia tra i più importanti, se non il più importante maestro che si è occupato di mimesi – quindi la rappresentazione del reale attraverso il proprio corpo – è Orazio Costa. Ci ha insegnato il

“guardare” gli elementi della natura per rivivere l’essere umano inteso come rappresentazione dell’umanitas dove vincit omnia veritas. È solo attraverso una condizione organica, corpo – spirito e spirito – corpo che il singolo si soggettivista e diventa individuo.  

Ho personalmente sperimentato la danza come metodologia educativa al servizio delle Persona. Quest’anno ho lavorato con diversi gruppi: dai bambini piccolissimi di due anni ai ragazzi del liceo coreutico, vocati alla danza per scelta.  Una vera sfida in questi tempi post pandemici ritornare nelle sale e nelle aule! La metodologia che ho messo in campo è stata fortemente personalizzata e personalizzante attraverso attività strutturate di ricerca di movimento creativo legate alle emozioni e alle immagini individuali. Inizialmente il lavoro è stato “singolarizzato”, ma in un secondo momento – quando l’azione di connessione è diventata una esigenza dell’aula- si è generato un “tutto” che era la storia di “ciascuno”. Io stessa sono rimasta affascinata dalle creazioni ottenute. Ogni mio allievo ha portato in campo la propria unicità e, ognuno di loro ha trovato il proprio modo, il proprio movimento; ma nell’insieme ho potuto assistere a una duplice creazione: quella personalissima e quella “abitata da tutti”. Questo è avvenuto perché i gruppi sono stati guidati verso la ricerca di una unicità, si sono sentiti liberi di sperimentare e hanno vissuto l’attimo senza pressioni sull’obiettivo tecnico, sentendosi liberei da imposizioni di schemi già precostituiti. 

Se il Piano dell’Offerta formativa punta alla realizzazione delle crescita della Persona, allora non può che riconosce nei linguaggi tratti dalla  Danza metodi essenziali di grande interesse di ricerca. Putroppo il mondo delle scuola istituzionale ha ancora molta paura del “corpo”, è ancora troppo gentiliano se vogliamo banalizare (e me ne scuso). Ma i bambini sono soprattutto corpo ed esperienza, sono sensi; allora mi sento di rileggere “ Invece il 100 c’è” dove Loris Malaguzzi assegna al bambino altamente e diversamente competente cento linguaggi. Perché non la Danza, allora?

MCG-Stai dicendo che la Danza è la metodologia della scoperta, un sorta di “andare oltre”?

EC-Secondo il mio parere, nella Danza ritroviamo come l’andare oltre- muoversi verso l’esterno, il suscitare lo spirito per poi creare-  sia la più potente attività che la persona possa attivare nel suo percorso di sapiente apprendimento. Allo stesso modo, questo procedimento metodologico può essere rapportato all’in-tendere di Pirandello: un “movimento” verso il mondo che è dentro l’Altro. Ed è proprio in questo dinamismo che facciamo ricerca, troviamo forme di espressione libere, sentiamo l’Altro. 

Cosa è l’andare oltre se non lo sperimentare chi siamo e camminare aperti nei luoghi del mondo? Il linguaggio coreutico come metodologia dell’andare oltre è un sorta di mentoring dell’affettività, dell’espressività e non può che portare alla conoscenza di sé attraverso il movimento danzato. Il docente di danza diventa guida, sostegno, modello di ruolo, facilitatore di cambiamento. Nella Danza abita anche lo stupore; il soggetto che lavora su di sé scopre cosa può fare con il suo corpo e con la propria mente affettiva e quali connessioni attivare. Nell’atto creativo coreutico vi è una azione di generazione, nascono cose e ne succedono altre. “Lo stupore tra i nostri ragazzi è motivazione”; mai come negli ultimi anni gli studenti hanno perso motivazione e stupore.

MCG-La Danza nelle scuole, come strumento principale di una espressività che punta all’interazione. E’ una vera sfida non trovi? Possiamo pensare di usare la Danza come “strumento metodologico inclusivo”?

 EC-Certamente. Soltanto lavorando creativamente e quindi attivando questo processo dinamico verso l’altro si arriva alla composizione del famoso “gruppo classe”; vediamo in negativo questa cosa quando l’istituzione chiede un impegno agli insegnanti nelle gestione dei conflitti aperti o latenti tra i gruppi di bambini e ragazzi, senza davvero supportali con strumenti reali.  L’esperienza della Danza non è solo esecuzione di movimenti, si tratta di una connessione tra studenti e insegnanti, studenti e studenti, tra ciò che “sento” e ciò che “rappresento”. Il processo di interazione mette al centro una Persona irripetibile nel suo genere, unica, che si connette e tende agli altri per viverli, quindi comprenderli. La Danza Inclusiva “ricrea”: è il procedimento dell’opera teatrale composta da musica, danza e teatro dove i linguaggi artistici si toccano e creano un’atmosfera unica che può essere respirata dal pubblico umanizzato. Il pubblico in questo caso è la nostra classe, i nostri bambini, i nostri ragazzi. L’interazione non può che avvenire in un contesto aperto; non c’è interazione se c’è chiusura. Quindi, tornando alla domanda iniziale “cos’è l’inclusione”; forse posso rispondere dicendo che è vivere se stessi, conoscendosi grazie all’altro. 

La Danza Inclusiva nutre la consapevolezza dell’unicità, crea forme di approccio alla conoscenza formale ed informale, educa alla crescita, dunque anche la disabilità nelle sua specifica unicità può, anzi deve, abitare la danza. Sto attualmente lavorando proprio a questa ricerca e ne sono orgogliosa, perché sto avviando esperienze di Video danza dove ricreo soluzioni inclusive digitali, dove la persona conquista il  suo centro, nello stupore  meravigliosamente umano di una  ineffabile unicità.

Bibliografia e sitografia di riferimento

https://pnrr.istruzione.it/competenze/riduzione-dei-divari-territoriali/

Platone, Apologia di Socrate. Reale G(ed). ed  Bompianti, 2000.  

Scaramuzzo G. In-tendere. L’umana Sophia di Pirandello. Roma, Anicia, 2010

Scaramuzzo G. Per un’ermeneutica dell’educativo. L’insegnamento scritto (e quello non scritto) di Edda Ducci. Roma, Anicia, 2021

https://www.100lorismalaguzzi.it/loris-malaguzzi/

Costa O. A cura di Niccolini A. Parlando del metodo mimico. Lezioni inedite trascritte. Roma, Audino, 2022


*Danzatrice professionista e docente, laureata in danza contemporanea presso l’Accademia Nazionale di Danza di Roma. Lavora come esperto valutatore del settore AFAM presso l’ANVUR. Insegna movimento creativo e laboratori di danza contemporanea in diverse scuole di Roma. E’ originaria di Reggio Emilia dove ha compiuto i suoi studi liceali coreutici e dove torna spesso per progetti educati a favore di bambini, adolescenti e adulti.

** Dirigente scolastico senior in servizio dal 1995, ora a Sassuolo (MO). Esperta di Innovazione sociale strategica, Educazione ed Istruzione ADULTI, progettazione e gestione di finanziamenti di fondi europei, formatrice regionale ER per Dsga e DS nell’ambito delle attività PNSD