Del merito

Un passo falso del nuovo governo

di Enrico Maranzana

MINISTERO DELL’ISTRUZIONE E DEL MERITO è la nuova denominazione del dicastero.

Un’innovazione annunciata al meeting di Rimini dall’onorevole Giorgia Meloni che ha auspicato la reintroduzione dei voti nella scuola primaria.   Si tratta di un cambiamento che confligge con la cultura contemporanea: i problemi complessi non possono essere semplificati e, nel caso in esame, sintetizzati numericamente.

Limiteremo a quest’aspetto la qui proposta analisi.

Il termine “merito” non ha valore assoluto, il suo significato deriva dalla situazione di riferimento; misura lo scostamento dalle attese. Essenziale la sua specificazione. A tal fine se ne trascrivel’enunciazione ministeriale. La scuola primaria è finalizzata a “sviluppare le dimensioni cognitive, emotive, affettive, sociali, corporee, etiche e religiose e di acquisire i saperi irrinunciabili. Attraverso le conoscenze e i linguaggi caratteristici di ciascuna disciplina, la scuola primaria pone le premesse per lo sviluppo del pensiero riflessivo e critico necessario per diventare cittadini consapevoli e responsabili”.

Decodificando: il mandato educativo conferito alle scuole consiste nella progettazione, nella realizzazione e nella gestione di processi d’apprendimento. Questi si governano monitorando i comportamenti dei bambini: molteplici sono i relativi fattori cardine, alcuni sono esterni all’ambiente scolastico o sono relativi al vissuto degli alunni. Compendiare nel voto tutte le variabili in gioco impedisce una corretta interazione scuola-famiglia. La sintesi numerica, infatti, oltre a schermare le mete educative e le ipotesi per il relativo conseguimento, rappresenta una motivazione estrinseca: il traguardo diventa il voto, l’approvazione dell’insegnante, non il consolidamento di comportamenti.

Anche la visione dell’istituzione scolastica sottesa appare anacronistica e, conseguentemente, inadatta al ripristino della dignità istituzionale e alla riqualificazione del lavoro dei docenti. Questi, collegialmente, progettano itinerari per preparare gli studenti all’interazione con una società in impetuoso e imprevedibile cambiamento. Il rapporto docenti-discenti deve essere dialogico e collaborativo, non gerarchico e intransitivo come il voto trasmette implicitamente.

MIM –  Ministero dell’istruzione e del merito

MIM –  Ministero dell’istruzione. Necessario aggiungere “e del merito”?

di Gabriele Boselli

L’aggiunta “del merito” rappresenta un’opportunità ma anche un pericolo. Necessario operare per la rievidenza di una soggettualità individuale e collettiva non fissata sul successo ma consapevole delle radici, delle ragioni e del senso della cultura.

Non avendo presumibilmente molti soldi da spendere nell’istruzione (molte risorse saranno destinate ad alimentare la campagna d’Ucraina e a contenere gli effetti delle sanzioni) il governo Meloni inizia innovando sui nomi,  Ma  Giuseppe Valditara potrà continuare a operare come un intellettuale o succederà come a Bianchi, studioso di altissimo valore, anche internazionalmente riconosciuto, ma schiacciato da una struttura ministeriale dominata per trent’anni da gruppetti di cultura  confindustrial-sindacale?

La fonte di ogni dottrina della scienza  

L’aspetto più positivo del nuovo ministero è la presumibile conoscenza del latino da parte del suo titolare, docente di diritto romano all’università di Torino. Scrivo presumibile poichè è noto come in genere l’accesso alla docenza universitaria abbia poco a che vedere con i meriti scientificie invece si colleghi alla partecipazione a cordate accademiche e/o parentali o all’abilità nei mercati citazionali (alias impact factor)  capaci di assicurare il successo nei tristamente famosi concorsi universitari.

Comunque il neoministro il latino dovrebbe conoscerlo e questo dovrebbe preservarlo da quella soggezione assoluta alla tre I di Arcore, Impresa, Inglese, Informatica, cui  hanno dovuto soggiacere i ministri dell’Istruzione da trent’anni a questa parte. Se conosce il latino conosce la struttura profonda di tutte le scienze, anche di quelle del mondo fisico, nutrite anch’esse per millenni di quel pane. La potenza teoretica fossile del latino continuerà ad agire.   Il diritto romano resterà la nascosta struttura di fondo di ogni nuova conformazione giuridica, il non detto essenziale di ogni dirsi cittadino. Galeno di Pergamo, il medico degli imperatori romani, continuerà attraverso i suoi eredi più colti a curare anche antiche e nuove malattie. La sintassi di fondo dei Principia mathematica di Newton illuminerà ancora la fisica post-quantistica e l’imminente teoria unificata dell’universo.

Sotto questo profilo potremmo restare tranquilli.  Ma Valditara potrà continuare a essere un intellettuale o gli succederà come a Bianchi, studioso di altissimo valore ma schiacciato da una struttura ministeriale dominata per trent’anni da gruppetti di cultura confindustrial sindacale?

Quale idea di merito?

Un altro fronte è quello del concetto di merito. Se collegato all’idea di valore è bene, promuoverlo, se viene identificato con le presatrazioni che assicurano il successo o la ricompensa è fonte di ingiustizie alla persona e disastri per la società, oltre che fattore di blocco ogni dottrina della scienza.

Educare ha da essere non fatto ma atto il più possibile puro, o almeno debolmente condizionato (Giovanni Gentile). Per questo è riduzionista la sola attenzione alle prestazioni. Se l’esperienza educativa è evento complessivo non può essere valutata solo considerandone un pezzo e astraendolo dai legami con il resto.  I soli risultati non dicono molto circa l’incidenza della proposta didattica  sull’ identità complessiva dell’alunno.

C’è il rischio che continui la dittatura INVALSI e con essa un’idea efficientistica di merito. La complessità dell’apprendimento non si lascia circoscrivere a qualche items e i risultati non possono condurre a  certezze interpretative. Mi sembra piuttosto semplicistico intendere la valutazione del merito  come  confronto tra gli esiti attesi e le risposte.

Quel che è vivo è imprevedibile e improgrammabile. Il rapporto tra  intenzionalità e i risultati non è automatico e questo è un bene. Altrimenti ciò significherebbe che  il pensiero del ragazzo esprime solo ciò che avevamo preventivato,  che il pensiero è pianificabile, che esiste un rapporto di causa-effetto tra progetto ed esito.    I test  non riescono ad apprezzare capacità complesse come la qualità delle fonti culturali, il pensiero creativo, l’autonomia, l’originalità.

Suggerimento da un vecchio ispettore scolastico: prima di scriverla, pensi la sua prima importante circolare in latino.

Questa scuola non ha più pareti

ADI, UN CONVEGNO UNICO: UN INCONTRO FRA SCUOLE, STUDENTI ED ESPERTI DA TUTTO IL MONDO PER RIDISEGNARE LA SCUOLA NELL’ERA DELL’INTELLIGENZA ARTIFICIALE.

Il 21 e 22 ottobre ADi, Associazione Docenti e Dirigenti scolastici Italiani, terrà a Bologna , nel prestigioso salone di San Domenico, un convegno unico in Italia dall’evocativo titolo “Questa scuola non ha più pareti”

Sarà un incontro con le esperienze più belle e significative di tutto il mondo, un confronto a 360 gradi su come cambierà, e sta già cambiando, l’apprendimento per le generazioni nate nell’era dell’intelligenza artificiale.

Provenienti  da Inghilterra, Canada, Francia, Singapore, Danimarca, California, Ungheria, Israele, Spagna, Pakistan, saranno presenti relatori eccezionali che ci apriranno l’orizzonte verso un futuro dell’istruzione che   fatichiamo ancora ad immaginare, ma che sta avanzando a velocità esponenziale.

Come  si apprenderà in un’epoca in cui tantissime attività umane saranno svolte  dai robot?  Quali aspetti del nostro essere umani andranno sviluppati e preservati? E come superare, in queste nuove condizioni, il divario fra maschi e femmine ancora  presente quasi ovunque nel mondo?

 Ce lo diranno anche quattro ragazzine eccezionali  dagli undici ai sedici anni- una pakistana, una canadese e due inglesi- che si battono per lo sviluppo dell’istruzione scientifica fra le ragazze nel loro Paese e oltre il loro Paese. Un impegno non solo per cambiare la scuola ma per uno sviluppo sostenibile del mondo. Questa straordinaria presenza è forse la cosa più bella di questo seminario, a testimoniare che non c’è solo Greta Tunberg, ma ragazze, anche giovanissime, che  in ogni parte del mondo conducono battaglie incredibili. Sono loro, oggi, la sola speranza che qualcosa potrà cambiare in questa ingessata istituzione, chiamata scuola, e che  i muri potranno essere abbattuti non solo nelle scuole ma fra i Paesi, perché i giovani, a differenza degli adulti, sanno di vivere in una sola Terra-patria, sanno che non c’è un pianeta B.

Qui il programma, presentazione, relatori http://adiscuola.it/events/questa-scuola-non-ha-piu-pareti/

 Alessandra Cenerini
Presidente nazionale ADi, Associazione Docenti e Dirigenti scolastici Italiani
www.adiscuola.it

Ci vuole una città per fare una scuola

È online il programma del Social Festival Comunità Educative «Ci vuole una città per fare una scuola».

Oltre 120 relatrici e relatori, 2 plenarie, 11 workshop, 5 laboratori, 2 focus, 4 dialoghi, 1 tavola rotonda, 2 cene conviviali.

Tre giorni di dibattiti, workshop, laboratori, serate per riconoscere la scuola come il grande bene comune di una città e per condividere la scommessa che istruzione ed educazione non riguardano solo le istituzioni scolastiche, ma chiunque abbia a cuore il destino della convivenza.

♦ Il Social Festival Comunità Educative è promosso da Città di TorinoCittà Metropolitana di TorinoFondazione Compagnia di San PaoloRivistaAnimazione Sociale.

Tutti gli incontri saranno gratuiti.