Pensioni, “Opzione donna”

Pensioni, “Opzione donna” solo per lavoratrici licenziate, caregiver o con invalidità
Redattore Sociale del 28/11/2022

La novità è contenuta nella bozza della legge di Bilancio: anticipo pensionistico con 35 anni contributivi e 60 anagrafici, ma solo in presenza di uno dei tre requisiti. Anticipo di un anno per ciascun figlio

ROMA. In pensione prima, ma solo se invalide, caregiver o licenziate: è quanto prevede la bozza della legge di Bilancio, in merito alla stretta sulla cosiddetta Opzione donna. In pensione con 35 anni di contributi e 60 anagrafici (non più 59) potranno andare solo le lavoratrici in possesso di uno dei requisiti: si calcola che l’anticipo pensionistico interesserà così appena 3 mila lavoratrici in un anno. Pare che sia prevista anche una riduzione di un anno per ciascun figlio, fino a un massimo di due.

In attesa del testo definitivo in arrivo alla Camera, la relazione illustrativa fa riferimento innanzitutto alle lavoratrici caregiver, che “assistono, al momento della richiesta e da almeno sei mesi, il coniuge o un parente di primo grado convivente con handicap in situazione di gravità ai sensi dell’articolo 3, comma 3, della legge n. 104/1992, ovvero un parente o un affine di secondo grado convivente qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto i settanta anni di età oppure siano anch’essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti”.

Allo stesso anticipo pensionistico potranno accedere le lavoratrici che “hanno una riduzione della capacità lavorativa, accertata dalle competenti commissioni per il riconoscimento dell’invalidità civile, superiore o uguale al 74 per cento” e le “lavoratrici licenziate o dipendenti da imprese per le quali è attivo un tavolo di confronto per la gestione della crisi aziendale presso la struttura per la crisi d’impresa”.

Si calcola che l’applicazione di questi requisiti ridurrà molto la platea delle donne che potranno accedere al pensionamento anticipato: in una tabella contenuta nella relazione, vengono riportati alcuni numeri. Tra il 2023 e il 2029, si stimano 3 mila uscite l’anno. Solo per il 2023, l’anno durante il quale usciranno le persone che hanno maturato i requisiti al 31 dicembre 2022, le lavoratrici coinvolte saranno 2.900.

di Chiara Ludovisi

Consiglio dei Ministri dell’Istruzione dell’Unione Europea

Il Ministro dell’Istruzione e del Merito, Prof. Giuseppe Valditara, ha partecipato il 28 novembre alla riunione del Consiglio dei Ministri dell’Istruzione dell’Unione Europea, confrontandosi con i propri omologhi in questo primo appuntamento brussellese.

Nel corso dell’incontro sono state adottate la raccomandazione del Consiglio sui percorsi per il successo scolastico, con l’obiettivo di ridurre l’abbandono precoce dell’istruzione e di migliorare le competenze di base e le Conclusioni del Consiglio sul sostegno al benessere nell’istruzione digitale.   

Durante il dibattito politico è stato inoltre trattato il tema dello Spazio europeo dell’istruzione nell’attuale contesto della guerra di aggressione della Russia contro l’Ucraina. Nel suo intervento, il Ministro Valditara ha valorizzato il modello italiano di accoglienza degli studenti ucraini integrati nel nostro sistema educativo. “Il governo italiano è fortemente impegnato a garantire la continuità educativa dei giovani sfollati ucraini. Si tratta, a nostro giudizio, di una indiscutibile priorità politica, culturale e umanitaria, per riaffermare i valori europei della democrazia, della pace e della libertà nell’ambito della risposta ferma e coordinata all’aggressione russa dell’Ucraina” – dichiara il Ministro –. “Finora, risultano arrivati in Italia circa 173.000 sfollati per riunirsi con gli ucraini già residenti nel nostro Paese e tra essi vi è un’altissima percentuale di minori, circa 50.000. La nostra politica di accoglienza si basa sulla lunga esperienza italiana nell’inserimento dei ragazzi stranieri con un sostegno personalizzato, linguistico e psicologico, nelle classi con i loro coetanei, per favorire le relazioni interpersonali e la piena integrazione nella comunità scolastica”.   

Il Ministro ha, inoltre, evidenziato il ruolo cruciale della collaborazione tra i Ministeri dell’Istruzione degli Stati membri dell’UE con la Commissione per dare risposte alle crisi attuali e future. In particolare, il Ministro ha sottolineato l’importanza della flessibilità dei fondi e dei programmi europei per poter rispondere efficacemente ai momenti di crisi e di continuare a lavorare per il riconoscimento delle qualifiche degli studenti ucraini, affinché non vi sia nessun ostacolo alla continuità dei loro percorsi educativi. All’intervento del Ministro Valditara sulla necessità di rafforzare la collaborazione nell’ambito della Spazio Europeo dell’Istruzione e di utilizzare pienamente tutti i suoi strumenti per affrontare le crisi future hanno fatto eco gli interventi della Germania, della Grecia, della Finlandia, della Slovenia, di Cipro, della Danimarca e dell’Austria.  

Inoltre, la necessità di collaborare con il Ministero ucraino per sostenere le iscrizioni dei bambini sfollati nei sistemi educativi degli Stati Membri accoglienti, assicurando la continuità degli apprendimenti, sottolineata dal Ministro Valditara, ha trovato una convergenza nell’intervento della Francia.  

A margine della riunione del Consiglio, il Ministro ha avuto un primo utile incontro con la Commissaria per l’innovazione, la ricerca, la cultura, l’educazione e la gioventù, Mariya Gabriel, nel quale ha sottolineato l’importanza di sostenere un incremento degli investimenti di qualità nell’Istruzione e nell’Innovazione e di poter contare su una maggiore flessibilità degli strumenti finanziari europei per Istruzione e Ricerca. Inoltre, il Ministro ha messo in luce l’importanza di sviluppare le relazioni esterne attraverso partenariati con i Paesi Terzi, in particolare con l’Africa.

QUALE MERITO PER LA SCUOLA ITALIANA?

QUALE MERITO PER LA SCUOLA ITALIANA?

Il termine “merito” viene oggi incorporato nella stessa denominazione del Ministero guidato dall’On.le Giuseppe Valditara, ma non è dato di antivedere (poiché di “vedere” non se ne parla proprio) come conseguirlo. È indubbiamente presto per capire qualcosa della intenzioni del Ministro, ma invero a noi osservatori del sistema scolastico la pazienza non manca, avvezzi come siamo alle lunghe attese di promesse non mantenute come alle spiacevoli sorprese.

Siamo pertanto costretti ad accontentarci di indizi, ben disposti peraltro a smentire noi stessi se sarà il caso di farlo. Uno di questi indizi – il primo probabilmente, tralasciando l’anticomunismo a tempo scaduto dell’ormai famosa lettera agli studenti –  è costituito dalla partecipazione del Ministro a “Job&Orienta”, Salone internazionale dell’orientamento, della scuola, della formazione e del lavoro tenutosi, come ogni anno, a Verona.

Beninteso non c’è niente di male nel fatto che il Ministro faccia la sua prima comparsa pubblica a Job&Orienta”. Ma se è vero che nulla avviene per caso, non vorremmo che tale incipit scaturisse da una visione prevalentemente pragmatica e mercantile della scuola, quella visione che si è rapidamente imposta nelle aule scolastiche e negli Uffici dirigenziali facendo capolino – approssimativamente – tra la fine degli anni ’80 e lo scorcio del decennio successivo.

Noi epigoni testardi (ma non necessariamente misoneisti) continuiamo a pensare che la scuola abbia in primo luogo una funzione formativa ed educativa della persona e della personalità, in secondo luogo la scoperta delle proprie attitudini e conseguentemente la scelta della professione. Si tratta insomma di mantenere ferma la dimensione teorica del sapere senza affatto negare quella dell’auto-realizzazione nel mondo del lavoro, e sia pure in una prospettiva non meramente individualistica ma che contemperi le esigenze del singolo con quelle della nostra nazione, anzi   della nostra Patria, come direbbe l’on.le Valditara e noi con lui.

Molto più facile a dirsi che a farsi, certo. E infatti in questa sede ci limitiamo a segnalare in termini brevi ed icastici una sola tra le diverse possibili linee-guida da seguire. Altri contributi seguiranno, nella speranza che viale Trastevere voglia prenderne atto.

La scuola vive del rapporto docente-studente. Anzi, per meglio dire la scuola è questo rapporto. Pertanto una classe docente demotivata a causa della sua annosa, diffusa, desolante perdita di autorità (non parliamo di autorevolezza, che è dote del singolo e non rientra nella contrattazione sindacale) non può avere, parlando in generale, sufficiente ascendente nei confronti degli alunni e degli studenti. Ne consegue che ogni iniziativa mirante a rafforzare il prestigio degli insegnanti (istituzione di Ordine professionale, Albo, Codice deontologico, area contrattuale autonoma, retribuzione dignitosa) sarebbe benvenuta e sortirebbe nel tempo risultati significativi.

Oggi l’insegnante è un travet pressato tra il potere semiassoluto del Dirigente scolastico (nella scuola-azienda non esiste più il Preside primus inter pares) e  classi ingestibili che lo fanno bersaglio di irrisione, di offese e sempre più spesso anche di violenza. Evidentemente nessun merito si potrà raggiungere, nella scuola,  se il rapporto fra il docente e la sua classe non verrà riequilibrato. Gli strumenti che abbiamo elencato più sopra vanno in tale direzione. Se ne parlava, e molto, anni addietro, poi sopravvenne l’aziendalizzazione della scuola operata dal governo Renzi, quando i DS per assumere i supplenti chiedevano il video-autopromozionale, quasi che l’assunzione fosse un concorso per la velina più bella.

Alfonso Indelicato – responsabile Comunicazione dell’ Associazione Europea Scuola e Professionalità Insegnante

La “normale” emergenza nella scuola post covid

La “normale” emergenza nella scuola post covid 

di Mariacristina Grazioli

                                           In ricordo di Barbara Bussoli 

L’innovazione distingue un leader da un seguace. Steve Jobs

Può apparire strano o addirittura irriverente iniziare un ragionamento sulla scuola dell’oggi con un dato eversivo tratto dall’Osservatorio suicidi, ma tanto vale chiarire bene il termine “emergenza”, osservando la “derivazione dell’emergere” (p.p. emersa, ciò che affiora, che esce dall’acqua). E la derivazione è questa: in Italia ogni 16 ore una persona si toglie la vita. Tra gli adolescenti si osserva un aumento del 75% di questi comportamenti; in pandemia (due anni) è registrato un aumento del 60% di condotte autolesioniste.  L’età media è 15 anni. Nel 2018-2019 gli interventi in Pronto Soccorso per tentativi sono 469. Nel 2020-2021 gli interventi in PS per tentativi salgono a 752[1].

Pare indiscutibile dovere parlare di emergenza. Ma prendiamo a prestito la parte botanica del termine “derivato” e consideriamo l’emergenza, come la “spina nella rosa”..

Sappiamo che l’adolescenza è l’età ingrata, ma rappresenta anche l’età trasformativa e straordinariamente produttiva: si è in uno stato adolescenziale quando c’è una spinta prepotente alla crescita e, per ciò stesso, al “nutrimento”. Tra i 12 e 18 anni, sono spesso spine: emergenze di vita vissuta nel preciso scopo di camminare lungo il personalissimo percorso di evoluzione verso il sé. Le ragazze e i ragazzi, come le rose più belle, non possono dissociarsi dalla proprie derivazioni, tanto che, in quanto adolescenti, abitano le emergenze del quotidiano come collocazioni abituali e rivivono questo continuo “uscire dell’acqua” (le sfide) come un comportamento essenziale per la crescita e la maturazione della consapevolezza. Nel periodo pandemico l’adolescenza, ma soprattutto l’infanzia adolescentizzata, si è scontrata con un’altra emergenza, quella dell’isolamento e della deprivazione. Le scuole sono state chiuse; i rapporti sociali si sono rarefatti nel chiuso degli accessi ad internet. La DAD e la DDI sono diventate necessità sostanziali, ossia una necessaria normalizzazione dell’emergenza sanitaria.

Fortunatamente oggi le scuole sono aperte. La scuola in presenza conta numeri considerevoli: 8.157 istituzioni scolastiche statali e 51.188 plessi scolastici – 7.399.241 studenti e 374.740 classi.  Più di 1,2 milioni di operatori della scuole tra Dirigenti scolastici, personale ATA e Docenti, impegnati quotidianamente nell’erogazione dei servizi scolastici, di cui 900 mila a tempo indeterminato e 300 mila a tempo determinato. Si aggiungono a questo esercito pacifico le Scuole paritarie. “La scuola italiana, grazie al sistema di regole di cui si è dotata e al grandissimo senso di responsabilità di tutte le componenti della comunità educativa (gli studenti e le loro famiglie, i dirigenti scolastici, il personale docente e ATA, il personale del Ministero nel suo complesso), cui va la nostra gratitudine, ha dimostrato ancora una volta di essere capace di affrontare i problemi e le sfide che derivano da questo difficile momento di pandemia. La scuola merita la fiducia del Paese”. E ancora: “La scuola come riferimento di stabilità sociale per il sistema Paese”. La scuola rappresenta un presidio sociale irrinunciabile per l’intero Paese. È il luogo educativo che consente lo sviluppo cognitivo, affettivo e psicomotorio delle nuove generazioni, il luogo centrale al quale consegniamo il futuro della nostra società. Grazie al regolare funzionamento del sistema scolastico in presenza, quindi, non solo si contribuisce allo sviluppo futuro del paese ma si garantisce anche il corretto funzionamento dell’attuale sistema economico e sociale”.[2]

 E’ evidente che la notizia dell’“apertura delle scuole” rappresenta la straordinaria normalità o la normalizzazione della straordinarietà. L’ incrocio di queste due evidenze – quella dell’avanzare del disagio tra la giovani generazioni e la Scuola finalmente aperta – ci assegna un compito importante, ossia descrivere un focus ragionato sulle caratteristiche degli istituti scolastici e sulla scuola in generale, in questa fase post pandemica. Nell’ambito dei paradossi e degli ossimori dove l’emergenza è la nuova normalità, indagare su un istituto scolastico non significa parlare di scuola.  Prendiamo per esempio le notizie o gli articoli che si basano su eventi o dati di istituti scolastici. Dove emerge il senso della scuola? Va ricordato che quel senso c’è eccome, ed è radicato nella stessa Costituzione (di cui ci ricordiamo purtroppo solo per i momenti celebrativi o quando è sotto attacco). Abbiamo visto tutti la banalizzazione dell’investimento delle sedie con le rotelle, la “scandalizzazione” degli arredi vecchi (tradizionali) gettati nei cassonetti, ed ora l’oblio della vicenda; quindi abbiamo assistito a pensieri non critici, ma opinioni sulle opinioni. In effetti lo stratificarsi delle opinioni, soprattutto del “dato emotivo” lanciato alla grande piazza magmatica del web, può perfino ritornate come un boomerang ed apparire una notizia concreta. Negli ultimi due anni tutti hanno parlato di scuola. Chiunque ha contribuito al dibattito sociale con almeno una opinione. Una domanda tra tutte: per scrivere di scuola, bisogna conoscere la scuola? E quali sono le concretezze su cui lavorare in un comune intento di tessitura delle nuova società post pandemica? 

E’ in atto un movimento culturale profondo che sta investendo i vari istituti scolastici e ha preso il via proprio dalle nuove necessità e istanze, collegate alla riflessione sulle evidenti urgenze. In tal senso vale la pena circoscrivere alcune aree su cui gli Istituti, oggi in fase post pandemica, sono chiamati ad impegnarsi. E ciò al fine di sostenere le opinioni, non certo per indirizzarle, e magari, contribuire alla costruzione di un pensiero critico proto-scientifico che conosca gli elementi essenziali dei ragionamenti sull’educazione degli addetti ai lavori, a garanzia del comune traguardo a favore delle giovani generazioni.

a. Il tema dei ritiro sociale e i segnali nel contesto scolastico.

 L’esperienza dei servizi e la letteratura ci portano a dire che nella comunità scolastica è possibile intercettare i prodromi del futuro ritiro sociale, osservando nel gruppo classe i ragazzi: – troppo silenziosi, poco partecipativi nelle attività di gruppo, tendenzialmente evitanti i momenti di socializzazione e posizionati ai margini dei fenomeni di aggregazione spontanea (intervallo, momenti di entrata/uscita a/da scuola, attività sportive, gite…), evidentemente a disagio nell’esporsi in situazioni di contesto allargato come le interrogazioni orali e le attività di scienze motorie, – con frequenti assenze scolastiche, anche discontinue, apparentemente “strategiche” nei giorni di interrogazione o di attività fisica; assenze che si fanno notare per la motivazione vaga o perché giustificate da problemi di salute apparentemente non così gravi da essere un reale impedimento alla frequenza, – che intrattengono rapporti solo con uno o due compagni di classe, a volte semplicemente per tenersi in pari con le lezioni, con contatti tendenzialmente poco frequenti o che si diradano nel tempo, – i ragazzi assenti anche nelle occasioni in cui la classe si dà appuntamento al di fuori della scuola[3]. La scuola ha un compito di prevenzione selettiva e prevenzione universale: nel primo caso attua azioni di sistema per osservare il fenomeno; nel secondo caso si prede cura dell’ambiate di vita di studenti e docenti con azioni proattive i sviluppo del benessere. Il focus delle azioni professionali deve essere oggetto riflessioni attente e personalizzate, finalizzando gli interventi alla competenze sociali. Quotidianamente le scuole operano lungo queste piste di lavoro e sono dotate di strumenti operativi mirati, quali sportelli di ascolto, formazione al benessere, progetti per la salute e la socializzazione, attività con educatori, valorizzazione di attività ludiche predilette e inserimento in specifici gruppi di pari, partecipazione a eventi sportivi/musicali specifici. In casi determinati e su progetti personalizzati con strumenti formali, le scuole sviluppano laboratori protetti, anche valorizzando esperienze specifiche di volontariato.

b. Il tema della dispersione

I dati Ocse sono impietosi. La “scuola che non lascia indietro nessuno” è una chimera; il sistema scuola è invece sommerso dal grave problema dell’abbandono scolastico. Le Istituzioni che operano nel Sistema di Istruzione ed Educazione rappresentano il luogo principale dell’apprendere: quando non si apprende sui banchi e nelle aule si apprende poco, almeno in Italia. In termini di Neet – tra il 20 e 24 anni nel 2021 – a livello nazionale abbiamo il più alto tasso di giovani che non studiano e non lavorano, insieme alla Turchia e Colombia (dati OCSE). L’analisi delle competenze dei quindicenni ci riporta un quadro preoccupante: in Italia abbiamo disaffezione per la scuola in termini di “assenze” dalle lezioni. Il livello di competenze è basso e gli studenti dicono di non essere felici. L’eroismo dei singoli docenti non compensa la situazione. Abbiamo però un contro valore in tendenza positiva: nelle primarie i risultati vanno meglio (competenza dei testi e competenze matematica) ed è superiore alla media di altri paesi (situazione registrata dal 2007 in poi). Cosa succede in questa situazione valoriale? Succede che le diseguaglianze aumentano e non crescono le competenze tutte nello stesso modo. Ci sono studi che hanno individuato fattori positivi di protezione, utili per compensare le diseguaglianze: tra questi possiamo citare il costruire un “clima” disciplinare buono, dare un senso di appartenenza, garantire azioni di supporto dei docenti e continui feedback dei propri insegnati, costruire reti sicure di intervento per il contrasto ad ogni forma di prevaricazione (bullismo).  La dispersione poi non si ferma sui confini scolastici dell’obbligo perché rappresenta un mancato approdo alle competenze chiave per la costruzione sociale del proprio percorso di vita: è un male trasversale e intergenerazionale. Quali sono le “Competenze Ocse” delle persone adulte? Per esempio, in Italia sono misurate le competenze medie dei laureati? Anche qui il quadro è straordinariamente negativo: siamo collocati nella parte bassa delle tabella OCSE, appena sotto Israele e prima del Cile. Negli adulti si registra poca partecipazione alla formazione continua per migliorare le proprie capacità/competenze. I docenti vogliono fare bene: sono decisi e dediti alla promozione delle competenze; ma questo ethos forte è sterilizzato dai continui task amministrativi richiesti nella nuova scuola pandemica e post pandemica, che producono un aumento dello stress percepito dal personale scolastico.[4] Il “learning loss” è un bene misurato nei dati Invalsi, ora resi noti anche agli interlocutori non istituzionali. Insomma di dati a cui rifarsi nelle riflessioni sui mancati traguardi formativi e l’abbondano ci sono e sappiamo che l’emergenza delle dispersione scolastica non è più una novità; la dispersione è entrata nella fase “endemica” del Sistema Scuola.

c. Il tema delle nuove risorse

Le scuole ora guardano ai fondi PNRR con attenzione, ben sapendo che con le sole risorse economiche e senza il “cuore pedagogico” nulla sarà possibile. L’eredità di Barbiana è oggi attualissima. Il pensiero di Don Milani è l’architrave nella costruzione architettonica della pedagogia del nuovo scenario post pandemico5. La scuola in concerto è un ente pulsante e riflessivo: si pone un problema e lo sa affrontare pragmaticamente, grazie all’aiuto di donne e uomini “visionari del quotidiano” che nell’educazione hanno speso le loro vite. Donne e uomini IN- SEGNATI, essenziali allo sviluppo critico delle azioni quotidiane. Tra queste “visioni del quotidiano” voglio ricordare, primo tra tutti, un lavoro di ampio merito a cui chi scrive ha avuto la fortuna di partecipare e da cui trarre ancora una volta spunto. Si tratta di uno dei tanti e semplici appunti di lavoro, una chek list per comprendere sempre –  ogni giorno e ogni stante di qual giorno –  il “da farsi”.  Ndr. Progetto ON LIFE 6.  Tappe progettuali (dal pensiero iniziale, all’attuazione, alla riprogettazione, svilippo circolare delle osservazioni sulla validità del progetto) – Creazione di un Diario di bordo con focus dettagliati su cui lavorare nei setting educativi specifici -“Svegliamo” il gruppo Antidispersione: il ruolo del dirigente e il ruolo dei docenti e dei consigli di classe (chi a favore, chi contro, chi non si è sentito solo) – Il ruolo dell’esperto? Docente Mentore,  psicologo scolastico, educatori con funzioni di Tutor della persona apprendente- Il ruolo dei collaboratori: educatori “sul pezzo”  -Il ruolo delle famiglie e dei minori: da mettere al centro sempre – Effetto cascata (tra i pari): il principio della mutualità – Il “bisogno adulto” e il  progetto ripensato in itinere con famiglie che possono richiedere finalmente  un aiuto- lavoro su “ascolto” e raccolta dei bisogni: siamo pronti agli help ( no limiti di spazio, no limiti di orario: esserci sempre)- Motto: sei dentro On life, che fortuna!

Dunque è una questione di Ruolo, più che di investimenti economici, e il Ruolo educativo è la vocazione specifica nella civitas scolastica italiana. Qui si gioca il significato forte dell’efficacia degli ambienti di apprendimento nelle strutture autorganizzata delle scuola dell’Autonomia. Non si tratta di step rigidi o di fasi asettiche, si tratta dell’azione educativa “incessante”. Si tratta dell’esserci sempre e comunque, dell’ascolto prudente e costante dell’adulto di riferimento, sia esso docente che educatore.  Nessun ragazzo è perso se c’è un insegnante che crede in lui. E nessun insegnante è perso se c’è una rete di protezione organizzativa e un supporto incessante, atto a sostenere le azionirelazionali quotidiane e le sfide del fare, dell’essere, del sapere, cioè del vivere. Nell’epoca pandemica l’ON LIFE rappresentò l’incessante ascolto, nell’epoca post pandemica l’ON LIFE è – e rimarrà – la pista di lavoro più coerente nel segno delle azioni PNRR. 

d. Il tema del digitale come essenza del Reale. 

Si è aperto da qualche tempo un dibattito sulla Tecnologie che sostengono il mondo del Metaverso, area su cui le scuole già si stanno muovendo, talvolta inconsapevolmente. Prediamo il tema del Social aspects of gaming. E’ un aspetto socio culturale calato nel mondo dei videogiochi che va affrontato e conosciuto nell’ambito dell’educazione formale; l’alternativa è avere un approccio educativo limitato allo spazio fisico e perdere di vista lo spazio virtuale, oggi assai frequentato dalla giovani generazioni. È facile individuare esempi culturali (vedi i musei) intrisi e contaminati dalla cultura sul Metaverso come Realtà virtuale proiettata anche nelle rete e condivisa da numeri imponenti di fruitori. La Commissione europea già nel 2020 – e quindi in piena pandemia – ha tracciato le linee di un approccio sistemico dell’educazione digitale di lungo periodo, attraverso l’implementazione delle competenze digitali dei precedenti due anni. Nel DIGITAL EDUCATION ACTION PLAN si traccia l’importanza del Life Long Learning. Il piano guarda da un lato all’utilizzo delle competenze digitali nel processo di apprendimento come pure allo sviluppo delle stesse. L’impatto del digitale sulla società va ovviamente oltre il livello scolastico. La prima azione della Commissione è collegata all’analisi del dialogo fondativo di tutti gli attori tenuti al governo delle trasformazione digitale. I risultati saranno oggetto di due Raccomandazioni del

Consiglio d’Europa, la prima riguarderà l’utilizzo di tecnologie avanzate in ambito didattico con creazione di ecosistema a livello digitale; la seconda riguarderà l’offerta formativa in ambito digitale. L’invito europeo è quello di lavorare in contemporanea sulle due azioni.  Le prospettive per la scuola italiana sono molteplici: nel settore formale dovranno essere enucleati gli elementi per l’educazione digitale di qualità e inclusiva. Per sviluppare questa azione occorrerà coinvolgere tutti gli stakeholder, garantire la connettività efficace, offrire device per tutti, sviluppare con cura i contenti digitali, formare docenti competenti e “confidenti” nell’ambito delle competenze digitali, garantire monitoraggi contanti delle politiche di educazione digitale. Le Raccomandazioni si innestano su un sistema giuridico stratificato con livelli di responsabilità collegate al sistema di sussidiarietà, perciò occorre una governo di controllo e gestione.[7] La tecnologia non è più un PLUS, ma un requisito fondamentale. Nell’ambito di questo scenario ritroviamo una sorta di neo positivismo digitale che deve essere riletto criticamente sulla base dei limiti normativi imposti dalle normative privacy per esempio, e ben correlato ai limiti creati dai divari di ricchezza, che non consentono l’accesso alla piattaforma tecnologica per tutti. 

e. Il complesso rapporto tra Società e Scuola post pandemica

E’ spesso diffuso, tra gli operatori scolastici, un modello di riflessione autoreferenziale; tuttavia la scuola, di fatto, rivela la crisi della società, e pertanto l’approfondimento sulle nuove emergenze educative deve per forza affiancarsi alle analisi socio-economiche. Secondo i dati CENSIS siamo entrati in un ciclo di rendimento decrescente degli investimenti sociali. La scuola rappresenta potenzialmente un alto fattore di investimento sociale: in passato la scuola forniva un grande rendimento ed era intesa come il cardine per migliorare il proprio tenore di vita. Oggi sappiamo che il rendimento è molto basso, infatti la maggioranza delle persone andranno incontro a opportunità di reddito da lavoro molto limitate. Quali sono le reazioni delle persone a ciò?  Chi oggi ritiene inutile l’investimento nella scuola procede per abbandono.  All’opposto vi è chi continua a stratificare corsi e master di studio fiducioso nel rendimento massivo e per competere per titoli nel mondo del lavoro. Sia il disinvestimento che accanimento per stratificazione stanno producendo un nuovo proletariato cognitivo. Questo aspetto va al di là del mondo “auto consistente” della Scuola.  L’Istituzione scolastica deve tornare ed essere un investimento sociale perché garantisce competenze, prima che titoli: deve dare soddisfazione alla legittime aspettative individuali, oltre che collettive.[8] Vero è che la scuola sta operando fattivamente attraverso micro progetti e macro attività alle nuove competenze finalizzate alla diffusione della cultura della democrazia e del dialogo interculturale. Si tratta di un processo capillare e attuativo, visibile nei vari PTOF scolastici dove è possibile discernere le tracce delle migliori energie finalizzate all’idea di cittadinanza globale, sottesa ai target 4.7 degli obiettivi ONU 2030.

Conclusivamente, l’auspicio è ritrovare fiducia. Ma la fiducia è merce rara sorretta da delicati equilibri, spesso compromessi da sintesi comunicative grossolane e talvolta denigranti. La scuola con i suoi tanti lavoratori non è mai retrocessa e ha sempre accolto ogni tipo di sfida, a seconda delle stagioni sociali e delle epoche economiche. Ecco perché oggi la Scuola si conosce, si ri-conosce e sa ragionare sui suoi limiti e nelle “normale emergenza” Ed infine, non è forse “normale” e, per certi versi, “necessaria” la spina nella rosa?


[1] Da Marco Braghero. La svolta dialogica, ridurre sofferenze inutili per fare crescere speranze ragionevoli e migliorare i processi di apprendimento-insegnamento. Convegno  nazionale PNRR riduzione divari territoriali azione 4, 11 ottobre 2022. Dati tratti https://www.fondazionebrf.org/suicidiosservatoriofondazionebrfdatireport/

[2] Relazione del Miur sull’andamento pandemico a scuola. 

[3] Prevenzione, rilevazione precoce ed attivazione di interventi di primo e secondo livello sociale.regione.emiliaromagna.it. – giugno 2022

[4] In ben 7 regione italiane il 50% degli/delle adolescenti alla fine della scuola superiore non raggiunge le competenze adeguate di italiano (Abruzzo 50,2%, Basilicata 51,4%, Sardegna 52,8%, Sicilia 57,2%, Puglia 59,3%, Calabria 63,5%, Campania 64,2%) Rispetto al periodo pre pandemico il calo di apprendimento è di 9 punti percentuali. Un calo che è più evidente per i minori con background migratorio, residenti nel sud Italia, o con situazioni difficili dal punto di vista economico e sociale da https://www.savethechildren.it/blog-notizie/Italia-facciamo-il-punto-sulla-dispersionescolastica-e-sue-conseguenze

[5] https://www.edscuola.eu/wordpress/?p=37755

[6] Barbara Bussoli. Educatrice e visionaria dell’Innovazione nell’Emergenza, depositaria di una pluriennnale esperienza maturata nei comportamenti patologici degli adolescenti a rischio. Come Coordinatrice di LIFE è stata autrice del progetto antidispersione ON LIFE. Ha lavorato nel campo delle esperienze formative da sapiente giurista prestata all’educazione: per oltre 25 anni ha sfidato le frontiere più ardue della scuola e ha lascito testimonianze forti di Sapere, Azioni Educative e Relazioni Rigenerative. Nel suo progetto ON LIFE sono state attuate azioni sinergiche di contrasto al ritiro sociale, all’abbandono formale e sostanziale, alla gestione consapevole delle competenze digitali e alla forme di cittadinanza sociale. Tutte queste esperienze sono replicabili e applicabili a contesti disgregati, come anche solo a singoli soggetti con difficoltà transitorie. La sua forte eredità oggi è portata avanti a Castellarano (Reggio Emilia) dai tanti “suoi” ragazzi e ragazze, oggi superbi educatori di Frog

[7] Commissione Europea: pubblicazioni digital literacy e l’uso dell’intelligenza artificiale in comunicazione
https://www.agensir.it/quotidiano/2022/10/25/commissione-ue-linee-guida-etiche-sulluso-dellintelligenza-artificialenelle-scuole/

[8] CENSIS https://www.censis.it/rapporto-annuale

Maltempo, differenza fra scuole chiuse e sospensione delle attività didattiche. Non si attiva la DaD

da OrizzonteScuola

Di redazione

Il maltempo sta flagellando principalmente il centro-sud negli ultimi giorni tanto da aver causato la tragedia di Ischia. Nel resto del meridione la situazione è critica, specialmente nel versante ionico della Sicilia e la Calabria, tanto da costringere già alcuni sindaci delle province siciliane di optare per la chiusura delle scuole.

E nei prossimi giorni il centro-Sud potrebbe continuare ad essere assediato da piogge e raffiche di vento, in base alle previsioni meteo per la prossima settimana.

Come capita spesso in questi casi, prima di leggere le ordinanze ufficiali, ci si interroga se si disporrà della sospensione delle attività didattiche oppure per la chiusura delle scuole. Questo particolare può fare la differenza per quanto riguarda non solo gli studenti ma soprattutto il personale scolastico. Ricordiamo la normativa a tal proposito.

Differenze tra sospensione delle attività didattiche e chiusura di una scuola

Come già segnalato più volte, i poteri di sospensione delle attività o di chiusura delle scuole e, conseguentemente, di sospensione del servizio pubblico scolastico, sono unicamente dei prefetti che sono i rappresentanti territoriali del governo e dei sindaci, i quali possono emettere provvedimenti in caso di emergenze sanitarie o di igiene pubblica e di pericolo per l’ordine, la sicurezza o l’incolumità pubblica.

Innanzitutto facciamo una differenza tra

  •  “sospensione delle attività”
  •  “totale chiusura della scuola”

La sospensione delle attività: tale provvedimento è causato da eventi di straordinarietà ed è paragonabile alla sospensione delle attività che avviene nel periodo delle vacanze di Natale o Pasqua, per cui la scuola rimane aperta e vengono svolti tutti servizi tranne le lezioni. In questo caso solo il personale ATA deve recarsi a scuola (non lo devono fare allievi e docenti).

I docenti non devono recarsi a scuola perché è sospeso l’obbligo della lezione, a meno che in quei giorni non ci siano delle attività previste dal piano annuale (collegi docenti, consigli di classe ecc.). Ovviamente anche tali attività, se il Dirigente lo ritiene opportuno, potranno essere rimandate e recuperate in altri giorni, previo preavviso per tutti i docenti coinvolti.

Se il personale ATA è impossibilitato a raggiungere la sede dovrà “giustificare” l’assenza ricorrendo ai permessi previsti dal Contratto (permessi retribuiti o ferie).

La chiusura della scuola: può essere disposta per gravi eventi (nevicate, alluvioni ecc.) o anche per interventi di manutenzione straordinaria che precludono al personale e agli allievi l’accesso ai locali, in questo caso il provvedimento di chiusura interessa tutta la comunità scolastica.

Le assenze così determinate, comprese quelle del personale ATA, sono pienamente legittimate e non devono essere “giustificate” e nemmeno essere oggetto di decurtazione economica o di recupero.

Essendo il rapporto di lavoro del personale della scuola di natura civilistica e obbligazionaria tra le parti che lo sottoscrivono, il principio giuridico di riferimento è l’art. 1256 del Codice civile, che recita: “L’obbligazione si estingue quando, per una causa non imputabile al debitore (nel nostro caso dipendente della scuola), la prestazione diventa impossibile. Se l’impossibilità è solo temporanea, il debitore, finché essa perdura, non è responsabile del ritardo dell’adempimento”.

I giorni di chiusura per causa di forza maggiore devono quindi essere assimilati a servizio effettivamente e regolarmente prestato, in quanto il dipendente non può prestare la propria attività per cause esterne, predisposte da Sindaci o Prefetti, e tale chiusura a nostro avviso dev’essere “utile” a qualunque titolo: 180 giorni per l’anno di prova, proroga/conferma di una supplenza ecc.

In via generale i giorni di lezione perduti per cause di forza maggiore non vanno recuperati, e l’anno scolastico resta valido anche se non si sono rispettati i 200 giorni di lezione.

Si rileva però che nel corso degli anni non c’è stata una posizione univoca su questa questione da parte di UST e USR, e in alcuni casi tale questione è stata addirittura affrontata direttamente dai Prefetti.

L’USR dell’Emilia Romagna  con nota Prot. n. 1513/2012 aveva disposto che “l’anno scolastico resta valido anche se le cause di forza maggiore hanno comportato la discesa del totale al disotto dei 200 giorni”, e con nota Prot. n. 1554/2012 che “le assenze degli studenti imputabili alla grave situazione meteorologica in corso possano rientrare nelle deroghe previste dalle norme soprarichiamate e non pregiudicare la possibilità di procedere alla valutazione degli studenti interessati”.

Non si attiva la DAD

Da sottolineare, inoltre, che la didattica a distanza non è attivabile, da quest’anno scolastico, nemmeno per le situazioni legate all’emergenza sanitaria COVID.

Non può essere attivata né in caso di maltempo, né in caso di assenza di uno studente.

Taglio di circa 700 istituti in 2 anni: la norma sul dimensionamento scolastico in manovra pone diversi dubbi

da OrizzonteScuola

Di Fabrizio De Angelis

Lo scenario proposto dalla legge di bilancio approvata in Consiglio dei Ministri il 21 novembre non sembra essere roseo per diversi istituti specialmente al Sud, con un possibile taglio di 700 istituti in un biennio dovuto al dimensionamento scolastico.

Il testo approvato dal Governo presente nella Manovra 2022 riporta: “Le Regioni, sulla base dei parametri individuati dal decreto di cui al primo periodo provvedono autonomamente al dimensionamento della rete scolastica entro il 30 novembre di ogni anno, nei limiti del contingente annuale individuato dal medesimo decreto, ferma restando la necessità di salvaguardare le specificità derivanti dalle istituzioni presenti nei comuni montani, nelle piccole isole e nelle aree geografiche caratterizzate da specificità linguistiche. Con deliberazione motivata della Giunta regionale può essere determinato un differimento temporale, non superiore a 30 giorni. Gli Uffici scolastici regionali, sentite le Regioni, provvedono, alla ripartizione del contingente dei dirigenti scolastici assegnato”.

“Al fine di garantire una riduzione graduale del numero delle istituzioni scolastiche, per i primi tre anni scolastici si applica un correttivo pari rispettivamente al 7%, al 5% e al 3%, anche prevedendo forme di compensazione interregionale. Gli Uffici scolastici regionali, sentite le Regioni, provvedono, ciascuno per il proprio ambito di competenza territoriale, alla ripartizione del contingente dei dirigenti scolastici assegnato. 5-quinquies. Fino alla data di adozione del decreto di cui al comma 5-ter, ovvero di quello di cui al comma 5- quater, si applicano le disposizioni di cui ai commi 5 e 5-bis”.

Il problema, fa notare Il Fatto Quotidiano, sorge se entro quella data, il 31 dicembre, non si dovesse trovare un accordo con le Regioni: in tal caso il Governo entro il 31 agosto emanerebbe un decreto di natura non regolamentare (che si usa per le materie concorrenti tra Stato e Regioni) in cui decide i contingenti dei dirigenti sulla base di un coefficiente “non inferiore a 900 e non superiore a 1000” e in cui si terrà conto del numero “degli alunni iscritti nelle istituzioni scolastiche statali e dell’organico di diritto” e “integrato dal parametro della densità degli abitanti per chilometro quadrato”.

Il correttivo di cui abbiamo riportato in precedenza, “pari rispettivamente al 7%, al 5% e al 3%, anche prevedendo forme di compensazione interregionale” potrebbe portare alla situazione che Regioni in sofferenza, come Sardegna, Calabria o Basilicata ma anche Abruzzo, Molise e Campania (dove oltre tutto finora il dimensionamento ‘spontaneo’ è stato più lento) potrebbero dover chiudere molte scuole, a partire dalle sotto- dimensionate e gestite con le reggenze. Al contrario, altre Regioni come Lombardia, Puglia ma anche Emilia Romagna potrebbero risultare dover avere più istituti, ma sdoppiamenti con apertura di nuove scuole sono improbabili. 

Se la norma non dovesse mutare, in base alle prime stime si arriverebbe a chiudere tra le 600 e le 700 scuole in un paio di anni e soprattutto al sud. 

L’allarme era stato lanciato anche da Ilenia Malavasi, deputata del Partito Democratico e rappresentante della Commissione Affari Sociali della Camera, nel corso di una video intervista rilasciata ad Orizzonte Scuola pochi giorni fa: “Si è parlato anche di dimensionamento scolastico, la norma contenuta di Legge di Bilancio rischia di tagliare fuori quasi 1000 scuole. Vero è che sarà graduale nei primi tre anni. Saranno penalizzati i comuni montani, le piccole località. Questo tema sarà da attenzionare nei prossimi mesi”.

Aumenti stipendi, arriva la conferma degli arretrati a dicembre e ci sarà anche una tredicesima più ricca

da La Tecnica della Scuola

Di Lucio Ficara

Il rinnovo della parte economica del CCNL scuola 2019-2021 porterà nelle tasche degli insegnanti e del personale Ata, compresi ovviamente anche i DSGA, gli arretrari di 4 anni di vacanza contrattuale, gli aumenti dello stipendio e anche l’aumento della tredicesima. Il tutto accadrà verso la metà del prossimo mese di dicembre 2022.

Arretrati, ecco alcuni esempi specifici

Poco dopo la metà del mese di dicembre verrà fatta una emissione speciale di un cedolino contenente gli arretrati degli aumenti stipendiali non percepiti negli anni 2019, 2020, 2021 e 2022. Tali arretrati non faranno cumulo con quanto percepito nell’anno 2022 e saranno trattati fiscalmente con una tassazione separata. Quindi chi teme conguagli esosi, non avrà brutte sorprese.

Ci viene chiesto da numerosi docenti e anche da collaboratori scolastici e amministrativi, quanti arretrati arriveranno al netto delle ritenute fiscali. Per fare qualche esempio possiamo dire che un docente laureato della scuola secondaria di II grado, classe stipendiale 28, percepirà 1.903,40 euro netti di arretrati. Una insegnante della primaria, classe stipendiale 15, ne percepirà 1.242,56 euro netti, mentre un collaboratore scolastico in classe 35, percepirà 1.170,22 euro netti. L’Amministrativo codice stipendiale KA03, anzianità 0, percepirà 1.018,26 euro netti di arretrati. Il DSGA fascia 21, prenderà 1.531,39 euro netti. Il docente della scuola secondaria I grado, classe stipendiale 35, prenderà 1.661,33 euro netti.

Gli arretrati sono stati calcolati sottraendo quanto percepito, negli ultimi 4 anni, di vacanza contrattuale.

Tredicesima più ricca per gli aumenti

La prossima tredicesima, che arriverà sul portale NOIPA già dal prossimo 14 dicembre, sarà leggermente più ricca. Il calcolo della tredicesima 2022, dovrà tenere conto dell’aumento tabellare dello stipendio, che, per un docente laureato della scuola secondaria di II grado con una classe stipendiale 28, saarà di 118 euro lorde mensili. La tredicesima sarà inserita in un cedolino unico, insieme allo stipendio del mese di dicembre 2022.

Le scuole paritarie chiedono 180 milioni al Governo: per la Federazione Italiana Scuole Materne rischiano di chiudere

da La Tecnica della Scuola

Di Alessandro Giuliani

Il Covid ha messo in crisi gli istituti paritari, a partire dalle scuole dell’infanzia. E chi le conduce torna a chiedere aiuti al Governo. Stavolta a muoversi è stata la Federazione Italiana Scuole Materne, che attraverso il suo presidente Giampiero Redaelli, assieme ai presidenti della Cdo (Opere Educative Foe) Massimiliano Tonarini e della Fidae (Federazione Istituti di Attività educative) Virginia Kaladich, a fine novembre ha incontrato collaboratori della presidenza del Consiglio dei Ministri, ribadendo loro le richieste inoltrate nei giorni scorsi insieme al Tavolo di Agorà.

Il tema toccato è quello delle precisazioni su richieste già inoltrate alla premier Giorgia Meloni, al ministro dell’Economia e delle Finanze, Giancarlo Giorgetti e a quello dell’Istruzione Giuseppe Valditara.

La Fism ha chiesto al Governo un intervento urgente e strutturale, da inserire nella Legge di Stabilità 2023, con un capitolo di spesa specifico per le scuole dell’Infanzia paritarie, al fine di “evitare la chiusura di moltissime di esse già a partire dal prossimo anno scolastico”.

Secondo la Federazione Italiana Scuole Materne la scuola dell’Infanzia ha “una funzione pubblica e strategica rappresentata da circa 9.000 realtà educative presenti in oltre la metà dei comuni italiani, frequentate da circa 500mila bambini”.

Secondo la Fism le scuole rivolte ai bimbi da tre e sei anni costituiscono “un presidio diffuso di cittadinanza attiva e di interazione socio culturale” e per questo c’è bisogno della “stabilizzazione dell’incremento dei fondi per il sostegno a studenti disabili: 70 milioni precedentemente stanziati per triennio 2021-2023″.

Inoltre, la Federazione ha chiesto “l’incremento del fondo destinato alla scuola dell’infanzia paritaria di 200 milioni, con lo stabilizzazione dei 20 stanziati con legge di bilancio 2022 e aggiunta di 180 milioni”.

Risparmio energetico negli edifici scolastici/1: in vent’anni si è fatto poco e ora si paga il prezzo

da Tuttoscuola

La manovra finanziaria, appena varata dal Governo Meloni, ha affrontato anche la questione delle risorse energetiche, il problema forse più ‘caldo’ tra quelli che l’emergenza attuale sta affrontando, limitandosi, per il momento, a contenere i costi delle bollette, anziché mettere in atto misure sostanziose ed efficaci per ridurre i consumi energetici.

Il risparmio energetico, diventato drammaticamente cogente anche per le conseguenze della guerra in Ucraina, chiama in causa direttamente i comportamenti individuali, ma anche le responsabilità delle Amministrazioni pubbliche in diversi settori della vita sociale.

Tra questi ha indubbiamente un posto di riguardo l’edilizia abitativa le cui componenti strutturali possono (e debbono) concorrere a contenere il più possibili i consumi energetici.

In proposito, da molto tempo l’Europa ha impegnato gli Stati dell’Unione a mettere in atto in campo edile misure di rendimento energetico che ovviamente valgono anche per gli edifici scolastici, che ospitano milioni di persone per molte ore al giorno, e hanno quindi un’incidenza notevole sul consumo energetico complessivo. Cerchiamo di saperne di più.

Vent’anni fa il Parlamento europeo e il Consiglio dell’Unione Europea hanno adottato la Direttiva 2002/91/CE del 16 dicembre 2002 sul rendimento energetico nell’edilizia.

Quasi tre anni dopo, l’Italia definiva con il decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192 le disposizioni per l’Attuazione della direttiva 2002/91/CE relativa al rendimento energetico nell’edilizia.

Le finalità di quest’ultimo provvedimento sono definite dall’art. 1 nei seguenti termini:

“Il presente decreto stabilisce i criteri, le condizioni e le modalità per migliorare le prestazioni energetiche degli edifici al fine di favorire lo sviluppo, la valorizzazione e l’integrazione delle fonti rinnovabili e la diversificazione energetica, contribuire a conseguire gli obiettivi nazionali di limitazione delle emissioni di gas a effetto serra posti dal protocollo di Kyoto, promuovere la competitività dei comparti più avanzati attraverso lo sviluppo tecnologico”.

A vent’anni di distanza dalla emanazione della direttiva dell’Unione e da diciassette dalla pubblicazione in Italia del decreto n. 192 che dava attuazione a quella direttiva europea, come hanno provveduto le Amministrazioni Locali (Comuni e Province) a dare attuazione agli interventi previsti in particolare per gli edifici, di cui sono proprietari, che ospitano scuole statali?

Quali interventi, in quali scuole e in quali territori gli Enti Locali hanno operato per realizzare gli interventi finalizzati a promuovere il miglioramento del rendimento energetico degli edifici, come ha richiesto la direttiva europea?

Le risposte ce le dà il portale dati del Ministero dell’istruzione che riporta le situazioni aggiornate all’anno scolastico 2021-22 degli edifici scolastici, relativamente agli “Accorgimenti per la riduzione dei consumi di energia”. Sono risposte non molto confortanti che, in molti casi, riportano livelli di intervento ben lontani dagli obiettivi fissati dall’Europa vent’anni fa. Scopriamo i dati in questa notizia.

Legge di bilancio. Taglio di 850 istituzioni scolastiche: -10% di posti di DS e DSGA

da Tuttoscuola

Nel giro di un quadriennio un posto su dieci di Dirigente scolastico e di DSGA verrà tagliato. Lo prevede la bozza della legge di bilancio presentata dal Governo Meloni (probabilmente già impostata su questo punto dal precedente Governo Draghi).

Un provvedimento che, per esigenze di cassa verosimilmente imposte dal Ministero dell’Economia, sembra andare in direzione opposta a quanto mostrano tutte le evidenze sui fattori che incidono sulla qualità del servizio scolastico. Se oggi, per fare un esempio, un dirigente scolastico deve dividersi in media tra 5 scuole (reggenze escluse), tra qualche anno saranno di più. Si fanno piccoli risparmi su categorie che incidono per meno dell’1% sul totale della spesa per stipendi, ma guarda caso sono le figure singolarmente più determinanti nel contesto della scuola. Per Dirigentiscuola “la bozza relativa al DDL per la legge di bilancio 2023 lascia il mondo della scuola decisamente con l’amaro in bocca”.

Al di là dell’evidente miopia dal punto di vista strategico, c’è un vizio di fondo anche dal punto di vista tecnico nella decisione di ridurre il numero delle istituzioni scolastiche per effetto soprattutto del decremento della popolazione scolastica, come prevede l’art. 89 del testo ufficioso della legge di bilancio 2023.

La riorganizzazione del sistema scolastico, prevista nel PNRR è legata al decremento demografico, a decorrere dall’anno scolastico 2024/2025, comporterà infatti la riduzione del numero di istituzioni scolastiche e, conseguentemente, anche la contrazione degli organici dei dirigenti scolastici e dei direttori dei servizi generali e amministrativi.

A nostro parere, è un errore concettuale mettere in diretta relazione di dipendenza tra loro due indicatori del sistema d’istruzione, alunni e dirigenti scolastici, come se l’entità dei secondi dipendesse da quella dei primi.

I dirigenti scolastici non gestiscono solo alunni, ma prioritariamente personale, docente e ATA, i cui organici non hanno, tra l’altro, una stretta correlazione con la dimensione della popolazione scolastica. Un esempio banale, per capirci: una classe che passa da 25 a 20 alunni (decremento del 20%) mantiene lo stesso numero di docenti che può aumentare per la nuova presenza di un alunno con disabilità.

Da diversi anni, pur in presenza del calo di alunni, il numero dei docenti è andato aumentando soprattutto per l’incremento dei posti di sostegno e l’introduzione del potenziamento.

Per dare un’idea del crescente peso di gestione e responsabilità dei capi d’istituto, basta mettere a confronto le situazioni di dieci anni fa con quelle dell’anno scorso: nel 2012-13 le 9.139 istituzioni scolastiche gestivano 697.101 docenti con una media di 76 docenti per istituzione.

Dieci anni dopo le 8.160 istituzioni hanno gestito un carico di 862.681 docenti per una media di 106 per docenti per istituzione scolastica.

Il carico gestionale è aumentato in media del 40%.

Il carico di responsabilità (e difficoltà) gestionali per i dirigenti scolastici e per il Dsga è andato aumentando soprattutto a causa del dimensionamento che ha determinato il minor numero di istituzioni scolastiche.

Sarebbe stato logico attendersi che il dimensionamento previsto dal PNRR portasse ad un aumento di istituzioni scolastiche e al conseguente incremento di organico dei DS e dei DSGA, e, invece, la legge di bilancio ha deciso la loro riduzione, facendo cassa con i risparmi per la contrazione degli organici.

Dal 2024-25 la legge prevede la “riduzione graduale del numero delle istituzioni scolastiche; per i primi tre anni scolastici si applica un correttivo pari rispettivamente al 7%, al 5% e al 3%”.

Nel 2024-25 le 8.007 istituzioni scolastiche diventeranno, pertanto, 560 in meno, cioè 7.747; l’anno dopo saranno ridotte di altre 372 unità, diventando 7.375; nel 2026-27 saranno ridotte di altre 221 unità, scendendo a 7.154 (-9,5%). Assurdo.

E’ la prosecuzione di una politica messa in atto da oltre vent’anni dai governi di tutti i colori (come dimostra il dossier di Tuttoscuola “DIRIGENTI, CHE STRESS. Allarme presidi: troppi alunni e troppe incombenze”), incluso ora il Governo Meloni, salvo opportuni ripensamenti.

Si può definire in un solo modo questa politica: miope. Le conseguenze le abbiamo viste e – a quanto pare – le continueremo a vedere.

Nota 28 novembre 2022, AOODGOSV 32696

Ministero dell’istruzione e del merito
Dipartimento per il sistema educativo di istruzione e formazione
Direzione generale per gli ordinamenti scolastici, la valutazione e l’internazionalizzazione del sistema nazionale di istruzione
Ufficio IV

Ai Direttori Generali degli Uffici Scolastici Regionali
Ai Dirigenti degli Ambiti Territoriali per il loro tramite, ai Dirigenti Scolastici dei CPIA
Al CPIA di Ancona
Al CPIA2 Metropolitano di Bologna
Al CPIA1 di Cagliari
Al CPIA “Maestro Alberto Manzi” di Campobasso
Al CPIA di Caltanissetta – Enna
Al CPIA1 di Lecce
Al CPIA2 di Milano
Al CPIA di Napoli Città 2
Al CPIA di Pescara – Chieti
Al CPIA di Pordenone
Al CPIA di Potenza
Al CPIA3 del Lazio
Al CPIA di La Spezia
Al CPIA3 di Torino “Tullio de Mauro”
Al CPIA di Verona
Al CPIA di Catanzaro
e, p.c., Al Capo Dipartimento per il sistema educativo di istruzione e formazione
Al Capo Dipartimento per la programmazione e la gestione delle risorse umane, finanziarie e strumentali
Alla Direzione Generale delle risorse umane e finanziarie

Oggetto: Proroga rendicontazione nella piattaforma PimerMonitor delle risorse ex art. 3, comma 1 lett. b) DM 48/2021 – DD 83/2021 “Potenziamento dei Centri Regionali di Ricerca, Sperimentazione e Sviluppo per l’istruzione degli adulti”

Nota 28 novembre 2022, AOODGOSV 32690

Ministero dell’istruzione e del merito
Dipartimento per il sistema educativo di istruzione e formazione
Direzione generale ordinamenti scolastici, valutazione e internazionalizzazione del sistema nazionale di istruzione

Ai Direttori Generali e ai Dirigenti titolari degli Uffici Scolastici Regionali LORO SEDI
Al Sovrintendente agli Studi della Valle d’Aosta AOSTA
Al Dirigente del Dipartimento Istruzione per la Provincia Autonoma di TRENTO
All’Intendente Scolastico per le scuole delle località ladine di BOLZANO
All’Intendente Scolastico per la scuola in lingua tedesca di BOLZANO
Al Sovrintendente Scolastico della Provincia di BOLZANO
Ai Dirigenti Scolastici degli istituti di istruzione secondaria di II grado, statali e paritari LORO SEDI
e p.c. Al Capo Dipartimento per il sistema educativo di istruzione e formazione SEDE
Al Capo di Gabinetto SEDE
Al Capo Ufficio Stampa SEDE

OGGETTO: Campionati Italiani di Economia e Finanza. Quinta Edizione a. s. 2022-2023.

Elezioni Consigli di Circolo/Istituto

Le elezioni per il rinnovo dei consigli di circolo/istituto scaduti per decorso triennio o per qualunque altra causa, nonché le eventuali elezioni suppletive nei casi previsti, si svolgono secondo la procedura ordinaria di cui al titolo III dell’ordinanza ministeriale n. 215 del 15 luglio 1991, modificata ed integrata dalle successive OO.MM. nn. 267, 293 e 277, rispettivamente datate 4 agosto 1995, 24 giugno 1996 e 17 giugno 1998.

Come previsto dalla Nota 27 settembre 2022, AOODGOSV 24462, La data della votazione viene fissata dal Direttore Generale di ciascun Ufficio scolastico regionale, per il territorio di rispettiva competenza, in un giorno festivo dalle ore 8,00 alle ore 12,00 ed in quello successivo dalle ore 8,00 alle ore 13,30 non oltre il termine di domenica 27 novembre e lunedì 28 novembre 2022..