Crescere nel rispetto

Crescere nel rispetto

di Rita Manzara

Rispetto: una parola che dovrebbe entrare con priorità assoluta in ogni azione educativa posta in atto sin dalla scuola dell’infanzia, tanto è vero che esiste una vera e propria “pedagogia del rispetto”.

Il pensiero è quello di Janusz KORCZAK, uno dei più importanti umanisti del XX secolo, medico e direttore – per trent’anni –  di un orfanotrofio per bambini ebrei.

La teoria di KORCZAK implica la conoscenza del bambino come essere umano “completo” e come soggetto di diritti, primo fra i quali il rispetto.

Per rispettare il bambino va costruito un rapporto in cui l’adulto, anziché assumere un atteggiamento di superiorità e impostare una struttura educativa predefinita, cerca di conoscere il bambino stesso e gli concede spazi di autonomia, consentendogli di imparare gradualmente a vivere la quotidianità in modo consapevole e responsabile in rapporto all’età.

Come ci fa notare KORCZAK, l’avvio di un dialogo paritario tra bambino e adulto significa fondere “due momenti maturi di pari valore”.

In quest’ottica, un docente può esprimere la propria maturità professionale impegnandosi                              nell’ attivare una comunicazione empatica, cioè priva di pregiudizi e basata sull’ascolto attivo del minore che ha di fronte.

La crescita di quest’ultimo dipende, a sua volta, dal riconoscimento dell’educatore come co-costruttore (auspicabilmente esperto) del proprio futuro con la funzione di indicare le strategie più idonee per “lavorare su sé stessi”.

A mio avviso, un’applicazione adeguata di tale principio non ridimensiona il ruolo che l’adulto è chiamato a mantenere, come potrebbero, al contrario, pensare quanti ritengono che solo “comandando” e “facendosi obbedire” si eserciti un’efficace azione educativa.

In altre parole, l’obbedienza non è sinonimo di rispetto.

Anzi, spesso l’obbedienza (adottata in forma estrema ed esclusiva) crea barriere relazionali mentre il rispetto – in qualsiasi relazione – è bidirezionale: per ottenerlo, bisogna darlo. È difficile, tuttavia, rispettare una persona che ci obbliga a compiere una determinata azione: come ci insegnano gli psicoterapeuti, gli strumenti attraverso i quali si ottiene l’obbedienza sono soprattutto la paura, la punizione e l’imposizione.

L’obbedienza può diventare un comportamento adulto di cui si può accettare la necessità solo una volta che si sono sviluppate le basi fondamentali della personalità. Un cittadino maturo accetta la necessità di obbedire alle leggi anche se non condivide tutti i principi che le ispirano: in questo caso, si può realmente parlare di “rispetto”, non con riferimento ad un’altra persona ma ad una norma che regola la società.

Purtroppo, a volte, il docente è costretto ad assumere una posizione “dominante” per ottenere l’ascolto o addirittura per affermare il diritto al rispetto deve essere mantenuto nei confronti di chi educa.

Questa situazione si può creare qualora l’insegnante supplisca la mancanza di autorevolezza facendo ricorso alla forza conseguente al proprio ruolo, ottenendo reazioni che vanno dall’adeguamento passivo alla richiesta (che di per sé non è segnale del raggiungimento di un reale obiettivo educativo) ad una manifestazione esplicita di contrarietà, che può portare ad un comportamento aggressivo.

Qualcuno potrebbe obiettare che sono sempre più frequenti i casi in cui il corpo docente è costretto a fronteggiare situazioni di disconoscimento e svalutazione del proprio operato e della persona.

Tali spiacevoli circostanze si determinano soprattutto nei confronti di quanti, pur professionalmente competenti, hanno difficoltà nella gestione dei conflitti.

Questi ultimi sono spesso il frutto di disagi maturati dai giovani in ambito familiare o personale, oppure la conseguenza di atteggiamenti poco corretti da parte dei genitori dei ragazzi, con i quali la scuola dovrebbe condividere un patto di corresponsabilità educativa nell’ambito del quale il rispetto venga concepito come un valore, oltre che come un diritto.

Questo riferimento ai valori introduce una riflessione in merito alla cosiddetta “cultura del rispetto”: quella, cioè, che consente a persone diverse di trovare un punto di mediazione per interagire efficacemente.

Maria Cristina BOMBELLI, Presidente e Fondatrice della società di consulenza WISE GROWTH, ha teorizzato l’esistenza di una “cultura del rispetto” collegando tale istanza a quella di un’inclusione basata sulla ricerca di ciò che accomuna le persone anziché dividerle.

Anche nella scuola tale binomio dovrebbe produrre risultati efficaci, rendendo ottimale il percorso di tutti i discenti, a prescindere dalle loro difficoltà.

Per essere duratura nel tempo, infatti, l’inclusione va appresa imparando come prima cosa a “mettersi nei panni dell’altro”, atteggiamento possibile soltanto se c’è il rispetto e la volontà di conoscere chi ci sta di fronte.

Questa riflessione è in linea con il discorso dell’attuale Ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe VALDITARA che il 25 novembre, in occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, ha parlato di “educare i ragazzi alla cultura del rispetto”.

È inevitabile il riferimento alle azioni già precedentemente intraprese dal MIUR, che nel 2017 ha promosso il “Piano nazionale per l’educazione al rispetto” finalizzato a promuovere nelle Istituzioni Scolastiche di ogni ordine e grado un insieme di azioni educative e formative per l’acquisizione e lo sviluppo di competenze trasversali, sociali e civiche afferenti all’ educazione alla cittadinanza
attiva e globale.

Sin da allora si è evidenziata la necessità di contrastare, in campo educativo, violenze, discriminazioni e comportamenti aggressivi di ogni genere adottando un modo di sentire, di comportarsi e di relazionarsi ispirato all’attuazione concreta dell’art. 3 della Costituzione.

In questo contesto, il rispetto (fatto di ascolto, dialogo, condivisione) è una garanzia di miglioramento delle condizioni del benessere e della qualità di ogni esperienza di vita.

Concludendo, sembra inevitabile citare la nota frase di Bradley MILLAR: “Insegnare ad un bambino a non calpestare un bruco è tanto importante per il bruco quanto per il bambino”.

Buon anno a tutti!

Circolare Ministero Salute 1 gennaio 2023, DGPRE 1

Ministero della Salute
DIREZIONE GENERALE DELLA PREVENZIONE SANITARIA
DIREZIONE GENERALE DELLA PROGRAMMAZIONE SANITARIA

OGGETTO: Aggiornamento Circolare “Interventi in atto per la gestione della circolazione del SARS-CoV-2 nella stagione invernale 2022-2023”