L’impatto del Covid sui bambini con disturbo dello spettro autistico

L’impatto del Covid sui bambini con disturbo dello spettro autistico
Panorama della Sanità del 22/03/2023

 La Neuropsichiatria infantile dell’AOU di Sassari protagonista di un importante studio internazionale pubblicato su Molecolar autism, una prestigiosa rivista scientifica specializzata in autismo

SASSARI. Che impatto ha avuto il Covid sui bambini con disturbo dello spettro autistico? La pandemia ha determinato dei cambiamenti drastici nella routine quotidiana, nell’interazione sociale e nell’istruzione, nell’accesso ai servizi e alle terapie. Il Covid ha fatto emergere un peggioramento generale della salute mentale dell’infanzia e dell’adolescenza e le società scientifiche nazionali e internazionali avevano dato da tempo l’allarme. Nei giorni scorsi è stato pubblicato su Molecolar autism, la più importante rivista scientifica specializzata in autismo, uno studio internazionale che ha coinvolto oltre un migliaio di bambini di età compresa tra i 5 e i 21 anni e 14 centri internazionali che vanno dal Canada, al Giappone, agli Stati Uniti, all’Europa.

Uno studio molto dettagliato che spiega l’impatto del Covid sui bambini autistici e che ha coinvolto un grande gruppo di ricerca internazionale tra cui alcuni centri italiani come la Neuropsichiatria infantile dell’AOU di Sassari e, in particolare, Stefano Sotgiu direttore della clinica e la dottoressa Alessandra Carta. Un lavoro che ha visto la collaborazione dei massimi esperti di autismo a livello mondiale e al quale hanno partecipato anche ricercatori italiani come Alessandro Zuddas, scomparso recentemente e direttore della Neuropsichiatria infantile dell’ospedale Microcitemico di Cagliari e Adriana Di Martino che ha coordinato l’intero gruppo di ricerca e che dirige un importantissimo centro per l’autismo a New York.

«Noi siamo stati coinvolti durante una collaborazione internazionale relativa agli effetti del Covid sulla psicopatologia negli accessi al pronto soccorso. In seguito, abbiamo partecipato a uno studio mondiale sull’impatto della pandemia sui bambini con disturbo dello spettro autistico con o senza disabilità intellettiva», ha affermato Stefano Sotgiu. A livello locale, lo studio ha coinvolto 30 famiglie residenti nella provincia di Sassari seguite dalla Clinica neuropsichiatrica e ha preso in considerazione bambini e ragazzi tra i 5 e i 15 anni di età. In tutti questi casi, si è potuto osservare un peggioramento della loro condizione, anche di tipo comportamentale. «Abbiamo fatto un’indagine attraverso l’utilizzo di una piattaforma informatizzata e, attraverso le interviste con i genitori, somministrate tra luglio e ottobre del 2020 – ha spiegato Alessandra Carta, neuropsichiatra dell’AOU – si è potuto analizzare l’effetto delle restrizioni durante la pandemia sulla severità, l’eventuale peggioramento o stazionarietà dei sintomi dell’autismo nei ragazzi».

«Ci siamo resi conto subito del peggioramento appena è scoppiato il lockdown. I dati precedenti indicavano che l’impatto della pandemia era maggiore nei bambini con una severità clinica maggiore, il nostro studio invece – ha affermato Sotgiu –  ha messo in luce altre esigenze e altre cause correlate al peggioramento dei sintomi nei bambini con disturbo dello spettro autistico».

«L’idea del progetto è stata quella di valutare quali fossero i bisogni rinnovati dei soggetti affetti da un disturbo dello spettro autistico con associata o meno disabilità cognitiva – ha spiegato Alessandra Carta – Quello che si è potuto osservare è che l’impatto non è legato alla severità del disturbo, ma alla discontinuità nell’assistenza ospedaliera o territoriale che questi bambini hanno dovuto subire in conseguenza delle restrizioni».

La pandemia ha colpito i bambini più fragili. In pratica, spiegano i due ricercatori, il risultato dello studio è importante perché dimostra che il peggioramento dei pazienti autistici è legato allo stato di salute dei servizi e non allo stato di salute precovid del bambino. I bambini che hanno dovuto interrompere per più tempo i percorsi terapeutici e riabilitativi a causa delle norme restrittive imposte nelle varie regioni sono quelli che hanno mostrato una perdita delle autonomie raggiunte e delle competenze precedentemente acquisite. In questi casi c’è stato un peggioramento dei sintomi tipici dello spettro autistico, come la tendenza all’isolamento o l’acuirsi dei comportamenti ripetitivi e interessi stereotipati.

E infine la straordinaria importanza della telemedicina.
«Grazie alla telemedicina ci siamo potuti collegare con le case dei bambini e abbiamo programmato delle visite quotidiane a tutti i pazienti che presentavano delle criticità maggiori. In questa maniera siamo riusciti a ridurre le urgenze sicuramente per quanto riguarda la gestione dei pazienti più problematici. Laddove questo non è avvenuto, c’è stato un peggioramento», hanno concluso i due ricercatori dell’AOU di Sassari.

Labirintite artificiale

Labirintite artificiale

di Vincenzo Andraous

Stavo ripensando ai giovanissimi che camminano in ginocchio, loro pensano di andare veloci, le suole delle scarpe non toccano neppure terra, eppure sono fermi, piantati.

Non ci sono radici profonde ben piantate alla terra, è sufficiente un anelito di vento per ribaltare l’albero.

Ragazzi che decidono di non fidarsi di nessuno perché tanto tutti ti fregano, assai meglio fare da sé che certamente facciamo per tre.

Non osservando alcuna regola a tutela, a garanzia, a vera e propria salvavita, tutt’altro, infischiandosene di ciò che invece c’è dietro l’angolo, quello che non scorgi, non vedi, non intendi vedere.

Proprio lì sta ben paludato l’ostacolo, quello che non t’aspetti, assai più duro di te, inevitabile la caduta, il botto a perdere.

Questo è un tempo in cui la dispersione scolastica non è un’eresia, un’esagerazione, sono davvero tanti i giovanissimi che hanno deciso di abbandonare per sempre i banchi di scuola, cui stanno legati gli amori, i sogni e le speranze.

Forse sarà possibile consegnare il giusto valore alle parole, quelle che non intendono farsi condizionare dalle altre più altisonanti, scagliate per creare una labirintite artificiale, quelle parole che non chiariscono mai le responsabilità individuali, che non stanno sulle labbra dell’intrattenitore di turno, o sulla battuta pronta di chi vuol rimanere dietro le quinte del dolore, escludendo la possibilità di una via di emergenza che non di rado salva la vita.

Qualcuno intende cavarsela additando la scuola un ammasso informe di linee didattiche, spesso contrapposte alle relazioni importanti che fanno crescere.

La famiglia un ibrido travestito di buone intenzioni. I giovani una tribù di selvaggi tutti uguali, omologati, disordinati.

Sono queste le etichette e i luoghi comuni con cui si liquidano maldestramente le tragedie di una società caduta in disuso, per l’incapacità di comprendere quanto incivile sia disperdere la propria coscienza critica, anche nel caso questa sottoscriva un malcostume diventato trend nazionale.

Quanto diseducativo può diventare il tentativo di lenire un dolore lacerante con la divulgazione di verità contraffatte.

Chi la scuola l’ha abbandonata a un’età obbligante, sa bene che il rimpianto non è una condizione attenuante.

Chi nella famiglia non ha trovato amore che protegge ma una via di fuga virtuale, sa bene come la selva oscura può ingannare al punto da farti soccombere.

Chi in gioventù ha bruciato le tappe del tutto e subito, sa bene come è facile perdere la propria dignità e depredarne parte agli altri.

Questa è la società che abbiamo in sorte, non era migliore quella precedente, piuttosto siamo cambiati noi, sono cambiate le sensibilità e quindi gli interessi da esibire: nella fisicità che irrompe nella domanda, nella fragilità che traspare alla risposta.

V. Mancuso, A proposito del senso della vita

Vito Mancuso, per l’uomo protagonista

di Antonio Stanca

   Allegato a la Repubblica è comparso di recente il breve volume A proposito del senso della vita del filosofo laico e teologo Vito Mancuso. È un saggio che contiene il testo ampliato di una conferenza tenuta dal Mancuso nel 2020 a Misano Adriatico, in provincia di Rimini, da tempo sede di rassegne filosofiche molto seguite.

   Mancuso è nato a Carate Brianza, Monza, nel 1962, ha studiato nel liceo di Desio e poi nel Seminario Arcivescovile di Milano dove ha conseguito il Baccellierato in Teologia ed è stato ordinato sacerdote nel 1985. Aveva ventitré anni. Ha continuato negli studi teologici ed ha conseguito il secondo grado accademico a Napoli presso la Pontificia Facoltà di Teologia “San Tommaso d’Aquino”. Nel 1996 è venuto il terzo e ultimo grado accademico. Intanto era stato dispensato dal sacerdozio e da qualche anno aveva cominciato a pubblicare lavori, studi intorno a problemi di carattere teologico. Dal 2004 al 2011 ha insegnato Teologia moderna e contemporanea all’Università “San Raffaele” di Milano, poi Storia delle dottrine teologiche all’Università di Padova. Ora, all’Università di Udine, insegna al Master di Meditazione e Neuroscienze. Molti saggi ha pubblicato su temi quali la fede, la natura di Dio, l’anima, la vita eterna, l’amore, il pensiero, la libertà, la bellezza, l’etica, il coraggio, il senso della vita. In altri lavori ha studiato Hegel, Socrate, Buddha, Confucio, Gesù. Il suo pensiero è stato raccolto e ordinato in una monografia pubblicata in Germania. È stato editorialista per la Repubblica ed ora per La Stampa.  Ha preso parte a programmi televisivi e radiofonici.

    Molti suoi saggi hanno avuto successo, sono stati tradotti in molte lingue e molti riconoscimenti hanno ottenuto. Una vita sempre in salita è stata quella del Mancuso, in una serie di conquiste si è trasformata. Le elaborazioni, le maturazioni del suo pensiero, i suoi studi hanno riguardato in modo particolare il problema di Dio, della sua esistenza, della sua figura, della sua funzione, del suo rapporto con la storia, con la vita, con l’uomo. Anche l’uomo è stato oggetto di studi approfonditi. Della sua vita, delle sue azioni in ambito privato e pubblico, delle manifestazioni, espressioni del suo spirito, dei suoi rapporti, delle sue relazioni, di tutto quanto è umanità ha scritto Mancuso. E di tutto quanto è divinità. Quella di un moderno, acceso umanista è la sua filosofia, quella di un teologo la sua dottrina. E ancora dell’uomo e di Dio ha scritto in A proposito del senso della vita. Molte sono, nel saggio, le domande che l’autore si pone circa il “senso della vita”, molti i tempi, gli autori che visita, molte le opere che cita. Con facilità, con chiarezza mostra di sapersi muovere pur in un ambito così vasto, pur tra posizioni, concezioni così diverse e lontane, con rigore, con precisione giunge alle proprie considerazioni, dimostra i propri risultati.

    Inizia il filosofo evidenziando lo stato di confusione, di crisi dei valori al quale è pervenuta la vita, la società, la storia dei nostri tempi, e proclama la necessità di recuperare, ricostruire quanto è necessario per redimerle dagli errori commessi e salvarle. Il “senso della vita” è uno degli elementi, dei principi da recuperare, è il più importante e Mancuso si sofferma a spiegarlo, definirlo. Lo chiarisce nelle sue parti, nei suoi significati, procede poi alla ricerca di quanto nel tempo, nella cultura, nella vita ha rappresentato fino a richiamare al valore che gli si dovrebbe attribuire nello stato attuale delle cose. Determinante, risolutivo sarebbe oggi riscoprire, attuare, praticare il “senso della vita”, farebbe l’uomo capace di pensiero e azione, lo libererebbe da tanti vincoli, lo renderebbe di nuovo protagonista della storia.  

    La semplicità, la chiarezza dell’esposizione agevolano la lettura e fanno risultare ancor più interessanti gli argomenti. Si ha la possibilità di conoscere quanto si è pensato nella storia circa il problema, cosa si è stabilito, dove si è giunti, come si è fatto. Si ha modo d’imparare, d’istruirsi con facilità. Si scrive così di filosofia quando la si è acquisita, maturata al punto da non aver alcun dubbio. Questo ha fatto Mancuso e non solo riguardo al “senso della vita” ma anche per tanti altri argomenti e problemi. È rimasto il bravo ragazzo che studia più degli altri, che più degli altri vuole sapere, vuole dire, che ancora lo fa, ancora riesce.

Scuole superiori, al Sud più iscritti ai licei, al Nord agli istituti tecnici

da Il Sole 24 Ore

Lazio, Molise, Abruzzo, Campania e Sicilia al top per iscrizioni ai licei. Per istituti tecnici Veneto, Friuli Venezia e Giulia, Emilia-Romagna, Lombardia e Piemonte.
di Redazione Scuola

Oltre metà (57,1%) dei ragazzi italiani iscritti alle scuole superiori il prossimo settembre siederà sui banchi di un liceo, un terzo su quelli di un istituto tecnico (30,9%) e il 12,1% di un istituto professionale. Randstad Research, il centro di ricerca sul futuro del lavoro promosso da Randstad, ha elaborato i dati Istat e Mim sulle iscrizioni dei ragazzi italiani alle scuole superiori per il prossimo anno, evidenziando una chiara distribuzione geografica delle scelte degli studenti. Nello spaccato regionale, infatti, si nota una presenza più massiccia del Meridione nelle percentuali più alte di iscrizione i licei e del Nord in quelle agli istituti tecnici.

Le iscrizioni ai licei premiano il Sud

Scorrendo la classifica delle regioni con più iscritti ad un liceo nei primi dieci posti domina il Centro–Sud (con l’eccezione della Liguria). In testa, c’è il Lazio dove quasi il 70% degli studenti ha deciso di iscriversi ad un liceo, seguito da Molise, Abruzzo, Campania e Sicilia con percentuali tutte sopra il 60%. Le regioni del Nord si trovano tutte, fatta eccezione per la Liguria, al di sotto della media nazionale.

La situazione è speculare per gli istituti tecnici. In questo caso, ai primi posti per percentuali di iscrizioni ci sono le regioni del Nord: Veneto, Friuli Venezia e Giulia, Emilia-Romagna, Lombardia e Piemonte, con iscritti che vanno dal 38,8% al 32,9%. Tutte le altre regioni si collocano sotto la media nazionale.

Più iscritti a licei e istituti tecnici, meno nei professionali

Entrambi i percorsi di studio registrano un aumento degli iscritti rispetto all’anno scorso: i licei dello 0,5% (circa 3.000 unità in più), gli istituti tecnici dello 0,2%. Mentre la situazione è più articolata per le scuole professionali: hanno registrato un calo delle iscrizioni dello 0,6% rispetto all’anno scorso e sono scelte sia da ragazzi del Nord che da ragazzi del Centro Sud. Le prime due regioni per percentuale di iscritti sono: Emilia-Romagna (15,6%) e Veneto (14,4%), a seguire troviamo Toscana (13,8%), Puglia (13,2%), Basilicata (13%) e Marche (13%).

I tecnici vanno meglio dove c’è imprenditorialità diffusa

«I dati mostrano un aspetto paradossale del sistema di istruzione italiano – commenta Emilio Colombo, coordinatore del comitato scientifico Randstad Research -. La maggior parte dei giovani che si iscrivono alla scuola superiore sceglie un percorso generalista (liceo) che risulta prodromico alla istruzione universitaria. Nonostante questo l’Italia è caratterizzata da uno dei più bassi tassi di laureati della Ue. Il percorso tecnico-professionale, alternativo al liceo, risulta efficace in termini di sbocchi professionali, soprattutto al di fuori delle grandi città e in regioni caratterizzate da una imprenditorialità diffusa, dove il legame tra scuola e impresa è più forte. Inoltre l’istruzione professionale può essere ulteriormente perfezionata negli Its che risultano uno dei percorsi formativi più efficaci in termini di occupabilità».

Oggi è la Giornata mondiale dell’Acqua. Il 43% delle scuole del mondo non ne dispone

da La Tecnica della Scuola

Di Pasquale Almirante

Scrive il Wwf:  Acqua e clima rappresentano due crisi correlate. I problemi legati all’acqua, da un lato la siccità, con il relativo aumento degli incendi, dall’altro alluvioni e inondazioni, sono destinati a peggiorare in tutto il mondo con la crisi climatica. A rischio ci sono milioni di specie animali e vegetali, inclusa la specie umana che già vede oltre due miliardi di persone in situazione di precarietà o sofferenza idrica. Non a caso proprio oggi si apre a New York la seconda Conferenza Mondiale sull’Acqua, a 45 anni dalla prima (1977).

L’acqua che beviamo, fa sapere il Wwf, è solo una piccola parte di quella che consumiamo ogni giorno. Al consumo diretto che in Italia è di 236 litri al giorno a persona contro una media europea di 165 litri, va aggiunto quello indiretto, legato all’ acqua nascosta, ossia quell’acqua necessaria per produrre i beni e i servizi che utilizziamo e il cibo che mangiamo. Se compriamo una t-shirt in cotone, mangiamo una bistecca o beviamo una birra stiamo consumando acqua. Ogni fase produttiva per realizzare un prodotto finito può consumare acqua. La somma di tutti questi consumi rappresenta l’impronta idrica quotidiana. In Italia consumiamo in media circa 130 miliardi di m³ all’anno,  una delle impronte idriche più alte d’Europa, con una media di 6.300 litri a persona al giorno. Consumi non più sostenibili e allarmanti considerando che secondo il World Resources Institute nel 2040 l’Italia sarà in un serio stress idrico.

Il 90% dell’impronta idrica di ciascuno di noi è determinata dal cibo che porta in tavola. È stato stimato che ogni persona “mangia” in media 5.000 litri di acqua al giorno: mangiamo assai più acqua di quella che beviamo (da 1.500 a 10.000 litri al giorno, a seconda di dove si vive e di cosa si mangia).

Intanto la siccità avanza, si pensi alla Francia, alla Gran Bretagna e al Nord Italia. Dobbiamo anche fare i conti con una riduzione di disponibilità idrica del 19% registrata negli ultimi trent’anni rispetto al precedente periodo.

 Intanto il 43% delle scuole del mondo non dispone di acqua nemmeno per lavarsi le mani,

come sottolinea Anna Crescenti, esperta Wash (Water, Sanitation and Hygiene) per WeWorld, secondo la quale è importante educare a sperimentare buone pratiche di igiene soprattutto in quelle aree dove le bambine e i bambini vivono in contesti di emergenza e di vulnerabilità: “L’accesso all’acqua potabile, ai servizi igienico sanitari e all’igiene è fondamentale all’interno delle scuole di tutto il mondo per diminuire la trasmissione delle malattie e garantire ambienti sicuri per tutte le bambine e i bambini. L’approccio Wash nelle scuole, infatti, spesso rappresenta l’unico modo di offrire a bambine e bambini acqua potabile, servizi igieni sanitari funzionanti e divisi per genere, e strutture per il lavaggio delle mani.

“Questo a maggior ragione in contesti di emergenza. Eppure ancora oggi il 43% delle scuole nel mondo non dispone di acqua e né di sapone per lavarsi le mani. La scarsa disponibilità e l’accesso all’acqua e ai servizi igienico-sanitari sono una delle principali preoccupazioni per la salute e costituiscono un ostacolo ad un’istruzione di qualità nelle scuole. Per le ragazze, inoltre, servizi igienici non divisi per genere, non illuminati o senza porte rappresentano una fonte di imbarazzo e pericolo e costituiscono una delle maggiori cause di abbandono scolastico per le ragazze adolescenti”.

Contratto scuola: i 300 milioni per gli aumenti stipendiali sono solo 227; a conti fatti ci saranno 10-15 euro in più per docenti e Ata

da La Tecnica della Scuola

Di Reginaldo Palermo

Il testo dell’atto di indirizzo per la prosecuzione della trattativa per il contratto nazionale della scuola contiene alcuni dati interessanti che finora erano rimasti un po’ in ombra e che invece è bene conoscere.
Finora si era parlato di 300 milioni ancora da distribuire, ma la questione è un po’ più complessa.
Proviamo a chiarirla, partendo da ciò che prevedeva la legge di bilancio 2022 che stanziava appunto 300 milioni per il personale della scuola.

A questa somma vanno aggiunti, ma solo per il 2022, i 100 milioni una tantum stanziati con un decreto legge approvato nel mese di dicembre del 2022.
Si arriva così, per il 2022, a 400 milioni di cui però solamente 320 potranno essere destinati ad incrementi stipendiali fissi, in quanto la parte rimanente, pur restando a disposizione per il personale della scuola, è destinata ad altro.

Per il 2023 la  disponibilità diminuisce ancora e si attesta sui 257 milioni, 227 dei quali potranno essere utilizzati per incrementare la componente fissa della retribuzione.
A questo punto i conti sono presto fatti: dividendo i 227 milioni fra il milione circa di dipendenti si arriva a 227 euro pro capite.
Ma questa è la somma che comprende anche gli oneri a carico dello Stato (si tratta di un 30% del totale): il netto si abbassa così a 160 euro.
Il “netto in busta paga” è ancora inferiore e arriva a mala pena a 120 euro annui e cioè a 10 euro mensili.
Si tratta ovviamente di una media: ai professori di secondaria di secondo grado a fine carriera potrebbero così spettare 15 euro, mentre i docenti dell’infanzia con lo stipendio iniziale potrebbero arrivare nella migliore delle ipotesi a 10 euro.
Insomma parliamo di cifre non modeste ma ancora di più.
Nulla comunque di cui gioire od entusiasmarsi.

Esami di stato alunni con DSA. Quali modalità sono previste?

da La Tecnica della Scuola

Di Salvatore Pappalardo

L’O.M. 45 del 9 marzo 2023 attribuisce alle singole commissioni, sulla base del PDP e di tutti gli elementi conoscitivi forniti dal consiglio di classe, l’individuazione delle modalità di svolgimento e conduzione delle prove d’esame di stato per gli alunni con DSA.

Ammissione agli esami

Gli studenti con DSA (Disturbi Specifici d’Apprendimento) certificati ai sensi della legge 170/2010, sono ammessi a sostenere gli esami di stato conclusivi del secondo ciclo d’istruzione con delibera del consiglio di classe sulla base del PDP (Piano Didattico Personalizzato).

Predisposizione di prove differenziate

La commissione d’esame, considerati gli elementi forniti dal consiglio di classe, tiene in debita considerazione le specifiche situazioni soggettive adeguatamente certificate e, in particolare, le modalità didattiche e le forme di valutazione individuate nell’ambito dei percorsi didattici individualizzati e personalizzati.

Modalità di svolgimento delle prove

Nello svolgimento delle prove d’esame per i candidati con DSA, la commissione autorizza l’utilizzo degli strumenti compensativi previsti dal PDP (Piano Didattico Personalizzato) già impiegati per le verifiche in corso d’anno come:

• tempi più lunghi di quelli ordinari per l’effettuazione delle prove scritte;
• utilizzazione di dispositivi per l’ascolto dei testi delle prove scritte registrati in formato “mp3”;
• l’individuazione di un componente la commissione, al fine di leggere i testi delle prove scritte;
• l’utilizzo della sintesi vocale e trascrizione del testo su supporto informatico.
Fermo restante che l’utilizzo di tali strumenti non pregiudica la validità delle prove scritte.

Prova scritta di lingua straniera

Per i candidati che hanno seguito un percorso didattico ordinario, con la sola dispensa dalle prove scritte di lingua straniera, la commissione, nel caso in cui la lingua straniera sia oggetto di seconda prova scritta, sottopone i candidati medesimi a prova orale sostitutiva della prova scritta. Di tale dispensa non è fatto cenno nel diploma finale.

Esonero prova scritta lingua straniera

In casi di particolari gravità del disturbo di apprendimento, anche in comorbilità con altri disturbi o patologie, risultanti dal certificato diagnostico, il candidato, su richiesta della famiglia e conseguente approvazione del consiglio di classe, che durante il percorso degli studi, fosse stato esonerato dall’insegnamento delle lingue straniere e avesse seguito un percorso didattico differenziato, sosterrà delle prove differenziate, non equipollenti a quelle ordinarie, finalizzate solo al rilascio dell’attestato di credito formativo. L’effettuazione delle prove differenziate va indicato solo nell’attestazione e non nelle tabelle affisse all’albo dell’istituto.

Valutazione delle prove scritte

La commissione, ove lo ritenesse necessario, sulla scorta della delibera del consiglio di classe e sulla base del piano didattico personalizzato (PDP), può adattare le griglie di valutazione delle prove scritte e la griglia di valutazione della prova orale di cui all’allegato A

Prove orali

Per i candidati con certificazione di DSA la commissione, sulla base della documentazione fornita dal consiglio di classe, stabilisce le modalità e i contenuti della prova orale, che avrà luogo in un giorno compatibile con la pubblicazione del punteggio delle prove scritte e delle prove orali sostitutive delle prove scritte.

Esito positivo degli esami

Gli studenti con DSA che sostengono con esito positivo l’esame di stato, conseguono il diploma conclusivo del secondo ciclo d’istruzione, nel quale non è fatta menzione dell’impiego degli strumenti compensativi né della dispensa dalla prova scritta di lingua straniera.