da Il Sole 24 Ore
Il decreto sul dimensionamento scolastico non ha ottenuto l’intesa, proprio per la contrarietà di 6 Regioni: oltre alle 4 guidate dal centrosinistra, anche la Sardegna e l’Abruzzo
di Redazione Scuola
Approda in Conferenza delle Regioni il cosiddetto dimensionamento scolastico e i malumori – finora registrati solo dalle Regioni guidate dal centrosinistra, Toscana, Campania, Puglia, Emilia Romagna, che hanno impugnato la norma davanti alla Corte Costituzionale – si fanno sentire anche in alcune Regioni guidate dal centrodestra. E alcune parlano anch’esse di ricorso. È il caso della Sardegna. Intanto oggi – 24 maggio – il provvedimento, all’esame anche della Conferenza Unificata, non ha ottenuto l’intesa, proprio per la contrarietà di sei Regioni: oltre alle 4 guidate dal centrosinistra, anche la Sardegna e l’Abruzzo.
Fronti contrapposti
«Se passa il decreto sul dimensionamento scolastico dovranno commissariarmi», annuncia l’assessore all’Istruzione della Regione Sardegna, Andrea Biancareddu. E spiega che si tratta di «una legge di stampo fortemente centralista dove la Regione è chiamata ad applicare dati meramente algebrici ed è relegata a mera esecutrice di queste norme. Siamo di fronte a un decreto che sicuramente ci penalizza in quanto è basato esclusivamente su dati numerici algebrici. Ho chiesto al ministro che si tenesse conto della morfologia della Sardegna, delle difficoltà di collegamento, del tasso di dispersione scolastica e delle prove Invalsi. Questo pare che non sia stato recepito, per cui ci sarebbero anche gli estremi per impugnare il decreto». Preoccupazione e contrarietà arriva anche dall’Abruzzo. Alessandro Pierleoni, consigliere comunale ad Avezzano, spiegava qualche giorno fa che la nuova norma salva i Comuni del cratere ma penalizza fortemente le aree interne, «non è specificata la logica degli accorpamenti, abbiamo timore che Avezzano perda i 4 istituti comprensivi e siamo preoccupati per gli istituti superiori». Secondo l’assessore all’Istruzione del Veneto, Elena Donazzan, deve essere la Regione a poter decidere dove tagliare. «Se deve esserci un dimensionamento degli istituti scolastici imposto dalla denatalità – ragiona Donazzan – vorrei che fosse la Regione ad avere la propria capacità programmatoria. Mi prendo volentieri la responsabilità delle scelte, che devono permettere di tenere aperte anche le piccole scuole: tanto quella di montagna quanto quella dell’isoletta veneziana». Per l’assessore all’Istruzione della Regione Toscana, Alessandra Nardini, «il Governo decide di tagliare le autonomie scolastiche scaricando sulle Regioni la responsabilità della scelta. Non è certo questa la flessibilità di cui avremmo bisogno per tutelare alcune situazioni di particolare criticità, così alle Regioni non resta che decidere dove tagliare». Allarmato il presidente della Provincia di Benevento, Nino Lombardi: l’autonomia differenziata e il dimensionamento scolastico sono destinati, sostiene, «a creare nuove e devastanti sperequazioni territoriali nell’erogazione dei servizi pubblici essenziali garantiti dalla Costituzione, ovvero: scuola e sanità». Per Irene Manzi, responsabile scuola del Pd, «le norme prevedono una riduzione degli organici, costringendo ad accorpare numerosi istituti, senza una reale condivisione con le Regioni. È un rischio molto grave, che penalizzerà regioni del Mezzogiorno ed aree interne del Paese».
I tagli avranno effetti soprattutto dall’anno scolastico 2024-25 e riguardano in particolare le scuole con meno di 900 iscritti e quelle al Sud. Il ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara ha sempre spiegato che le scelte del dicastero in materia vanno nella doppia direzione di mitigare gli effetti delle normative precedenti e di osservare i vincoli dell’Europa in attuazione del Pnrr.
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