Garante nazionale disabilità

Garante nazionale disabilità: c’è l’ok dal Governo ma sarà operativo dal 2025
Osservatorio Malattie Rare del 24/09/2023

Il Consiglio dei Ministri ha approvato, lo scorso luglio, il secondo dei decreti attuativi della Legge delega sulle disabilità (Legge 22 dicembre 2021, n. 227), che istituisce la figura del Garante nazionale dei diritti delle persone con disabilità. Si tratta del secondo di una serie di provvedimenti che, entro il 15 marzo, andranno ad aggiornare, migliorare e semplificare la normativa vigente in materia di disabilità.

Obiettivo del Garante – si legge all’Art. 1 del Decreto – è quello di “assicurare la tutela, la concreta attuazione e la promozione dei diritti delle persone con disabilità, in conformità a quanto previsto dalle convenzioni internazionali, dal diritto dell’Unione europea e dalle norme nazionali”.

Il Garante, secondo quanto comunicato in via ufficiale, ha sede in Roma e costituisce un’articolazione del sistema nazionale preposto a dare attuazione all’articolo 33 della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, le situazioni giuridiche soggettive delle persone con disabilità.

“Si tratta di una figura fondamentale che promuove e tutela i diritti delle persone con disabilità – ha commentato la Ministra per le disabilità Alessandra Locatelli in occasione dell’approvazione – che dispone di autonomi poteri di organizzazione, di indipendenza amministrativa e non ha vincolo di subordinazione”.

“Questo decreto – ha concluso la Ministra – istituisce una figura non solo di riferimento, operativa e con compiti precisi, ma definisce anche un reale percorso di supporto nel rispetto della Convenzione Onu e del diritto di ogni persona ad una vita dignitosa e pienamente partecipata”.

COSA PREVEDE IL NUOVO DECRETO LEGISLATIVO
Il Garante – stabilisce l’Art. 2 del D.Lgs – è organo collegiale composto dal presidente e da due componenti. Per lo svolgimento dei propri compiti istituzionali è istituito l’Ufficio del Garante nazionale dei diritti delle persone con disabilità posto alle dipendenze del Garante.
Dal punto di vista operativo, sono gli articoli 4 e 5 a descrivere attività e funzioni in cui il Garante sarà impegnato, tra queste:
– promuovere e vigilare sul rispetto dei diritti e delle norme dettate dalla Convenzione ONU, dagli accordi internazionali, dalla Costituzione, dalle leggi e dalle altre fonti subordinate in materia;
– contrastare i fenomeni di discriminazione diretta e indiretta o di molestie in ragione della condizione di disabilità;
– raccogliere segnalazioni provenienti dalle persone con disabilità, da chi le rappresenta, dai familiari e dalle associazioni;
– richiedere alle amministrazioni e ai concessionari di pubblici servizi di fornire informazioni o documenti necessari all’esercizio delle funzioni di competenza;
– svolgere verifiche, d’ufficio o a seguito di segnalazione, sull’esistenza di fenomeni discriminatori;
– visitare, tra le altre, le strutture che erogano servizi pubblici essenziali, con possibilità di svolgere nel corso delle visite stesse colloqui riservati con le persone con disabilità e con le persone che possano fornire informazioni rilevanti;
– formulare raccomandazioni e pareri alle amministrazioni e ai concessionari pubblici, sollecitando o proponendo interventi, misure o accomodamenti ragionevoli idonei a superare le criticità riscontrate;
– agire e resistere in giudizio a difesa delle proprie prerogative;
– promuovere campagne di sensibilizzazione e comunicazione, progetti e azioni positive, in particola nelle istituzioni scolastiche, in collaborazione con le amministrazioni competenti per materia.
Lo stanziamento per le attività del Garante è identificato in 1.683.000 euro per l’anno 2025 e 3.202.000 euro a decorrere dall’anno 2026. La piena operatività di questa nuova figura sarà quindi possibile solo a partire dal 1° gennaio 2025.

IL GARANTE SUI TERRITORI
Anche alla luce dei tempi previsti per il raggiungimento della piena operatività della figura del Garante, che richiederanno ancora oltre un anno di tempo, risulta utile fare una mappatura dei territori che, ancora prima della formalizzazione a livello nazionale, hanno istituito il ruolo del Garante per le disabilità, a livello regionale, provinciale o comunale.
Calabria, Campania, Lazio, Lombardia, Puglia, Sicilia, Umbria e Valle d’Aosta sono le 8 regioni italiane che hanno stabilito, tramite leggi regionali dedicate, l’istituzione di una figura dedicata alla tutela dei diritti solo delle persone con disabilità. Altre quattro poi (Basilicata, Friuli – Venezia Giulia, Marche e Molise) hanno invece accorpato queste competenze nella figura del Garante dei diritti della persona, che si occupa anche di minori e detenuti.
In Abruzzo, Emilia-Romagna e Toscana non risulta la definizione di un Garante con copertura regionale, tuttavia molti comuni del territorio si sono adoperati in autonomia. Tra questi Chieti, Ferrara, Piacenza, Livorno, Pisa, Lucca, Siena, Montopoli, Grosseto e Fucecchio.
Un percorso è stato quello seguito dal Veneto che, con legge regionale n. 37 del 24/12/2013 ha istituito la figura del Garante regionale dei diritti della persona, accorpando in un’unica figura le precedenti funzioni del “difensore civico”, del “garante per l’infanzia e l’adolescenza” e del “garante dei diritti delle persone private della libertà personale”. Tuttavia, non risulta che questa figura abbia competenza specifica anche in materia di disabilità.
Infine, pur avendo attivato dei percorsi assistenziali e consulenziali per le persone con disabilità, non risultano aver avviato alcun percorso di istituzionalizzazione del garante le regioni Liguria, Piemonte, Provincia autonoma di Trento e Provincia autonoma di Bolzano. In Sardegna è stata depositata una proposta di legge per Istituzione del Garante regionale dei diritti delle persone con disabilità datata 2 marzo 2021 che, tuttavia, risulta assegnata all’analisi da parte della VI Commissione permanente Salute e politiche sociali, senza ulteriore prosecuzione dell’iter.di Alessandra Babetto

Metaverso, IA e festa dei nonni

Festa dei nonni al tempo del metaverso e dell’IA

di Bruno Lorenzo Castrovinci

Senilità, il corpo invecchia, arrivano i primi acciacchi, le prime malattie, e di conseguenza le prime cure con farmaci che ti accompagneranno per tutto il resto della vita e che da questo momento si aggiungeranno, uno dopo l’altro, diventando sempre di più.

Un modo per restare attaccato alla vita, per sperare in quell’eternità terrena che di fatto è solo un’illusione in quanto tutto alla fine finisce inesorabilmente come la vita stessa.

E con il preannuncio dell’età pensionabile, da un lato un sensodi libertà ti invade, quante cose lasciate nel cassetto, che ora aspettano di essere riprese, quanti sogni, alcuni possibili certo, altri invece ormai legati ad un tempo in cui eravamo forti e giovani ed ora non più attuabili se non nella nostra fantasia.

E con la pensione, l’abbandono del ruolo precedente, c’è chi andando via non riesce a girare pagina e continua imperterrito a interferire nel lavoro di chi ha preso il suo posto, rimanendo attaccato ad un tempo che ormai non esiste più, in quanto tutto scorre, tutto diviene, tutto cambia, e nulla è per sempre.

Età della quiescenza, quindi una fase della vita dedicata al riposo, dove il tempo libero diventa predominante nella quotidianità.

Un tempo quindi per determinarsi e rideterminarsi di nuovo, per trovare una nuova dimensione, un nuovo ruolo all’interno di questa società così complessa, così unica e in un’era in cui la tecnologia, cambia tutto con una velocità senza precedenti.

Eppure, è in questo che tantissimi uomini e donne, prima impegnate in ruoli significativi e con maturate e specialistiche competenze sentono ancora il bisogno di dare, di sentirsi utili, di essere attivi o quanto meno di sentirsi tali.

C’è chi una volta raggiunta l’età pensionabile si dedica a séstesso ai suoi hobby, ai suoi passatempi, c’è chi comincia a viaggiare o a rispolverare vecchie passioni dimenticate datempo, ingoiate com’erano nella tran-tran frenetico della quotidianità.

Il 2 ottobre lo stato italiano celebra la festa dei nonni, istituita con la legge n.159 del 31 luglio 2005, una giornata speciale di connessione tra generazioni, in cui la terza età viene onorata, per quello che è stato, certo, ma soprattutto, per quello che è, eda in questa nostra società sempre più fragile con una gioventù dal futuro sempre più incerto.

La festa è celebrata sistematicamente in tutte le scuole dell’infanzia e primaria del primo ciclo, vuoi perché in quella fascia di età i nonni sono molto presenti nella vita degli studenti, in quanto sono proprio loro che sempre con maggiore frequenza, vanno ad accompagnare i nipoti a scuola,riprendendoli poi all’uscita.

Altri, li aiutano a fare i compiti rimanendo purtroppo, l’unica figura adulta che rimane in casa fino alla sera, quando i genitori rientrano dal lavoro.

Nonni dispensatori di tempo e risorse economiche certo, ma anche di consigli, ricchi di un bagaglio di conoscenze frutto delle esperienze di una vita intera, di una generazione che ha vissuto la storia, anche nei suoi tempi più bui.

Le maestre e i maestri lo sanno bene, e già a partire dall’inizio delle lezioni, programmano e preparano tantissime attività per questa bellissima festa, in uno schema quello delle routine annuali, che si intercala alle routine quotidiane, diventando occasione per lo sviluppo di attività e di unità di apprendimento che esplorano i campi di esperienza, contribuendo al raggiungimento di quei traguardi previsti nelle indicazioni nazionali.

Dai laboratori grafico espressivi, dedicati alla produzione di prodotti significativi, ai saggi musicali e coreutici, alle piccole rappresentazioni teatrali, alle attività relazionali con la presenza dei nonni nelle piccole sezioni e tantissime altri originali attivitàche oggi si affacciano anche alla realtà aumentata del metaverso.

Attività che si ripropongono sistematicamente nella scuola primaria, arricchendosi di tutte quelle nuove competenze legate all’alfabetizzazione, al progressivo maturare della comprensione dei linguaggi, in continuità con i campi di esperienza precedenti che ora declinano in saperi sempre più disciplinari.

Maestri e maestre che rendono viva la scuola italiana, che creano e consolidano l’alleanza con le famiglie, che vanno oltre il tempo scuola con la passione che da sempre rende grande nel mondo questi due ordini di scuola.

Per i più innovativi, una tecnologia, che spazia dalla robotica educativa, alle prime esperienze nel metaverso, che per i più piccoli è legato alla grande componente ludica degli escaperom, alle attività in realtà aumentata con gli osmo kit, o semplicemente attraverso l’esplorazione di contenuti digitali.

Alcune maestre le più creative e in linea con il quadro DigiCompEdu, utilizzano la fotografia e i video digitali per la produzione di piccoli cortometraggi, filmati emozionali da presentare ai nonni e alle famiglie, in esperienze ricche di emozioni, di gioia, di lacrime, quelle buone però, per una terza età sempre più presente nella vita di ogni giorno dei loro piccoli studenti.

Per i più innovativi le attività di MLTV – “Rendere visibili pensiero e apprendimento”, un modello educativo innovativo concreto, elaborato grazie alla collaborazione tra INDIRE, Project Zero (gruppo di ricerca della Harvard Graduate School of Education di Boston) e le suole del movimento Avanguardie educative.

MLTV è l’acronimo di Making Learning and Thinking Visible, e si propone di valorizzare e mettere a frutto sia le conoscenze, le abilità e le competenze di tipo disciplinare che lo sviluppo del pensiero nelle diverse declinazioni: critico, creativo, logico-matematico, riflessivo, decisionale, sistemico (destinato al secondo ciclo d’istruzione).

I costrutti elementari di questa metodologia sono:

1. la documentazione, intesa come la «pratica di osservare, registrare e condividere attraverso media differenti il processo e il prodotto dell’apprendimento con lo scopo di rendere l’apprendimento stesso più profondo» (Krechevsky et al., 2013)

2. il group learning, definito come «un insieme di persone che sono emotivamente, intellettualmente ed esteticamente ingaggiate nella soluzione di problemi, creazione di prodotti, attribuzione di senso. [Un gruppo] nel quale ognuno apprende sia autonomamente sia con e grazie agli altri» (PZ & Reggio Children, 2001);

3. i protocolli, le Thinking Routine, le indicazioni, che rendono visibile il pensiero e che supportano lo sviluppo di capacità di ragionare in modo creativo, profondo e divergente. Il pensiero, infatti, non è solo legato alla dimensione cognitiva ma è disposizionale, distribuito, e può appunto essere reso ‘visibile’ attraverso pratiche particolari.

Una festa quella dei nonni quindi molto radicata nelle scuole dell’infanzia e primaria, ma purtroppo assente nelle scuole secondarie di primo e secondo grado.

Con l’avvento dei saperi epistemologici a partire dalla classe prima della scuola secondaria di primo grado, la festa dei nonni scompare dalle attività didattiche, in quanto i “professori”, non la ritengono più una ricorrenza sulla quale sviluppare delle attività, declinare degli eventi, arricchire l’offerta formativa, con una progettualità che guardando ai nonni, guarda al sociale, a quella terza età sempre più dimenticata e che invevitabilmenteapproda sempre più nelle residenze a lei dedicate.

E’ il triste destino di una generazione, che la scuola in quanto agenzia educativa dovrebbe contrastare, valorizzando i nonni, creando quella connessione generazionale, necessaria oggi più che mai.

In fondo gioventù e terza età hanno molto in comune, entrambi queste fasi della vita sono caratterizzate dalla libertà di non essere impegnati in un ruolo nel mondo del lavoro.

Alcune istituzioni scolastiche del secondo ciclo, hanno intrapreso percorsi di Service Learning, finalizzate alla realizzazione di quelle connessioni generazionali tra giovani e terza età.

Il Service-Learning diventa lo strumento per la valorizzazione dell’uomo, della sua centralità, educando i giovani al rispetto e alla valorizzazione delle fasce più deboli, per una scuola di tutti e per tutti, che attenua gli effetti devastanti di un individualismo che ci conduce inevitabilmente a sconoscere l’altro e a restare sempre più soli.

Ben venga la festa dei nonni, nelle scuole secondarie, magari insieme a lezione, in un rinnovato Life Long Learning, fatto di scoperte, emozioni, condivisioni o in attività di peer learning di connessione generazionale, per una società la nostra che si prepara ad affrontare i grandi temi dell’impatto dell’Intelligenza Artificiale, nella vita di tutti i giorni, in quanto pur se efficiente e efficace, manca di un requisito fondamentale che è la nostra umanità.

Esposizione crocifisso in aule scolastiche

L’esposizione del crocifisso nelle aule scolastiche italiane
Stato dell’arte: origini, diffusione e disamina normativa

di Dario Angelo TUMMINELLI, Carmelo Salvatore BENFANTE PICOGNA, Zaira MATERA

In questi ultimi tempi si è molto discusso sull’opportunità o meno di esporre il crocifisso sulle pareti delle aule scolastiche italiane.

Invero il tema dell’affissione del crocifisso negli edifici pubblici non è nuovo, anzi è, spesso, oggetto di dispute e scontri, a volte dai toni accesi, talora sfocianti in controversie e contese approdate nelle aule dei Tribunali, con pretese di rimozione dalle mura avanzate da movimenti e associazioni laicali, o da altre confessioni religiose nonché da atei e agnostici.

La rappresentazione dell’uomo sulla croce è indubbiamente il simbolo più diffuso e segno distintivo di una pluralità di confessioni cristiane in tutto il mondo e, sopra tutte, di quella cattolica.

Prima di addentrarci nel merito del tema è opportuno ricostruirne i passaggi storico-normativi. Benché allo stato attuale non esista una disposizione normativa generale e organica che imponga l’esposizione del crocifisso sulle mura nei locali pubblici e, nella fattispecie, nelle aule scolastiche, proveremo comunque a ricostruire brevemente l’assetto normativo alla luce degli orientamenti giurisprudenziali.

Per quanto riguarda le aule scolastiche, invero, esistono ben due Regi Decreti, risalenti all’epoca fascista, promulgati nel 1924 e nel 1928.

Sebbene piuttosto datati sono tuttora in vigore in quanto mai abrogati da successive disposizioni normative, come del resto confermato dal parere 27 aprile 1988 n. 63/1988 “non appare ravvisabile un rapporto di incompatibilità con norme sopravvenute né può configurarsi una nuova disciplina dell’intera materia, già regolata dalle norme anteriori” (v. infra).

Entrando nel dettaglio si tratta del Regio Decreto 30 aprile 1924, n. 965 “Ordinamento interno delle Giunte e dei Regi istituti di istruzione media” pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 148 del 25 giugno 1924 e del Regio Decreto 26 aprile 1928, n. 1297 “Approvazione del regolamento generale sui servizi dell’istruzione elementare” pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 167 del 19 luglio 1928 – Suppl. Ordinario n. 167.

Nulla invece venne stabilito nell’anno successivo (1929) nei Patti Lateranensi, accordi sottoscritti l’11 febbraio 1929, resi esecutivi in Italia con la legge n. 810/1929 relativamente all’esposizione del Crocifisso nelle scuole, come in qualsiasi altro pubblico ufficio.

Fatta questa premessa entriamo maggiormente nel dettaglio.

Il primo dei due, in ordine cronologico, in vigore dal 10 luglio 1924, stabilisce per l’istruzione media all’art. 118 che: “Ogni istituto ha la bandiera nazionale; ogni aula, l’immagine del Crocifisso e il ritratto del Re” mentre il secondo (regio decreto), in vigore dal 30 ottobre 1928, stabilisce all’art. 119 che: “Gli arredi, il materiale didattico delle varie classi e la dotazione della scuola sono indicati nella tabella C allegata al presente regolamento”. Ebbene andando a visionare la tabella C ritroviamo al primo punto, come arredo scolastico immancabile (dalla prima alla quinta classe) il crocifisso ancor prima del ritratto di S.M. il Re.

È chiaro che le citate disposizioni normative sono incomplete e riguardano esclusivamente le scuole elementari e medie, lasciando indefinita la questione negli altri ordini e gradi scolastici in particolare: scuole dell’infanzia, allora “materne”, istituti di secondo grado “superiori” nonché le istituzioni accademiche “Università”.

In quel contesto storico-culturale-sociale, tuttavia, era stata chiaramente palesata la “ratio legis” risalente all’epoca. Infatti nel richiamare l’esposizione del simbolo cristiano e nel collocare il crocifisso accanto al ritratto del Re e della bandiera, esso era chiaro segno e richiamo ai valori unificanti della nazione come evidenziato nella sentenza del Consiglio di Stato del 15 febbraio 2006 “Il crocifisso costituisce, infatti, anche un simbolo storico – culturale; esso rappresenta un segno di identificazione nazionale; esso rappresenta, insieme ad altre forme di vita collettiva e di pensiero, uno dei percorsi di formazione del nostro Paese e in genere di gran parte dell’Europa”.

Con il passare degli anni, soprattutto di questi ultimi decenni, però, le dispute si sono fortemente incancrenite, le polemiche inasprite vertevano più che altro a politicizzare e strumentalizzare l’uso del crocefisso. Queste approdarono inevitabilmente nei palazzi di Giustizia e nelle Corti adducendo la violazione dei principi costituzionali di laicità dello Stato, di libertà di religione e di insegnamento e violazione del principio di imparzialità.

I giudici aditi, in veste di giudice del lavoro, tuttavia si sono fin da subito manifestati incompetenti a decidere sulla materia, dato che le poche disposizioni normative, le indicazioni ministeriali (circ. n. 68 del 22 novembre 1922, circ.  n. 2134-1867 del 26 maggio 1926, circ. 367/2527 del 19 ottobre 1967, nota prot. n. 2667 del 3 ottobre 2002) e talora le circolari interne di istituto diramate dai Dirigenti scolastici, non erano vere e proprie leggi dello Stato, ma semplici atti/provvedimenti amministrativi interni alla scuola, la cui competenza spettava ai vari Tribunali Amministrativi Regionali (T.A.R.).

Approfondimento Invero i giudici nel manifestare la propria incompetenza, rinviavano in via incidentale (la questione sollevata) alla Corte Costituzionale per il giudizio di legittimità costituzionale. La Corte Costituzionale, con ordinanza del 15 dicembre 2004, n. 389 ha dichiarato inammissibile la questione di costituzionalità, dell’art. 676 del Testo Unico D.lgs. 16 aprile 1994 n. 297, relativi alla manutenzione e gestione degli edifici scolastici, arredi compresi e dall’art. 119 R.D. 26 aprile 1928 n. 1297, tabella C, e dall’art. 118 R.D. 30 aprile 1924 n. 965 in quanto norme regolamentari prive di forza di legge, peraltro presupponendone di fatto la vigenza.

Un primo parere fu quello del Consiglio di Stato espresso nell’aprile del 1988, (parere n. 63 del 27.04.1988), in Adunanza della Sezione II, su espressa richiesta del Ministero della Pubblica Istruzione in merito al quesito: “Insegnamento della religione cattolica ed esposizione dell’immagine del Crocifisso nelle aule scolastiche”. Il Consiglio di Stato ritenne all’epoca pienamente legittime e tutt’oggi operanti i due citati regi decreti in quanto mantengono la loro validità fino a che non intervenga, nelle more, “un atto o fatto giuridico a valenza abrogativa”.

Si evidenzia che la Sezione ritenne all’epoca di dover sottolineare che: “il Crocifisso o, più semplicemente, la Croce, a parte il significato per i credenti, rappresenta il simbolo della civiltà e della cultura cristiana, nella sua radice storica, come valore universale, indipendente da specifica confessione religiosa”. Per completezza si riporta lo stralcio delle conclusioni: “Conclusivamente, quindi, poiché le disposizioni di cui all’art. 118 del R.D. 30 aprile 1924, n. 965 e quelle di cui all’allegato C del R.D. 26 aprile 1928, n. 1297, concernenti l’esposizione del Crocifisso nelle scuole, […], deve ritenersi che esse siano tuttora legittimamente operanti”.

Successivamente la stessa sezione del Consiglio di Stato (n. sezione 4575/03-2482/04), sempre in Adunanza, ritornò sulla questione sollevata, con parere postumo (n. 556 del 15 febbraio 2006) sul ricorso straordinario al Presidente della Repubblica (ai sensi dell’art. 11, secondo comma, D.P.R. 24 novembre 1971, n. 1199), depositato presso il Segretariato Generale in data 03 novembre 2003, proposto dall’UAAR “Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti” dove nel P.M.Q., parte conclusiva delle sentenze, dopo una analisi puntuale del diritto e una lunga e dettagliata esposizione, la sezione espresse parere  negativo con respingimento completo del ricorso, chiarendo che: “le norme recate dall’art. 118 del r. d. 965/24 e dall’art. 119 del r. d. 1297/28 non confliggono affatto con il testo unico e restano dunque in vigore in forza dello stesso art. 676”.

Sulla questione si è anche espressa, recentemente, la Corte di Cassazione civile, Sezioni Unite, con sentenza n. 24414 del 09 settembre 2021.

La suprema Corte, in merito all’impugnazione della sentenza della Corte d’appello di Perugia, sezione lavoro, n. 165/14, ha stabilito definitivamente che, l’affissione sulle mura del crocefisso pur non essendo imposta dalla legge, non può essere ritenuto atto discriminatorio nei confronti di chi non confessa il credo religioso e/o comunque non lo condivide.

Approfondimento I fatti risalgono all’anno scolastico 2008/2009. Un docente di ruolo in materie letterarie venne sottoposto a procedimento disciplinare, con irrogazione della sanzione da parte del Dirigente scolastico. Al docente era stato addebitato la condotta discriminatoria in quanto prima dell’inizio delle sue ore di lezione nella classe rimuoveva temporaneamente ma sistematicamente, il crocifisso dalla parete dell’aula scolastica, per poi riappenderlo successivamente al termine delle sue lezioni, manifestando così il suo pensiero e la chiara disapprovazione ma contravvenendo difatti ad una esplicita circolare diramata del Dirigente scolastico. Quest’ultimo, infatti, aveva accolto la richiesta di affissione del simbolo religioso proveniente dalle studentesse e dagli studenti dell’Istituto riuniti in assemblea.

Nella citata sentenza la Corte ha stabilito che ogni istituzione scolastica autonoma può disporre se esporlo o meno, garantendo tuttavia un equo bilanciamento ovvero “ragionevole accordo” fra le parti in gioco che abbiano posizioni diverse, rispettando in tal modo le diverse sensibilità all’interno della comunità scolastica. (fonte Wikipedia)

Si da menzione come approfondimento di due sentenze della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU) che sul tema si è espressa a Strasburgo con la sentenza del 03 novembre 2009 “Soile Tuulikki Lautsi v. Italia” accogliendo l’istanza di rimozione in quanto “violazione del diritto dei genitori a educare i figli secondo le loro convinzioni e del diritto degli alunni alla libertà di religione” e successivamente con sentenza del 18 marzo 2011 respingendo la richiesta: “nulla prova l’eventuale influenza che l’esposizione di un simbolo religioso sui muri delle aule scolastiche potrebbe avere sugli alunni; non è quindi ragionevolmente possibile affermare che essa ha o no un effetto su persone giovani le cui convinzioni sono in fase di formazione”. (fonte Wikipedia)

Va anche data menzione della Legge n. 121 del 1985 rubricata in “Ratifica ed esecuzione dell’accordo con protocollo addizionale, firmato a Roma il 18 febbraio 1984, che apporta modifiche al Concordato lateranense dell’11 febbraio 1929, tra la Repubblica italiana e la Santa Sede” pubblicata in Gazzetta Ufficiale n. 85 del 10 aprile 1985 – Suppl. Ordinario, dispone all’articolo 9 che: “La Repubblica italiana, riconoscendo il valore della cultura religiosa e tenendo conto che i princìpi del cattolicesimo fanno parte del patrimonio storico del popolo italiano”, che i principi e i segni cristiani ovvero il crocefisso “fanno parte del patrimonio storico del popolo italiano”.

In definitiva, la fragilità del quadro normativo, rimanda all’autonoma scelta delle singole istituzioni scolastiche, il cui organo collegiale di governo (Consiglio di Istituto) deve decidere se esporre o meno il crocifisso, dopo aver attentamente e ragionevolmente valutato le sensibilità delle diverse convinzioni dei soggetti interessati.

Si conclude con il richiamo alla recente proposta di Legge (disegno di legge) approdata alla Camera dei Deputati di iniziativa della Lega, al cui art. 3 si prevedono sanzioni pecuniarie per chiunque rimuova o denigri o vilipenda il Crocifisso, fino ad un’ammenda che varia da 500,00 a 1.000,00 Euro.

Riferimenti normativi

  • REGIO DECRETO 30 aprile 1924, n. 965 “Ordinamento interno delle Giunte e dei Regi istituti di istruzione media
  • REGIO DECRETO 26 aprile 1928, n. 1297 “Approvazione del regolamento generale sui servizi dell’istruzione elementare
  • PATTI Lateranensi del 11 febbraio 1929
  • LEGGE 27 maggio 1929, n. 810 “Esecuzione del Trattato, dei quattro allegati annessi e del Concordato, sottoscritti in Roma, fra la Santa Sede e l’Italia, l’11 febbraio 1929
  • LEGGE 28 luglio 1967, n. 641 “Nuove norme per l’edilizia scolastica e universitaria e piano finanziario dell’intervento per il quinquennio 1967-1971
  • LEGGE n. 121 del 1985 rubricata in “Ratifica ed esecuzione dell’accordo con protocollo addizionale, firmato a Roma il 18 febbraio 1984, che apporta modifiche al Concordato lateranense dell’11 febbraio 1929, tra la Repubblica italiana e la Santa Sede
  • DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 24 novembre 1971, n. 1199 “Semplificazione dei procedimenti in materia di ricorsi amministrativi
  • DECRETO LEGISLATIVO 16 aprile 1994 n. 297, “Testo Unico delle disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione, relative alle scuole di ogni ordine e grado”, art. 676
  • CONSIGLIO di STATO del 27 aprile 1988, parere n. 63 “Insegnamento della religione cattolica ed esposizione dell’immagine del Crocifisso nelle aule scolastiche
  • CONSIGLIO di STATO con sentenza del 15 febbraio 2006
  • CORTE COSTITUZIONALE, ordinanza del 15 dicembre 2004, n. 389
  • CORTE DI CASSAZIONE civile, Sezioni Unite, sentenza n. 24414 del 09 settembre 2021
  • CORTE Europea dei Diritti dell’Uomo sentenza del 03 novembre 2009 “Lautsi v. Italia” ricorso no. 30814/06
  • CORTE Europea dei Diritti dell’Uomo sentenza 18 marzo 2011
  • CIRCOLARE del Ministero della Pubblica Istruzione, n. 68 del 22 novembre 1922
  • CIRCOLARE del Ministero della Pubblica Istruzione n. 2134-1867 del 26 maggio 1926
  • CIRCOLARE del Ministero della Pubblica Istruzione, n. 367/2527 del 19 ottobre 1967 “Edilizia e arredamento di scuole dell’obbligo
  • NOTA del Ministero dell’Istruzione del 3 ottobre 2002, Prot. n. 2667 “Esposizione del crocifisso nelle aule scolastiche
  • DIRETTIVA MIUR 3 ottobre 2002, prot. n. 2666
  • PARERE Avvocatura dello Stato di Bologna del 16 luglio 2002

Sitografia