Didattiche della violenza ed educazione all’amare

Didattiche della violenza ed educazione all’amare

di Gabriele Boselli

Materie prime della violenza

I fenomeni della violenza sulle donne, sui bambini e sugli anziani, in genere su soggetti inermi accadono per il combinarsi di vocazioni “naturali”, didattiche subculturali di violenza e defcit di deterrenti credibili. Si originano da molti fattori di ordine famigliare, culturale, economico, sociale, politico; si riscontrano in genere in contrazioni dell’esistere conseguenti alla dispersione e alla perdizione (droga, percezione della scuola e della vita sociale come non-senso) e vengono dalla eradicazione dalla capacità del soggetto di un’autocentrazione positiva onde costituire un mondo, pervenire nell’autenticità a una coscienza d’altro e di qui a uno stato veramente desiderabile e ulteriore. Esplodono con l’abbandono o l’abbandonarsi dei soggetti personali, istituzionali o fisici alla loro inerte gravità individuale, senza coscienza delle relazioni che comunque li costituiscono e in ogni caso ne condizionano il percorso, talvolta tanto debolmente da far ritenere scomparsi ogni relazione o rapporto.

Millenni di teologia e di pedagogia come scienza filosofica si sono confrontati con il perenne problema del Male, dell’Atto che da puro decade a impuro, della mutazione degenerativa del Bene (G.Gentile). Hanno indicato come i detonatori della violenza, quando non glorifcata come violenza di Stato (guerra), vadano individuati primariamente nell’incultura, nella scarsa fducia in se stessi e la conseguente paura degli altri. Tu sei migliore di me e allora ti distruggo e, specularmente, la nazione X o l’etnia Y valgono nulla e allora le posso concellare dalla faccia della terra. Molte donne vengono uccise da uomini che nel profondo si sentono inadeguati ma un numero ancor maggiore viene quotidianamente pestato dal compagno, ricavandone lesioni psichiche e fisiche permanenti. Un numero ancor maggiore rimane con il proprio compagno anche se non lo stima e non lo ama più temendo che -come talvolta succede- questi si vendichi dell’abbandono maltrattando o uccidendo i bambini.

Completezza di argomentazione vuole che -seppur più raramente e con violenza meno lesiva per limiti fisici- anche le donne attuino violenze morali e talvolta perfino fisiche sui “propri” uomini. Ma gli uomini tacciono, temendo di essere derisi per la propria incapacità di difendersi.

Fingere di far qualcosa

Le prove di un nuovo compromesso storico italiano sono forse cominciate e il terreno delle prime grandi manovre comuni è la risposta vagamente bipartisan di alcuni protagonisti del sistema politico alla violenza sulle donne. Quando i supremi decisori non hanno idee, possono comunque far finta di averne e darsi da fare per farlo credere cooptando chi ne ha meno di loro. Nell’attuale sistema politico e’ tutta questione di comunicazione e la comunicazione può sostituire il nulla, almeno dal punto di vista e di potere del decisore.

Certo in materia di contrasto alla violenza la situazione è proibitiva e operano le macchine didattiche della violenza: evanescenza della famiglia, internet, comunicazione telefonica vanno creando un soggetto tanto integrato nel deep-system, dunque tanto isolato come persona, da aver perso una autentica (non prodotto del sistema informativo globale) coscienza di sé. Il soggetto manifestamente o celatamente violento è perso rispetto a ogni valore, incapace di amare; è perso agli altri e a se stesso e a rischio di dipendenze anomale di tipo psichico o chimico che portano a cercare rimedio al proprio fallimento, alla muta disperazione propria con la violenza sull’altro.

Nella scuola, oltre all’anomia degli alunni, c’é anche quella dei genitori, degli insegnanti, dei dirigenti. Questi ultimi non bastonano fisicamente ma a volte possono far piangere. La violenza nella scuola e nella società è assai difcile da combattere ma invocare una nuova attività di studio, una nuova disciplina signifca solo “fare ammuina” dare ad intendere che si fa “qualcosa”. Magari trenta ore di chiacchiere per alcuni mesi con uno psicologo, come se la violenza fosse solo questione di malfunzionamento psichico individuale e non una ipercomplessa questione culturale e sociale da afrontare semmai sotto un ampio proflo multidisciplinare.

Fare qualcosa di utile

La scuola è come sempre chiamata a soccorrere ai limiti della famiglia e della società. Una risposta potrebbe essere cercata (nessuno la possiede) non in nuove discipline scolastiche o nella creazione di nuove clientele per gli psicologi ma entro un quadro teorico complesso comprendente tutte le scienze giuridiche e dello spirito e, più semplicemente, con l’essere ciascuno di noi una persona che appaia plausibile come riferimento. Nella scuola si contrasta la violenza con l’insegnare bene la propria disciplina. Italiano, matematica, scienze, tutte le discipline sono intrinsecamente i linguaggi della non violenza, della salvezza e dell’amore.

Mi sembra evidente che l’educazione affettiva non possa essere affidata a un solo docente, se non altro per non porre il tutto sulle spalle di un solo soggetto che magari in proposito ha qualche problema pure lui. E’ argomento interdisciplinare in cui ogni disciplina può offrire indicazioni preziose, coerenti con la tradizione pedagogica di continuità/discontinuità, di lavoro/gioco armonico con l’epoca. Dobbiamo allora servircene per guardare alla sua luce la storia di ogni soggetto, la presenza o meno in lui di stelle di riferimento. Molti ragazzi e adulti mai cresciuti esprimono una sorta di dolore per la mancanza di un punto ove dirigersi o cui tornare o su cui orientarsi per il cammino ulteriore, in altre parole di un senso, di una direzione intenzionale originaria e di fondo.

Serve non una nuova disciplina ma scenari di un orientamento non autoritario ma autorevole per qualità umane, culturali e professionali dei suoi attori, gente aperta ad agire e a farsi agire nella relazione entro un quadro culturale non meramente psicologistico, poiché la violenza non comincia e non fnisce a livello individuale. Occorrono delle fgure ricche di fantasia, “forti” per le doti e attraenti nello stile relazionale.

La scuola -tutta, fin dalla scuola dell’infanzia- è luogo di orientamento all’Intero attraverso i saperi; si tratta di aiutar a pervenire a visioni/interpretazioni originali ma non caotiche o deintenzionalizzate, aiutare a protendersi nel reale e nell’immaginario, sapendo il più possibile distinguere tali proiezioni. Si tratta di cercar di educare non solo all’affettività ma all’amore orientando culturalmente l’umano “buono” che è in ciascuno di noi alla vita nonché al mondo come luogo dell’accadere dell’humanitas.


– Giovanni Gentile Genesi e struttura della società, Mondadori

– Piero Bertolini L’esistere pedagogico, La Nuova Italia

– Bertolini/Caronia Per una pedagogia del ragazzo difficile, La Nuova Italia

– Italo Mancini L’Ethos dell’Occidente e Tornino i volti, Marietti

Meloni-Schlein: intesa su corsi anti-violenza a scuola

da La Tecnica della Scuola

Di Pasquale Almirante

Elly Schlein, segretaria del Pd telefona alla presidente del consiglio Giorgia Meloni: affrontiamo insieme l’orrore dei femminicidi e come segno di buona volontà il Governo ha approvato due ordini del giorno del Pd che, combinati a uno di maggioranza, accelerano i tempi per una discussione in Aula sull’introduzione di corsi antiviolenza nelle scuole.

La telefonate fra le due, fra Schlein e Meloni, sarebbe  arrivata dopo giorni di abboccamenti, di messaggi a distanza. Ha dichiarato infatti Schlein: “Almeno sul contrasto alla mattanza lasciamo da parte l’aspro scontro politico, proviamo a far fare un passo in avanti al Paese”. E dopo, la segretaria dem ha dichiarato durante la direzione del suo partito: “Apprezzo il segnale che ha dato la maggioranza con il parere favorevole all’ordine del giorno che chiede di mettere risorse alla formazione degli operatori e delle operatrici e di calendarizzare in tempi rapidi le proposte di legge che insistono sulla prevenzione, compreso il nostro sull’educazione al rispetto e all’affettività in tutti i cicli scolastici”.

Giuseppe Conte, il leader del M5s, è andato oltre questo accordo e ha affermato: “L’educazione affettiva” nelle scuole comporta “anche l’educazione sessuale”, solleticando l’interesse di Verdi-Sinistra, ma che mette in fibrillazione la maggioranza dal momento che l’educazione sessuale nelle scuole è tema che tocca molte e diverse sensibilità nel centrodestra.

In ogni caso il passo più concreto è stato l’approvazione all’unanimità del disegno di legge contro la violenza alle donne che, tra l’altro, prevede pene più severe, l’arresto in flagranza differita e vie prioritarie per i processi, ma per  Schlein non è sufficiente: “La violenza di genere è strutturale, non basta la repressione”.

Come non considera sufficiente il progetto illustrato da Valditara, che prevede ore scolastiche dedicate al tema della violenza di genere nell’ambito dell’educazione civica, gruppi di discussione coordinati dai docenti, percorsi di formazione per i professori in collaborazione con l’ordine degli psicologi, concorsi e campagne informative.

Tuttavia, come osserva il M5S, “Definire questo piano blando è poco”, soprattutto quando sposta il suo ingresso a scuola nelle ore pomeridiane dedicate dai ragazzi ai compiti o anche al tempo libero, considerato pure che non ci potrà mai essere obbligo di partecipazione.


Docente tutor e orientatore, come viene determinato il compenso

da La Tecnica della Scuola

Di Lara La Gatta

Tra le principali richieste di chiarimento inoltrate al Ministero dalle scuole, alcune riguardano il compenso spettante alle due nuove figure di docente tutor e orientatore.

Di seguito riportiamo due delle domande poste al MIM e le risposte fornite.

Cosa succede quando il numero di docenti formati non consente di rispettare il valore minimo del compenso?

I limiti finanziari in materia di compensi fissati dal decreto n. 63 del 5 aprile 2023 (nel caso dei docenti tutor, il compenso minimo ammonta a 2.850) sono da considerarsi inderogabili.

Al fine di individuare quali docenti nominare per ricoprire il ruolo di docenti tutor, è sempre possibile considerare i criteri già previsti dall’art. 5 del DM n. 63 del 5 aprile 2023 per l’avvio alla formazione dei docenti:

  • essere in servizio con contratto a tempo indeterminato con almeno cinque anni di anzianità di servizio maturata con contratto a tempo indeterminato/determinato;
  • aver svolto, in via prioritaria, compiti rientranti tra quelli attribuiti al tutor scolastico e all’orientatore (funzione strumentale ovvero referente per l’orientamento, per il contrasto alla dispersione scolastica, nell’ambito del PCTO, per l’inclusione e attività similari e connesse a tali tematiche);
  • disponibilità ad assumere la funzione di tutor e di orientatore per almeno un triennio scolastico.

Come viene individuato il compenso per la valorizzazione del ruolo dei docenti tutor e del docente orientatore?

Il compenso per la valorizzazione del ruolo dei docenti tutor e del docente orientatore è forfettario e viene definito  da ciascuna istituzione scolastica mediante la contrattazione integrativa, tenendo conto:

  • Delle risorse finanziarie messe a disposizione;
  • Delle peculiarità organizzative e dello specifico contesto di riferimento;
  • Dei limiti massimi e minimi individuati dal DM n. 63 del 5 aprile 2023, che sono inderogabili.


Docente tutor, può svolgere la funzione di orientatore?

da La Tecnica della Scuola

Di Lara La Gatta

Può un docente inizialmente avviato alla formazione come tutor svolgere il ruolo di orientatore?

Questa è una delle principali richieste di chiarimento avanzate dalle scuole al Ministero dell’Istruzione, il quale ha fornito importanti indicazioni.

Innanzitutto, il MIM ha precisato che, come previsto dalla nota prot. n. 2739 del 27 giugno 2023, il percorso OrientaMenti, progettato per la formazione dei docenti tutor e dei docenti orientatori, è il medesimo per entrambe le figure. Infatti, ciascun docente, completate le attività obbligatorie e la verifica di fine percorso, riceve un attestato di frequenza che lo qualifica a ricoprire entrambi i ruoli.

Quindi, chiarisce il Ministero, un docente inizialmente avviato alla formazione per la posizione di tutor potrà essere nominato docente orientatore e viceversa, purché ciò avvenga nel rispetto delle esigenze dell’istituzione scolastica e dei limiti e delle procedure fissati dalla normativa.

Principali funzioni del docente tutor

Il docente tutor:

  • Aiuta e monitora gli studenti nella consultazione e nella compilazione dell’E-Portfolio;
  • Consiglia studenti e famiglie nei momenti di scelta dei percorsi formativi e nella valutazione delle prospettive professionali, mantenendo con loro un dialogo costante.

Principali funzioni del docente orientatore

Il docente orientatore:

  • Si pone come punto di riferimento unico nella scuola per quanto concerne l’orientamento;
  • Consulta, organizza e analizza i dati  su istruzione e lavoro messi a disposizione sulla Piattaforma Unica;
  • Crea contatti con le imprese del territorio, favorendo l’incontro tra offerta formativa e domanda di lavoro.

Concorsi scuola, ricognizione delle aule informatizzate: ulteriore proroga al 30 novembre

da La Tecnica della Scuola

Di Lara La Gatta

In vista dell’avvio delle prossime procedure concorsuali, il Ministero ha avviato una ricognizione delle aule informatizzate presenti nelle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado.

In proposito, è disponibile una piattaforma tramite la quale le scuole potranno procedere alle operazioni di censimento delle aule informatizzate e di successivo collaudo delle postazioni.

Tale piattaforma, volta a raccogliere le informazioni relative alla capienza e alle caratteristiche tecniche di ogni singola aula, è disponibile al seguente link https://prove.concorsi.istruzione.it/, sarà aperta fino al 30 novembre (termine ulteriormente prorogato con nota 45024 del 22/11/2023).

LA NOTA

Riforma tecnici e professionali, se ne parla dal 1961

da Tuttoscuola

A meno di sorprese questa è la settimana nella quale dovrebbe iniziare in Commissione, al Senato, l’esame del disegno di legge predisposto dal ministro Valditara, varato dal Consiglio dei ministri lo scorso 18 settembre, teso a ridisegnare e rafforzare la filiera dell’istruzione tecnico-professionale attraverso la sperimentazione del modello cosiddetto 4+2: 4 anni, divisi in due bienni, in luogo degli attuali 5 degli istituti tecnici e professionali, e 2 anni, coerenti con l’indirizzo seguito, negli ITS “Academy”.

Il ministro spera di poter portare il provvedimento al voto dell’aula entro il 15 dicembre, e alla Camera agli inizi del 2024, in modo da poter avviare la sperimentazione già dal prossimo anno scolastico 2024-25. Accelerare e correre sì, ma senza perdere per strada passaggi fondamentali, perché come dice il proverbio, “la gatta frettolosa fece i gattini ciechi”. Ma per tempi brevi, i più brevi possibile, si schiera il vicepresidente di Confindustria, Giovanni Brugnoli, che in una intervista rilasciata ad Alessandra Testorio di Adnkronos dichiara di considerare una rapida approvazione del disegno di legge come un “segnale importantissimo di inversione di tendenza, un cambio di passo che finalmente riconosce una necessaria nuova alleanza pubblico-privato”. 

Brugnoli conta su un ampio consenso delle forze politiche a una riforma finalizzata a fronteggiare il problema oggi forse più avvertito dal mondo del lavoro, la mancanza di mano d’opera qualificata. L’ultimo rapporto di Unioncamere, sottolinea il vicepresidente di Confindustria, quantifica nel 48% le “mancate competenze”, e in 38 miliardi di euro il conseguente mancato PIL. Così, commenta, “rischiamo di dover scendere dal podio del secondo paese manufatturiero in Europa”. Per evitare che questo avvenga, spiega, è necessario almeno “portare da 26.000 iscritti attuali a circa 60-80mila le nuove ‘matricole’ ITS nei prossimi tre anni”. Certo, l’Italia resterebbe ancora assai sotto i livelli di iscritti al terziario professionalizzante che si registrano in altri Paesi (880mila in Germania), ma almeno anche in Italia l’industria smetterebbe di essere solo “un luogo per avere un posto di lavoro” per diventare “un luogo dove si può avere un’implementazione di competenze” con una contaminazione positiva tra mondo del lavoro e industria.

Positiva, in questo senso, è  considerata la volontà del governo di procedere alla ricostituzione di una “direzione generale ad hoc all’interno del Ministero dell’Istruzione (che) non vedevamo da 12 anni e che sovraintenderà alla sperimentazione per accelerarne e coordinare l’innovazione”.  

Altrimenti, minaccia Brugnoli “l’alternativa sarebbe quella di fare di necessità virtù e di formare i lavoratori in casa”. 

Ci permettiamo di osservare che se questo fosse stato possibile le imprese italiane lo avrebbero fatto da tempo. In realtà ci hanno provato, almeno le più grandi, ma hanno fallito. La verità è che è sempre mancato in Italia un adeguato piano di investimento pluriennale nell’istruzione tecnica e professionale pubblica. Lo sollecitò già nel 1961 con grande precisione lo SVIMEZ, che in un rapporto cui lavorarono Pasquale Saraceno e un giovanissimo Giuseppe De Rita, quantificò in 1.200.000 unità il fabbisogno di laureati e tecnici superiori da formare entro il 1975 (nel 1959 erano 500.000) e in 4-5 milioni quello di tecnici intermedi (contro gli 1.800.000 esistenti), oltre a 6 milioni di “tecnici subalterni e personale qualificato”. Il rapporto, purtroppo, rimase in un cassetto, e da lì non uscì mai.

Orientamento: online Eduscopio 2023, un aiuto nella scelta della scuola superiore e dell’università

da Tuttoscuola

Da oggi online la nuova edizione 2023 di Eduscopio.it della Fondazione Agnelli (www.eduscopio.it), con dati aggiornati sulle scuole secondarie di II grado, grazie ai quali capire quali di esse meglio preparano agli studi universitari o al lavoro dopo il diploma, città per città, indirizzo di studio per indirizzo di studio. Il portale – nato nel 2014 e gratuito – si propone di aiutare gli studenti e le loro famiglie nella scelta del percorso di studi dopo la terza media. Dalla nascita a oggi circa 2,8 milioni di utenti unici hanno visitato Eduscopio.itconsultando oltre 13,3 milioni di pagine.

Eduscopio consente agli studenti e alle studentesse alla fine della scuola media di comparare le scuole dell’indirizzo di studio secondario che interessa nell’area dove risiedono, sulla base di come queste preparano per l’università o per il mondo del lavoro dopo il diploma.

“Questo è il decimo anno in cui realizziamo Eduscopio – ha ricordato il direttore della Fondazione Agnelli, Andrea Gavosto – e di anno in anno il portale si conferma uno strumento utile ai ragazzi e alle ragazze per fare una scelta più consapevole degli studi successivi. A dire il vero, una risorsa come Eduscopio dovrebbe arrivare dopo un triennio alle scuole medie molto concentrato sull’orientamento, con attività didattiche dedicate a fare emergere gli interessi e le inclinazioni degli studenti. Sappiamo che non sempre è così e spesso il consiglio orientativo della scuola si limita a ratificare il profitto scolastico, anziché aiutare gli studenti a scegliere l’indirizzo di studi più consono alle qualità di ciascuno. È per questo che la Fondazione Agnelli propone ora alle scuole secondarie di I grado la piattaforma gratuita Futuri (www.futuri.org), creata in collaborazione con la Fondazione De Agostini, dove si trovano attività di orientamento per i tre anni, aiutando così i docenti nella definizione del consiglio finale. A quel punto, la scelta informata della singola scuola utilizzando anche Eduscopio diventa una naturale conseguenza”.

 Per la nuova edizione di Eduscopio, il gruppo di lavoro della Fondazione Agnelli, coordinato da Martino Bernardi, ha analizzato i dati di 1.326.000 diplomati italiani di 7.850 scuole, in tre successivi anni scolastici (a.s. 2017/2018, 2018/2019, 2019/2020).

Le analisi e i confronti di Eduscopio si riferiscono a due compiti educativi fondamentali:

  • la capacità dei licei, ma anche degli istituti tecnici di preparare e orientare gli studenti a un successivo passaggio agli studi universitari;
  • la capacità degli istituti tecnici e degli istituti professionali di preparare gli studenti a un positivo ingresso nel mondo del lavoro per quanti, dopo il diploma, non intendono andare all’università e vogliono subito trovare un impiego.

Esame di maturità e primo anno di università in piena pandemia da Covid19: i diplomati del 2020

In questa edizione di Eduscopio viene considerata come ultima delle tre coorti di diplomati quella dell’anno scolastico 2019-2020. Sono studenti che hanno superato la maturità nel giugno 2020, durante il primo lockdown da Covid 19, un esame che si era svolto in forma modificata (in presenza, ma senza prove scritte e con commissioni tutte interne, salvo il presidente); successivamente hanno avuto la possibilità di immatricolarsi all’università per l’anno accademico 2020-2021, che ancora si è svolto interamente online per l’emergenza sanitaria (le prime vaccinazioni – come si ricorderà – iniziarono nella primavera del 2021). Ai diplomati 2020 abbiamo dedicato un approfondimento, utilizzando i dati che emergono da Eduscopio, per capire se e in qual misura i risultati della maturità e del primo anno di università si siano differenziati da quelli dei diplomati degli anni precedenti.

Per quanto riguarda i risultati dei diplomati 2020 all’esame di Stato, si osserva un notevole incremento della media dei loro voti, che a livello nazionale arriva a 81,5/100, di circa 5 punti superiore a quella delle tre annualità precedenti. Evidentemente, hanno influito le diverse modalità dell’esame in quell’anno.

Se consideriamo, invece, le immatricolazioni all’università cosiddette a ‘ritardo zero’, ossia quelle che vedono gli studenti iscriversi per la prima volta all’università nell’anno accademico immediatamente successivo al loro esame di maturità, la percentuale per i diplomati 2020 risulta in crescita rispetto al passato: il 56,2% si è iscritto all’università subito dopo la maturità, rispetto al 54,1% dei diplomati del 2019 e poco sotto il 54% per i diplomati 2018 e 2017. La crescita nel tasso di immatricolazione è stata relativamente uniforme per i diplomati 2020 dai diversi indirizzi di studio, con un picco per chi proveniva dal liceo linguistico (+3.5%), mentre nel classico e scientifico l’aumento è stato più ridotto, rispettivamente +2% e +1.5%. A livello territoriale le crescite più forti si sono registrate nel Centro (+2,7% rispetto ai diplomati 2019) e nelle Isole (+3,5%). Anche il rapporto Anvur 2023 conferma un significativo aumento delle immatricolazioni nell’a.a. 2020-21 rispetto all’anno prima.

Fra i diplomati del 2020 che si sono subito immatricolati all’università è notevolmente aumentata la percentuale di studenti che non hanno dato alcun esame nel corso del primo anno accademico.

La media a livello nazionale è salita a 18,8%; era del 16% per i diplomati del 2019, 14,1% per quelli del 2018 e 13,9% per quelli del 2017. A livello di indirizzo di studio di provenienza, l’aumento è distribuito in modo abbastanza omogeneo: un po’ più degli altri hanno patito i diplomati dei tecnici tecnologici. A livello di area di studio universitaria, sono gli immatricolati in scienze matematiche, fisiche e naturali quelli che hanno “sofferto di più”: la percentuale di chi non ha dato esami cresce del 4.2% rispetto all’anno precedente. A livello territoriale, la variazione più significativa riguarda gli immatricolati del 2020 nelle Isole, con un +5% rispetto all’anno precedente. Considerando invece solo chi di esami ne ha sostenuti (escludendo quindi dal computo gli studenti con zero esami al primo anno), la percentuale di crediti universitari ottenuti rispetto al carico didattico diminuisce, scendendo a livello nazionale per gli immatricolati del 2020 a poco meno del 66,9%, rispetto al 69,3% per gli immatricolati dell’anno precedente.

“Una possibile spiegazione – ha commentato Andrea Gavosto – è che l’emergenza sanitaria, insieme alle drammatiche prospettive del mercato del lavoro nel 2020, abbiano indotto a iscriversi all’università studenti che in altre situazioni non lo avrebbero fatto: una volta superata la fase più critica, molti di questi hanno rinunciato a dare esami. Questi dati offrono comunque ulteriori indizi e segnali d’allarme a proposito delle fragilità emotive dei ragazzi e delle ragazze che sono stati investiti in pieno dalla pandemia”.

Per contro, è aumentata lievemente la media dei voti agli esami: era 25 per gli immatricolati del 2017, arriva al 25,3 per chi si è diplomato e immatricolato nel 2020.

Come funziona Eduscopio.it ?

Per avere idee più chiare su quale sia la scuola “giusta” per le proprie aspettative e inclinazioni, lo studente non dovrà fare altro che seguire un semplice percorso sul portale, specificando

  1. se è orientato a una scelta che porti all’università o piuttosto al lavoro dopo il diploma;
  2. quale indirizzo di studio (liceo scientifico, istituto tecnico economico ecc.) è orientato a scegliere;
  3. in quale comune italiano risiede.

In pochi click avrà la possibilità di confrontare gli esiti delle scuole che si trovano nella sua zona e offrono quell’indirizzo di studi.

Le scuole che preparano per l’università in Eduscopio.it

In questa sezione del portale sono considerati i licei e gli istituti tecnici del Paese (con l’eccezione di quelli della Regione autonoma Valle d’Aosta e dell’Alto Adige). Non tutte le scuole hanno, infatti, come missione primaria quella di preparare alla prosecuzione in corsi universitari. Alcune, come gli istituti professionali, perseguono soprattutto l’obiettivo di favorire l’ingresso sul mercato del lavoro dei propri diplomati. Pertanto, non avrebbe senso valutarli primariamente in base al criterio dei risultati universitari e perciò tali istituti non compaiono in questa sezione del portale. All’opposto, la maggioranza degli studenti dei licei proseguono gli studi all’università. Anche negli istituti tecnici, nonostante il loro prevalente intento professionalizzante, una percentuale considerevole di diplomati (in media almeno 1 su 3) preferisce la prosecuzione degli studi al livello universitario piuttosto che l’ingresso immediato nel mercato del lavoro. Per queste ragioni abbiamo preferito limitare in questa sezione la nostra analisi alle scuole di indirizzo liceale e tecnico, basandoci sui dati dell’Anagrafe degli Studenti (ANS) e nell’Anagrafe degli Studenti Universitari e dei Laureati (ANSUL) del MIUR.

Per dare maggiore solidità statistica ai risultati, abbiamo deciso di considerare solo licei e istituti tecnici che mandano un congruo numero di diplomati all’università (almeno 1 su 3). Per evitare che il risultato complessivo dipenda dalle performance di pochi studenti particolarmente brillanti o carenti, abbiamo introdotto un’altra condizione: consideriamo solo le scuole che per almeno un indirizzo di studio mandano all’università un numero non inferiore a 21 diplomati nell’arco del triennio considerato. Dunque, sia una soglia relativa (almeno un terzo di diplomati per indirizzo di studio devono proseguire) sia una soglia assoluta (almeno 21 studenti per indirizzo di studio in 3 anni) per attenuare il rischio di misurazioni distorte.

Sulla base di questi criteri, abbiamo seguito più di 1.100.000 diplomati nei loro percorsi universitari al primo anno da immatricolati (anni accademici 2018-19, 2019-20, 2020-21). A partire dal numero di esami superati e dalla media dei voti ottenuta traiamo indicazioni sulla qualità delle scuole secondarie di provenienza e la esprimiamo in sintesi nell’Indice FGA: il nostro indicatore pesa al 50% la velocità nel percorso di studi (percentuale di crediti universitari ottenuti) e la qualità negli apprendimenti (media dei voti agli esami).

Si conferma l’interesse anche dell’indicatore chiamato Percentuale di diplomati in regola, che ci dice per ogni scuola quanti studenti iscritti al primo anno hanno raggiunto senza bocciature il diploma cinque anni dopo. Se la percentuale è alta, la scuola è molto “inclusiva” e si impegna a portare avanti il maggiore numero di studenti, senza praticare una severa politica di selezione e scrematura: così gli studenti hanno percorsi più regolari. Se la percentuale è bassa, la scuola è molto selettiva e gli studenti sono incappati in bocciature e/o hanno abbandonato l’istituto. Fin dalla prima comparsa di questo indicatore in Eduscopio, le nostre analisi hanno sottolineato come non vi sia relazione sistematica tra selettività della scuola e risultati dei diplomati all’università. Anzi, si conferma una correlazione positiva, secondo la quale in media sono proprio gli studenti delle scuole che meno selezionano durante il percorso a ottenere poi i risultati migliori all’università.

Le scuole che preparano al lavoro in Eduscopio.it

In questa sezione troviamo gli istituti tecnici (indirizzi economico e tecnologico) e tutti gli istituti professionali (settori Servizi e Industria e artigianato) di tutta Italia, nuovamente con l’esclusione di Valle d’Aosta e Alto Adige. Abbiamo analizzato gli esiti lavorativi di più di 630mila diplomati. Due sono state le fonti dei dati. La prima è nuovamente l’Anagrafe Nazionale degli Studenti (ANS) del MIUR, dalla quale vengono tratte le informazioni sugli studenti che hanno conseguito un diploma in una scuola statale o paritaria. La seconda è rappresentata dalle Comunicazioni Obbligatorie (CO) del Ministero del Lavoro, che descrivono per ogni lavoratore dipendente gli eventi che ne caratterizzano la carriera lavorativa, il cui trattamento è stato realizzato attraverso gli standard qualitativi del CRISP (Centro di Ricerca Interuniversitario per i Servizi di Pubblica Utilità) dell’Università Milano Bicocca, guidato da Mario Mezzanzanica.

La comparazione tra le scuole viene proposta sulla base di due indicatori fondamentali:

  1. la percentuale dei diplomati “occupati” (che hanno lavorato per più di sei mesi in due anni dal diploma) in rapporto ai diplomati che non si sono immatricolati all’università.
  2. la coerenza tra studi fatti e il lavoro svolto

Il ruolo del Terzo settore per lo sviluppo delle competenze

TERZO SETTORE: 22 E 23 NOVEMBRE CONVEGNO SULLE COMPETENZE DI CITTADINANZA
L’evento in occasione dell’Anno Europeo delle Competenze punta a stimolare la nascita di una strategia nazionale che contrasti povertà educativa e disuguaglianze crescenti.

Roma, 15 nov – L’Italia è in ritardo rispetto all’Europa sul piano del riconoscimento delle competenze trasversali e di cittadinanza, ma il Terzo settore può offrire un grande contributo nel colmare il divario, alla luce dell’esperienza portata avanti negli anni con il volontariato, il Servizio civile e la formazione dedicata ai soggetti più fragili.

In occasione dell’Anno Europeo delle Competenze 2023, il Forum Terzo Settore organizza il convegno “Il ruolo del Terzo settore per lo sviluppo delle competenze”, il 22 e 23 novembre a Roma, che punta a stimolare la nascita, anche facendo leva sull’esperienza del Terzo settore, di una strategia nazionale sulle competenze, in grado di contrastare povertà educativa e disuguaglianze crescenti garantendo il diritto all’apprendimento permanente.

L’obiettivo è in linea con la recente Raccomandazione in materia di economia sociale approvata dal Consiglio dei Ministri europei del Lavoro e delle Politiche Sociali, che sottolinea l’importanza di sostenere lo sviluppo delle competenze anche per promuovere l’accesso al mercato del lavoro e l’inclusione sociale.
Il convegno sarà inoltre l’occasione per presentare i primi dati dell’indagine “NOI+. Valorizza te stesso, valorizzi il volontariato” sulle competenze di circa 10mila volontari italiani, condotta da Forum Terzo Settore e Caritas Italiana in collaborazione con il Dipartimento di Scienze della Formazione dell’Università di Roma Tre.

In allegato la bozza di programma.
Per partecipare in presenza è necessario accreditarsi scrivendo a: carnevale@forumterzosettore.it
Sarà disponibile la diretta streaming sul canale youtube del Forum Terzo Settore.

Programma in via di aggiornamento -22-23-novembre2023.pdf

Soci del Forum Nazionale del Terzo Settore ETS:

ACLI | ACSI | ActionAid International Italia ETS | ADA NAZIONALE | ADICONSUM | ADOC Aps | AGCI Imprese sociali | AGESCI | A.I.A.S. | Ai.Bi. | Aicat | AICS | A.I.D.O. | AISLA | AISM APS/ETS | AMESCI | ANCC-COOP | ANCeSCAO Aps | ANCOS | ANFFAS Onlus | ANMIC | ANMIL Onlus | ANOLF | ANPAS | ANSPI |ANTEAS | AOI | APICI | ARCI APS | ARCIGAY | ARCIRAGAZZI | ASC Attività Sportive Confederate | ASC Arci Servizio Civile APS | ASES | ASI | Associazione AMBIENTE E LAVORO | Associazione della Croce Rossa Italiana | Associazione Italiana Sindrome X Fragile | Associazione di promozione sociale Santa Caterina da Siena | Associazione Nazionale Banche del Tempo | Assoutenti | AUSER | AVIS | CAPIT APS | CdO Opere Sociali | CINI| CITTADINANZATTIVA Onlus | CNCA | CNESC | CNGEI | CNS Libertas | COCIS | COMUNITA’ EMMANUEL | Confederazione Nazionale delle Misericordie d’Italia | CSAIn | CSEN | CSI | CTG | EMMAUS ITALIA | ENS | Europa Donna | EVAN | Fairtrade Italia | FEDERAVO Onlus |Federazione Colombofila Italiana | Federconsumatori | Federludo | Federsolidarietà – Confcooperative | FENALC | Fict | FICTUS | FIDAS | FIMIV | FISH | FITeL | FOCSIV | Fondazione Exodus | Forum Nazionale per l’Educazione musicale | IdeAzione – C.I.A.O.  | LEGACOOPSOCIALI | LEGAMBIENTE | LINK 2007 | MCL – Movimento Cristiano Lavoratori | Movimento Difesa del Cittadino | Mo.VI | MODAVI | Movimento Consumatori | MSP-Movimento Sportivo Popolare Italia | OPES | Parent Project Aps | Polisportive Giovanili Salesiani | PROCIV- ARCI | Rete delle Culture |Salesiani per il sociale APS | SLOW Food | U.Di.Con | U.S.ACLI | Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti | UILDM Onlus | UISP | Uneba | Uniamo | UNPLI

Enti aderenti: Fondazione SODALITAS | Comitato Italiano per l’UNICEF