Stati generali sulle disabilità intellettive

ANFFAS lancia gli Stati generali su disabilità intellettive
Redattore Sociale del 28/11/2023

PALERMO. Si svolgeranno venerdì 1° dicembre a Palermo, a Palazzo dei Normanni, (Sala “Piersanti Mattarella”, piazza del Parlamento 1) gli “Stati generali sulle disabilità intellettive e disturbi del neurosviluppo in Sicilia”, su iniziativa di ANFFAS Nazionale, in collaborazione con ANFFAS Sicilia, con l’obiettivo di fare il punto sulle tematiche e le politiche concernenti, appunto, le disabilità intellettive e i disturbi del neurosviluppo.

L’evento, come consuetudine di ANFFAS, sarà volto anche alla celebrazione concreta della Giornata internazionale delle persone con disabilità che ricade ogni anno il 3 dicembre e il cui tema quest’anno è “Uniti nell’azione per tutelare e raggiungere gli obiettivi di sviluppo sostenibile per, con e da parte delle persone con disabilità”.

Tra gli interventi istituzionali ci sarà anche quello del ministro per le Disabilità, Alessandra Locatelli, e prenderà altresì parte ai lavori il presidente nazionale della Fish – Federazione italiana superamento handicap, avvocato Vincenzo Falabella.

Si affronteranno, in particolare, le specificità del territorio, attraverso un dialogo e un confronto con le istituzioni, le amministrazioni, le rappresentanze sindacali e soprattutto, con le famiglie e le persone con disabilità, allo scopo di focalizzare i punti di forza e i punti deboli della realtà siciliana. L’iniziativa è tesa a sottolineare il nuovo ruolo e protagonismo che assume il Terzo Settore nelle relazioni con le istituzioni e sarà anche l’occasione per ribadire quali sono i diritti delle persone con disabilità intellettive e del neurosviluppo e il loro livello di esigibilità in Sicilia, dando voce, oltre che agli esperti, anche alle altre associazioni di settore con cui ANFFAS si relaziona.

Nello specifico la prima parte della giornata vedrà illustrato il documento “I diritti delle persone con disabilità intellettive e disturbi del neurosviluppo e dei loro familiari in Sicilia. Quadro Generale”, realizzato dall’avvocato Alessia Maria Gatto e dall’avvocato Mariapaola Giardina, componenti del Centro Studi Giuridici e Sociali di ANFFAS Nazionale. Si tratta di un lavoro importante che consentirà di rendere chiara la situazione dei cittadini con disabilità intellettive e disturbi del neurosviluppo in Sicilia dal punto di vista dei diritti, andando così ad esplicitare un contesto ancora purtroppo non semplice.

Seguirà, dopo i saluti degli autorappresentanti di ANFFAS Sicilia e delle Istituzioni, il confronto focalizzato su “La rete integrata dei servizi in Sicilia per le persone con disabilità intellettive e disturbi del neurosviluppo. I punti di forza e di criticità”: moderato da Antonio Costanza, presidente di ANFFAS Palermo, questo momento dell’incontro permetterà, attraverso le voci dei rappresentanti delle organizzazioni locali che vi parteciperanno, di analizzare questioni delicate per il territorio anche attraverso il collegato successivo dibattito a cui seguirà, nel primo pomeriggio, la tavola rotonda dal titolo “La Legge Delega sulla disabilità e i suoi decreti attuativi”, moderata da Carlo Alberto Tregua, Direttore del Quotidiano di Sicilia: un momento di approfondimento volto a comprendere e sviscerare nel dettaglio la recente Legge Delega con il coinvolgimento dei rappresentanti istituzionali del territorio. L’evento si chiuderà con l’intervento e le conclusioni di Roberto Speziale, presidente nazionale ANFFAS

La Giornata in programma a Palermo è tappa di un percorso virtuoso che vedrà progressivamente coinvolte tutte le regioni d’Italia, per culminare all’organizzazione degli Stati generali sulle disabilità intellettive e disturbi del neurosviluppo a livello nazionale nel 2025, nonché supportare analoga iniziativa di Fish Nazionale che a sua volta andrà a celebrare gli Stati generali di tutte le disabilità.

Progetto individuale di vita, autodeterminazione, Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità, integrazione socio-sanitaria, modello di disabilità fondato sul rispetto dei diritti umani e sulla qualità della vita, sono alcuni tra i temi di questi Stati generali, che perseguono, quindi, l’obiettivo di contribuire a costruire un percorso, grazie al quale affermare ed esigere i diritti in Sicilia con minore fatica rispetto a quanto avvenuto fino ad ora.

“Gli Stati Generali del 1° dicembre- sottolinea Giuseppe Giardina, presidente di ANFFAS Sicilia- saranno un appuntamento fondamentale per il movimento delle persone con disabilità intellettive e disturbi del neurosviluppo, perché se da un lato sarà l’occasione per fornire una panoramica d’insieme sulla situazione attuale nella Regione Siciliana, dall’altro è un passo importante per rendere realmente concrete le previsioni sancite dalla Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità. Il movimento delle persone con disabilità auspica, quindi, che l’Intero mondo politico-istituzionale voglia e sappia cogliere l’opportunità di questo importante momento di confronto e partecipazione”.

“Questo appuntamento segna il continuum con gli Stati generali disabilità e salute del giugno scorso organizzati da ANFFAS Campania, in collaborazione con Fish Campania, e indica la chiara e decisa volontà di ANFFAS tutta nel proseguire questo importantissimo percorso volto a fare il punto su tutto il contesto italiano per ciò che concerne la condizione delle persone con disabilità intellettive e disturbi del neurosviluppo e dei loro familiari in tutti gli ambiti che le riguardano, con l’obiettivo di vedere applicata realmente la Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità su tutto il territorio italiano”: così dichiara Roberto Speziale, presidente nazionale ANFFAS.

Per maggiori informazioni è possibile consultare il sito www.anffas.net

L’indagine sulla sclerosi multipla

L’indagine sulla sclerosi multipla. Telemedicina, non c’è più tempo
Vita del 28/11/2023

Si tratta di una rivoluzione di cui si discute da tempo. Se ne parla nell’indagine promossa dai neurologi italiani, da AISM e da Biogen, su alcuni centri che gestiscono la metà delle persone con sclerosi multipla in Italia

La telemedicina come strumento potente di gestione del paziente è un tema certamente molto attuale per alcuni benefici che consentirebbe di ottenere soprattutto nella cronicità. La sua realizzazione nei percorsi di cura è tuttavia ancora ben lontana dall’essere realizzata; è giunto il momento di regolamentarla e di dare un taglio all’improvvisazione del sistema, perché non si può più affidarsi alla volontarietà dei professionisti.

Se ne è tornati a parlare in occasione della presentazione dei risultati dell’indagine “Stato dell’arte e prospettive per la telemedicina nella gestione dei pazienti con sclerosi multipla” promossa dalla Società italiana di neurologia Sin, dall’Associazione italiana sclerosi multipla AISM e dall’azienda biotecnologica Biogen, in collaborazione con il Centro studi avanzato in Innovazione, leadership and Health Management dell’Università di Catania e con il contributo di Valeria Tozzi del Cergas di Sda Bocconi.

L’indagine, realizzata nell’ambito del più ampio progetto EcoSM (che sta per Ecosistema digitale di assistenza e monitoraggio del paziente con Sclerosi Multipla) su un campione di centri che complessivamente gestiscono la metà delle persone con sclerosi multipla in Italia, voleva fotografare la situazione attuale relativamente all’utilizzo e all’impatto della televisita, che rappresenta oggi l’esperienza più concreta di telemedicina sperimentata in neurologia. Sono stati coinvolti clinici e pazienti che, a partire dall’emergenza pandemica, hanno continuato a usare questi strumenti e che oggi possono quindi condividere indicazioni e buone pratiche.

I dati raccolti evidenziano che oggi il processo di innovazione è ben avviato, con il 45% degli intervistati che sta già utilizzando strumenti di tele-visita con un buon livello di soddisfazione da parte dei pazienti (67%). «La fotografia scattata dall’indagine ci indica chiaramente che ci troviamo in un momento cruciale in cui dobbiamo agire. I dati raccolti mostrano che la televisita ha raggiunto oggi un buon livello di utilizzo nei percorsi di assistenza e monitoraggio delle persone con sclerosi multipla, ma permangono delle barriere strutturali che ostacolano la sua diffusione uniforme e consolidata» ha affermato Claudio Gasperini, Coordinatore del gruppo di studio Sm della Società italiana di neurologia, affermando però che mancano e andrebbero presto «realizzate le condizioni per una piena integrazione strutturale della telemedicina nei percorsi di gestione della sclerosi multipla».

La telemedicina e la teleassistenza, se implementate a tempo debito, avrebbero messo tutti nelle condizioni di affrontare meglio la pandemia. Il Covid ha impresso un’accelerazione all’utilizzo dei dispositivi digitali in medicina, che però non è stato ancora istituzionalizzato e rimane così uno strumento nelle mani del clinico che vi ricorre a sua discrezione. Con le attrezzature magari obsolete e senza il riconoscimento del tempo medico e chiare indicazioni su cosa è trasferibile da remoto o online e cosa no.

L’indagine non fa che confermarlo: la quasi totalità (87%) dei centri coinvolti nell’indagine che ha dichiarato di non utilizzare la telemedicina indica come barriera all’utilizzo l’assenza di adeguate condizioni operative. La maggioranza dei rispondenti ritiene che la mancanza di una forma di finanziamento specifica per la tele-visita (40%), la mancanza di un’adeguata dotazione tecnologica o della connettività necessaria (60%) siano barriere importanti all’utilizzo di questa tecnologia.

Un’urgenza condivisa anche da Mario Alberto Battaglia, direttore generale di AISM e presidente Fism che auspica, per «migliorare la presa in carico e la qualità di vita dei pazienti e delle loro famiglie», che vengano presto avviati «gli interventi organizzativi e gestionali necessari a superare le barriere infrastrutturali e di regolamentazione che ostacolano un uso della telemedicina consolidato, sistematico e uniforme sull’intero territorio nazionale. In particolare, auspichiamo interventi nella codificazione e tariffazione delle tele-visite nelle Regioni; nell’elaborazione di protocolli comuni da integrare nel Percorso Diagnostico Terapeutico Assistenziale, oltre che un piano di formazione per operatori, persone con SM e caregiver».di Nicla Panciera

Erasmus+: istruzione, formazione, gioventù e sport in Europa

Erasmus+ 2024: 4,3 miliardi di € per sostenere la mobilità e la cooperazione nei settori dell’istruzione, della formazione, della gioventù e dello sport

La Commissione ha pubblicato oggi l’invito a presentare proposte del 2024 nell’ambito di Erasmus+, il programma dell’UE per l’istruzione, la formazione, la gioventù e lo sport in Europa. Con un bilancio di 4,3 miliardi di € per il prossimo anno, Erasmus+ continuerà a sostenere le esperienze transnazionali di alunni e studenti dell’istruzione superiore e dell’istruzione e formazione professionale. Il programma offre inoltre opportunità ai discenti adulti, agli educatori e al personale, nonché ai giovani nell’ambito di programmi di apprendimento informale.

Per attenuare gli effetti dell’inflazione sui partecipanti che studiano all’estero e consentire un’ampia partecipazione, il programma aumenterà gli importi delle borse di mobilità. Seguendo lo stesso approccio adottato per l’invito del 2023, gli importi delle borse individuali per gli studenti all’estero saranno adeguati del 5,9% per la maggior parte delle azioni di mobilità dell’invito del 2024. Tale aumento si aggiunge a un primo adeguamento del 12,27% nel 2023. Nel 2024 il programma offrirà maggiori incentivi a favore dei viaggi sostenibili. Per la prima volta saranno offerte sovvenzioni di viaggio anche per la mobilità all’interno dell’UE nell’ambito dell’istruzione superiore.

Erasmus+ continuerà a sostenere l’Ucrainamediante numerosi progetti, come la promozione dell’integrazione dei rifugiati in un nuovo sistema di istruzione. Ulteriori informazioni sono disponibili nel comunicato stampa.

Educazione alle relazioni, percorsi progettuali per le scuole

Educazione alle relazioni, percorsi progettuali per le scuole. Stato dell’arte.

Dario Angelo TUMMINELLI, Carmelo Salvatore BENFANTE PICOGNA, Zaira MATERA

Educare alle relazioni è un progetto sperimentale ed innovativo introdotto dal Ministero dell’Istruzione e del Merito che mira a promuovere la formazione affettiva e relazionale delle nuove generazioni attraverso una formazione specifica rivolta agli studenti delle scuole secondarie di secondo grado, al fine di contrastare la violenza di genere e favorire il rispetto dell’altro.

Con la Direttiva 24 novembre 2023, AOODPPR 83 “Educazione alle relazioni” – Percorsi progetuali per le scuole, il dicastero dell’istruzione rafforza, dunque, il suo impegno verso un’azione educativa mirata alla cultura del rispetto, all’educazione alle relazioni e al contrasto della violenza di genere.

Approfondimento Il tema del femmicidio è attualmente oggetto di ampio dibattito pubblico, sociale e politico ed è sotto l’attenzione dell’attuale governo. Non da ultimo la recente emanazione della Legge del 24 novembre 2023, n. 168 pubblicata in Gazzetta Ufficiale Serie Generale n. 275 del 24 novembre 2023 intitolata “Disposizioni per il contrasto della violenza sulle donne e della violenza domestica” che entrerà in vigore il prossimo 09 dicembre.

La direttiva in parola, in corso di registrazione alla Corte dei Conti, è stata fortemente voluta dall’attuale Ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara a seguito dei recenti fatti di cronaca di violenza fisica e sessuale che hanno interessato e coinvolto minori (studenti) a Caivano e a Palermo e anche dopo una attenta valutazione dei dati ufficiali registrati e comunicati dal Ministero dell’Interno, nei quali si evidenzia la preoccupante tendenza all’aumento negli ultimi anni (trend sempre più in crescita) del fenomeno noto come “femminicidio”.

La violenza contro le donne è una delle violazioni dei diritti umani più diffuse e devastanti, una negazione quotidiana della dignità della persona, che è il valore cardine della nostra società” è quanto dichiarato dal Ministro nel videomessaggio pubblicato sul sito e sui canali social del Ministero, in occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, celebrata ogni 25 novembre consultabile dal link: https://www.miur.gov.it/web/guest/-/25-novembre-il-videomessaggio-del-ministro-valditara-la-violenza-contro-le-donne-e-negazione-dei-diritti-umani-la-scuola-costituzionale-in-prima-linea

In questa iniziativa progettuale rientrano in sinergia e in un più ampio contesto di sensibilizzazione al tema, i Ministeri per la Famiglia, la Natalità e le Pari Opportunità e il Ministero della Cultura, attraverso la condivisione di un protocollo d’intensa siglato con il Ministero dell’Istruzione sulla “Prevenzione e contrasto della violenza maschile nei confronti delle donne e della violenza domestica – iniziative rivolte al mondo della scuola”.

Il protocollo ha una durata biennale, a decorrere dalla data della sottoscrizione, e potrà essere rinnovato e prorogato, previo accordo fra i dicasteri interessati e dalla sua attuazione non potranno comunque derivare nuovi o maggiori oneri a carico delle istituzioni scolastiche aderenti.

L’intento del Ministero, con l’emanazione della direttiva e la firma del protocollo, è di porre rimedio a questo triste fenomeno, con la prioritaria necessità di promuovere, attraverso percorsi mirati, progettati autonomamente dalle Istituzioni scolastiche, l’educazione alle relazioni.

Invero, il progetto ricalca il solco tracciato da precedenti interventi normativi riprendendo gli orientamenti e le Linee guida del 27 ottobre 2017 intitolate “Educare al rispetto: per la parità tra i sessi, la prevenzione della violenza di genere e di tutte le forme di discriminazione”, predisposte dallo stesso ministero in attuazione dell’articolo 1 comma 16 della Legge 13 luglio 2015, n. 107 “Riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione e delega per il riordino delle disposizioni legislative vigenti” e della nota MIUR prot. n. AOODGSIP.5515 del 27 ottobre 2017 “Piano nazionale MIUR di educazione al rispetto”, derivante dalla sopra citata legge.

Come previsto dall’art. 1 della citata direttiva, i percorsi educativi saranno iniziative progettuali “extra-curriculari”, con attività pluridisciplinari e metodologie laboratoriali e con un impegno annuo di 30 ore.

I progetti sono destinati, in particolare, agli studenti frequentanti le istituzioni scolastiche secondarie di II grado del sistema nazionale di istruzione.

I discenti saranno coinvolti attivamente nei progetti attraverso gruppi di discussione e autoconsapevolezza, preferibilmente composti da 6 a 12 studenti di età omogenea, che si incontreranno una volta ogni due settimane per un’ora o due, coordinati dai docenti referenti, per realizzare un processo di continua maturazione cognitiva, educativa e culturale, diffondere i valori del rispetto reciproco e della parità di genere, ridurre atteggiamenti discriminatori e violenti e far acquisire e cogliere gli strumenti necessari per riconoscere, anche precocemente, i primi segnali di discriminazione e di violenza contro le donne.

Le attività didattiche e laboratoriali, basate sul metodo “Balint” (lavoro di gruppo),saranno espletate nelle ore pomeridiane per non sovrapporsi (ma integrarsi) con le ore di Educazione civica, disciplina trasversale introdotta recentemente (settembre 2020). Il focus centrale dei temi sarà una base comune tra costruzione di relazioni affettive, la percezione di genere, gli stereotipi e il rispetto dell’altro.

Nell’art. 2 sono previste le modalità attuative dei progetti che dovranno seguire un percorso prestabilito approvato dagli organi collegiali (collegio dei docenti e consiglio di istituto) cosi come articolato:

  1. indicazione di un docente referente per ogni istituzione scolastica coinvolta;
  2. costituzione di gruppi di discussione – focus group – aventi come unità funzionale di riferimento la classe.
  3. individuazione, per ogni gruppo-classe, di un docente che possa fungere da animatore-moderatore;
  4. svolgimento di un’adeguata formazione di ciascun docente-moderatore, secondo un programma che il Ministero dell’istruzione e del merito predispone anche con il supporto di organismi scientifici e professionali.

Un aspetto molto qualificante dell’iniziativa è rappresentato dal coinvolgimento delle associazioni delle famiglie – FONAGS (Forum nazionale delle associazioni dei genitori della scuola) incardinato presso la Direzione generale per lo studente, l’inclusione e l’orientamento scolastico, per l’attuazione dei progetti. Le linee guida del progetto saranno dunque condivise con il FONAGS che potrà formulare eventuali osservazioni e suggerimenti.

L’articolo 3 della direttiva prevede il finanziamento delle attività e il reperimento delle risorse necessarie per la realizzazione delle iniziative progettuali coerenti. Sono stati stanziati 15 milioni di Euro, somme a valere sui fondi europei PON (Programma Operativo Nazionale) “Per la Scuola – competenze e ambienti per l’apprendimento” e del PN “Scuole e competenze” 2021-2027.

Le istituzioni scolastiche secondarie di secondo grado del sistema nazionale di istruzione potranno liberamente aderire o meno, nell’ambito delle risorse disponibili, attraverso la propria candidatura mediante un apposito avviso pubblico che sarà successivamente emanato e pubblicato. La partecipazione delle istituzioni scolastiche sarà dunque facoltativa così come è facoltativa l’adesione degli studenti previo il consenso da parte dei genitori o gli esercenti la responsabilità genitoriale.

L’art. 4 della direttiva prevede le azioni di accompagnamento e di formazione del corpo docente coinvolto nelle iniziative e nelle attività progettuali. Il MIM, avvalendosi dell’INDIRE (Istituto nazionale di documentazione innovazione e ricerca educativa), garantirà l’erogazione di specifici percorsi di formazione a favore degli insegnanti coinvolti e l’accompagnamento puntuale delle istituzioni scolastiche con un attivo supporto nella realizzazione delle attività progettuali previste anche mediante la collaborazione dell’Ordine degli psicologi e/o di altri organismi scientifici e professionali qualificati (a titolo di esempio la consulenza di giuristi e pedagogisti ed esperti del settore).

Le figure coinvolte nei progetti, sia interni (docenti) che esterni (esperti), saranno opportunamente incentivate tramite compensi extra per le ore aggiuntive espletate, rispettando i termini dei contratti collettivi nazionali.

In conclusione il progetto “Educare alle relazioni” ha suscitato diverse reazioni e accesi dibattiti, sia favorevoli che contrarie, da parte di politici, esperti del mondo della scuola, tra i media e l’opinione pubblica. A parere di chi scrive si ritiene apprezzabile l’iniziativa sperimentale, utile e necessaria oggi più che mai, per prevenire e contrastare la violenza di genere e per educare le giovani generazioni ad una cultura del rispetto e della responsabilità.

Bibliografia

  • COSTITUZIONE ITALIANA, artt. 2, 3 e 13
  • CARTA dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea (2000/C 364/01), art. 21
  • CONVENZIONE Europea dei Diritti dell’Uomo e delle libertà fondamentali Roma, 4 novembre 1950
  • DICHIARAZIONE sull’eliminazione della violenza contro le donne approvata dall’ONU nel 1993
  • RISOLUZIONE n. 54/134 del 17 dicembre 1999 “Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza sulle donne e il femminicidio
  • LEGGE 27 giugno 2013, n. 77 “Ratifica ed esecuzione della Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica
  • LEGGE 13 luglio 2015, n. 107 “Riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione e delega per il riordino delle disposizioni legislative vigenti” art. 1 comma 16
  • LEGGE 24 novembre 2023, n. 168 “Disposizioni per il contrasto della violenza sulle donne e della violenza domestica
  • LINEE Guida Nazionali del 27 ottobre 2017 “Educare al rispetto: per la parità tra i sessi, la prevenzione della violenza di genere e di tutte le forme di discriminazione
  • NOTA MIUR prot. n. AOODGSIP.5515 del 27 ottobre 2017 “Piano nazionale per l’educazione al rispetto, Linee Guida Nazionali (art. 1 comma 16 L. 107/2015) e Linee di orientamento per la prevenzione e il contrasto del cyberbullismo nelle scuole (art. 4 L. 71/2017)
  • DECRETO 12 aprile 2022 “Costituzione dell’Osservatorio sul fenomeno della violenza nei confronti delle donne e sulla violenza domestica
  • DIRETTIVA prot. n. 83 del 24 novembre 2023 percorsi progettuali per le scuole in tema di “Educazione alle relazioni
  • PROTOCOLLO DI INTENSA “Prevenzione e contrasto della violenza maschile nei confronti delle donne e della violenza domestica – iniziative rivolte al mondo della scuola

Sitografia

  • MINISTERO DELL’ISTRUZIONE

https://www.miur.gov.it/web/guest/-/direttiva-n-83-del-24-novembre-2023

  • MINISTERO DELL’ISTRUZIONE

https://www.miur.gov.it/web/guest/-/25-novembre-il-videomessaggio-del-ministro-valditara-la-violenza-contro-le-donne-e-negazione-dei-diritti-umani-la-scuola-costituzionale-in-prima-linea

L’incontro con Luigi Berlinguer

L’incontro con Luigi Berlinguer

Franco Buccino

Ricordo quella mattina del 1998 alla Pascoli 2 di Secondigliano.

Arrivavano giornalisti, docenti, presidi, sindacalisti, autorità, e poi lui, il ministro Luigi Berlinguer: accigliato e veloce.

Era stato aggredito, qualche giorno prima, un docente di educazione tecnica da un paio di malviventi, mandati dal padre camorrista di un alunno rimproverato!

Nella confusione che regnava ebbi la fortuna di avere un colloquio col Ministro, in due tempi. Più per il ruolo di segretario della Cgil scuola di Napoli che per quello di preside.

Nella prima parte del colloquio, a me che sottolineavo la gravità e la frequenza di quegli episodi, la delusione perché anziché portare noi legalità nel quartiere, portavano loro camorra nella scuola, il Ministro, ritornato stranamente calmo e sereno, rispose più o meno così: “Sarebbe di certo più grave di questi episodi un clima nella scuola analogo a quello che si vive così spesso all’esterno: favorito, più o meno involontariamente, da insegnanti, da bidelli, da presidi. Un clima nel quale gli alunni non facessero esperienza concreta di legalità, di serietà dell’attività scolastica. E i genitori non facessero esperienza di partecipazione insieme con i docenti e magari anche con quelle autorità, qui così abbondantemente presenti per l’occasione, ma poi così assenti”.

Ho ripensato spesso queste parole, in particolare in tutta l’esperienza delle “scuole collocate in aree a rischio” fino ai recenti “patti educativi territoriali”.

In un successivo breve confronto parlammo del personale, dei docenti e dell’organizzazione della scuola. Con grande determinazione diceva le cose tante volte ripetute. La scuola conta e incide se è di qualità. Vale sempre e per tutti, al centro e in periferia. Senza enfasi: la scuola è la scuola. E poi lo strumento che, secondo lui, avrebbe risolto un bel po’ di problemi: l’autonomia delle singole scuole. Uno strumento che pretende consensi diffusi, coraggio ed entusiasmo. Una volta avviato, avrebbe giustificato e riabilitato cose al momento rifiutate e combattute.

Questo mi disse Berlinguer, prima di essere definitivamente prelevato e distratto dai suoi accompagnatori. E pensava, ne sono sicuro, a concorsone e merito, al riordino dei cicli, oltre all’autonomia.

Una giornata per me indimenticabile, che mi permise di prendere definitivamente le distanze da chi, senza dirlo, pensava che in scuole di periferia bisognasse rassegnarsi a realtà di serie B e scappar via alla prima occasione. Da chi si giustificava, fin quasi a vantarsi, di dirigere una scuola a doppio o, addirittura, a triplo turno. Da chi, sia che promuovesse, sia che bocciasse, aveva l’intima convinzione che per la maggioranza degli alunni della “platea” non ci fosse già più niente da fare.

E invece mi convinse definitivamente a orientarmi verso una scuola di qualità per tutti e dappertutto! Una scuola che pretende, sempre e ovunque, serietà professionale e impegno, che è pronta e felice di riconoscere il merito tra i suoi operatori.

Luigi Berlinguer è sceso dall’utopia con proposte concrete, che sono ancora attualissime, che sono forse oggi perfino più realizzabili.

A cominciare dal riordino dei cicli, che non era solo la giusta esigenza di portare gli studenti a conseguire la “maturità”, il diploma, a diciott’anni. Berlinguer voleva rompere le gabbie, i compartimenti stagno, in cui si divide il percorso dell’istruzione. E i tempi sono ormai maturi! L’interesse diffuso per la fascia d’età 0-6 anni con asili nido e scuole dell’infanzia. E poi i dodici anni successivi, divisi in due cicli di sei anni o tre di quattro anni. Un obbligo scolastico e formativo per tutti fino a diciott’anni. Altro che semplificazioni e scorciatoie, recentemente proposte.

E, infine, l’autonomia scolastica, che resta lo strumento principe per far funzionare le scuole. Ma che ancora balbetta, sta ancora ai primi passi.

A regime, la immaginiamo, come Berlinguer, con la gestione diretta di tutte le risorse, con la valutazione dei risultati, sia degli alunni e studenti, sia delle scuole. Con la responsabilizzazione delle figure, dal dirigente ai docenti, al personale amministrativo tecnico ausiliario. Con il riconoscimento del merito, della professionalità. Con la costruzione delle reti tra le scuole e con le istituzioni. E con il terzo settore, aggiungo io, a sostenere la scuola nella lotta alla povertà educativa.

Una scuola, tornando alla mattina di venticinque anni fa, che non solo non si lascerà condizionare dal territorio circostante, ma che diventerà capace di cambiarlo!

Il format dello scrutinio finale

Il format dello scrutinio finale

di Francesco Scoppetta

Il Festival di Sanremo ha avuto 73 edizioni e le ultime 3 le ha condotte Amadeus. Ma è evidente che il suo format cambia ogni anno. Il format televisivo è il modello di un programma televisivo, è un apparato di regole che determinano lo svolgersi del programma stesso. Lo stesso format genera innumerevoli varianti per cui è difficile dire che sia sempre lo stesso prodotto. E’ come una casa la cui facciata rimane la stessa ma all’interno viene ristrutturata secondo i desideri di chi la abita. Già a Sanremo se modifichi il peso delle componenti che votano (la bilancia si sposta dagli esperti al pubblico o viceversa) cambia il risultato, come succede con i vari sistemi elettorali della politica, dal proporzionale al maggioritario e tutte le combinazioni intermedie.

Senza inoltrarci nei rituali, laici o religiosi (funerale, messa, memorial) prendiamo il format “intervista televisiva”. E’ chiaro che il format condotto da Vespa è diverso da quello di Biagi, o di Fazio o di Floris o di Minoli o della Fagnani. Potremmo continuare ad esaminare tantissimi format, il “convegno culturale”, la “commemorazione”, “la presentazione di un evento culturale o sportivo”, la “conferenza stampa degli inquirenti dopo gli arresti”, il “messaggio augurale di fine anno” di un’autorità, la riunione di condominio, e arriveremo alla stessa conclusione: il format è quello ma è soggetto a tantissime variazioni che lo rendono speciale. Il contenitore è unico ma cambia il contenuto.

Se ogni format si basa su una formula (idea) o è una organizzazione di dati, soffermiamoci adesso su un altro format, ce ne sono in ogni angolo della vita associata, lo scrutinio finale in una scuola. Nonostante regole ormai codificate (quelle scolastiche risalgono al 1925) non si può certo dire che in tutte le scuole italiane gli scrutini vengano svolti allo stesso modo. O meglio, formalmente è così, ma sono le variazioni pratiche quelle che personalizzano ogni scrutinio all’interno della penisola e anche all’interno di ogni scuola. Fissiamo innanzitutto la norma (ripresa dall’OM 92/2007 e dal Dpr 122/2009).

art. 79 del R.D. 4/5/1925 n. 653

Il voto di profitto nei primi due trimestri si assegna separatamente per ogni prova nelle materie a più prove e per ogni singolo insegnamento nelle materie comprendenti più insegnamenti.
Nello scrutinio dell’ultimo periodo delle lezioni il voto è unico per ciascuna delle materie di cui alla tabella A.

I voti si assegnano, su proposta dei singoli professori, in base ad un giudizio brevemente motivato desunto da un congruo numero di interrogazioni e di esercizi scritti, grafici o pratici fatti in casa o a scuola, corretti e classificati durante il trimestre o durante l’ultimo periodo delle lezioni.

Se non siavi dissenso, i voti in tal modo proposti s’intendono approvati; altrimenti le deliberazioni sono adottate a maggioranza, e, in caso di parità, prevale il voto del presidente.

Le norme giuridiche sono soggette ad interpretazione. Il modo in cui interpretiamo i testi si evolve nel tempo a causa del cambiamento dei costumi sociali e dell’etica. Una semplice interpretazione letterale dell’art. 79 (senza inoltrarci nelle decine di interpretazioni possibili, logica, teleologica, analogica, sistematica…) ci fa scoprire i buchi presenti.

Essi sono: 1) non è esplicitato il numero di insufficienze che giustificano la bocciatura; 2) non è esplicitato se la proposta di voto del docente possa essere modificata. Tali buchi (incertezze) vengono riempiti o dal preside (con una sua interpretazione formalizzata in un regolamento) o dalla prassi dei singoli consigli di classe o della scuola intera. Ma ancora più giù, essendoci la libertà di insegnamento, dal singolo docente che resta quindi la pedina incontrollabile e ingovernabile del meccanismo.

Per farmi capire, vorrei spiegare come in un secolo ogni scrutinio scolastico si sia modificato grazie ad alcune interpretazioni evolutive della scuola militante. Le tre più decisive sono state:

1) posto che nella scala decimale ci sono due cinquine e quella positiva comincia dal 6, l’utilità marginale del voto 5 (cd mediocre) è stata via via considerata più vicina alla sufficienza che all’insufficienza;

2) di conseguenza, per evitare che tutti i 5 diventassero in automatico 6, si è inventata l’attribuzione del cd “voto consiglio” (come se tutti i voti di uno scrutinio non fossero deliberati dal consiglio);

3) infine si è deciso che la bocciatura potesse esserci solo in presenza di più insufficienze e non di una sola.

Grazie a tali invenzioni (e ad altre) è stato reso possibile che ogni consiglio di classe diventasse una monade e si costruisse il suo format preferito. Credete forse che lo scrutinio della classe IA e della classe IB nel liceo di Pincopallo, pur presieduto dallo stesso preside, riproducano lo stesso format? Nella sostanza no. Come i festival di Amadeus, lui ne ha organizzati e presentati tre, ma ha usato 3 format diversi.

“Il collegio dei docenti definisce modalita’ e criteri per assicurare omogeneita’, equita’ e trasparenza della valutazione, nel rispetto del principio della liberta’ di insegnamento” (Dpr n.122/209, art.1 c.5).

Ipotizziamo che in un liceo si sia stabilito che un alunno venga non promosso in presenza di tre insufficienze gravi e che soltanto due mediocrità (5) vengano, con voto consiglio, alzate a 6. Applicando tali regole in tutti i consigli svolti sotto la direzione del preside, credete forse che si sia ottenuta l’uniformità di trattamento degli allievi in tutte le sezioni? Certo che no e lo spiego con l’esempio dell’alunno Mario promosso con due soli debiti formativi (insufficienze da riparare a settembre). Vediamo come Mario sia arrivato alla promozione. Egli, senza che il preside lo sapesse, aveva in realtà il giorno prima dello scrutinio una situazione fallimentare: aveva ben sei 5 e due 4. Cioè ben 8 insufficienze su 11/12 materie. Cominciato lo scrutinio, le mediocrità sono scese a tre perchè autonomamente prima della riunione tre docenti le hanno alzate a 6 (si chiama arrotondamento); ne sono rimaste altre tre. Visti i numeri allora il preside applica i criteri comuni, con voto consiglio due mediocrità le alza a sei e infine promuove Mario con sospensione del giudizio per i debiti formativi nelle materie in cui aveva insufficienza grave (4). L’ultimo cinque rimasto sul tavolo si chiede al docente di alzarlo lui perchè la regola è bocciare con 3 insufficienze gravi e qui ne abbiamo solo due.

Moltiplicate questo caso vero per le migliaia di situazioni che si affrontano negli scrutini finali di tutte le scuole italiane e si può capire che il format “scrutinio finale” è come il festival di Sanremo, è cangiante e quanto di più imprevedibile ci possa essere. Se in pratica si può promuovere con 8 insufficienze, il format “scrutinio” si svolge ormai senza più alcuna certezza giuridica. Sono anche sempre più frequenti gli interventi della magistratura per vizi di forma della valutazione, pur insindacabile nel merito. Vediamo allora brevemente di rammentare cosa dice questa normativa che (formalmente) non è mai stata cambiata in poco

meno di un secolo perchè ritenuta dal Ministero una sorta di stella polare, un faro per condurre in porto senza far naufragio la barca degli scrutini.

Ogni insegnante si presenta allo scrutinio, presieduto dal dirigente scolastico (o, in sua assenza, da un docente della classe da lui designato) con la proposta di voto, già fatta pervenire al dirigente, in modo che egli possa avere il quadro completo della situazione di ciascun alunno. Se la proposta di voto per ogni singolo alunno non viene condivisa da uno o più componenti del consiglio di classe e non si raggiunge un accordo, si ricorre alla votazione, che è obbligatoria e non consente, quindi, astensione da parte di nessun componente. Nel caso di parità di voti prevale la proposta a cui il Presidente ha dato il voto, rimanendo fermo il numero dei voti dato a ogni proposta ( DLgs 297/94, art. 37, comma 3).

Come si vede, la normativa è abbastanza semplice e non parla di insufficienze con relativo numero nè di debiti formativi. Prefigura uno scenario in cui allo scrutinio di una classe il prof Rossi presenta la sua proposta di voto per l’alunno Tizio (per esempio 4) e i suoi colleghi possono approvarla o non approvarla. Se l’approvano tutti, lo scrutinio è finito perchè con un solo 4 Tizio è bocciato. Se non l’approvano, all’unanimità o a maggioranza, si apre una lacuna interpretativa perchè la normativa nulla dice su cosa fare dopo che il voto proposto è stato rigettato.

Col passare degli anni (le interpretazioni evolutive delle norme servono a questo) dell’art. 79 è stato rigettato dai docenti il mondo in bianco e nero che sembra prefigurare, la sua logica binaria, dove non esistono nè i mezzi voti (di cui parleremo tra poco) nè il voto mediocre (il 5 come voto vicino alla sufficienza). Se i colleghi dissentono dal voto 4 dato all’alunno dal prof Rossi, quel voto passa automaticamente a 6? E se i colleghi invece approvano quel voto 4, è possibile poi trovare il modo di non bocciare l’alunno? Su queste domande come dicevo le singole scuole hanno sviluppato le loro prassi a cominciare dal primo strappo alla procedura che hanno voluto operare per ridurre i tempi: non si discute, come la norma interpretata alla lettera vorrebbe che si facesse, ogni singola proposta di voto, ma si opera uno sguardo d’insieme: messe sul tavolo tutte le proposte di voto che concernono l’alunno Tizio, si tenta di fare sintesi o mediazione. Se tutti i voti sono positivi è promosso, se le insufficienze (che sono i voti dal 5 in giù) sono molte è non promosso. Tolte dal tavolo le situazioni di questi studenti con valutazione chiara o scura, si passa infine alla zona grigia con le proposte di voto degli alunni in bilico.

La normativa del 1925 su un punto, qualsiasi sia l’interpretazione a cui la si voglia sottoporre, è chiara: le proposte di voto o si accettano oppure vengono messe ai voti. Ogni proposta è definitiva, e solo il consiglio la può modificare, dunque non sono contemplati ed ammessi tutti quegli scrutini-mercato dove ogni insegnante, fatta una proposta iniziale, può cambiarla a proprio piacimento durante lo svolgimento dello scrutinio. Insomma, la normativa prefigura uno scenario che, come dicevo, è binario, se lo studente Tizio ha 4 insufficienze (voti dal 5 in giù in italiano, storia, matematica e scienze) si discutono le singole insufficienze e se non vengono approvate (non c’è alcun riferimento alle motivazioni: è quella domanda di Eduardo al figlio Nennillo, te piace ‘o presepe?) si deve votare.

Si comincia a discutere il voto in italiano, si decide, all’unanimità oppure a maggioranza di approvarlo, poi via via si passa alle altre tre materie e se una sola insufficienza (compreso il 5) viene confermata (fatta propria) dal consiglio, l’alunno è respinto. Questo è il format previsto dalla normativa per lo “scrutinio finale”.

Ogni docente di ciascuna scuola italiana può capire quanto (poco o molto) sia distante dalle prassi abituali adottate negli anni. Insomma, ogni scuola ha le sue abitudini storiche circa gli scrutini, le replica in automatico e il format viene fatto proprio dai consigli di classe di quella scuola. Questo è lo scenario migliore, perchè quello peggiore è consentire il format inventato da ciascun consiglio di classe (una volta si usava l’espressione “il consiglio di classe è sovrano“) con la conseguenza che in una scuola si riconoscono le sezioni facili e quelle difficili, qualora il dirigente non sia in grado (o non intenda) costruire un format di scuola.

Per concludere, il format “scrutinio finale” è molto semplice se si osserva la normativa vigente. Tutte le varianti che l’ingegno italico ha in quasi cento anni escogitato non hanno senso e ragione di esistere, così come i mezzi voti attribuiti nella pratica quotidiana agli allievi, dal momento che la scala da utilizzare è quella decimale con voti interi. I mezzi voti (il 4,5) sono un espediente per aumentare i voti a disposizione del docente per la misurazione (la valutazione è successiva), con il pretesto di una maggiore precisione, la quale spesso deriva dalla pratica irragionevole di fare la media tra due misurazioni: se in due elaborati l’allievo ha preso 6 e poi 5, la somma 11 fornisce la media 5,5. Un esempio dimostra (a chi vuol intendere) le conseguenze illogiche dell’uso dei mezzi voti. Si pensi a quattro prove nelle quali l’allievo prende prima 4, poi 5, poi 6 e infine 7. Il docente che usa la media lo porta allo scrutinio con 5,5 ( 22:4=5,5). Invece di vedere il trend

positivo di miglioramento dell’allievo, lo si inchioda, con una operazione matematica discutibile, alla insufficienza. Siamo dalle parti dei sofisti con le loro argomentazioni speciose, in apparenza valide ma in realtà ingannevoli. E inoltre così facendo si dimostra di non aver capito affatto la differenza tra misurazione e valutazione.

Quelle che ho chiamato varianti non sono altro che abitudini che ogni comunità (il collegio dei docenti) acquisisce, per cui un prof cambiando scuola deve cambiare abitudini. Capire perchè nella scuola X ci siano certe abitudini e non altre, per es. l’abitudine nello scrutinio finale di arrotondare a 6 tre mediocrità con “voto consiglio”, è difficile, almeno quanto capire perchè nel tennis si è stabilito di usare il punteggio “15” – “30” – “40”. Ad oggi, infatti sembra impossibile appurare la verità ma esistono solamente ricostruzioni, più o meno attendibili. Insomma, le abitudini, buone o cattive, non si sa bene come e quando siano nate ma una cosa resta sul tappeto senza che possa essere smentita:

Se lo scrutinio finale è assimilabile ad un format contenitore, il contenuto di tutte le variabili utilizzate in pratica ha complicato sino a contraddire le regole stabilite dall’art. 79 del R.D. 4/5/1925 n. 653.

Nuova ondata covid, disposizioni novembre 2023, cosa fare a scuola o al lavoro se si è positivi?

da La Tecnica della Scuola

Di Redazione

Ci sono novità sul fronte Covid. Dopo più di tre anni la pandemia non sembra essere uscita definitivamente dalle nostre vite. Secondo un recente rapporto, nell’ultima settimana si è registrato un aumento di ricoveri ospedalieri da pazienti risultati positivi.

Il monitoraggio ha consentito di accertare come solo il 24% dei casi si riferisca a ricoveri Per Covid, ovvero con sindromi respiratorie tipiche del virus, mentre il restante 76% dei ricoveri riguarda pazienti Con Covid ovvero ricoverati per altre patologie e risultati positivi al tampone. Il Covid, dunque, ha aggravato le condizioni di salute di pazienti con altre patologie ma non è stata la causa principale dell’ospedalizzazione.

“I dati sui ricoveri registrati negli ospedali sentinella – precisa Fiaso (Federazione Italiana Aziende Sanitarie e Ospedaliere) – sono in linea con l’incremento dei contagi pari al 30% indicato dal Ministero della Salute: è il segnale che non bisogna abbassare la guardia. L’età media dei pazienti che arrivano in ospedale è di 77 anni e la campagna di somministrazione della dose stagionale di vaccino anti Covid tra gli ultra sessantenni è ferma al 4%. Nelle prossime settimane ci attendiamo una maggiore circolazione dei virus respiratori, occorre ancora una volta rinnovare, soprattutto ad anziani e fragili, l’invito alla vaccinazione con la chiamata attiva da parte dei medici di medicina generale”.

Cosa fare in caso di contagio?

Secondo l’attuale normativa, al momento non ci sono in atto restrizioni o avvertimenti particolari in caso di contagio da covid. Come riporta il sito del Ministero della Salute, nel caso in cui compaiano sintomi è necessario l’utilizzo di mascherine chirurgiche o dispositivi superiori (FFP2/FFP3).

Fino al 31 dicembre 2023 l’obbligo di indossare dispositivi di protezione delle vie respiratorie è limitato ai lavoratori, agli utenti e ai visitatori:

  • delle strutture sanitarie all’interno dei reparti che ospitano pazienti fragili, anziani o immunodepressi, specialmente se ad alta intensità di cura, identificati dalle direzioni sanitarie delle strutture sanitarie stesse.
  • delle strutture socio-sanitarie e socio-assistenziali, comprese le strutture di ospitalità e lungodegenza, le residenze sanitarie assistenziali, gli hospice, le strutture riabilitative, le strutture residenziali per anziani, anche non autosufficienti, e comunque le strutture residenziali di cui all’art. 44 del Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 12 gennaio 2017.

Per quanto riguarda i lavoratori, sia del pubblico che del privato, se positivi con sintomi, devono rivolgersi al proprio medico di base per concordare la malattia.

Per quanto riguarda gli studenti positivi, l’obbligo di isolamento non c’è più e in teoria i positivi possono entrare in classe, ma come per ogni altra malattia infettiva in generale si raccomanda di restare a casa, sempre dietro certificato medico, cosa che avviene normalmente quando lo studente ha la febbre o altri sintomi. Il ministero alla Salute stava per fare una circolare sul punto ma poi si è deciso di non intervenire.