Povertà educativa e politiche scolastiche

Da scuolanapoletana.it

Povertà educativa e politiche scolastiche

Franco Buccino

Dalla legge di bilancio, recentemente approvata, è scomparso il Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile. Il fondo, che da otto anni viene alimentato anche da fondazioni di origine bancaria, è gestito da rappresentanti del governo, delle fondazioni (Acri), del Forum del Terzo Settore. Soggetto attuatore è l’impresa sociale “Con i bambini”, presieduta da Marco Rossi Doria. Il fondo ha raccolto finora circa ottocento milioni, con il quale finanzia centinaia di progetti. Ora dall’incerto futuro!

La povertà educativa è stata riconosciuta in questi ultimi anni come la principale causa di insuccesso e abbandono scolastico e ha orientato, o dovrebbe orientare, diversamente gli interventi di contrasto ad essa e ai suoi effetti. 

La povertà educativa vuol dire non leggere giornali, libri di narrativa, saggi, vuol dire non andare a teatro; non assistere a concerti o a opere liriche; non visitare musei e città d’arte. Non andare a cinema. Non praticare sport, non suonare uno strumento musicale, non seguire un corso di pittura. Vuol dire, ancora, non partecipare a gruppi, associazioni, non fare esperienze di volontariato. Di educazione civica. Di impegno civile.

La povertà educativa non è un fenomeno solo minorile, ma investe vasti strati della popolazione, soprattutto gli anziani. 

Sicuramente alla base c’è un profondo disagio sociale ed economico. E però il suo generale e vistoso aumento dimostra che non sono solo le difficoltà economiche a determinarla. Si diffondono sempre più modelli e stili di vita, individuali e familiari, nei quali non c’è posto per la cultura, per l’istruzione. Neanche per l’educazione, se per educazione vogliamo intendere solidarietà verso gli altri, apertura, inclusione, rispetto per le leggi, per l’ambiente.

Tutti questi compiti, con molta ipocrisia, vengono affidati alla scuola. Bisogna “cominciare dalla scuola…”.

Non c’è dubbio che la scuola debba svolgere un ruolo importante e fondamentale nello sviluppo armonico del ragazzo, del giovane. Ma lo svolge insieme ad altri soggetti: che stanno tutti fuori della scuola.

La povertà educativa affligge tanti ragazzi già da quando si presentano a scuola. Ciò finisce per metterla in crisi, perché la scuola non ha risorse, strumenti e tempi per combatterla. E allora ne viene sopraffatta: nel senso che, per molti, troppi, ragazzi, diventa inefficace, inutile, controproducente addirittura!

Chi sono i soggetti fuori della scuola che dovrebbero intervenire. E in che modo.

I futuri genitori dovrebbero fare corsi di formazione per imparare a essere educatori dei figli, prepararsi a fargli fare esperienze culturali e formative. Utopia? Ma, se saltano la loro parte, tutto il resto del progetto educativo può essere inesorabilmente pregiudicato.

Quanti seguono, s’interessano, dei ragazzi, difficili e non, dopo la scuola o d’estate, quando è chiusa, nella loro azione, nei loro interventi, gli devono far fare esperienze che riducano e attacchino la povertà educativa. È alla loro portata. È del tutto inutile, e forse dannoso, nei loro progetti, imitare, scimmiottare, le scuole. Nei locali delle scuole, per giunta!

Ma è soprattutto lo Stato, insieme a Regioni e Enti locali, che deve fare la sua parte. Da troppi anni c’è una scarsa considerazione per la scuola, per l’istruzione, per i ragazzi e per la loro educazione. Se non diamo futuro ai nostri ragazzi, non ne troveremo più, neanche immigrati…

Magari il governo troverà il modo per rifinanziare il fondo sulla povertà educativa. Ma s’impegni pure ad arricchire il “contesto culturale” dei quartieri, delle periferie, dei paesi delle zone interne. E s’impegni soprattutto a rivedere la sua pericolosa politica scolastica: che tende a dividere gli alunni per nascondere le differenze; a consegnare i più deboli, per la loro “formazione”, alle imprese; a incentrare l’educazione sul voto in condotta; a togliergli il diritto di manifestare e protestare in nome della “sicurezza”. Ai nostri ragazzi!?

L’on. Meloni, in uno dei suoi primi discorsi da presidente del Consiglio disse che i ragazzi non sono tutti uguali, ma a tutti devono essere date le stesse opportunità. Non pare proprio che il suo governo, nelle politiche sulla scuola e sui ragazzi, si ispiri a questo principio.

Sentenza TAR LAZIO sez. IV BIS 15 gennaio 2025, n. 634

SOSTEGNO ESTERO ROMANIA .IL TAR LAZIOCONFERMA LA VALIDITA’ DEL TITOLO CONSEGUITO PRESSO L’UNIVERSITA’ DIMITRIE CANTEMIR EDANNULLA IL DECRETO DI DINIEGO DEL MINISTEROISTRUZIONE “ILLEGITTIMO PER OMESSO INVIO DEL PREAVVISO DI DINIEGO, GARANZIA DEL CONTRADDITTORIO PROCEDIMENTALE E PER VIOLAZIONE DELL’ART 14 DELLA DIR. UE N°36/20025 CHEPREVEDE LE MISURE COMPENSATIVE ANCHE NEI CASI DI DIVERGENZE SOSTANZIALI TRA IL PERCORSOFORMATIVO ESTERO E ITALIANO

 

Di oggi 15 gennaio 2025 la sentenza n° 634 del TAR LAZIO della sez. IV BIS Presieduta dalla Dott.ssa Biancofiore, Estensore De Gennaro con cui il Collegio della sezione IV Bis ha accolto il ricorso avverso il decreto di diniego espresso dal Ministero Istruzione dell’ istanza di riconoscimento del titolo di specializzazione sul sostegno, nel ricorso patrocinato dall’Avv. Maurizio Danza Prof. di Diritto del Lavoro Università Mercatorum, annullando il decreto per violazione delle norme della Direttiva Europea n°36/2005 in tema  di valutazione delle misure compensative previste dall’art.14, e per violazione della partecipazione al procedimento, per omesso invio del preavviso di diniego di cui all’art.10 bis della L.n°241/1990 

Nello specifico, era stato adito il Tar Lazio per l’annullamento dell’ulteriore decreto di diniego nella parte in cui recava il rigetto della istanza di riconoscimento del titolo di specializzazione sul sostegno conseguito presso l’Università di Cantermir Turgu Mures sul presupposto di “carenze e lacune incolmabili” evincibili dalla struttura del percorso formativo conseguito all’estero.

Ad avviso dell’AVV. MAURIZIO DANZA ritiene la sentenzariveste notevole importanza nel panorama giurisprudenziale italiano, atteso che il Tar Lazio , nell’ accogliere il ricorso  non solo non ha tenuto in alcun conto del parere del MUR n°5758/2022 secondo cui il titolo non è accademico ma un mero corso di formazione, ma ha riconosciuto la palese illegittimità dell’attività del Ministero Istruzione, per violazione palese del diritto europeo che riconosce  la previsione di misure compensative “anche nei casi di divergenze sostanziali tra il percorso formativo estero e italiano”.

Tali conclusioni risultano chiaramente dalla pronuncia del Collegio del Tar Lazio che nell’accogliere il ricorso ha espressola seguente motivazione: “Il provvedimento interviene sull’istanza del 27 febbraio 2019, già definita con sentenza

Il ricorso deve essere accolto, in linea con l’indirizzo ormai consolidato di questa Sezione.

Il Ministero ha adottato il provvedimento di diniego ravvisando: la “non validità dell’attestato formativo presentato dall’istante” quale titolo di abilitazione per l’accesso alla professione regolamentata di insegnante di sostegno in Romania e, quindi, quale titolo di specializzazione per l’insegnamento di sostegno in Italia suscettibile di essere validamente riconosciuto in Italia; effettuata in ogni caso la comparazione tra i percorsi formativi previsti in Italia e all’estero, l’Amministrazione ha poi dichiarato una differenza inconciliabile tra la formazione inerente alla specializzazione su sostegno conseguita in Italia e quella relativa al titolo formativo conseguito in Romania, di cui l’istante chiede il riconoscimento.

Le obiezioni rivolte dall’Amministrazione al riconoscimento del titolo non resistono all’esame di legittimità proprio di questo giudizio per le seguenti assorbenti ragioni.

Non ha pregio in primo luogo l’assunto secondo cui quello sottoposto non sarebbe un titolo formativo di natura abilitante e comunque non sarebbe di per sé titolo idoneo al riconoscimento; l’Amministrazione ha infatti del tutto obliterato il decisum contenuto nella citata sentenza di annullamento n. 1178/2021 ove con riferimento alla certificazione romena, c.d. “Adeverinta”, si stabiliva che “non può negarsene il riconoscimento nell’ordinamento nazionale, in qualità di Paese membro dell’Unione Europea, per il mancato riconoscimento della laurea conseguita in Italia” e “dunque non vi è ragione per ritenerla non riconoscibile in Italia ai sensi della Direttiva 2005/36/CE”; il Collegio sul punto peraltro aderisce all’orientamento stabilito dalla Plenaria (cfr. sent. A.P. n. 22/2022 cit. pronunciata sulla base di un titolo analogo a quello per cui si controverte; nella stessa sentenza si evidenzia anche che “non è necessaria l’identità tra i titoli confrontati, essendo sufficiente una mera equivalenza per far scaturire il dovere di riconoscere il titolo conseguito all’estero: il certificato va considerato non automaticamente, ma secondo il sistema generale di riconoscimento e confrontando le qualifiche professionali attestate da altri Stati membri con quelle richieste dalla normativa italiana e disponendo, se del caso, le misure compensative in applicazione dell’art. 14 della Direttiva 2005/36/CE”).

Superata dunque la questione sulla suscettibilità dell’attestato al riconoscimento, occorre passare al vaglio la correttezza della comparazione effettuata tra i percorsi specializzanti.

Il provvedimento oggetto del presente giudizio nel negare il riconoscimento opera un raffronto tra il percorso formativo dell’istante in Romania e quello che viene svolto in Italia per conseguire la specializzazione sul sostegno; al termine del raffronto il Ministero conclude che i programmi afferenti al corso rumeno siano inconciliabilmente diversi da quelli tenuti nelle università italiane.

Di conseguenza non vi sarebbe la possibilità di disporre le misure compensative in quanto la distanza tra i due percorsi, quello italiano e quello romeno sarebbe tale da non poter essere colmata in alcun modo, anche e soprattutto in ragione del fatto che le misure compensative, sarebbero individuate – in contrasto con la direttiva europea – rispetto ad una formazione non abilitante.

A fronte di tali conclusioni va in primo luogo rilevato che la conclusione raggiunta dal Ministero si è sviluppata in assenza di un corretto contraddittorio procedimentale atteso che il provvedimento sfavorevole non risulta essere stato preceduto da una comunicazione di preavviso ex art. 10-bis L. 241/1990, comunicazione che avrebbe permesso all’istante di integrare la documentazione e rassegnare informazioni ulteriori inerenti la qualità e la natura della formazione svolta.

Peraltro si osserva che tale documentazione avrebbe dovuto essere acquisita in ogni caso in via autonoma dall’amministrazione, evitando di limitarsi a constatare la carenza di informazioni e dati allegati all’istanza dato che la stessa normativa di settore onera infatti gli uffici procedenti del compito di richiedere la documentazione ulteriore se considerata necessaria ai fini di una compiuta valutazione (art. 16 D.lgs 206/2007 “entro trenta giorni dal ricevimento della domanda di cui al comma 1 l’autorità accerta la completezza della documentazione esibita, e ne dà notizia all’interessato. Ove necessario, l’Autorità competente richiede le eventuali necessarie integrazioni”; nonché art. 17 comma 2 D.lgs 206/2007 secondo cui le medesime Autorità competenti invitano il richiedente a fornire informazioni per quanto necessario a determinare “l’eventuale esistenza di differenze sostanziali rispetto alla formazione richiesta sul territorio dello Stato italiano. Qualora sia impossibile per il richiedente fornire tali informazioni, le autorità competenti di cui all’articolo 5 si rivolgono al punto di contatto, all’autorità competente o a qualsiasi altro organismo pertinente dello Stato membro di origine”); l’amministrazione non risulta aver ottemperato a tale onere, che rimetteva ad un’iniziativa degli uffici stessi il compito di acquisire le “necessarie integrazioni” alla documentazione disponibile ove ritenuta carente o insufficiente.

Il potere discrezionale esercitato nell’assunzione del provvedimento, su di una materia complessa e dibattuta, viene dunque svolto senza recepire le osservazioni e le deduzioni dell’istante e senza dare allo stesso la possibilità di integrazione documentale; tra i documenti la cui utilità ai fini dell’esame appare indubbia, risulta il piano formativo-didattico analitico svolto all’estero avendo il Ministero effettuato il confronto fra il percorso per l’abilitazione all’insegnamento sul sostegno in Italia e l’attestato finale, di natura sintetica e riassuntiva; tale carenza anche istruttoria non rende inattaccabile la valutazione degli uffici sulle deficienze del percorso formativo svolto all’estero, anche in termini di attività di tirocinio, di laboratorio o didattiche che invece sarebbero svolte nelle Università italiane; e rende del tutto inattendibili le pretese carenze formali e documentali dell’istanza di riconoscimento posto che queste potevano essere comunque rimediate da un atto di preavviso o dall’interlocuzione procedimentale.

Va poi evidenziato che la comparazione ignora le statuizioni della precedente sentenza di annullamento la quale aveva statuito che “il focus del procedimento proteso a verificare la sussistenza dei requisiti per il riconoscimento dell’abilitazione all’insegnamento di sostegno conseguita in Romania non è rappresentato dall’analisi sul livello di integrazione tra i due Paesi nell’erogazione del servizio pubblico in argomento, bensì dalla valutazione delle competenze complessivamente conseguite, in ossequio al d.lgs. n. 206/2007, agli artt. 11 e 13 della direttiva 2005/36/CE, così come modificata dalla direttiva 2013/55/CE ed ai richiamati precedenti della Corte di Giustizia dell’Unione Europea”.

La valutazione ministeriale inerente alle conoscenze complessivamente possedute dall’istante appare invece assunta sulla base di una argomentazione carente alla luce dei principi di diritto nazionale ed europeo che regolano la materia in esame; allo stato infatti non appare adeguatamente motivata la radicale diversità tra il percorso formativo italiano e rumeno, se non sulla base all’apparenza di preconcetti e di argomenti deboli, da cui si fa discendere l’impossibilità individuare misure ulteriori “tali da compensare le differenze tra le due formazioni (quella complessivamente conseguita dall’istante e quella prevista dall’ordinamento italiano)”.

Va infatti rammentato che l’insegnante di sostegno ex L. n. 517 del 1977, la cui attività è destinata a favorire forme di integrazione a favore degli alunni portatori di handicap e realizzare interventi individualizzati in relazione alle esigenze dei singoli alunni, è un docente di classe in possesso di competenze e conoscenze didattiche e psico-pedagogiche richieste ai fini del conseguimento di quella professionalità ulteriore che deve caratterizzare la sua funzione, in Romania come in Italia.

In base alla documentazione disponibile e sulla base di un sintetico confronto appare con evidenza, già ad un esame proprio di un sindacato giurisdizionale cd. esterno e senza impingere nel cd. merito amministrativo, che le tematiche affrontate nel percorso di studi rumeno appaiono decisamente attinenti alla materia dei bisogni educativi speciali che interessano appunto l’insegnamento di sostegno (in argomento cfr. sempre Ad. Plen n. 22/2022 “si tratta di percorsi che comprendono la preparazione nelle materie afferenti alla specializzazione (a mero titolo esemplificativo: psicologia dell’educazione, dello sviluppo, tecnologia dell’informazione e delle comunicazioni nell’educazione inclusiva, psicologia delle persone con bisogni speciali, ecc.), nonché un’attività di tirocinio, sia presso istituti rumeni che rientrano nell’ambito delle scuole cd. “speciali” previste in Romania, e sia in scuole che prevedono, come in Italia, la scolarizzazione degli alunni disabili con la loro integrazione nell’istruzione ordinaria”).

Il Ministero, argomentando in vario modo sulla genericità dell’insegnamento, che non sarebbe modulato per ordine e grado di scuola e che non sarebbe affiancato da attività di laboratorio o di tirocinio mirato deduce un’incolmabile differenza tra i programmi formativi.

Tale giudizio appare sostanzialmente apodittico e comunque scarsamente argomentato posto che gli uffici non chiariscono perché un’adeguata previsione di misure compensative – previste dall’art. 14 Direttiva 2005/36/Ce del Parlamento Europeo e del Consiglio e che in astratto potrebbero comprendere ore aggiuntive di didattica/tirocinio/laboratorio – non sia in grado di colmare le mancanze della formazione estera che comunque appare in ogni caso incentrata sulla figura dell’alunno con speciali bisogni educativi e che comunque contempla periodi di tirocinio e attività pratica.

Anche sul piano strettamente giuridico il rigetto netto di qualsiasi possibilità di riconoscimento appare in contrasto con la disciplina applicabile.

Il diritto europeo riconosce infatti l’imposizione di misure compensative – e dunque la loro imprescindibilità senza possibilità di rigetto puro e semplice – non solo nel caso di stretta attinenza dei programmi di formazione ma anche nel caso di divergenze sostanziali (art. 14 par. 1 Direttiva 2005/36/Ce: “se la formazione ricevuta riguarda materie sostanzialmente diverse da quelle coperte dal titolo di formazione richiesto nello Stato membro ospitante”); tenuto conto che, per espressa previsione normativa, per “materie sostanzialmente diverse” si intendono “materie la cui conoscenza è essenziale all’esercizio della professione regolamentata e che in termini di durata o contenuto sono molto diverse rispetto alla formazione ricevuta” (art. 14 cit. par. 4) resta priva di supporto motivazionale la netta presa di posizione sull’assoluta impossibilità di conciliare i due iter formativi.

L’incondizionata opposizione al titolo estero, in quanto poggiante su argomentazioni carenti, rischia peraltro di compromettere la ratio delle direttive europee le quali mirano espressamente al rafforzamento del mercato interno e alla promozione della libera circolazione dei professionisti; da tale prospettiva la prassi applicativa censurata rischia di costituire una violazione concreta da parte degli organi ministeriali della disciplina sovranazionale; difatti una motivazione meno che rigorosa sul preteso carattere inconciliabile del titolo estero rischia di annullare l’efficacia ultranazionale del titolo, ripristinando barriere tra paesi europei, in punto di qualifiche e formazione professionale, che il diritto dell’Unione mira invece a superare.

Infine, anche l’imposizione di misure compensative non può prescindere dall’applicazione del principio di proporzionalità disponendo opportune e proporzionate misure compensative ai sensi dell’art. 14 sopra richiamato della Direttiva 2005/36/CE (cfr. in merito Ad. Plen n. 21/2022).

In conclusione, per le ragioni esposte, il ricorso deve essere accolto e per l’effetto annullato l’impugnato provvedimento di diniego.

Sussistono giuste ragioni, data la pluralità di orientamenti giurisprudenziali in materia e la complessità degli argomenti trattati, per compensare le spese di lite.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Quarta Bis), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto annulla il provvedimento impugnato, indicato in epigrafe, anche ai fini del riesame dell’istanza di parte ricorrente e dell’eventuale assegnazione di misure compensative.

F. Pepe, Outdoor educazione senza confini

FEDERICA PEPE

OUTDOOR EDUCAZIONE SENZA CONFINI

I SEGRETI DELL’EDUCAZIONE ALL’APERTO PER CRESCERE BAMBINI LIBERI E INDIPENDENTI

«Proverò a raccogliere su pagina quello che più conta per me, partendo dalle basi pedagogiche fino ad arrivare a come metterle in pratica, passando dal Nord del mondo, dove abito con il mio compagno svedese e il nostro bambino. Il luogo in cui vivo mi ha insegnato moltissimo, perché se è vero che tanto si impara sulla carta, studiando, con la testa sui libri, è altrettanto vero che è la pratica a perfezionare.»

Non fa troppo freddo per uscire a giocare? È sicuro lasciare che i bambini si arrampichino sugli alberi? E se i nostri figli avessero bisogno della natura più di quanto immaginiamo?

Nel suo nuovo libro “Outdoor educazione senza confini”, edito da Sperling & Kupfer, Federica Pepe ci aiuta a rispondere a queste domande guidandoci alla scoperta dell’outdoor education, un approccio pedagogico che trasforma la natura in una grande aula a cielo aperto. Attraverso il racconto di esperienze vissute in prima persona in Svezia, l’autrice ci invita a mettere da parte le paure e i pregiudizi per riscoprire il valore educativo del contatto con l’ambiente. “Outdoor educazione senza confini” è quindi un viaggio nel cuore di un metodo che promuove autonomia, resilienza e creatività, immergendo i piccoli in un mondo di stimoli autentici. Dai boschi innevati ai cortili delle scuole, Federica descrive una quotidianità fatta di abiti impermeabili e nanne all’aperto, ma anche di mani che scoprono, occhi che osservano e menti che imparano. Infatti, come dice l’autrice, «l’outdoor non è solo un luogo in cui ci si colloca, ma è anche ciò che i bambini imparano nel momento in cui osservano la natura, raccolgono un pezzo di legno, scoprono cosa accade se si lancia lontano un sassolino». Con uno sguardo appassionato e una narrazione che intreccia riflessioni pedagogiche, aneddoti famigliari e spunti pratici, il libro offre ispirazione per genitori, educatori e chiunque desideri ripensare il rapporto con la natura, trasformandola da sfondo a protagonista di una crescita libera e indipendente.

Completa il volume un contributo di Danilo Casertano, responsabile degli Asili nel bosco e del movimento Scuole Naturali.

Federica Pepe è nata a Milano ed è cresciuta sul Lago di Garda, a Peschiera. Da sempre affascinata dai Paesi nordici, vive in Svezia con il compagno Joakim e il loro bambino Leonard. Dopo un percorso di studi improntato sul mondo dell’infanzia, sull’educazione e sullo sviluppo dei bambini, e sui benefici del gioco in natura, lavora come social media manager e si occupa di raccontare sui suoi social l’approccio svedese alla crescita e alla cura dei più piccoli.

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Nota 15 gennaio 2025, AOODGOSV 1765

Ministero dell’istruzione e del merito
Dipartimento per il sistema educativo di istruzione e formazione
Direzione generale per gli ordinamenti scolastici, la formazione del personale scolastico e la valutazione del sistema nazionale di istruzione
Direzione generale per il personale scolastico

Ai Direttori Generali degli Uffici Scolastici Regionali
Ai Dirigenti degli Uffici per la Formazione presso gli Uffici Scolastici Regionali
e, p.c., Al Capo di Gabinetto
Al Capo Dipartimento per il sistema educativo di istruzione e di formazione
LORO SEDI

OGGETTO: Attività formative del percorso di formazione e prova del personale docente ed educativo neoassunto. Chiarimenti.

Campus Scuola Futura


Inizia martedì 14 gennaio, al Ministero dell’Istruzione e del Merito il campus Scuola Futura, dedicato alla valorizzazione della formazione sulla didattica innovativa e al coinvolgimento delle comunità scolastiche sulle sfide del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR).

Martedì 14 e mercoledì 15 gennaio centinaia di studenti, docenti e dirigenti scolastici, prenderanno parte a decine di attività didattiche e formative e di buone pratiche all’interno delle sale del Ministero, per dimostrare la capacità di innovazione delle scuole e degli ITS italiani nel campo delle scienze, delle nuove tecnologie, delle arti, dello sport, della gastronomia, della mobilità, della comunicazione, del turismo, sulla base delle esperienze didattiche svolte nell’ambito del PNRR, di Agenda Sud e Agenda Nord e della filiera tecnologico-professionale. Sono previsti anche laboratori didattici innovativi per le scuole primarie e percorsi di formazione per docenti, ospitati negli spazi della biblioteca, sull’intelligenza artificiale, sulle STEM e sulle tecnologie integrate nella didattica, oltre a visite guidate delle sale storiche del Ministero, condotte da studenti delle scuole superiori appositamente formati.

Il Ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara sarà presente all’iniziativa mercoledì 15 gennaio per incontrare e salutare tutti i partecipanti e visitare le buone pratiche di Scuola Futura Campus.